4 Luglio, 2017

SOMMARIO: 1. Il fatto – 2. Convenzione di urbanizzazione ed oneri di urbanizzazione: natura giuridica e profili IVA – 3. La posizione dell’Amministrazione finanziaria – 4. La posizione della Corte di Giustizia europea e della Corte di Cassazione – 5. Conclusioni.

1. Il fatto

Nel caso deciso dalla Corte di Cassazione 31 maggio 2016, n. 11344 (1), una società, in forza della convenzione stipulata con il Comune, si era obbligata a cedere gratuitamente aree edificabili e a realizzare a proprie spese le opere di urbanizzazione, a fronte del rilascio da parte del Comune della concessione edilizia su terreni di proprietà della stessa. La cessione avveniva nell’ambito di una convenzione urbanistica stipulata ai sensi della legge regionale (2), per l’attuazione di Programma Integrato di Intervento (3); ciò in adempimento dell’obbligo imposto dalla legge regionale di dotare l’insediamento di aree per attrezzature pubbliche e di interesse pubblico secondo gli standard urbanistici. La cessione non veniva assoggettata dal contribuente ad IVA ed era oggetto di contestazione e ripresa a tassazione da parte dell’Amministrazione finanziaria.
La Corte di Cassazione – accogliendo il ricorso del contribuente – cassava la sentenza della Commissione tributaria regionale, disconoscendo alla cessione la natura di controprestazione a titolo oneroso e, come tale, escludendola dal campo di applicazione dell’IVA. Ciò in quanto era possibile identificare un rapporto sinallagmatico tra la cessione posta in essere dalla società e il rilascio della concessione edilizia da parte del Comune, alla stregua dei principi fondamentali in materia IVA, come elaborati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea.
Per cogliere l’effettiva portata della sentenza della Corte di Cassazione è necessario identificare la natura giuridica della convenzione di lottizzazione e degli oneri di urbanizzazione, nonché il regime IVA applicabile alle attività realizzate a scomputo di questi ultimi.

2. Convenzione di urbanizzazione ed oneri di urbanizzazione: natura giuridica e profili IVA

Frequentemente i Comuni stipulano con i privati apposite convenzioni, in forza delle quali la corresponsione degli oneri di urbanizzazione richiesti per il rilascio della concessione edilizia (necessaria per la realizzazione degli insediamenti immobiliari) avviene non già mediante versamento di una somma di denaro bensì tramite l’assunzione dell’obbligo da parte del privato di eseguire una serie di opere di urbanizzazione (primaria e/o secondaria) (4).
Dal punto di vista giuridico, la convenzione stipulata tra il privato e il Comune non costituisce un contratto a prestazioni corrispettive ma è un accordo che codifica gli obblighi nascenti dalla legge, senza che possa raffigurarsi un’autonomia contrattuale delle parti (5). La cessione rappresenta, infatti, un accordo endoprocedimentale (6), in quanto parte integrante e vincolante del contenuto del provvedimento amministrativo [i.e., la c.d. “convenzione urbanistica”, ora “permesso di costruire” (7)]. Sotto il profilo IVA, il legislatore – con legge 21 novembre 2000, n. 342 – ha stabilito che la cessione nei confronti dei Comuni di aree o di opere di urbanizzazione, a scomputo di contributi di urbanizzazione debba essere esclusa dall’IVA (8) in quanto avente natura “solutoria”, alternativa al versamento di denaro (9).
In quanto adempimento di un’obbligazione di natura tributaria (10), sarebbe oltretutto iniquo assoggettare ad IVA la cessione delle aree a scomputo degli oneri di urbanizzazione, in base all’assunto che nessun tributo può e deve colpire ciò che già rappresenta un’obbligazione tributaria, pena un’illegittima duplicazione d’imposta.
Cionondimeno, a dispetto di quanto esposto, l’Amministrazione finanziaria (11) è giunta a conclusioni opposte, assoggettando ad imposta non solo la cessione delle aree ma anche il compimento di quelle opere che il privato – in base a quanto previsto dalla legislazione regionale – può realizzare a scomputo degli oneri di urbanizzazione, della realizzazione dei c.d. standard qualitativi (12) (13) (14).

3. La posizione dell’Amministrazione finanziaria

Con riguardo alla cessione di aree edificabili, nella risoluzione 4 giugno 2009, n. 140/E (15), l’Amministrazione finanziaria ritiene applicabile l’art. 51 della legge n. 342/2000 alle sole cessioni di aree sulle quali il contribuente sia obbligato a realizzare opere di urbanizzazione primaria o secondaria; diversamente, assoggetta ad IVA la cessione di aree sulle quali il cedente non sia obbligato a realizzare opere di urbanizzazione. Ciò, sebbene il disposto normativo non giustifichi un’interpretazione così restrittiva ma, al contrario, escluda da IVA le cessioni a scomputo di contributi di urbanizzazione, tout court.
Al riguardo, infatti, non rileva la realizzazione o meno sull’area ceduta di opere di urbanizzazione essendo sufficiente che la cessione dell’area avvenga a scomputo di oneri di urbanizzazione (16) per godere della esclusione ai fini IVA.
Con riguardo alla diversa ipotesi di assoggettamento ad IVA della realizzazione di standard qualitativi, nella nota n. 954-681 del 2012 (17) l’interpellante chiede all’Amministrazione di confermare che la realizzazione dello standard qualitativo a scomputo degli oneri di urbanizzazione previsti dalla legge sia da considerare non rilevante ai fini dell’applicazione dell’IVA (18). Diversamente dalla soluzione prospettata dal contribuente, l’Amministrazione finanziaria qualifica l’operazione come “permuta” realizzata tra il rilascio di permessi edificatori (da parte del Comune) in cambio della realizzazione dello standard qualitativo (da parte del privato) assoggettando ad IVA la (sola!) prestazione resa dal privato (19).
Da quanto sopra delineato, si comprende l’esigenza di identificare argomenti giuridici più solidi, in grado di eliminare alla radice ogni fondamento giuridico alle contestazioni mosse dall’Amministrazione finanziaria. In quest’ottica, nella sentenza oggetto delle presenti osservazioni, la Corte di Cassazione va al di là delle considerazioni sopra esposte, e ribadisce quell’orientamento giurisprudenziale (20) che fonda l’esclusione da IVA, disconoscendo la natura sinallagmatica tra le attività compiute dal privato a scomputo degli oneri di urbanizzazione e il rilascio delle autorizzazioni comunali per la realizzazione di interventi edilizi sul territorio. Tali considerazioni comportano una rilettura dello stesso art. 51: alla base dell’esclusione da IVA sancita dall’art. 51 non vi è solamente la considerazione che lo scomputo degli oneri abbia natura “solutoria”, bensì l’impossibilità di inquadrare la relazione che viene ad instaurarsi tra privato e Comune all’interno di un rapporto di natura sinallagmatica (21).

4. La posizione della Corte di Giustizia europea e della Corte di Cassazione

In materia di transazioni tra enti pubblici e privati, nel leading case Apple and Pear (22) la Corte di Giustizia è stata chiamata a decidere se l’espletamento, da parte dell’Apple and Pear Development Council (ente di diritto pubblico) delle proprie funzioni nei confronti dei coltivatori (23) di mele e pere del Regno Unito – in cambio di un loro contributo annuo (24) obbligatorio (25) – costituisca prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso, soggette ad IVA (26).
Si tratta dunque di stabilire se tra il contributo obbligatorio versato dai privati e i servizi erogati dal Council sia possibile identificare un rapporto sinallagmatico.
Nel rispondere negativamente a tale quesito, la Corte afferma che per potere assoggettare una prestazione di servizi ad IVA deve esistere un nesso diretto tra il servizio reso e il controvalore ricevuto, assente nel caso di specie, in cui non è possibile identificare un rapporto fra l’entità dei vantaggi che i singoli produttori traggono dai servizi prestati dal Council e l’importo dei contributi che essi devono pagare obbligatoriamente, in base all’Order del 1980 (27). In realtà i contributi sono dovuti al Council in quanto obbligazioni legali – non già contrattuali – come tali sempre esigibili nei confronti del singolo produttore in quanto credito del Council, indipendentemente dall’esistenza o meno di un vantaggio per il produttore derivante da uno specifico servizio reso dal Council (28). Da ciò la Corte esclude che dei contributi obbligatori come quelli di tale natura costituiscano corrispettivo a titolo oneroso, in quanto privi di un nesso diretto con i (possibili ma non certi) vantaggi ritraibili dai singoli contribuenti dall’espletamento dei compiti dell’ente (29).
Verosimilmente pare proprio essere Apple and Pears il caso a cui la Corte di Cassazione volge lo sguardo, quando nella sentenza oggetto di commento viene confermata l’inesistenza di un rapporto sinallagmatico tra permesso a costruire (da un lato) e «cessioni immobiliari, opere di urbanizzazione, prestazioni e contributi vari» (dall’altro); ciò, in particolare, alla luce di quanto recentemente stabilito dal Consiglio di Stato (30), secondo cui:
a) gli oneri di costruzione e di urbanizzazione costituiscono una prestazione patrimoniale di natura impositiva;
b) il contributo per oneri di urbanizzazione è dovuto per il solo rilascio del permesso di costruire, senza che rilevi l’avvenuta o meno realizzazione di opere di urbanizzazione;
c) il rilascio del permesso di costruire costituisce il fatto costitutivo dell’obbligo giuridico del concessionario di corrispondere il relativo contributo;
d) sotto il profilo del quantum, l’ammontare degli oneri di urbanizzazione non è correlato al valore dell’intervento edilizio realizzabile da parte del privato (o alle spese da questo sostenute), bensì alla variazione del “carico urbanistico” (31) derivante dall’opera del privato.
Applicando i criteri impiegati dalla Corte europea in Apple and Pears non esiste, pertanto, un “rapporto” tra l’entità del vantaggio che il privato consegue dal permesso di costruire e lo scomputo dell’onere di urbanizzazione (che può avvenire mediante contributo in denaro, cessione di aree o realizzazione di standard qualitativi). In quanto “prestazione patrimoniale imposta”, il contributo di urbanizzazione (a scomputo del relativo onere) viene determinato senza tenere conto dell’utilità che riceve il beneficiario del permesso di costruire ovvero delle spese effettivamente necessarie per l’esecuzione delle opere di urbanizzazione relative alla costruzione autorizzata. Quest’ultimo è infatti correlato alla variazione del “carico urbanistico”: e non è rapportato all’entità della trasformazione urbanistica ed edilizia alla cui realizzazione è subordinato il permesso a costruire (32) (33).

5. Conclusioni

Confermando l’orientamento già espresso, la Corte di Cassazione nella sentenza n. 11344 del 2016 in esame ha escluso l’applicazione dell’IVA alla cessione nei confronti dei Comuni di aree a scomputo degli oneri di urbanizzazione, ponendosi in linea con quanto già sostenuto in ambito giurisprudenziale. La precisazione è opportuna in quanto ribadisce che l’esclusione da IVA delle operazioni in oggetto si fonda sulla impossibilità di rinvenire tra le attività realizzate dal privato e le autorizzazioni comunali l’esistenza di quel “nesso diretto” di cui parla la Corte di Giustizia europea, che è indice della presenza di un rapporto sinallagmatico. L’individuazione di una forte base giuridica di matrice comunitaria si aggiunge alle altre argomentazioni pro contribuente, sopra analizzate, consentendo di apprestare una difesa più organica, volta a contrastare sul nascere le pretese impositive dell’Amministrazione finanziaria, anche in ipotesi “border line” quali, ad esempio, la realizzazione degli standard qualitativi, ipotesi testualmente non inclusa nell’art. 51 della legge n. 342/2000, ma cionondimeno svincolata da ogni rapporto sinallagmatico con il rilascio del permesso di costruire da parte del Comune, in base ai principi giurisprudenziali di matrice comunitaria.

Avv. Fabrizio Pacchiarotti

(1) Pubbl. in Boll. Trib., 2016, 1209.
(2) Si tratta della legge promulgata dalla Regione Lombardia 12 aprile 1999, n. 9, secondo cui «Per l’attuazione del programma integrato di intervento deve essere sottoscritta tra i soggetti attuatori ed il Comune una convenzione … Con la medesima convenzione o con ulteriore specifico atto devono essere stabilite le modalità di gestione delle attrezzature pubbliche o di interesse pubblico realizzate e gestite dai soggetti privati ai sensi del comma 5 dell’articolo 6, in particolare prevedendo gli obblighi a carico del gestore e le relative sanzioni, le modalità di trasferimento a terzi e le condizioni per l’eventuale acquisizione del bene da parte del Comune».
(3) I “Programmi Integrati di Intervento” (P.I.I.) puntano a promuovere, coordinare e integrare iniziative e risorse pubbliche e private, per migliorare la qualità urbana e la dotazione di servizi e infrastrutture di quartieri che ne sono carenti. I P.I.I. sono annoverati tra gli strumenti di attuazione del Nuovo Piano Regolatore Generale.
(4) Cfr. C. BOLLO – C. PESSINA, IVA: cessione di aree a scomputo di oneri di urbanizzazione, in il fisco, 2003, 4362. Le opere di urbanizzazione primaria riguardano la realizzazione di strade residenziali, aree di sosta e di parcheggio, fognature, rete idrica, rete di distribuzione dell’energia elettrica e del gas, pubblica illuminazione, spazi di verde attrezzato. Le opere di urbanizzazione secondaria riguardano scuole, mercati di quartiere, chiese, impianti sportivi, centri sociali.
(5) Cfr. Studio n. 248-2014/T, e G.C. MENGOLI, Manuale di diritto urbanistico, Milano, 1997, 257.
(6) Cass., sez. I, 17 aprile 2013, n. 9314, in Mass. Foro it., 2013, 306.
(7) Il “permesso di costruire” è disciplinato dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico dell’edilizia), che ha sostituito il precedente istituto della “concessione edilizia” di cui alla legge 28 gennaio 1977, n. 10 (c.d. legge Bucalossi) e della licenza edilizia di cui all’art. 31 della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (“legge urbanistica nazionale” detta anche L.U.N.).
(8) Art. 51 della legge 21 novembre 2000, n. 342: «Non è da intendere rilevante ai fini dell’Imposta sul Valore Aggiunto, neppure agli effetti delle limitazioni del diritto alla detrazione, la cessione nei confronti dei Comuni di aree o di opere di urbanizzazione, a scomputo di contributi di urbanizzazione o in esecuzione di convenzioni di lottizzazione».
(9) Ai sensi dell’art. 2, terzo comma, lett. a), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, non sono considerate cessioni di beni le cessioni che hanno per oggetto denaro.
(10) Come sostenuto da Comm. trib. I grado di Alessandria, sez. II, 26 giugno 1986, n. 380, e Comm. trib. II grado di Alessandria, sez. II, 27 ottobre 1998, n. 505, entrambe in Boll. Trib. On-line. Ved. inoltre ris. 16 gennaio 1978, n. 363292, in Boll. Trib., 1978, 368, secondo cui non rientrano nel campo di applicazione dell’IVA in quanto «il rapporto che si pone in essere tra il Comune e il destinatario della concessione non ha natura sinallagmatica, dovendosi riconoscere in esso innegabili caratteristiche di generalità, tipiche del rapporto di natura tributaria».
(11) Ciò desta ancora più stupore, considerando, in particolare che la stessa Amministrazione finanziaria – con la circ. 16 novembre 2000, n. 207/E, in Boll. Trib., 2000, 1623 – all’indomani dell’introduzione dell’art. 51 della legge n. 342/2000, aveva salutato lo stesso come un chiarimento sul tema dell’assoggettabilità di tali operazioni a IVA, ponendo fine ai contrasti tra la prassi ministeriale e la giurisprudenza, circa l’effettivo trattamento fiscale da riservare alle suddette operazioni. Cfr. circ. n. 207/E/2000, cit., secondo cui «L’articolo 51 supera i predetti dubbi e stabilisce che la cessione ai Comuni di aree ed opere di urbanizzazione, da parte dell’impresa titolare della concessione ad edificare, a scomputo della quota di urbanizzazione, costituisce un’operazione non rilevante agli effetti dell’Imposta sul Valore Aggiunto alla stregua del trattamento fiscale applicabile al versamento in denaro della predetta quota effettuato, alternativamente, dalla medesima impresa». Concetto ribadito nelle ris. 14 gennaio 2003, n. 6/E, in Boll. Trib., 2003, 603, e 21 febbraio 2003, n. 37/E, in Boll. Trib. On-line.
(12) Si tratta della realizzazione dei c.d. “standard qualitativi”, previsti dall’art. 6, quinto comma, della legge Regione Lombardia n. 9/1999, secondo cui «In luogo della cessione di aree, così come disciplinata al comma 4, il programma integrato può prevedere, in alternativa alla monetizzazione di cui al comma 6, l’impegno degli interessati a realizzare infrastrutture e servizi di interesse generale, anche a gestione privata convenzionata, il cui valore, accertato con specifico computo metrico estimativo, sia almeno pari a quello delle aree che avrebbero dovuto essere cedute».
(13) Secondo TAR Lombardia-Brescia, sez. I, 22 febbraio 2010, n. 869, in Boll. Trib. On-line, gli standard urbanistici si distinguono dalle opere di urbanizzazione primaria in quanto rispetto all’infrastrutturazione di base sono qualcosa di aggiuntivo; inoltre, il concetto di standard urbanistico non deve essere definito formalisticamente ma si estende a qualunque servizio di interesse pubblico e generale, sia esso gestito dall’Amministrazione o dai privati.
(14) Come evidenziato da A. PURCARO, Programmi integrati di intervento, standard di qualità ed obbligo di gara: spunti per una riflessione a margine della legge regionale urbanistica della Lombardia e del Codice dei contratti, in www.bosettiegatti.it: «il valore economico del sovra-standard corrisponde a quello delle aree che il soggetto attuatore avrebbe dovuto cedere all’amministrazione».
(15) In Boll. Trib., 2009, 1372; in tale risoluzione la società interpellante stipulava con il Comune una convenzione di lottizzazione in forza della quale la stessa si impegnava, oltre che a realizzare e successivamente a cedere opere di urbanizzazione primaria, ad effettuare nei confronti dell’anzidetto Comune la cessione di un lotto che lo stesso ente locale avrebbe potuto utilizzare solo per scopi sociali o pubblici.
(16) M. VAGLIO, Cessione di area al comune imponibile iva in assenza di opere di urbanizzazione, in Corr. trib., 2009, 2598.
(17) Nel caso di specie il Comune stipulava con un privato una convenzione urbanistica per l’attuazione del Programma Integrato di Intervento (P.I.I.) con la quale erano identificate le modalità di realizzazione degli interventi previsti dal medesimo. La convenzione prevedeva inter alia: (i) la realizzazione di opere di urbanizzazione a scomputo degli oneri dovuti; (ii) la cessione gratuita in favore del Comune delle aree a standard come previsto dalla normativa vigente; e (iii) la realizzazione da parte del privato, quale “standard qualitativo”, del nuovo palazzo municipale.
(18) Nella quale si evidenziava l’assenza di corrispettività della prestazione di servizi, stante l’assunzione unilaterale dell’obbligo di realizzare lo standard da parte del privato.
(19) Pur ricorrendo alla disciplina della permuta, l’Amministrazione derogava a tale disciplina ritenendo che l’attività del Comune non fosse assoggettabile ad IVA, in quanto rientrante nelle attività aventi natura autoritativa. Da ciò, l’unica prestazione da assoggettare ad IVA era la realizzazione dello standard qualitativo da parte del contribuente, quale prestazione di servizi a titolo oneroso.
(20) Cass., sez. trib., 9 luglio 2014, n. 15660, in Boll. Trib. On-line; Comm. trib. I grado di Alessandria n. 380/1986, cit.; Comm. trib. II grado di Alessandria n. 505/1998, cit.; e nella giurisprudenza amministrativa TAR Lombardia-Brescia 25 luglio 2005, n. 784, inedita; TAR Marche 6 agosto 2003, n. 939, inedita; e TAR Sicilia-Catania, sez. III, 14 aprile 2011, n. 934, in Boll. Trib. On-line.
(21) Come precisato con la ris. n. 363292/1978, cit., non rientrano nel campo di applicazione dell’IVA in quanto «il rapporto che si pone in essere tra il Comune e il destinatario della concessione non ha natura sinallagmatica, dovendosi riconoscere in esso innegabili caratteristiche di generalità, tipiche del rapporto di natura tributaria”; l’obbligazione di fare consistente nella realizzazione di opere di urbanizzazione ha quindi natura di prestazione patrimoniale imposta e viene esclusa dal campo di applicazione dell’IVA analogamente al versamento diretto del contributo.
(22) Corte Giust. CEE, sez. VI, 8 marzo 1988, causa C-102/86, in Boll. Trib. On-line.
(23) Come indicato nelle conclusioni dell’Avvocato Generale, questi compiti comprendono l’incoraggiamento della produzione in Inghilterra e nel Galles e lo smercio di pere e mele di una determinata qualità, la definizione di categorie commerciali e la ricerca relativa a vari aspetti della coltivazione e della distribuzione delle pere e delle mele.
(24) La cui entità non poteva superare un tetto determinato in relazione agli ettari di terreno utilizzati per la coltura delle mele e pere.
(25) “Obbligatorio” in base all’art. 3 dell’Apple and Pear Development Council Order del 1980 (SI n. 623) come emendato dall’Apple and Pear Development Council (Amendment Order 1980 SI n. 2001).
(26) In particolare l’Amministrazione finanziaria inglese contestava al contribuente indetraibilità dell’IVA assolta a monte sulle prestazioni fornite al Council in relazione alle sue attività finanziate coi contributi obbligatori riscossi dai produttori professionali di mele e di pere in Inghilterra e nel Galles.
(27) P. Centore, IVA europea – Percorsi commentati della giurisprudenza comunitaria, Milano, 2012.
(28) Cfr. quanto affermato da Corte Giust. CEE causa C-102/86 del 1988 (Apple and Pear), cit.: «La nozione di prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso, ai sensi dell’art. 2, e punto 1 della sesta direttiva, presuppone l’esistenza di un nesso diretto fra il servizio reso e il corrispettivo ricevuto» (par. 12) «Se i singoli produttori di mele e di pere fruiscono di vantaggi, questi derivano indirettamente da quelli di cui gode in generale il settore nel suo complesso. A questo proposito si deve osservare che in taluni casi non è escluso che solo i produttori di mele o solo i produttori di pere possano trarre vantaggio da specifiche attività del Council. Inoltre, non vi è rapporto fra l’entità dei vantaggi che i singoli produttori traggono dai servizi prestati dal Council e l’importo dei contributi obbligatori che essi devono pagare a norma del decreto del 1980. I contributi, dovuti in quanto obbligazioni non già contrattuali, bensì legali, sono sempre esigibili dal singolo produttore in quanto credito del Council, indipendentemente dal fatto che uno specifico servizio del Council gli attribuisca un vantaggio. Ne consegue che dei contributi obbligatori come quelli imposti ai produttori non costituiscono un corrispettivo avente un nesso diretto con i vantaggi tratti dai singoli produttori dall’espletamento dei compiti del Council. Così stando le cose, lo svolgimento di questi compiti non costituisce quindi prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso ai sensi dell’art. 2, e punto 1, della sesta direttiva» (par. 15-16).
(29) Come indicato nelle conclusioni dell’Avvocato Generale i coltivatori inglesi e gallesi di mele e pere destinate alla vendita che coltivino non meno di 2 ettari nei quali siano piantati 50 o più alberi, a norma del regolamento devono iscriversi al Council e ad essi può essere chiesto di fornire dati relativi alla loro produzione e alle loro vendite.
(30) Cons. Stato, sez. IV, 29 febbraio 2016, n. 828, in Boll. Trib. On-line.
(31) Sulla nozione di “carico urbanistico” cfr. Cass., sez. III pen., 5 ottobre 2011, n. 36104, in Boll. Trib. On-line, secondo cui questa nozione deriva dall’osservazione che ogni insediamento umano è costituito da un elemento c.d. primario (abitazioni, uffici, opifici, negozi) e da uno secondario di servizio (opere pubbliche in genere, uffici pubblici, parchi, strade, fognature, elettrificazione, servizio idrico, condutture di erogazione del gas) che deve essere proporzionato all’insediamento primario ossia al numero degli abitanti insediati ed alle caratteristiche dell’attività da costoro svolte. Quindi, il “carico urbanistico” è l’effetto che viene prodotto dall’insediamento primario come domanda di strutture ed opere collettive, in dipendenza del numero delle persone insediate su di un determinato territorio.
(32) TAR Lombardia-Brescia, sez. II, 2 marzo 2012, n. 355, e TAR Lazio-Roma, sez. II, 14 novembre 2007, n. 11213, entrambe in Boll. Trib. On-line.
(33) Cons. Stato, sez. V, 27 giugno 1994, n. 716, in Cons. Stato, 1994, I, 818, secondo cui il contributo di urbanizzazione si configura come “prestazione patrimoniale imposta” e viene determinato senza tenere conto dell’utilità che riceve il beneficiario del provvedimento di concessione edilizia ovvero delle spese effettivamente necessarie per l’esecuzione delle opere di urbanizzazione relative alla costruzione assentita.

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