Q. – La società Alfa s.r.l. fruisce annualmente di un credito a favore degli esercenti sale cinematografiche ex art. 20 del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 60.
Stante il rispetto delle condizioni per la fruizione di tale credito ha tuttavia omesso di compilare in Unico 2010 anno 2009 il quadro RU che ne riepilogava la formazione; ha compilato il rigo RF49 indicandovi il credito maturato nel 2009.
Nelle dichiarazioni dei precedenti periodi d’imposta e nelle successive il quadro RU è sempre stato correttamente compilato.
La società Alfa s.r.l. riceveva agli inizi del 2013 un preavviso telematico di irregolarità da parte dell’Agenzia delle Entrate relativo alla dichiarazione Unico 2011, con il quale, e probabilmente in conseguenza della mancata compilazione del quadro RU per l’anno 2009, la stessa non riconosceva l’intero ammontare del credito d’imposta residuo anno precedente (anno 2009) e ne richiedeva la ripetizione oltre a sanzioni ed interessi.
Si chiede parere sul fatto che la mancata compilazione del quadro RU possa comportare la perdita del credito suddetto e se sia possibile richiedere l’annullamento dell’avviso di irregolarità tramite presentazione di istanza in autotutela, corredata di ricostruzione del credito presso gli Uffici dell’Agenzia delle entrate o quale altra soluzione ritenete sia possibile?
R. – Gli effetti conseguenti alla mancata indicazione dei crediti d’imposta nella dichiarazione dei redditi (modello Unico – Quadro RU) è ampiamente dibattuto nella dottrina e nella giurisprudenza di merito.
In linea di diritto l’obbligo generale di indicazione dei crediti d’imposta si rinviene negli artt. 2, 4 e 6 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in materia di contenuto della dichiarazione rispettivamente delle persone fisiche, delle persone giuridiche e delle società di persone. Con tali disposizioni, infatti, è prevista la necessità di indicare in dichiarazione dei redditi i dati e degli elementi necessari per l’individuazione del contribuente, per la determinazione dei redditi e delle imposte dovute nonché per l’effettuazione dei controlli da parte dell’Agenzia delle entrate.
Alcuni provvedimenti istitutivi dei crediti d’imposta impongono, poi, la compilazione del quadro RU nel modello Unico a pena di decadenza dal beneficio, come ad esempio per il credito d’imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo di cui all’art. 1, commi 280-283, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
A tale riguardo, l’Agenzia delle entrate con la circolare 17 aprile 2009, n. 17/E, par. 2.6 (in Boll. Trib., 2009, 616), ha chiarito che l’omessa indicazione nel quadro RU può essere sanata con la rettifica a favore della dichiarazione dei redditi entro il termine per la presentazione di quella relativa all’anno successivo, ai sensi dell’art. 2, comma 8-bis, del D.P.R. 22 luglio 1998, n. 322. Secondo l’Agenzia delle entrate, infatti, «l’indicazione a pena di decadenza del credito d’imposta nella dichiarazione dei redditi è finalizzata a supportare l’efficacia dell’azione di controllo sulla corretta fruizione del credito d’imposta e non preclude alla società interpellante di avvalersi degli istituti giuridici previsti dall’ordinamento per la rettifica “in proprio favore” della dichiarazione recante un’omissione (l’indicazione degli elementi di determinazione del credito d’imposta) che abbia determinato un maggior debito d’imposta o un minor credito».
In tale prospettiva rimarrebbe, comunque, esclusa la possibilità di evitare la decadenza dal beneficio qualora il contribuente non provveda a sostituire la dichiarazione già inviata entro tale termine.
Autorevole dottrina ha sostenuto che la mancata compilazione del quadro RU non possa considerarsi violazione di carattere sostanziale, non potendo – data la natura riepilogativa dello stesso – incidere sulla commisurazione del debito d’imposta (cfr. F. Russo – G. Russetti, Le agevolazioni alle imprese, Milano, 2010, 92).
Dello stesso avviso sembrerebbe la giurisprudenza di merito, che in taluni casi ha ritenuto che l’errore possa essere regolarizzato mediante la presentazione di una dichiarazione rettificativa entro il termine di decadenza dell’accertamento, ovverosia ai sensi dell’art. 2, ottavo comma, del predetto D.P.R. n. 322/1998, e non già ai sensi del successivo comma 8-bis.
In particolare la Commissione tributaria provinciale di Torino (sez. VI, 8 marzo 2012, n. 33, in Boll. Trib. On-line), nell’esaminare un caso di omessa indicazione in dichiarazione dei redditi di crediti spettanti a seguito di assunzioni agevolate nel settore della ricerca, ha riconosciuto l’emendabilità della stessa dichiarazione, attraverso la presentazione di una dichiarazione rettificata entro i termini decadenziali dell’accertamento, a prescindere dal fatto che la violazione fosse già stata constatata. Ciò in quanto, nel caso esaminato, la questione sottoposta al vaglio dei giudici era circoscritta alla sola omessa indicazione nel quadro RU del modello Unico del credito e non tanto alla sussistenza del medesimo, né alla sua fruibilità nell’anno in cui lo stesso è stato esposto in dichiarazione.
Dello stesso tenore è anche la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia 16 luglio 2010, n. 97, che ha avuto modo di affermare tre principi:
1) il contribuente può fruire del credito d’imposta anche nel caso in cui abbia omesso la compilazione del quadro RU della dichiarazione dei redditi, ove tale credito doveva essere originariamente indicato, mediante la presentazione di una dichiarazione integrativa;
2) il termine ultimo per la presentazione della dichiarazione integrativa, correttiva di quella originariamente presentata, è quello previsto dal combinato disposto dell’art. 2, ottavo comma, del D.P.R. n. 322/1998, e dell’art. 43 del D.P.R. n. 600/1973, ovverosia entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello della presentazione della dichiarazione, e non il minor termine dell’anno successivo a quello della presentazione della dichiarazione da rettificare di cui all’art. 2, comma 8-bis, del D.P.R. n. 322/1998;
3) in caso di omessa compilazione di un quadro della dichiarazione dei redditi che non abbia comportato alcun debito d’imposta, trattandosi di errore soltanto formale che non ha recato alcun pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo e non ha inciso sulla determinazione dell’imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo, non sono irrogabili sanzioni ai sensi dell’art. 10 della legge 27 luglio 2000, n. 212, in combinato disposto con l’art. 6, comma 5-bis, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472.
Anche la Commissione tributaria regionale della Toscana (sez. XXXI, 5 luglio 2012, n. 73, in Boll. Trib. On-line), si è espressa su questa linea interpretativa, ritenendo addirittura che, in un caso del tutto similare, l’Amministrazione finanziaria, accortasi dell’errore commesso dal contribuente in sede di dichiarazione, avrebbe avuto l’onere, in virtù di quanto previsto dall’art. 6 della legge n. 212/2000, di informarlo tramite il c.d. avviso bonario, al fine di correggere la dichiarazione in oggetto entro l’inizio del periodo di presentazione della dichiarazione relativa all’anno successivo alla liquidazione delle imposte.
Dello stesso tenore delle precedenti si segnalano le sentenze, più datate, della Commissione tributaria regionale del Lazio (sez. XX, 18 gennaio 2010, n. 11, in Boll. Trib. On-line) e della Commissione tributaria provinciale di Treviso (sez. I, 25 giugno 2009, n. 63, ivi).
Alla luce di quanto sin qui argomentato si ritiene che il contribuente possa far valere le proprie ragioni nei confronti del fisco in via contenziosa, provando, prima della notifica dell’atto di accertamento, ad ottenere l’annullamento dell’avviso di irregolarità in autotutela.
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