30 Marzo, 2018

Circolare 29 marzo 2018, n. 5/E, dell’Agenzia delle entrate

INDICE:
PREMESSA
1. MODIFICHE INTRODOTTE ALLA DISCIPLINA DEI PREMI DI RISULTATO DALLA LEGGE DI BILANCIO 2017 E DAL DECRETO LEGGE N. 50 DEL 2017
1.1 Ambito soggettivo ed oggettivo di applicazione dell’imposta sostitutiva sui premi di risultato
1.2 Agevolazioni previdenziali e coinvolgimento paritetico dei lavoratori
2. CONVERSIONE DEL PREMIO DI RISULTATO CON BENI E SERVIZI DI CUI ALL’ART. 51 DEL TUIR
2.1 Conversione del premio di risultato con beni e servizi di cui all’art. 51, comma 4, del tuir
2.1.1 Sostituzione del premio di risultato con la concessione di veicoli aziendali
2.1.2 Sostituzione del premio di risultato con la concessione di prestiti
2.1.3 Sostituzione del premio di risultato con la concessione in locazione, uso o comodato di fabbricati
2.1.4 Sostituzione del premio di risultato con la concessione gratuita di viaggi ai dipendenti del settore feroviario
2.2 Conversione del premio di risultato con contributi alle forme pensionistiche complementari
2.3 Conversione del premio di risultato con contributi di assistenza sanitaria versati ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale
2.4 Conversione del premio di risultato con azioni
3. MODIFICHE INTRODOTTE DALLE LEGGI DI BILANCIO 2017 E 2018 ALL’ART. 51, COMMA 2 DEL TUIR
3.1 Copertura del rischio di non autosufficienza o il rischio di gravi patologie – art. 51, co. 2, lettera f- quater) del tuir
3.2 Benefit erogati in base a contratto nazionale – art. 51, co. 2, lett. f), del tuir
3.3 Somme erogate o rimborsate ai dipendenti per l’acquisto degli abbonamenti per il trasporto pubblico locale, regionale e interregionale – art. 51, comma 2, lett. d-bis), del tuir
4. ULTERIORI CHIARIMENTI IN MATERIA DI PREMI DI RISULTATO E DI BENEFIT ESCLUSI DAL REDDITO
4.1 premi di risultato erogati da più datori di lavoro: limiti di premio agevolabile
4.2 Premi di risultato erogati ai lavoratori dipendenti in misura differenziata
4.3 Periodo di misurazione del risultato incrementale raggiunto dall’azienda
4.4 Premi erogati in assenza di rappresentanze sindacali aziendali
4.5 Registrazione del contratto
4.6 Risultati aziendali territoriali o di gruppo
4.7 Anticipazioni e acconti di premi di risultato
4.8 Benefit sostitutivi di premi di risultato erogati mediante voucher, momento di percezione
4.9 Benefit erogati a categorie di dipendenti
4.10 Contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o dal lavoratore ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziali
4.11 Rimborsabilità delle spese sostenute nei pre- cedenti periodi d’imposta e conservazione della documentazione.

“PREMESSA
La legge 11 dicembre 2016, n. 232, art. 1, commi 160-162 (legge di Bilancio 2017), il decreto legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito con modificazioni dalla legge 21 giugno 2017, n. 96 e la legge 27 dicembre 2017, n. 205, commi 28 e 161, (legge di Bilancio 2018) proseguono il percorso tracciato dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208, articolo 1, commi 182-190 (legge di Stabilità 2016) in materia di detassazione dei premi di risultato e di welfare aziendale.
Si ricorda che il citato art. 1, commi 182-189, della legge di Stabilità 2016 ha previsto l’applicazione a regime di un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle relative addizionali del 10 per cento da applicare sui premi di risultato collegati ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, per un importo complessivo di euro 2.000 lordi, elevato ad euro 2.500 per le aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro.
L’agevolazione è stata prevista limitatamente ai premi di risultato corrisposti ai lavoratori del settore privato che nell’anno precedente a quello di percezione del premio siano stati titolari di redditi di lavoro dipendente per un importo non superiore ad euro 50.000.
Le nuove disposizioni sono volte a potenziare l’accesso al regime sostitutivo previsto per i premi di risultato, nonché ad incentivare il ricorso alle forme di welfare ritenute maggiormente meritevoli di tutela, ai fini del soddisfacimento di esigenze sociali.
La presente circolare, redatta d’intesa con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, illustra il contenuto delle disposizioni introdotte nel 2017 e nel 2018 ed, inoltre, fornisce chiarimenti in merito ad alcuni aspetti della normativa emersi in questo periodo di applicazione, rinviando per il resto a quanto già illustrato con la circolare n. 28/E del 2016 .
In seguito, per TUIR si intende il Testo Unico delle Imposte sui Redditi approvato con il Decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 e per Decreto si intende il Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze del 25 marzo 2016 pubblicato sul sito del Ministero del Lavoro il 16 maggio 2016 con comunicato in Gazzetta Ufficiale del 14 maggio 2016.
I documenti di prassi richiamati sono pubblicati nella banca dati documentazione tributaria, sul sito www.agenziaentrate.gov.it.

1. MODIFICHE INTRODOTTE ALLA DISICIPLINA DEI PREMI DI RISULTATO DALLA LEGGE DI BILANCIO 2017 E DAL DECRETO LEGGE N. 50 DEL 2017
1.1 Ambito soggettivo ed oggettivo di applicazione dell’imposta sostitutiva sui premi di risultato. La legge di Bilancio 2017 ha esteso sia sotto il profilo soggettivo che oggettivo, l’ambito di applicazione del regime agevolativo previsto dalla legge di Stabilità 2016 per i premi di risultato di ammontare variabile, la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, nonché alle somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa, prevedendo un innalzamento dei limiti di reddito dei lavoratori dipendenti che possono beneficiare dell’agevolazione e degli importi dei premi agevolabili.
a) Lavoratori destinatari dell’agevolazione
I lavoratori dipendenti che possono beneficiare dell’imposta sostitutiva per i premi di risultato, di cui all’art. 1, comma 186, della legge di Stabilità 2016 continuano ad essere individuati esclusivamente in quelli appartenenti al settore privato. Nell’ambito di tale settore è stata, tuttavia, ampliata (art. 1, comma 160, lettera d), della legge di bilancio 2017) la platea dei beneficiari, in quanto possono fruire del regime di favore i lavoratori che nell’anno precedente a quello di percezione del premio siano stati titolari di reddito di lavoro dipendente non superiore ad euro 80.000 annui, e non più euro 50.000 annui, come in origine previsto dalla legge di Stabilità 2016.
Il nuovo limite di reddito si applica a partire dai premi di risultato erogati nel 2017, anche se maturati precedentemente o se erogati in virtù di contratti già stipulati, atteso che per i redditi di lavoro dipendente il momento impositivo è determinato sulla base del criterio di cassa, vale a dire sulla base del momento di percezione del reddito.
Come precisato nella circolare n. 28/E del 2016, il limite di reddito conseguito nell’anno precedente rilevante ai fini in esame è costituito esclusivamente dal reddito di lavoro dipendente assoggettato a tassazione progressiva e non anche quello assoggettato a tassazione separata, nonché dai premi di risultato assoggettati all’imposta sostitutiva, ad eccezione di quelli erogati sotto forma di benefit esclusi da tassazione.
In ragione della ratio della norma, volta ad agevolare i soli lavoratori con reddito di lavoro dipendente non superiore ad euro 80.000, si è dell’avviso che, per i dipendenti che nell’anno precedente a quello di erogazione del premio abbiano beneficiato delle agevolazioni previste per il rientro dei lavoratori in Italia, per i quali la base imponibile del reddito di lavoro dipendente è assunta in misura ridotta (ad es., l. n. 238 del 2010 o d. lgs. n. 147 del 2015), il limite di euro 80.000 dovrà essere calcolato in ragione dell’importo di reddito di lavoro dipendente effettivamente percepito.
Resta fermo che, come chiarito con la circolare n. 28 del 2016, il limite di euro 80.000 deve essere determinato, per i lavoratori dipendenti che determinano il reddito ai sensi dell’art. 51, comma 8-bis del TUIR, sulla base della retribuzione convenzionale e, per i lavoratori dipendenti che in quanto non residenti non sono stati assoggettati a tassazione in Italia, sulla base del reddito di lavoro dipendente prodotto all’estero.
b) Importo di premio agevolabile
La legge di Bilancio 2017 ha innalzato, a decorrere dal periodo d’imposta 2017, l’importo del premio assoggettabile ad imposta sostitutiva, che risulta ora fissato in euro 3.000, in luogo di euro 2.000 come precedentemente stabilito, nonché in euro 4.000, in luogo di euro 2.500, in caso di premio erogato da aziende che adottano il coinvolgimento paritetico dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro.
Sui premi erogati da queste aziende è, tuttavia, successivamente intervenuto l’articolo 55, comma 1, del citato decreto legge n. 50 del 2017 che, sostituendo il comma 189 dell’articolo 1 della legge di Stabilità 2016 – concernente l’ulteriore agevolazione – ha disposto che “Per le aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro …, è ridotta di venti punti percentuali l’aliquota contributiva a carico del datore di lavoro per il regime relativo all’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti su una quota delle erogazioni previste dal comma 182 non superiore a 800 euro. Sulla medesima quota, non è dovuta alcuna contribuzione a carico del lavoratore. Con riferimento alla quota di erogazioni di cui al presente comma è corrispondentemente ridotta l’aliquota contributiva di computo ai fini pensionistici.”.
Ai sensi del successivo comma 2 del citato art. 55, l’agevolazione contributiva “… opera per i premi e le somme erogate in esecuzione dei contratti di cui all’articolo 1, comma 187, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, sottoscritti successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto. Per i contratti stipulati anteriormente a tale data continuano ad applicarsi le disposizioni già vigenti alla medesima data.”.
Ne consegue che i premi di risultato erogati in esecuzione di contratti, aziendali o territoriali, stipulati dopo l’entrata in vigore del citato decreto legge n. 50, avvenuta il 24 aprile 2017, sono agevolabili nell’importo massimo lordo di euro 3.000 anche se corrisposti da aziende che adottano forme di coinvolgimento paritetico dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro.
L’adozione di tale specifica modalità organizzativa continua, tuttavia, ad essere incentivata mediante la diversa misura di riduzione dell’onere contributivo anziché attraverso quella fiscale, rendendo fruibile il beneficio anche da parte delle aziende che erogano premi di risultato di importi più modesti.
In particolare, è consentito al datore di lavoro di ridurre il proprio carico contributivo di venti punti percentuali relativamente ad una parte di premio di risultato agevolabile non superiore ad euro 800, e al lavoratore di non versare su tale importo i contributi a proprio carico.
In coerenza con le finalità della norma, volta a favorire il coinvolgimento paritetico dei lavoratori, si ritiene che possano rientrare nella disposizione agevolativa anche i contratti che a partire dal 24 aprile 2017 siano modificati ovvero integrati al fine di prevedere detto coinvolgimento sempreché, naturalmente, siano stati nuovamente depositati entro 30 giorni dalla data in cui, a seguito della modifica, è intervenuta la relativa sottoscrizione in conformità alle previsioni di legge.

1.2 Agevolazioni previdenziali e Coinvolgimento paritetico dei lavoratori. In merito al concetto di coinvolgimento paritetico dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro, si ricorda che, in conformità a quanto sancito dal comma 189 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, l’articolo 4 del Decreto ha già definito l’ambito applicativo della richiamata previsione, stabilendo che l’ulteriore agevolazione trova applicazione “qualora i contratti collettivi di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), prevedano strumenti e modalità di coinvolgimento paritetico dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro da realizzarsi attraverso un piano che stabilisca, a titolo esemplificativo, la costituzione di gruppi di lavoro nei quali operano responsabili aziendali e lavoratori finalizzati al miglioramento o all’innovazione di aree produttive o sistemi di produzione e che prevedono strutture permanenti di consultazione e monitoraggio degli obiettivi da perseguire e delle risorse necessarie nonché la predisposizione di rapporti periodici che illustrino le attività svolte e i risultati raggiunti”.
Con la circolare n. 28/E del 2016, si è avuto modo di chiarire come tali disposizioni fossero finalizzate ad incentivare quegli schemi organizzativi della produzione e del lavoro orientati ad accrescere la motivazione del personale e a coinvolgerlo in modo attivo nei processi di innovazione, realizzando incrementi di efficienza, produttività e di miglioramento della qualità della vita e del lavoro; in tale sede, è stato precisato che al fine di beneficiare dell’incremento dell’importo su cui applicare l’imposta sostitutiva, è quindi necessario che i lavoratori intervengano, operino ed esprimano opinioni che, in quello specifico contesto, siano considerate di pari livello, importanza e dignità di quelle espresse dai responsabili aziendali che vi partecipano con lo scopo di favorire un impegno “dal basso” che consenta di migliorare le prestazioni produttive e la qualità del prodotto e del lavoro.
Tenuto conto che le previsioni normative specificamente destinate al coinvolgimento paritetico dei lavoratori, potrebbero comportare un maggior ricorso a tale modalità organizzativa, si ritiene di dover fornire ulteriori indicazioni sul punto.
Con maggior dettaglio, ai fini dell’applicazione del comma 189 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, e fermo restando quanto previsto nell’articolo 4 del Decreto, il coinvolgimento paritetico dei lavoratori si realizza mediante schemi organizzativi che permettono di coinvolgere in modo diretto e attivo i lavoratori (i) nei processi di innovazione e di miglioramento delle prestazioni aziendali, con incrementi di efficienza e produttività, e (ii) nel miglioramento della qualità della vita e del lavoro.
Il coinvolgimento paritetico dei lavoratori deve essere formalizzato a livello aziendale mediante un apposito Piano di Innovazione (“Piano”). Il Piano è elaborato dal datore di lavoro, secondo le indicazioni del contratto collettivo di cui all’art. 51 del d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81. Il Piano può essere altresì elaborato mediante comitati paritetici aziendali costituiti secondo le modalità stabilite dai contratti collettivi di cui all’art. 51 d.lgs. 15 giugno 2015, n. 81. I gruppi di lavoro di semplice addestramento o formazione non sono strumenti e modalità utili ai fini del coinvolgimento paritetico dei lavoratori.
Il Piano deve riportare (i) la disamina del contesto di partenza, (ii) le azioni partecipative e gli schemi organizzativi da attuare e i relativi indicatori, (iii) i risultati attesi in termini di miglioramento e innovazione (iv) il ruolo delle rappresentanze dei lavoratori a livello aziendale, se costituite. Il Piano può contenere progetti di innovazione già avviati, dai quali si attendono ulteriori specifici incrementi di produttività, nonché progetti da avviare.
A titolo puramente esemplificativo, il Piano potrebbe indicare, tra le azioni, gli schemi organizzativi di innovazione partecipata (“SOP”) o i programmi di gestione partecipata (“PGP”), che già trovano riscontro nelle prassi aziendali censite dalla Fondazione europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro (Eurofound). In particolare:
– i SOP sono forme di coinvolgimento diretto dei lavoratori nei processi d’innovazione. I SOP richiedono una comunicazione strutturata tra lavoratori e datore di lavoro. Esemplificativamente, tra i SOP si possono annoverare (i) i gruppi di progetto (gruppi volti a migliorare singole aree produttive, fasi del flusso, prodotti/servizi o sistemi tecnico organizzativi); (ii) la formazione specialistica e mirata all’innovazione; (iii) i sistemi di gestione dei suggerimenti dei lavoratori; (iv) le campagne di comunicazione sugli scopi e lo sviluppo di progetti/programmi di innovazione, (workshop, focus, seminari interattivi);
– i PGP attengono a forme di partecipazione diretta dei lavoratori per la gestione delle attività e delle conoscenze produttive nonché del tempo e del luogo di lavoro che consentono di combinare flessibilità, risultati aziendali e qualità della vita e del lavoro. Tra i PGP, esemplificativamente, si annoverano (i) il lavoro in team pianificato, strutturato e formalizzato con assegnazione di obiettivi produttivi e delega parziale al team per la gestione della polivalenza e della rotazione delle mansioni; (ii) i programmi di gestione della flessibilità spazio-temporale del lavoro in modo condiviso tra azienda e lavoratori (orari a menù, forme di part time a menù sincronizzate con gli orari aziendali, team di autogestione dei turni, banca delle ore, lavoro agile, etc.); (iii) le comunità di pratiche volte a sviluppare conoscenze operative su base volontaria con strumentazione tecnologica e social network (la comunità deve condividere e sviluppare autonomamente i sistemi di conoscenza).

2. CONVERSIONE DEL PREMIO DI RISULTATO CON BENI E SERVIZI DI CUI ALL’ART. 51
2.1 Conversione del premio di risultato con beni e servizi di cui all’art. 51, comma 4, del TUIR. Il comma 160, lett. b) e c), della legge di Bilancio 2017 ha esteso l’ambito di operatività dell’articolo 1, comma 184, della legge di Stabilità 2016, che riconosce al lavoratore, sempreché prevista dalla contrattazione di secondo livello, la facoltà di sostituire il premio di risultato con somme e valori di cui all’art. 51, commi 2 e 3, del TUIR.
Dal 2017 la disposizione in esame consente la sostituzione del premio di risultato anche con i benefit previsti dal comma 4 del medesimo articolo 51 del TUIR.
In base all’attuale formulazione del citato comma 184, le somme e i valori di cui al comma 4 dell’art. 51 del TUIR erogati in sostituzione del premio di risultato “… concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente secondo le regole ivi previste.”.
In assenza di tale previsione, la sostituzione di erogazioni monetarie (nel caso di specie il premio di risultato) con beni e servizi comporterebbe l’assoggettamento a tassazione del benefit in base al suo “valore normale”, al fine di non alterare la base imponibile fiscale e contributiva del reddito di lavoro dipendente.
In ragione della disposizione introdotta dalla legge di Bilancio 2017, l’uso dell’auto aziendale, la concessione di prestiti da parte del datore di lavoro, la messa a disposizione del dipendente dell’alloggio e la concessione gratuita di viaggi ai dipendenti del settore ferroviario, erogati a richiesta del dipendente in sostituzione e nei limiti di valore del premio agevolabile, sono invece assoggettati a tassazione ordinaria assumendo come base imponibile il valore determinato sulla base dei criteri dettati dal comma 4 dell’art. 51 del TUIR. La parte del premio eccedente il valore del benefit di cui al comma 4 resta assoggettata ad imposta sostitutiva o a tassazione ordinaria a scelta del lavoratore, ovvero potrà essere sostituita con gli altri benefit di cui all’art. 51 del TUIR.
Con tale previsione il legislatore ha dato quindi piena attuazione al criterio di fungibilità tra erogazione monetaria dei premi di risultato agevolabili ed erogazioni dei medesimi premi sotto forma di benefit in natura, prevedendo che questi ultimi mantengano comunque il loro regime di tassazione, in tutte le ipotesi dettate dall’art. 51 del TUIR e non solo nelle fattispecie di cui ai commi 2 e 3 del medesimo articolo 51.
A prescindere quindi da valutazioni di convenienza fiscale nella scelta di richiedere l’erogazione del premio di risultato sotto forma di benefit di cui al comma 4 dell’art. 51 del TUIR, l’intervento normativo va inquadrato sotto il profilo sistematico come completamento del principio introdotto dalla legge di Stabilità del 2016.

2.1.1 Sostituzione del premio di risultato con la concessione di veicoli aziendali. La concessione in uso promiscuo di autoveicoli, motocicli e ciclomotori, ai sensi del citato articolo 51, comma 4, lett. a), del TUIR concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente per “… il 30 per cento dell’importo corrispondente ad una percorrenza convenzionale di 15 mila chilometri calcolato sulla base del costo chilometrico di esercizio desumibile dalle tabelle nazionali … [dell’] Automobile Club d’Italia …al netto degli ammontari eventualmente trattenuti al dipendente”.
Nell’ipotesi in cui il dipendente richieda la sostituzione del premio di risultato agevolabile, ai sensi dei commi 182 e ss. dell’art. 1 della legge di Stabilità 2016, con l’autoveicolo, motociclo e ciclomotore aziendale, concorrerà alla formazione del reddito di lavoro dipendente non il valore normale attribuibile all’utilizzo del veicolo (ad esempio, il canone di noleggio) ma il relativo valore determinato forfetariamente.
Esempio:
Premio di risultato agevolabile euro 3.000
Valore imponibile dell’auto concessa in uso promiscuo, in base alle tabelle ACI euro 1.885,50 (euro 0,4190 x km. 15.000 *30%)
Base imponibile dell’auto, anche a seguito della conversione del premio di risultato, euro 1.885,50, da assoggettare a tassazione ordinaria
Base imponibile da assoggettare ad imposta sostitutiva o, a scelta del lavoratore, a tassazione ordinaria ovvero sostituita con gli altri benefit, euro 1.114,50 (euro 3000 – euro 1.885,50).
Se al lavoratore dipendente è trattenuta una somma per l’uso del veicolo aziendale (quota di reddito già assoggettata a tassazione), la base imponibile del benefit è ridotta di pari importo.

2.1.2 Sostituzione del premio di risultato con la concessione di prestiti. La lettera b) del comma 4 dell’articolo 51 del TUIR dispone che in caso di concessione di prestiti “si assume il 50 per cento della differenza tra l’importo degli interessi calcolato al tasso ufficiale di sconto vigente al termine di ciascun anno e l’importo degli interessi calcolato al tasso applicato sugli stessi …”.
Si fa presente che la scrivente, con risoluzione 28 maggio 2010 n. 46, ha riconosciuto che il criterio dettato dal comma 4, lett. b), dell’art. 51 del TUIR, si applica anche nell’ipotesi in cui il datore di lavoro eroghi direttamente sul conto corrente che il dipendente mutuatario ha dedicato al pagamento del mutuo, un contributo aziendale a copertura di una quota degli interessi maturati.
In tal caso, infatti, sempreché le modalità di accreditamento della somma realizzino un collegamento immediato e univoco tra l’erogazione aziendale e il pagamento degli interessi di mutuo, concorrerà alla formazione del reddito di lavoro dipendente, anziché l’intero importo degli interessi pagati dal datore di lavoro, il 50 per cento dell’ammontare risultante dalla differenza tra gli interessi calcolati al tasso ufficiale di sconto vigente al 31 dicembre di ciascun anno e gli interessi rimasti a carico del dipendente.
Analogamente, nell’ipotesi di sostituzione del premio di risultato con il pagamento di interessi di mutuo da parte del datore di lavoro, concorrerà alla formazione del reddito di lavoro dipendente il 50 per cento della differenza tra l’importo degli interessi calcolato al tasso ufficiale di sconto vigente al termine dell’anno e l’importo degli interessi rimasto a carico del lavoratore, al netto del contributo erogato dall’azienda in sostituzione del premio sostituito.
Esempio:
Premio di risultato agevolabile euro 3.000
Interessi dovuti dal dipendente in base al contratto di mutuo euro 4.000
Interessi calcolati al tasso ufficiale di sconto euro 2.000
Interessi rimasti a carico del dipendente dopo la conversione del premio euro 1.000 (euro 4.000 – euro 3.000)
Base imponibile del benefit euro 500 (euro 2.000 – euro 1.000 = euro 1.000 * 50%)
Base imponibile da assoggettare ad imposta sostitutiva o, a scelta del lavoratore, a tassazione ordinaria ovvero sostituita con gli altri benefit, euro 2.500 (euro 3000 – euro 500).
Se al lavoratore dipendente è trattenuta una somma per la concessione del prestito (quota di reddito già assoggettata a tassazione), la base imponibile del benefit è ridotta di pari importo.

2.1.3 Sostituzione del premio di risultato con la concessione in locazione, uso o comodato di fabbricati. Ai sensi dell’art. 51, comma 4, lett. c), del TUIR, la concessione in locazione, uso o comodato di fabbricati al dipendente genera reddito di lavoro dipendente in misura pari alla “… differenza tra la rendita catastale del fabbricato aumentata di tutte le spese inerenti il fabbricato stesso, comprese le utenze non a carico dell’utilizzatore e quanto corrisposto per il godimento del fabbricato stesso. Per i fabbricati concessi in connessione all’obbligo di dimorare nell’alloggio stesso, si assume il 30 per cento della predetta differenza …”.
Analogamente a quanto illustrato nei precedenti paragrafi, nell’ipotesi in cui il lavoratore, in ragione di quanto previsto dal contratto aziendale o territoriale, abbia scelto l’assegnazione, in comodato, uso o locazione, di un fabbricato in luogo dell’erogazione del premio di risultato assoggettabile ad imposta sostitutiva del 10 per cento, rileverà quale reddito di lavoro dipendente non l’intero valore del canone di locazione, ma la rendita catastale al netto di quanto corrisposto dal dipendente.
Esempio:
Premio di risultato agevolabile euro 3.000
Valore della rendita catastale al netto di quanto corrisposto dal dipendente euro 2.000
Base imponibile del benefit, anche a seguito della conversione del premio di risultato, euro 2.000
Base imponibile da assoggettare ad imposta sostitutiva o, a scelta del lavoratore, a tassazione ordinaria ovvero sostituita con gli altri benefit, euro 1.000 (euro 3.000 – euro 2.000)
Se al lavoratore dipendente è trattenuta una somma per la concessione in locazione, uso o comodato del fabbricato (quota di reddito già assoggettata a tassazione), la base imponibile del benefit è ridotta di pari importo.

2.1.4 Sostituzione del premio di risultato con la concessione gratuita di viaggi ai dipendenti del settore ferroviario. Ai sensi dell’art. 51, comma 4, lett. c-bis), del TUIR, la concessione gratuita di viaggi ai dipendenti del settore ferroviario genera reddito di lavoro dipendente per un “… importo corrispondente all’introito medio per passeggero/chilometro, desunto dal Conto nazionale dei trasporti e stabilito con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, per una percorrenza media convenzionale, riferita complessivamente ai soggetti di cui al comma 3, di 2.600 chilometri. Il decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti è emanato entro il 31 dicembre di ogni anno ed ha effetto dal periodo di imposta successivo a quello in corso alla data della sua emanazione.”.
Con Decreto del 21 novembre 2017, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha stabilito che “… l’importo corrispondente all’introito medio per passeggero-chilometro [è] pari a euro 0,072, come desunto dal Conto nazionale delle infrastrutture e dei trasporti riferito agli anni 2015 e 2016, per una percorrenza media convenzionale di 2.600 chilometri …”.
Analogamente a quanto illustrato nei precedenti paragrafi, nell’ipotesi in cui il lavoratore dipendente delle società o enti che gestiscono servizi di trasporto ferroviario abbia scelto la concessione gratuita di viaggio in luogo dell’erogazione del premio di risultato assoggettabile ad imposta sostitutiva del 10 per cento, rileverà quale reddito di lavoro dipendente non l’intero valore del servizio di trasporto ferroviario, ma il relativo valore determinato forfetariamente, al netto di quanto corrisposto dal dipendente.
Esempio:
Premio di risultato agevolabile euro 1.000
Valore del servizio di trasporto ferroviario determinato forfetariamente euro 187,20 (euro 0,072* km. 2.600)
Base imponibile del benefit, anche a seguito della conversione del premio di risultato, euro 187,20
Base imponibile da assoggettare ad imposta sostitutiva o, a scelta del lavoratore, a tassazione ordinaria ovvero sostituita con gli altri benefit, euro 812, 80 (euro 1.000 – euro 187,20).
Se al lavoratore dipendente è trattenuta una somma per la concessione gratuita di viaggi (quota di reddito già assoggettata a tassazione), la base imponibile del benefit è ridotta di pari importo.

2.2 Conversione del premio di risultato con contributi alle forme pensionistiche complementari. La legge di Bilancio 2017, oltre a disciplinare la fungibilità tra erogazioni monetarie dei premi di risultato ed erogazioni degli stessi sotto forma dei benefit di cui al comma 4 dell’art. 51 del TUIR, ha introdotto misure di particolare favore nelle ipotesi in cui il premio di risultato sia erogato, su scelta del dipendente, sotto forma di contribuzione alla previdenza complementare o a casse aventi esclusivamente fini assistenziali o sotto forma di assegnazione di azioni, prevedendo che tali erogazioni in natura non concorrono alla determinazione del reddito di lavoro dipendente anche se effettuate in misura superiore e, in caso di assegnazione di azioni, senza rispettare le condizioni stabilite dalle rispettive norme di esenzione.
In particolare, per quanto concerne la sostituzione dei premi di risultato agevolabili con il versamento di contributi a fondi di previdenza complementare, la lett. c) del comma 160 dell’art. 1 della legge di Bilancio 2017, inserendo il comma 184-bis nell’articolo 1 della legge di Stabilità 2016, dispone che “Ai fini dell’applicazione del comma 184, non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente, né sono soggetti all’imposta sostitutiva disciplinata dai commi da 182 a 191:
a) i contributi alle forme pensionistiche complementari di cui al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, versati, per scelta del lavoratore, in sostituzione, in tutto o in parte, delle somme di cui al comma 182 del presente articolo, anche se eccedenti i limiti indicati all’articolo 8, commi 4 e 6, del medesimo decreto legislativo n. 252 del 2005. Tali contributi non concorrono a formare la parte imponibile delle prestazioni pensionistiche complementari ai fini dell’applicazione delle previsioni di cui all’articolo 11, comma 6, del medesimo decreto legislativo n. 252 del 2005; …” (sottolineatura aggiunta)
La sostituzione, in esenzione d’imposta, del premio di risultato con contributi alla previdenza complementare come chiarito con la circolare 28 del 2016, era già possibile in base alle ordinarie regole di determinazione del reddito di lavoro dipendente, dal momento che tali contributi trattenuti dal datore di lavoro rientrano nella previsione di cui all’art. 51, comma 2, lett. h), del TUIR.
I contributi alla previdenza complementare costituiscono, infatti, oneri deducibili ai sensi dell’articolo 10, lettera e-bis) del TUIR, e come tali non concorrono alla formazione del reddito imponibile.
Con la disposizione in commento, il legislatore del 2017 ha espressamente menzionato la sostituzione del premio di risultato con i contributi alle forme pensionistiche complementari ed ha disposto che il premio di risultato erogato sotto forma di contribuzione non è assoggettato a tassazione anche se detti contributi superano il limite di deducibilità dal reddito di euro 5.164,57 previsto dall’articolo 8, commi 4 e 6, del decreto legislativo n. 252 del 205 (limite incrementato, limitatamente ai primi cinque anni di contribuzione, di un importo non superiore ad euro 2.582,29 per i lavoratori di prima occupazione).
I contributi alla previdenza complementare se versati in sostituzione del premio di risultato possono, pertanto, essere esclusi dalla formazione del reddito complessivo del lavoratore per un importo di euro 8.164,57 potendo aggiungersi al limite di deducibilità di euro 5.164,57 (incrementato come sopra detto per i lavoratori di prima occupazione).
Quale ulteriore misura di favore, è previsto che l’esclusione dal reddito dei contributi versati alla previdenza complementare in sostituzione dei premi di risultato non ha effetti sulla tassazione della prestazione pensionistica.
La legge di Bilancio 2017, disponendo una deroga all’art. 11, comma 6, del d.lgs. n. 252 del 2005, che prevede l’imponibilità di tali prestazioni per il loro ammontare complessivo al netto dei contributi non dedotti, prevede, infatti, che i contributi in esame siano comunque dedotti dalla base imponibile.
Ne consegue che entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui i contributi sono stati versati, alla forma previdenziale complementare, il contribuente è tenuto a comunicare a quest’ultima sia l’eventuale ammontare di contributi non dedotti, che l’importo dei contributi sostitutivi del premio di risultato che, seppur non assoggettati ad imposizione, non dovranno concorrere alla formazione della base imponibile della prestazione previdenziale.
Considerata la ratio della disposizione in esame, si è dell’avviso che l’equiparazione dei contributi sostitutivi del premio di risultato a quelli non dedotti dal reddito, operi non solo in caso di erogazione della prestazione pensionistica ma anche nell’ipotesi di erogazione di anticipazioni o di riscatto della prestazione stessa, dovendo intendersi che il riferimento all’art. 11, comma 6, del decreto legislativo n. 252 del 2005 (disciplinante il regime della prestazione), operato dalla lett. c) del comma 160, preveda un criterio generale di determinazione della base imponibile della erogazione generata dai contributi versati in sostituzione dei premi di risultato.

2.3 Conversione del premio di risultato con contributi di assistenza sanitaria versati ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale. In base alla legge di Stabilità 2016, il premio di risultato può essere sostituito da contributi sanitari alle casse aventi esclusivamente fine assistenziale, che ai sensi della lettera a) dell’articolo 51 del TUIR sono esclusi dalla determinazione del reddito di lavoro dipendente nel limite complessivo di euro 3.615,20.
Con la circolare n. 28 del 2016 è stato precisato che se ai sensi della citata lettera a) sono versati alla cassa contributi per euro 3.000, il premio agevolato può essere convertito in contributi esenti per un ammontare non eccedente euro 615, 20.
La lettera b) del comma 184-bis dell’art. 1 della legge n. 208 del 2015 dispone che “Ai fini dell’applicazione del comma 184, non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente, né sono soggetti all’imposta sostitutiva disciplinata dai commi da 182 a 191: …
b) i contributi di assistenza sanitaria di cui all’articolo 51, comma 2, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, versati per scelta del lavoratore in sostituzione, in tutto o in parte, delle somme di cui al comma 182 del presente articolo, anche se eccedenti i limiti indicati nel medesimo articolo 51, comma 2, lettera a);”.
Dal periodo d’imposta 2017, pertanto, i contributi versati ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale in sostituzione di premi di risultato non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente anche se aggiuntivi a contributi già versati dal datore di lavoro o dal lavoratore per un importo di euro 3.615,20. A tale importo potrà infatti aggiungersi l’ulteriore importo di contributi esclusi dal reddito nel limite massimo di euro 3.000 (elevato ad euro 4.000 in caso di premi erogati da aziende che abbiano adottato forme di coinvolgimento paritetico dei lavoratori nella organizzazione del lavoro sulla base di contratti stipulati entro il 24 aprile 2017).
Diversamente da quanto disposto per i contributi alla previdenza complementare, tuttavia, la legge di Bilancio 2017 non ha dettato disposizioni per disciplinare gli effetti della detassazione dei contributi in esame sulla prestazione sanitaria resa dalla cassa sanitaria ed in particolare sulla deducibilità o detraibilità delle spese sanitarie rimborsate dalla cassa.
In assenza di specifiche disposizioni tornano quindi applicabili i principi generali in base ai quali la deduzione o detrazione degli oneri è possibile nella misura in cui la relativa spesa sia rimasta a carico del contribuente, condizione che non sussiste qualora la spesa sia sostenuta o rimborsata a seguito di contributi dedotti dal reddito o che non hanno concorso alla formazione del reddito, come nel caso di contributi versati in sostituzione di premi di risultato agevolabili.
Per quanto concerne il rispetto dei principi di mutualità che devono orientare l’attività delle casse aventi esclusivamente fine assistenziale si rinvia al successivo paragrafo 4.10.

2.4 Conversione del premio di risultato con azioni. L’articolo 51, comma 2, lettera g) del TUIR, che disciplina il cosiddetto “azionariato popolare”, prevede la non concorrenza al reddito di lavoro dipendente del “valore delle azioni offerte alla generalità dei dipendenti per un importo non superiore complessivamente nel periodo d’imposta a euro 2.065,83, a condizione che non siano riacquistate dalla società emittente o dal datore di lavoro o comunque cedute prima che siano trascorsi almeno tre anni dalla percezione; qualora le azioni siano cedute prima del predetto termine, l’importo che non ha concorso a formare il reddito al momento dell’acquisto è assoggettato a tassazione nel periodo d’imposta in cui avviene la cessione.”
Con risoluzione n. 118/E del 12 agosto 2005 , l’Agenzia delle Entrate ha affermato che qualora le azioni siano cedute prima del termine del triennio, l’importo che non ha concorso a formare il reddito al momento dell’acquisto è assoggettato a tassazione nel periodo d’imposta in cui avviene la cessione, quale compenso in natura di lavoro dipendente. Un analogo recupero a tassazione è previsto nel caso di riacquisto da parte del datore di lavoro e della società emittente a prescindere dal periodo di possesso.
La lett. c) del nuovo comma 184-bis della legge di Bilancio 2017, consente la sostituibilità, in esenzione d’imposta, del premio di risultato con azioni della società/datore di lavoro o delle società del gruppo anche nell’ipotesi in cui non siano rispettate le condizioni previste dalla lett. g) riportata.
Poiché la norma richiama le condizioni della lettera g) in esame e non solo i limiti di importo da essa previsti, si deve ritenere che la deroga disposta dalla legge di Bilancio 2017 riguardi non solo il limite di valore delle azioni che non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente, ma anche la condizione che richiede l’attribuzione delle azioni alla generalità dei dipendenti nonché la condizione di non cedibilità delle azioni da parte del dipendente prima del triennio dalla assegnazione nonché, anche oltre tale termine, al datore di lavoro o alla società emittente.
Ne consegue che non si genererà reddito imponibile nei confronti del lavoratore che sostituisca, in tutto o in parte, il premio di risultato con azioni della società/datore di lavoro o del gruppo:
sia nel caso in cui l’offerta sia rivolta, anziché alla generalità, a categorie di lavoratori, purché in conformità alle previsioni contrattuali (aziendali e/o territoriali);
sia nel caso in cui il valore delle azioni “convertite” superi il limite di euro 2.065,83 previsto per ciascun periodo d’imposta potendo, pertanto, essere assegnate azioni per un importo complessivo pari a euro 5.065,83 (2.065,83 + 3000 di premio convertito);
sia qualora le medesime azioni siano riacquistate dalla società emittente o dal datore di lavoro;
sia, infine, qualora siano cedute prima che siano trascorsi tre anni dalla conversione del premio di risultato assoggettabile ad imposta sostitutiva.
Resta fermo che la cessione delle azioni da parte del dipendente potrà generare “reddito diverso”, ai sensi dell’articolo 67, del TUIR.
Esempio:
1 febbraio 2018: assegnazione azioni, alla generalità dei dipendenti, per un importo complessivo di euro 2.000;
10 marzo 2018: assegnazione di azioni a seguito della conversione del premio di risultato di valore pari ad euro 3.000;
30 marzo 2018: riacquisto da parte della società/datore di lavoro delle azioni “convertite con il premio di risultato” per un valore di euro 1.500;
2 aprile 2018: cessione a terzi di azioni “convertite con il premio di risultato” per il restante valore di euro 1.500.
La cessione delle azioni potrà generare “reddito diverso” ai sensi dell’articolo 67, del TUIR, ma non reddito di lavoro dipendente.
In relazione alla disciplina tributaria da applicarsi alle plusvalenze derivanti dalla vendita delle azioni assegnate in luogo, in tutto o in parte, del premio di risultato, si ricorda che ai sensi dell’art. 68, comma 6, del TUIR “Le plusvalenze indicate nelle lettere c), c-bis) e c-ter) del comma 1 dell’art. 67 sono costituite dalla differenza tra il corrispettivo percepito …. ed il costo o il valore di acquisto assoggettato a tassazione … (sottolineatura aggiunta).
In deroga a tale disposizione , l’art. 1, comma 161, della legge di Bilancio 2018 modificando l’art. 1, comma 184-bis, lett. c), della legge di Stabilità 2016, ha previsto che “…il costo o il valore di acquisto è pari al valore delle azioni ricevute, per scelta del lavoratore, in sostituzione, in tutto o in parte, delle somme di cui al medesimo comma 182”. In applicazione di tale ultima disposizione, quindi, dal 2018 la plusvalenza fiscalmente rilevante è determinata dalla differenza tra il prezzo della vendita delle azioni e l’importo del premio di risultato erogato in azioni.
Infine, si ricorda che la scrivente con risoluzione n. 186 del 2002 ha precisato che nel caso in cui il dipendente abbia ricevuto una pluralità di assegnazioni di azioni in diverse annualità, si considerano cedute per prime le partecipazioni acquisite in data meno recente (cosiddetto criterio “FIFO”: first in-first out).
Il criterio FIFO rappresenta, infatti, il metodo più equo ai fini dell’individuazione delle azioni oggetto della cessione nell’ambito del periodo triennale di riferimento.
La peculiarità della lett. c) in commento induce tuttavia a ritenere che il criterio FIFO non sia applicabile nelle ipotesi in cui l’assegnazione di azioni sostitutive di premi di risultato agevolabili sia successiva ad altre assegnazioni di azioni, in quanto in tal caso l’applicazione del criterio FIFO comporterebbe di fatto la condizione di non cedibilità nel triennio anche delle azioni assegnate in sostituzione dei premi agevolabili nel triennio espressamente derogata dal legislatore.
Quanto affermato con la citata risoluzione n. 186/E deve riferirsi, pertanto, a fattispecie diverse da quelle disciplinate dall’art. 1, co. 184-bis, lett. c), della legge di Stabilità 2016, le quali devono ritenersi oggetto di una autonoma gestione.

3. MODIFICHE INTRODOTTE DALLE LEGGI DI BILANCIO 2017 e 2018 ALL’ART. 51, COMMA 2 DEL TUIR
3.1 Copertura del rischio di non autosufficienza o del rischio di gravi patologie – articolo 51, co. 2, lett. f-quater), del TUIR -. L’articolo 1, comma 161, della legge di Bilancio 2017 inserisce al comma 2 dell’articolo 51 del TUIR, una nuova ipotesi di benefit detassato prevista dalla nuova lettera f-quater), in base alla quale non concorrono a formare il reddito “i contributi e i premi versati dal datore di lavoro a favore della generalità dei dipendenti o di categorie di dipendenti per prestazioni, anche in forma assicurativa, aventi per oggetto il rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana, le cui caratteristiche sono definite dall’articolo 2, comma 2, lettera d), numeri 1) e 2), del decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali 27 ottobre 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 12 del 16 gennaio 2010, o aventi per oggetto il rischio di gravi patologie”.
La relazione illustrativa al disegno di legge di bilancio A.C. 4127 chiarisce che in base a tale disposizione non concorrono a formare il reddito di lavoro dipendente solo i contributi e i premi versati per le polizze ccdd. “Long Term Care” e “Dread Disease”, ovvero per le polizze volte ad assicurare le terapie di lungo corso e le malattie gravi.
Sono riconducibili alla prima tipologia, le polizze dirette a garantire una copertura assicurativa per stati di non autosufficienza del dipendente, che richiedono generalmente il sostenimento di spese per lunga degenza.
L’individuazione dei soggetti non autosufficienti avviene secondo i criteri già illustrati con la circolare n. 28/E del 2016 (par. 2.3), omologhi peraltro a quelli considerati dalla lettera f) dell’articolo 15 del TUIR ai fini della detrazione d’imposta dei premi per assicurazioni aventi ad oggetto il rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana.
Appartengono, invece, alla seconda categoria (Dread Disease) le polizze dirette a garantire una copertura assicurativa contro il rischio di insorgenza di malattie particolarmente gravi.
In assenza di riferimenti normativi volti a delimitare il contenuto delle ‘gravi patologie’, si ritiene di poter fare riferimento all’elenco delle malattie professionali per le quali è obbligatoria la denuncia all’Ispettorato del lavoro, di cui all’articolo 139 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), elenco pubblicato con D.M. 18 aprile 1973, e da ultimo aggiornato con D.M. 10 giugno 2014.
Relativamente alle polizze Long Term Care, le caratteristiche delle prestazioni che devono essere garantite vengono individuate dalla norma mediante il rinvio alle ‘prestazioni vincolate’ di cui all’articolo 2, comma 2, lettera d), numeri 1) e 2) del D.M. 27 ottobre 2009, ovvero:
1) prestazioni sociali a rilevanza sanitaria da garantire alle persone non autosufficienti al fine di favorire l’autonomia e la permanenza a domicilio, con particolare riguardo all’assistenza tutelare, all’aiuto personale nello svolgimento delle attività quotidiane, all’aiuto domestico familiare, alla promozione di attività di socializzazione volta a favorire stili di vita attivi, nonché le prestazioni della medesima natura da garantire presso le strutture residenziali e semi-residenziali per le persone non autosufficienti non assistibili a domicilio, incluse quelle di ospitalità alberghiera;
2) prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, correlate alla natura del bisogno, da garantire alle persone non autosufficienti in ambito domiciliare, semi-residenziale e residenziale, articolate in base alla intensità, complessità e durata dell’assistenza.
In assenza della norma in esame, come chiarito con risoluzione n. 391/E del 2007 , i contributi versati dal datore di lavoro per garantire ai dipendenti una copertura assicurativa del tipo Long Term Care costituivano una componente del reddito di lavoro dipendente, salva l’applicazione del comma 3 dell’articolo 51 del TUIR, che esclude dal reddito “il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente di importo non superiore nel periodo di imposta a 258,23 euro”.
Le indicazioni fornite con il citato documento di prassi restano ora valide solo in relazione a tipologie di polizze diverse da quelle “Long Term Care” e da quelle Dread Disease stipulate dal datore di lavoro in favore dei propri dipendenti.
L’utilizzo, da parte del legislatore, dei termini “contributi e premi” senza altra specificazione, porta a ritenere che la lettera f-quater) trovi applicazione anche nelle ipotesi in cui i contributi siano versati ad enti o casse non aventi i requisiti di cui alla lettera a) del comma 2 dell’articolo 51 del TUIR, o a fondi sanitari non iscritti all’anagrafe, nonché ad enti bilaterali così come definiti dall’articolo 2, comma 1, lett. h), del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276.
Al riguardo, si fa presente che le prestazioni di cui alla lettera f-quater) possono essere rese anche a fronte dei contributi versati ai sensi della precedente lett. a) dell’art. 51, alle casse aventi esclusivamente fine assistenziale.
Considerato che ai sensi di quest’ultima disposizione, i contributi non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente per “… un importo non superiore complessivamente ad euro 3.615,20.”, si è dell’avviso che affinché non operi il predetto limite è necessario che le casse contabilizzino separatamente i contributi ricevuti dal datore di lavoro per le prestazioni aventi ad oggetto il rischio di non autosufficienza o di gravi patologie, di cui all’art. 51, comma 2, lett. f-quater), del TUIR.
La non concorrenza al reddito di lavoro dipendente prevista per i contributi versati ai sensi della lettera f-quater) si realizza sempreché gli stessi siano destinati all’erogazione di prestazioni in favore del dipendente e non anche dei suoi familiari.
Pertanto, laddove la polizza garantisca prestazioni sia al dipendente che ai familiari, occorrerà scorporare la quota riferita alla posizione dei familiari, fermo restando che per tale ipotesi potrebbe trovare applicazione l’esclusione dalla formazione del reddito di lavoro dipendente ai sensi del comma 3 dell’art. 51, in base al quale non concorre alla formazione del reddito di lavoro dipendente il “valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente di importo non superiore nel periodo di imposta a 258,23 euro” o ai sensi dell’art. 51, co. 2, lett, a) alle condizioni e nei limiti previsti da tale disposizione.
Altra condizione da rispettare ai fini della non concorrenza al reddito dei premi o contributi in esame è costituita dalla circostanza che il versamento del premio o del contributo venga eseguito dal datore di lavoro in favore della generalità o di categorie di dipendenti.
La non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente esclude in ogni caso che in relazione ai premi versati sia possibile fruire della detrazione d’imposta prevista dal richiamato articolo 15, comma 1, lett. f) mentre, viceversa, il concorso alla formazione del reddito dei premi relativi alla posizione dei familiari, se a carico, consente di fruire della detrazione d’imposta di cui al richiamato articolo 15, comma 1, lett. f) del TUIR relativamente ai premi aventi le caratteristiche previste dalla norma richiamata.

3.2 Benefit erogati in base a contratto nazionale – art. 51, co. 2, lett. f), del TUIR -. L’art. 1, comma 162, della legge di Bilancio 2017 reca una norma volta a chiarire la portata dell’articolo 51, comma 2, lett. f) del TUIR nei casi in cui l’erogazione dei benefit sia stata oggetto di contrattazione.
È statuito che “le disposizioni di cui all’articolo 51, comma 2, lettera f), del TUIR … si interpretano nel senso che le stesse si applicano anche alle opere e servizi riconosciuti dal datore di lavoro, del settore privato o pubblico, in conformità a disposizioni di contratto collettivo nazionale di lavoro, di accordo interconfederale o di contratto collettivo territoriale”.
La disposizione definisce il ruolo della contrattazione collettiva nell’erogazione dei benefit (non quali surrogati del premio di risultato), specificando che gli stessi possono essere oggetto di contrattazione sia a livello nazionale (primo livello), che decentrata (secondo livello), ossia territoriale e aziendale. Tale previsione conferma il favor già espresso dal legislatore del 2016 per il coinvolgimento delle parti sociali nella definizione dei piani di welfare e per la loro negoziazione bilaterale.
La norma di natura interpretativa, quindi con effetto retroattivo, si ritiene che operi non solo relativamente alle opere e servizi disciplinati dalla lettera f), ma anche per “le somme e i valori” disciplinati dalle successive lettere f-bis), f-ter) e nella nuova lettera f-quater).
Si ritiene, infatti, che queste ultime costituiscano una specificazione degli oneri di utilità sociale indicati nella lett. f) e, in quanto tali, da disciplinare unitariamente.
La disposizione interpretativa, naturalmente, non fa venir meno la possibilità che i benefit di cui alle richiamate lettere f), f-bis), f-ter) ed f-quater) siano erogati volontariamente, ovvero con regolamento aziendale che configuri l’adempimento di un obbligo negoziale, così come precisato con circolare n. 28/E del 15 giugno 2016, 2.1.
Tale considerazione si riflette, invero, in relazione alla disciplina fiscale dei costi sostenuti dall’azienda per tali finalità, dal momento che l’art. 100 del TUIR prevede che “Le spese relative ad opere o servizi utilizzabili dalla generalità dei dipendenti o categorie di dipendenti volontariamente sostenute per specifiche finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto, sono deducibili per un ammontare complessivo non superiore al 5 per mille dell’ammontare delle spese per prestazioni di lavoro dipendente risultante dalla dichiarazione dei redditi.”. Nella diversa ipotesi in cui le predette spese siano sostenute in base a contrattazione collettiva di primo o secondo livello, l’art. 95 del TUIR consente l’integrale deducibilità.

3.3 Somme erogate o rimborsate ai dipendenti per l’acquisto degli abbonamenti per il trasporto pubblico locale, regionale e interregionale – art. 51, comma 2, lett. d-bis), del TUIR -. L’articolo 1, comma 28, lett. b), della legge di Bilancio 2018, ha introdotto all’art. 51, comma 2, del TUIR, la lettera d-bis), con la quale è previsto che non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente “le somme erogate o rimborsate alla generalità o a categorie di dipendenti dal datore di lavoro o le spese da quest’ultimo direttamente sostenute, volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto, di accordo o di regolamento aziendale, per l’acquisto degli abbonamenti per il trasporto pubblico locale, regionale e interregionale del dipendente e dei familiari indicati nell’articolo 12 che si trovano nelle condizioni previste nel comma 2 del medesimo articolo 12;”.
Con la disposizione citata l’esclusione dal reddito, prevista per il servizio di “trasporto collettivo” di cui alla precedente lett. d) dell’art. 51, comma 2, del TUIR, è stata estesa anche all’ipotesi di concessione da parte del datore di lavoro di abbonamenti per il trasporto pubblico locale, regionale e interregionale o di somme erogate per l’acquisto di tali abbonamenti o a titolo di rimborso della relativa spesa.
Il regime fiscale di favore è riconosciuto sia nell’ipotesi in cui il benefit sia erogato dal datore di lavoro volontariamente sia nell’ipotesi in cui sia erogato in esecuzione di diposizioni di contratto, accordo o di regolamento aziendale; inoltre, la non concorrenza al reddito di lavoro dipendente trova applicazione anche qualora l’abbonamento per il trasporto pubblico sia destinato ad un familiare del dipendente a condizione che risulti fiscalmente a carico di quest’ultimo.
Ai fini dell’esclusione dal reddito di lavoro dipendente, è necessario che l’abbonamento al trasporto pubblico sia offerto alla generalità dei lavoratori dipendenti o a categorie di dipendenti, dal momento che qualora fosse messo a disposizione solo di taluni lavoratori dipendenti, si configurerebbe un fringe benefit rilevante ai fini della formazione del reddito di lavoro dipendente.
L’esclusione si rende applicabile sempreché il datore di lavoro acquisisca e conservi la documentazione comprovante l’utilizzo delle somme da parte del dipendente coerentemente con la finalità per le quali sono state corrisposte; è irrilevante, invece, la circostanza che le somme erogate coprano o meno l’intero costo dell’abbonamento.
Per la individuazione degli abbonamenti agevolabili, si richiama quanto chiarito dalla circolare 7 marzo 2008, n. 19/E , con la quale in merito alla detrazione, introdotta dall’art. 1, co. 309, legge n. 244 del 2007 (l. finanziaria 2008), è stato precisato che per abbonamento ai mezzi di trasporto pubblico si intende un titolo di trasporto che consenta al titolare autorizzato di poter effettuare un numero illimitato di viaggi, per più giorni, su un determinato percorso o sull’intera rete, in un periodo di tempo specificato, quindi, sono ricompresi nell’ambito di operatività della norma in esame solo le spese/costi per gli abbonamenti che implicano un utilizzo non episodico del mezzo di trasporto pubblico.
Si ritiene, quindi, che non possano beneficiare dell’agevolazione i titoli di viaggio che abbiano una durata oraria, anche se superiore a quella giornaliera, quali ad esempio i biglietti a tempo che durano 72 ore, né le cosiddette carte di trasporto integrate che includono anche servizi ulteriori rispetto a quelli di trasporto quali ad esempio le carte turistiche che oltre all’utilizzo dei mezzi di trasporto pubblici consentono l’ingresso a musei o spettacoli.
Per servizi di trasporto pubblico locale, regionale o interregionale devono intendersi quelli aventi ad oggetto il trasporto di persone, ad accesso generalizzato, resi da enti pubblici ovvero da soggetti privati affidatari del servizio pubblico sulla base di specifiche concessioni o autorizzazioni da parte di soggetti pubblici.
Rientra in tale categoria qualsiasi servizio di trasporto pubblico, a prescindere dal mezzo di trasporto utilizzato, che operi in modo continuativo o periodico con itinerari, orari, frequenze e tariffe prestabilite.
Atteso l’ampio riferimento all’ambito “locale, regionale e interregionale” contenuto nella norma, il beneficio può riguardare gli abbonamenti relativi a trasporti pubblici che si svolgono tanto all’interno di una regione, quanto mediante attraversamento di più regioni.

4.ULTERIORI CHIARIMENTI in MATERIA di PREMI di RISULTATO e di BENEFIT ESCLUSI dal REDDITO
4.1 Premi di risultato erogati da più datori di lavoro: limiti di premio agevolabile. I limiti d’importo dei premi di risultato assoggettabili ad imposta sostitutiva che, come detto al paragrafo 1.1, la legge di Bilancio 2017 ha elevato, a partire da tale anno, ad euro 3.000 e, per quelli erogati da aziende che adottano il coinvolgimento paritetico dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro, ad euro 4.000, devono essere riferiti al periodo d’imposta. Pertanto, tali limiti devono essere calcolati computando tutti i premi percepiti dal dipendente nell’anno, anche se sotto forma di partecipazione agli utili o di benefit detassati, a prescindere dal fatto che siano erogati in base a contratti diversi o da diversi datori di lavoro o che abbiano avuto differenti momenti di maturazione.
Per quanto riguarda il limite previsto per i premi erogati da datori di lavoro che abbiano adottato il coinvolgimento paritetico dei lavoratori nella organizzazione del lavoro, in esecuzione di contratti stipulati prima del 24 aprile 2017, data di entrata in vigore del d.l. n. 50 del 2017, l’agevolazione, in caso di erogazione di premi da parte di più datori di lavoro, può essere applicata entro tale maggior importo nella sola ipotesi in cui tutti i premi di risultato siano erogati da aziende che abbiano adottato tali schemi organizzativi, contraddistinti dal codice 2 in CU, come indicato dalle istruzioni al modello di Certificazione Unica 2017 (punti 571 e 577) nonché ai modelli di dichiarazione “Redditi 2017” e “730/2017”.
In tal caso, anche se ciascun premio è di importo inferiore al limite massimo di euro 2.500 o, per il 2017, di euro 4.000, il totale massimo agevolabile derivante dalla somma dei diversi premi è individuabile in tale maggiore ammontare.
Viceversa, se un solo datore di lavoro adotta il coinvolgimento paritetico dei lavoratori, il totale dei premi è agevolabile nel limite di euro 2.000 per il 2016 e di euro 3.000 per il 2017 o, se di ammontare superiore, per l’importo erogato dalla azienda che adotta il coinvolgimento paritetico dei lavoratori.
Qualora il lavoratore non fornisca al datore di lavoro tutte le informazioni necessarie per l’applicazione del regime fiscale agevolato nei limiti previsti dalla norma agevolativa o in base alle condizioni previste, con la conseguenza che il datore di lavoro è indotto ad applicare l’imposta sostitutiva anche oltre il limite di premio annuale, sarà cura del lavoratore, in sede di dichiarazione dei redditi, far concorrere al proprio reddito complessivo i premi di risultato che siano stati assoggettati impropriamente ad imposta sostitutiva, anche nel caso in cui il premio sia stato erogato sotto forma di benefit detassato, come chiarito con la risoluzione 9 giugno 2017, n. 67 .
Qualora, invece, il coinvolgimento paritetico dei lavoratori nell’organizzazione del lavoro sia previsto da contratti stipulati dopo il 24 aprile 2017, data di entrata in vigore del d.l. n. 50 del 2017, in luogo dell’innalzamento del limite di premio agevolabile è prevista, come precisato al paragrafo 1.1, una riduzione di venti punti percentuali dell’aliquota contributiva a carico del datore di lavoro per il regime relativo all’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti su una quota di premio agevolabile non superiore ad euro 800.
Anche tale agevolazione contributiva è da considerarsi annuale e, conseguentemente, qualora un lavoratore abbia stipulato più rapporti di lavoro, il beneficio contributivo potrà essere usufruito dal successivo datore di lavoro fino ad esaurimento del plafond di 800 euro di premio.

4.2 Premi di risultato erogati ai lavoratori dipendenti in misura differenziata. Con la circolare n. 28/E del 2016 è stato precisato che la strutturazione del premio di risultato è un aspetto distinto da quello attinente gli incrementi di risultato che l’azienda deve raggiungere per rendere possibile l’applicazione dell’imposta sostitutiva sui premi.
La strutturazione del premio di risultato, che può essere ravvisata nelle previsioni contrattuali che stabiliscono i criteri e le condizioni per l’erogazione del premio ai lavoratori e l’ammontare loro spettante, risponde esclusivamente alle politiche retributive concordate con le organizzazioni sindacali.
La circostanza che il premio sia, poi, differenziato per i dipendenti sulla base di criteri di valorizzazione della performance individuale, non si pone in contrasto con la condizione richiesta dalla legge per l’applicazione dell’imposta sostitutiva (e, per i contratti stipulati dal 24 aprile 2017, anche dell’agevolazione contributiva), data dal conseguimento da parte dell’azienda di un risultato incrementale che può riguardare la produttività, o la redditività, o la qualità, o l’efficienza o l’innovazione, in ragione di quanto previsto dal contratto aziendale o territoriale, da verificare attraverso gli indicatori numerici definiti dalla stessa contrattazione territoriale o aziendale.
Premesso che il risultato incrementale, ai fini dell’applicazione del beneficio fiscale, deve essere conseguito dall’azienda che eroga il premio, si conferma che non osta all’applicazione dell’imposta sostitutiva, ad esempio, l’attribuzione di un premio di risultato differenziato, graduato in ragione della Retribuzione Annua Lorda dei lavoratori dipendenti o in ragione dell’appartenenza del lavoratore ad un determinato settore aziendale o anche in ragione dei giorni di assenza registrati nel corso del periodo di maturazione del premio, fermo restando l’obbligo previsto dalla legge di computare il periodo obbligatorio di congedo di maternità ai fini della determinazione dei premi di produttività (art. 1, co. 183, legge di Stabilità 2016).
Si ricorda che il beneficio fiscale è applicabile anche qualora sia realizzato l’incremento di uno solo degli obiettivi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione individuati dal contratto, rispetto ad un periodo congruo definito dalle parti.
Ad esempio ai fini dell’applicazione dell’imposta sostitutiva se, in conformità alle previsioni del contratto, l’erogazione del premio è subordinata al raggiungimento di diversi obiettivi, fra di essi alternativi, è sufficiente il raggiungimento incrementale di uno solo di questi misurato sulla base di appositi indicatori (si rinvia, in via esemplificativa e non esaustiva, all’elenco allegato al Decreto del Ministero del Lavoro del 25 marzo 2016), indipendentemente dalla circostanza che, con riferimento alle modalità di determinazione del quantum, le parti abbiano concordato di graduarne l’erogazione in ragione del raggiungimento degli stessi o di diversi obiettivi.
Volendo rappresentare quanto esposto con un esempio numerico, si ipotizzi che il risultato incrementale, rispetto all’anno precedente (es. 2017), è valutato in almeno uno dei seguenti obiettivi previsti nel contratto (misurati da specifici indicatori):
1) la redditività dell’azienda, parametrata al valore dell’Ebitda;
2) l’efficienza del lavoro, connessa alla posizione dell’azienda sul mercato.
In questo contesto viene previsto un premio di 1.000 euro così strutturato:
. il 50% è legato alla qualità della produzione, misurata dal numero di pezzi difettosi prodotti (i.e. la riduzione anche soltanto di un punto percentuale rispetto al numero di pezzi difettosi prodotti nell’anno precedente determina l’erogazione di 500 euro; per un risultato uguale si eroga solo una quota parte pari a 250 euro; mentre per valori inferiori non si procede alla corresponsione del premio).
. il 50% è legato all’innovazione tecnologica, misurata dal numero di brevetti depositati nell’anno dall’azienda (i.e. per un numero di brevetti superiore al valore dell’anno precedente (5) è erogata l’intera quota di 500 euro; per numeri uguali a 5 si corrisponde una quota parte pari a 250 euro; per numeri inferiori non si procede alla corresponsione di alcun premio).
Si ipotizzi che l’impresa ha raggiunto un risultato incrementale con riferimento all’obiettivo della redditività (es. il valore dell’Ebitda del 2018 risulta superiore al valore dell’anno precedente), mentre non si registrano miglioramenti nella posizione dell’azienda sul mercato.
In questo contesto, alla conclusione dell’anno 2018, l’impresa registra una riduzione del numero di pezzi difettosi, conforme all’obiettivo stabilito nel contratto, mentre, diversamente, non risulta incrementato il numero di brevetti depositati dall’azienda rispetto al valore dell’anno precedente. Di conseguenza, l’ammontare del premio erogato sarà pari o 750 euro (dato dalla somma di 500 euro maturati con riguardo all’indicatore A e di 250 euro maturati in relazione all’indicatore B).
Il regime di detassazione in tale ipotesi opera sul premio di 750 euro, atteso che l’impresa ha conseguito risultati incrementali rispetto ad almeno uno degli obiettivi, tra loro alternativi, previsti nel contratto, a nulla rilevando a tal fine la strutturazione del premio.
Alle medesime conclusioni si perviene con riguardo alla diversa ipotesi in cui vi sia coincidenza nel contratto tra gli obiettivi previsti ai fini dell’applicazione dell’imposta sostitutiva e quelli stabiliti ai fini della determinazione quantitativa del premio spettante per il singolo dipendente.
Pertanto, prendendo l’esempio precedente, ai fini dell’applicazione dell’imposta sostitutiva ove nel contratto è contemplato il raggiungimento, in via alternativa, dei medesimi obiettivi previsti anche ai fini della determinazione del quantum (qualità della produzione e innovazione tecnologica), si ritiene che il regime di detassazione operi ugualmente sul premio di 750 euro (dato dalla somma di 500 euro maturati per effetto dell’incremento dell’indicatore A e di 250 euro spettanti in relazione all’indicatore B), in quanto il risultato incrementale si è comunque registrato su uno dei due obiettivi previsti come alternativi dal contratto (miglioramento della qualità della produzione).
Laddove, al contrario, il contratto preveda espressamente il raggiungimento di diversi obiettivi non alternativi tra di loro, l’imposta sostitutiva troverà applicazione esclusivamente sulla parte di premio i cui relativi parametri/indicatori abbiano rispettato il requisito dell’incrementalità.
Si ipotizzi, ad esempio, che venga definito un premio di risultato pari a 1.000 euro, il cui ammontare è determinato in ragione di diversi obiettivi (i.e. 500 euro a fronte del raggiungimento di un incremento del numero dei brevetti depositati; 500 euro in caso di riduzione del numero di pezzi difettosi prodotti); qualora il contratto preveda espressamente che tali obiettivi rilevino autonomamente, in modo tale, quindi, che le somme messe a disposizione possano essere considerate alla stregua di singoli premi a sé stanti, strettamente – ed esclusivamente – legati al parametro/obiettivo assegnato, si ritiene che il regime di detassazione operi esclusivamente sul premio relativo agli obiettivi che abbiano registrato il requisito dell’incrementalità (es. riduzione della percentuale di pezzi difettosi prodotti rispetto al periodo di riferimento stabilito nel contratto).

4.3 Periodo di misurazione del risultato incrementale raggiunto dall’azienda. L’articolo 2, comma 2, del Decreto stabilisce che “I contratti collettivi … devono prevedere criteri di misurazione e verifica degli incrementi …. rispetto ad un periodo congruo definito dall’accordo …” (sottolineatura aggiunta).
Per periodo congruo deve intendersi il periodo di maturazione del premio di risultato, ovvero l’arco temporale individuato dal contratto al termine del quale deve essere verificato l’incremento di produttività, redditività ecc., costituente il presupposto per l’applicazione del regime agevolato.
La durata di tale periodo è rimessa alla contrattazione di secondo livello e può essere, indifferentemente, annuale o infrannuale o ultrannuale dal momento che ciò che rileva è che il risultato conseguito dall’azienda in tale periodo sia misurabile e risulti migliore rispetto al risultato antecedente l’inizio del periodo considerato.
Ad esempio, nell’ipotesi in cui il contratto individui come obiettivo aziendale l’ammontare di produzione nel semestre, ai fini dell’applicabilità del regime agevolato al premio maturato in tale periodo, dovranno essere messi a confronto il livello di produzione che l’azienda ha conseguito nel semestre considerato con quello antecedente l’inizio del semestre.
Il risultato precedente può essere costituito dal livello di produzione del semestre o dell’anno o anche del triennio precedente il semestre considerato, purché si tratti di un dato precedente a quest’ultimo e non un dato remoto, non idoneo a rilevare un incremento attuale di produzione.

4.4 Premi erogati in assenza di rappresentanze sindacali aziendali. Altra condizione essenziale per l’applicazione della misura agevolativa (art. 1, co. 187, della legge di Stabilità 2016) è che l’erogazione del premio di risultato, anche sotto forma di partecipazione agli utili, avvenga “in esecuzione dei contratti aziendali o territoriali di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81”, vale a dire contratti stipulati da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o contratti collettivi aziendali stipulati dalle loro rappresentanze sindacali aziendali ovvero dalla rappresentanza sindacale unitaria.
Qualora l’azienda sia priva di rappresentanza sindacale interna, potrà comunque recepire il contratto collettivo territoriale di settore e, conseguentemente, al ricorrere delle condizioni richieste, applicare l’imposta sostitutiva sui premi di risultato erogati in esecuzione di tale contratto territoriale.
Nell’ipotesi in cui non sia stato stipulato un contratto territoriale di settore, l’azienda potrà adottare il contratto territoriale che ritiene più aderente alla propria realtà, dandone comunicazione ai lavoratori, il quale sarà recepito non solo per la previsione agevolativa, ma anche per la regolamentazione di altri aspetti del rapporto di lavoro.

4.5 Registrazione del contratto. Tra le condizioni richieste ai fini dell’applicazione dell’imposta sostitutiva del 10 per cento, l’art. 5 del Decreto prevede che i contratti territoriali e aziendali siano depositati entro 30 giorni dalla loro sottoscrizione, unitamente alla dichiarazione di conformità del contratto alle disposizioni dello stesso decreto.
Tale termine è da intendersi quale ordinatorio fermo restando che i premi di risultato risulteranno agevolabili sempreché i contratti aziendali o territoriali al momento della erogazione del premio siano già stati depositati, unitamente alla dichiarazione di conformità del contratto alle previsioni della legge.

4.6 Risultati aziendali territoriali o di gruppo. L’intervento legislativo del 2016, del 2017 e del 2018 in materia di premi di risultato è finalizzato ad agevolare le sole aziende, e i rispettivi dipendenti, che realizzino un effettivo incremento di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione. Il riconoscimento del beneficio fiscale richiede che la verifica e la misurazione dell’incremento, quale presupposto per l’applicazione dell’imposta sostitutiva del 10 per cento, siano effettuate a livello aziendale, in base ai risultati raggiunti al termine del periodo congruo di misurazione, dalla singola azienda che eroga il premio di risultato.
Pertanto, anche se il contratto prevede l’erogazione di premi in base ad incrementi di risultato raggiunti a livello territoriale dalle aziende cui quel contratto territoriale si riferisce, tale condizione non è sufficiente ai fini dell’applicazione del beneficio fiscale, essendo comunque necessario che l’incremento di risultato sia verificabile nei confronti della singola azienda che eroga il premio. La singola azienda, pur essendo tenuta sulla base del contratto ad erogare il premio in quanto il settore ha raggiunto complessivamente un risultato incrementale positivo, non può riconoscere ai dipendenti l’agevolazione fiscale se il proprio risultato non sia incrementativo rispetto all’analogo parametro del periodo precedente.
Analoghe considerazioni valgono anche nell’ambito dei gruppi aziendali, nell’ipotesi in cui la contrattazione collettiva aziendale subordini l’erogazione del premio di risultato al raggiungimento di un obiettivo di gruppo. Affinché il premio possa essere agevolato è necessario, infatti, che l’incremento di produttività, redditività ecc. sia raggiunto dalla singola azienda, non essendo sufficiente il raggiungimento del risultato registrato dal Gruppo stesso.
Unica eccezione che si ritiene di poter ammettere riguarda l’ipotesi in cui i rapporti di lavoro subordinato siano gestiti, nell’ambito del Gruppo, in maniera unitaria ed uniforme e la contrattazione collettiva, vincolante per tutte le aziende del Gruppo, venga centralizzata in capo ad una sola società (di solito la casa-madre). In tale fattispecie, infatti, sembra potersi ammettere il ricorso ad obiettivi di gruppo fermo restando che, naturalmente, non potrà in alcun caso essere ammessa al raggiungimento di tali obiettivi la partecipazione di società non residenti in Italia.
Il risultato incrementale del Gruppo, infatti, può essere assunto quale presupposto per la erogazione di premi agevolabili solo se determinato esclusivamente da società residenti in Italia o da società non residenti che esercitano l’attività nel territorio dello Stato, non rientrando nella finalità della misura agevolare risultati di redditività che non contribuiscono alla crescita del sistema produttivo nazionale.

4.7 Anticipazioni e Acconti di premi di risultato. Il raggiungimento del risultato incrementale da parte dell’azienda costituisce il presupposto essenziale per l’applicazione dell’imposta sostitutiva del 10 per cento e, pertanto, i premi erogati senza che sia verificato tale presupposto non risultano agevolabili. Risulta, pertanto, coerente con l’applicazione dell’agevolazione la fisiologica erogazione del premio solo dopo la verifica del risultato conseguito dalla azienda.
Con la citata circolare n. 28/E del 2016 è stato precisato che il datore di lavoro, che accerti ex post che il premio erogato è conforme ai presupposti richiesti per l’agevolazione, può applicare l’imposta sostitutiva conguagliando le maggiori trattenute operate, o con la prima retribuzione utile o, al più tardi, entro la data di effettuazione delle operazioni di conguaglio.
Nel caso in cui non sia possibile verificare in base ad elementi oggettivi il raggiungimento dell’obiettivo incrementale entro la data di effettuazione delle operazioni di conguaglio, in quanto ad esempio riscontrabile solo in sede di bilancio, l’imposta sostitutiva potrebbe essere applicata sugli acconti o anticipazioni dei premi di risultato, già assoggettati a tassazione ordinaria, da parte degli stessi lavoratori dipendenti in sede di dichiarazione dei redditi, sulla base di una nuova Certificazione Unica con la quale il datore attesti la sussistenza del presupposto per l’applicazione del beneficio fiscale.
In tale ipotesi il tardivo invio della nuova Certificazione Unica all’Agenzia delle Entrate non comporterà l’applicazione di sanzioni, atteso che il mancato rispetto dei termini previsti per l’invio non è determinato da inadempienze del datore di lavoro. In alternativa il lavoratore dipendente può presentare istanza di rimborso ai sensi dell’articolo 38 del DPR n. 602 del 1973 sulla base di una documentazione rilasciata dal datore di lavoro che comprovi il raggiungimento dell’obiettivo incrementale.
Peraltro, si è dell’avviso che il regime fiscale agevolato possa applicarsi anche all’acconto a condizione che sia riscontrabile al momento della relativa erogazione un incremento in linea con l’obiettivo individuato dal contratto.
Qualora siano previsti più acconti – ad es. il contratto di secondo livello preveda erogazioni trimestrali – ai fini dell’applicazione dell’imposta sostitutiva sarà necessario sommare il risultato registrato nel trimestre di riferimento con quelli registrati nei trimestri precedenti: il regime fiscale agevolato potrà trovare applicazione qualora il risultato complessivo dei trimestri considerati risulti incrementale rispetto al parametro di riferimento individuato dal contratto.
Resta fermo che se al termine del periodo congruo non si registri l’incremento individuato dal contratto, il datore di lavoro, analogamente a quanto detto in precedenza, dovrà emettere una nuova certificazione e recuperare le minori imposte versate in occasione dell’erogazione degli acconti per i quali sia stata applicata l’imposta sostitutiva o indicare al dipendente di provvedervi in sede di dichiarazione.

4.8 Benefit sostitutivi di premi di risultato erogati mediante voucher: momento di percezione. In base al principio di cassa, che presiede la determinazione del reddito di lavoro dipendente, la retribuzione deve essere imputata in base al momento di effettiva percezione della stessa da parte del lavoratore. Tale principio si applica sia con riferimento alle erogazioni in denaro sia con riferimento alle erogazioni in natura mediante l’assegnazione di beni o servizi. Come chiarito con la circolare n. 326 del 1997 , il momento di percezione coincide con quello in cui il fringe benefit esce dalla sfera patrimoniale dell’erogante per entrare in quella del dipendente.
Tale principio assume particolare rilevanza nelle ipotesi in cui il benefit sia escluso dal reddito entro determinati limiti di valore o di importo, ad esempio nel caso di benefit erogati in sostituzione di premi di risultato soggetti ad imposta sostitutiva, di contributi a casse di assistenza sanitaria, di beni e servizi erogati per un importo complessivo non superiore a 258,26 euro, ecc., essendo necessario verificare che tali valori o importi non siano superati nel periodo d’imposta.
Per quanto concerne le erogazioni di benefit erogati mediante voucher, il comma 1 dell’art. 6 del decreto connota tale documento come titolo di legittimazione rappresentativo di una specifica utilità. Ciò comporta che il benefit si considera percepito dal dipendente, ed assume quindi rilevanza reddituale, nel momento in cui tale utilità entra nella disponibilità del lavoratore, a prescindere che il servizio venga fruito in un momento successivo.
Medesime considerazioni possono essere svolte con riferimento all’offerta di welfare aziendale legata ai premi di risultato di cui alla legge 208 del 2015, in virtù della quale viene attribuito ai lavoratori un determinato valore di “credito welfare” – rappresentato da beni e servizi che possono essere erogati anche sotto forma di rimborsi (es. spese di educazione ed istruzione di cui al comma 2, lettera f-bis) dell’articolo 51 del T.U.I.R.) – da fruire immediatamente ovvero in un momento successivo. In tale ipotesi, in linea con quanto indicato per i benefit erogati mediante voucher, si può ritenere che, ai fini delle imposte dirette, l’eventuale rilevanza reddituale emerga nel momento in cui il dipendente opta per la fruizione del benefit o del rimborso.

4.9 Benefit erogati a categorie di dipendenti. L’articolo 51, comma 2, del TUIR elenca tassativamente le somme e i valori percepiti in relazione al rapporto di lavoro dipendente, che in tutto o in parte, sono esclusi dal reddito imponibile, in deroga al principio generale dell’onnicomprensività sancito dall’art. 51, comma 1, del TUIR in applicazione del quale “… tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro” costituiscono reddito di lavoro dipendente.
Affinché le predette somme e valori risultino, in tutto o in parte detassati, è necessario, però, che l’offerta sia rivolta alla “generalità dei dipendenti” ovvero a “categorie di dipendenti”. Al riguardo, l’A.F. ha più volte precisato che il legislatore, a prescindere dall’utilizzo dell’espressione “alla generalità dei dipendenti” ovvero a “categorie di dipendenti” non riconosce l’applicazione delle disposizioni elencate nel comma 2 dell’articolo 51 del TUIR ogni qual volta le somme o i servizi ivi indicati siano rivolti ad personam, ovvero costituiscano dei vantaggi solo per alcuni e ben individuati lavoratori.
Inoltre, si osserva che con le predette locuzioni il legislatore ha voluto riferirsi alla generica disponibilità di opere, servizi o somme ecc. verso un gruppo omogeneo di dipendenti, anche se alcuni di questi non fruiscono di fatto delle predette “utilità”.
La scrivente ha inoltre chiarito che l’espressione “categorie di dipendenti” non va intesa soltanto con riferimento alle categorie previste nel codice civile (dirigenti, operai, etc.), bensì a tutti i dipendenti di un certo tipo (ad esempio, tutti i dipendenti di un certo livello o di una certa qualifica, ovvero tutti gli operai del turno di notte ecc.), purché tali inquadramenti siano sufficienti ad impedire, in senso teorico, che siano concesse erogazioni ad personam in esenzione totale o parziale da imposte.
Nel particolare contesto dei premi di risultato agevolabili, può peraltro configurarsi quale “categoria di dipendenti” l’insieme di lavoratori che avendo convertito, in tutto o in parte, il premio di risultato in welfare ricevono una “quantità” di welfare aggiuntivo rispetto al valore del premio, in ragione del risparmio contributivo di cui a seguito di tale scelta beneficia il datore di lavoro.

4.10 Contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o dal lavoratore ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale. Come illustrato, ai sensi dell’art. 51, comma 2, lett. a), del TUIR, non concorrono, tra l’altro, alla formazione del reddito di lavoro dipendente “… i contributi di assistenza sanitaria versati dal datore di lavoro o dal lavoratore ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, che operino negli ambiti di intervento stabiliti con il decreto del Ministro della salute di cui all’articolo 10, comma 1, lettera e-ter), per un importo non superiore complessivamente ad euro 3.615,20. Ai fini del calcolo del predetto limite si tiene conto anche dei contributi di assistenza sanitaria versati ai sensi dell’articolo 10, comma 1, lettera e-ter);”.
In relazione alla portata della predetta disposizione, si ritengono utili ulteriori riflessioni, con particolare riferimento alle prestazioni rese al lavoratore da parte della cassa sanitaria.
Non si rilevano, invero, criticità laddove le casse sanitarie operino rispettando principi di mutualità. Alcune perplessità sorgono, al contrario, in tutte quelle ipotesi in cui esista, per ciascun iscritto/dipendente, una stretta correlazione fra quanto percepito dalla cassa a titolo di contribuzione ed il valore della prestazione resa nei confronti del lavoratore, o dei suoi familiari e conviventi, al punto che la prestazione sanitaria – sotto forma di prestazione diretta ovvero di rimborso della spesa – ove erogata, non possa comunque mai eccedere, in termini di valore, il contributo versato dal dipendente o dal suo datore di lavoro.
In tal caso si ritiene che il lavoratore non possa beneficiare del vantaggio fiscale disposto dell’articolo 51, comma 2, lettera a) del TUIR per le casse aventi finalità mutualistica, rappresentato dalla non concorrenza alla formazione del reddito di lavoro dipendente dei contributi in parola, ma della detrazione prevista per spese sanitarie rimaste a carico.

4.11 Rimborsabilità delle spese sostenute nei precedenti periodi d’imposta e conservazione della documentazione. L’articolo 51, comma 2, lett. f-bis) ed f-ter), del TUIR riconoscono la non concorrenza al reddito di lavoro dipendente, tra l’altro, al rimborso delle spese sostenute per “… servizi di educazione e istruzione anche in età prescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi, nonché per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali e per borse di studio a favore dei medesimi familiari;”, nonché per “la fruizione dei servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti indicati nell’articolo 12;”.
Al riguardo si rileva che il modello di Certificazione Unica 2017 riserva un’apposita sezione ai “Rimborsi di beni e servizi non soggetti a tassazione” ai sensi dell’art. 51 del TUIR. Tra le informazioni che il sostituto d’imposta/datore di lavoro deve fornire, il “punto 701” individua l’anno nel quale è stata sostenuta la spesa rimborsata dallo stesso sostituto.
Pertanto, ai fini della non concorrenza al reddito di lavoro dipendente dei rimborsi delle spese relative alle finalità di cui alle lett. f-bis) ed f-ter) del comma 2 dell’art. 51 del TUIR, si ritiene che non necessariamente i predetti rimborsi debbano essere erogati nel medesimo anno in cui le spese sono state sostenute.
L’importo del rimborso rileverà nell’anno in cui il datore di lavoro restituisce al lavoratore l’onere da questi sostenuto, fermo restando che ai fini del limite fissato dal comma 182 dell’art. 1 della legge di Stabilità 2016, così come modificato dalla legge di Bilancio 2017, invece, il benefit rileverà nel periodo d’imposta in cui il dipendente ha optato per la conversione del premio di risultato come chiarito al paragrafo 4.8.
Ai fini dell’esclusione dal reddito di lavoro dipendente dei rimborsi delle spese sostenute per le finalità di educazione, istruzione e assistenza, di cui all’articolo 51, co. 2, lett. f-bis) ed f-ter), del TUIR, nonché ai fini della deducibilità dei costi da parte dell’impresa/datore di lavoro, è necessario che quest’ultimo acquisisca e conservi la documentazione comprovante l’utilizzo delle somme da parte del dipendente coerentemente con le finalità per le quali sono state corrisposte. Tale onere ricade sul datore di lavoro sia che eroghi direttamente le somme ai dipendenti, sia nell’ipotesi in cui rimborsi l’onere sostenuto dai propri dipendenti.
In relazione alla conservazione della citata documentazione, la scrivente ha fornito precisazioni con risoluzione 21 luglio 2017, n. 96 (a cui si rinvia per gli approfondimenti) laddove ha rammentato che dalla normativa e dalla prassi in essere emerge che qualunque documento informatico avente rilevanza fiscale deve possedere, tra le altre, le caratteristiche della immodificabilità, integrità ed autenticità (si veda l’articolo 2, del D.M. 17 giugno 2014 e l’articolo 3 dei D.P.C.M. 13 novembre 2014 e 3 dicembre 2013).
Laddove il datore di lavoro garantisca tali caratteristiche, nulla osta a che i documenti analogici siano sostituiti, nel rispetto del procedimento previsto dall’art. 4 del D.M. 17 giugno 2014, dalle relative copie informatiche di cui all’articolo 23-bis del D.Lgs. n. 82 del 2005 (c.d. “Codice dell’Amministrazione Digitale” o “CAD”).
Restano fermi, come ovvio, tutti gli ulteriori requisiti legislativamente individuati per la deducibilità dei costi (quali inerenza, competenza e congruità) e le modalità di imputazione dei redditi in capo ai soggetti rimborsati”.

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