1 Aprile, 2016


 

 

Una delle gravi resistenze ontologiche alla voluntary disclosure che permane nell’interpretazione (equitativa per molti profili) dell’Agenzia delle entrate è il mantenimento del raddoppio da penale tributario (1) sulle violazioni endotributarie ultraquinquennali, ved. anche Paesi con accordo, nonostante la loro estinzione fiscale ed extrafiscale. Quest’ultimo rigenera ex se nuovi adempimenti dichiarativi anche per le annualità 2006/2009, de facto non esclusi dalla voluntary disclosure, con verosimile duplicazione dei termini di accertamento all’interno della stessa, mentre viene sterilizzato in voluntary disclosure il raddoppio per i Paesi con scambio previsto dal drafting legislativo, ex art. 12, comma 2-bis, del D.L. 1° luglio 2009, n. 78 (convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102), sull’autonoma regola dell’allungamento dei termini ordinari di controllo sugli assets c.f.c. Dunque, il perimetro della voluntary disclosure si allarga, quale che sia la localizzazione offshore degli assets. Il raccordo fra voluntary e raddoppio sistemico da penale tributario de facto è stato risolto nella circolare 13 marzo 2015, n. 10/E (2), a favore del primato di quest’ultimo sulla legislazione speciale (figlia dei tempi, nominatività e trasparenza), con l’effetto deteriore che, sulle violazioni che comportano l’obbligo di denuncia, gli anni da dichiarare si amplificano e ciò a prescindere dal fatto che su queste violazioni tributarie mai potrà celebrarsi un processo penale, verificata l’estinzione “superiore” da voluntary disclosure (la non punibilità è universale, estesa a tutti i reati dichiarativi, in voluntary disclosure rigenerazione surrettizia delle violazioni endotributarie, oramai prescritte ed elise, attraverso la leva del penale). La proroga del termine ordinario si perfeziona, ved. deroghe da legge delega fiscale ex art. 8, comma 2, della legge 11 marzo 2014, n. 23, anche senza l’invio della comunicazione di notizia di reato, essendo sufficiente l’obbligo astratto ex art. 331 c.p.p., obbligo la cui sussistenza va valutata dal giudice tributario al fine di evitare abusi e strumentalizzazione nell’utilizzo dell’istituto (“eccessi di comunicazione”). Si osserva che l’effetto proroga permane sempre (ultrattività) nella misura in cui la stessa è insensibile alle vicende del procedimento “coperto” dalla notizia di reato, con l’effetto deteriore che assoluzioni e archiviazioni eventuali, de facto, non modificano il (rigenerato, espanso) potere di accertamento, ved. intangibilità della formula del “doppio binario”, obliterato dall’art. 20 del D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74. Il contribuente dovrà autodenunciarsi anche su queste annualità già prescritte verificata l’universalità della voluntary disclosure con il portato che se le Autorità ravvisano violazioni penalmente rilevanti nelle annualità ante 2010 (non dichiarate) dovrebbero venire meno gli effetti della stessa (contagio). Al punto 5.2 della circolare 19 febbraio 2015, n. 6/E (3), viene enfatizzato questo allungamento dei termini sulle violazioni penalmente rilevanti (uno dei reati previsti dal D.Lgs. n. 74/2000) da emendare in voluntary disclosure, a prescindere dal fatto che il perfezionarsi della procedura comporti la non punibilità dello stesso, con l’effetto deteriore che il momento iniziale, cui riferire gli oneri fiscali da voluntary disclosure, è ex se mobile in virtù del superamento delle soglie di rilevanza penale nelle violazioni che si vogliono regolarizzare. Invece, per gli assets nei Paesi black con accordo, viene sterilizzato l’ultroneo raddoppio puro (fiscale) di cui all’art. 12 del D.L. n. 78/2009.

Dunque, per fare decollare le subprocedure di voluntary, appunto incagliate sui tempi di attuazione della delega fiscale che de facto sterilizza il prefato raddoppio dei termini, con una ridefinizione del raddoppio dei termini di accertamento, è stato licenziato il 21 aprile 2015 il nuovo testo di schema di decreto attuativo sull’abuso di diritto già approvato alla vigilia di Natale ora al vaglio delle Commissioni Parlamentari per il loro parere consultivo. Al suo interno trova ospitalità la nuova definizione del raddoppio dei termini, per superare incertezze e contrasti interpretativi generatisi negli ultimi anni innanzi alla Consulta e alla Corte di Cassazione. Si punta a garantire certezza in questa rinnovata compliance fisco-contribuente, riconoscendo la proroga dei termini di accertamento solo in presenza di denunce di reato tempestive (4), con l’effetto deteriore che denunce tardive ossia inoltrate per colpa o inerzie del fisco alla Procura oltre gli ordinari termini di controllo, non faranno scattare tempi supplementari di controllo.

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È evidente che questa attesa evoluzione normativa (ved. l’art. 8 della legge n. 23/2014), i cui termini di gestazione verosimilmente collimano con quelli della voluntary disclosure, ha determinato negli aspiranti aderenti all’opzione legislativa una ragionevole attesa. Una spinta all’adesione potrà derivare anche dal recente enunciato della Corte di Cassazione (5) sull’utilizzabilità delle informazioni estere a favore del fisco, ancorché la loro acquisizione sia avvenuta con modalità illegali e irrituali (lista Falciani).

Dunque i futuri decreti delegati di revisione del sistema fiscale oblitereranno il raddoppio da penale tributario solo sulle annualità coperte da notizie di reato tempestive ovvero trasmesse effettivamente prima della decadenza, scadenza dei termini degli ordini di controllo. In altri termini quest’allungamento dei termini è condizionato dall’effettivo invio della notizia di reato e dal fatto che ciò debba avvenire ex se entro un termine correlato a quello ordinario decadenziale (in futuro non saranno tollerate denunce tardive). La proroga de qua, per superiori esigenze di affidamento e certezza del diritto, potrà sopravvenire solo entro dei termini ordinari decadenziali, decorsi i quali non vi saranno de facto tempi supplementari per i controlli. Questi decreti delegati vedranno la luce in costanza della chiusura delle subprocedure da voluntary disclosure, molte delle quali (ad esempio quelle in odore di raddoppio da penale tributario sulle annualità prescritte) verranno traslate sine die, al fine di “contestualizzarle” in un ambiente normativo più favorevole, ved. attuazione della delega fiscale sulle limitazioni della proroga dei termini. Il raddoppio nella circolare viene esteso anche all’IRAP, nonostante le plurime avversioni della giurisprudenza e della dottrina dominante, verificato l’allineamento cronologico in voluntary disclosure fra le due tipologie di tributi, con il portato che il loro orizzonte temporale viene de facto a coincidere. Dunque, in voluntary disclosure il raddoppio dei termini è multilaterale.

Per fare decollare la voluntary disclosure su questo dilatato profilo cronologico, reinterpretato restrittivamente in circolare, urge svincolare il tema madre del raddoppio dei termini da quello non secondario sulla “certezza del diritto”. Lo switch invocato da più parti – l’art. 8 della legge delega n. 23/2014 sarebbe pronto a sganciarsi dall’art. 5 della stessa legge, “Disciplina dell’abuso del diritto ed elusione fiscale” – eviterebbe un effetto a imbuto a fine estate delle domande di voluntary disclosure. In altri termini il tema madre, retro illustrato, è anticipare l’entrata in vigore del divieto di raddoppio dei termini di accertamento per svincolare, liberalizzare le domande da voluntary disclosure, magari veicolandolo nel decreto di revisione del sistema sanzionatorio, nonostante la non omogeneità della materia. Sarebbe ancora più arduo procedere con un provvedimento dedicato verosimilmente decontestualizzato. Come ampiamente già ricordato, nel testo licenziato il 21 aprile 2015 per l’invio alle Camere, sullo schema di decreto attuativo dell’abuso di diritto trova ospitalità la ridefinizione del raddoppio dei termini dell’accertamento (6). Il raddoppio dei termini (7) non opera per gli atti intermedi interlocutori ovvero processi verbali di contestazione o altri atti di controllo e di richieste varie effettuati dall’Amministrazione finanziaria, ved. verbali di operazioni compiute e accessi. Invero, su queste attività neutre non vi sono termini autonomi, se non quelli decadenziali riferiti alla notificazione degli atti impositivi derivati. Lo stesso dicasi per gli atti di irrogazione/contestazione dei profili sanzionatori, ved. D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, i cui termini decadenziali quinquennali non subiscono deroghe, non rientrando gli stessi nella definizione di “atto impositivo”.

Pertanto, in assenza di coperture normative, ved. l’art. 8 della legge n. 23/2014, opera questa riviviscenza dei periodi di imposta prescritti da penale tributario su violazioni “ultra soglia” le quali vanno emendate in voluntary disclosure. Ciò obbliga il contribuente ad autodichiararsi anche per le annualità più remote, con l’effetto deteriore che il profilo extrafiscale ovvero penale realizza un riallineamento “perfetto” della trilogia di Paesi, con scambio, white e black list, invece mantenuta in voluntary. Tali Paesi ovvero le violazioni endotributarie saranno esposte al raddoppio da penale tributario ossia il contribuente dovrà autodichiararsi anche per le prefate annualità e dichiarare gli imponibili evasi ultrasoglia (la voluntary è solo sugli imponibili e non sulle imposte autoliquidate e non versate). Rassicurazioni dall’Agenzia delle entrate arrivano anche sugli adempimenti degli intermediari esteri, situati in Stati black list o con accordo. Il riferimento è alla liberatoria (waiver) dal segreto bancario per i contribuenti con assets, ad esempio, in Svizzera: il waiver non sarà necessario se il contribuente intende trasferire o ha già trasferito gli assets in italia (nelle due forme del rimpatrio fisico o giuridico). Dunque la liberatoria de qua sarà evitata in queste ipotesi, ancorché il tenore della norma positiva sembra abilitare un concorso di condizioni da rispettarsi congiuntamente.

Sempre sull’extrafiscale, profilo che resta irrisolto, riguarda la possibilità di applicare ex se la misura di prevenzione patrimoniale (confisca dei patrimoni rimpatriati) da parte dell’Autorità giudiziaria, verificato il perimetro di immunità penale della voluntary disclosure, limitato alla sola non punibilità dei reati dichiarativi, con l’effetto deteriore che permangono le misure di prevenzione contemplate dal codice delle leggi antimafia di cui al D.Lgs. 6 settembre 2011, n. 159. Peraltro la confisca de qua è de facto svincolata dall’accertamento giudiziale del reato. La storia dei recenti condoni ha lasciato emergere la loro facile permeabilità ai fini della misure di prevenzione patrimoniali che hanno trovato sempre applicazione, verificato il permanere del disvalore nei comportamenti che hanno determinato la provvista estera affrancata. Una sorta di ultrattività dell’illiceità originaria del comportamento di colui che ha generato la ricchezza illegale.

Resta irrisolto in circolare (silenzi e omissioni) il tema madre della riallocazione cronologica del contenuto delle cassette di sicurezza, ved. contante, ossia l’imputazione temporale dei beni autodichiarati (acquisizione e generazione), ovvero le patrimonializzazioni delle evasioni accumulate nel tempo (violazioni tributarie continuate). In altri termini, sui “liquidi” permane, de facto, la difficoltà/impossibilità del profilo dimostrativo della loro generazione e imputazione temporale. È auspicabile una soluzione equitativa ovvero forfettaria di verosimile ripartizione della grandezza valoriale de qua, ad esempio, una sua imputazione per dieci anni, mutuando le soluzioni convenzionali adottate da altri sistemi normativi. In questi casi, laddove non è agevole ricostruire documentalmente la generazione dell’asset considerato (deficit dimostrativo), la funzione della dichiarazione sostitutiva potrà rivelarsi risolutiva unitamente all’accortezza di aprire la cassetta di sicurezza davanti ad un notaio estero, ovviamente restano dal prefato percorso dimostrativo fuori i prelevamenti, nella misura in cui gli accessi sfuggono agli occhi del fisco. Lo stesso dicasi per le riallocazioni di somme prelevate in contanti e riversate su altri conti correnti.

Ad ogni buon conto la sub procedura di voluntary tende all’instaurazione di un rapporto di fiducia e trasparenza fra fisco e contribuente in questa rinnovata compliance (nell’ottica OCSE dovrebbe essere permanente e ciò al fine di contrastare le evasioni internazionali). Profili riallocativi evocati anche nell’interpretazione adesiva alla norma positiva dell’Agenzia delle entrate sui conti cointestati e sulle deleghe sostanziali ad operare (non passive), con l’effetto deteriore che abbiamo una pluralità di voluntary disclosure sui questi conti che presentano profili di multilateralità e plurisoggettività. È evidente che se i cointestatari non presentano la voluntary disclosure sulle quote di assets di loro pertinenza (criterio equitativo proporzionale) si ripristineranno i profili sanzionatori ordinari, ossia si rischia la sanzione sull’intero valore dell’asset, nella misura in cui torneranno applicabili ex se le regole ordinarie rw (tutti i cointestatari vengono sanzionati a latere della voluntary disclosure con una sanzione commisurata alla totalità degli assets omessi, verificata la sussistenza dell’obbligo d’indicazione integrale dell’importo da parte di questi “procuratori”).

Sui soggetti delegati la circolare rafforza la multilateralità de qua (deleghe di firma) prevedendo analogo obbligo per tutti i soggetti delegati (esclusi quelli passivi) che abbiano la possibilità di disporre dei fondi accantonati. Sulla prova liberatoria contraria per superare l’imputazione equitativa proporzionale di possesso in quote uguali nelle attività cointestate o in delega (sostanziale utilizzo della delega), si deve dimostrare che la sostanza giuridica dei rapporti prevale sulle forme apparenti nominali. Pertanto, ad esempio, i beneficiari inconsapevoli dovrebbero rimanere esclusi, con un’unica voluntary disclosure del titolare effettivo che possa escludere i cointestatari apparenti (esclusi questi ultimi dall’area dei soggetti collegati). È da ritenere che i delegati sui conti dovrebbero rimanere fuori dalle violazioni ai fini dei tributi personali, venendosi a creare de facto su questi asset un “doppio binario”, ossia una ripartizione proporzionale del patrimonio ai fini delle violazione da quadro rw e un’imputazione ex se al titolare effettivo delle violazioni rilevanti ai fini reddituali.

La voluntary disclosure avrà delle verosimili code fiscali limitatamente a tributi successori (donazioni), liberalità dirette e indirette non dichiarate e non emendabili in voluntary disclosure che verranno riassorbite (se le relative violazioni sono ancora “aperte”) post voluntary disclosure, con profili sanzionatori pieni. Lo stesso dicasi per le micro tassazioni patrimoniali, ved. IVAFE e IVIE, escluse dalla voluntary disclosure. Potrà ritornare utile in queste occasioni aderire al ravvedimento ultratardivo – non soffre più di limitazioni temporali – per bonificare le prefate violazioni endotributarie e lucrare i benefit sanzionatori di questa sub procedura volontaria. Invero, sulle violazioni da successioni aperte nell’ultimo quinquennio (rilevano ai fini del tributo successorio anche gli assets esteri), la circolare chiarisce che si applicheranno le norme sistemiche sull’intrasmissibilità delle sanzioni agli eredi, con l’effetto che gli stessi potranno bonificare le violazioni da quadro rw del de cuis senza oneri sanzionatori ultronei, giacché intrasmissibili. Difatti, quale forma autoindotta di accertamento o di accertamento con adesione (autoaccertamento), tornano applicabili tutte le variabili delle vicende accertative, alle vicende delle interposizioni, retro emarginate, alle tematiche della società a ristretta base sociale, ai prefati raddoppi dei termini, al ripristino della fiscalità ordinaria per i tributi extravoluntary, ved. imposte di successioni e donazioni, con le deroghe per il regime opzionale di tassazione forfettaria per le attività finanziarie.

La circolare affronta anche il tema madre delle interposizioni fittizie (8) che potranno essere neutralizzate in voluntary disclosure, alludo alla possibilità di destrutturare polizze, trust e società entità ibride conduit: strutture interposte create al solo fine di esterovestire gli imponibili (erosione) rilasciati verso lidi più favorevoli attraverso controparti compiacenti. Fenomeno che si è verificato non di rado sulla proprietà intellettuale, scissa dal soggetto che ne ha sviluppato ed elaborato il relativo diritto. Così la cessione intermedia fittizia di questi assets immateriali a un soggetto terzo (basato in un paradiso fiscale) ad un prezzo molto basso (de facto defiscalizzato in italia), il successivo ritrasferimento ad una società white list in regime di cessione di licenza, con pagamento di royalties a prezzi irrisori poco più che simbolici. Il ben noto progetto Beps attraverso il country by country reporting permetterà di individuare aree di rischio, quali le prefate scatole societarie vuote e far sì che il reddito imponibile sia dichiarato nei luoghi nei quali viene svolta l’attività economica – capire dov’è la catena del valore e tassarla a prescindere dalle strutture interposte. Si evitano politiche di pianificazione fiscale aggressiva e lo spostamento artificiale di imponibili (fenomeno di erosione della base imponibile) verso giurisdizioni a bassa o nulla fiscalità, puntando a stabilire regole uniche e trasparenti condivise a livello internazionale.

Nella citata circolare n. 10/E/2015 si conferma che il regime opzionale forfetario per i patrimoni sotto i due milioni spiega una vis attrattiva globale per tutte le rendite finanziarie, con esclusione degli asset non finanziari, ved. immobili de facto tassati in analitico, con l’effetto che anche rilevanti plusvalenze dovrebbero subire l’attrazione de qua ovvero essere tassate riassorbite in forfetario in luogo dell’analitico (universalità del regime opzionale). Invero, la norma positiva sull’opzione del forfetario fà riferimento ai “rendimenti”, per cui i plusvalori occasionali, estemporanei e speculativi dovrebbero verosimilmente restare fuori da questa definizione di ordinarietà, normalità finanziaria (flussi cedolari). Ancora nella circolare si stabilisce che il prefato regime opzionale non può operare per singoli assets e singoli autonomi periodi d’imposta ma deve essere universale ovvero coprire tutti gli assets finanziari e tutti i periodi di imposta nei quali gli assets considerati sono sotto la soglia di 2 milioni. In altri termini non è possibile optare per il forfetario per uno o alcuni periodi d’imposta e rimanere nell’analitico in altri ancora. Le scelte devono essere cumulate per tutti gli assets e per tutti i periodi d’imposta.

Ancora sulle criticità dell’istituto, la circolare, verificato il chiaro tenore della norma positiva, conferma le asimmetrie da voluntary disclosure sulle esimenti nelle fatturazioni da operazioni inesistenti. La voluntary disclosure dell’utilizzatore rigenererà per delazione il reato dell’emittente non coperto dalla voluntary disclosure. Difatti, la clausola di non punibilità da voluntary disclosure non è universale, restando fuori l’art. 8 del D.Lgs. n. 74/2000, con l’effetto deteriore che permane la punibilità del terzo che emette fatture false, nei confronti del quale andrà pertanto inoltrata la corrispondente denuncia penale. Lo stesso dicasi quando emittente e utilizzatore coincidono: in tal caso opera l’esclusione della irrilevanza penale del concorso tra i due soggetti. Peraltro sui soggetti “collegati” da menzionare in voluntary disclosure, l’utilizzatore prenditore di quella fatturazione inesistente dovrà indicare anche l’emittente ovvero il fornitore apparente, ossia colui che ha generato la propria evasione emendata in voluntary disclosure. Silenzi da parte dell’Agenzia delle entrate sull’accreditamento delle imposte estere, ved. art. 165 del TUIR, precluso, verificato il loro mancato transito in dichiarazione. È evidente che queste posizioni soggettive attive potranno essere recuperate, riesumate ex se attraverso istanze di rimborso, verificata la definitività del prelievo da voluntary disclosure e l’esistenza di un principio sistemico sovraordinato convenzionale del divieto di doppia imposizione, diversamente si potrà combinare la voluntary disclosure con il ravvedimento operoso (9) per vedersi riconosciuta la spettanza di quei crediti (ammessa in questa subprocedura) (10).

Ultroneo profilo fattuale risolto estensivamente dall’Agenzia delle entrate attraverso un’interpretazione equitativa, sistemica inerisce il profilo dimostrativo sulla precostituzione e generazione delle attività offshore, nella misura in cui sarà sufficiente dimostrare la preesistenza al 2010 del possesso ininterrotto, “continuato” degli assets monitorati, per collocare o riallocare ante voluntary l’evasione de qua negli stessi incorporata, salvo le citate deroghe per il raddoppio da penale. In altri termini, sui prefati profili riallocativi, sarà sufficiente dimostrare l’esistenza di questi assets prima del 2010 ovvero 2009 per cristallizzare, consolidare l‘evasione ultraquinquennale, appunto riallocata in periodi d’imposta oramai prescritti ed esauritisi. Si evita per tale via di risalire alla genesi, all’origine dell’asset alla sua generazione all’estero: una retrospezione che potrebbe in alcuni casi essere ultra ventennale. Rassicurazioni e aperture anche sulla possibilità di rimuovere le cause interdittive alla voluntary riassorbite in autonomia attraverso il ravvedimento ultratardivo. Quest’ultimo entra in competizione (s’incrocia) con la voluntary quale metodo di deflazione del contenzioso in concorrenza con la voluntary. Entrambe le procedure prevedono la partecipazione volontaria del contribuente, ma mentre per aderire alla voluntary disclosure è necessario presentare un’autodenuncia (senza imposte) appunto liquidata dall’Agenzia delle entrate, per il ravvedimento non è richiesta alcuna istanza e la rimozione delle violazioni, errori e omissioni, avviene ex se in autonomia da parte del contribuente, il quale potrà selezionare le violazioni da emendare diversamente dalla voluntary disclosure in cui la resipiscenza deve essere universale. Le due forme di estinzione delle violazioni tributarie possono concorrere non essendo preclusa dal sistema positivo la possibilità per il contribuente di regolarizzare alcune violazioni con il ravvedimento volontario e le residuali con la voluntary disclosure. Ancora, in quest’ultima, si potrà negoziare la pretesa non prestando adesione all’invito, con riduzione però delle sanzioni ad un terzo. Sul fronte extrafiscale ovvero penale le distanze fra i due istituti lievitano nella misura in cui in voluntary disclosure è prevista l’estinzione di tutti i reati dichiarativi ed extrafiscali ossia di riciclaggio e autoriciclaggio laddove il ravvedimento si configura solo quale circostanza attenuante (non si estingue l’illecito).

Ancora da non sottovalutare la neonata legge sulla tenuità del fatto, potendo andare a coprire il profilo extrafiscale nei casi di infedele e omessa dichiarazione che ex se il ravvedimento ultratardivo non assicura (rigenera). Invero, il perimetro della prefata fattispecie esentativa applicata all’evasione fiscale dovrà essere meglio identificato dalla futura giurisprudenza di legittimità. Il criterio più verosimile potrebbe essere quello di stabilire un’oscillazione percentuale dal limite soglia. Resta un fatto incontrovertibile: in questi casi la non punibilità va conquistata in udienza diversamente dalla voluntary in cui viene sempre lucrata.

 

Avv. Fabio Ciani

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(1) Sull’allungamento dei termini di controllo in deroga a quelli decadenziali ordinari e sulle sopravvenute indicazioni, istanze garantiste della legge delega fiscale 11 marzo 2014, n. 23, sulla nuova definizione della proroga, cfr. M. Mussi, Il “raddoppio” dei termini per l’accertamento, in Rass. trib., 2015, 473; l‘Autore osserva che «l’assoluta irrilevanza degli eventi successivi alla comunicazione della notizia di reato: gli esiti del procedimento penale non modificano il raddoppio del potere accertativo, riemerge la rigida separazione tra procedimenti tributari e penali, qualificabili con la formula del cd. doppio binario, sancito dall’art. 20 dlgs n. 74/00 … invero il fatto dell’esistenza dell’obbligo della comunicazione della notizia di reato si autonomizza, assumendo rilievo a prescindere dagli esiti delle indagini preliminari o del successivo giudizio. Unica forma di tutela è quella differita, della valutazione che la commissione tributaria deve svolgere, ove richiesta dal contribuente, in ordine alla sussistenza dell’obbligo di denuncia».

(2) In Boll. Trib., 2015, 422.

(3) In Boll. Trib., 2015, 271.

(4) Sulla proroga più garantista da legge delega fiscale n. 23/2014 ved. M. Mussi, Il “raddoppio” dei termini per l’accertamento, cit., 477; l’Autore aggiunge che «la delega annuncia la definizione della portata applicativa della disciplina del raddoppio dei termini, ma, in positivo, viene sancita solo la necessità che il raddoppio sia consentito a condizione di un effettivo invio della comunicazione della notizia di reato e che ciò debba avvenire entro un termine correlato a quello decadenziale ordinario. In qualche misura emerge l’esigenza di ripristinare una disciplina più rispondente al valore della certezza del diritto, anche se la determinazione di un termine correlato a quello ordinario di decadenza appare fonte di ambiguità. Ambiguità, del resto, che ammanta anche la prima parte della disposizione delegante, laddove si prevede la generica definizione della portata applicativa della disciplina de qua senza chiarire se ciò si possa risolvere nell’ambito della puntualizzazione dell’effettività della denuncia di reato o se, come sembra preferibile anche in dipendenza delle diverse e importanti criticità già evidenziate, non si debba anche ricalibrare il perimetro delle fattispecie cui applicare i maggiori termini concessi al potere di accertamento”.

(5) Cfr. Cass., sez. VI, 28 aprile 2015, ord. nn. 8605 e 8606, entrambe in Boll. Trib. On-line.

(6) Sulle maggiori garanzie del contribuente ovvero sull’esigenza di assicurare certezza in questa ridefinizione del regime di proroga dei termini ordinari decadenziali, al fine di assicurare trasparenza e certezza giuridica, in questa rinnovata compliance contribuente-fisco, cfr. M. Mussi, Il “raddoppio” dei termini per l’accertamento, cit., 478, il quale osserva che «all’indicazione normativa del necessario invio della comunicazione della notizia di reato, la bozza di decreto attuativo aggancia il rispetto del termine decadenziale ordinario. La correlazione temporale sancita dalla legge delega si traduce nella previsione maggiormente favorevole al contribuente, divenendo coincidenza. Peraltro tale opzione implica una rimeditazione delle rationes sottese alla disciplina in questione. L‘integrazione attuativa della delega sembra configurare una vera e propria proroga dei termini originari, non connotante (più) una fattispecie autonoma già ab origine rispetto a quella perimetrante l’ordinario termine decadenziale, come invece prospettato nella sentenza della corte costituzionale in relazione all’ancora attuale disciplina … com’è noto la proroga di un termine è effetto di una fattispecie che si perfeziona successivamente rispetto a quella che regola lo stesso termine. Insomma la nuova disciplina del raddoppio dei termini non riguarda più già ab origine ed automaticamente (come invece accade ora secondo quanto puntualmente sottolineato dalla corte costituzionale nella sentenza 247/2011) le violazioni che implicano obbligo di denuncia penale, ma solo alcune di queste, necessitandosi un requisito ulteriore: la trasmissione effettiva della denuncia, la quale può intervenire esclusivamente entro la scadenza del termine ordinario».

(7) Sulla preclusione del raddoppio dei termini nella voluntary disclosure, cfr. F. Ciani, Autoriciclaggio, esclusioni e dualità nella nuova voluntary disclosure, in Boll. Trib., 2014, 1606; l’Autore osserva che «nella legge delega fiscale viene previsto che il prefato raddoppio dei termini opererà solo quando vi sarà invio della notizia di reato nei termini decadenziali ordinari. Si vuole dire che nelle procedure di voluntary de facto non vi può essere mai denuncia e dunque il raddoppio dei termini, verificate le interdizioni (alla voluntary) da attività endoprocedimentali».

(8) La possibilità di destrutturare in voluntary disclosure la verticalizzazione dell’evasione endosocietaria, ved. strutture conduit trasparenti ovvero interposte ed ibride. Su questa sistemazione riordino della fiscalità dei nostri assets cfr. F. Ciani, Autoriciclaggio, esclusioni e dualità nella nuova voluntary disclosure, cit., 1610; l’Autore osserva che «i trust, v. quelli esteri, vengono per lo più riqualificati in fittizi interposti, cfr. art. 37, comma 3 del dr 600/73, per cui tutti gli assets esteri sono riallocati sulle persone fisiche autrici delle violazioni di monitoraggio, su quelle attività estere riattribuite ex se ai beneficiari titolari effettivi, violazioni fiscali su quegli assets obblighi dichiarativi per la fiscalità diretta, su quegli assets mai dichiarati. Per altro, su queste attività opera la tassazione presunzione per equivalente ovvero le attività cfc si convertono ex se in imponibile. Dunque in disclosure io autodichiaro la fittizietà di quelle strutture interposte tax in capo ai beneficiari effettivi, sano tutte le violazioni da rw ed eventuale fiscalità sui flussi reddituali commesse medio tempore riabilitando in futuro l’effettività nella proprietà di questi assets a regime, la fiscalità di questi patrimoni destrutturati, bonificati e riattribuiti agli interponenti graverà su quest’ultimi, i quali eviteranno attraverso la disclosure un disconoscimento a regime delle strutture conduit con gravosi riflessi sanzionatori fiscali ed extrafiscali»< /span>.

(9) Sulla verosimile combinazione voluntary e ravvedimento utratardivo per il riassorbimento delle violazioni tributarie ancora aperte, cfr. S. Galeazzi, Il nuovo ravvedimento operoso, in Riv. dir. trib., 2014, 1013; l’Autore osserva che «le nuove regole sul ravvedimento operoso influenzeranno la convenienza della voluntary disclosure, procedura utilizzabile per sanare le violazioni degli obblighi di dichiarazione … è stato rilevato che il ravvedimento si presenta come un metodo di deflazione del contenzioso, in concorrenza con la collaborazione volontaria, ma quest’ultima risponde a finalità strutturalmente diverse rispetto a quelle del ravvedimento, pertanto non siamo di fronte ad una speciale forma di ravvedimento ma all’introduzione di un meccanismo di regolarizzazione che, nell’ottica Ocse, dovrebbe essere permanente e ciò al fine di contrastare le evasioni fiscali internazionali. Entrambe le procedure prevedono la partecipazione volontaria del contribuente, ma mentre per aderire alla voluntary disclosure è necessario presentare una domanda in seguito alla quale l’agenzia delle entrate provvederà a quantificare le violazioni e le sanzioni connesse all’autodenuncia del contribuente, per il ravvedimento non è richiesta alcuna istanza e la rimozione delle violazioni avviene senza alcun coinvolgimento dell’Amministrazione finanziaria … sul fronte penale il rientro dei capitali garantisce la non punibilità per i delitti di cui agli artt. 2, 3, 4, 5, 10-bis e 10-ter d.lgs. n.74/00 e per le condotte previste dagli artt. 648-bis e 648-ter c.p., laddove il ravvedimento si configura solo quale circostanza attenuante. In ogni caso, al pari del ravvedimento, la collaborazione volontaria non rappresenta un vero e proprio condono in quanto non estingue l’illecito e sanzione amministrativa. Dal punta di vista finanziario, la voluntary prevede espressamente la possibilità di dilazionare il quantum dovuto in tre rate mensili di pari importo: rateazione non disciplinata per il ravvedimento che, però, a differenza della prima, consente di avvalersi della compensazione».

(10) Cfr. circ. 5 marzo 2015, n. 9/E, in Boll. Trib., 2015, 366.