SOMMARIO: 1. Introduzione – 2. La posizione dell’Amministrazione finanziaria – 3. Effetto traslativo del rent to buy: interpretazioni dottrinarie e chiarimenti dell’Amministrazione finanziaria.
1. Introduzione
Al fine di favorire la ripresa delle contrattazioni immobiliari, soprattutto con riferimento a quelle categorie di soggetti che hanno maggiori difficoltà ad acquistare il bene “casa”, anticipando ingenti importi, il legislatore, mediante l’introduzione dell’art. 23 del D.L. 12 settembre 2014, n. 133 (c.d. Decreto Sblocca Italia) – convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164 – ha tipizzato i contratti di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili (c.d. contratti di rent to buy), intesi come «contratti, diversi dalla locazione finanziaria, che prevedono l’immediata concessione del godimento di un immobile, con diritto del conduttore di acquistarlo entro un termine determinato imputando al corrispettivo del trasferimento la parte di canone indicata nel contratto» (art. 23, primo comma, del D.L. n. 133/2014) (1).
Le particolarità – e le criticità – del nuovo istituto sono state ben messe in luce dai relatori che mi hanno preceduto ma è opportuno, volendo tratteggiare i profili fiscali dello stesso, riassumere brevemente i caratteri salienti.
Come chiarito dalla relazione illustrativa al disegno di legge di conversione del D.L. n. 133/2014, la finalità perseguita mediante l’introduzione di tale figura negoziale è ravvisabile nella volontà (i) da un lato, di rinviare a un momento successivo l’impegno finanziario del conduttore/promissario acquirente, il quale – non disponendo nell’immediato delle risorse finanziarie necessarie per l’acquisto dell’immobile – può ottenere in godimento il bene (2), pagando un canone mensile, che potrà poi recuperare, in tutto o in parte, imputandolo al prezzo finale; (ii) dall’altro, di consentire al locatore/promittente venditore di ottenere un reddito immediato dall’immobile, individuando in anticipo il futuro acquirente (3).
Tuttavia, come spesso accade in circostanze simili, il citato art. 23 del D.L. n. 133/2014 è totalmente silente in merito alla disciplina tributaria di tale nuova tipologia contrattuale: in tal modo si è voluto quasi demandare interamente all’opera degli interpreti – e, come si vedrà, di fatto in primis all’Amministrazione finanziaria – il compito di definire le questioni di carattere fiscale.
Nulla di nuovo, verrebbe da dire.
2. La posizione dell’Amministrazione finanziaria
Nell’incertezza normativa – meglio, nel silenzio – e per colmare una grave lacuna (di fatto, l’istituto sarebbe stato del tutto inattuabile nella prassi), l’Agenzia delle entrate, con la circolare 19 febbraio 2015, n. 4/E (4), ha opportunamente fornito una puntuale ricostruzione degli impatti di natura fiscale del nuovo contratto (5).
Vale la pena dare conto subito delle conclusioni a cui è giunta l’Amministrazione finanziaria nella propria interpretazione, conclusioni in larga parte condivisibili, per poi tentare di ricostruire le stesse alla luce dello stato dell’arte della dottrina a proposito di istituti simili negli anni passati.
L’Agenzia delle entrate ha innanzitutto riconosciuto che il nuovo “rent to buy” presenta le caratteristiche di un “negozio giuridico complesso”, costituito da due diverse figure, ossia la locazione (ex artt. 1571 e segg. c.c.) e la compravendita (ex artt. 1470 e segg. c.c.), coincidenti con le diverse fasi che caratterizzano lo schema contrattuale in parola; si tratta della concessione in godimento dell’immobile al conduttore, a fronte del pagamento dei canoni d’uso (i.e. locazione), con imputazione di una quota di canone come corrispettivo della successiva compravendita dell’immobile; nonché dell’esercizio del diritto d’acquisto e del trasferimento dell’immobile dal concedente al conduttore (i.e. compravendita) (6).
L’Amministrazione finanziaria ha fornito una lettura volta a definire il regime fiscale applicabile alla quota di canone corrisposta per il godimento dell’immobile, alla quota di canone corrisposta a titolo di anticipazione del corrispettivo, al trasferimento dell’immobile, e infine alle somme restituite in caso di mancata conclusione del contratto di compravendita (7).
Per quanto concerne la prima fase, ossia quella del godimento dell’immobile, poiché il contratto del quale stiamo trattando comporta l’immediata concessione in godimento dello stesso a fronte del pagamento dei canoni, l’Amministrazione finanziaria ha ritenuto che detto godimento dovesse essere assimilato, ai fini fiscali, alla locazione dell’immobile.
Conseguentemente, per la quota di canone imputata al godimento, troveranno applicazione, sia ai fini delle imposte dirette che delle imposte indirette, le norme previste per i contratti di locazione.
Con riguardo, invece, alla quota parte del canone imputata al prezzo di trasferimento, essa – secondo l’Amministrazione finanziaria – ha natura di anticipazione del prezzo e, pertanto, deve essere assimilata agli acconti-prezzo, con relativa imposizione ai fini delle imposte indirette.
In altre parole, il trattamento fiscale del canone corrisposto dal conduttore differisce in considerazione della funzione (godimento dell’immobile o anticipazione del prezzo di vendita) per la quale dette somme sono corrisposte, nonché della natura del soggetto concedente a seconda che quest’ultimo operi o meno in regime d’impresa (8).
Con riferimento, invece, alla seconda fase, l’esercizio del diritto di acquisto da parte del conduttore/acquirente comporta l’applicazione delle disposizioni previste, sia ai fini delle imposte dirette che indirette, per i trasferimenti immobiliari (le quali differiscono, come da norma di carattere generale, a seconda che il concedente operi o meno in regime d’impresa) (9).
È evidente, quindi, come il regime fiscale del contratto in parola segua le due fasi che lo caratterizzano: (i) una prima fase, nella quale il conduttore/promissario acquirente acquisisce in godimento l’immobile verso il pagamento, nei confronti del concedente/promissario venditore, di “canoni misti”, una parte imputata all’uso del bene e un’altra imputata ad “acconto prezzo”, in vista del futuro acquisto dell’immobile; (ii) una seconda fase, nella quale il conduttore (nell’ipotesi in cui opti per l’acquisto del bene) può scomputare, dal corrispettivo dovuto per la compravendita, la parte dei canoni pagati fino a quel momento e imputata ad “acconto prezzo”.
Come anticipato, i chiarimenti forniti con la sopra citata circolare sono per larga parte condivisibili, non discostandosi di molto dalle conclusioni alle quali, per fattispecie simili sorte nella prassi, era giunta la dottrina prima della positivizzazione del nuovo istituto.
3. Effetto traslativo del rent to buy: interpretazioni dottrinarie e chiarimenti dell’Amministrazione finanziaria
Prima dell’introduzione, in via normativa, dello schema contrattuale tipico del contratto di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili, le operazioni (ante litteram, verrebbe da dire …) di rent to buy erano assai diffuse nella prassi, e si basavano sul collegamento tra elementi negoziali riconducibili a vari tipi contrattuali, quali appunto la locazione, il preliminare di vendita, la vendita con riserva di proprietà (10).
Al di là delle problematiche interpretative relative all’inquadramento civilistico di tali contratti (diffusamente trattate dai relatori che mi hanno preceduto, e nelle quali pertanto non mi addentrerò), sotto un profilo squisitamente tributario occorre rilevare che le diverse configurazioni giuridiche delle operazioni c.d. di rent to buy rendevano particolarmente problematica l’individuazione del regime fiscale applicabile a tali negozi giuridici “ibridi”.
In particolare, in dottrina, si distingueva a seconda che il contratto contenesse o meno la clausola – vincolante per entrambe le parti contrattuali – dell’automatico trasferimento della proprietà dell’immobile a favore del conduttore/acquirente al momento del pagamento integrale del prezzo (11); ciò comportando la differenza tra la locazione con vincolo di trasferimento obbligatorio per entrambe le parti – caratterizzata dal trasferimento automatico della proprietà del bene in capo al conduttore/acquirente al pagamento del prezzo, senza necessità di un ulteriore atto di consenso di cui all’art. 1526, ultimo comma, c.c. (12) – e la locazione con patto di futura vendita non vincolante per ambedue le parti.
Nel primo caso (locazione con vincolo di trasferimento obbligatorio per entrambe le parti), si riteneva che il contratto dovesse essere assimilato (per i conseguenti effetti fiscali) alla vendita con riserva di proprietà di cui all’art. 1523 c.c. (13), con una divergenza di effetti dal punto di vista civilistico e tributario.
Difatti, mentre ai fini civilistici il diritto di proprietà rimane nella sfera giuridica del locatore sino al momento dell’effettivo trasferimento del bene, composto dai canoni periodici e dal corrispettivo finale, ai fini meramente fiscali l’effetto economico del trasferimento della proprietà si intende anticipato al momento della stipula del contratto di locazione, sia ai fini delle imposte indirette – IVA [art. 2, secondo comma, n. 2), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (14)] e imposta di registro (art. 27, terzo comma, del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131) (15) – sia ai fini delle imposte dirette [art. 109, secondo comma, lett. a), del TUIR (16)], ove si statuisce che ai fini fiscali non si tiene conto delle clausole di riserva della proprietà.
Pertanto, in questi casi, gli effetti fiscali del trasferimento del bene si producono sin dal momento della stipula del contratto di godimento.
Nel secondo caso (locazione con patto di futura vendita non vincolante tra le parti), invece, la sopra descritta “biforcazione” degli effetti civilistici e fiscali viene ricomposta, nel senso che il trasferimento diviene rilevante non al momento della stipula del contratto ma successivamente, ovverosia nel momento in cui l’opzione per l’acquisto viene esercitata.
In tale ultima ipotesi, quindi, si assiste a una sorta di “scissione del contratto”: in un primo momento si assoggetta a tassazione la locazione e in un secondo momento la compravendita.
Ebbene, a seguito dell’introduzione del contratto di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili ad opera dell’art. 23 del D.L. n. 133/2014, l’Amministrazione finanziaria ha inteso definire in tal modo il regime di tassazione del predetto contratto, fugando così i dubbi del passato (17).
Difatti la più volte citata circolare n. 4/E/2015 ha specificato che la nuova figura contrattuale non è riconducibile né alla locazione con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue le parti (ex art. 1526, ultimo comma, c.c.), né alla vendita con riserva di proprietà (ex art. 1523 c.c.), poiché in tali casi il verificarsi dell’effetto traslativo, differito a mero scopo di garanzia, è voluto da entrambi i contraenti già al momento della conclusione del negozio e, conseguentemente, è a tale data che occorre fare riferimento per individuare il momento in cui ai fini fiscali rileva il trasferimento del bene (18).
Nel rent to buy, invece, prosegue la circolare in parola, oltre al godimento dell’immobile, è previsto, in caso di esercizio del diritto di acquisto da parte del conduttore, l’obbligo di cessione dell’immobile stesso da parte del proprietario e lo scomputo dal prezzo finale di vendita dei soli acconti sul prezzo pagati sino al momento dell’acquisto.
Difetta, quindi, un obbligo per entrambe le parti del contratto al trasferimento automatico della proprietà dell’immobile, sussistendo un diritto di acquisto in capo al conduttore che, ove esercitato, obbliga il locatore/proprietario a cedere l’immobile.
Ne consegue che prima dell’esercizio dell’opzione di acquisto l’unico negozio giuridico che viene in rilievo è la locazione; solo in un secondo momento, e nel caso in cui il conduttore manifesti la volontà di acquistare la proprietà del bene originariamente concesso in locazione, verrà in rilievo il contratto di compravendita.
Sotto il profilo fiscale, pertanto, come abbiamo visto, l’Agenzia delle entrate considera il contratto di rent to buy come un “doppio contratto”: prima dell’esercizio dell’opzione di acquisto rileva esclusivamente la locazione, con il conseguente assoggettamento a tassazione – sia ai fini delle imposte dirette che indirette – dei canoni imputati al godimento del bene, nonché della quota di canone imputata ad acconto prezzo, ai fini delle imposte indirette; il trasferimento del bene, infatti, diviene fiscalmente rilevante non al momento della stipula del contratto ma al momento in cui l’opzione per l’acquisto viene esercitata.
Dall’analisi della disciplina fiscale del contratto di godimento in funzione della successiva alienazione di immobili, specificata nella circolare n. 4/E/2015, è possibile affermare che, sotto il profilo fiscale, l’Agenzia delle entrate non si è discostata di molto dal regime fiscale applicabile – secondo il Consiglio nazionale del Notariato e dall’AIDC – alla locazione con patto di futura vendita non vincolante tra le parti.
L’impostazione dell’Amministrazione finanziaria – a una prima valutazione – sembra apparire corretta: tuttavia andranno, man mano, chiarite e risolte le criticità che emergeranno con l’applicazione di tale nuovo istituto.
Un’ultima annotazione.
È evidente che ci troviamo di fronte a uno di quei classici casi nei quali il legislatore ben potrebbe utilizzare lo strumento tributario in funzione incentivante, compiuto ovviamente il doveroso contemperamento dei parametri costituzionali in gioco.
In altri termini, gli obiettivi che il nuovo istituto si propone (su tutti, l’incremento e lo sblocco della contrattazione immobiliare e, quindi, il sostegno all’acquisto del bene “casa”), potrebbero essere altresì raggiunti con misure volte ad alleggerire il carico fiscale gravante sui soggetti interessati dalla norma, costituendo così il parametro fiscale un volano per la ripresa del settore immobiliare.
Prof. Avv. Marco Allena
Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza
(1) Le parti coinvolte possono essere diverse (privati, professionisti, imprenditori individuali, società o altri enti), così come l’immobile oggetto del contratto può essere di qualunque tipologia (un edificio abitativo o strumentale, un’area agricola o edificabile). Non si esclude neanche un bene grezzo, magari pattuendo un canone ridotto per i primi tempi, che tenga conto del fatto che le opere di finitura siano a carico del concessionario e che goda di un bene non ancora agibile (ved. RUBERTELLI, Il Rent to Buy dalle Tavole della Legge al Tavolo del Notaio, in NotaRes – cultura e formazione giuridica). La nuova norma prevede, inoltre, la trascrizione dei contratti in parola secondo le regole previste dall’art. 2645-bis c.c. per i contratti preliminari di compravendita. Tuttavia, a differenza di tale ultima disposizione – a mente della quale gli effetti della trascrizione del contratto preliminare cessano se entro un anno dalla data convenuta dalle parti per la conclusione del contratto definitivo e, in ogni caso, entro tre anni dalla trascrizione predetta, non sia eseguita la trascrizione del contratto definitivo – l’art. 23, terzo comma, del D.L. n. 133/2014, stabilisce una durata più ampia in quanto il termine triennale di efficacia della trascrizione previsto per il contratto preliminare «è elevato a tutta la durata del contratto e comunque ad un periodo non superiore a dieci anni». Sono inoltre estesi ai contratti di godimento in esame gli effetti della trascrizione prevista per il contratto di locazione ultranovennale [artt. 2643, primo comma, n. 8), e 2644 c.c.], con l’intento di rendere anche il contratto in questione opponibile a terzi. Sul punto si veda anche DE BIASE, Prelazione legale abitativa: la disdetta apparentemente motivata e l’esatta individuazione del danno risarcibile, in Riv. del notariato, 2014, 733 ss.; l’Autore si occupa dell’istituto con particolare riferimento alle differenze riscontrabili con la prelazione abitativa. Quanto ai profili di effettività della tutela giurisdizionale, con particolare riferimento ad una delle maggiori criticità della stessa, che attiene alla restituzione dell’immobile in ipotesi di inadempimento del conduttore, si veda lo Studio n. 283 – 2015/C, Rent to buy, titolo esecutivo per il rilascio dell’immobile ed effettività della tutela giurisdizionale, approvato dal Consiglio Nazionale del Notariato il 28 maggio 2015. Cfr. sul tema anche FABIANI, Rent to buy, inadempimento del conduttore e rilascio dell’immobile, in Notariato, 2015, 381 ss.
(2) Il diritto di godimento che per effetto della stipula del contratto spetta al conduttore è un diritto personale, di natura obbligatoria. Bisogna escludere che si tratti di un diritto reale, assimilabile al diritto di usufrutto o di abitazione. Tale ricostruzione si fonda sul disposto del primo comma dell’art. 23 del D.L. n. 133/2014 che, nel disciplinare gli effetti della trascrizione, ha richiamato l’art. 2643, primo comma, n. 8), c.c., dettato per i contratti di locazione di beni immobili di durata superiore ai nove anni (contratti dai quali, per l’appunto, sorge un diritto personale di godimento a favore del locatario) e non l’art. 2643, primo comma, n. 2), c.c., dettato per i contratti che trasferiscono il diritto di usufrutto, il diritto di superficie, i diritti del concedente e dell’enfiteuta (contratti dai quali sorgono, invece, dei diritti reali a favore dei beneficiari). Pertanto il godimento dell’immobile va qualificato come diritto personale del conduttore, di natura obbligatoria, funzionale al successivo acquisto della proprietà (cfr. RIZZI, Il contratto di godimento in funzione della successiva alienazione, in Federnotizie – http://www.federnotizie.it del 20 dicembre 2014).
(3) Per quanto attiene ai canoni le parti contraenti definiscono la quota parte del canone da imputare al corrispettivo della vendita dell’immobile. In applicazione della previsione recata dal comma 1-bis dell’art. 23 del D.L. n. 133/2014, le parti, inoltre, sono tenute a indicare nel contratto la quota dei canoni imputata a corrispettivo che deve essere restituita in caso di mancato esercizio del diritto di acquisto nei termini convenuti. Particolare attenzione è posta, inoltre, dal legislatore alla disciplina della risoluzione per inadempimento contrattuale. La norma prevede, infatti, la risoluzione del contratto nel caso di mancato pagamento, anche non consecutivo, di un numero minimo di canoni, determinato dalle parti in misura non inferiore a un ventesimo del loro numero complessivo. In caso di risoluzione per inadempimento del conduttore, il concedente ha diritto alla restituzione dell’immobile e fa propri, in via definitiva e per l’intero, i canoni a titolo di indennità, se non è stato diversamente convenuto dal contratto. Qualora la risoluzione sia ascrivibile, invece, all’inadempimento del concedente, è fatto obbligo allo stesso di restituire quella parte dei canoni imputata a corrispettivo, maggiorata degli interessi legali (art. 23, quinto comma, dello stesso D.L. n. 133/2014). È opinione diffusa, nei primi commenti della norma, che questa suddivisione del canone sia un elemento caratterizzante del contratto de quo, al punto che la sua mancata esplicitazione determinerebbe la nullità del contratto. Tale ricostruzione sembra trovare conforto nelle disposizioni dei commi 1-bis e 5 dell’art. 23 del D.L. n. 133/2014, che prevedono diverse conseguenze per le due componenti del canone nel caso di mancato esercizio da parte del conduttore del suo diritto all’acquisto e nel caso di risoluzione del contratto per inadempimento. L’esplicitazione in contratto della duplice componente del canone costituisce, pertanto, elemento essenziale richiesto per la stessa validità del contratto de quo, in quanto strettamente collegato a quello che è lo scopo del contratto stesso (la concessione in godimento in funzione della successiva alienazione). Né sarebbe sufficiente a evitare tale nullità l’indicazione, per l’una o l’altra delle due componenti, di un importo meramente simbolico (ved. RIZZI, op. cit.).
(4) In Boll. Trib., 2015, 604.
(5) Si veda, in proposito, lo Studio Tributario n. 490 – 2013/T approvato dal Consiglio Nazionale del Notariato nella seduta del 25-26 luglio 2013, “Questioni in tema di profili fiscali del c.d. rent to buy: spunti di riflessione”.
(6) Il contratto di godimento in funzione della successiva alienazione, prima della sua scadenza e prima dell’esercizio del diritto all’acquisto da parte del conduttore, in quanto contratto a prestazioni corrispettive non ancora interamente eseguite, potrà essere ceduto dal conduttore a terzi, sempreché la facoltà di cessione non sia stata espressamente esclusa in contratto. Se la cessione è stata consentita preventivamente, con apposita clausola inserita nel contratto de quo, la stessa sarà efficace nei confronti del concedente dal momento in cui gli verrà notificata ovvero dal momento in cui verrà dallo stesso accettata (art. 1407 c.c.). Se la possibilità di cessione non è stata contemplata in contratto (ma neppure esclusa), la cessione sarà possibile ed efficace nei confronti del concedente solo se consta suo espresso consenso (art. 1406 c.c.). Trova, comunque, applicazione la disciplina generale in tema di cessione del contratto, dettata dagli artt. 1406 ss. c.c. (ved. RIZZI, op. cit.).
(7) In tutti i casi in cui dovessero cessare gli effetti di un contratto di godimento in funzione della successiva alienazione a suo tempo trascritto (a seguito di risoluzione consensuale, o di risoluzione per inadempimento di una delle parti, o di recesso, se riconosciuto ad una delle parti, ecc.) può esservi la necessità di procedere alla cancellazione della trascrizione, stante l’evidente interesse del proprietario/concedente a recuperare la piena disponibilità dell’immobile. A tale proposito l’art. 23, terzo comma, del D.L. n. 133/2014, richiama anche la disposizione dell’art. 2668, quarto comma, c.c., che disciplina la cancellazione della trascrizione del preliminare eseguita ai sensi dell’art. 2645-bis c.c. Si potrà procedere alla cancellazione in forza di consenso debitamente manifestato dalle parti (nell’atto stesso con il quale vengono fatti cessare gli effetti del contratto, come nel caso di risoluzione consensuale, ovvero con un atto stipulato ad hoc, proprio per consentire alla cancellazione della trascrizione), o in forza di sentenza passata in giudicato, nella quale viene ordinata la cancellazione della trascrizione. Non si ritiene necessaria la formale cancellazione della trascrizione se gli effetti della stessa sono venuti meno per decorrenza del termine, ossia se è spirato il termine convenuto per la durata del contratto di godimento in funzione della successiva alienazione ovvero se sono già decorsi i dieci anni dalla trascrizione del contratto medesimo.
(8) In particolare la circolare chiarisce che i canoni di locazione versati per il godimento di un fabbricato abitativo rientrano tra le operazioni esenti da IVA, salvo l’ipotesi in cui il concedente sia un’impresa di costruzione o di ripristino e opti per il regime di imponibilità IVA. Lo stesso regime di esenzione si applica anche ai canoni versati per la locazione di fabbricati strumentali, con la possibilità di optare per il regime di imponibilità da parte di tutti i soggetti passivi e non solo per le imprese di costruzione e di ripristino.
(9) Per quanto riguarda il regime fiscale applicabile al rent to buy bisogna dunque distinguere tra imposte indirette e imposte dirette; a seconda che il concedente/proprietario sia un soggetto IVA (con ulteriore distinzione a seconda che il bene dedotto in contratto sia un bene a uso abitativo ovvero un bene strumentale) ovvero un “privato”; a seconda che si tratti dell’atto iniziale (ossia il contratto di godimento in funzione della successiva alienazione vero e proprio, quale disciplinato dall’art. 23 del D.L. n. 133/2014) ovvero dell’atto finale (ossia il contratto comportante il trasferimento dell’immobile a seguito dell’esercizio del diritto di acquisto da parte del conduttore). Quanto ai profili attinenti all’imposizione indiretta si veda RIZZARDI, L’imposizione indiretta nel “rent to buy”, in Prat. fisc. e prof., 2015, 1064 ss.
(10) Nell’ambito dello studio delle soluzioni contrattuali idonee a favorire la ripresa delle contrattazioni immobiliari gli operatori suggerivano alcune soluzioni: locazione collegata a contratto di opzione non trascrivibile; vendita a prezzo dilazionato con patto di riservato dominio nell’accezione di cui all’art. 1526 c.c. (condizione sospensiva di adempimento); buy to rent (vendita a prezzo dilazionato e condizione risolutiva di inadempimento); help to buy (preliminare trascritto a effetti parzialmente anticipati nella consegna e nella modulazione dei pagamenti): durata triennale (ved. RUBERTELLI, op. cit.).
(11) Cfr. Consiglio nazionale del Notariato – Studio n. 490-2013T, e Norma di comportamento 1° settembre 2014, n. 191, dell’Associazione Dottori Commercialisti di Milano, Trattamento ai fini fiscali del contratto “rent to buy” di immobili, in Boll. Trib., 2014, 1468.
(12) L’art. 1526 c.c., in materia di risoluzione del contratto, all’ultimo comma stabilisce che «La stessa disposizione si applica nel caso in cui il contratto sia configurato come locazione, e sia convenuto che, al termine di esso, la proprietà della cosa sia acquisita al conduttore per effetto del pagamento dei canoni pattuiti».
(13) La vendita con riserva di proprietà è disciplinata all’art. 1523 c.c., a mente del quale «Nella vendita a rate con riserva della proprietà, il compratore acquista la proprietà della cosa col pagamento dell’ultima rata di prezzo, ma assume i rischi dal momento della consegna».
(14) L’art. 2, secondo comma, n. 2), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, stabilisce che «Costituiscono inoltre cessioni di beni: … 2) le locazioni con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue le parti».
(15) L’art. 27, terzo comma, del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, stabilisce che «Non sono considerati sottoposti a condizione sospensiva le vendite con riserva di proprietà e gli atti sottoposti a condizione che ne fanno dipendere gli effetti dalla mera volontà dell’acquirente o del creditore».
(16) L’art. 109, secondo comma, lett. a), del TUIR, prevede che «Ai fini della determinazione dell’esercizio di competenza: a) i corrispettivi delle cessioni si considerano conseguiti, e le spese di acquisizione dei beni si considerano sostenute, alla data della consegna o spedizione per i beni mobili e della stipulazione dell’atto per gli immobili e per le aziende, ovvero, se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto reale. Non si tiene conto delle clausole di riserva della proprietà. La locazione con clausola di trasferimento della proprietà vincolante per ambedue le parti è assimilata alla vendita con riserva di proprietà».
(17) Si veda LAMEDICA, L’Agenzia delle Entrate e il contratto di rent to buy, in Corr. trib., 2015, 865 ss.
(18) Cfr. ris. 1° agosto 2008, n. 338/E, in Boll. Trib., 2008, 1525.