16 Maggio, 2014

Circolare 14 maggio 2014, n. 10/E, dell’Agenzia delle entrate

 

INDICE:

1. ACCERTAMENTO

1.1 Giudizi avverso gli accertamenti esecutivi

2. MEDIAZIONE TRIBUTARIA E CONTENZIOSO

2.1 Impugnazione della cartella di pagamento

2.2 Mediazione e tentativo obbligatorio di adesione

3. SOCIETÀ DI COMODO

3.1 Riflessi Iva della condizione di non operatività

4. PERDITE SU CREDITI

4.1 Deducibilità delle perdite su crediti 

5. RIVALUTAZIONI

5.1 Versamento dell’imposta sostitutiva 

6. REDDITO D’IMPRESA

6.1 Irap 

6.2 Svalutazioni rimanenze

6.3 Leasing 

7. DETRAZIONI E RIMBORSI D’IMPOSTA

7.1 Acquisto di immobili e grandi elettrodomestici

8. FISCALITÀ DEGLI IMMOBILI

8.1 Deducibilità Imu sugli immobili strumentali

8.2 Imu versata tardivamente 

9.COMPENSAZIONI E CREDITI D’IMPOSTA

9.1 Limitazioni previste dalla legge di stabilità 

9.2 Compensazioni di crediti da imposte dirette e Irap 

9.3 Crediti 2012 non utilizzati in compensazione nel 2013 

10. DETRAZIONI E RIMBORSI D’IMPOSTA

10.1 Rimborsi indebiti 

10.2 Eccedenze d’imposta derivanti da precedenti dichiarazioni 

10.3 Rimborsi spettati a seguito delle operazioni di controllo 

11. INDAGINI FINANZIARIE E SUPER-ANAGRAFE DEI CONTI

11.1 Presunzioni sui prelevamenti 

12. REDDITOMETRO

12.1 Spese per elementi certi

12.2 Quota di risparmio dell’anno ai fini della ricostruzione sintetica del reddito 

12.3 Sanzioni 

12.4 Spese per incrementi patrimoniali

12.5 Modello Cud 

13. ATTIVITA’ FINANZIARIE DETENUTE ALL’ESTERO

13.1 Indicazione nel Quadro RW delle attività detenute all’estero 

13.2 Compilazione Quadro RW da parte degli amministratori di società

13.3 Imposta di bollo speciale 

13.4 Cambio annuale. 

 

 

1. ACCERTAMENTO

1.1 Giudizi avverso gli accertamenti esecutivi

Domanda

Con l’introduzione dell’accertamento esecutivo la pretesa erariale non è più seguita da iscrizione a ruolo e cartella. Nel caso in cui si ritenga che l’ufficio abbia sbagliato a richiedere somme in pendenza di giudizio di secondo grado o di legittimità (ad es. perché calcola erroneamente i 2/3 o perché non applica correttamente la sentenza di primo o secondo grado di parziale accoglimento del ricorso/appello del contribuente) come può difendersi il contribuente atteso che non viene notificata più alcuna cartella?

Risposta

Nei giudizi avverso accertamenti esecutivi, l’Ufficio riscuote le somme dovute a seguito di sentenza notificando al contribuente un’intimazione di pagamento.

Fermo restando che il contribuente può chiedere all’Ufficio il riesame dell’atto in autotutela, l’intimazione può essere impugnata (previo svolgimento del procedimento di mediazione tributaria per le controversie di valore non superiore a ventimila euro) con ricorso alla Commissione tributaria provinciale per vizi propri dell’atto, come nel caso di errore di calcolo nella determinazione degli importi dovuti a seguito della sentenza.

 

2. MEDIAZIONE TRIBUTARIA E CONTENZIOSO

2.1 Impugnazione della cartella di pagamento

Domanda

L’impugnazione di cartella di pagamento sia per vizi imputabili all’attività dell’Agente della riscossione sia per vizi imputabili all’Agenzia delle Entrate comporta la chiamata in causa di entrambi. Tuttavia, quando tale controversia è di valore non superiore a 20 mila euro è soggetta alla mediazione. Nella circolare 9/E/2012[1] era stato indicato che, in ogni caso, la costituzione in giudizio deve avvenire al termine della fase di mediazione e, quindi, di fatto ben oltre i 30 giorni dalla notifica dell’atto all’Agente della riscossione. Alcuni difensori di Agenti della riscossione, in tali ipotesi, eccepiscono la tardività della costituzione, non essendo l’Agente delle riscossione soggetto ad alcuna sospensione legata alla mediazione. Come suggerisce di procedere l’Agenzia?

Risposta

Si confermano, al riguardo, le indicazioni fornite con la circolare 9/E del 19 marzo 2012 (1), il cui contenuto è stato condiviso da Equitalia. Si ribadisce, quindi, di ritenere infondata la questione di tardività della costituzione in giudizio, qualora erroneamente rilevata.

 

2.2 Mediazione e tentativo obbligatorio di adesione

Domanda

Come si concilia la mediazione per accertamenti derivanti da rettifiche derivanti dall’applicazione delle nuove regole contenute nell’articolo 38 del Dpr 600/1973 dato che l’accertamento sarà emesso solo in seguito al tentativo obbligatorio di adesione durante il quale il contribuente avrà già provato a documentare quanto contestato dall’ufficio? In altre parole, l’ufficio in quale altro modo potrà considerare gli stessi elementi che, in sede di adesione, hanno comunque condotto ad un accertamento nel quale per espressa previsione della circolare 24/E/2013[2] devono essere contenute le motivazioni del rigetto delle citate difese?

Risposta

Il procedimento di mediazione è obbligatorio per tutte le controversie tributarie di valore non superiore a 20 mila euro, senza che rilevi la circostanza che l’atto impugnato sia stato preceduto o meno da contraddittorio col contribuente.

Questa scelta legislativa non è priva di significato, considerato che l’impugnazione può risultare fondata, anche solo parzialmente, e quindi “mediabile”, per motivi non esaminati in sede di precedente contraddittorio, che possano trovare nuova o più adeguata rappresentazione nel ricorso del contribuente o per vizi formali dell’atto impugnato o ancora per sopravvenute modifiche normative o per nuovi orientamenti giurisprudenziali o di prassi.

 

3. SOCIETÀ DI COMODO

3.1 Riflessi Iva della condizione di non operatività 

Domanda

La condizione di non operatività – che si ha sia in caso di mancato superamento del test di operatività che per effetto del conseguimento di perdite – determina comunque le penalizzazioni Iva (divieto di utilizzo del credito in compensazione o a rimborso, eccetera), anche se il contribuente si adegua al reddito minimo previsto? 

Risposta

Ai sensi del primo periodo del comma 4 dell’articolo 30 della L. 23 dicembre 1994, n. 724, per le società e gli enti c.d. di comodo (da intendersi, come indicato nella Circolare n. 23/E dell’11 giugno 2012[3], sia i soggetti non operativi ai sensi del citato articolo 30, sia i soggetti in perdita sistematica ai sensi dell’articolo 2, commi da 36-decies a 36-duodecies, del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, convertito con modificazioni nella L. 14 settembre 2011, n. 148), l’eccedenza di credito Iva risultante dalla dichiarazione annuale:

– non può essere chiesta al rimborso;

– non può essere utilizzata in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241 (c.d. compensazione orizzontale);

– non può essere ceduta, ai sensi dell’ articolo 5, comma 4-ter, del D.L. 14 marzo 1988, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla L. 13 maggio 1988, n. 154.

Come chiarito nella Circolare n. 25/E del 4 maggio 2007[4] per i soggetti non operativi, ai fini dell’applicazione delle richiamate limitazioni al riporto dell’eccedenza di credito Iva, è irrilevante l’adeguamento al c.d. reddito minimo previsto per l’anno in cui il soggetto interessato risulta non operativo. Anche nei confronti dei soggetti in perdita sistematica troverà applicazione tale limitazione, visto il richiamo dell’articolo 2, comma 36-decies, primo periodo, del D.L. n. 138 del 2011, al citato articolo 30.

È, altresì, irrilevante l’adeguamento al c.d. reddito minimo previsto dal comma 3 dell’articolo 30, da parte dei soggetti non operativi ovvero dei soggetti in perdita sistematica, per evitare la perdita dell’eccedenza di credito Iva stabilita dal secondo periodo del comma 4 del citato articolo 30. Ciò in quanto il citato comma 4, secondo periodo, subordina la perdita dell’eccedenza a credito esclusivamente al raffronto tra l’ammontare delle operazioni imponibili ai fini Iva e l’ammontare dei c.d. ricavi presunti di cui al comma 1 dell’articolo 30. Infatti, a prescindere dal fatto che il soggetto interessato sia non operativo ovvero sia in perdita sistematica, la perdita dell’eccedenza a credito avviene qualora, per tre periodi d’imposta consecutivi, il soggetto interessato non effettui operazioni rilevanti ai fini Iva per un ammontare non inferiore ai c.d. ricavi presunti, determinati ai sensi dell’articolo 30 della L. n. 724 del 1994.

 

4. PERDITE SU CREDITI

4.1 Deducibilità delle perdite su crediti  

Domanda

La circolare 26/E/2013[5], in materia di deducibilità delle perdite sui crediti prescritti, afferma che la modifica normativa non ha valore innovativo, dato che la prescrizione rappresenta un elemento che già in passato poteva configurare la presenza dei requisiti richiesti dalla norma. Può quindi ritenersi pacificamente acquisito che è corretto il comportamento delle imprese che in passato hanno dedotto la perdita sui crediti prescritti nel periodi di imposta in cui è maturato il requisito temporale per l’avvenuta prescrizione?

Risposta

La nuova formulazione dell’articolo 101, comma 5 del TUIR prevede che gli elementi certi e precisi, necessari per la deduzione della perdita su crediti, sussistono, tra l’altro, quando il diritto alla riscossione è prescritto.

La circolare n. 26/E del 2013 ha precisato, al riguardo, che la novità normativa in esame produce i suoi effetti a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data del 12 agosto 2012 (data di entrata in vigore della legge n. 134 del 2012, di conversione del decreto legge n. 83 del 2012 che ha introdotto la novità normativa).

La stessa circolare ha chiarito, tuttavia, che già in passato la prescrizione del credito costituiva un elemento certo e preciso cui far conseguire la deduzione della perdita.

In altri termini, è da considerare corretto il comportamento del contribuente che, già in passato, ha dedotto la perdita nel periodo di prescrizione del credito.

Si ricorda, peraltro, che indipendentemente dal periodo d’imposta in cui si prescrive il credito (ante o post 2012), resta salvo il potere dell’Amministrazione di contestare che l’inattività del creditore abbia corrisposto ad una effettiva volontà liberale (cfr. circolare n. 26/E del 2013).

 

5. RIVALUTAZIONI

5.1 Versamento dell’imposta sostitutiva

Domanda

L’articolo 1, comma 143, della legge 147/2013 (legge di stabilità) prevede che “il maggior valore attribuito ai beni in sede di rivalutazione si considera riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive (…) mediante il versamento di un’imposta sostitutiva (…)”. Dal tenore letterale della disposizione sembra che sia, comunque, ammessa la possibilità di procedere ad una rivalutazione dei beni in bilancio senza assoggettarla ad imposta sostitutiva, operando, quindi, una rivalutazione valida solo sotto il profilo civilistico e non sotto quello fiscale. Si chiede una conferma di questa interpretazione.

Risposta

La norma di rivalutazione attuale (art. 1. c. 143 della legge n. 147 del 2013) prevede che “il maggior valore attribuito ai beni in sede di rivalutazione si considera riconosciuto a fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive (…)”

Tale formulazione è analoga a quella prevista nella precedente legge di rivalutazione contenuta nella legge finanziaria 2006 (cfr. art. 1, c. 470 della legge n. 266 del 2005), ove la rivalutazione effettuata in sede contabile doveva necessariamente assumere valenza fiscale con il versamento dell’imposta sostitutiva (cfr. circolare n. 18/E del 2006[6] e circolare n. 11/E del 2009[7]).

In altri termini, coerentemente con quanto già precisato per la precedente disciplina di rivalutazione contenuta nella legge finanziaria 2006, deve ritenersi che anche nella legge di rivalutazione attuale non sia consentito effettuare una rivalutazione con rilevanza solo civilistica, vale a dire senza il versamento dell’imposta sostitutiva.

Per completezza, si ricorda, invece, che nell’ultima legge di rivalutazione (art. 15 del decreto legge n. 185 del 2008), era stata prevista la possibilità di effettuare una rivalutazione con rilevanza solo civilistica a fronte del diverso tenore letterale della norma, che stabiliva espressamente la possibilità (e, quindi, non la necessità) di versare un’imposta sostitutiva per il riconoscimento fiscale del maggior valore iscritto in bilancio.

 

6. REDDITO D’IMPRESA

6.1 Irap

Domanda

Si chiede conferma che, nell’ipotesi in cui un evento calamitoso (ad esempio, terremoto o incendio) comporti la perdita totale di cespiti, la relativa minusvalenza iscritta nel conto economico, ancorché tra i componenti straordinari di reddito, assume rilevanza ai fini Irap sulla base del principio di correlazione. Tale conclusione discenderebbe dall’applicazione in via analogica a tale fattispecie dei chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate in merito alle plusvalenze / minusvalenze realizzate a fronte della cessione degli immobili a terzi nella circolare 29/E/2009[8], paragrafo 1.1. in cui viene affermato che “le componenti reddituali che si contabilizzano in sede di realizzo dei beni strumentali sono indirettamente collegate a costi che hanno concorso alla formazione della base imponibile IRAP nei periodi d’imposta precedenti, attraverso quote di ammortamento. Una interpretazione di tipo sistematico porta, in definitiva, a ritenere pienamente rilevanti le plusvalenze e le minusvalenze emergenti in sede di realizzo dei beni strumentali”.

Risposta

Si fa presente che, con riferimento alle plusvalenze e minusvalenze derivanti dalla cessione di beni strumentali, la circolare n. 27/E del 26 maggio 2009[9] ha chiarito che esse, nonostante la loro imputazione nella parte straordinaria del conto economico, devono, comunque, ritenersi rilevanti ai fini della determinazione della base imponibile IRAP.

Ciò in quanto non sarebbe coerente un sistema in cui assumono rilievo le plus/minusvalenze derivanti dalla cessione di immobili patrimoniali e non anche quelle derivanti dalla cessione dei beni strumentali, che ordinariamente partecipano al processo produttivo.

Né può essere trascurata, inoltre, la circostanza che le componenti reddituali che si contabilizzano in sede di realizzo dei beni strumentali sono indirettamente collegate a costi che hanno concorso alla formazione della base imponibile IRAP nei periodi d’imposta precedenti, attraverso quote di ammortamento.

Alle medesime conclusioni si deve giungere anche con riferimento alle sopravvenienze passive rilevate in seguito alla perdita totale di beni strumentali dovuta ad un evento calamitoso, essendo tale fattispecie assimilabile, anche sul piano contabile, alla alienazione degli stessi beni.

Infatti, con riferimento alle immobilizzazioni materiali perdute per incendio od altri eventi estranei all’attività ordinaria dell’impresa, il paragrafo D.IX del Documento OIC 16 prevede che le stesse vanno considerate come alienate, con la conseguenza che da tale evento emerge una sopravvenienza passiva che confluisce tra gli Oneri straordinari (voce E 21). A fronte di tale perdita, l’impresa rileverà come sopravvenienza attiva tra i Proventi straordinari (voce E 20) l’eventuale rimborso di terzi (ad esempio, il risarcimento del danno da parte di un assicuratore).

Pertanto, anche se classificate tra i componenti straordinari di reddito, le sopravvenienze attive e passive in questione concorrono alla formazione della base imponibile IRAP.

 

6.2 Svalutazioni rimanenze 

Domanda

La risoluzione 78/E/2013[10] ha affermato che la svalutazione delle rimanenze per i beni valutati a costo specifico è fiscalmente irrilevante. Si chiede conferma che, per coerenza, gli eventuali maggiori valori che, per qualunque motivo, fossero imputati in aumento dell’onere sostenuto per l’acquisto di beni merce, valutati a costo specifico, sono da considerarsi a loro volta fiscalmente neutrali.

Risposta

In relazione alle riduzioni di valore dei beni merce valutati a costi specifici, la risoluzione n. 78/E del 2013 ha chiarito che le stesse non assumono rilevanza fiscale, posto che l’articolo 92 del TUIR, pur assumendo i criteri di valutazione adottati in bilancio, impone per tali beni un valore minimo rappresentato dal costo. In tal senso, va letto l’esclusivo riferimento nell’ambito del comma 5 del medesimo articolo 92 ai beni valutati con criteri convenzionali alternativi al costo [LIFO, FIFO, CMP], per i quali è espressamente riconosciuta la possibilità di procedere alla relativa svalutazione. Ciò nella considerazione per cui i fenomeni di natura valutativa sono accolti in via del tutto eccezionale in sede di determinazione del reddito imponibile. In tale ottica, il decreto 8 giugno 2011, contenente “Disposizioni di coordinamento tra i principi contabili internazionali, (…) e le regole di determinazione della base imponibile dell’IRES e dell’IRAP per i soggetti IAS adopter” ha, tra l’altro, disposto all’articolo 3 l’irrilevanza fiscale dei “(…) maggiori o minori valori da valutazione degli immobili classificati ai sensi dello IAS 2 (…)”. Appare coerente con il quadro normativo di riferimento, pertanto, l’irrilevanza fiscale dei maggiori valori delle rimanenze di beni valutati a costo specifico.

 

6.3 Leasing 

Domanda

Il periodo di deduzione minimo dei canoni di leasing di veicoli concessi in uso promiscuo a dipendenti per oltre la metà del periodo di imposta, disciplinati dalla lettera b-bis) dell’articolo 164 del Tuir, è quello ordinariamente previsto per i beni mobili (metà del tempo di ammortamento per i contratti stipulati dal 1° gennaio 2014) o anche a tali veicoli si applichi il periodo maggiorato (pari all’intero tempo di ammortamento e, dunque, a 48 mesi) previsto dall’articolo 102, comma 7, del testo unico, per i mezzi che ricadono nella lettera b) dell’articolo 164?

Risposta

La maggiorazione della durata minima fiscale prevista dal comma 7 dell’articolo 102 del TUIR per i veicoli di cui alla lettera b) del comma 1 dell’articolo 164 del TUIR non trova applicazione per i veicoli concessi in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo di imposta, disciplinati dalla successiva lettera b-bis).

L’articolo 102, comma 7, del TUIR, infatti, introduce una penalizzazione per le cc.dd. “auto aziendali”, indicate alla lettera b) del comma 1 dell’articolo 164, in linea con l’impostazione generale che connota la disciplina dei veicoli a motore recata dall’articolo 164 del TUIR, che limita notevolmente la deducibilità dei componenti negativi relativi a siffatta tipologia di veicoli.

Pertanto, per i veicoli concessi in uso promiscuo ai dipendenti per la maggior parte del periodo di imposta, disciplinati dalla lettera b-bis) del comma 1 dell’articolo 164 del TUIR – al pari degli altri beni mobili dell’impresa – la deduzione dei canoni di leasing relativi a contratti stipulati a decorrere dal 1 gennaio 2014, a seguito delle modifiche recate al comma 7 dell’articolo 102 del TUIR dall’articolo 1, comma 162, della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità per il 2014), deve avvenire in un periodo minimo pari alla metà del periodo di ammortamento (2 anni).

Tale conclusione non smentisce quanto affermato nella circolare n. 28/E del 4 agosto 2006[11], laddove si era chiarito che la durata minima fiscale maggiorata, prevista dal comma 7 dell’articolo 102 del TUIR, per i veicoli di cui alla lettera b) del comma 1 dell’articolo 164 dello stesso testo unico, non trovava applicazione per i veicoli indicati al numero 1 della lettera a) dello stesso comma 1 dell’articolo 164.

La circolare, infatti, non citava i veicoli concessi in uso promiscuo a dipendenti per oltre la metà del periodo di imposta – contemplati all’epoca dal successivo numero 2 della lettera a) – sul presupposto che, essendo la durata del contratto di leasing condizione di deducibilità dei relativi canoni, era, di fatto, preclusa al contribuente una preventiva verifica, all’atto della stipula dei contratti di leasing, circa l’eventuale concessione in uso al dipendente dell’autovettura per la maggior parte del periodo di imposta; verifica effettuabile unicamente a consuntivo.

Tale esigenza è venuta meno a seguito delle modifiche recate al comma 7 dell’articolo 102 del TUIR dall’articolo 4-bis del decreto legge 2 marzo 2012, n. 16, che ha reso la deducibilità fiscale dei canoni di leasing relativi ai contratti stipulati a decorrere dal 29 aprile 2012 autonoma rispetto alla durata del contratto.

 

7. DETRAZIONI E RIMBORSI D’IMPOSTA

7.1 Acquisto di immobili e grandi elettrodomestici

 

Domanda

Tra gli interventi edilizi che costituiscono il presupposto della detrazione sull’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici, la circolare 29/E/2013[12] elenca “in sintesi” solo alcuni degli interventi previsti dal comma 1 dell’articolo 16-bis del Tuir, escludendo – ad esempio – le opere per la prevenzione di atti illeciti da parte di terzi. Dal momento che la norma istitutiva della detrazione (articolo 16, comma 2, Dl 63/2013) richiama tutto il comma 1 dell’articolo 16-bis, è possibile ritenere che l’elencazione contenuta nella circolare 29/E sia puramente esemplificativa e non tassativa?

Risposta

Gli interventi per la prevenzione di atti illeciti da parte di terzi sono stati stabilmente inseriti tra quelli agevolabili mediante la loro espressa previsione nella lett. f) del comma 1 dell’art. 16-bis del TUIR.

In linea generale, si tratta di interventi ammissibili alla detrazione esclusivamente in base alla loro finalità, a prescindere dal loro inquadramento tra gli interventi edilizi di cui all’art. 3 del DPR n. 380 del 2001, che potrebbe anche non sussistere, basti pensare all’installazione di sensori, serrature, spioncini (cfr. la circolare n. 13/E del 6 febbraio 2001[13] per un elenco esemplificativo delle misure). La fruizione della detrazione per le spese sostenute per l’adozione di misure finalizzate a prevenire il rischio del compimento di atti illeciti da parte di terzi, quindi, non consente di per sé di fruire dell’ulteriore detrazione per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici.

Nell’ipotesi, tuttavia, in cui le misure di prevenzione, per le loro particolari caratteristiche, siano anche inquadrabili tra gli interventi edilizi di cui al citato art. 3, comma 1, lettere a), b), c), e d) del DPR n. 380 del 2001 (rispettivamente, manutenzione ordinaria, manutenzione straordinaria, restauro o risanamento conservativo, ristrutturazione edilizia), si ritiene possibile avvalersi anche dell’ulteriore detrazione per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici, fermo restando che gli interventi di manutenzione ordinaria rilevano solo se effettuati sulle parti comuni di un edificio residenziale.

Detta verifica, concretizzando un accertamento fattuale sulla tipologia di intervento, deve essere effettuata caso per caso, con riferimento alla fattispecie concreta.

 

8. FISCALITÀ DEGLI IMMOBILI

8.1 Deducibilità Imu sugli immobili strumentali

Domanda

L’articolo 1, comma 715, della legge 147/2013 dispone che l’Imu è deducibile nella misura del 20% (30% per l’anno 2013) dal reddito di impresa e di lavoro autonomo. Mentre per le imprese la agevolazione dovrebbe essere circoscritta agli immobili strumentali che rientrano nella sfera dell’impresa (articolo 65 del Tuir), per gli esercenti arti e professioni la deducibilità dovrebbe riguardare l’imposta municipale assolta sugli immobili utilizzati per l’esercizio dell’arte e professione anche se non risultanti nelle scritture contabili del professionista, alla stessa stregua per cui non si dichiara la rendita catastale. E per gli immobili utilizzati promiscuamente è possibile invocare la deducibilità del 50% della quota Imu deducibile (articolo 54, comma 3, del Tuir)?

Risposta

L’articolo 14, comma 1, del decreto legislativo n. 23 del 2011, come sostituito dall’art. 1, comma 715, della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità 2014), prevede che “L’imposta municipale propria relativa agli immobili strumentali è deducibile ai fini della determinazione del reddito di impresa e del reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni nella misura del 20 per cento. La medesima imposta è indeducibile ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive”. In base all’art. 1, comma 716, della citata legge n. 147 del 2013 “Per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2013, l’aliquota di cui al comma 715 è elevata al 30 per cento”.

Ai sensi dell’art. 43, comma 2, del TUIR, si considerano strumentali gli immobili utilizzati “esclusivamente” per l’esercizio dell’arte o professione o dell’impresa commerciale da parte del possessore; sono, quindi, esclusi dalla nozione di immobili strumentali gli immobili ad utilizzo promiscuo. Pertanto, per espressa previsione normativa, è esclusa la deducibilità dell’IMU relativa agli immobili adibiti promiscuamente all’esercizio dell’arte o professione o all’impresa commerciale e all’uso personale o familiare del contribuente.

 

8.2 Imu versata tardivamente 

Domanda

La deducibilità dell’Imu avviene per cassa ai sensi dell’articolo 99 del Tuir. Una eventuale Imu 2012 versata tardivamente nel 2013 mediante ravvedimento operoso, oppure in futuro a seguito di accertamento è deducibile?

Risposta

Il comma 716 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 reca una norma di decorrenza specifica per la disposizione di cui al precedente comma 715, che ha introdotto la deducibilità dell’imposta municipale propria (IMU), stabilendo che la stessa “ha effetto a decorrere dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2013”. Al riguardo si evidenzia che, ai sensi dell’art. 9, comma 2, del d.lgs. n. 23 del 2011, l’IMU è dovuta per anni solari e, quindi, l’IMU relativa al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2013 coincide con l’IMU dovuta per l’anno 2013. Si ritiene, di conseguenza, che il legislatore abbia voluto consentire la deducibilità dell’IMU dal reddito di impresa e di lavoro autonomo a partire da quella relativa all’anno 2013.

Per i soggetti titolari di reddito di impresa, inoltre, tale ricostruzione va coordinata con quanto disposto dal secondo periodo del comma 1 dell’articolo 99 del TUIR in base al quale “Le altre imposte sono deducibili nell’esercizio in cui avviene il pagamento”.

Pertanto, ai fini della determinazione del reddito d’impresa, costituisce costo deducibile l’IMU di competenza del periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2013 a condizione che l’imposta sia pagata dal contribuente. L’articolo 99, comma 1, del TUIR non introduce, infatti, ai fini della determinazione del reddito d’impresa, un puro criterio di cassa in deroga a quello generale di competenza dei componenti negativi, ma costituisce una norma di cautela per gli interessi erariali introducendo un’ulteriore condizione di deducibilità per le imposte che è appunto l’avvenuto pagamento.

In conclusione, un’eventuale IMU 2012 versata tardivamente nel 2013 è indeducibile, trattandosi di un costo di competenza del periodo di imposta 2012. Diversamente l’IMU 2013 versata tardivamente nel 2014 è un costo di competenza del periodo di imposta 2013 indeducibile in detto periodo di imposta in assenza del pagamento e deducibile nel successivo periodo di imposta 2014 all’atto del pagamento mediante una variazione in diminuzione in sede di UNICO.

Per i soggetti titolari di lavoro autonomo, in assenza di una specifica disposizione, si applica il principio generale dell’art. 54, comma 1, del TUIR, secondo cui sono deducibili le spese sostenute nel periodo di imposta nell’esercizio dell’arte o professione. Quindi, l’IMU è deducibile nell’anno in cui avviene il relativo pagamento, anche se tardivo, comunque a partire dall’IMU relativa all’anno 2013. Peraltro, una diversa conclusione diretta a consentire la deducibilità dell’IMU per l’anno 2012 in caso di versamento tardivo, comporterebbe una disparità di trattamento, penalizzando i soggetti che hanno eseguito tempestivamente il pagamento dell’IMU.

 

9. COMPENSAZIONI E CREDITI D’IMPOSTA

9.1 Limitazioni previste dalla legge di stabilità

Domanda

Si chiede se le nuove limitazioni sulle compensazioni previste dalla legge di stabilità 2014 (legge 147/2013, articolo 1, comma 574) valgono solo per le compensazioni «orizzontali» o anche per quelle «verticali». Si chiede, inoltre, se il limite dei 15.000 euro oltre il quale scatta l’obbligo del visto di conformità debba essere computato sul singolo codice tributo oppure cumulativamente. 

Risposta

L’art. 1, comma 574, della legge di stabilità 2014, introduce un nuovo limite sulla compensazione dei crediti fiscali, prevedendo, in analogia a quanto già previsto in ambito Iva dall’art. 10 del decreto legge 1º luglio 2009, n. 78, convertito con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102, l’obbligo dell’apposizione del visto di conformità della dichiarazione (di cui all’art. 35, co. 1, lett. a), del D.Lgs. n. 241 del 1997), laddove il contribuente proceda alla compensazione ai sensi dell’articolo 17 del D.lgs n. 241 del 1997 di crediti, per importi superiori a 15.000 euro, relativi alle imposte sui redditi (Ires e Irpef) e addizionali, alle ritenute alla fonte, alle imposte sostitutive delle imposte sui redditi e all’Irap.

Come già chiarito per la compensazione dei crediti Iva, in considerazione del rinvio al citato articolo 17, le nuove disposizioni riguardano esclusivamente la “compensazione orizzontale” dei crediti relativi alle richiamate imposte per importi superiori a 15.000 euro. Si ritiene, inoltre, che tale limite di 15.000 euro, superato il quale scatta l’obbligo del visto di conformità, sia riferibile alle singole tipologie di crediti emergenti dalla dichiarazione. Non si rinvengono, infatti, ostacoli in tal senso nella lettera della norma, che fa riferimento ai crediti utilizzati in compensazione, né nella sua ratio ispiratrice.

 

9.2 Compensazioni di crediti da imposte dirette e Irap 

Domanda

Si chiede se le compensazioni di crediti da imposte dirette e Irap superiori a 15mila euro dal 2014 siano comunque subordinate alla preventiva presentazione della dichiarazione munita del visto di conformità o se sia possibile prima compensare e solo successivamente presentare il modello dichiarativo certificato.

Risposta

In base al dato letterale dell’articolo 1, comma 574 della legge di stabilità 2014, a decorrere dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2013, i contribuenti che utilizzano in compensazione i crediti relativi alle imposte sui redditi e alle relative addizionali, alle ritenute alla fonte, alle imposte sostitutive delle imposte sul reddito e all’imposta regionale sulle attività produttive, per importi superiori a 15.000 euro annui, hanno l’obbligo di richiedere l’apposizione del visto di conformità relativamente alle singole dichiarazioni dalle quali emerge il credito.

A differenza di quanto previsto per i crediti iva di importo superiore ai 5.000 euro – per i quali la disposizione prevede che la compensazione “può essere effettuata a partire dal giorno sedici del mese successivo a quello di presentazione della dichiarazione o dell’istanza da cui il credito emerge” – la norma in esame non prevede espressamente l’obbligo di preventiva presentazione della dichiarazione ai fini del loro utilizzo in compensazione.

 

9.3 Crediti 2012 non utilizzati in compensazione nel 2013

Domanda

Si chiede se il credito risultante dalla dichiarazione 2012 non utilizzato in compensazione nel corso del 2013 e rimasto al 1° gennaio 2014 può essere utilizzato in compensazione liberamente e, quindi, senza le limitazioni previste dalla legge di stabilità 2014.

Risposta

Per espressa previsione, le nuove disposizioni trovano applicazione a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2013. Pertanto, la modifica normativa trova applicazione con riferimento ai crediti maturati nel corso di tale annualità, oggetto di dichiarazione – per i soggetti con periodo coincidente con l’anno solare – entro il 30 settembre 2014.

Analogamente a quanto già chiarito con la circolare 1/E del 15 gennaio 2010[14] in merito al controllo preventivo delle compensazioni dei crediti Iva, deve ritenersi che il credito risultante dalla dichiarazione 2012 (anno 2011) può essere utilizzato in compensazione senza applicazione dei nuovi limiti alla compensazione fino a quando lo stesso non trovi rappresentazione nella dichiarazione annuale 2014 (relativa al 2013), all’interno della quale tale credito viene “rigenerato” sommandosi al credito maturato nel 2013.

 

10. DETRAZIONI E RIMBORSI D’IMPOSTA

10.1 Rimborsi indebiti

Domanda

Per contrastare l’erogazione di indebiti rimborsi Irpef da parte dei sostituti d’imposta nell’ambito dell’assistenza fiscale, l’articolo 1, comma 586, della legge 147/2013 prevede che l’agenzia delle Entrate effettui controlli preventivi in caso di rimborso complessivamente superiore a quattro mila euro. Dal momento che la norma finalizza i controlli alla verifica «sulla spettanza delle detrazioni per carichi di famiglia», è corretto ritenere che i contribuenti privi di sconti per carichi di famiglia non saranno controllati anche in presenza di rimborsi superiori a quattro mila euro? 

Risposta

L’articolo 1, comma 586, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014), prevede che a partire dalle dichiarazioni dei redditi presentate con il modello 730/2014, al fine di contrastare indebiti rimborsi da parte dei sostituti d’imposta nell’ambito dell’assistenza fiscale di cui al decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 e dei rimborsi effettuati dall’Agenzia delle entrate ai contribuenti privi di sostituto d’imposta ammessi alla presentazione della dichiarazione dei redditi con il modello 730 ai sensi dell’articolo 51-bis del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, l’Agenzia delle entrate deve effettuare controlli preventivi, anche documentali, sui rimborsi complessivamente superiori a quattro mila euro in presenza di detrazioni per carichi di famiglia e/o di eccedenze di imposta derivanti da precedenti dichiarazioni.

Ne deriva che, in presenza di rimborsi di importo superiore a quattromila euro derivanti dalla liquidazione di una dichiarazione modello 730/2014, dove non risultano richieste di detrazioni per carichi di famiglia e dalla quale non emergono richieste di riconoscimento di eccedenze di precedenti dichiarazioni, i rimborsi sono effettuati dai sostituti d’imposta per mezzo dei conguagli sulle retribuzioni dei propri dipendenti, pensionati e titolari di taluni redditi assimilati a quello di lavoro dipendente con le modalità disciplinate all’articolo 19 del decreto ministeriale 31 maggio 1999, n.164.

 

10.2 Eccedenze d’imposta derivanti da precedenti dichiarazioni

Domanda

Nel computo dell’importo dei quattro mila euro, la norma impone di considerare anche le «eccedenze d’imposta derivanti da precedenti dichiarazioni». Le eccedenze si riferiscono solo alle detrazioni d’imposta per carichi familiari? Inoltre, comunque le si intenda, è corretto ritenere che le eccedenze utilizzate per i versamenti di altri tributi (Imu, Tasi, Iuc) non debbano essere conteggiate dal momento che non si traducono in una richiesta di rimborso tramite il sostituto d’imposta?

Risposta

L’articolo 1, comma 586, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014), prevede che l’Agenzia delle entrate debba effettuare i controlli preventivi, anche documentali, sui rimborsi complessivamente superiori a quattro mila euro in presenza di almeno una delle seguenti richieste:

• detrazioni per carichi di famiglia;

• eccedenze d’imposta derivanti da precedenti dichiarazioni, comunque generate.

Conseguentemente, anche in assenza di detrazioni d’imposta per carichi di famiglia, qualora dalla dichiarazione emerga un’eccedenza d’imposta derivante da precedente dichiarazione, il rimborso superiore a quattro mila euro deve essere sottoposto a controllo preventivo da parte dell’Agenzia delle entrate.

Per quanto riguarda la compensazione delle imposte non gestite nel  730 si rileva che, qualora l’imposta a credito sia stata interamente utilizzata per versamenti con il modello F24, la stessa non risulterà come eccedenza nel quadro F del modello 730/2014.

Pertanto, l’importo utilizzato in compensazione per i versamenti di altri tributi non rileva ai fini della verifica dei quattromila euro.

 

10.3 Rimborsi spettati a seguito delle operazioni di controllo

Domanda

Secondo le disposizioni sui controlli (articolo 1, comma 587, della legge 147/2013), il rimborso che risulta spettante al termine delle operazioni di controllo preventivo di cui al comma 586 è erogato dall’Agenzia delle entrate. Dal momento che i controlli sono indirizzati alla spettanza dei carichi familiari, per «rimborso» è corretto intendere solo l’ammontare delle detrazioni per i carichi familiari stessi e non l’importo complessivo?

Risposta

Ai sensi dell’articolo 1, comma 586, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014), sono soggetti a controllo preventivo i rimborsi complessivamente superiori a quattro mila euro, qualora sono determinati anche da detrazioni per carichi di famiglia e/o da eccedenze di imposta derivanti da precedenti dichiarazioni. Pertanto, l’Agenzia delle entrate procederà, ai sensi dell’articolo 1, comma 587, della stessa legge n. 147, a effettuare il rimborso di importo complessivo superiore a quattro mila euro solo nel caso in cui lo stesso derivi anche parzialmente da detrazioni per carichi di famiglia e/o da eccedenze di imposta. Il sostituto d’imposta è esonerato in tale ipotesi dall’effettuazione del conguaglio così come disciplinato all’articolo 19 del decreto ministeriale 31 maggio 1999, n.164.

L’Agenzia delle entrate, effettuati i controlli, anche documentali, nei casi in cui non rilevino anomalie, provvederà all’erogazione della somma complessivamente indicata a rimborso e riportata nel rigo 164 del prospetto di liquidazione, modello 730-3, elaborato a cura del CAF-dipendenti o del professionista abilitato che ha prestato l’assistenza fiscale.

Ai fini della verifica del limite di quattromila euro rileva l’importo complessivo del rimborso.

 

11. INDAGINI FINANZIARIE E SUPER-ANAGRAFE DEI CONTI

11.1 Presunzioni sui prelevamenti

Domanda

Nelle indagini finanziarie nei confronti di privati è possibile applicare le previste presunzioni sui prelevamenti atteso che i privati non sono tenuti all’obbligo di conservazione di alcuna pezza contabile anche alla luce di quanto a suo tempo previsto dalla circolare 36/E/2006[15] che sembrava escludere tale presunzione se riferita ai privati? In caso contrario, ove si dovesse ritenere superata la circolare 36/E, in che modo possono ritenersi sufficientemente giustificati i prelevamenti di carattere personale, in considerazione della circostanza che il privato non ha alcun obbligo di conservazione di documenti contabili?

Risposta

La circolare n. 36/E del 2006, nel circoscrivere l’applicabilità della disposizione di cui all’art.  32, comma 1, n. 2 del Dpr 600/1973 ai soli casi in cui sia configurabile una attività economica, ha preso le mosse dallo stesso tenore letterale della norma, tuttora vigente, la quale, effettivamente, attribuisce rilevanza ai prelevamenti e agli importi riscossi che non risultino dalle scritture contabili; tale precisazione, peraltro, deve ovviamente intendersi come riferita, ai fini dell’applicazione delle presunzioni in esame, anche a quei contribuenti che, pur non essendo a rigore soggetti alla tenuta di scritture contabili, svolgono tuttavia un’attività economica in regime contabile agevolato, come nel caso, ad esempio, dei contribuenti che si avvalgono del regime fiscale di vantaggio di cui all’articolo 27, comma 3, del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98. In tale contesto, la riconducibilità della presunzione sui prelevamenti al solo ambito dei soggetti esercenti attività di impresa o di lavoro autonomo si distingue da quella sui versamenti, che invece si estende alla generalità dei soggetti passivi e delle diverse categorie reddituali (non caratterizzate dall’esercizio di attività di impresa o di lavoro autonomo e come tali non soggette alla tenuta di scritture contabili).

 

12. REDDITOMETRO

12.1 Spese per elementi certi

Domanda

La circolare n. 24/E/2013[16] – ma non il decreto attuativo del redditometro né la norma istitutiva – ha individuato come rilevanti le “spese per elementi certi”. Per queste ultime rilevano anche i valori Istat (si vedano, ad esempio: le spese per “acqua e condominio e per manutenzione ordinaria”, le spese per “elettrodomestici e arredi e altri beni e servizi per la casa”). Ritiene l’Agenzia che, dopo le osservazioni del Garante della Privacy, anche per le “spese per elementi certi” non si possa tenere conto dei valori figurativi Istat?

Risposta

Va preliminarmente precisato che nella Circolare n. 24/E/2013, quando si parla di “spese per elementi certi”, non si introduce un concetto nuovo, non definito dalla norma e dal decreto attuativo, ma si fa riferimento a voci di spesa ancorate ad elementi certi.

In base ai contenuti del parere del Garante si ritiene che le spese medie ISTAT sono legittimamente utilizzabili per il calcolo delle spese connesse ad elementi certi. In particolare, ci si riferisce al calcolo delle spese per la manutenzione ordinaria degli immobili e per acqua e condominio (parametrate ai metri quadrati effettivi delle abitazioni) e alle spese relative all’utilizzo degli autoveicoli (compresi moto, caravan, ecc…, parametrate ai KW effettivi). Con Circolare n. 6/E/2014[17] è stato, inoltre, chiarito che gli importi corrisposti per le spese per beni e servizi di uso corrente, il cui contenuto induttivo è determinato con esclusivo riferimento alla media Istat della tipologia di nucleo familiare ed area geografica di appartenenza (voci della tabella A del D.M. 24 dicembre 2012, definite nella circolare n. 24/E “spese Istat”) concorrono alla ricostruzione sintetica del reddito e formano oggetto di contraddittorio solo se individuati puntualmente dall’ufficio. Le spese per elettrodomestici e arredi e altri beni e servizi per la casa, seppure ancorate al possesso di uno o più immobili, non sono determinate in base alle caratteristiche degli stessi. Pertanto anche tali spese concorrono alla ricostruzione sintetica del reddito esclusivamente in presenza di importi corrisposti per spese effettivamente risultanti dai dati disponibili in anagrafe tributaria.

 

12.2 Quota di risparmio dell’anno ai fini della ricostruzione sintetica del reddito

Domanda

Nelle sue conclusioni il Garante della Privacy rileva che, ai fini delle determinazione sintetica del reddito, l’ufficio potrà tenere conto soltanto delle spese certe, delle spese per elementi certi e del fitto figurativo. Ritiene l’Agenzia di considerare, comunque, ai fini della ricostruzione sintetica del reddito, anche la quota di risparmio dell’anno?

Risposta

Come specificato nella circolare n. 24/E/2013, concorre alla ricostruzione sintetica del reddito complessivo accertabile la quota di risparmio formatasi nel corso dell’anno e non utilizzata per spese di investimento o per consumi, elemento che appare non interessato dai rilievi del Garante.

 

12.3 Sanzioni

Domanda

In caso di mancata presentazione del contribuente all’invito a fornire dati e notizie rilevanti per l’accertamento da redditometro, ritiene l’Agenzia che si possano applicare sanzioni nei confronti del contribuente? E, inoltre, in caso di mancata presentazione di quest’ultimo, opera la preclusione probatoria di cui al comma 4 dell’articolo 32 del Dpr 600/1973?

Risposta

Come affermato nella Circolare n. 24/E, l’articolo 38, settimo comma, ripropone la locuzione presente nell’articolo 32, primo comma, n. 2) dello stesso d.P.R. n. 600/73, che disciplina gli ordinari poteri istruttori dell’ufficio.

Pertanto, utilizzando l’ordinario strumento istruttorio, l’ufficio invita il contribuente selezionato a presentarsi per fornire dati e notizie ai fini dell’accertamento, indicando nell’invito stesso gli elementi e le circostanze rilevanti.

Ne consegue che nei casi in cui il contribuente non si presenti si rende applicabile la sanzione stabilita dall’art. 11, comma 1, lett. c) del Dlgs n. 471/1997. Di ciò se ne darà specifica avvertenza in detto invito.

Fin dal primo incontro il contribuente può fornire chiarimenti sugli elementi di spesa individuati e sul proprio reddito.

Tenuto conto che il settimo comma dell’art. 38 del d.P.R. n. 600/73 prevede un secondo momento obbligatorio di confronto con il contribuente, secondo le modalità dell’art. 5 del d.lgs n. 218/97, quale ulteriore garanzia per il contribuente, non si può escludere che in questa ulteriore fase il contribuente possa presentare elementi giustificativi non forniti già nella prima fase di confronto.

 

12.4 Spese per incrementi patrimoniali

Domanda

Conferma l’Agenzia che le spese per incrementi patrimoniali nel nuovo redditometro devono essere personalizzate alla singola situazione soggettiva ed oggettiva (tipologia di redditi conseguiti) del contribuente, così che, ad esempio, per un contribuente dette spese potranno essere suddivise in quattro anni, mentre per un altro in sei anni, e così via?

Risposta

In proposito la circolare n. 24/E specifica che, in relazione alle spese per investimenti sostenute nell’anno, in sede di contraddittorio il contribuente potrà fornire la prova relativa alla formazione della provvista utilizzata per l’effettuazione dello specifico investimento individuato.

 

12.5 Modello Cud

Domanda

Il modello Cud può essere considerato una dichiarazione validamente presentata come chiarito in alcune circolari esplicative del condono previsto dalla legge 289/2002? In tal caso, la decadenza del potere di accertamento relativa al periodo di imposta cui si riferisce il Cud e per redditi assertivamente non dichiarati (differenti rispetto a quelli riportati nel Cud) ricorre al 31 dicembre del quarto anno successivo a quello di presentazione del Cud?

Risposta

La circolare n. 12/E del 21 febbraio 2003[18], nel fornire chiarimenti in materia di sanatorie fiscali contenute nella legge Finanziaria per il 2003 (legge n. 289 del 2002), ha precisato che in tutte le ipotesi in cui il contribuente sia in possesso di redditi di lavoro dipendente e assimilati certificati dal sostituto d’imposta mediante il CUD la dichiarazione si considera comunque presentata, anche quando lo stesso possieda altri redditi diversi da quello dell’abitazione principale, che lo avrebbero obbligato a presentare la dichiarazione.

A tale chiarimento, tuttavia, formulato solo “ai fini delle sanatorie previste dalla L. n. 289 del 2002” (in particolare, per l’integrazione degli imponibili di cui all’articolo 8 della finanziaria per il 2003 e per la definizione automatica prevista dal successivo articolo 9), si ritiene non possa essere attribuita una valenza generale. Del resto, la stessa circolare del 2003 ha ritenuto opportuno precisare ulteriormente, con riferimento alla procedura del c.d. “condono tombale”, che la dichiarazione poteva essere considerata presentata, ai fini della sanatoria, anche in caso di omessa dichiarazione non giustificata dai presupposti di esonero indicati nell’articolo 1, comma 4, del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973.

Nel caso in cui il contribuente titolare di un CUD abbia omesso di presentare la dichiarazione dei redditi, pur essendo obbligato a tale adempimento per aver prodotto oltre che un reddito di lavoro dipendente anche altri redditi, la decadenza dal potere di accertamento, ai sensi dell’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973, non potrà che aversi, essendo stata omessa la dichiarazione dovuta, il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la stessa avrebbe dovuto essere presentata.

 

13. ATTIVITA’ FINANZIARIE DETENUTE ALL’ESTERO

13.1 Indicazione nel Quadro RW delle attività detenute all’estero

Domanda

Un soggetto obbligato alla compilazione del quadro RW che sia “titolare effettivo” di una partecipazione in società o entità giuridica localizzata in Paese non collaborativo totalmente per il tramite di una società o di un’entità giuridica o di una fiduciaria italiana deve indicare nel quadro RW le attività finanziare e patrimoniali detenute dalla società o entità giuridica localizzate nel Paese non collaborativo?

Risposta

Le attività detenute all’estero per il tramite di una società italiana non devono essere indicate nel quadro RW. Qualora le stesse siano detenute per il tramite di una società localizzata in un Paese collaborativo, il contribuente deve limitarsi ad indicare il valore della partecipazione nella società estera. L’approccio look through deve, invece, essere adottato soltanto qualora il contribuente detenga una partecipazione superiore al 25 per cento in una società localizzata in un Paese non collaborativo: in tal caso deve indicare, in luogo della partecipazione, le attività patrimoniali e finanziarie detenute all’estero dalla società.

Qualora la partecipazione rilevante (almeno pari al 25%) sia in un trust l’approccio look through deve essere adottato anche nel caso in cui il trust sia residente in Italia, sempreché abbia attività finanziarie estere o investimenti all’estero.

In particolare, come chiarito nella circolare n. 38/E del 23 dicembre 2013[19], in questi casi il contribuente deve indicare nel quadro RW, per ciascuna società o entità, il valore complessivo di tutte le attività finanziarie e patrimoniali di cui risulta essere il titolare effettivo, avendo cura di predisporre e conservare un apposito prospetto in cui devono essere specificati i valori delle singole attività.

Per quanto riguarda, infine, le attività estere affidate in gestione o in amministrazione ad un intermediario italiano che applica le ritenute alla fonte o le imposte sostitutive sui redditi da esse derivanti, vige il regime di esonero disciplinato dall’art. 4, comma 3, del D.L. n. 167/90. Nell’esempio di partecipazione qualificata l’esonero spetta qualora l’intermediario applichi la nuova ritenuta a titolo d’acconto prevista per i redditi che concorrono a formare il reddito complessivo del contribuente.

 

13.2 Compilazione Quadro RW da parte degli amministratori di società

Domanda

È ancora valida la circolare 28/E del 2011[20], risposta 5.2 secondo cui gli amministratori di società con delega ad operare su conti intestati alla società non sono tenuti ad indicare tali conti nel proprio RW?

Risposta

Gli amministratori con potere di firma sui conti correnti della società in uno Stato estero, che non siano beneficiari (ossia possessori) dei relativi redditi, non devono compilare, relativamente a dette consistenze/trasferimenti, il quadro RW della propria dichiarazione dei redditi. Tale assunto deriva dalla ratio delle norme sul monitoraggio fiscale le quali presuppongono una relazione giuridica (intestazione delle somme) o di fatto (possesso o detenzione) tra soggetto e disponibilità estere che non si esaurisce nella semplice possibilità di disporre delle relative somme attraverso prelievi o versamenti.

Pertanto, considerato il nesso di funzionalità esistente tra gli obblighi dichiarativi e quelli impositivi, è da ritenersi ancora valido l’orientamento espresso dalla circolare 28/E del 2011.

 

13.3 Imposta di bollo speciale  

Domanda

Se un contribuente non fornisce all’intermediario depositario del proprio conto scudato la provvista per il pagamento dell’imposta di bollo speciale di cui all’art. 19, commi da 6 a 12, del decreto legge n. 201 del 2011, da quando si considera decaduto il regime della riservatezza?

Risposta

Se un contribuente non fornisce la provvista per il pagamento dell’imposta di bollo speciale annuale l’intermediario deve comunicare il nominativo nel mod. 770 quadro SO. Conseguentemente perde il regime della riservatezza a decorrere dall’inizio dell’anno di riferimento. Quindi, se l’intermediario non è stato messo in grado di versare l’imposta entro il 16 luglio 2014, lo segnala nel 770 quadro SO del 2014 da presentare nel 2015. La riservatezza si perde a partire dal 1° gennaio 2014 considerato che in ogni caso l’imposta speciale dovuta per l’anno 2013 viene iscritta a ruolo. Pertanto, nel caso in cui il contribuente non fornisca la provvista per il pagamento dell’imposta annuale (riferita al valore del conto al 31.12. dell’anno precedente) la riservatezza si perde dal 1° gennaio dell’anno successivo, posto che per l’anno per il quale non ha pagato, l’imposta è prelevata in maniera forzosa dall’Agenzia.

Nel caso in cui l’intermediario abbia nel frattempo (dal 1° gennaio alla data del versamento) risposto negativamente ad un’indagine finanziaria, deve provvedere a rettificarla tempestivamente.

La perdita della riservatezza avviene invece nel corso del periodo d’imposta se ad una specifica data si verifica un evento che la fa perdere, ad esempio, una verifica, la rinuncia espressa, la morte del titolare del conto o un prelievo. In quest’ultima fattispecie l’imposta è dovuta pro rata per il periodo precedente al verificarsi dell’evento.

 

13.4 Cambio annuale

Domanda

Per le attività finanziarie detenute all’estero alla data del 1° gennaio, si deve utilizzare il cambio medio del mese di gennaio o quello di dicembre dell’anno precedente?

Risposta

Si deve applicare il cambio medio del mese di dicembre dell’anno precedente, determinato sulla base del provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate emanato ai fini dell’individuazione dei cambi medi mensili agli effetti delle norme contenute nei Titoli I e II del TUIR”.

 

 

NOTE:

 

1         Cfr. anche circolare 12 febbraio 2014, n. 1/E (in Boll. Trib., 2014, 291), con cui sono stati forniti i primi chiarimenti sull’articolo 1, comma 611, lett. a), della legge 27 dicembre 2013, n. 147, che ha apportato significative modifiche alla disciplina della mediazione tributaria.



[1] In Boll. Trib., 2012, 430.

[2] Circ. 31 luglio 2013, n. 24/E, in Boll. Trib., 2013, 1191.

[3] In Boll. Trib., 2012, 928.

[4] In Boll. Trib., 2007, 779.

[5] Circ. 1 agosto 2013, n. 26/E, in Boll. Trib., 2013, 1254.

[6] Circ. 13 giugno 2006, n. 18/E, in Boll. Trib., 2006, 1127.

[7] Circ. 19 marzo 2009, n. 11/E, in Boll. Trib., 2009, 466.

[8] Circ. 18 giugno 2009, n. 29/E, in Boll. Trib., 2009, 952.

[9] In Boll. Trib., 2009, 875.

[10] Ris. 12 novembre 2013, n. 78/E, in Boll. Trib., 2013, 1734.

[11] In Boll. Trib., 2006, 1285.

[12] Circ. 18 settembre 2013, n. 29/E, in Boll. Trib., 2013, 1331.

[13] In Boll. Trib., 2001, 279.

[14] In Boll. Trib., 2010, 126.

[15] Circ. 6 dicembre 2006, n. 36/E, in Boll. Trib., 2006, 1880.

[16] Circ. 31 luglio 2013, n. 24/E, in Boll. Trib., 2013, 1191.

[17] Circ. 11 marzo 2014, n. 6/E, in Boll. Trib., 2014, 445.

[18] In Boll. Trib., 2003, 265.

[19] In Boll. Trib., 2014, 66.

[20] Circ. 21 giugno 2011, n. 28/E, in Boll. Trib., 2011, 1025.

 


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