13 Maggio, 2015

 

SOMMARIO: 1. Brevi cenni in merito alla qualificazione della liquidazione coatta amministrativa quale procedura concorsuale – 2. Aspetti di interesse relativi all’imposizione sui redditi dell’impresa in liquidazione coatta amministrativa 3. I crediti erariali nell’accertamento del passivo della società in liquidazione coatta amministrativa.

 

 

1. Brevi cenni in merito alla qualificazione della liquidazione coatta amministrativa quale procedura concorsuale

La liquidazione coatta amministrativa costituisce una procedura concorsuale differenziata e straordinaria che trova applicazione per determinate categorie di soggetti, principalmente in ragione della attività che gli stessi svolgono. La liquidazione coatta amministrativa, disciplinata dagli artt. da 194 a 215 della legge fallimentare (R.D. 16 marzo 1942, n. 267), trova applicazione, anche per motivi di pubblico interesse, sia nei casi di insolvenza sia nelle fattispecie di violazione di norme di legge, di provvedimenti amministrativi o di norme statutarie che disciplinano il funzionamento dell’impresa.

Sono assoggettate alla liquidazione coatta amministrativa: le società cooperative che non svolgano attività commerciali ex art. 2545-terdecies, primo comma, c.c. (1); le imprese bancarie ex artt. 80 e segg. del D.Lgs. 1º settembre 1993, n. 385 (Testo unico bancario, c.d. TUB), incluse le succursali sia di banche comunitarie sia di fondazioni bancarie; le imprese di assicurazione ex art. 245 del D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209, incluse le succursali presenti in Italia di imprese di assicurazione straniere; le società fiduciarie e di revisione previste dalla legge 23 novembre 1939, n. 1966, ivi comprese le società da esse controllate o collegate, anche prive di autorizzazione; le imprese di intermediazione finanziaria quali le società di intermediazione mobiliare, le società di gestione del risparmio e le società di investimento a capitale variabile di cui agli artt. 57 e segg. del D.Lgs. 24 febbraio 1998, n. 58.

L’art. 195 della legge fallimentare stabilisce che se un’impresa soggetta a liquidazione coatta amministrativa, con esclusione del fallimento, si trova in stato di insolvenza il tribunale del luogo dove l’impresa ha la sede principale, su richiesta di uno o più creditori, ovvero dell’Autorità che ha la vigilanza sull’impresa o di questa stessa, dichiara tale stato con sentenza (2). Con la stessa sentenza o con successivo decreto, il tribunale adotta i provvedimenti conservativi che ritenga opportuni nell’interesse dei creditori fino all’inizio della procedura di liquidazione. Prima di provvedere il tribunale deve sentire il debitore, con le modalità di cui all’art. 15 della legge fallimentare, e l’Autorità governativa che ha la vigilanza sull’impresa. La sentenza è comunicata entro tre giorni, a norma dell’art. 136 c.p.c., all’Autorità competente perché disponga la liquidazione, inoltre, è notificata, affissa e resa pubblica nei modi e nei termini stabiliti per la sentenza dichiarativa di fallimento(3).

Su istanza del commissario liquidatore il tribunale provvede alla dichiarazione d’insolvenza a norma dell’art. 195 della legge fallimentare quando nel corso della procedura di concordato preventivo di un’impresa soggetta a liquidazione coatta amministrativa, con esclusione del fallimento, si verifica la cessazione della procedura e sussiste lo stato di insolvenza (4).

Per quanto riguarda gli effetti del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa, l’art. 200 della legge fallimentare stabilisce che dalla data del provvedimento che ordina la liquidazione si applicano gli artt. 42, 44, 45, 46 e 47 della legge fallimentare e, se l’impresa è una società o una persona giuridica, cessano le funzioni delle assemblee e degli organi di amministrazione e di controllo, salvo per il caso previsto dall’art. 214. Inoltre, nelle controversie in corso, relative a rapporti di diritto patrimoniale dell’impresa, sta in giudizio il commissario liquidatore.

Il commissario liquidatore prende in consegna tutti i beni dell’impresa, le scritture, i documenti contabili e il conto della gestione per il periodo che intercorre tra l’inizio dell’esercizio e la data del provvedimento di liquidazione coatta amministrativa dell’impresa, redatto dagli amministratori in base a quanto stabilito dall’art. 2487-bis c.c.

Il commissario liquidatore procede quindi ad elaborare, anche sulla base del conto della gestione, l’inventario dei beni dell’impresa alla data di apertura della procedura e il bilancio iniziale della liquidazione che, insieme con una relazione dettagliata che illustri le possibili cause dello stato di crisi e le eventuali responsabilità, devono essere presentati entro 60 giorni all’Autorità giudiziaria competente.

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Con l’inizio della liquidazione coatta amministrativa il commissario liquidatore deve presentare all’Autorità di vigilanza, ogni sei mesi, una relazione che illustri la situazione patrimoniale e la gestione dell’impresa. La relazione semestrale del commissario liquidatore è accompagnata da un rapporto del comitato di sorveglianza che illustra tutte le attività svolte e fornisce i dati contabili di rilievo (5). Nel caso in cui il commissario liquidatore, effettuate le opportune analisi, ravvisi la sussistenza dei presupposti per la prosecuzione dell’attività aziendale, dovrà richiedere l’autorizzazione all’Autorità di vigilanza.

Il commissario liquidatore, nell’interesse della procedura, salvo parere del comitato di sorveglianza e previa autorizzazione dell’Autorità di vigilanza per la vendita di beni immobili o mobili in blocco o del complesso aziendale, liquida il patrimonio aziendale nei modi che ritiene più opportuni.

Al riguardo, l’art. 210 della legge fallimentare stabilisce che il commissario ha tutti i poteri necessari per la liquidazione dell’attivo, salve le limitazioni stabilite dall’Autorità che vigila sulla liquidazione. In ogni caso per la vendita degli immobili e per la vendita dei mobili in blocco occorrono l’autorizzazione dell’Autorità che vigila sulla liquidazione e il parere del comitato di sorveglianza. Nel caso di società con soci a responsabilità limitata il presidente del tribunale può, su proposta del commissario liquidatore, ingiungere con decreto ai soci a responsabilità limitata e ai precedenti titolari delle quote o delle azioni di eseguire i versamenti ancora dovuti, quantunque non sia scaduto il termine stabilito per il pagamento.

2. Aspetti di interesse relativi all’imposizione sui redditi dell’impresa in liquidazione coatta amministrativa

Passando ad analizzare gli aspetti di natura tributaria, vi è da rilevare innanzitutto che l’art. 183, primo comma, del TUIR, stabilisce: «nei casi di fallimento e di liquidazione coatta amministrativa il reddito di impresa relativo al periodo compreso tra l’inizio dell’esercizio e la dichiarazione di fallimento o il provvedimento che ordina la liquidazione è determinato in base al bilancio redatto dal curatore o dal commissario liquidatore. Per le imprese individuali e per le società in nome collettivo e in accomandita semplice il detto reddito concorre a formare il reddito complessivo dell’imprenditore, dei familiari partecipanti all’impresa o dei soci relativo al periodo di imposta in corso alla data della dichiarazione di fallimento o del provvedimento che ordina la liquidazione». Ai sensi dell’art. 5, quarto comma, del D.P.R. 22 luglio 1988, n. 322, il commissario liquidatore elabora, redige e presenta entro sette mesi la dichiarazione relativa al reddito pre concorsuale (6).

L’opzione per la trasparenza ex art. 115 del TUIR eventualmente esercitata dalla società di capitali decade a partire dal periodo d’imposta avente inizio dalla data di apertura della procedura di liquidazione coatta amministrativa.

Ove si tratti di una impresa individuale, entro lo stesso termine il commissario liquidatore deve inviare una copia della dichiarazione alle persone fisiche in liquidazione coatta amministrativa e agli eventuali partecipanti dell’impresa o alla società (7).

Il reddito o la perdita fiscale del periodo pre concorsuale è determinato in base ad apposito bilancio elaborato e redatto dal commissario liquidatore secondo le norme che disciplinano il reddito d’impresa.

Nella fattispecie relative ai soggetti IRES l’eventuale credito dell’erario per imposte sul reddito d’impresa ha carattere concorsuale e deve essere ammesso al passivo per concorrere alla liquidazione del patrimonio del contribuente.

Nella fattispecie di soggetti IRPEF la fattispecie presenta alcune complessità in quanto l’eventuale reddito d’impresa determinato dal commissario liquidatore confluisce nel reddito complessivo della persona fisica relativo al periodo d’imposta a cui afferisce in parte il periodo pre concorsuale. Il reddito è in parte relativo al periodo pre concorsuale e in parte è all’interno della procedura stessa mentre il credito erariale è unico.

Ciò premesso, sembra ragionevole sostenere che il credito per l’imposta afferente il reddito complessivo dell’imprenditore persona fisica non sia opponibile alla massa dei creditori quando deriva da un presupposto cronologicamente successivo all’inizio della liquidazione coatta amministrativa (8).

Al secondo comma dell’art. 183 del TUIR è stabilito che «il reddito di impresa relativo al periodo compreso tra l’inizio e la chiusura del procedimento concorsuale, quale che sia la durata di questo ed anche se vi è stato esercizio provvisorio, è costituito dalla differenza tra il residuo attivo e il patrimonio netto dell’impresa o della società all’inizio del procedimento, determinato in base ai valori fiscalmente riconosciuti. Il patrimonio netto dell’impresa o della società all’inizio del procedimento concorsuale è determinato mediante il confronto secondo i valori riconosciuti ai fini delle imposte sui redditi, tra le attività e le passività risultanti dal bilancio di cui al comma 1, redatto e allegato alla dichiarazione iniziale del curatore o dal commissario liquidatore. Il patrimonio netto è considerato nullo se l’ammontare delle passività è pari o superiore a quello delle attività» (9).

Al terzo comma dell’art. 183 è poi stabilito che «per le imprese individuali e per le società in nome collettivo e in accomandita semplice la differenza di cui al comma 2 è diminuita dei corrispettivi delle cessioni di beni personali dell’imprenditore o dei soci compresi nel fallimento o nella liquidazione ed è aumentata dei debiti personali dell’imprenditore o dei soci pagati dal curatore o dal commissario liquidatore. Ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche il reddito che ne risulta, al netto dell’imposta locale sui redditi, è imputato all’imprenditore, ai familiari partecipanti all’impresa o ai soci nel periodo di imposta in cui si è chiuso il procedimento; se questo si chiude in perdita si applicano le disposizioni dell’art. 8. Per i redditi relativi ai beni e diritti non compresi nel fallimento o nella liquidazione a norma dell’art. 46 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267, restano fermi, in ciascun periodo di imposta, gli obblighi tributari dell’imprenditore o dei soci».

Al termine della liquidazione coatta amministrativa il commissario liquidatore deve elaborare e redigere la dichiarazione finale relativa all’intero periodo della procedura entro il termine del settimo mese successivo a quello di chiusura come stabilito dall’art. 5, quarto comma, del D.P.R. n. 322/1998.

Il commissario liquidatore deve effettuare il versamento dell’IRES prima di presentare la dichiarazione finale e, nella fattispecie riguardante imprese individuali e società di persone, lo stesso commissario liquidatore deve, come per il periodo pre concorsuale, consegnare una copia della dichiarazione finale all’imprenditore, a ciascuno dei familiari partecipanti all’impresa, a ciascun socio, affinché gli stessi la integrino con gli altri redditi e provvedano al versamento dell’IRPEF (10).

Infine, il commissario liquidatore della liquidazione coatta amministrativa rientra tra i sostituti d’imposta, ai sensi dell’art. 23, primo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (a seguito delle modifiche di cui all’art. 37 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 223).

Il commissario liquidatore che effettui pagamenti soggetti a ritenute alla fonte ex artt. 23 e segg. del D.P.R. n. 600/1973 è obbligato ad effettuare le ritenute previste dalla legge sulle somme versate in attuazione dei piani di riparto parziali o finali e sulle somme corrisposte in prededuzione a fronte di obbligazioni di massa. Ne consegue che lo stesso commissario è altresì obbligato al versamento delle ritenute operate, a rilasciare le certificazioni previste dall’art. 6-ter del D.P.R. n. 322/1998, a trasmettere in via telematica all’Agenzia delle entrate i dati fiscali e contributivi ex art. 4, comma 3-bis, del D.P.R. n. 322/1998, nonché a presentare la dichiarazione annuale ex art. 4, comma 4-bis, del medesimo decreto (11).

Per quanto stabilito dall’art. 111 della legge fallimentare, i debiti verso l’erario derivanti dalla liquidazione coatta amministrativa costituiscono debiti di massa e non sono assoggettati a ripartizione concorsuale. Il commissario liquidatore provvede al pagamento degli stessi mediante l’impiego di quanto ricavato dalla liquidazione del patrimonio sociale, svolgendo una funzione di carattere pubblicistico a cui si collegano gli obblighi di natura tributaria (12).

La gestione del commissario liquidatore, ancorché produca effetti sulla società in liquidazione coatta amministrativa, costituisce una attività che ai fini fiscali rimane propria del commissario. Ne deriva che ai fini delle sanzioni tributarie il commissario liquidatore risponde esclusivamente per quanto la legge gli impone in modo specifico.

3. I crediti erariali nell’accertamento del passivo della società in liquidazione coatta amministrativa

Il credito erariale, sia che si tratti dell’imposta principale o di una sanzione pecuniaria, assume natura concorsuale quando sia sorto in data anteriore al Decreto ministeriale che determina l’inizio della liquidazione coatta amministrativa.

In tal senso l’erario, così come accade per altri creditori che intendano partecipare al concorso dello stato passivo, ha l’onere di presentare domanda di ammissione al passivo affinché il credito vantato sia verificato e ammesso (13).

Gli organi della procedura non analizzano il merito della pretesa erariale e si limitano, in particolar modo il commissario liquidatore che provvede alla elaborazione e al deposito dello stato passivo, alla verifica del credito fiscale, se esistente o meno (14).

Infatti, la riserva di giurisdizione appartiene agli organi della giustizia tributaria ai sensi di quanto stabilito dall’art. 2 e successive modifiche del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, che stabilisce l’appartenenza alla giurisdizione tributaria di tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie, comunque denominati, compresi quelli regionali, provinciali e comunali (15).

Il giudice competente per la procedura concorsuale è privo di giurisdizione in relazione all’an e al quantum del credito erariale così come non ha giurisdizione né per la legittimità dell’atto impositivo né per l’atto della riscossione. Il giudice competente per la liquidazione coatta amministrativa della società si limita alla verifica della eventuale idoneità al concorso del credito erariale, ossia alla verifica del momento in cui lo stesso è sorto e della sua evidenza documentale (16).

Con riferimento alla legittimazione del commissario liquidatore ad impugnare gli atti impositivi e gli atti della riscossione, ovvero ad agire per il rimborso di crediti erariali, non sembrano sussistere dubbi (17).

Con l’inizio della liquidazione coatta amministrativa, gli atti dell’Amministrazione finanziaria, anche quando si riferiscono a fatti o obbligazioni sorte in data antecedente all’inizio della procedura liquidatoria, devono essere notificati al soggetto passivo in liquidazione coatta amministrativa e ai commissari liquidatori i quali, in quanto legali rappresentanti della società, sono legittimati a contestarne il contenuto.

Ciò consente di far valere la pretesa impositiva nei confronti del soggetto passivo che comunque potrebbe tornare in bonis e tutela sia i soci della società sia l’impresa quando il commissario liquidatore non tenga in particolare cura la vicenda tributaria, anche in considerazione del fatto che l’impresa o la società in liquidazione coatta amministrativa non perde la capacità processuale e può difendersi nei procedimenti in corso dove il commissario non abbia esercitato il diritto alla difesa.

Come sopra accennato la notifica all’impresa o alla società in liquidazione coatta amministrativa degli atti dell’Amministrazione finanziaria sono in ogni caso necessari affinché i crediti erariali concorrano nel passivo (18).

Al riguardo, per l’ammissione al passivo, l’Amministrazione finanziaria deve indicare la somma di cui si chiede l’insinuazione ed esporre in modo succinto i fatti e gli elementi di diritto a base della domanda, allegando i documenti che provano il credito erariale.

In merito, l’Amministrazione finanziaria esegue la riscossione coattiva mediante il titolo esecutivo rappresentato dal ruolo ed è l’agente della riscossione che ai sensi dell’art. 87, secondo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, chiede l’ammissione al passivo per conto dell’Agenzia delle entrate sulla base del ruolo stesso (19).

Dovrebbe escludersi l’ammissione al passivo di crediti erariali fondati su atti antecedenti alla iscrizione a ruolo (20).

Oltre ai crediti erariali per imposte accertate in modo definitivo ai sensi dell’art. 14 del D.P.R. n. 602/1973, sono da ritenere ammessi anche i crediti erariali oggetto di accertamenti non ancora definitivi per i quali pende il termine per la proposizione del ricorso o comunque un giudizio ai sensi degli artt. 15 del D.P.R. n. 602/1973 e 68 del D.Lgs. n. 546/1992(21). Un breve accenno merita inoltre l’ammissione allo stato passivo di crediti erariali la cui riscossione si fonda su atti diversi dal ruolo o dall’ingiunzione. Al riguardo sembrerebbe ammesso il credito IVA da un avviso di pagamento ex art. 60 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (22).

L’Amministrazione finanziaria per essere ammessa al passivo deve perciò notificare alla società o all’impresa e al commissario liquidatore copia dell’estratto del ruolo dove siano indicati tutti gli elementi del credito erariale (23).

La notifica deve essere effettuata, come già accennato, al commissario liquidatore e all’impresa o alla società in liquidazione (24).

Come in parte già evidenziato, i crediti erariali sono ammessi a concorrere al passivo secondo quanto stabilito anche per gli altri crediti ai sensi degli artt. 93 e segg. della legge fallimentare e, ove sussistano controversie, l’ammissione avviene con riserva come previsto dall’art. 88 del D.P.R. n. 602/1973 (25).

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La collocazione dei crediti erariali in ragione di eventuali privilegi deve essere valutata con riferimento a ciascun specifico tributo.

Godono di privilegio speciale ai sensi dell’art. 2759 c.c. i crediti IRPEF, IRES e ILOR, per la quota d’imposta imputabile al reddito d’impresa, nonché quello che insiste sopra i beni mobili destinati all’esercizio dell’impresa e sulle merci che si trovano nel locale adibito all’esercizio dell’impresa o ad abitazione dell’imprenditore, relativi ai due anni anteriori a quello in cui si procede (26).

Godono di privilegio immobiliare e speciale mobiliare ai sensi dell’art. 2771 c.c. i crediti IRPEF, IRPEG ed ILOR per la quota d’imposta imputabile ai redditi immobiliari nonché sui frutti, fitti e le pigioni degli immobili, e sopra gli immobili tutti del contribuente che si trovano nel Comune dove il tributo si riscuote, solo per imposte iscritte nei ruoli resi esecutivi nell’anno in cui l’Amministrazione finanziaria procede o interviene nell’esecuzione e nell’anno precedente (27).

Inoltre, tutti i crediti IRPEF, IRPEG ed ILOR, iscritti nei ruoli resi esecutivi nell’anno della esecuzione o della riscossione e nell’anno precedente, godono di privilegio generale ai sensi dell’art. 2752 c.c., per la quota di imposta non afferente i redditi immobiliari (28).

Il privilegio speciale e quello generale citati sono relativi ai crediti per imposte iscritte nei ruoli esecutivi dell’anno in cui si procede alla riscossione, alla esecuzione e nei due anni precedenti. Ne deriva che i crediti erariali sono assistiti da privilegio generale e da privilegio speciale solo se gli stessi sono iscritti a ruolo nell’anno in cui è chiesta l’ammissione al passivo o nell’anno o nel biennio precedente (29).

Il credito erariale l’IVA verso il contribuente gode di privilegio generale mobiliare ai sensi dell’art. 2752, secondo comma, c.c., e da privilegio immobiliare ai sensi dell’art. 2776, ultimo comma, c.c. Ai sensi dell’art. 2758, secondo comma, c.c., il credito IVA tra cedente e prestatore di servizi verso il cessionario gode di privilegio speciale sui beni oggetto di cessione o ai quali il servizio si riferisce (30).

L’art. 2752, secondo comma, c.c., stabilisce inoltre che hanno altresì privilegio generale sui mobili del debitore i crediti dello Stato per le imposte, le pene pecuniarie e le sovrattasse dovute secondo le norme relative all’IVA.

Il credito erariale per IVA relativa all’imposta, alla sovrattassa e alla pena pecuniaria gode di privilegio generale a prescindere dal momento d’iscrizione a ruolo, non essendo prevista alcuna norma specifica in merito. I tributi regionali, provinciali e comunali, godono di privilegio generale mobiliare ai sensi dell’art. 2752, ultimo comma, c.c. (31). Al riguardo è opportuno evidenziare che qualche dubbio vi è in merito a quali tributi godano del privilegio in quanto sembrerebbero esserne titolari solo quelli inseriti nel T.U. sulla finanza locale e citati dall’art. 2752 c.c.

Infine, ai sensi degli artt. 2758, primo comma, e 2772 c.c., i tributi indiretti godono di privilegio speciale mobiliare e speciale immobiliare, sull’immobile oggetto del tributo cui si riferisce.

Gli interessi di mora sembrano essere ammessi al passivo con lo stesso privilegio che assiste il credito principale.

Dott. Filippo Varazi

(1) Le società cooperative che svolgono attività commerciali possono essere assoggettate sia a fallimento sia a liquidazione coatta amministrativa in base al principio di prevenzione.

(2) Il trasferimento della sede principale dell’impresa intervenuto nell’anno antecedente l’apertura del procedimento non rileva ai fini della competenza.

(3) Contro la sentenza predetta può essere proposto reclamo da qualunque interessato, a norma degli artt. 18 e 19 della legge fallimentare. Il tribunale che respinge il ricorso per la dichiarazione d’insolvenza provvede con decreto motivato, contro il quale è ammesso reclamo a norma del successivo art. 22.

(4) Le disposizioni dell’art. 195 non si applicano agli enti pubblici (comma modificato dall’art. 18 del D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169. La modifica si applica ai procedimenti per dichiarazione di fallimento pendenti alla data del 1° gennaio 2008, nonché alle procedure concorsuali e di concordato aperte successivamente ai sensi dell’art. 22 del decreto citato).

(5) Il comitato di sorveglianza è nominato dall’Autorità di vigilanza e verifica che siano rispettati non gli interessi dei creditori in particolare ma gli interessi di carattere generale alla cui cura l’Autorità amministrativa è preposta.

(6) In tal senso vedi M. Miccinesi, L’imposizione sui redditi nel fallimento e nelle altre procedure concorsuali, Milano, 1990, 133; E. Potito, Le procedure concorsuali sotto il profilo dell’imposizione sul reddito, in Dir. fin., 1989, 286; F. Tesauro, Appunti sugli adempimenti fiscali del curatore, in Rass. trib., 1990, 252; E. Stasi, Il curatore fallimentare, in F. Pasi – S. Scorazzo – E- Stasi (a cura di), Gli organi del fallimento. Compiti e responsabilità nelle nuove procedure concorsuali, Milano, 2007, 231; e ID., Obblighi fiscali del curatore, in Fall., 2007, 1108. Contra F. Brighenti, Adempimenti tributari e responsabilità del curatore fallimentare, Torino, 1994, 44; D. Condello, Il curatore fallimentare, Milano, 1995, 328; in giurisprudenza cfr. Cass., sez. I, 28 gennaio 1999, n. 738, in Fall., 2000, 72; e Cass., sez. III pen., 8 settembre 1999, n. 10539, in Boll. Trib., 2000, 1116.

(7) La dichiarazione del commissario liquidatore, nella rara fattispecie di liquidazione coatta amministrativa di un’impresa individuale o di una società di persone, concerne unicamente il reddito d’impresa maturato nel periodo pre concorsuale. Sono l’imprenditore e i soci, eventualmente i partecipanti all’impresa familiare, che devono dichiarare le altre tipologie di reddito relative al periodo d’imposta competente. Si veda in merito Cass. n. 738/1999, cit.; e Cass. n. 10539/1999, cit. In dottrina ved. B. Quatraro – S. D’Amora, Il curatore fallimentare, Milano, 1990, 1124; F. Tesauro, Appunti sugli adempimenti fiscali del curatore, cit., 246; G. Tinelli, La determinazione del reddito d’impresa nelle procedure concorsuali, in Rass. trib., 1989, 263; F. Brighenti, Adempimenti tributari e responsabilità del curatore fallimentare, op. cit., 39; ID., L’IRPEF nella dichiarazione iniziale del Curatore fallimentare, in Boll. Trib., 1998, 1831; ID., Appunti sulla dichiarazione finale del curatore fallimentare, ivi, 1995, 1081; ID., Il curatore fallimenare e i redditi sfuggiti a tassazione, ivi, 1994, 1727; M. Conti, Il curatore fallimenare e le problematiche connesse al bilancio iniziale previsto dal comma 1 dell’art. 125 testo unico, ivi, 1990, 1147; M. Miccinesi, L’imposizione sui redditi nel fallimento e nelle altre procedure concorsuali, op. cit., 141 ss.; E. Stasi, Il curatore fallimentare, op. cit., 231; L. Panzani – E. Stasi, Formulario del fallimento e delle altre procedure concorsuali, Torino, 1988, 71. Contra M. Timeloni, Procedure concorsuali e imposizione diretta: fase preconcorsuale, in Le circolari del corriere tributario, 1991; e M. Leo – F. Monacchi – M. Schiavo, Le imposte sui redditi nel testo unico, Milano, 1992, 101.

(8) Si veda al riguardo Cass., sez. un., 28 maggio 1987, n. 4779, in Boll. Trib., 1987, 1722, con nota di G. Anni, Esecuzione esattoriale e concordato preventivo, la quale ha affermato i principi dell’unitarietà del presupposto e l’inscindibilità dell’obbligazione d’imposta. In dottrina vedi F. Tesauro, Appunti sugli adempimenti fiscali del curatore, cit., 248; in giurisprudenza cfr. Cass., sez. I, 3 luglio 1998, n. 6518, in Boll. Trib., 1998, 1830; in dottrina vedi E. Stasi, Dichiarazione fiscale del curatore fallimentare, in Fall., 1994, 128; ID., Obblighi fiscali del curatore, cit., 1110; F. Brighenti, Adempimenti tributari e responsabilità del curatore fallimentare, op. cit., 42; L. Panzani – E. Stasi, Formulario del fallimento e delle altre procedure concorsuali, op. cit., 73; e A. Berlini, Corso istituzionale di diritto tributario, Milano, 1985, 203 ss.

(9) In merito alla determinazione del residuo attivo si veda E. Stasi, Obblighi fiscali del curatore, cit., 1111; S. Zenati – L. Mandrioli, I tributi nel fallimento, Milano, 2000, 153; C. Zafarana, Manuale tributario del fallimento e delle altre procedure concorsuali, Milano, 2007, 92 ss.; circ. 4 ottobre 2004, n. 42/E, in Boll. Trib., 2004, 1402; ris. 5 giugno 2002, n. 171/E, in Boll. Trib. On-line; e circ. 22 marzo 2002, n. 26/E, in Boll. Trib., 2002, 517; F. Brighenti, Adempimenti tributari e responsabilità del curatore fallimentare, op. cit., 65; D. Stevanato, Inizio e cessazione dell’impresa nel diritto tributario, Padova, 1994, 241 ss.; E. Stasi, Profili fiscali nel fallimento, in L. Panzani – D. Colombini (a cura di), Il fallimento. Profili applicativi, Torino, 1999, 506 ss.; E. Potito, Le procedure concorsuali sotto il profilo dell’imposizione sul reddito, op. cit., 290; P.A. Cerri, Il reddito d’impresa nel fallimento, in Corr. trib., 1988, 2786; M. Miccinesi, L’imposizione sui redditi nel fallimento e nelle altre procedure concorsuali, op. cit., 187; e L. Panzani – E. Stasi, Formulario del fallimento e delle altre procedure concorsuali, op. cit., 242.

(10) In merito si veda E. Stasi, Sui crediti tributari formati nella procedura concorsuale, in Fall., 2005, 473 ss.; ID., Obblighi fiscali del curatore, op. cit., 1112; F. Brighenti, Adempimenti tributari e responsabilità del curatore fallimentare, op. cit., 63; S. Zenati – L. Mandrioli, I tributi nel fallimento, op. cit., 161; C. Zafarana, Manuale tributario del fallimento e delle altre procedure concorsuali, op. cit., 107; F. Poddighe – G. Risaliti, Imposte sui redditi e IRAP nel fallimento, Milano, 2003, 221; M. Miccinesi, L’imposizione sui redditi nel fallimento e nelle altre procedure concorsuali, op. cit., 221; e circ. n. 26/E/2002, cit.

(11) Per il periodo d’imposta anteriore a quello di inizio della procedura il commissario liquidatore sembra essere obbligato alla elaborazione e redazione nonché presentazione negli ordinari termini di scadenza, delle dichiarazioni di redditi e dei sostituti d’imposta relative, ove alla data di apertura della procedura le stesse non siano già state presentate e/o i termini non siano decorsi. Al riguardo si veda ris. 2 febbraio 2007, n. 18/E, in Boll. Trib., 2007, 444, la quale si richiama alla circ. 7 novembre 1988, n. 5, ivi, 1989, 203. Per le tesi contrarie a tale orientamento si veda in giurisprudenza Cass., sez. I, 4 dicembre 1992, n. 12928, in Fall., 1993, 376 ss.; e Cass. n. 10539/1999, cit. In dottrina vedi E. Stasi, Obblighi fiscali del curatore, cit., 1115; ID., Le riforme all’ordinamento tributario apportate dalla legge di conversione del decreto Bersani, in Fall., 2006, 1351 ss.; A. Bonsignori, Il fallimento delle società, in Trattato di diritto commerciale e di diritto pubblico dell’economia, Padova, 1988, 249 ss.; A. Nigro, Le società per azioni nelle procedure concorsuali, in Trattato delle società per azioni, Torino, 1993, 719 ss.; S. Zenati, Il curatore fallimentare è tenuto ad operare le ritenute sui redditi di lavoro dipendente, in Corr. trib., 2006, 2753; F. Brighenti, Tributi e fallimento dopo il decreto Bersani-Visco, in il fisco, 2006, 1605; e M. Pollio, La sostituzione d’imposta, in M. Pollio – P.P. Papaleo (a cura di), La fiscalità nelle nuove procedure concorsuali, Milano, 2008, 291. E ancora si veda circ. n. 26/E/2002, cit.; e ris. n. 171/E/2002, cit. Da un punto di vista pratico non sfugge la considerazione per la quale il commissario liquidatore possa non essere in grado di adempiere correttamente alla elaborazione, redazione e presentazione della dichiarazione quando il termine di presentazione sia a ridosso della sua nomina, non avendo lo stesso un’eventuale proroga del termine, così come previsto per la dichiarazione IVA dall’art. 8 del D.P.R. n. 322/1998, e per gli eredi del contribuente, ex art. 65 del D.P.R. n. 600/1973.

(12) Il commissario liquidatore non riveste una funzione né di rappresentanza fiscale né di sostituzione tributaria della società in liquidazione coatta amministrativa. Si veda al riguardo M. Miccinesi, L’imposizione sui redditi nel fallimento e nelle altre procedure concorsuali, op. cit., 221.

(13) Al riguardo si ritiene applicabile quanto stabilito dall’art. 16 del D.Lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, che ha fatto venire meno il privilegio processuale di poter agire esecutivamente dopo la dichiarazione di fallimento, in deroga all’art. 51 della legge fallimentare. In merito si veda Trib. Palermo 16 giugno 2006, in Giur. mer., 2006, 2189; conf. Trib. Reggio Calabria 23 marzo 2007, in Fall., 2007, 1353; e Trib. Catania 8 luglio 2005, in Giur. Aetnea, 2005, fasc. 3, 4.

(14) In giurisprudenza si veda anche Cass., sez. I, 17 luglio 1987, n. 6293, in Boll. Trib., 1987, 1652; Cass., sez. un., 12 dicembre 2001, n. 15715, ivi, 2002, 1496, con nota di S. Micali, La Corte di Cassazione e i limiti alla giurisdizione del giudice ordinario in materia tributaria; e Cass., sez. un., 18 ottobre 2005, n. 20112, in Boll. Trib. On-line.

(15) Per la tesi prevalente in giurisprudenza anche le controversie relative alla prescrizione del credito tributario rientrerebbe nell’ambito della giurisdizione delle Commissioni tributarie. Al riguardo si veda Cass., sez. trib., 3 aprile 2006, n. 7791, in Boll. Trib. On-line; conf. Cass. n. 20112/2005, cit.; Cass. n. 15715/2001, cit.; e Cass., sez. trib., 29 maggio 2006, n. 12777, in Boll. Trib. On-line. Per la giurisprudenza di merito cfr. Trib. Genova 26 aprile 2005, in Fall., 2005, 946; e Trib. Milano 4 ottobre 2003, in Gius., 2004, 877. In dottrina vedi B. Quatraro, I rapporti fra le procedure concorsuali ed il Fisco, in Dir. fall., 2008, I, 516. Cfr. Trib. Napoli 24 giugno 1996, in Fall., 1996, 1034; Trib. Roma 7 ottobre 1999, ivi, 2000, 342; e Trib. Reggio Calabria 20 aprile 2007, n. 538, ivi, 2007, 1343, con nota di A. Stesuri, Crediti tributari e crediti previdenziali nel passivo fallimentare.

(16) Al riguardo si veda Cass. n. 7791/2006, cit.; conf. Cass. n. 20112/2005, cit.; Cass. n. 15715/2001, cit.; e Cass. n. 12777/2006, cit. Per la giurisprudenza di merito cfr. Trib. Genova 26 aprile 2005, cit.; e Trib. Milano 4 ottobre 2003, cit. In dottrina vedi B. Quatraro, I rapporti fra le procedure concorsuali ed il Fisco, cit., 516.

(17) In tale fattispecie non sembra applicabile la tesi che prevale in giurisprudenza per la quale il fallito è legittimato ad impugnare gli atti dell’Amministrazione finanziaria quando il curatore sia inerte. Ciò in quanto nella liquidazione coatta amministrativa non sembra ravvisarsi la fattispecie dello spossessamento dove il fallito perde la legittimazione processuale ma non la capacità processuale. Si veda in merito Cass., sez. trib., 22 marzo 2006, n. 6393, in Boll. Trib. On-line, e anche in Riv. giur. trib., 2006, 498, con nota di S. Zenati, Il fallito conserva la legittimazione ad impugnare gli avvisi di accertamento; e Cass., sez. trib., 18 dicembre 2008, n. 29642, in Boll. Trib., 2009, 388.

(18) Appare ragionevole ritenere che quanto la giurisprudenza dominante ha affermato da tempo in merito alla necessità di notificare gli atti dell’Amministrazione finanziaria sia al fallito sia al curatore valga nella fattispecie della liquidazione coatta amministrativa con riferimento al soggetto passivo e al commissario liquidatore. Questo sia che l’atto dell’Amministrazione finanziaria riguardi obbligazioni sorte antecedentemente o successivamente al provvedimento di messa in liquidazione. Come già anticipato, la notificazione al commissario liquidatore è da ritenersi necessaria affinché i crediti erariali siano ammessi al concorso. La notifica all’impresa o alla società o all’impresa, quale soggetti passivi, è obbligatoria affinché l’atto recettizio abbia efficacia. Si veda al riguardo Cass., sez. trib., 8 marzo 2002, n. 3427, in Boll. Trib., 2002, 1186; Cass., sez. trib., 26 settembre 2003, n. 14301, in Boll. Trib. On-line; e Cass., sez. trib., 24 febbraio 2006, n. 4235, in Boll. Trib., 2006, 629. In merito, è interessante notare che nella fattispecie di cessione di un credito erariale l’impresa o la società in liquidazione coatta amministrativa ha legittimazione attiva e, ai sensi dell’art. 43-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, e del D.M. 30 settembre 1997, n. 384, l’Amministrazione finanziaria può procedere all’accertamento, al controllo della dichiarazione e all’irrogazione di sanzioni nei confronti della società e dell’impresa in liquidazione coatta amministrativa. Si consideri inoltre che chi cede il credito erariale risponde in solido con il cessionario di quanto indebitamente rimborsato a quest’ultimo solo se gli sono notificati i relativi atti con cui l’Amministrazione ne effettua il recupero. Nella cessione del credito erariale, infatti, il cedente costituisce l’unico titolare del rapporto con l’Amministrazione finanziaria. Si tratta di una fattispecie di particolare rilievo nell’ipotesi in cui la cessione del credito sia necessaria per chiudere la procedura liquidatoria.

(19) Si veda al riguardo Cass. n. 12777/2006, cit.; conf. Cass., sez. trib., 6 luglio 2001, n. 9180, in Boll. Trib. On-line; e Cass., sez. I, 17 giugno 1998, n. 6032, ivi, e anche in Fall., 1999, 283, con nota di A. Stesuri, Notificazione della cartella esattoriale quale presupposto per l’ammissione al passivo del credito fiscale. È opportuno rilevare che ancora oggi in talune fattispecie il titolo esecutivo è costituito dall’ingiunzione fiscale, ex R.D. 14 aprile 1910, n. 639. Si veda in merito circ. 20 maggio 2008, n. 4/T, in Boll. Trib. On-line.

(20) Si veda al riguardo Cass. n. 12777/2006, cit.; conf. Cass. n. 9180/2001, cit.; e Cass. n. 6032/1998, cit. L’ammissione al concorso in base a ruolo o a ingiunzione sembra rinvenirsi anche in base a quanto stabilito per la fattispecie del fallimento dall’art. 87 del D.P.R. n. 602/1973 che limita la partecipazione al concorso dell’erario, escludendo che pretese anteriori alla dichiarazione di fallimento e non supportate da atti della riscossione pregiudichino la par condicio creditorum. In merito si veda L. Del Federico, Profili di specialità ed evoluzione giurisprudenziale nella verifica fallimentare dei crediti tributari, in Fall., 2009, 1369, spec. nota n. 33.

(21) Si veda F. Rasi, L’ammissione con riserva dei crediti tributari: un recente intervento giurisprudenziale, in Dir. fall., 2006, II, 65.

(22) Il commissario liquidatore che ravvisi un fatto modificativo, estintivo o impeditivo della pretesa fiscale, nell’an o nel quantum, anche sulla base di errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, deve escludere il credito dallo stato passivo e impugnare il ruolo che successivamente sia stato emesso e notificato dall’Amministrazione finanziaria. In merito occorre evidenziare che la giurisprudenza dominante della Corte di Cassazione sostiene l’ammissione al concorso del passivo basato sull’avviso di pagamento ex art. 60 del D.P.R. n. 633/1972 rilevando tuttavia che eventuali fatti modificativi, impeditivi o estintivi della pretesa fiscale, o anche quando sussistano errori di fatto o di diritto che influiscano sull’an o sul quantum il credito tributario fondato esclusivamente sull’avviso di pagamento non può essere ammesso nello stato passivo per difetto di iscrizione al ruolo. Si ritiene che non essendo l’avviso di pagamento un atto autonomamente impugnabile ai sensi dell’art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992 il credito erariale in oggetto non può essere ammesso al passivo nemmeno con riserva. In giurisprudenza si sostiene inoltre che l’avviso di pagamento non costituisce atto idoneo ad accertare sanzioni pecuniarie e interessi, che devono essere preceduti dalla iscrizione a ruolo. Tra le varie si veda al riguardo Trib. Reggio Calabria 23 marzo 2007, cit. In generale, sulla non ammissibilità al passivo del credito erariale richiesto per mezzo dell’avviso di pagamento si veda Cass., sez. I, 14 luglio 2004, n. 13027, in Fall., 2005, 631; e conf. Cass., sez. I, 10 febbraio 2006, n. 2994, in Giust. civ., 2007, I, 1493. In senso contrario la giurisprudenza di merito: cfr. Trib. Parma 18 marzo 1999, cit.; anche Cass. n. 6032/1998, cit.; Cass., sez. trib., 20 luglio 2007, n. 16120, in Boll. Trib., 2007, 1753, e anche in Corr. trib., 2007, 3352, con nota adesiva di F. Zenati, Ammissione al passivo del credito IVA su invito al versamento da parte degli uffici; Cass., sez. trib., 22 febbraio 2008, n. 4633, in Boll. Trib. On-line; e Cass., sez. un., 4 marzo 2009, n. 5165, ivi, e anche in Corr. trib., 2009, 1550, con nota adesiva di M. Mauro, La problematica ammissione al passivo fallimentare del credito IVA. Nella giurisprudenza di merito vedi, tra le altre, Trib. Reggio Calabria 13 marzo 2007, cit. In merito alle perplessità espresse dalla giurisprudenza con riguardo alla iscrizione nel passivo di crediti erariali per i quali non sia stata notificata l’iscrizione a ruolo si veda Cass. n. 13027/2004, cit.; Cass. n. 2994/2006, cit.; Cass. n. 16120/2007, cit.; e Cass. n. 5165/2009, cit. Interessante anche G. Tabet, Contro l’impugnabilità degli avvisi di pagamento della TARSU, in Riv. giur. trib., 2008, 324; e ID., Verso la fine del principio di tipicità degli atti impugnabili, ibidem, 514.

(23) Si veda in merito Trib. Cassino 4 marzo 1988, in Foro it., 1989, I, 899; Trib. Parma 18 marzo 1999, cit.; Corte Appello Roma 28 settembre 1990, in Giust. civ., 1991, I, 464; Trib. Roma 5 febbraio 1997, in Dir. fall., 1998, II, 1005; e Trib. Roma 20 ottobre 1997, ibidem, 1005, con nota di D. Di Gravio, Le denegate ammissioni al passivo di imposte e di contributi previdenziali.

(24) Il commissario liquidatore che ritenga opportuno proporre ricorso contro l’atto di accertamento o della riscossione dovrebbe informarne, oltre agli organi della procedura, anche gli organi della società, da ritenersi questi ultimi legittimati a ricorrere davanti al giudice tributario. Sull’obbligo di notifica anche alla società o all’impresa si veda Cass. n. 6032/1998, cit.; Trib. Milano 11 ottobre 2004, in Fall., 2005, 468; Trib. Palmi 11 ottobre 2005, ivi, 2006, 97; Trib. Palermo 16 giugno 2006, cit.; e Trib. Reggio Calabria 23 marzo 2007, cit. Cfr. Cass. n. 4235/2006, cit.; e Cass. n. 14301/2003, cit. In merito alla inefficacia dell’atto notificato esclusivamente si veda Cass., sez. trib., 26 ottobre 2005, n. 20814, in Boll. Trib. On-line; e Cass. n. 4235/2006, cit.; sul punto ved. F. Miccio, Appunti in tema di verifica dei crediti tributari, relazione presentata in occasione dell’incontro di studio del CSM sul tema “L’accertamento del passivo concorsuale”, Roma, 2006, in www.giustiziatributaria.it.

(25) L’ammissione con riserva del credito erariale costituisce una fattispecie di legge diversa da quelle indicate dall’art. 96, secondo comma, della legge fallimentare; sul punto si veda Cass., sez. un., 22 marzo 1972, n. 879, in Dir. fall., 1972, I, 260; e Cass. 19 giugno 1974, n. 1806, in Giust. civ., 1975, II, 301; per la giurisprudenza di merito cfr. Trib. Genova 30 gennaio 1989, in Fall., 1989, 927; Trib. Milano 16 novembre 1987, ivi, 1988, 507; e Trib. Padova 10 gennaio 1986, ivi, 1987, 193. Contra Trib. Roma 14 luglio 1965, in Dir. fall., 1967, II, 153; e Trib. Roma 18 ottobre 1965, ibidem, 163.

(26) Ai sensi dell’art. 2778 c.c. si tratta di un privilegio di grado 7.

(27) Ai sensi dell’art. 2778 c.c. si tratta di un privilegio di grado 2 sui beni mobili e grado 1 sui beni immobili.

(28) Ai sensi dell’art. 2778 c.c. si tratta di un privilegio di grado 18.

(29) Si veda Cass., sez. I, 28 dicembre 1994, n. 11250, in Fall., 1995, 751; Cass., sez. I, 27 settembre 1996, n. 8524, ivi, 1997, 510; e Cass., sez. I, 14 gennaio 1999, n. 330, in Ascotributi, 2000, 29.

(30) Ai sensi dell’art. 2778 c.c. si tratta di un privilegio di grado 7.

(31) Ai sensi dell’art. 2778 c.c. si tratta di un privilegio di grado 20.