SOMMARIO: 1. Ratio dell’inderogabilità della competenza territoriale delle Commissioni tributarie – 2. Il fenomeno delle contestazioni cumulative del ruolo e della cartella di pagamento – 3. Le opzioni difensive e il pregresso discorde orientamento della dottrina – 4. L’evoluzione della giurisprudenza di merito prima della pronuncia della Cassazione civile – 5. La (reiterata) soluzione della Corte di Cassazione – 6. Un’ulteriore osservazione della Cassazione civile.
1. Ratio dell’inderogabilità della competenza territoriale delle Commissioni tributarie
Le norme processuali che disciplinano la competenza dei giudici tributari, ex artt. 10 e 18, secondo comma, lett. c), del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, prevedono il radicamento della competenza in relazione al luogo della sede dell’Ufficio, dell’ente, del concessionario che ha emesso l’atto impugnato; tale regolamentazione è ispirata alla semplificazione (rispetto, almeno, ai criteri previsti per le controversie civili) dei collegamenti idonei ad individuare il giudice competente, assicurandosi così anche la speditezza del procedimento poiché la discussione della pretesa impositiva litigiosa non è pregiudicata dalla risoluzione di alcuna questione pregiudiziale attinente la verifica del presupposto processuale (1). Si intravede, altresì, nella predetta regolamentazione, la scelta legislativa di escludere qualsiasi foro alternativo o concorrente ad indubbia agevolazione degli enti erariali, favoriti dal fatto di potere svolgere le difese sul territorio di propria competenza, secondo un assetto che normativamente esula da un criterio distintivo per materia e valore e che stabilisce invece il principio della inderogabilità della competenza territoriale (art. 5, primo comma, del D.Lgs. n. 546/1992) della Commissione tributaria, individuando (appunto) quest’ultima presso la sede dell’ente che ha assunto la paternità dell’atto impugnato e che coincide con il convenuto formale del giudizio (art. 4, primo comma, del medesimo decreto).
Come vedremo, questo assioma atto-competenza territoriale è perfetto fino a quando la contestazione è rivolta a uno o più atti emessi dallo stesso soggetto ovvero a uno o più atti emessi da soggetti sottoposti alla medesima competenza territoriale. Ciò non toglie che siano sorte, almeno in un passato recente, delle criticità operative in capo al contribuente, che pur detiene l’input dell’azione giudiziale, nel caso di impugnazione riguardante più atti, attribuibili a soggetti aventi sedi non ricomprese nella medesima competenza territoriale giudiziale.
2. Il fenomeno delle contestazioni cumulative del ruolo e della cartella di pagamento
È molto frequente la proposizione al giudice tributario di domande giudiziali, di carattere cumulativo, che riguardano sia il ruolo iscritto dall’Ufficio impositore sia la cartella di pagamento notificata dall’agente della riscossione.
La disciplina del processo tributario non prevede tuttavia una manifesta disciplina delle ipotesi di “contestuale” impugnazione di plurimi atti tributari né prevede ipotesi di modifica della competenza territoriale per ragioni di connessione per il titolo o per l’oggetto. La mancanza di previsioni normative espresse non consente, peraltro, la integrazione con le norme del codice di procedura civile (secondo il rinvio disposto dall’art. 1, secondo comma, del D.Lgs. n. 546/1992), dovendo ritenersi incompatibile con l’applicazione dell’art. 40 c.p.c. (2) le disposizioni di cui agli artt. 19, primo e terzo comma, lett. d), e 21, primo comma, del D.Lgs. n. 546/1992.
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Considerato tuttavia che la legittimità dei ricorsi cumulativi è frutto, infatti, di una oramai incontestata elaborazione giurisprudenziale, deve rappresentarsi, come già peraltro accennato, che questo tipo di contestazione non presenta, nella maggioranza dei casi, particolari problematiche per quel che riguarda l’individuazione della Commissione tributaria territorialmente competente, salvo il caso dell’identificazione della sede giudiziale ove radicare la lite per la contestazione del ruolo e della cartella di pagamento rapportabili ad un Ufficio impositore ed ad un agente della riscossione aventi sede in Province diverse ed entrambi da convenire in giudizio.
La formazione di questo contesto è tutt’altro che remota dato che, mentre il ruolo è formato dall’Ufficio impositore e individua il quantum del debito erariale e ne costituisce il titolo rappresentando l’elenco dei debitori, la cartella di pagamento è invece emessa dall’esattore (quale soggetto affidatario in concessione del servizio di riscossione dei tributi) ed è l’atto – contenente tutti i debiti amministrativi (ivi compresi contributi previdenziali, tributi locali, canoni di concessione, ecc.) imputabili a quel contribuente nel periodo del ruolo – che avvia l’escussione del debitore, indipendentemente dalla comunanza dell’ambito territoriale degli enti impositori, rivestendo così funzione analoga all’atto di precetto perché nel contempo dà contezza del titolo esecutivo (ruolo) e intima al destinatario il pagamento delle somme dovute.
La diversa ubicazione provinciale dell’agente della riscossione, rispetto a quella dell’Ufficio impositore, può nascere ex art. 46 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 («il concessionario cui è stato consegnato il ruolo, se l’attività di riscossione deve essere svolta fuori del proprio ambito territoriale, delega in via telematica per la stessa il concessionario nel cui ambito territoriale si deve procedere») ma tale circostanza non incide sul fatto che i due tipi di atti – ruolo e cartella di pagamento – conservano una indipendenza sostanziale, tant’è che sono ascrivibili a soggetti aventi Autorità diverse tra loro e sono da considerare figure ontologicamente diverse, poiché l’agente non può considerarsi titolare del credito, restando solo il soggetto abilitato dalla legge alla riscossione e, quindi, all’esercizio dell’azione esecutiva anche mediante il sistema di delega ex lege, espresso dal richiamato art. 46.
3. Le opzioni difensive e il pregresso discorde orientamento della dottrina
Le scelte difensive del contribuente – almeno nei tempi antecedenti a un orientamento della Suprema Corte che ha fornito delle indicazioni agli operatori e che meglio si descriverà nel prosieguo del presente scritto – sono state estremamente eterogenee ma, se si esclude il caso delle impugnazioni “frammentate” tra ruolo e cartella di pagamento, il problema principale è rimasto quello della corretta individuazione del “foro tributario” – tra quello dell’Ufficio finanziario o, al contrario, quello dell’agente della riscossione – ove fissare il vaglio di un ricorso congiunto (rectius: cumulativo) avverso ruolo e cartella.
Tale inderogabile opzione non è stata aiutata dalle opinioni espresse dalla dottrina che, come spesso accade, ha manifestato ampie divisioni.
Infatti, alcuni hanno adombrato la possibilità di un “foro alternativo”, altri hanno individuato la competenza territoriale in funzione della sede dell’Ufficio finanziario, altri ancora hanno ritenuto che il giudice doveva identificarsi in quello della sede del concessionario della riscossione.
Le ultime due tesi si sono snodate dando, l’una, prevalenza ad un aspetto sostanziale (quale quello della formazione del ruolo da parte dell’Ufficio, rispetto al quale il concessionario si limita a compiere solo un’operazione meramente esecutiva di notifica della cartella di pagamento) e, l’altra, conferendo preferenza ad un profilo processuale, ricollegabile all’assoluta rilevanza dell’atto notificato (cioè la cartella, in virtù della indubbia successione cronologica procedimentale di quest’ultima rispetto alla mera iscrizione a ruolo) e al fatto che tale notifica permette, sostanzialmente e processualmente, l’impugnazione anche dell’atto precedente (3).
In effetti quest’ultima osservazione è stata sostanzialmente poi condivisa dal giudice di legittimità e questo coerentemente con il contenuto della normativa che regolamenta le liti tributarie, quale chiara espressione del particolare modello processuale di tipo impugnatorio esteso anche al merito del rapporto obbligatorio e questo in ragione di un sistema di accesso alla tutela giurisdizionale tributaria, veicolato esclusivamente dalla opposizione avverso ad un atto, dell’ente impositore o dell’agente della riscossione, che riveste i caratteri della pretesa fiscale e che rientra nell’elenco ex art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992.
4. L’evoluzione della giurisprudenza di merito prima della pronuncia della Cassazione civile
Al fine di una migliore esposizione della problematica de qua, appare opportuno annotare che prima del chiarimento della Corte di Cassazione, si assisteva ad una variegata elaborazione giurisprudenziale da parte delle Commissioni territoriali.
Dopo alcuni provvedimenti giudiziali intesi a indicare la competenza territoriale a decidere presso la Commissione provinciale pertinente alla sede dell’agente della riscossione (4), la Commissione tributaria provinciale di Cosenza n. 30/2005 (5) disponeva – successivamente alla presentazione di un ricorso congiunto su ruolo e cartella di pagamento – la separazione delle cause, assegnate ai rispettivi Collegi di appartenenza, fermo restando il “trascinamento” dell’annullamento della cartella in conseguenza dell’eventuale annullamento del ruolo; nel contempo, la Commissione cosentina aveva modo di dichiarare l’assoluta inderogabilità della competenza territoriale, specificando l’esclusione (invocata invece dal contribuente) della possibilità di far ricorso al “foro alternativo” di cui all’art. 33 c.p.c. (6).
In maniera non eccessivamente dissimile nei contenuti, a fronte però di una impugnazione già “frammentata” (cioè formata da due ricorsi, uno contro il ruolo e uno contro i vizi della cartella, a seguito della notificazione di quest’ultima), la Commissione tributaria regionale del Piemonte (7), argomentando sulla autonomia del rapporto giuridico tra ruolo e cartella di pagamento e del petitum espresso in ciascun atto introduttivo, escludeva sostanzialmente la necessarietà di un litisconsorzio passivo e indicava come l’art. 4 del D.Lgs. n. 546/1992 (norma statuente la competenza delle Commissioni tributarie provinciali) postulasse un vincolo di “colleganza” territoriale tra l’Organo giudicante e l’intimato; pertanto, sempre ad avviso del predetto giudice tributario d’appello, le due Commissioni tributarie provinciali – adite l’una in base alla sede dell’Ufficio impositore e, l’altra, in base alla sede del concessionario alla riscossione – dovevano dichiararsi competenti, ciascuna nei limiti della legittimazione passiva della parte avente sede nella circoscrizione di ognuna di esse.
5. La (reiterata) soluzione della Corte di Cassazione
Nel 2012 è però intervenuta la Corte di Cassazione con un responso (8) che, allo stato, costituisce uno dei punti di riferimento del problema.
Il caso sottostante riguardava l’impugnazione di una cartella di pagamento e del suo atto presupposto, asseritamente non notificato e formato da un avviso di accertamento relativo ad un’imposizione Tarsu da parte di un Comune della Sardegna.
La cartella di pagamento – destinata ad una contribuente dichiaratasi poi estranea alla tassazione in forza della sua qualità di nuda proprietaria dell’immobile costituente presupposto applicativo della Tarsu – veniva però emessa da un agente della riscossione avente sede in Lombardia, con la conseguenza che l’ente locale impositore veniva convenuto in giudizio innanzi le Commissioni tributarie lombarde; il contraddittorio, giunto poi all’attenzione della Suprema Corte, si rivelava attinente anche all’asserito vizio di mancata declaratoria di incompetenza da parte delle stesse, a sua volta derivante dal rilevo che, nell’atto introduttivo di primo grado, fossero rappresentate doglianze attinenti sia la notifica dell’atto presupposto sia la fondatezza nel merito della imposizione.
Secondo la tesi manifestata dal Comune, ricorrente per cassazione, tale tipo di causa petendi – esternandosi intorno l’elemento dell’imposizione, evidentemente ritenuto pregiudiziale rispetto l’atto di riscossione (cartella di pagamento) – doveva essere sufficiente a determinare la competenza territoriale del giudice provinciale sardo, riferibile alla medesima Provincia della sede dell’impositore.
I Supremi giudici, a fronte di tale contesto, ritenevano però dirimente – aderendo in buona sostanza a una delle (descritte) tesi offerte dalla dottrina – l’assoluta centralità dell’atto impugnato; in altre parole, secondo la Corte di Cassazione, l’impugnazione dalla notifica della cartella di pagamento scatena la competenza territoriale della Commissione di merito ove ha sede l’Ufficio dell’agente della riscossione (Equitalia) (9), a nulla rilevando che – a mente dell’art. 19, terzo comma, del D.Lgs. n. 546/1992 – il ricorso avverso la cartella era da considerarsi strumentale rispetto alla contestazione dell’atto presupposto.
In effetti, non vi è dubbio che l’art. 4 del D.Lgs. n. 546/1992 individua la competenza del giudice tributario privando di ogni rilevanza l’aspetto “contenutistico” del ricorso ovvero la circostanza che, sia pur attraverso l’atto impugnato, il contribuente possa contestare il rapporto tributario, facendo valere vizi propri anche dell’atto presupposto, fatto quest’ultimo che, evidentemente, assume carattere determinante ai fini della corretta instaurazione del contraddittorio ma che rimane del tutto avulso dai criteri di verifica del presupposto processuale (10).
Più recentemente è intervenuta altra conforme decisione della Suprema Corte (11), in tema di riscossione dei diritti doganali (12), cioè di altra materia rimessa al vaglio delle Commissioni tributarie. Tale responso ha ribadito che l’assetto normativo descritto converge univocamente nella individuazione della cartella di pagamento come atto che consente la deduzione anche dei vizi di invalidità propri dell’atto presupposto-ruolo (non notificato), con la conseguenza che, ai fini del radicamento della competenza territoriale del giudice tributario, si deve avere riferimento al luogo in cui ha sede il soggetto che ha emesso l’atto-cartella (13). È stata così disattesa tanto l’ipotesi secondo cui la contestuale impugnazione della cartella di pagamento e del ruolo, con il medesimo ricorso, comporterebbe per ciascuno dei due atti tributari la individuazione (adombrata, in modi diversi tra loro, dalla Commissione tributaria provinciale di Cosenza e dalla Commissione tributaria regionale del Piemonte) di diversi giudici territorialmente competenti, quanto la soluzione secondo cui il corretto radicamento della competenza in ordine ad uno qualsiasi dei due atti tributari, sarebbe sufficiente ad esercitare una “vis attractiva” della competenza relativa anche all’altro atto.
6. Un’ulteriore osservazione della Cassazione civile
Nella citata sentenza della Corte di Cassazione n. 20671/2014 vi è però un altro elemento di interesse, concernente la censura alla decisione del giudice di appello che aveva argomentato come apparisse contraddittorio, e quindi censurabile, il comportamento processuale della parte ricorrente che, pur incardinando la lite presso una Commissione provinciale (nella specie: la Commissione tributaria provinciale di Alessandria), nel contempo indicava la competenza territoriale provinciale presso altro giudice tributario (sempre nella specie: la Commissione tributaria provinciale di Cremona).
Ebbene, su tal punto, secondo la Corte «ritenere inammissibile la eccezione pregiudiziale proposta dalla parte che ha individuato il Giudice territorialmente competente, equivale a trattare come derogabile (e rilevabile solo ad istanza di parte) la competenza del Giudice tributario, in palese contrasto con il disposto della norma processuale sopra richiamata. Nel caso di specie non trova applicazione il criterio di responsabilità delle condotte processuali (come per i vizi di nullità degli atti processuali causalmente imputabili alla parte: art. 157, comma 3, c.p.c.) (14) in quanto la natura inderogabile della competenza qualifica la disposizione processuale come norma di ordine pubblico, a tutela di interessi pubblici (connessi alla peculiare materia tributaria ed alla riscossione delle entrate finanziarie dello Stato e degli enti pubblici territoriali) che rimangono sottratti alla disponibilità delle parti della controversia, con conseguente obbligo di rilievo “ex officio” della incompetenza da parte del Giudice adito … Nella specie deve, dunque, escludersi qualsiasi effetto di proroga della competenza – in ipotesi irritualmente incardinata – alla adesione tacita prestata dalla Amministrazione finanziaria ed il Giudice tributario non poteva limitarsi a risolvere la questione in base al criterio del difetto di interesse a contestare la “libera” scelta del foro compiuta dalla stessa parte ricorrente, ma doveva, invece, esaminare la correttezza del criterio di radicamento della competenza territoriale con riferimento agli atti impugnati dalla società contribuente, venendo a svolgere la “eccezione” proposta dalla ricorrente come mera sollecitazione all’esercizio dei poteri officiosi».
Avv. Antonino Russo
(1) Ved. art. 5, terzo comma, del D.Lgs. n. 546/1992, relativamente alla incontestabilità della incompetenza dichiarata dal giudice, nonché l’art. 5, quarto comma, del medesimo decreto, relativamente alla inapplicabilità delle disposizioni del codice di procedura civile sul regolamento di competenza
(2) Norma che disciplina la connessione di cause proposte innanzi a giudici, civili, diversi.
(3) Cfr. C. Glendi, Postilla al commento di P. Muccari, La competenza per territorio nella impugnazione congiunta di ruolo e della cartella di pagamento, in Riv. giur. trib., 2008, 905.
(4) Cfr. Comm. trib. prov. di Milano, sez. VIII, 11 febbraio 2004, in Boll. Trib. On-line.
(5) Cfr. Comm. trib. prov. di Cosenza, sez. I, 2 marzo 2005, n. 30, in Boll. Trib. On-line.
(6) Art. 33 c.p.c.: «Le cause contro più persone che a norma degli articoli 18 e 19 dovrebbero essere proposte davanti a giudici diversi, se sono connesse per l’oggetto o per il titolo possono essere proposte davanti al giudice del luogo di residenza o domicilio di una di esse, per essere decise nello stesso processo».
(7) Cfr. Comm. trib. reg. del Piemonte, sez. XII, 13 maggio 2008, n. 26, in Boll. Trib. On-line.
(8) Cfr. Cass., sez. trib., 23 marzo 2012, n. 4682, in Boll. Trib. On-line.
(9) Cfr. Comm. trib. prov. di Aosta, sez. III, 24 gennaio 2014, n. 6, in Boll. Trib. On-line.
(10) Cfr. Comm. trib. prov. di Macerata, sez. II, 27 marzo 2013, n. 70, in Boll. Trib. On-line, che, rilevando la specialità della competenza ex art. 4 del D.Lgs. n. 546/1992, rigettava la tesi che invocava l’applicazione, ai fini della devoluzione territoriale dell’Organo giudicante, del criterio processual-civilistico, ex art. 19 c.p.c., inerente il domicilio del creditore (nella specie la regione Marche).
(11) Cfr. Cass., sez. trib., 1° ottobre 2014, n. 20671, in Boll. Trib. On-line. Da notare che tra la prima e la seconda, delle qui descritte pronunce della Corte, interveniva una decisione, di segno contrario, della Comm. trib. I grado di Bolzano, sez. I, 5 marzo 2013, n. 34, in Boll. Trib., 2013, 1481, con nota di D. Carnimeo, L’impugnazione con unico ricorso del ruolo e della cartella di pagamento da luogo ad una controversia unitaria e inscindibile, sulla quale decide la Commissione tributaria nella cui circoscrizione territoriale ha sede l’ente impositore; il Collegio, ubicato nella medesima Provincia dell’impositore, si dichiarava competente su entrambe le impugnazioni rigettando l’ipotesi di separazione delle cause ed argomentando che, a mente dell’art. 19, lett. d), del D.Lgs. n. 546/1992, l’indicazione – tra l’oggetto del ricorso – del ruolo e della cartella sottintende ad un legame sostanzialmente unitario tra questi due elementi in quanto la notificazione della cartella di pagamento vale anche come notificazione del ruolo, avendo rilievo in questo caso la dipendenza funzionale che sussiste tra l’iscrizione a ruolo e la cartella anche se il contribuente ha conoscenza del ruolo solo al momento della notifica della cartella. Contra Comm. trib. I grado di Trento, sez. I, 26 marzo 2015, n. 95; Comm. trib. prov. di Cremona, sez. I, 20 gennaio 2014, n. 18; Comm. trib. reg. della Puglia, sez. X, 22 marzo 2013, n. 66; e Comm. trib. prov. di Campobasso, sez. I, 15 marzo 2013, n. 15; tutte in Boll. Trib. On-line.
(12) Si rammenta che la riscossione dei diritti doganali è disciplinata dal D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43 (TULD) e, nell’ambito di tale categoria, la riscossione dei diritti di confine (in quanto risorse proprie della Comunità) è disciplinata dai regolamenti comunitari «nonché ove questi rinviino alla disciplina dei singoli Stati membri o comunque non provvedano» dalle norme del TULD o dalle leggi speciali in materia doganale (cfr. art. 34 del TULD; e artt. 3, primo comma, e 2 del D.Lgs. 6 novembre 1990, n. 374). In virtù dell’abrogazione dell’art. 35 del TULD (art. 24 del D.Lgs. n. 374/1990) e dell’unificazione del sistema di riscossione a mezzo ruoli (art. 67 del D.P.R. 23 gennaio 1988, n. 43, e art. 17, primo comma, del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46), alla procedura di riscossione dei diritti doganali si applicano le disposizioni del capo 1 del Titolo 1 e del Titolo 2 del D.P.R. n. 602/1973 (art. 18 del D.Lgs. n. 46/1999), fatte salve le deroghe espressamente previste (art. 19 e segg. del D.Lgs. n. 46/1999).
(13) Cfr. Comm. trib. prov. di Terni, sez. I, 12 gennaio 2015, n. 1, in Boll. Trib. On-line; Comm. trib. I grado di Trento n. 95/2015, cit.; Comm. trib. prov. di Cremona n. 18/2014, cit.; Comm. trib. reg. della Puglia n. 66/2013, cit.; e Comm. trib. prov. di Campobasso n. 15/2013, cit.
(14) Art. 157, terzo comma, c.p.c.: «La nullità non può essere opposta dalla parte che vi ha dato causa, né da quella che vi ha rinunciato anche tacitamente».