30 Maggio, 2013

Accertamento imposte sui redditi e IVA – Accertamento – Avviso di accertamento – Adozione dell’avviso di accertamento prima della scadenza del termine dilatorio previsto dall’art. 12 della legge n. 212/2000 – Illegittimità dell’accertamento – Consegue.

La previsione dell’art. 12, settimo comma, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente), secondo cui l’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del termine di sessanta giorni dal verbale di chiusura delle operazioni ispettive, «salvo casi di particolare e motivata urgenza», implica la sanzione di nullità dell’avviso di accertamento emesso in violazione del termine dilatorio e in assenza di motivazione sull’urgenza che ne ha determinato l’adozione, e ciò anche nel caso che il contribuente abbia già presentato osservazioni prima dello spirare del termine previsto dalla predetta norma, posto che ai sensi di tale disposizione solo con lo spirare di detto termine si consuma la sua facoltà di esporre osservazioni e richieste all’Ufficio impositore.

[Corte di Cassazione, sez. trib. (Pres. Adamo, rel. Cappabianca), 5 ottobre 2012, sent. n. 16999]

 

SVOLGIMENTO DEL PROCESSOLa società contribuente propose ricorsi avverso avvisi di accertamento irpeg ed irap ed irrogazioni sanzioni, per gli anni 2002 e 2003, in relazione ad operazioni di importazioni da fornitori con sede in Paesi a fiscalità privilegiata senza il rispetto delle prescrizioni di cui all’art. 76, comma 7-ter (ora art. 110, comma 11), t.u.i.r. e, specificamente, senza la separata indicazione, nelle dichiarazioni, delle deduzioni relative ai costi e alle componenti negative relative alle operazioni suddette.

L’adita commissione tributaria, riuniti i ricorsi, li accolse, sul presupposto della mancata indicazione, negli avvisi, delle norme poste a base dell’accertamento, ma, in esito all’appello dell’Agenzia, la decisione fu riformata dalla commissione regionale. Questa rilevò, tra l’altro, che, nella specie, non poteva riscontrarsi violazione delle prescrizioni di cui all’art. 12, comma7, l. 212/2000, poiché l’emanazione degli avvisi di accertamento impugnati era, comunque, avvenuta dopo la presentazione di osservazioni da parte della società contribuente.

Avverso la decisione di appello, la società contribuente ha proposto ricorso per cassazione, in cinque motivi.

L’Agenzia si è costituita senza nulla controdedurre.

 

[-protetto-]

 

 

MOTIVI DELLA DECISIONECon il primo motivo di ricorso, la società contribuente deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 42, commi 2 e 3, d.p.r. 600/1973 censura la decisione impugnata per aver ritenuto l’avviso di accertamento idoneamente motivato, pur non indicando esso se l’accertamento era stato eseguito ai sensi dell’art. 39 ovvero dell’art. 41-bis d.p.r. 600/1973.

Con il secondo motivo di ricorso, la società contribuente – deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma7, l. 212/2000, censura la decisione impugnata per non aver rilevato l’illegittimità dell’avviso impugnato, ancorché notificato prima dello scadere del termine di sessanta giorni dalla data di consegna del processo verbale di constatazione.

Con il terzo motivo di ricorso, la società contribuente – deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 8 e 8-bis, d.p.r. 322/1998 – censura la decisione impugnata nella parte in cui ha affermato che l’emenda della dichiarazione ai sensi della disposizione evocata non è applicabile ai casi, quale quello di specie in cui l’errore della dichiarazione non determinerebbe alcun aumento della base imponibile.

Con il quarto motivo di ricorso, la società contribuente deduce vizio di motivazione in ordine all’applicabilità dell’art. 8 d.l. 471/1997, in tema di sanzioni.

Con il quinto motivo di ricorso, la società contribuente deduce illegittimità costituzionale dell’art. 76 t.u.i.r., in relazione all’art. 53 Cost.

Il secondo motivo, logicamente prioritario, è fondato, ricavandosi dalla decisione impugnata che gli avvisi di accertamento impugnati furono emessi prima della scadenza del termine dilatorio di cui all’art. 12, comma7, l. 212/2000, in assenza di motivazione in merito alla ricorrenza di ragioni d’urgenza.

In proposito, deve rilevarsi che, sotto la rubrica “Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente” la richiamata disposizione recita: “Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni, da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza”.

Deve, peraltro, considerarsi che la Cortecostituzionale (con ord. 244/2009[1]) e questa Corte (con sent. 22320/10[2]) hanno puntualizzato che la previsione dell’art. 12, comma 7, l. 212/2000, secondo cui l’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del termine di sessanta giorni dal verbale di chiusura delle operazioni ispettive, “salvo casi di. particolare e motivata urgenza”, implica – in applicazione degli artt. 7, comma 1, l. 212/2000, 3 e 21-septies l. 241/1990 nonché 42, commi 2 e 3, d.p.r. 600/1973 e 56, comma 5, d.p.r. 633/1972 – la sanzione di nullità dell’avviso di accertamento emesso in violazione del termine dilatorio e in assenza di motivazione sull’urgenza che ne ha determinato l’adozione. E ciò, peraltro, senza che al criterio possa derogarsi nel caso che il contribuente presenti osservazioni prima dello spirare del termine previsto dall’art. 12, comma7, l. 212/2000, posto che ai sensi di tale disposizione, solo con lo spirare di detto termine, si consuma la sua facoltà di esporre osservazioni e richieste all’Ufficio impositore.

Alla stregua delle considerazioni, che precedono – restando assorbite le ulteriori doglianze – s’impone l’accoglimento del ricorso promosso dalla società contribuente.

La sentenza impugnata va, dunque cassata e, non risultando necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa, ai sensi dell’art. 38, comma 1 ult. parte, c.p.c., va decisa nel merito, con l’accoglimento dei ricorsi introduttivi della società contribuente.

Per la natura della controversia e tutte le peculiarità della fattispecie, si ravvisano le condizioni per disporre la compensazione delle spese dell’intero giudizio.

 

P.Q.M. – (Omissis).

 

Sulle conseguenze della violazione dell’obbligo di rispetto dell’intervallo minimo prima dell’emissione dell’avviso di accertamento

 

La giurisprudenza mette un altro mattoncino (che peraltro sarebbe sbagliato ritenere rilevante solo sotto il profilo statistico e non sotto quello sostanziale-contenutistico) a favore del privato nella tormentata e purtroppo infinita, nonché pesantemente sbilanciata, battaglia per l’affermazione del vero significato e della corretta portata dell’art. 12, settimo comma, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (1). Di quel corpus normativo, cioè, che forse troppo precipitosamente, viste le innumerevoli (e macroscopiche, persino irridenti) violazioni patite, il suo stesso artefice ebbe a definire, nel licenziarlo, Statuto dei diritti del contribuente (2).

La freschissima decisione – dal taglio, come detto, non nuovo (3) e nondimeno illuminante (4), benché avversata da un robusto stuolo di pronunciamenti contrari (5) – prende dichiaratamente il destro da due precedenti tuttora basilari: l’ordinanza della Corte Costituzionale 24 luglio 2009, n. 244 (6), e la sentenza della sezione tributaria della Corte di Cassazione 3 novembre 2010, n. 22320 (7).

In forza di entrambe, giunte in (relativamente) rapida sequenza a dimostrazione di una tendenziale uniformità di vedute e di intenti fra i due organi cui il nostro ordinamento affida l’interpretazione del diritto vivente, la violazione dell’obbligo dei sessanta giorni di intervallo minimo prima dell’emissione dell’avviso di accertamento non comporta di per sé la nullità del provvedimento, non essendo espressamente contemplata siffatta, letale sanzione; la determina invece, e con certezza, in un unico caso, quando non è data spiegazione adeguata (cioè documentata e convincente) dell’urgenza della sua emanazione, urgenza intuitivamente collegata al concreto sospetto di un rischio di danno per le casse pubbliche (8). Posto che la motivazione è un requisito essenziale del provvedimento (art. 3, primo comma, della legge 7 agosto 1990, n. 241) (9) e come tale tassello di un insieme esposto alla libera, effettiva e completa azione difensiva da parte del suo destinatario (art. 113, primo comma, Cost.), non è dubbio che essa motivazione è suscettibile di sindacato da parte del giudice tributario di merito. L’esito del cui scrutinio, ove non collidente con il canone di razionalità, sfugge, in quanto officiato sul fatto, al vaglio del giudice della legittimità che appunto, nei termini di cui s’è appena detto, agli aspetti fattuali dei contenziosi deve restare rigorosamente estraneo.

Ora, se questa è la linea ermeneutica prevalente, a una posizione minoritaria vanno ricondotte le voci, speculari, che compiono l’equazione: violazione del termine dilatorio = nullità tout court dell’avviso, muovendo dalla funzione rivestita dal termine concesso al contribuente per interagire con l’Amministrazione finanziaria (10).

A guardare bene, però, è proprio sulla radice logica di quest’ultima posizione, fra tutte la più massimalista (ma anche, verosimilmente, la più vicina alle intenzioni del legislatore), che insiste la decisione qui in commento.

È infatti espressione di buon senso credere che, se un certo lasso temporale è assegnato a un soggetto giuridico in vista della tutela dei propri interessi qualificati, tutto quel termine può rivelarsi utile, nello stesso interesse collettivo, alla produzione degli effetti suoi propri, di talché, prima della sua consumazione, deve risultare vietata – per la contradizion che nol consente – l’adozione di qualsivoglia misura potenzialmente lesiva della sfera giuridica della controparte (11). Tali essendo gli interessi a confronto, l’illegittimità dell’accertamento che sia ciò nonostante adottato deve conseguire «senza bisogno di alcuna specifica previsione in proposito» (12).

Nel caso di specie, il contribuente aveva presentato delle osservazioni prima dello spirare del termine edittale, ma ciò, secondola Sezione Tributaria, non ha aperto all’Ufficio la strada della notifica anticipata, pena altrimenti il soffocamento di un diritto individuale che per essere tale, per essere colto e goduto nella sua pienezza, deve ospitare senza riserve ogni potenzialità sottesa, con libertà per il privato di sfruttare tutto il tempo messogli a disposizione integrando o modificando le osservazioni già svolte ovvero formulando nuove richieste.

Insomma, quella in commento, pur non materializzando, per ora, un indirizzo consolidato, è un segnale ermeneutico forte, fondato sulla lettera e sulla ratio legis. Maggiore certezza in ogni caso verrà dall’atteso responso delle Sezioni Unite, stimolate dalla stessa Sezione Tributaria a definire i contorni dogmatici e operativi del citato art. 12, settimo comma (13).

 

Avv. Valdo Azzoni

 

 

(1) Così recita la norma: «Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza. Per gli accertamenti e le verifiche aventi ad oggetto i diritti doganali di cui all’articolo 34 del Testo Unico delle disposizioni legislative in materia doganale approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, si applicano le disposizioni dell’articolo 11 del decreto legislativo 8 novembre 1990, n. 374». Per un aspetto peculiare della problematica ved. f. fiordalisi, Sull’applicabilità del termine di 60 giorni ex art. 12, settimo comma, della legge n. 212/2000, agli avvisi di recupero di crediti d’imposta indebitamente utilizzati, in nota a Cass., sez. trib., 23 marzo 2012, n. 4687, in Boll. Trib., 2012, 1246.

(2) Da apprezzare e condividere quanto scritto, in sede di commento alla decisione massimata, da a. iorio, L’accertamento è nullo se il verbale è troppo rapido, in Il Sole 24 Ore del 6 ottobre 2012, 27: «Al di là delle motivazioni assunte in quest’ultimo anno dai giudici di legittimità sull’argomento, favorevoli ora all’una ora all’altra tesi, resta la forte percezione che quando a violare termini e scadenze sia il contribuente egli non abbia alcuna possibilità di difendersi; quando, invece, a non rispettare le norme di legge sia l’amministrazione, alla fine si è sempre in presenza di un errore sanabile o comunque non idoneo a rendere illegittimo l’atto impositivo». Impressione che si specchia, se vogliamo volare alto, nel vigente sistema delle nullità dell’atto amministrativo (ergo tributario), con la contorta e paralizzante distinzione fra atti inesistenti, nulli e annullabili; e che, se invece vogliamo scendere alla brutale quotidianità, dà conferma della saggezza dell’inveterato proverbio per cui il diritto per gli amici si interpreta, per i nemici si applica.

(3) Di segno conforme, ex pluribus, Cass., sez. VI, 5 luglio 2012, ord. n. 11347, e Cass., sez. trib., 12 maggio 2011, n. 10381, entrambe in Boll. Trib. On-line.

(4) Da notare il fatto chela Procura Generalenon ha esitato, nell’occasione, a sollecitare, ascoltata, l’accoglimento del ricorso del privato.

(5) Un’efficace panoramica globale della situazione della giurisprudenza è compiuta da Cass., sez. trib., 11 maggio 2012, ord. n. 7318, inBoll. Trib. On-line, che ha rimesso gli atti al Primo Presidente della Suprema Corte in vista della soluzione del problema circa gravità e conseguenze della violazione del termine di sessanta giorni fissato dall’art. 12, settimo comma.

(6) In Boll. Trib., 2009, 1723, con nota di f. brighenti, Avviso di accertamento anticipato: è nullo se manca la motivazione sull’urgenza. Era stata contestata la legittimità costituzionale dell’art. 12, settimo comma, là dove non enuncia espressamente la nullità di un accertamento notificato prima dello spirare del termine di sessanta giorni. Solo apparentemente la risposta del giudice delle leggi (di manifesta inammissibilità) è stata di chiusura. Nella buona sostanza, egli ha invece censurato la mancata ricerca, da parte della commissione tributaria rimettente, di quella lettura costituzionalmente orientata che avrebbe portato – e dunque, per noi operatori, deve e dovrà portare – all’esame delle ragioni addotte dalla pubblica Amministrazione per restringere o addirittura sopprimere, nei singoli casi, il termine di sessanta giorni. Dunque ammessa, e per ciò stesso necessaria, la verifica della sostenibilità di dette ragioni. Qualora un tale riscontro dia esito negativo, il giudice deve prendere atto della nullità del provvedimento perché, in base all’art. 21-septies della legge 7 agosto 1990, n. 241, esso “manca degli elementi essenziali” (fra i quali, come noto e incontestabile, va annoverata la motivazione). È, quello appena mentovato, un precetto di respiro generale che – come ricorda anche la sentenza sub iudice – si traduce, con riferimento alle singole fattispecie, nel dettato degli artt. 42, secondo e terzo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e 56, quinto comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, per quanto riguarda l’accertamento rispettivamente delle imposte sui redditi e dell’IVA.

(7) In Boll. Trib., 2011, 68, con nota di a. de benedictis, Solo un’adeguata motivazione, in relazione alla particolare urgenza, legittima l’avviso di accertamento emesso anticipatamente.

(8) Ved. v. fusconi – g. antico, Accertamento anticipato: la motivazione è vincente, in Boll. Trib., 2009, 1665.

(9) In base alla prescrizione citata, «ogni provvedimento amministrativo» (ergo anche quello d’indole tributaria) deve sottostare alla puntuale illustrazione dei «presupposti di fatto e [del]le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione [cioè in stretta connessione logico-giuridica] alle risultanze dell’istruttoria». Locuzione anni dopo ripresa pari pari per gli atti dell’Amministrazione tributaria dall’art. 7, primo comma, dello Statuto dei diritti del contribuente.

(10) Tra le altre cfr. Cass., sez. trib., 15 marzo 2011, ord. n. 6088, e Cass., sez. trib., 9 marzo 2011, ord. n. 5652, entrambe in Boll. Trib., 2011, 878, con nota redazionale favorevole.

(11) Né, a parer nostro, giova dire che resta comunque “garantito al contribuente il diritto di difesa in via amministrativa (autotutela) e giudiziaria (ricorso alle commissioni tributarie)”, come hanno fatto Cass., sez. trib., 18 febbraio 2011, ord. n. 3988, e Cass., sez. trib., 18 luglio 2008, ord. n. 19875, entrambe in Boll. Trib. On-line.

(12) Cfr. la giurisprudenza citata nella nota 10.

(13) Cfr. Cass. n. 7318/2012, cit.

 



[1] Corte Cost. 24 luglio 2009, n.244, in Boll. Trib., 2009, 1724.

[2] Corte Cass. 3 novembre 2010, n.22320, in Boll. Trib., 2011, 68.

 

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