20 Febbraio, 2015

Circolare 19 febbraio 2015, n. 6/E, dell’Agenzia delle entrate

 

INDICE:

1. BLACK LIST

1.1 Comunicazione Black list

1.2 Esonero dalla comunicazione

2. CERTIFICAZIONE UNICA

2.1 Assegni periodici corrisposti dal coniuge (Punto 5)

2.2 Contributi per assistenza sanitaria versati dal sostituto e/o dal sostituito ad enti o casse

2.3 Credito Bonus IRPEF

2.4 Criteri di spettanza del Bonus IRPEF

2.5 Dati relativi ai conguagli in caso di redditi erogati da altri soggetti

2.6 Erroneo/omesso invio della certificazione unica

2.7 Numero progressivo di certificazione

2.8 Termine di trasmissione

2.9 Trasmissione tardiva delle certificazioni uniche

3. DICHIARAZIONE PRECOMPILATA

3.1 Informazioni incomplete

3.2 Verifica della legittimazione a fruire di detrazioni e deduzioni

4. DICHIARAZIONI D’INTENTO

4.1 Disciplina transitoria

4.2 Operazioni straordinarie

5. ENTI NON COMMERCIALI

5.1 Detrazione spese di sponsorizzazione

5.2 Esclusione degli utili percepiti

6. INVERSIONE CONTABILE PER IL SETTORE ENERGETICO

6.1 Reverse charge per i certificati verdi, i titoli di efficienza energetica e le garanzie di origine

7. IRAP

7.1 Contabilizzazione a conto economico del credito d’imposta ai fini della determinazione del reddito d’impresa o di lavoro autonomo

8. IVA

8.1 Aliquota applicabile alle prestazioni di accoglienza e pernottamento di turisti nelle unità da diporto

8.2 Modifica della richiesta di rimborso

8.3 Rimborsi IVA con obbligo di garanzia

8.4 Rimborsi Iva richiesti prima del 13/12/2014

8.5 Split payment e regimi speciali Iva

8.6 Split payment e regolarizzazioni

8.7 Split payment e ritenute

9. NUOVO REGIME FORFETARIO DEI CONTRIBUENTI PERSONE FISICHE ESERCENTI ATTIVITA’ D’IMPRESA, ARTI O PROFESSIONI

9.1 Accesso da parte dei contribuenti minimi

9.2 Adempimenti per l’accesso al nuovo regime forfetario

9.3 Accesso da parte dei contribuenti in regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità

9.4 Esportazioni

9.5 Iva indetraibile sui beni acquistati

9.6 Ricavi e coefficienti

9.7 Valore dei beni immateriali

10. RAVVEDIMENTO OPEROSO

10.1 Definizione delle violazioni già contestate

10.2 Modalità di applicazione delle nuove norme

10.3 Modalità pratiche

10.4 Possibilità di avvalersi del ravvedimento in caso di violazioni rilevate con procedure automatizzate e/o formali

10.5 Avvisi di recupero di crediti d’imposta e di irrogazione di sanzioni

10.6 Termine di regolarizzazione delle violazioni

11. REDDITO D’IMPRESA

11.1 Operazioni straordinarie

11.2 Detassazione delle plusvalenze

11.3 Società in perdita sistematica

12. REDDITOMETRO

12.1 Rilevanza della provvista costituita in annualità precedenti

12.2 Controllo sui dati relativi a premi assicurativi, mutui e contributi previdenziali comunicati per la pre-compilazione della dichiarazione

13. SOCIETA’ ESTINTE

13.1 Ambito di applicazione della retroattività della norma sulle società estinte

13.2 Cancellazione dal registro delle imprese

13.3 Liquidazione e distribuzione di denaro ai soci

13.4 Notifica dell’accertamento

13.5 Responsabilità dei liquidatori

13.6 Società di persone

13.7 Titolarità del diritto al rimborso

14 SOCIETA’ IN PERDITA SISTEMICA

14.1 Decorrenza

15. VOLUNTARY DISCLOUSURE

15.1 Reati tributari e attività detenute in Paesi Black list

15.2 Violazioni in materia di monitoraggio fiscale

15.3 Identificazione dei “soggetti collegati”

15.4 Adesione alla procedura in caso di preventiva definizione dell’avviso di Accertamento

15.5 Attività detenute in Paesi Black list.

 

“1. BLACK LIST

1.1 Comunicazione Black list

Domanda. Il nuovo limite di 10.000 euro per la comunicazione Black list introdotto dal decreto Semplificazioni (D.lgs n. 175/2014), va riferito a tutte le controparti situate in tutti i Paesi? Ad esempio, supera la soglia un contribuente che fa due operazioni da 6000 euro ciascuna con due società svizzere? O con una società svizzera e una di Singapore? 

Risposta. In ordine al quesito posto si richiamano i chiarimenti forniti con la Circolare 31/E del 30 dicembre 2014[1], dove viene specificato che “coerentemente con l’indicazione fornita dal Parlamento, si ritiene che tale importo complessivo annuale debba riferirsi al complesso delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi effettuate e ricevute nei confronti di operatori economici aventi sede, residenza o domicilio in Paesi Black list. 

 

1.2 Esonero dalla comunicazione 

Domanda. Si chiede se nella determinazione della soglia di 10.000 euro ai fini dell’invio della comunicazione delle operazioni 2014 si debba tenere conto anche delle operazioni già comunicate in base alla disciplina anteriore e se tali operazioni debbano essere incluse nella comunicazione. 

Risposta. Con riferimento al quesito in oggetto si richiamano le precisazioni fornite con la Circolare n. 31/E del 30 dicembre 2014, dove è stato specificato che le nuove norme “si applicano, per espressa previsione dell’art. 21 del D.lgs n. 175/2014, alle operazioni, interessate dall’obbligo, poste in essere nell’anno solare in corso alla data di entrata in vigore del decreto”. Lo stesso documento di prassi, inoltre, precisa che “i contribuenti possono continuare ad effettuare le comunicazioni mensili e trimestrali secondo le regole previgenti, fino alla fine del 2014. Tali comunicazioni saranno ritenute pienamente valide secondo le nuove modalità previste dall’articolo 21 del decreto”.

 

2. CERTIFICAZIONE UNICA

2.1 Assegni periodici corrisposti dal coniuge (Punto 5)

Domanda. Il Punto 5 “Assegni periodici corrisposti dal coniuge” va compilato soltanto nel caso di procedura di pignoramento presso terzi, oppure si vogliono far rientrare in questa casistica anche altre ipotesi?

Qualora le somme corrisposte all’ex coniuge siano di ammontare superiore ad 8.000 euro, quale comportamento deve essere adottato dal sostituto di imposta in termini di:

• codice tributo per versare la ritenuta Irpef calcolata per scaglioni di reddito;

• codice tributo per versamento delle addizionali regionali e comunali;

• in sede di CU i relativi importi confluiscono nei campi 11, 12 e 17, ma ai fini della successiva compilazione del modello 770 dovranno essere riportati tra le certificazioni di lavoro dipendente? In tal caso non si creano problemi con la quadratura tra ritenute da quadro SS ed ST (tenuto conto che tali versamenti non confluiscono nel quadro ST)? La compilazione del quadro SY rimane comunque necessaria?

 

Risposta. Gli assegni periodici corrisposti dal coniuge sono ricompresi nell’articolo 50 del TUIR e inquadrati tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente. Relativamente a questa tipologia reddituale spetta una particolare detrazione dall’imposta lorda prevista dell’articolo 13, comma 5 bis.

Considerato che tale reddito è presente nel modello 730, si è reso necessario individuare in modo autonomo tale reddito anche nella Certificazione Unica per consentire la predisposizione della dichiarazione precompilata.

In caso di pignoramento presso terzi degli assegni periodici per il mantenimento del coniuge la Circolare n. 8/E del 2011[2] stabilisce che “il carattere speciale delle procedure esecutive contemplate nell’ambito del diritto di famiglia, unitamente a esigenze di semplificazione degli adempimenti a carico del terzo erogatore, il quale, peraltro, non è tenuto a individuare la parte dell’assegno destinata al mantenimento dei figli, comporta che le somme in questione non devono essere assoggettate alla ritenuta a titolo d’acconto dell’IRPEF fermo restando l’obbligo del terzo erogatore di indicarle nel proprio modello 770, nella sezione I del prospetto SY”.

Diversamente, se il terzo erogatore conosce la natura delle somme che sta erogando (ad esempio, perché datore di lavoro del coniuge obbligato), applicherà le ordinarie ritenute previste per tale tipologia di reddito.

In tale ultimo caso è prevista la compilazione della CU nella quale verrà valorizzato il campo 5 dedicato a tale fattispecie.

Le modifiche apportate nella CU sono pertanto funzionali alla predisposizione della dichiarazione precompilata, mentre nessuna modifica è stata apportata in ordine ai versamenti delle ritenute (ove previste) ed alle modalità di certificazione dei citati redditi (in forma libera per ciò che riguarda le certificazioni collegate al prospetto SY).

 

2.2 Contributi per assistenza sanitaria versati dal sostituto e/o dal sostituito ad enti o casse 

Domanda. Nel campo 163 vanno indicati i contributi dedotti.

Nel campo 164 vanno indicati i contributi non dedotti.

Lo scorso anno per i fondi (v. METASALUTE) che avevano comunicato la mancata iscrizione nell’anagrafica dei fondi sanitari del Ministero della salute, si era avuta la conseguenza che i contributi versati a tali fondi non potevano essere dedotti. 

Quest’anno a seguito dell’avvenuta iscrizione al fondo, i contributi versati possono essere dedotti e, in particolare, potrà essere recuperata/dedotta in sede di conguaglio anche la quota parte di contributi non dedotta ad inizio 2014 in attesa dell’iscrizione.

La criticità si pone per i dipendenti licenziati/dimessi prima della comunicazione di avvenuta iscrizione e della conseguente possibilità di dedurre i contributi (per questi lavoratori, infatti, il conguaglio di fine rapporto non ha tenuto conto della deducibilità). Qual è la modalità di compilazione del CUD?

Ipotesi A: se si elabora un CUD in funzione di quanto operato in fase di conguaglio, il punto 1 verrebbe riportato al lordo della contribuzione al fondo, che verrebbe esposta nel punto 164. Però, in questo modo, l’Agenzia delle Entrate è in grado di compilare la dichiarazione precompilata correttamente? Nella stampa cartacea del dipendente si potrebbe annotare la circostanza con una annotazione libera per dare evidenza della possibilità di dedurre l’importo in sede di correzione della precompilata?

Ipotesi B: compilazione del punto 1 al netto della contribuzione al fondo, con compilazione del punto 163 e, quindi, in fase di ricalcolo dell’IRPEF da parte della dichiarazione precompilata verrebbe evidenziato il credito a favore del contribuente?

Questa seconda modalità, se corretta, pone un altro dubbio: se il dipendente licenziato viene riassunto da un altro datore di lavoro, quest’ultimo conguaglierà il reddito erogato dal primo e certificato nel CUD da lui rilasciato, nel quale risulta un punto 1 al lordo della contribuzione al fondo.

Quindi, se il primo datore di lavoro compilasse una CU telematica dove risulta il punto 1 al netto della contribuzione, il secondo datore di lavoro compilerà una CU dove nella sezione “redditi erogati da altri soggetti” ci sarà un importo al lordo della contribuzione. Questa incoerenza (legata a questo esempio, ma potrebbe essere causata anche da altre circostanze) potrebbe comportare dei problemi in fase di elaborazione della dichiarazione precompilata?

 

Risposta. Nell’esempio prospettato, nel caso di cessazione di rapporto di lavoro, c’è l’obbligo da parte del sostituto di riemettere una nuova CU. 

Nel caso di rilascio di una CU che non tiene conto di tali oneri deducibili (ipotesi A), riproducendo il medesimo contenuto del CUD rilasciato al momento della cessazione, la dichiarazione precompilata dovrà essere opportunamente integrata dal percipiente per fruire della deducibilità in questione. A tal fine si condivide l’utilità di un’annotazione libera con la quale vengano date al riguardo opportune informazioni per il percipiente.

Nel caso in cui il sostituto d’imposta del rapporto cessato proceda, invece, alla riapertura delle operazioni di conguaglio (ipotesi B), verrà rilasciata una CU che terrà conto dei nuovi oneri. In tutte le ipotesi di conguaglio di precedenti rapporti di lavoro, in sede di predisposizione della dichiarazione precompilata verranno opportunamente riscontrati i dati conguagliati per verificare l’esistenza di eventuali disallineamenti.

 

2.3 Credito Bonus IRPEF

Domanda. La sezione va compilato in caso di “Credito riconosciuto e non erogato” (codice 2 al campo 119 e compilazione del campo 121 “Bonus non erogato”). 

Allo studio c’è l’ipotesi di indicare anche la situazione di un percipiente che non ha percepito il Bonus in quanto non spettante (reddito superiore a 26.000 euro). 

Sarebbe interessante chiarire in via diretta quali siano le casistiche che si intende regolamentare con i codici attualmente previsti per il campo 119.

 

Risposta. La sezione “Credito Bonus Irpef” deve essere sempre compilata, se compilato il punto 1 della CU “redditi di lavoro dipendente e assimilati” per i quali è prevista la detrazione di cui all’articolo 13, comma 1, del TUIR.

Nella ipotesi di non spettanza del Bonus, il campo 119 deve essere compilato con il codice 2: in questo caso non è richiesta la compilazione del campo 121. Infatti, il controllo previsto dalle specifiche tecniche per il campo 121 prevede che “deve essere assente se il campo 119 non è compilato”. 

Per quanto riguarda le altre ipotesi che si possono verificare nella compilazione della presente sezione si conferma che non sono stati previsti ulteriori limiti.

 

2.4 Criteri di spettanza del Bonus IRPEF

Domanda. In relazione al Bonus di 80 euro, non sono chiarite le modalità espositive nel caso in cui detto Bonus non spetti proprio: ad esempio, immagina un campo 1 da 40.000 euro, la sezione Bonus andrà compilata con codice 2 a campo 119 e campi 120 e 121 non compilati? Le specifiche tecniche impongono la compilazione di tali campi ma non si capisce con quali importi.

 

Risposta. La risposta allo specifico quesito è la stessa indicata in risposta al quesito n. 4 (Credito Bonus).

Per quanto riguarda l’esempio proposto, la compilazione della Certificazione Unica è la seguente:

 

campo 1= 40.000

 

campo 119= 2

 

campo 120 = 0

 

campo 121 = 0

 

Le specifiche tecniche consentono in tale ipotesi l’indicazione nel campo 121 anche di un valore positivo, ad esempio nel caso in cui a fronte di un bonus teorico calcolato dal sostituto d’imposta vi sia stata la richiesta di non corresponsione da parte del percipiente.

 

2.5 Dati relativi ai conguagli in caso di redditi erogati da altri soggetti

Domanda. Nella sezione “Dati relativi ai conguagli in caso di redditi erogati da altri soggetti” rispetto allo scorso anno, nella sezione trovano indicazione non soltanto gli importi totali dei redditi erogati da altri soggetti ma, analogamente al modello 770, dovrà essere data distinta indicazione dell’operato di ciascun soggetto “altro”. 

Per quanto riguarda i campi relativi alle ritenute, diversamente dal modello 770, le istruzioni non precisano se le stesse devono essere comprensive delle eventuali ritenute sospese per eventi eccezionali: poiché non sono previsti i campi per l’esposizione di tali ritenute sospese si ritiene comunque che le ritenute effettuate da altri soggetti siano comunque da esporre comprensive di quelle eventualmente sospese. 

 

Risposta. Si conferma che nei campi relativi alle ritenute presenti nella sezione “dati relativi ai conguagli in caso di redditi erogati da altri soggetti” della CU, sono ricomprese anche gli importi delle ritenute eventualmente sospese.

 

2.6 Erroneo/omesso invio della certificazione unica

Domanda. Rispetto all’obbligo di trasmissione all’Agenzia delle Entrate delle nuove certificazioni delle ritenute, in caso di errore/omissione nell’invio della certificazione unica, è possibile avvalersi dell’istituto del ravvedimento operoso ed eventualmente con quale modalità?

 

Risposta. I sostituti d’imposta possono correggere eventuali errori nella trasmissione delle certificazioni uniche, senza incorrere nelle sanzioni previste dall’articolo 2 del decreto Semplificazioni, trasmettendo una nuova certificazione, corretta, entro i cinque giorni successivi alla scadenza prevista (7 marzo). Resta fermo l’obbligo di trasmettere comunque la certificazione corretta anche dopo questa scadenza. Non è prevista la possibilità di avvalersi dell’istituto del ravvedimento.

Infatti, la tempistica prevista per l’invio delle certificazioni uniche (7 marzo) e il loro utilizzo per l’elaborazione della dichiarazione precompilata, che deve essere resa disponibile ai contribuenti entro il 15 aprile, non sono compatibili con i tempi normativamente previsti per il ravvedimento. 

 

2.7 Numero progressivo di certificazione

Domanda. Ai fini della compilazione della dichiarazione precompilata, il numero di progressivo della certificazione non dovrebbe avere alcun rilievo.

Siccome si tratta di una informazione non utile al dipendente ma che potrebbe comportare diversi problemi di gestione (ad esempio se la CU è stampata per lo stesso sostituto da due diversi consulenti ma l’invio telematico è effettuato soltanto da uno di loro) si potrebbe stabilire che il progressivo non sia da indicare nella copia della CU da consegnare al dipendente?

 

Risposta. Il numero progressivo di certificazione riveste particolare rilievo in fase di determinazione della chiave identificativa di ogni singola CU, che è costituita dai seguenti elementi:

• codice fiscale del sostituto d’imposta,

• codice fiscale del percipiente,

• progressivo di certificazione univoco per sostituto all’interno di un singolo file telematico.

La chiave permetterà all’Agenzia delle Entrate, in fase di acquisizione della CU, di poter attribuire in modo univoco ad ogni certificazione un protocollo telematico. L’indicazione del progressivo di certificazione non è pertanto necessario che venga riportato nel modello CU da rilasciare al dipendente, in quanto il suo utilizzo si esaurisce esclusivamente nell’ambito della procedura software.

 

2.8 Termine di trasmissione 

Domanda. Il termine di trasmissione della certificazione unica all’Agenzia delle Entrate, relativamente all’anno 2015, è fissato al 9 marzo 2015, in quanto la scadenza prevista dalla norma (7 marzo), cade di sabato. Tanto premesso, nei casi di errata trasmissione della certificazione, da quando decorrono i 5 giorni, entro i quali operare l’invio della nuova certificazione, al fine di evitare l’applicazione della sanzione?

 

Risposta. In linea generale, l’articolo 7, comma 1, lettera h), del DL n. 70 del 2011, dispone che “i versamenti e gli adempimenti, anche se solo telematici, previsti da norme riguardanti l’Amministrazione economico-finanziaria che scadono il sabato o in un giorno festivo sono sempre rinviati al primo giorno lavorativo successivo”.

Il rinvio disposto dal citato articolo 7, tuttavia, non incide su eventuali ulteriori adempimenti che le norme di riferimento fanno decorrere dai termini di scadenza ordinari. Ciò significa, in altre parole, che al fine di non incorrere nella sanzione di cento euro, di cui all’articolo 4, comma 6-quinquies, del DPR n. 322 del 1998, la trasmissione della certificazione corretta dovrà avvenire, relativamente alle somme elargite nel 2014, entro giovedì 12 marzo 2015, ossia entro i “cinque giorni successivi alla scadenza” ordinaria del 7 marzo 2015.

 

2.9 Trasmissione tardiva delle certificazioni uniche

Domanda. In caso di invio in ritardo all’Agenzia delle Entrate delle certificazioni uniche relative ai redditi di lavoro autonomo non occasionale, trova applicazione la sanzione amministrativa di 100,00 euro, dal momento che esse non saranno prese a base per la predisposizione della dichiarazione precompilata (modello 730)?

 

Risposta. L’articolo 2 del D.lgs. n. 175/2014 ha introdotto, all’articolo 4 del DPR n. 322 del 1998, il comma 6-quinquies, che prevede l’obbligo di trasmissione telematica all’Agenzia delle Entrate delle certificazioni di cui al comma 6-ter dello stesso articolo, entro il 7 marzo dell’anno successivo a quello in cui le somme sono state corrisposte.

Lo stesso comma 6-quinquies dispone che, per ogni certificazione omessa, tardiva o errata, si applica la sanzione di cento euro (in deroga a quanto previsto dall’articolo 12 del D.lgs. n. 472 del 1997, in tema di concorso e continuazione), tranne nell’ipotesi in cui la trasmissione della corretta certificazione venga effettuata entro i cinque giorni successivi a quello di scadenza.

Le certificazioni che devono essere trasmesse sono quelle di cui al citato comma 6-ter dell’articolo 4 del DPR n. 322 del 1998, relative alle ritenute operate sui redditi di lavoro dipendente e assimilato, nonché sui redditi di lavoro autonomo, diversi e provvigioni.

Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 15 gennaio 2015, è stato approvato il modello della “Certificazione Unica 2015” e relative istruzioni, con riferimento alle somme corrisposte nel 2014.

L’articolo 5, comma 4, del citato provvedimento direttoriale prevede che devono essere inviate all’Agenzia delle Entrate anche le certificazioni uniche “… riguardanti le tipologie reddituali per le quali non è prevista la predisposizione della dichiarazione precompilata di cui all’articolo 1 del Decreto Legislativo 21 novembre 2014, n. 175”. 

Come già anticipato con il comunicato stampa del 12 febbraio 2015, fermo restando che tutte le certificazioni uniche che contengono dati da utilizzare per la dichiarazione precompilata devono essere inviate entro il 9 marzo 2015, nel primo anno l’invio delle certificazioni contenenti esclusivamente redditi non dichiarabili mediante il modello 730 (come i redditi di lavoro autonomo non occasionale) può avvenire anche dopo questa data, senza applicazione di sanzioni. Al fine di semplificare ulteriormente l’adempimento della trasmissione della Certificazione Unica, per il primo anno gli operatori potranno scegliere se compilare la sezione dedicata ai dati assicurativi relativi all’Inail e se inviare o meno le certificazioni contenenti esclusivamente redditi esenti.

 

3. DICHIARAZIONE PRECOMPILATA

3.1 Informazioni incomplete

Domanda. Se le informazioni in possesso dell’Agenzia delle Entrate risultano incomplete, queste non vengono inserite direttamente nella dichiarazione precompilata, ma sono esposte in un ulteriore prospetto per consentire al contribuente di verificarle ed inserirle nel precompilato. In questo caso, se il contribuente dovesse confermare il dato e inviare autonomamente (o tramite sostituto) il modello, è corretto ritenere che la dichiarazione sia “accettata senza modifiche”? Scatta anche l’esimente sul controllo formale?

 

Risposta. L’esclusione dal controllo formale, prevista nel caso di accettazione della dichiarazione senza modifiche direttamente da parte del contribuente o tramite il sostituto d’imposta che presta l’assistenza fiscale, opera esclusivamente sugli oneri indicati nella dichiarazione precompilata forniti dai soggetti terzi all’Agenzia delle Entrate (per il 2015 interessi passivi sui mutui, premi assicurativi e contributi previdenziali).

Se l’onere non è stato indicato nella dichiarazione precompilata ma è stato inserito nel prospetto separato perché si è ritenuta necessaria una verifica del dato da parte del contribuente, anche se il contribuente riporta in dichiarazione il dato segnalato separatamente, la dichiarazione non può essere considerata “accettata senza modifiche” e, pertanto, non opera l’esclusione dal controllo formale.

 

3.2 Verifica della legittimazione a fruire di detrazioni e deduzioni

Domanda. Resta fermo in capo al contribuente il controllo «della sussistenza delle condizioni soggettive» che danno diritto a detrazioni e deduzioni. Ad esempio, potrà essere controllata l’effettiva destinazione dell’immobile ad abitazione principale ai fini della verifica sulla detrazione degli interessi sul mutuo. In questa ipotesi, se la dichiarazione viene presentata tramite un CAF o un intermediario abilitato, eventuali imposte, sanzioni e interessi saranno a carico del contribuente?

 

Risposta. La verifica della sussistenza delle condizioni soggettive per usufruire delle detrazioni/deduzioni è sempre effettuata nei confronti dei contribuenti. 

Pertanto, in caso di disconoscimento della detrazione/deduzione per assenza dei requisiti soggettivi, l’imposta, la sanzione e i relativi interessi saranno comunque richiesti al contribuente, anche in caso di presentazione della dichiarazione tramite CAF o professionista.

 

4. DICHIARAZIONI D’INTENTO

4.1 Disciplina transitoria

Domanda. In relazione alla disciplina transitoria prevista al punto 5 del provvedimento dell’Agenzia delle Entrate del 12 dicembre 2014, si chiede di confermare che per le dichiarazioni d’intento spedite ai fornitori prima dell’11 febbraio 2015 con le vecchie modalità, che non esplichino effetti dopo tale data, non sussista né il nuovo obbligo di trasmissione all’Agenzia delle Entrate da parte del dichiarante, né l’obbligo di comunicare i dati all’Agenzia delle Entrate da parte del fornitore secondo le regole previgenti. 

 

Risposta. Come chiarito con la Circolare n. 31/E del 2014[1], in attuazione dei principi recati dallo Statuto dei diritti del contribuente, fino all’11 febbraio 2015, gli esportatori possono consegnare o inviare la dichiarazione d’intento al proprio cedente o prestatore secondo le previgenti modalità. In tal caso, il fornitore non è tenuto a verificare l’avvenuta presentazione della dichiarazione d’intento all’Agenzia delle Entrate. Laddove, tuttavia, le dichiarazioni d’intento già consegnate o inviate secondo le precedenti regole esplichino effetti per operazioni poste in essere successivamente all’11 febbraio 2015, sussiste l’obbligo di applicare la nuova disciplina, a partire dal 12 febbraio 2015. 

Per individuare puntualmente gli adempimenti richiesti in capo al fornitore e all’esportatore è, pertanto, necessario distinguere a seconda che l’esportatore abbia inviato al proprio fornitore la dichiarazione d’intento esclusivamente in relazione ad operazioni da effettuarsi tra il 1° gennaio e l’11 febbraio 2015 o che la dichiarazione d’intento si riferisca anche ad operazioni da effettuarsi successivamente a tale data.

Nel primo caso, coerentemente a quanto chiarito con la Circolare 31/E, l’esportatore avrà correttamente adempiuto l’obbligo mediante l’invio della dichiarazione al fornitore secondo le vecchie regole. Il fornitore, diversamente, non è tenuto a trasmettere tale dichiarazione all’Agenzia delle Entrate, salvo l’obbligo di conservazione della dichiarazione d’intento ricevuta dall’esportatore ai fini del controllo da parte dell’Amministrazione Finanziaria. Ciò perché il termine per il fornitore per trasmettere la dichiarazione d’intento ricevuta secondo la precedente disciplina – prima liquidazione periodica IVA, mensile o trimestrale, nella quale l’operazione confluisce – scade, con riferimento alle operazioni poste in essere tra il 1° gennaio e l’11 febbraio 2015, successivamente all’entrata in vigore delle nuove regole (12 febbraio 2015). Si pensi, ad esempio, ad una dichiarazione d’intento riferita ad una singola operazione effettuata il 5 gennaio 2015. In tale ipotesi, la dichiarazione d’intento inviata dall’esportatore al fornitore dovrà essere da quest’ultimo esclusivamente conservata e non anche trasmessa telematicamente all’Agenzia delle Entrate. Nel secondo caso, l’esportatore abituale è tenuto a trasmettere, secondo la nuova disciplina, la dichiarazione d’intento all’Agenzia delle Entrate, ricomprendendo anche le operazioni effettuate tra il 1° gennaio e l’11 febbraio 2015.

Si pensi, ad esempio, al caso in cui l’esportatore abituale abbia inviato al proprio fornitore, il 20 dicembre 2014, una dichiarazione d’intento riferita all’intero anno 2015 e che, a decorrere dal 1° gennaio 2015, abbia già effettuato operazioni senza applicazione dell’imposta. In tale caso, anche se l’esportatore ha già inviato al proprio fornitore la dichiarazione d’intento secondo le precedenti regole, è tenuto ad applicare la nuova disciplina, trasmettendo la dichiarazione d’intento telematicamente all’Agenzia delle Entrate – anche con riferimento alle operazioni effettuate tra il 1° gennaio e l’11 febbraio 2015 – e curandone la consegna al fornitore, insieme alla relativa ricevuta di presentazione. Il fornitore è tenuto a verificare l’avvenuta trasmissione all’Agenzia delle Entrate solo con riferimento alle operazioni poste in essere successivamente all’11 febbraio 2015. 

 

4.2 Operazioni straordinarie

Domanda. Si chiede di chiarire quali sono “le operazioni straordinarie” di cui alla casella 6 del rigo A2 del nuovo modello della dichiarazione d’intento approvato con provvedimento del 12 dicembre 2014.

 

Risposta. Le operazioni straordinarie che devono essere evidenziate nel nuovo modello della dichiarazione d’intento, barrando la casella 6 del rigo A2, sono tutte quelle operazioni che possono determinare un trasferimento di plafond tra i soggetti interessati ad un’operazione straordinaria, come, ad esempio, l’affitto d’azienda, il conferimento, la fusione, la trasformazione.

 

5. ENTI NON COMMERCIALI

5.1 Detrazione spese di sponsorizzazione

Domanda. Stante la mancata indicazione della decorrenza della parificazione della percentuale di detrazione IVA (50 per cento) per le spese di pubblicità e di sponsorizzazione, nel decreto Semplificazioni (D.lgs. n. 175/2014) e posto che la modifica ha effetto dall’entrata in vigore del provvedimento (13/12/2014), si chiede l’atteggiamento da tenere per i contratti di sponsorizzazione in essere ma sottoscritti prima dell’entrata in vigore della modifica.

 

Risposta. L’articolo 29 del decreto Semplificazioni (D.lgs. n. 175/2014) ha modificato la disciplina della detrazione IVA relativa alle prestazioni di sponsorizzazione prevista nell’ambito del regime forfetario dell’articolo 74, sesto comma, del DPR n. 633/1972. 

In particolare, il decreto Semplificazioni ha eliminato la previsione di una specifica percentuale (pari al 10 per cento) per la detrazione forfetizzata dell’IVA relativa alle prestazioni di sponsorizzazione. Per effetto della modifica, le prestazioni di sponsorizzazione sono state ricondotte nella regola generale della forfetizzazione della detrazione IVA nella misura del 50 per cento. 

La nuova regola si applica alle prestazioni di sponsorizzazione effettuate a partire dalla data di entrata in vigore del Decreto semplificazioni , vale a dire alle prestazioni di sponsorizzazione effettuate a partire dal 13 dicembre 2014, anche se relative a contratti stipulati in data precedente. Il momento di effettuazione delle prestazioni di sponsorizzazione deve, ovviamente, individuarsi con i criteri dettati dall’articolo 6 del DPR n. 633/1972.

Pertanto, a prescindere dalla data di sottoscrizione dei contratti di sponsorizzazione, rileva il momento del pagamento del corrispettivo o, se anteriore, quello di fatturazione delle prestazioni di sponsorizzazione.

 

5.2 Esclusione degli utili percepiti

Domanda. Per come risulta dal tenore letterale della disposizione di riferimento (comma 655, dell’articolo 1, Legge n. 190/2014 – Legge di Stabilità 2015) si ritiene che l’esclusione da tassazione della quota del 22,26 per cento degli utili percepiti si renda applicabile “esclusivamente” ai dividendi percepiti dall’ente non commerciale per le partecipazioni possedute nell’ambito delle “attività istituzionali”. Si deve ritenere corretta detta interpretazione? 

 

Risposta. L’articolo 4, comma 1, lettera q) del D.lgs. n. 344/2003, prima delle modifiche introdotte dalla Legge di Stabilità, prevedeva che gli utili percepiti, “anche nell’esercizio di impresa”, dagli enti non commerciali non concorrevano alla formazione del reddito imponibile, in quanto esclusi, nella misura del 95 per cento del loro ammontare.

La citata norma estendeva, quindi, agli enti non commerciali il regime di esenzione della tassazione sui dividendi previsto, in generale (il trattamento per gli utili prevenienti da Paesi Black list è diverso, vedi comma 3 dello stesso art. 89), per le società di capitali e gli enti commerciali ai sensi dell’articolo 89, comma 2, del TUIR.

La Legge di stabilità 2015 (modificando la citata lettera q) del D.lgs. n. 344/2003) pone fine al predetto regime di esenzione per tutti gli enti non commerciali, a decorrere dagli utili messi in distribuzione dal 1° gennaio 2014.

La nuova regola prevede, per gli enti non commerciali, che “gli utili percepiti dagli enti stessi non concorrono alla formazione del reddito imponibile, in quanto esclusi, nella misura del 22,26 per cento del loro ammontare (…)”. Conseguentemente la quota imponibile degli stessi è stata elevata dal 5 per cento al  77,74 per cento.

Alla luce dell’intento del legislatore di eliminare le previgenti regole di esenzione, si deve ritenere che la riduzione dal 95 per cento al 22,26 per cento della quota dei dividendi non assoggettati a tassazione sia riferibile a “tutti” gli utili percepiti dagli enti non commerciali, anche se prodotti nell’esercizio di impresa. 

In tal senso, la soppressione  dell’inciso “anche nell’esercizio di impresa” non ha inteso determinare differenti regole di tassazione degli utili, a seconda che gli stessi siano realizzati o meno nell’ambito dell’esercizio di un’attività di impresa o meno.

A sostegno di questa interpretazione si evidenzia che la relazione tecnica alla norma in esame, nel quantificare l’incremento di gettito derivante dall’applicazione della nuova norma, utilizza come parametro di calcolo tutti i dividendi percepiti dagli enti non commerciali, ivi compresi quelli derivanti dall’esercizio di un’attività d’impresa (la relazione tecnica, infatti, applica la nuova percentuale di imponibilità sia ai dividendi indicati nel quadro RL del modello di dichiarazione utilizzato dagli enti non commerciali, relativo ai redditi di capitale, sia ai dividendi indicati nel quadro RF dello stesso modello, relativo ai redditi d’impresa). 

 

6. INVERSIONE CONTABILE PER IL SETTORE ENERGETICO 

6.1 Reverse charge per i certificati verdi, i titoli di efficienza energetica e le garanzie di origine

Domanda. L’articolo 1, comma 629, della Legge di Stabilità 2015, ha modificato l’articolo 17, sesto comma, del DPR n. 633/1972, estendendo il meccanismo dell’inversione contabile alle cessioni di titoli ambientali ed, in particolare ai: 

• trasferimenti di quote emissione di gas a effetto serra;

• trasferimenti di altre unità che possono essere utilizzate dai gestori per conformarsi alla direttiva 2003/87/CE;

• certificati relativi al gas e all’energia elettrica.

Alla luce di tali modifiche si chiede se tra i certificati relativi al gas e all’energia elettrica rientrino anche i certificati verdi, i titoli di efficienza energetica e le garanzie di origine. 

 

Risposta. Il meccanismo del reverse charge per i cosiddetti “certificati ambientali” è previsto, a seguito della modifiche introdotte dalla Legge di stabilità 2015, all’articolo 17, sesto comma, del DPR n. 633/1972, con l’inserimento delle lettere d-bis) e d-ter).

Con riferimento all’ambito oggettivo di tali disposizioni è utile premettere, brevemente, le caratteristiche dei titoli indicati nel quesito.

In particolare, i certificati verdi sono stati introdotti in Italia con il D.lgs. n. 79/1999 (che dà attuazione alla direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica) per consentire ai produttori di energia elettrica di adempiere all’obbligo di immettere ogni anno in rete una determinata quota di energia elettrica “pulita”. Tali certificati rappresentano, infatti, la produzione di energia elettrica mediante fonti rinnovabili. 

I titoli di efficienza energetica (c.d. certificati bianchi), introdotti nel 2004 (Decreto Ministeriale del 20 luglio 2004, “gas” e “energia elettrica”, come modificato successivamente dai Decreti Ministeriali 21 dicembre 2007 e 28 dicembre 2012), attestano il risparmio di gas ed energia elettrica conseguito attraverso sistemi di efficientamento della produzione. 

Con riferimento alle garanzie di origine si precisa che le stesse sono state introdotte con il D.lgs. n. 28/2011 (che ha recepito la direttiva 2009/28CE sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili, recante modifica e successiva abrogazione delle direttive 2001/77/CE e 2003/30) e hanno esclusivamente lo scopo di consentire ai fornitori di energia elettrica di provare ai clienti finali la quota o la quantità di energia derivante da fonti rinnovabili nel proprio mix energetico.

In base alla normativa richiamata, i titoli oggetto del quesito per la natura e il meccanismo di funzionamento ad essi proprio, teso a consentire agli operatori del settore di ottemperare agli obblighi relativi al rispetto ambientale, risultano strettamente collegati al settore dell’energia elettrica e del gas.

Si ritiene, pertanto, che gli stessi siano ricompresi tra i “ certificati relativi al gas e all’energia elettrica” di cui all’articolo 17, sesto comma, lettera d-ter, del DPR n. 633/1972.

 

7. IRAP

7.1 Contabilizzazione a conto economico del credito d’imposta ai fini della determinazione del reddito d’impresa o di lavoro autonomo

Domanda. Il credito di imposta del 10 per cento previsto dalla Legge di Stabilità 2015 concorre, in tutto o in parte, alla formazione del reddito di impresa o di lavoro autonomo del soggetto che ne usufruisce? In particolare, per le imprese, il provento rilevato a conto economico in contropartita del credito di imposta costituisce sopravvenienza attiva interamente imponibile,

o tassabile solo in parte a seguito della limitata deducibilità dell’Irap a cui si riferisce? 

 

 

 

Risposta. In assenza di una specifica previsione normativa che disponga in senso contrario, si ritiene che il provento contabilizzato a conto economico per effetto del riconoscimento del credito d’imposta costituisca una sopravvenienza attiva, che concorre integralmente alla determinazione del reddito d’impresa ai sensi dell’articolo 88 del TUIR. Diversamente, il credito d’imposta non rileva ai fini della determinazione del reddito di lavoro autonomo, non essendo previsto come componente di reddito dagli articoli 53 e 54 del TUIR. 

 

 

 

8. IVA

 

8.1 Aliquota applicabile alle prestazioni di accoglienza e pernottamento di turisti nelle unità da diporto

 

Domanda. Si chiede conferma che ai servizi di accoglienza e messa a disposizione dello specchio acqueo per il pernottamento dei turisti a bordo delle proprie unità da diporto, sia applicabile l’aliquota IVA del 10 per cento. 

 

 

 

Risposta. L’ultima versione dell’articolo 32 del Decreto Sblocca Italia prevede che, fino al 31 dicembre 2015, “le strutture organizzate per la sosta e il pernottamento di turisti all’interno delle proprie unità da diporto ormeggiate nello specchio acqueo appositamente attrezzato, secondo i requisiti stabiliti dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, sentito il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, rientrano nelle strutture ricettive all’aria aperta”.

 

Dalla relazione illustrativa della predetta disposizione, nonché dalla relazione tecnica, si ricava che rientrano nelle strutture ricettive all’aria aperta i c.d. porti turistici con spazi destinati all’ormeggio in transito (cioè per l’affitto giornaliero e stagionale).

 

Si ritiene, pertanto, che l’aliquota ridotta nella misura del 10 per cento di cui al n. 120) della Tabella A, parte III, allegata al Decreto IVA – riferita alle prestazioni di alloggio in strutture ricettive – sia applicabile alle prestazioni di servizi di accoglienza e messa a disposizione dello specchio acqueo per la sosta e il pernottamento dei turisti a bordo delle proprie unità da diporto, con esclusione dei servizi resi nell’ambito di contratti annuali per lo stazionamento dell’imbarcazione.

 

 

 

8.2 Modifica della richiesta di rimborso

 

Domanda. Si chiede se, alla luce della Circolare n. 32/E del 2014[1] (punto 2.2.1), debba ritenersi superata la precedente Circolare n. 25/E del 2012[2], che, al punto 2.2, indicava, quale termine per la modifica della richiesta di rimborso, quello di un anno previsto per la presentazione della dichiarazione integrativa di cui all’articolo 2, comma 8-bis, del DPR n. 322 del 1998.

 

 

 

Risposta. Con la Circolare n. 25/E del 2012 è stata affrontata, tra le altre, la questione relativa alla possibilità di presentare una dichiarazione integrativa diretta a revocare una precedente richiesta di rimborso IVA e il relativo termine. 

 

In tale sede è stato chiarito che il contribuente può rettificare la richiesta di rimborso IVA, presentando, entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, una dichiarazione integrativa, al fine di indicare il medesimo credito (o parte di esso) come eccedenza da utilizzare in detrazione o compensazione (variazione del Quadro VX). 

 

Ciò in considerazione della possibilità, introdotta nel 2011 per le imposte dirette, di modificare l’originaria richiesta di rimborso optando per la compensazione del credito mediante dichiarazione integrativa da presentare entro 120 giorni dalla scadenza del termine ordinario (articolo 2, comma 8-ter, del DPR n. 322/1998). 

 

La necessità di consentire la medesima possibilità anche ai fini IVA era, peraltro, giustificata, da un lato, dal costo delle garanzie che, prima delle modifiche apportate all’articolo 38-bis del DPR n. 633/1972 (dal D.lgs. n. 175/2014), dovevano essere necessariamente presentate dal contribuente prima dell’erogazione del rimborso; dall’altro dall’esigenza di evitare che, decorsi i termini d’accertamento, l’ufficio fosse comunque tenuto ad erogare il rimborso, anche senza garanzia prestata dal contribuente, divenuta incontestabile l’annualità cui il rimborso si riferisce. 

 

La fattispecie trattata dalla Circolare n. 32/E del 2014 al punto 2.2.1, è, pertanto, diversa da quella affrontata nella Circolare n. 25/E del 2012, in quanto non si interessa della revoca del rimborso (in tutto o in parte), bensì del caso, contrario, in cui il contribuente intende chiedere a rimborso un ammontare più alto rispetto a quello originariamente chiesto in dichiarazione, passando quindi dall’originaria scelta per la compensazione (o per il riporto) dell’eccedenza maturata a quella per il rimborso. Ciò peraltro, in linea con quanto già chiarito al riguardo dalla Circolare n. 1/E del 15 gennaio 2010[3].

 

Stante quanto sopra, e vista la diversa ratio dei documenti di prassi, nel confermare la validità delle istruzioni fornite con la Circolare n. 25/E del 2012, ovviamente da coordinare con i mutati presupposti di prestazione delle garanzie nei rimborsi IVA, si sintetizzano le seguenti ipotesi:

 

• nel caso in cui il contribuente intenda chiedere un rimborso più alto rispetto a quello chiesto originariamente, potrà essere presentata una dichiarazione integrativa, eventualmente munita di visto, entro i 90 giorni dalla scadenza della presentazione della dichiarazione;

 

• nel caso in cui il contribuente intenda revocare la precedente richiesta di rimborso, potrà essere rettificata la dichiarazione presentando, entro il termine per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, una dichiarazione integrativa;

 

• nel caso in cui il contribuente intenda apporre il visto assente nella dichiarazione originaria, potrà essere presentata la dichiarazione integrativa anche oltre il termine di 90 giorni dalla scadenza della presentazione della dichiarazione.

 

 

 

8.3 Rimborsi IVA con obbligo di garanzia

 

Domanda. Si chiede conferma che l’obbligo di prestare garanzia ai sensi della lett. a) del comma 4 dell’articolo 38-bis del DPR n. 633/1972 riguardi soltanto le imprese che esercitano l’attività da meno di due anni e non anche i neo-lavoratori autonomi. Si chiede inoltre di sapere come debba essere computato il periodo di due anni, sia per i rimborsi annuali che infrannuali.

 

 

 

Risposta. La lettera a) del comma 4 dell’articolo 38-bis del DPR n. 633/1972 dispone che i rimborsi di ammontare superiore a 15000 euro sono eseguiti previa prestazione della garanzia, qualora gli stessi siano richiesti da soggetti passivi che esercitano una “attività di impresa” da meno di due anni.

 

Dalla formulazione della norma, che fa espresso riferimento all’attività di impresa, discende che l’obbligo di prestazione della garanzia, nel caso di esercizio dell’attività da meno di due anni, non si riferisce ai soggetti che svolgono attività di lavoro autonomo.

 

Per quanto riguarda il computo dei due anni, si precisa che, per esercizio dell’attività di impresa si intende l’effettivo svolgimento dell’attività stessa, che ha inizio con la prima operazione effettuata e non con la sola apertura della partita IVA.

 

Si chiarisce, inoltre, che il termine temporale di due anni è riferito ai due anni antecedenti la data di richiesta del rimborso annuale o trimestrale. Ad esempio, il contribuente che presenti la richiesta di rimborso annuale o trimestrale in data 11 aprile 2015 non sarà obbligato alla prestazione della garanzia qualora abbia iniziato l’attività di impresa, nei termini sopra precisati, in data 11 aprile 2013 o in data anteriore.

 

 

 

8.4 Rimborsi Iva richiesti prima del 13/12/2014

 

Domanda. La Circolare n. 32/2014[4] afferma che le semplificazioni del nuovo articolo 38-bis, DPR n. 633/72, si applicano anche alle richieste di rimborso presentate prima del 13/12/2014, precisando però che nel caso in cui alla stessa data la garanzia sia stata già richiesta, “laddove il contribuente non vi abbia già provveduto non è tenuto a presentarla”, e che le garanzie prestate in corso di validità non possono essere restituite per i rimborsi già erogati alla predetta data.

 

Si chiede di chiarire se i contribuenti possano ottenere la restituzione delle garanzie per i rimborsi non ancora erogati. 

 

 

 

Risposta. Come chiarito dalla Circolare n. 32/E del 2014, le disposizioni di semplificazione introdotte dal nuovo articolo 38-bis del DPR n. 633/1972 si applicano anche ai rimborsi in corso di esecuzione al 13 dicembre 2014, data di entrata in vigore del D.lgs. n. 175/2014.

 

Pertanto, per i rimborsi richiesti prima del 13 dicembre 2014 e non ancora erogati a tale data, la garanzia non è dovuta qualora sussistano i presupposti previsti dal nuovo articolo 38-bis. Se la garanzia alla stessa data è stata già richiesta, il contribuente non è più tenuto a presentarla.

 

Nella stessa Circolare n. 32/E del 2014 è stato chiarito, inoltre, che la garanzia non può essere restituita qualora i rimborsi siano stati già erogati.

 

Ne consegue che il contribuente può richiedere la restituzione del documento di garanzia già presentato qualora, in presenza dei presupposti previsti dal nuovo articolo 38-bis del DPR n. 633/1972, il rimborso non sia ancora stato erogato alla data del 13 dicembre 2014.

 

 

 

8.5 Split payment e regimi speciali Iva

 

Domanda. Si chiede conferma che le operazioni soggette a regimi speciali IVA che non prevedono l’evidenza dell’imposta in fattura (es. regime del margine, agenzie di viaggio, regime di franchigia delle piccole imprese), pur in mancanza di espressa previsione normativa, devono ritenersi escluse dal meccanismo dello split payment.

 

 

 

Risposta. L’articolo 1, comma 629, lett. b), della Legge di stabilità 2015 ha introdotto l’articolo 17-ter del DPR n. 633/1972, che dispone l’adozione del modello di scissione dei pagamenti, c.d. “split payment” per le operazioni effettuate nei confronti di determinati enti pubblici.

 

Secondo la nuova disposizione “per le cessioni di beni e per le prestazioni di servizi effettuate nei confronti degli enti pubblici interessati, per i quali i suddetti cessionari o committenti non sono debitori d’imposta ai sensi delle disposizioni in materia di imposta sul valore aggiunto, l’imposta è in ogni caso versata dai medesimi …”.

 

In base a questo meccanismo le pubbliche amministrazioni, ancorché non rivestano la qualità di soggetto passivo dell’IVA, devono versare direttamente all’Erario, l’imposta sul valore aggiunto che è stata addebitata loro dai fornitori.

 

Questi ultimi, infatti, devono emettere regolarmente la fattura con le indicazioni prescritte dall’articolo 21 del DPR n. 633/1972, tra cui l’evidenziazione dell’imposta, apponendo l’annotazione “scissione dei pagamenti” sulla medesima.

 

Conseguentemente, il predetto meccanismo non trova applicazione in relazione alle operazioni assoggettate a regimi speciali che non prevedono l’evidenza dell’imposta in fattura e che ne dispongono l’assolvimento secondo regole proprie.

 

 

 

8.6 Split payment e regolarizzazioni

 

Domanda. Nel caso in cui l’ente pubblico, in veste di soggetto passivo, riceva una fattura indicante l’IVA in misura inferiore a quella dovuta, è corretto ritenere che l’imposta indicata dal fornitore debba essere pagata ai sensi dell’articolo 17-ter, del DPR n. 633/72, mentre quella regolarizzata ai sensi dell’articolo 6, comma 8, D.lgs. n. 471/97 debba essere corrisposta distintamente, con le modalità previste per tale regolarizzazione? 

 

 

 

Risposta. Il meccanismo di scissione dei pagamenti di cui all’articolo 17-ter del DPR n. 633/1972 prevede che le pubbliche amministrazioni acquirenti di beni e servizi, ancorché non rivestano la qualità di soggetto passivo dell’IVA, devono versare direttamente all’erario l’imposta sul valore aggiunto che è stata addebitata loro dai fornitori.

 

Pertanto, fermo restando il versamento dell’imposta addebitata in fattura secondo le regole proprie dello split payment, nell’ipotesi in cui le pubbliche amministrazioni ricevano una fattura indicante l’IVA in misura inferiore a quella dovuta, per acquisti di beni e servizi effettuati nell’esercizio di un’attività commerciale, le stesse dovranno fare ricorso alla procedura di regolarizzazione di cui all’articolo 6, comma 8, D.lgs. n. 471/97 e, quindi, l’imposta oggetto di regolarizzazione dovrà essere corrisposta con le modalità previste da tale procedura.

 

 

 

8.7 Split payment e ritenute

 

Domanda. La norma sullo split payment esclude da questa modalità di versamento dell’Iva i compensi per prestazioni di servizi “assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo di imposta sul reddito”. È giusto intendere che questa espressione si riferisce a ritenute, a titolo di acconto, da scomputare dalle imposte sul reddito del percipiente?

 

 

 

Risposta. La Legge di stabilità 2015 ha introdotto nel Decreto IVA il nuovo articolo 17 ter che, nel prevedere la particolare disciplina dello split payment, stabilisce espressamente che questa “non si applica ai compensi per prestazioni di servizi assoggettati a ritenute alla fonte a titolo d’imposta sul reddito”. Si ritiene, pertanto, che il legislatore con l’espressione “a titolo d’imposta sul reddito” abbia voluto fare riferimento anche alle ritenute a titolo di acconto.

 

 

 

9. NUOVO REGIME FORFETARIO DEI CONTRIBUENTI PERSONE FISICHE ESERCENTI ATTIVITA’ D’IMPRESA, ARTI O PROFESSIONI 

 

9.1 Accesso da parte dei contribuenti minimi

 

Domanda. Un contribuente che esercita l’attività di imbianchino dal 1980 in regime di contabilità semplificata, può applicare il nuovo regime forfetario per l’anno 2015?

 

 

 

Risposta. A differenza di quanto previsto per il regime fiscale di vantaggio di cui al DL n. 98 del 2011, non rileva ai fini dell’accesso nel nuovo regime forfetario di cui alla legge n. 190 del 2014, l’aver esercitato negli anni precedenti un’attività d’impresa, arte o professione.

 

Possono, pertanto, accedere al regime forfetario le persone fisiche che già esercitano un’attività di impresa, arte o professione in forma individuale, purché siano in possesso dei requisiti stabiliti dall’articolo 1, commi 54 della legge n. 190 del 2014 e, contestualmente, non ricorra una delle cause di esclusione previste dal successivo comma 57.

 

 

 

9.2 Adempimenti per l’accesso al nuovo regime forfetario

 

Domanda. Per l’anno 2015 un contribuente è nelle condizioni di poter svolgere il regime forfettario, pur avendo iniziato l’attività diversi anni fa. Quali sono gli adempimenti per rientrare in tale regime?

 

 

 

Risposta. Il regime forfetario costituisce il regime naturale per i soggetti che possiedono i requisiti previsti dall’articolo 1, comma 54 della legge n. 190 del 2014, e sempre che non ricorra una della cause di esclusione previste dal successivo comma 57. Tali soggetti transitano, a partire dal 1° gennaio 2015, in detto regime senza essere tenuti a specifici adempimenti, ossia senza doverne dare alcuna comunicazione preventiva (con il modello AA9) ovvero successiva (con la dichiarazione annuale).

 

I contribuenti che iniziano un’attività d’impresa, arte o professione e presumono di avere i requisiti previsti dalla norma per applicare il regime forfetario devono, invece, darne comunicazione nella dichiarazione di inizio attività (modello AA9), da presentare ai sensi dell’articolo 35 del DPR 633/72.

 

 

 

9.3 Accesso da parte dei contribuenti in regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità

 

Domanda. Chi ha avviato un’attività imprenditoriale con apertura della partita IVA in data 28 dicembre 2014, può applicare il vecchio regime fiscale di vantaggio o è obbligato ad applicare il regime forfetario, per lui meno conveniente?

 

 

 

Risposta. L’articolo 1, comma 88 della legge n. 190 del 2014, prevede la possibilità, per i contribuenti che al 31 dicembre 2014 già svolgevano un’attività avvalendosi del regime fiscale di vantaggio di cui al D.L. n. 98 del 2011 di continuare ad applicarlo, avendone i requisiti, per il periodo che residua al completamento del quinquennio e, comunque, fino al trentacinquesimo anno di età.

 

Affinché un’attività si consideri “svolta” – ai fini dell’applicazione del regime fiscale di vantaggio – non è, tuttavia, sufficiente la mera apertura della partita IVA, dovendosi fare riferimento all’effettivo esercizio di un’attività di impresa arte o professione, come previsto dal paragrafo 3, punto 3.2, del provvedimento dell’11 dicembre 2011 (attuativo del regime in parola). 

 

Ciò significa, in altre parole, che alla data del 31 dicembre 2014 devono essere state effettuate operazioni che comprovino il concreto esercizio di un’attività.

 

 

 

9.4 Esportazioni 

 

Domanda. Le cessioni all’esportazione effettuate dai contribuenti che adottano il regime forfetario con la Città del Vaticano o San Marino rientrano nel calcolo del limite massimo di ricavi?

 

 

 

Risposta. L’articolo 1, comma 54, della Legge di stabilità 2015 , prevede che possano accedere al regime forfetario le persone fisiche esercenti attività di impresa, arte o professione che nell’anno precedente hanno conseguito ricavi o percepito compensi non superiori ai limiti stabiliti nell’allegato 4 per ogni tipologia di attività. Il successivo comma 55 stabilisce che non concorrono all’individuazione di questo limite esclusivamente i ricavi e i compensi derivanti dall’adeguamento agli studi di settore e ai parametri. Ogni altro ricavo o compenso concorre, pertanto, alla formazione delle soglie di accesso al regime forfetario, compresi quelli derivanti da operazioni poste in essere con la Città del Vaticano e con San Marino.

 

 

 

9.5 Iva indetraibile sui beni acquistati

 

Domanda. Ai fini del calcolo del valore dei beni strumentali, in analogia a quanto previsto per i beni in locazione finanziaria, non dovrebbe essere considerata l’IVA indetraibile afferente i beni acquistati. E’ corretta tale impostazione?

 

 

 

Risposta. Con riferimento al regime dei minimi è stato chiarito con Circolare n. 13/E del 2008[5] che, al fine di verificare il limite riferito all’acquisto dei beni strumentali, si assumono i corrispettivi relativi alle operazioni effettuate ai sensi dell’articolo 6 del DPR n. 633/1972.

 

Occorre, dunque, far riferimento all’ammontare dei corrispettivi degli acquisti che rilevano in base alle ordinarie regole dell’imposta sul valore aggiunto, secondo cui i corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi costituiscono la base imponibile cui è commisurata l’imposta. 

 

Pertanto, come già chiarito dalla Circolare 7/E del 2008[6], con riferimento al regime dei minimi, sia in fase di accesso al regime forfetario che durante la sua applicazione, il rispetto del limite degli acquisti di beni strumentali va verificato con riferimento al costo sostenuto al netto dell’imposta sul valore aggiunto, anche se non è stato esercitato il diritto di detrazione.

 

 

 

9.6 Ricavi e coefficienti 

 

Domanda. Uno dei requisiti di accesso al nuovo regime forfetizzato previsto dalla legge di Stabilità 2015 è l’ammontare dei ricavi, ragguagliato ad anno, conseguito nell’anno precedente. Come precisato nella relazione di accompagnamento, i ricavi vanno assunti in base al criterio di competenza. Come fare se un artigiano o un commerciante nel 2014 ha applicato il regime dei minimi (articolo 27 del DL 98/2011) con criterio di cassa e intende aderire al nuovo regime?

 

 

 

Risposta. Ai sensi dell’articolo 1 della Legge di stabilità 2015 non possono applicare il regime forfetario coloro che nell’anno precedente hanno conseguito ricavi o percepito compensi superiori alle soglie fissate, per ciascuna attività, nell’allegato 4. Il legislatore, nell’individuare questo parametro di verifica, ha inteso far riferimento alle dimensioni dell’attività svolta dal contribuente, per consentire l’accesso al regime forfetario solo a realtà economiche di piccole dimensioni.

 

Si ritiene, quindi, che l’ammontare dei ricavi conseguiti nell’anno precedente a quello in cui si intende applicare il regime forfetario, debba essere individuato con riferimento al regime utilizzato in quel periodo di imposta. Pertanto, coloro che nell’anno precedente hanno applicato il regime ordinario di determinazione del reddito di impresa, ovvero il regime delle imprese minori, effettueranno la verifica richiesta dalla Legge di stabilità con riferimento ai ricavi imputati secondo il criterio della competenza. Diversamente, coloro che nell’anno precedente hanno applicato il regime fiscale di vantaggio che prevede l’imputazione dei ricavi con il criterio di cassa, effettueranno la verifica con riferimento a questa modalità di imputazione. 

 

 

 

9.7 Valore dei beni immateriali

 

Domanda. Nel valore dei beni strumentali da considerare ai fini dell’accesso al nuovo regime non sembrano ricompresi i beni immateriali (avviamento, spese di impianto, etc.). E’ corretta questa lettura della norma?

 

 

 

Risposta. Il comma 54 della Legge di stabilità 2015, nell’individuare i requisiti necessari all’applicazione del nuovo regime, consente l’applicazione del regime forfetario ai contribuenti che, alla data di chiusura dell’esercizio precedente, sono in possesso di beni strumentali di costo complessivo, al lordo degli ammortamenti, non superiore a 20.000 euro. Per espressa previsione normativa, non concorrono alla formazione di detto limite i beni immobili, comunque acquisiti, utilizzati per l’esercizio dell’impresa, dell’arte o della professione. 

 

Per quanto concerne i beni immateriali, la circolare n. 7/E del 2008, relativa al regime dei minimi, con riferimento al raggiungimento del limite dei 15.000 euro per i beni strumentali, ha chiarito che il riferimento contenuto nella norma alla nozione di strumentalità dei beni da prendere in considerazione induce a ritenere che non rilevino taluni costi riferibili ad attività immateriali, come quello sostenuto per l’avviamento o altri elementi immateriali comunque riferibili all’attività, che non si caratterizzano per il loro concreto utilizzo nell’ambito dell’attività d’impresa o di lavoro autonomo.

 

I medesimi chiarimenti trovano applicazione con riferimento al regime forfetario.

 

 

 

10. RAVVEDIMENTO OPEROSO

 

10.1 Definizione delle violazioni già contestate

 

Domanda. Si chiede di sapere se nella nuova disciplina del ravvedimento operoso di cui all’articolo 13, D.lgs. n. 472/97, come modificata dalla Legge di Stabilità 2015, con particolare riguardo alla definizione delle violazioni già constatate, debba ritenersi confermato l’orientamento delle Circolari n. 180[7] e n. 192[8] del 1998, circa l’onere di regolarizzare distintamente le violazioni prodromiche (es. omessa fatturazione) e quelle conseguenziali (omesso versamento, infedele dichiarazione).

 

 

 

Risposta. La Legge di Stabilità 2015 pone l’obiettivo di incidere significativamente sulle modalità di gestione del rapporto tra fisco e contribuenti. 

 

Si punta su un nuovo modello di cooperazione tra l’Amministrazione finanziaria e i contribuenti con l’obiettivo di perseguire il massimo adempimento spontaneo degli obblighi tributari da parte dei contribuenti, potenziando l’istituto del ravvedimento operoso di cui all’articolo 13 del D.lgs. n. 472 del 1997.

 

Ai tributi amministrati dall’Agenzia delle Entrate si applicano le novità in materia di ravvedimento, comprese quelle relative alla eliminazione della preclusione secondo la quale l’istituto del ravvedimento può essere adottato a prescindere dalla circostanza che la violazione sia già stata constatata ovvero che siano iniziati accessi, ispezioni, verifiche o altre attività amministrative di accertamento.

 

Le novelle normative, però, non modificano, per il resto, l’assetto generale dell’istituto del ravvedimento.

 

Pertanto, anche con riguardo alla definizione delle violazioni già constatate, si ritiene che debba ritenersi confermato l’orientamento delle Circolari n. 180 e 192 del 1998 circa l’onere di regolarizzare distintamente le violazioni prodromiche (es. omessa fatturazione) e quelle conseguenziali (omesso versamento, infedele dichiarazione). 

 

 

 

10.2 Modalità di applicazione delle nuove norme

 

Domanda. È corretto ritenere che le nuove regole sul ravvedimento operoso si applicano anche alle violazioni che alla data del 1° gennaio 2015 siano già state constatate dall’ufficio (ad esempio con emissione del Pvc) ma non siano ancora state interessate da atti accertativi, liquidatori o da cartelle di pagamento? È una lettura in linea con la circolare 180/E del 1998 ispirata al favor rei. 

 

 

 

Risposta. Si ritiene che le nuove regole sul ravvedimento operoso, nel rispetto del principio di legalità di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n 472, trovano applicazione anche con riguardo alle violazioni che alla data del 1° gennaio 2015 siano già state constatate dall’ufficio ma non siano ancora state interessate da atti accertativi, liquidatori o da cartelle di pagamento. 

 

 

 

10.3 Modalità pratiche

 

Domanda. Alla luce della possibilità di regolarizzare le violazioni già contestate in un pvc ma non ancora inserite in un avviso di accertamento, al momento della integrazione della dichiarazione dell’anno oggetto di ravvedimento, come potranno essere distinti i rilievi ai quali si intende prestare acquiescenza rispetto a quelli per i quali non si accetta la contestazione e dunque si intende proseguire in contenzioso? 

 

 

 

Risposta. Per effetto delle modifiche apportate dalla Legge di Stabilità 2015, sono mutati i presupposti per accedere all’istituto agevolativo. È possibile, infatti, accedere al ravvedimento operoso nonostante la violazione sia stata già constatata mediante pvc. Ciò, tuttavia, non muta la natura e le finalità dell’istituto del ravvedimento operoso – che rimane un atto di regolarizzazione spontanea da parte del contribuente – nel senso che non lo trasforma in un atto di acquiescenza ai rilievi contenuti nel pvc.

 

Pertanto, il contribuente potrà sanare le medesime violazioni ravvedibili in base alla precedente formulazione normativa anche laddove – ed è questo l’elemento innovativo – gli sia stato consegnato un pvc, fermo restando l’assenza di notifiche degli atti di liquidazione e di accertamento, comprese le comunicazioni di cui agli articoli 36-bis e 36-ter del DPR n. 600/1973 e 54-bis del DPR n. 633/1972.

 

Sarà onere del contribuente comunicare agli Uffici i distinti rilievi per i quali si intende prestare acquiescenza.

 

 

 

10.4 Possibilità di avvalersi del ravvedimento in caso di violazioni rilevate con procedure automatizzate e/o formali

 

Domanda. Gli avvisi bonari derivanti da controlli automatizzati e controlli formali sulle imposte dirette e l’IVA precludono il ravvedimento solo sulle violazioni rilevabili con queste procedure o anche con altre violazioni come, ad esempio, una omessa fatturazione?

 

 

 

Risposta. Già prima della modifica introdotta con la Legge di Stabilità 2015 al ravvedimento operoso, la comunicazione degli esiti del controllo automatizzato e del controllo formale rappresentava un ostacolo alla possibilità di avvalersi dell’istituto. 

 

Con la Circolare n. 18/E del 10 maggio 2011[9] è stato chiarito che la preclusione al ravvedimento opera con riferimento alle irregolarità riscontrabili nell’ambito di questi controlli. E’ stato, pertanto, ammesso che il contribuente che abbia ricevuto la comunicazione degli esiti del controllo automatizzato e/o di quello formale possa avvalersi del ravvedimento per sanare altre violazioni che non gli siano state contestate con tale procedura. 

 

Gli stessi chiarimenti trovano applicazione con riferimento al nuovo ravvedimento operoso. 

 

 

 

10.5 Avvisi di recupero di crediti d’imposta e di irrogazione di sanzioni

 

Domanda. Gli avvisi di recupero di crediti di imposta e gli avvisi di irrogazione di sanzioni sono cause ostative del nuovo ravvedimento anche se non menzionate espressamente? 

 

 

 

Risposta. Si ritiene che gli avvisi di recupero di crediti di imposta e gli avvisi di irrogazione di sanzioni, anche se non espressamente menzionate, si debbano ritenere cause ostative del nuovo ravvedimento, per la loro natura di atti autoritativi impositivi che recano una pretesa tributaria. 

 

 

 

10.6 Termine di regolarizzazione delle violazioni

Domanda. Si chiede di sapere se la diversificazione delle due soglie temporali per la regolarizzazione (termine fisso, es. un anno dalla commissione della violazione, e termine mobile, es. scadenza della presentazione della dichiarazione) sia correlata alla distinzione tra “tributi periodici” (o meglio, con dichiarazione periodica) e “tributi istantanei”, come chiarito

dalla Circolare n. 180/1998, oppure se ci si debba basare su altri criteri, come emerge dalle Circolari n. 41/2005[1] e n. 2/2011[2] in ordine a talune violazioni in materia di IVA.

 

 

 

Risposta. In relazione alle due soglie temporali previste dalla disposizione di cui all’articolo 13 del D.lgs. n. 472/97 “termine per la presentazione della dichiarazione relativa all’anno nel corso del quale è stata commessa la violazione” e “un anno dall’omissione o dall’errore” si chiarisce che la diversificazione è in sostanza collegata alla distinzione tra i “tributi periodici” cui inerisce un obbligo dichiarativo che si rinnova periodicamente, (come per esempio imposte sui redditi, IVA) e i “tributi istantanei”, per i quali non si configura un obbligo dichiarativo (come, per esempio, imposta di registro, sulle successioni), come già chiarito dalla Circolare n. 180 del 1998.

 

A tal proposito, devono ritenersi ancora attuali le precisazioni contenute nei documenti di prassi circa la correlazione tra “tributi periodici” e “tributi istantanei” da un lato, e le soglie temporali previste dalla disposizione dall’altra, nonché gli specifici chiarimenti resi con i citati documenti del 2005 e del 2011. 

 

Infine, considerato che le disposizioni recate dalla Legge di Stabilità 2015 sono entrate in vigore il 1° gennaio 2015, in virtù del principio del favor rei è possibile ravvedere le violazioni constatate prima di tale data, fermo restando la mancata notifica di atti di liquidazione e di accertamento, comprese le comunicazioni di cui agli articoli 36-bis e 36-ter del DPR n. 600/1973 e 54-bis del DPR n. 633/1972 relative alle violazioni oggetto di regolarizzazione.

 

 

 

11. REDDITO D’IMPRESA

 

11.1 Operazioni straordinarie

 

Domanda. Il decreto Semplificazioni dispone che le società di persone, in presenza di operazioni straordinarie, devono effettuare i versamenti entro il giorno 16 del mese successivo a quello di “scadenza del termine di presentazione della dichiarazione”. È rilevante o meno il mese in cui la società presenta effettivamente il modello, se anteriore a quello di legge?

 

 

 

Risposta. Il decreto Semplificazioni dispone che le società o associazioni di cui all’articolo 5 del TUIR, nelle ipotesi di operazioni di liquidazione trasformazione, fusione e scissione – effettuano il versamento del saldo dovuto in base alla dichiarazione dei redditi e dell’IRAP entro il giorno 16 del mese successivo a quello di scadenza del termine di presentazione della dichiarazione.

 

Il termine per l’effettuazione del versamento è quindi il giorno 16 del mese successivo a quello di scadenza prescritto dalla legge.

 

Non è rilevante, pertanto, il mese in cui la società presenta effettivamente la dichiarazione, se è anteriore a quello di legge.

 

 

 

11.2 Detassazione delle plusvalenze

 

Domanda. Il reinvestimento richiesto per usufruire della detassazione al 90 per cento delle plusvalenze derivanti dalla cessione di beni immateriali (comma 40 della legge 190/2014) riguarda l’intero ammontare del corrispettivo della cessione (come risulta dal tenore letterale della norma), o il solo importo della plusvalenza determinato secondo l’articolo 86 del TUIR?

 

 

 

Risposta. Come si evince dal tenore letterale della norma, ai fini dell’esclusione dalla formazione del reddito delle plusvalenze derivanti dalla cessione dei beni immateriali, il reinvestimento deve riguardare almeno il 90 per cento del corrispettivo derivante dalla cessione e non dell’importo della plusvalenza. 

 

 

 

11.3 Società in perdita sistematica

 

Domanda. Le modifiche apportate in tema di società in perdita sistematica dall’articolo 18 del decreto Semplificazioni (D.lgs. 175/2014) riguardo al periodo di osservazione quinquennale delle perdite reiterate possono essere applicate ai periodi 2012 e 2013?

 

 

 

Risposta. L’articolo 18 del Decreto Semplificazioni individua chiaramente il periodo d’imposta a decorrere dal quale trovano applicazione le modifiche previste. In particolare, il comma 3 prevede espressamente che, in deroga all’articolo 3 dello Statuto dei diritti del contribuente, le modifiche si applicano dal periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore dello stesso decreto Semplificazioni. Pertanto, come chiarito nella Circolare n. 31/E del 2014 (paragrafo 9), per i soggetti interessati dalla disciplina sulle società in perdita sistematica, con esercizio coincidente con l’anno solare, le modifiche di cui si parla operano solamente a decorrere dal periodo d’imposta 2014; di conseguenza, esclusivamente a decorrere da tale periodo d’imposta (2014), assumerà rilevanza il periodo d’osservazione quinquennale (costituito dai periodi 2009-2010-2011-2012-2013) invece di quello triennale (2009-2010-2011 e 2010-2011-2012 rilevanti, rispettivamente, per i periodi d’imposta 2012 e 2013).

 

 

 

12. REDDITOMETRO

 

12.1 Rilevanza della provvista costituita in annualità precedenti

 

Domanda. Sempre in relazione all’accertamento da redditometro, il contribuente può aver proceduto all’acquisto dell’incremento patrimoniale con i risparmi accumulati negli anni precedenti senza aver fatto ricorso né a istituti di credito né a prestiti dei familiari. In questa situazione, la prova può essere rappresentata dalla documentazione che conferma che, negli anni antecedenti l’acquisto, sono state accantonate le somme utili per la spesa? 

 

 

 

Risposta. Come ribadito dall’Agenzia delle Entrate anche nella Circolare n. 24/E del 2013[3], in sede di contraddittorio il contribuente può sempre fornire la prova, in relazione alle spese per investimenti sostenute nell’anno, della formazione della provvista in anni precedenti ovvero della sua effettiva disponibilità ed utilizzo per l’effettuazione dello specifico investimento individuato.

 

Se si è costituita nelle annualità precedenti la provvista non rileva ai fini della determinazione sintetica nell’anno d’imposta oggetto del controllo.

 

Ovviamente, questo non esclude la possibilità per l’Agenzia delle Entrate di attivare, per le annualità precedenti in cui si è formata la provvista, autonomi controlli avvalendosi dello strumento accertativo più idoneo, di tipo analitico, induttivo o sintetico.

 

 

 

12.2 Controllo sui dati relativi a premi assicurativi, mutui e contributi previdenziali comunicati per la pre-compilazione della dichiarazione

 

Domanda. I dati su premi assicurativi, mutui e contributi previdenziali per la dichiarazione precompilata serviranno anche a valutare la capacità contributiva del contribuente, come si legge nei provvedimenti 160358/2014, 160365/2014, 160381/2014. In che modo e con quali finalità saranno utilizzate le informazioni? Saranno previsti dei filtri per la pulizia di eventuali incongruenze nei dati?

 

 

 

Risposta. Con la comunicazione dei dati relativi ai premi assicurativi, agli interessi passivi e ai contributi previdenziali, finalizzata alla precompilazione della dichiarazione, di cui all’articolo 3 del decreto legislativo 21 novembre 2014, n. 175, modificativo dell’articolo 78, comma 25, della legge 30 dicembre 1991, n. 413, sono stati introdotti ulteriori criteri di controllo di qualità.

 

Infatti, il ciclo del controllo di qualità dei dati comunicati prevede già al momento della compilazione del tracciato record l’utilizzo di appositi filtri relativi, ad esempio, al controllo formale del codice fiscale e all’individuazione di importi incongruenti. 

 

Ulteriori filtri sono inseriti al momento dell’accoglienza dei dati trasmessi in Anagrafe tributaria riguardanti, in particolare, l’esistenza del codice fiscale del cliente. 

 

Le eventuali anomalie vengono segnalate al soggetto che ha trasmesso i dati per le necessarie correzioni. 

 

A seguito della precompilazione della dichiarazione il contribuente può modificare le predette informazioni, consentendo così all’Amministrazione finanziaria, oltre che ad acquisire una dichiarazione corretta, anche ulteriori elementi per implementare negli anni successivi ulteriori controlli di qualità generando così un ciclo virtuoso che a regime consentirà di evitare ogni possibile errore sulle informazioni contenute nella dichiarazione. 

 

Oltre che per la compilazione della dichiarazione le informazioni trasmesse continuano ad essere utilizzate, insieme alle altre in possesso dell’Agenzia delle Entrate, per l’analisi del rischio di evasione consentendo così all’Amministrazione finanziaria di concentrare la propria attività di controllo sulle situazioni che presentano evidenti anomalie.

 

 

 

13. SOCIETA’ ESTINTE

 

13.1 Ambito di applicazione della retroattività della norma sulle società estinte

 

Domanda. La retroattività della norma sulle società estinte opera solo sugli atti notificati e non ancora impugnati in primo grado oppure in via generalizzata su tutti gli atti non definitivi? 

 

 

 

Risposta. L’articolo 28 del D.lgs. n. 175 del 2014 stabilisce che, ai soli fini della liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l’estinzione della società di cui all’articolo 2495 del codice civile ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione dal Registro delle imprese. Come precisato nella Circolare n. 31/E del 2014[4], trattandosi di una norma procedurale che disciplina le fasi di attuazione del tributo, a partire dal 13 dicembre 2014 (data di entrata in vigore del D.lgs. n. 175 del 2014), la stessa, per sua natura, trova applicazione anche per le attività di controllo riferite a società che hanno già chiesto la cancellazione dal Registro delle imprese o già cancellate dallo stesso registro prima della predetta data, nonché per attività di controllo riguardanti periodi precedenti a tale data (ovviamente nel rispetto dei termini di prescrizione e decadenza previsti dalla legge).

 

Di conseguenza, a seguito dell’entrata in vigore della norma in esame tutti gli avvisi di accertamento saranno notificati alle società cancellate secondo le nuove regole.

 

 

 

Resta inteso che l’articolo 28 trova applicazione anche con riguardo agli atti di accertamento, di liquidazione e della riscossione, ancorché interessati da contenzioso, notificati prima dell’ entrata in vigore del decreto Semplificazioni e relativi a società cancellate prima dell’entrata in vigore della norma in esame.

 

 

 

13.2 Cancellazione dal registro delle imprese

 

Domanda. Nell’articolo 28 del D.lgs. n. 175/2014 non è prevista alcuna decorrenza relativamente all’irrilevanza degli effetti della cancellazione della società dal registro delle imprese, nel periodo quinquennale. Di conseguenza, la detta disciplina deve ritenersi di natura “non procedimentale”, nel rispetto del “principio del legittimo affidamento” e in assenza di un supporto legislativo che affermi il contrario, con la conseguente applicazione alle sole società cancellate dalla data di entrata in vigore del provvedimento (13/12/2014), senza alcun effetto retroattivo?

 

 

 

Risposta. L’articolo 28 del D.lgs. n. 175 del 2014 ha stabilito che, ai soli fini della liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l’estinzione della società di cui all’articolo 2495 del codice civile ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione dal Registro delle imprese. Come precisato nella Circolare n. 31/E del 2014, trattandosi di norma procedurale, in quanto tesa proprio a salvaguardare le azioni di recupero della pretesa erariale, la stessa si applica anche per attività di controllo riferite a società che hanno già chiesto la cancellazione dal Registro delle imprese o già cancellate dallo stesso registro prima del 13/12/2014, data di entrata in vigore del D.lgs. n. 175/2014, nonché per attività di controllo riguardanti periodi precedenti a tale data, ovviamente nel rispetto dei termini di prescrizione e decadenza previsti dalla legge.

 

 

 

13.3 Liquidazione e distribuzione di denaro ai soci

 

Domanda. Con riferimento alla responsabilità dei soci di soggetti IRES, l’applicazione delle nuove disposizioni, di cui all’articolo 28, del D.lgs. n. 175/2014, resta subordinata al fatto che “siano distribuiti beni sociali o denaro nei due anni precedenti la liquidazione” (tenendo conto della data di messa in liquidazione) o “siano stati assegnati beni” del soggetto collettivo “durante la fase liquidativa”. Dal tenore letterale delle disposizioni vigenti, pertanto, è da escludere dalla disciplina l’ipotesi di distribuzione di denaro nel corso della fase di liquidazione. E’ corretto?

 

 

 

Risposta. L’articolo 36 del DPR n. 602/1973, come recentemente modificato dal D.lgs. n. 175/2014, disciplina le responsabilità e gli obblighi degli amministratori, dei liquidatori e dei soci e, al comma 3, in particolare, prevede che i soci rispondono per il pagamento delle imposte se, “nel corso degli ultimi due periodi d’imposta precedenti alla messa in liquidazione” hanno ricevuto “danaro o altri beni sociali in assegnazione” dagli amministratori o hanno avuto in assegnazione “beni sociali” dai liquidatori “durante il tempo della liquidazione”. Si tratta di una norma che interviene a tutelare in modo specifico i crediti erariali nel caso della liquidazione di società, in aggiunta alla disposizione civilistica di carattere generale di cui all’articolo 2495 del c.c., e che, rispetto a quest’ultima, amplia il periodo temporale di riferimento per valutare la responsabilità dei soci, individua alcune ipotesi specifiche in cui si configura la responsabilità del liquidatore e introduce la figura dell’amministratore quale ulteriore soggetto responsabile. 

 

Tenuto conto della finalità della norma tesa ad ampliare la garanzia per i crediti erariali, oltre che del tenore letterale della norma, si ritiene che tra i “beni sociali” avuti in assegnazione dai liquidatori durante il tempo della liquidazione siano da ricomprendere necessariamente anche le eventuali distribuzioni di denaro, che la stessa disposizione fa rientrare tra i “beni sociali”.

 

 

 

13.4 Notifica dell’accertamento

 

Domanda. Il decreto Semplificazioni (D.lgs. n. 175/2014) ha previsto che le società cancellate dal Registro imprese siano responsabili dei debiti fiscali e contributivi per cinque anni dopo la loro estinzione. La Circolare 31/E/2014 ha introdotto un’applicazione retroattiva di tale norma. A questo punto, a chi verrà materialmente notificato l’accertamento con cui si rettificano a una società estinta ricavi non dichiarati o costi non deducibili? L’atto potrà essere impugnato dall’ex liquidatore della società estinta e/o dal socio che non ha ricevuto nulla dalla liquidazione? 

 

 

 

Risposta. L’articolo 28 del decreto Semplificazioni (D.lgs. n. 175/2014) ha stabilito che, ai soli fini della liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l’estinzione della società di cui all’articolo 2495 del codice civile ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione dal Registro delle imprese. A partire dal 13 dicembre 2014, data di entrata in vigore del citato decreto, l’avviso di accertamento contenente la rettifica della dichiarazione della società cancellata dal Registro delle imprese sarà emesso nei confronti della società “cancellata” e notificato alla stessa presso la sede dell’ultimo domicilio fiscale in quanto, a tal fine, l’effetto dell’estinzione si produrrà solo dopo cinque anni dalla data della cancellazione. Al riguardo, si rammenta che la società, precedentemente alla cancellazione, potrà avvalersi, comunque, della facoltà di eleggere domicilio presso una persona o un ufficio nel comune del proprio domicilio fiscale per la notificazione degli atti o degli avvisi che lo riguardano ai sensi dell’articolo 60, comma 1 lett. d) del DPR n. 600 del 1973. 

 

Si ritiene che il suddetto atto sia impugnabile dai soggetti responsabili ai sensi degli articoli 2495 del c. c. e/o 36 del DPR n. 602 del 1973.

 

 

 

13.5 Responsabilità dei liquidatori

 

Domanda. L’articolo 36, del DPR n. 602/1973 dispone che la responsabilità sussiste se i liquidatori hanno soddisfatto crediti di ordine inferiore a quelli di natura tributaria o abbiano assegnato beni ai soci prima di onorare i debiti fiscali. Stante il fatto che, nell’ambito della fase liquidativa, non si deve tenere conto di alcuna graduazione nel pagamento dei debiti, è corretto, per rispettare le nuove disposizioni, tenere conto delle disposizioni indicate dall’art. 2777 c.c.?

 

 

 

Risposta. L’articolo 36 del DPR n. 602/1973, come modificato dal decreto Semplificazioni (D.lgs. n. 175/2014), prevede che i liquidatori rispondono in proprio delle imposte della società se non provano di aver soddisfatto i crediti tributari anteriormente all’assegnazione di beni ai soci o di aver soddisfatto crediti di ordine superiore a quelli tributari. In assenza di specifici richiami nella norma, si ritiene che si possa far riferimento alle disposizioni civilistiche in materia.

 

 

 

13.6 Società di persone

 

Domanda. Per effetto dell’espresso riferimento all’articolo 2495 c.c., è corretto ritenere che le nuove disposizioni non producano alcun effetto nei confronti delle società di persone, la cui estinzione è disciplinata dall’articolo 2312 c.c.?

 

 

 

Risposta. L’articolo 2495 c.c. dispone in materia di cancellazione delle società di capitali: Per le società di persone la cancellazione viene disciplinata dall’articolo 2312 c.c.

 

Di recente, si è consolidato un orientamento giurisprudenziale che, a proposito dell’articolo 2495 del c.c., sostiene la natura costitutiva della cancellazione delle società dal Registro delle imprese con l’effetto conseguente dell’estinzione della società. Si tratta, tra le altre, delle sentenze della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 4060, 4061 e 4062 del 22/02/2010 e n. 6070, 6071 e 672 del 12/03/2013. Con le medesime sentenze, i giudici di legittimità hanno ritenuto il principio dell’estinzione della società di capitali a seguito della cancellazione applicabile anche alle società di persone, seppure con le dovute differenze in ordine alla natura dichiarativa anziché costitutiva della cancellazione e alla diversa misura delle responsabilità dei soci.

 

Tanto premesso, per motivi di ordine sistematico, si ritiene che le nuove disposizioni introdotte dall’articolo 28, comma 4 del decreto Semplificazioni (D.lgs. n. 175/2014) possano applicarsi anche alla cancellazione di società di persone, ferma restando la diversa disciplina delle responsabilità dei soci collegata alla differente forma societaria.

 

 

 

13.7 Titolarità del diritto al rimborso

 

Domanda. Come potrà provare il socio della società estinta di non aver incassato le somme contestate, nell’ipotesi in cui queste siano riferite a presunti incassi “in nero”? La retroattività della norma sulle società estinte vale anche per i crediti tributari? In tal caso chi è il soggetto legittimato a chiedere il rimborso? 

 

 

 

Risposta. L’accertamento effettuato nei confronti di una società cancellata non differisce dall’ordinaria attività di accertamento; di conseguenza, nel caso di un avviso di accertamento alla società cancellata nel quale vengano contestate somme riferite a presunti ricavi non contabilizzati, i soci potranno provare di non aver percepito le somme contestate con ogni mezzo di prova a disposizione, secondo le ordinarie regole previste dall’ordinamento tributario.

 

Come risulta dalla relazione illustrativa, la finalità dell’articolo 28 del decreto Semplificazioni (D.lgs. n. 175/2014) è quella di salvaguardare la pretesa erariale; di conseguenza la citata norma riguarda esclusivamente le attività poste in essere dall’Amministrazione finanziaria. Pertanto, nel caso di crediti tributari che dovessero emergere successivamente alla cancellazione della società dal Registro delle imprese, comunque in presenza di presupposti maturati precedentemente alla cancellazione, come precisato nella risoluzione n. 77 del 2011[5], ancora attuale anche a seguito della modifica normativa intervenuta, la titolarità del diritto al rimborso può essere riconosciuta, pro quota, direttamente ai soci, che sono legittimati a richiederlo. Circa il soggetto cui materialmente eseguire i rimborsi, tenuto conto della compagine sociale delle società di capitali, spesso costituita da un numero considerevole di soci, nella citata risoluzione si evidenzia l’opportunità del conferimento di una delega alla riscossione ad uno dei soci o a un terzo, al fine di evitare l’erogazione del rimborso a ciascun socio in proporzione alle quote sociali. Tale delega all’incasso può essere effettuata, da parte dei soci titolari del diritto al rimborso, anche allo stesso ex liquidatore, previa comunicazione della predetta delega al competente ufficio dell’Agenzia delle Entrate.

 

 

 

14. SOCIETA’ IN PERDITA SISTEMICA

 

14.1 Decorrenza

 

Domanda. Con riferimento alla precedente formulazione dell’articolo 2, comma 36-decies e seguenti, del DL n. 138/2011, l’Agenzia delle Entrate (Circ. 25/E/2012[6] § 6.2) ha precisato che, stante il fatto che la disciplina sulle società in perdita sistematica richiede un “periodo di osservazione” di tre anni, la disciplina delle società in perdita sistematica trovava applicazione solo a decorrere dal quarto periodo d’imposta successivo a quello di inizio dell’attività ovvero dal quinto anno di attività. Pertanto, vista la novità introdotta dal D.lgs. n. 175/2014, è possibile affermare che la disciplina delle società in perdita sistematica opera dal sesto periodo d’imposta successivo a quello di inizio dell’attività, ovvero dal settimo anno di attività?

 

 

 

Risposta. L’articolo 18 del decreto Semplificazioni ( D.lgs. n. 175/2014) ha esteso da “tre” a “cinque” periodi d’imposta il c.d. periodo di osservazione ai fini dell’applicazione della disciplina sulle società in perdita sistematica. Di conseguenza, per i soggetti (con periodo d’imposta coincidente con l’anno solare) costituiti da meno di sei anni, la disciplina sulle società in perdita sistematica non trova applicazione per mancanza del relativo presupposto. Il primo periodo d’imposta astrattamente utile (considerando anche la causa di disapplicazione automatica prevista dall’articolo 1, lettera m), del Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate dell’11 giugno 2012) di applicazione della disciplina in esame sarà il settimo anno dalla costituzione.

 

 

 

15. VOLUNTARY DISCLOUSURE

 

15.1 Reati tributari e attività detenute in Paesi Black list

 

Domanda. In relazione al raddoppio dei termini di accertamento in caso di reati tributari e di attività detenute in Paesi Black list,  la dottrina e parte della giurisprudenza ne hanno riconosciuto l’applicabilità a decorrere solo dal 2009 (anno di entrata in vigore dell’articolo 12 DL 78/2009). Vista la rilevanza ai fini dell’individuazione degli anni aperti ai fini della voluntary disclosure qual è  l’orientamento dell’Agenzia delle Entrate al riguardo?

 

 

 

Risposta. La domanda sembra concentrarsi sul raddoppio dei termini di accertamento previsto dall’ articolo 12 DL 78/2009. È prassi consolidata dell’Agenzia delle Entrate, considerare l’articolo 12, comma 2 del decreto – presunzione di reddito nel caso di attività detenute in Paesi Black List – e il successivo comma 2-bis – raddoppio dei termini per l’accertamento – quali norme di natura procedimentale e, pertanto, applicabili a tutti gli anni d’imposta in relazione ai quali i termini per l’accertamento ordinario, di cui all’ articolo 43, primo e secondo comma, del DPR n. 600/73 e all’ articolo 57, primo e secondo comma, del decreto IVA, non siano scaduti al momento di entrata in vigore del Decreto 78/2009. 

 

 

 

15.2 Violazioni in materia di monitoraggio fiscale

 

Domanda. Per il “monitoraggio fiscale” è corretto affermare che le novità che sono state introdotte dalla legge europea 97/2013 (concetto di “titolare effettivo”, effetto de-moltiplicativo, applicazione del principio “look through”) non possono trovare applicazione per le annualità che sono oggetto di regolarizzazione attraverso la voluntary disclosure e che sono anteriori al periodo di imposta 2012? Per queste annualità dovrebbero valere sia dal punto di vista soggettivo sia da quello oggettivo le regole sul monitoraggio pro tempore vigenti, ante legge 97. 

 

 

 

Risposta. In relazione all’individuazione dell’ambito soggettivo ed oggettivo di applicazione delle disposizioni in materia di monitoraggio fiscale, di cui al DL n. 167/1990, e quindi delle relative violazioni, si rimanda al principio generale di applicazione della disciplina vigente ratione temporis.

Pertanto, relativamente al richiamato concetto di “titolare effettivo”, i predetti soggetti che hanno commesso le violazioni degli obblighi dichiarativi in materia di monitoraggio fiscale che sono

in vigore a partire dal periodo d’imposta 2013, possono avvalersi della procedura di collaborazione volontaria in parola.

 

 

 

15.3 Identificazione dei “soggetti collegati”

 

Domanda. Per “soggetti collegati” da indicare nel modello per la voluntary disclosure devono intendersi i soli soggetti che presentano la domanda insieme al richiedente o anche i soggetti collegati ma comunque terzi rispetto alla procedura, come ad esempio, i soci e la loro società? 

 

 

 

Risposta. I soggetti collegati possono identificarsi in tutti quei soggetti che hanno una “posizione rilevante” ai fini della normativa sul monitoraggio fiscale rispetto alle attività finanziarie e patrimoniali oggetto di emersione ovvero coloro i quali presentano un collegamento con il reddito sottratto ad imposizione evidenziato nell’istanza.

 

Al ricorrere delle condizioni previste dalle disposizioni in materia di collaborazione volontaria, ciascun richiedente può presentare l’istanza di adesione alla procedura, per la propria posizione. Il richiedente, quindi, agisce autonomamente e potrebbe non essere a conoscenza dell’avvio della medesima procedura da parte di soggetti collegati per la medesima violazione. I soggetti collegati da indicare nel modello, pertanto, sono necessariamente “soggetti terzi” rispetto alla procedura attivata dal singolo contribuente.

 

Assunta l’autonomia delle singole procedure, si precisa che nell’istanza presentata da un certo richiedente saranno indicati i collegati alle attività finanziarie o patrimoniali estere oggetto di emersione o i soggetti che, pur non presentando collegamenti con le attività estere, presentano collegamenti col richiedente in relazione ai redditi che formano oggetto di emersione. 

 

Un esempio è il caso dei soci o associati qualora il richiedente sia una società di persone o altro soggetto trasparente, per natura o per opzione, che aderisce alla procedura nazionale. 

 

 

 

15.4 Adesione alla procedura in caso di preventiva definizione dell’avviso di Accertamento

 

Domanda. È possibile aderire alla procedura di collaborazione volontaria nell’ipotesi in cui gli eventuali avvisi di accertamento relativi all’ambito oggettivo di applicazione della procedura sono stati definiti prima della presentazione della domanda di collaborazione volontaria? 

 

 

 

Risposta. Considerato che la definizione di eventuali avvisi di accertamento sana le violazioni in essi contestate, il contribuente accertato potrà aderire alla procedura di collaborazione volontaria, se con la definizione si rimuove l’esistenza della causa ostativa. 

 

 

 

15.5 Attività detenute in Paesi Black list

 

Domanda. Attività detenute in un Paese Black list dal 2006 senza mai dichiararne i redditi. I periodi d’imposta accertabili – per l’omessa dichiarazione di redditi di natura finanziaria – sono solo il 2010 e seguenti o anche quelli dal 2006 al 2009? 

 

Le sanzioni per infedele dichiarazione sono raddoppiate? Si applica anche il raddoppio dei termini per le violazioni relative al quadro RW. 

 

 

 

Risposta. Ai fini della procedura di collaborazione volontaria, laddove non ricorrano le condizioni previste dall’articolo 5-quater del DL n.167/1990 (che comportano la non applicabilità del raddoppio dei termini per le attività di accertamento) per le attività detenute in Paesi Black List continuerà ad applicarsi il raddoppio dei termini sia per le attività di accertamento, che per la contestazione delle violazioni in materia di monitoraggio fiscale.

 

In merito alla misura delle sanzioni ai fini delle imposte dirette, il raddoppio stabilito dall’ultimo periodo dell’articolo 12 del decreto anticrisi, sarà operativo – laddove ne ricorrano le condizioni previste dalla norma – per le violazioni commesse dopo l’entrata in vigore della norma per il principio di legalità di cui all’articolo 3 del D.lgs. n. 472/1997”.

 



[1] Circ. 26 settembre 2005, n. 41/E, in Boll. Trib., 2005, 1485.

[2] Circ. 28 gennaio 2011, n. 2/E, in Boll. Trib., 2011, 199.

[3] Circ. 31 luglio 2013, n. 24/E, in Boll. Trib., 2013, 1191.

[4] Circ. 30 dicembre 2014, n. 31/E, in Boll. Trib., 2015, 59.

[5] Ris. 27 luglio 2011, n. 77/E, in Boll. Trib., 2011, 1397.

[6] Circ. 19 giugno 2012, n. 25/E, in Boll. Trib., 2012, 902.

 



[1] Circ. 30 dicembre 2014, n. 32/E, in Boll. Trib., 2015, 116.

[2] Circ. 19 giugno 2012, n. 25/E, in Boll. Trib., 2012, 902.

[3]

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In Boll. Trib., 2010, 126.

[4] Circ. 30 dicembre 2014, n. 32/E, in Boll. Trib., 2015, 116.

[5] Circ. 26 febbraio 2008, n. 13/E, in Boll. Trib., 2008, 417.

[6] Circ. 28 gennaio 2008, n. 7/E, in Boll. Trib., 2008, 231.

[7] Circ. 10 luglio 1998, n. 180/E, in Boll. Trib., 1998, 1173.

[8] Circ. 23 luglio 1998, n. 192/E, in Boll. Trib., 1998, 1279.

[9] In Boll. Trib., 2011, 781.

 



[1] Circ. 30 dicembre 2014, n. 31/E, in Boll. Trib., 2015, 59.



[1] In Boll. Trib., 2015, 59.

[2] Circ. 2 marzo 2011, n. 8/E, in Boll. Trib., 2011, 352.

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