30 Marzo, 2015

1. Premessa: il caso

1.1. In un perspicuo e recente arresto, dotato di notevole rilevanza operazionale, il Supremo Consesso della giustizia amministrativa si occupa dei presupposti (giurisdizione e interesse ad agire) per l’ammissibilità dell’azione contro i vizi del processo verbale di constatazione.

L’arresto merita attenzione anche perché la sua motivazione evoca e investe il più ampio tema della tutela del contribuente avverso le patologie di atti tributari endoprocedimentali ufficiosi (in specie, oltre ai processi verbali di constatazione, le comunicazioni d’irregolarità e gli avvisi bonari).

1.2. Il caso concreto è facilmente riassumibile

La Direzione regionale abruzzese dell’Agenzia delle entrate redige processo verbale di constatazione a carico di una società di capitali, a seguito e per effetto di accesso e verifica fiscale nei locali commerciali della medesima.

La società verificata impugna il processo verbale di constatazione avanti il TAR dell’Abruzzo, deducendo violazione di principi e norme tributarie, violazione della legge sul procedimento amministrativo, violazione dell’art. 52 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (istitutivo dell’IVA), nonché violazione degli artt. 7 e 12 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente).

E ciò poiché – asserisce l’istante – vi è carenza di potere accertativo in capo all’Ufficio finanziario, carenza di firma congiunta dei due verificatori, nonché omessa indicazione del responsabile del procedimento.

Si tratta di asserite “carenze strutturali” del processo verbale di constatazione, che non intaccano il merito delle contestazioni fiscali dei verbalizzanti.

Nondimeno il TAR dell’Abruzzo dichiara inammissibile il gravame, per carenza di giurisdizione amministrativa, in favore del giudice tributario.

A nulla rileva – secondo il Tribunale – che nel frattempo fosse stato esperito, davanti al giudice tributario, ricorso avverso l’avviso di accertamento basato sul processo verbale di constatazione; e ciò proponendo le medesime lagnanze già declinate, avverso il medesimo processo verbale di constatazione nel processo amministrativo. A nulla rileva altresì – per il TAR dell’Abruzzo – che il giudizio tributario, al momento della definizione del processo amministrativo di primo grado, pendesse ormai davanti alla Corte di Cassazione.

Piuttosto importa, per il Tribunale stesso, la giurisprudenza costante su “pienezza” ed “esclusività” (così alla lettera) della giurisdizione tributaria a scapito del giudice amministrativo, sugli atti aventi natura e contenuto fiscali. invero, in specie dopo la novella di cui all’art. 12 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 – sostitutiva dell’art. 2 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 – osserva il TAR che la giurisdizione delle Commissioni tributarie assorbe oramai tutte le controversie su imposte e tasse, fatta eccezione per la fase dell’esecuzione forzata e per l’impugnazione dei regolamenti (dove però non è il giudice amministrativo bensì l’Autorità giudiziaria ordinaria ad avere giurisdizione).

Tale arresto di primo grado viene impugnato dalla società contribuente davanti al Consiglio di Stato, dove in punto di giurisdizione la tesi del contribuente appellante è quella per cui il processo verbale di constatazione – siccome atto meramente preparatorio/istruttorio, e quindi privo di una pretesa impositiva e di effetti tributari diretti nella sfera patrimoniale del contribuente – non è autonomamente impugnabile davanti al giudice tributario. Tanto è vero – aggiunge la ricorrente in appello – che il processo verbale di constatazione non compare nell’elenco degli atti autonomamente impugnabili, di cui all’art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992.

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2. La soluzione

La Sezione Quarta del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, investita della questione, respinge l’appello della contribuente, ribadendo il difetto di giurisdizione amministrativa.

Secondo il Supremo Consesso amministrativo il processo verbale di constatazione è bensì atto privo di effetti procedimentali tributari, e non produttivo di efficacia lesiva immediata e diretta. Infatti dallo stesso può, ma non deve, promanare poi un avviso di accertamento, il quale sarà bensì questa volta impugnabile.

Tutto ciò però non toglie che il giudice competente sia la Commissione tributaria.

Specie quando il gravame si fondi su asseriti vizi procedimentali/formali del processo verbale di constatazione – come è accaduto nel caso concreto – il Consiglio di Stato afferma che essi possono bensì essere fatti oggetto d’impugnazione giurisdizionale, ma soltanto non immediatamente né autonomamente, cioè in un secondo momento eventuale, che è l’impugnazione nel giudizio tributario dell’avviso di accertamento conseguente (1).

Peraltro – conclude il Consiglio di Stato – quegli atti, che sono per legge presupposto necessario di talune attività ispettive particolarmente invasive (prodromiche all’accertamento), ricadono anch’essi sotto il controllo della giurisdizione tributaria (2). È il caso, per esempio, dell’autorizzazione del Procuratore della Repubblica, necessaria affinché gli Uffici finanziari – o per essi la polizia tributaria – possano procedere alla perquisizione personale e/o domiciliare (scil., fuori dai locali dell’impresa). E ciò per il combinato disposto degli artt. 33, primo comma, e 52, secondo e terzo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.

3. Considerazioni critiche

Prescindendo qui dalle questioni teoriche (processuali), cui l’annotata sentenza in sottofondo rinvia, s’impongono però alcune riflessioni complessive.

3.1. Un primo corollario della sentenza è il seguente

Durante gli accessi dell’Ufficio impositore o della Guardia di finanza (quale suo collaboratore), il contribuente che ritiene ricorrano violazioni delle garanzie poste dalla legge a tutela della sua riservatezza [tanto più aumenta l’invasività dei controlli, tanto più occorrono autorizzazioni e/o presupposti di fatto] non può certo adire urgentemente il giudice tributario, onde ottenere un immediato provvedimento giurisdizionale che ordini alla pubblica Amministrazione di cessare l’attività ispettiva non consentita. Poiché non sono in gioco ivi atti autonomamente impugnabili, bensì condotte attizie endoprocedimentali, non foriere di per sé stesse di pretese pecuniarie o impositive da parte del fisco.

Invero neppure, a quello stesso fine, può il contribuente adire il TAR, chiedendo una tutela cautelare ancorché questa, come noto, nel processo amministrativo sia atipica e dunque adattabile alle esigenze del caso concreto.

Per il giudice amministrativo, infatti, non soltanto difetta la giurisdizione in materia tributaria (salvo situazioni sempre più sparute e isolate), ma difetta altresì un presupposto per addivenire a una pronuncia sul merito qual è l’interesse a ricorrere. Infatti l’art. 35, primo comma, del D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (recante il “Codice del processo amministrativo”), statuendo l’inammissibilità (rilevabile anche d’ufficio) del ricorso privo d’interesse ad agire, si porta dietro il radicato concetto dell’interesse magari anche non economico, e però necessariamente attuale, a fronte di una lesione concreta e immediata (3).

Alla luce di ciò, evidentemente, l’atto prodromico ad altro atto (accessi, ispezioni e verifiche rispetto all’avviso di accertamento) non è autonomamente impugnabile, perché anzitutto non è certo che all’accesso faccia seguito l’emanazione di un atto impositivo ufficioso; inoltre l’atto prodromico endoprocedimentale, di per sé solo, non intacca la sfera economico-patrimoniale del contribuente.

3.2. Ora però, siccome si è soliti affermare in giurisprudenza e dottrina che – come poc’anzi accennato – l’interesse a ricorrere non deve essere necessariamente economico, ma può essere altresì morale, purché attuale e non probabilistico, viene da chiedersi se un’immediata lesività non patrimoniale, per esempio, derivante da una perquisizione domiciliare non debitamente autorizzata, possa integrare gli estremi dell’interesse a ricorrere, con tanto di domanda di tutela cautelare.

Da questo punto di vista l’assunto del Consiglio di Stato, sulla spettanza al solo giudice tributario della cognizione su un vizio endoprocedimentale quale quello testé ipotizzato (4), non può che portare a una risposta sistematica che si articola come segue:

a) al giudice amministrativo è sul punto preclusa la giurisdizione, che si versa in un procedimento tributario, se pure in fase istruttoria. Al giudice tributario, per parte sua, la legge impone di occuparsi del vizio in parola non immantinente, ma solo se e quando sarà chiamato a giudicare sull’(eventuale) avviso di accertamento conseguente, cioè sull’incidenza del vizio endoprocedimentale sull’atto ufficioso autonomamente impugnabile;

b) in quest’ultima sede dovrà stabilirsi qual è l’effetto “a catena” del vizio istruttorio, sia sul piano del processo (per esempio, inutilizzabilità delle prove così acquisite), sia sul piano della validità/invalidità dell’accertamento ufficioso;

c) nel processo tributario non è contemplata, fra le altre cose, una tutela cautelare ante causam quale quella prevista dal nuovo codice del processo amministrativo;

d) in conclusione, si potrà al più pensare a un’azione di risarcimento dei danni morali cagionati con l’ingiusta perquisizione. Ma, all’uopo, l’azione ex artt. 2043 ss. c.c. non può che competere al giudice civile (in quanto il giudice amministrativo ne è “tagliato fuori” giusta quanto testé osservato; e al giudice tributario non è data una possibile giurisdizione sui danni come invece al giudice amministrativo).

4. Conclusioni

4.1. L’annotata sentenza del Consiglio di Stato, negando l’autonoma impugnabilità del processo verbale di constatazione (oltre a dichiarare il difetto di giurisdizione amministrativa in favore di quella tributaria, con però tutela “differita”), assume – come già detto – una posizione in linea con la Suprema Corte in ordine a tale atto (5).

Di contro, a conclusione opposta (impugnabilità autonoma/immediata) è pervenuto lo stesso Supremo Collegio, col noto revirement del 2012 (6), in punto di comunicazioni d’irregolarità. A queste si tendono ad assimilare, con una sorta di lettura estensiva dell’arresto, i c.d. avvisi bonari (7).

Se convergenza giurisprudenziale vi è sull’ormai acquisita “esclusività” – piuttosto che mera “specialità” – della giurisdizione tributaria (8), la dottrina è in parte contraria all’autonoma impugnabilità delle comunicazioni d’irregolarità e degli avvisi bonari (9), e in altra parte favorevole al citato revirement impresso dal giudice nomofilattico al riguardo (10).

4.2. Il quadro complessivo diventa più chiaro, solo che si distinguano – come perspicuamente suggerito (11) – le nozioni di autonoma impugnabilità (facoltativa) e onere d’immediata/autonoma impugnazione (autonoma impugnabilità obbligatoria).

Invero la Corte di Cassazione, nel suo citato arresto del 2012 sulle comunicazioni d’irregolarità (12), delinea chiaramente un’impugnabilità dell’atto senza però l’onere d’impugnazione. Ciò in quanto – osserva il Supremo Collegio – la successiva cartella di pagamento è atto sostitutivo della pregressa comunicazione: sicché il contribuente può bensì impugnare la cartella senza avere previamente impugnato la comunicazione d’irregolarità; se d’altronde egli aveva scelto d’impugnare autonomamente e immediatamente la comunicazione, allora con la notifica della cartella il processo avente a oggetto la comunicazione si estingue per sopravvenuta carenza d’interesse ad agire.

Se si tiene in debito conto quest’ultimo dato, la rilevata apparente disarmonia tra la Corte di Cassazione e il Consiglio di Stato, sul tema generale della tutela avverso gli atti endoprocedimentali tributari, si attenua.

Né vi sarebbe da stupirsi di ulteriori novità giurisprudenziali in materia, magari proprio in punto d’impugnabilità autonoma del processo verbale di constatazione (pur senza onere d’impugnazione).

In quest’ultimo senso (d’immediata proponibilità di un gravame avverso il processo verbale) non a caso si sono già espressi autorevoli giudici tributari di merito (13).

Avv. Federico Maria Giuliani

(1) Ex multis, nello stesso senso, Cass., sez. trib., 29 maggio 2006, n. 12789, in Boll. Trib. On-line; Cass., sez. trib., 20 gennaio 2004, n. 787, in Boll. Trib., 2005, 377; e Cass., sez. trib., 30 ottobre 2002, n. 15305, ivi, 2003, 76.

(2) Così, infatti, già Cons. Stato, sez. IV, 5 dicembre 2008, n. 6045, in Boll. Trib. On-line.

(3) Per tutti si consulti sul punto R. Garofoli, Compendio di diritto amministrativo, Roma, 2012, 405 s.

(4) Ved. supra, par. 2 al fondo.

(5) Tra le molte Cass., sez. I, 28 aprile 1998, n. 4312, in Boll. Trib. On-line; Cass. n. 787/2004, cit.

(6) Cass., sez. trib., 11 maggio 2012, n. 7344, in Boll. Trib., 2012, 1547, con nota di P. Accordino, Riconosciuta l’autonoma impugnabilità delle cosiddette comunicazioni di irregolarità.

(7) Se così è, Cass. n. 7344/2012, cit., ribalta Cass., sez. trib., 28 gennaio 2005, n. 1791, in Boll. Trib. On-line, che statuiva la non autonoma impugnabilità degli avvisi bonari.

(8) Ved. l’annotata sentenza n. 1821/2014, e Cass. n. 7344/2012, cit.

(9) F. Tesauro, Gli atti impugnabili e i limiti della giurisdizione tributaria, in Giust. trib., 2007, 11 ss.

(10) R. Lupi, Torna l’impugnazione facoltativa degli avvisi bonari, in fondazionestuditributari.com, 2012.

(11) R. Lupi, op. cit.

(12) Ved. supra, nota 6.

(13) Cfr. Comm. trib. reg. della Lombardia, sez. XXVIII, 6 aprile 2012, n. 46, in Boll. Trib. On-line.

 

 

Procedimento – Ricorsi – Atti impugnabili – Processo verbale di constatazione – Non ha contenuto ed effetti provvedimentali – Autonoma impugnabilità avanti le Commissioni tributarie – Esclusione.

Procedimento – Ricorsi – Atti impugnabili – Processo verbale di constatazione e altri atti d’indagine – Sono contestabili in sede di impugnazione del successivo avviso di accertamento – Giurisdizione esclusiva delle Commissioni tributarie – Sussiste – Giurisdizione del giudice amministrativo – Esclusione.

Il processo verbale di constatazione, che è l’atto in cui si condensano le risultanze degli accessi nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, agricole, artistiche o professionali, finalizzati a ispezioni documentali, verificazioni e ricerche e ad ogni altra rilevazione ritenuta utile per l’accertamento dell’imposta e per la repressione dell’evasione e delle altre violazioni, da parte di funzionari dell’Amministrazione finanziaria muniti di apposita autorizzazione, costituisce un atto privo di contenuto ed effetti provvedimentali, dal quale può eventualmente scaturire l’emanazione di un accertamento tributario, ed è perciò privo ex se di effetti tributari e di efficacia lesiva, e in quanto tale non è impugnabile in via diretta e autonoma dinanzi alle Commissioni tributarie.

La non immediata impugnabilità del processo verbale di constatazione non preclude che eventuali vizi di esso che ne infirmino l’efficacia probatoria, quanto alle modalità dell’accesso e/o all’acquisizione dei documenti, possano comunque essere fatti valere in relazione all’impugnazione del conseguente atto di accertamento avanti alle competenti Commissioni tributarie, ove sono parimenti censurabili tutti gli altri atti che si pongano quali presupposti di attività ispettiva e acquisitiva prodromica all’accertamento, che sono sindacabili dinanzi alla giurisdizione tributaria ed esulano dalla giurisdizione amministrativa.

[Consiglio di Stato, sez. IV (Pres. Numerico, rel. Spagnoletti), 14 aprile 2014, sent. n. 1821, ric. Bleu s.p.a. c. Ministero dell’economia e delle finanze e Agenzia delle entrate – Direzione regionale dell’Abruzzo]

FATTO E DIRITTO1.) La società Bleu S.r.l., ora Bleu S.p.A., con sede in Lanciano, con il ricorso in primo grado n.r. 168/2008 ha impugnato un processo verbale di constatazione, formato da funzionari dell’Agenzia delle Entrate – Direzione regionale dell’Abruzzo, in data 27 dicembre 2007, relativo ad una verifica fiscale, deducendone l’illegittimità con unico motivo complesso articolato sotto tre rubriche 1) Violazione di norme e principi generali in materia fiscale tributaria; 2) Violazione dell’art. 7 legge n. 241/1990; 3) Violazione dell’art. 52 d.P.R. n. 633/1972, dell’art. 36 d.P.R. n. 600/1973, degli artt. 7 e 12 della legge n. 212/2000, in relazione a lamentate carenze strutturali dell’atto (carenza di potere accertativo in capo all’Ufficio finanziario, carenza di firma congiunta dei due verificatori, omessa indicazione del responsabile del procedimento).

Con la sentenza n. 84 del 25 gennaio 2013 il T.A.R. per l’Abruzzo ha dichiarato inammissibile il ricorso per carenza di giurisdizione amministrativa in favore della giurisdizione tributaria, in base ai rilievi di seguito testualmente riportati:

… in disparte il fatto che le censure dedotte avverso il suddetto processo verbale di contestazione sono state poi integralmente reiterate nel successivo ricorso proposto avverso il conseguente avviso di accertamento (ricorso rigettato dalla Commissione Tributaria Provinciale, e in sede di appello, dalla Commissione Tributaria Regionale, e ora pendente in Cassazione), deve ritenersi assorbente il fatto che la Giurisprudenza ha da tempo chiarito che la giurisdizione delle Commissioni Tributarie, essendo piena ed esclusiva, si estende non soltanto all’impugnazione del provvedimento impositivo ma anche alla legittimità di tutti gli atti del procedimento e che a seguito della riforma di cui all’articolo 12 della legge 28 dicembre 2001 n. 448, la giurisdizione del Giudice Tributario si estende ormai a qualunque controversia in materia di imposte tasse che non attenga al momento della esecuzione in senso stretto (Cassazione civile, sezioni unite, 14 marzo 2011, ordinanza n. 5928 (1); Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Siciliana 28 luglio 2011 n. 523)”.

Con appello notificato il 24 aprile 2013 e depositato l’8 maggio 2013, la sentenza è stata impugnata deducendone l’erroneità, quanto alla declaratoria di difetto di giurisdizione amministrativa, rilevando, in sintesi, che il processo verbale di constatazione è atto preparatorio e istruttorio, privo di effetti tributari diretti, non impugnabile in via autonoma dinanzi al giudice tributario, né ricompreso nell’elencazione degli atti impugnabili nel processo tributario, con riproposizione delle censure già dedotte con il ricorso in primo grado.

Nel giudizio si sono costituiti il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate, che hanno dedotto, a loro volta, l’infondatezza dell’appello.

Nella camera di consiglio del 2 luglio 2013 l’appello è stato discusso e riservato per la decisione.

2.) L’appello in epigrafe è destituito di fondamento giuridico e deve essere rigettato, con la conferma della sentenza impugnata e quindi della declaratoria del difetto di giurisdizione amministrativa.

Il processo verbale di constatazione è l’atto in cui si condensano le risultanze degli accessi nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, agricole, artistiche o professionali, finalizzati a “… ispezioni documentali, verificazioni e ricerche e ad ogni altra rilevazione ritenuta utile per l’accertamento dell’imposta e per la repressione dell’evasione e delle altre violazioni …”, da parte di funzionari dell’amministrazione finanziaria (ora dell’Agenzia delle Entrate) e/o muniti di apposita autorizzazione; dal medesimo debbono risultare “… le ispezioni e le rilevazioni eseguite, le richieste fatte al contribuente o a chi lo rappresenta e le risposte ricevute” e “… deve essere sottoscritto dal contribuente o da chi lo rappresenta ovvero indicare il motivo della mancata sottoscrizione”, fermo il diritto del contribuente di ottenerne copia (art. 52 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, applicabile anche in materia di imposte dirette sui redditi ai sensi dell’art. 33 comma 1 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600).

È evidente che trattasi di atto privo di contenuto ed effetti provvedimentali, dal quale può eventualmente scaturire l’emanazione di un accertamento tributario, privo però ex se di effetti tributari e di efficacia lesiva, e in quanto tale, appunto, non impugnabile in via diretta e autonoma dinanzi alle commissioni tributarie, secondo giurisprudenza affatto pacifica (Cass. civile, Sez. Trib., 29 maggio 2006, n. 12789 (2); id., 20 gennaio 2004, n. 787 (3), che rileva come esso sia atto endoprocedimentale, sfornito di rilevanza giuridica esterna e di valore impositivo; id., 30 ottobre 2002, n. 15305 (4), che ha altresì negato che la non impugnabilità – da escludere ai sensi del previgente art. 16 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 636, e ora dell’art. 19 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 – configuri profili d’illegittimità costituzionale).

È altresì chiaro che la non immediata impugnabilità non preclude che eventuali vizi del processo verbale, che infirmino l’efficacia probatoria del medesimo, quanto alle modalità dell’accesso e/o all’acquisizione dei documenti, possono comunque essere fatti valere in relazione all’impugnazione dell’atto di accertamento, e in tal senso, come osservato dal giudice amministrativo abruzzese, non è senza significato che “… le censure dedotte avverso il suddetto processo verbale di contestazione sono state poi integralmente reiterate nel successivo ricorso proposto avverso il conseguente avviso di accertamento …”, ancorché il relativo ricorso tributario sia stato rigettato dalla commissione tributaria provinciale con sentenza confermata dalla commissione tributaria regionale, pendendo, all’epoca dell’emanazione della sentenza gravata nella presente sede, ricorso per cassazione.

D’altro canto, questa Sezione ha già avuto modo di chiarire che atti che si pongano quali presupposti di attività ispettiva e acquisitiva prodromica all’accertamento sono sindacabili dinanzi alla giurisdizione tributaria ed esulano dalla giurisdizione amministrativa (nella specie l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica alla perquisizione del domicilio del contribuente o del legale che lo rappresenta: Cons. Stato, Sez. IV, 5 dicembre 2008, n. 6045 (5)).

3.) In conclusione, l’appello deve essere rigettato, con la conferma della sentenza gravata, e con la condanna della società appellante alla rifusione delle spese e onorari del giudizio d’appello, liquidati come da dispositivo.

P.Q.M. – Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) rigetta l’appello in epigrafe n.r. 3431/2013 e, per l’effetto, conferma la sentenza del T.A.R. per l’Abruzzo, Sede de L’Aquila, Sezione I, n. 84 del 25 gennaio 2013 e condanna la società Bleu S.p.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore, alla rifusione in favore dell’Avvocatura generale dello Stato, distrattaria ex lege, delle spese e onorari del giudizio d’appello, liquidati in complessivi 5.000,00 (cinquemila/00).

(1) In Boll. Trib. On-line.

(2) In Boll. Trib. On-line.

(3) In Boll. Trib., 2005, 377.

(4) In Boll. Trib., 2003, 76.

(5) In Boll. Trib. On-line.

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