24 Maggio, 2016

Circolare 18 maggio 2016, n. 20/E, dell’Agenzia delle entrate)

PREMESSA
CAPITOLO I: NOVITA’ IN MATERIA DI IMPOSTE SUI REDDITI RIGUARDANTI LE PERSONE FISICHE
1. ESENZIONE BORSE DI STUDIO PER LA MOBILITÀ INTERNAZIONALE – ERASMUS PLUS (COMMA 50)
2. ESENZIONE BORSE DI STUDIO EROGATE DALLA PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO (COMMI 51 E 52)
3. QUALIFICAZIONE DEL REDDITO PER SOCI DELLE COOPERATIVE ARTIGIANE (COMMA 114)
4. NO TAX AREA PERCIPIENTI REDDITI DI PENSIONE (COMMA 290)
5. PROROGA DELLE DETRAZIONI SPETTANTI PER INTERVENTI DI RIQUALIFICAZIONE ENERGETICA DEGLI EDIFICI ESISTENTI (COMMA 74)
6. CESSIONE DELLA DETRAZIONE AI FORNITORI CHE HANNO EFFETTUATO INTERVENTI DI RIQUALIFICAZIONE ENERGETICA SULLE PARTI COMUNI DEGLI EDIFICI
7. ESTENSIONE DELLA DETRAZIONE PER GLI INTERVENTI DI RIQUALIFICAZIONE ENERGETICA DEGLI EDIFICI AGLI ISTITUTI AUTONOMI PER LE CASE POPOLARI (IACP) (COMMA 87)
8. DETRAZIONE PER L’ACQUISTO, L’INSTALLAZIONE E LA MESSA IN OPERA DI DISPOSITIVI MULTIMEDIALI (COMMA 88)
9. CREDITO D’IMPOSTA PER LA VIDEOSORVEGLIANZA (COMMA 982)
10. ACQUISTO IMMOBILI RESIDENZIALI: LA NUOVA DETRAZIONE IRPEF DEL 50 PER CENTO DELL’IVA PAGATA AL COSTRUTTORE – LA NOZIONE DI IMPRESA COSTRUTTRICE
10.1 La tipologia di immobili agevolabili – la pertinenza
10.2 Il cumulo con altre detrazioni
10.3 Trattamento fiscale degli acconti
11. RIDETERMINAZIONE DEL COSTO O VALORE DI ACQUISTO DI TITOLI, QUOTE O DIRITTI, NON NEGOZIATI IN MERCATI REGOLAMENTATI, NONCHÉ DI TERRENI EDIFICABILI E CON DESTINAZIONE AGRICOLA (COMMI 887 E 888)
CAPITOLO II: NOVITÀ IN MATERIA DI IMPOSTE SUI REDDITI RIGUARDANTI LE IMPRESE
1. RIDUZIONE ALIQUOTA IRES (COMMA 61)
2. MODIFICHE AL REGIME DI IMPOSIZIONE SOSTITUTIVA DI CUI ALL’ARTICOLO 15, COMMI DA 10 A 12, DEL DECRETO LEGGE 29 NOVEMBRE 2008, N. 185 (COMMI 95 E 96)
3. TASSAZIONE DELL’ATTIVITA’ DI PRODUZIONE E CESSIONE DI ENERGIA ELETTRICA E CALORICA DA FONTI RINNOVABILI AGROFORESTALI (COMMA 910)
CAPITOLO III: NOVITA’ IN MATERIA DI IVA
1. ESTENSIONE DEL REVERSE CHARGE ALLE PRESTAZIONI RESE DAI CONSORZIATI AL CONSORZIO (COMMA 128)
2. MARINA RESORT (COMMA 365)
3. CESSIONI GRATUITE (COMMA 396)
4. ALIQUOTA RIDOTTA IVA PER I PRODOTTI EDITORIALI IN FORMATO ELETTRONICO (COMMA 637)
CAPITOLO IV: NOVITÀ IN MATERIA DI IRAP
1. ESCLUSIONE DELLA SOGGETTIVITÀ PASSIVA, AI FINI IRAP, IN CAPO A TALUNI SOGGETTI (COMMA 70)
2. LAVORATORI STAGIONALI (COMMA 73)
3. IRAP MEDICI (COMMA 125)
CAPITOLO V: NOVITA’ IN MATERIA DI AGEVOLAZIONI FISCALI
1. CREDITO D’IMPOSTA SCUOLA (C.D. “SCHOOL BONUS”) (COMMA 231)
2. CREDITO DI IMPOSTA PER FAVORIRE LE EROGAZIONI LIBERALI A SOSTEGNO DELLA CULTURA (C.D. “ART-BONUS”) (COMMI DA 318 A 319)
3. BONUS ALBERGHI (COMMA 320)
4. MODIFICHE ALLE AGEVOLAZIONI PER IL SETTORE CINEMATOGRAFICO (COMMI DA 331 A 334 E COMMA 336)
5. FONDO PER IL CONTRASTO DELLA POVERTÀ EDUCATIVA MINORILE (COMMI DA 392 A 395)
6. ZONA FRANCA DELLA LOMBARDIA (COMMI DA 445 A 453)
CAPITOLO VI: ALTRE NOVITÀ
1. VISTO DI CONFORMITÀ INFEDELE. SANZIONI A CARICO CAF (COMMA 957).

“PREMESSA
La presente Circolare fornisce chiarimenti sulle norme di interesse fiscale contenute nella legge 28 dicembre 2015, n. 208 (di seguito, anche “legge di stabilità 2016”), che non sono oggetto di altri più specifici documenti di prassi (come nel caso delle assegnazioni dei beni ai soci, del super-ammortamento, del welfare aziendale, del bonus mobili, etc.).
Per comodità di lettura, la Circolare si articola in sei capitoli, ognuno dei quali commenta le novità fiscali relative ad un diverso comparto impositivo.
In particolare, i primi due capitoli esaminano le novità fiscali in materia di imposte sui redditi, distinguendo quelle riguardanti le persone fisiche (Capitolo I) da quelle relative alle imprese (Capitolo II).
Il terzo capitolo illustra le modifiche normative in materia di Imposta sul valore aggiunto.
Il capitolo successivo commenta il nuovo comma 1-bis aggiunto all’art. 2 del D. lgs 15 dicembre 1997, n. 446, con il quale è stato disciplinato il requisito dell’autonoma organizzazione, ai fini Irap, “(…) nel caso di medici che abbiano sottoscritto specifiche convenzioni con le strutture ospedaliere per lo svolgimento della professione all’interno di tali strutture (…)”. Nello stesso capitolo, inoltre, viene esaminata la nuova deduzione prevista per i lavoratori stagionali e l’esclusione della soggettività passiva, ai fini Irap, in capo a taluni soggetti.
Il quinto capitolo si occupa delle novità in materia di agevolazioni fiscali (in particolare, sono esaminate le modifiche al credito d’imposta c.d. Art-Bonus, il credito d’imposta c.d. School-Bonus, le agevolazioni fiscali per il settore cinematografico e quelle relative alla Zona franca urbana della Lombardia).
L’ultimo capitolo analizza le modifiche alla disciplina delle sanzioni irrogabili ai CAF nei casi in cui questi appongono visti di conformità infedeli.

CAPITOLO I: NOVITA’ IN MATERIA DI IMPOSTE SUI REDDITI RIGUARDANTI LE PERSONE FISICHE
1. ESENZIONE BORSE DI STUDIO PER LA MOBILITÀ INTERNAZIONALE – ERASMUS PLUS (COMMA 50)
Il regolamento (UE) n. 1288/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2013 ha istituito il programma “Erasmus+”, programma unico dell’Unione per l’istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport per il periodo 2014-2020.
Il “considerando” n. 40 della normativa comunitaria citata prevede che “per migliorare l’accesso al programma, è opportuno che le sovvenzioni siano adeguate al costo della vita e di sostentamento nel paese ospitante. Conformemente al diritto nazionale, gli Stati membri dovrebbero essere inoltre incoraggiati a garantire che tali sovvenzioni a sostegno della mobilità degli individui siano esenti da imposte e oneri sociali. La stessa esenzione dovrebbe applicarsi agli organismi pubblici o privati che erogano il sostegno finanziario agli individui interessati.”.
In linea con tale previsione, l’articolo 1, comma 50 dispone che “Per l’intera durata del programma «Erasmus +», alle borse di studio per la mobilità internazionale erogate a favore degli studenti delle università e delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM), ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, e dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera a), del regolamento (UE) n. 1288/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2013, si applicano le esenzioni previste all’articolo 1, comma 3, del decreto-legge 9 maggio 2003, n. 105, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 luglio 2003, n. 170.”.
L’articolo 1, comma 3, del D.l. n. 105 del 2003 – norma recante disposizioni in materia di iniziative per il sostegno degli studenti universitari e per favorirne la mobilità – richiama l’articolo 4 della legge 13 agosto 1984 n. 476 ai fini dell’ IRPEF e l’articolo 10-bis del decreto legislativo 15 dicembre 1997 n. 446 ai fini dell’IRAP.
In forza dei suddetti richiami, l’articolo 1, comma 50, della legge di stabilità 2016 in commento dispone l’esenzione dall’IRPEF delle borse di studio per la mobilità internazionale erogate in favore degli studenti delle università e delle istituzioni AFAM che partecipano al programma comunitario “Erasmus+”, nonché l’esenzione dall’IRAP per i soggetti che le erogano.
In materia previdenziale, poi, alle somme in esame si applicano le disposizioni contenute nell’art. 2, commi 26 e seguenti, della legge 8 agosto 1995, n. 335, norma anch’essa citata dall’articolo 1, comma 3, del D.l. n. 105 del 2003.
La norma non prevede un analogo trattamento di esenzione per le erogazioni in favore di studenti di grado non universitario. Deve tuttavia ritenersi che tale omissione non risponda alla finalità di ricondurre a tassazione le somme utilizzate per la mobilità degli studenti delle scuole nell’ambito dell’Erasmus Plus, anche in considerazione della unitarietà del programma comunitario, ma sia piuttosto dovuta alla considerazione che tali erogazioni sono comunque prive di requisiti reddituali.

2. ESENZIONE BORSE DI STUDIO EROGATE DALLA PROVINCIA AUTONOMA DI BOLZANO (COMMI 51 E 52)
Il comma 51, introducendo il comma 6-bis all’articolo 6 della legge 30 novembre 1989, n. 398 – normativa recante disposizioni in materia di borse di studio universitarie – dispone l’esenzione dall’IRPEF delle somme corrisposte a titolo di borsa di studio per la frequenza dei corsi di perfezionamento e delle scuole di specializzazione, per i corsi di dottorato di ricerca, per lo svolgimento di attività di ricerca dopo il dottorato e per i corsi di perfezionamento all’estero, erogate dalla provincia autonoma di Bolzano nei confronti dei percipienti.
Il successivo comma 52 stabilisce, poi, che detta esenzione si applica per i periodi di imposta per i quali non siano ancora scaduti i termini per l’accertamento e la riscossione.
Ciò preclude alla amministrazione finanziaria la possibilità di avviare azioni di recupero nel caso in cui le borse di studio non siano state assoggettate a tassazione e, nel contempo, permette ai contribuenti interessati (percipienti di borse di studio in oggetto) di richiedere, ai sensi dell’art. 38 del DPR n. 602 del 1973, il rimborso delle ritenute subite, entro il termine di decadenza di 48 mesi decorrente dal versamento del saldo dell’imposta per l’anno di riferimento.
La norma di favore ha una portata generale, riferibile a tutte le situazioni in cui la tassazione delle borse di studio in esame non sia ancora divenuta definitiva, comprese quelle in cui non sono ancora scaduti i termini per l’impugnazione dell’atto di accertamento o della cartella esattoriale o del rifiuto di rimborso, indipendentemente dal periodo d’imposta di riferimento.
L’esenzione in argomento si aggiunge a quella analoga già prevista dal comma 6 del citato articolo 6 della legge n. 398 del 1989 per le borse di studio erogate dalle università e dagli istituti d’istruzione universitaria per le medesime finalità.

3. QUALIFICAZIONE DEL REDDITO PER SOCI DELLE COOPERATIVE ARTIGIANE (COMMA 114)
Il comma 114 riconduce tra i redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, di cui all’art. 50 del TUIR, il trattamento economico dei soci delle cooperative artigiane, che stabiliscono un rapporto di lavoro in forma autonoma ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge 142/2001 con la cooperativa stessa. La disposizione opera solo ai fini fiscali; rimane infatti fermo il trattamento previdenziale (gestione artigiani) relativo ai redditi in esame.
Presupposto fondamentale richiesto dalla norma è la stipula di un rapporto di lavoro – all’atto della propria adesione o successivamente all’instaurazione del rapporto associativo fra cooperativa e socio – “in forma autonoma” la cui attuazione deve essere indicata nel regolamento interno adottato ai sensi dell’art. 6 della legge n. 142 del 2001.
La norma fa generico rinvio all’art. 50 del TUIR senza individuare quale sia la fattispecie reddituale di riferimento, tra quelle ivi previste.
Tuttavia, per ragioni logico sistematiche, si ritiene che il reddito dei lavoratori soci delle cooperative artigiane rientri tra quelli di cui alla lett. a) del predetto articolo 50 del TUIR riguardante i compensi erogati ai lavoratori soci di talune cooperative.

4. NO TAX AREA PERCIPIENTI REDDITI DI PENSIONE (COMMA 290)
Il comma 290 interviene nel comma 3, lettere a) e b) e nel comma 4 lettere a) e b) dell’art. 13 del TUIR, concernente le detrazioni dall’IRPEF per i soggetti titolari di redditi di pensione.
In particolare, a decorrere dal 2016, per favorire i pensionati con basso reddito, aumenta l’importo della detrazione spettante, da rapportare al periodo di pensione nell’anno, nonché il limite massimo del reddito complessivo di riferimento. Resta invariata la suddivisione dei pensionati in due categorie a seconda che abbiano più o meno di 75 anni di età (di seguito, in neretto, le modifiche apportate all’art. 13 del TUIR).
Per i pensionati di età inferiore a 75 anni, la detrazione è pari a:
a) 1.783 euro (in luogo di 1.725 euro), se il reddito complessivo non supera 7.750 euro (in precedenza 7.500 euro); in ogni caso l’ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 690 euro;
b) 1.255 euro, aumentata del prodotto tra 528 euro (in luogo di 470 euro) e l’importo corrispondente al rapporto tra 15.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 7.250 euro (in precedenza 7.500 euro) , qualora l’ammontare del reddito complessivo sia superiore a 7.750 euro (in precedenza 7.500 euro) ma non a 15.000 euro.
Per tali soggetti resta immutata la disciplina in caso di reddito complessivo superiore a 15.000 euro.
Per i pensionati di età superiore a 75 anni, la detrazione è pari a:
a) 1.880 euro (in luogo di 1.783 euro), se il reddito complessivo non supera 8.000 euro in precedenza 7.750 euro); in ogni caso l’ammontare della detrazione effettivamente spettante non può essere inferiore a 713 euro;
b) 1.297 euro, aumentata del prodotto tra 583 euro (in luogo di 486 euro) e l’importo corrispondente al rapporto tra 15.000 euro, diminuito del reddito complessivo, e 7.000 euro (in precedenza 7.250 euro), qualora l’ammontare del reddito complessivo sia superiore a 8.000 euro (in precedenza 7.750 euro ma non a 15.000 euro.
Anche per tali soggetti resta immutata la disciplina in caso di reddito complessivo superiore a 15.000 euro.
In sostanza, per effetto della modifica normativa in esame:
la no tax area aumenta da 7.500 a 7.750 euro, per i pensionati aventi meno di 75 anni, e da 7.750 a 8.000 euro, per i pensionati aventi più di 75 anni;
aumenta, inoltre, la detrazione spettante ai pensionati aventi meno di 75 anni e reddito complessivo compreso fra 7.751 e 15.000 euro e ai pensionati aventi più di 75 anni e reddito complessivo compreso fra 8.001 e 15.000 euro; ciò a causa dell’incremento del coefficiente di moltiplicazione del rapporto reddituale e della contestuale riduzione del denominatore di detto rapporto.
Nel seguente esempio è evidenziato il risparmio d’imposta per i soggetti di età inferiore a 75 anni
pensionati di età inferiore a 75 anni con reddito complessivo non superiore a 7.750 euro
2015
Reddito Complessivo
Aliquota IRPEF
Imposta lorda
Importo detrazione
Imposta dovuta

7.750
23%
1.783
1.255 + 470 x (15.000 – 7.750)/7.500 = 1.709
1.783 -1.709= 74
2016
Reddito Complessivo
Aliquota IRPEF
Imposta lorda
Importo detrazione
Imposta dovuta

7.750
23%
1.783
1.783
1.783 – 1.783=0
pensionati di età inferiore a 75 anni con reddito complessivo compreso tra a 7.751 e 15.000 euro
2015
Reddito Complessivo
Aliquota IRPEF
Imposta lorda
Importo detrazione
Imposta dovuta

8.000
23%
1.840
1.255 + 470 x (15.000 – 8.000)/7.500 = 1.694
1.840 -1.694= 146
2016
Reddito Complessivo
Aliquota IRPEF
Imposta lorda
Importo detrazione
Imposta dovuta

8.000
23%
1.840
1.255+528x(15.000-8.000)/7.250 = 1.765
1.840 – 1.765=75

5. PROROGA DELLE DETRAZIONI SPETTANTI PER INTERVENTI DI RIQUALIFICAZIONE ENERGETICA DEGLI EDIFICI ESISTENTI (COMMA 74)
Il comma 74 proroga al 31 dicembre 2016 la detrazione, nella misura del 65 per cento, delle spese sostenute per:
gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici esistenti di cui all’art.1, commi da 344 a 347 della legge n. 296 del 2006;
l’acquisto e la posa in opera delle schermature solari di cui all’allegato M al decreto legislativo 29 dicembre 2006, n. 311;
l’acquisto e la posa in opera di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili;
gli interventi di riqualificazione energetica relativi a parti comuni degli edifici di cui agli articoli 1117 e 1117-bis del codice civile o che interessino tutte le unità immobiliari di cui si compone il singolo condominio.
La proroga è disposta modificando i termini di scadenza indicati nell’art. 14 del decreto legge n. 63 del 2014 che già prorogava al 31 dicembre 2015 le detrazioni per gli interventi di efficienza energetica, senza modificarne l’impianto normativo di riferimento. Pertanto, restano valide le disposizioni istitutive dell’agevolazione, i relativi decreti e provvedimenti di attuazione, salvo aggiornamenti che potrebbero essere introdotti con decreto del Ministero dello Sviluppo economico per tener conto dell’adeguamento degli standard energetici, nonché i documenti di prassi che ne hanno illustrato l’applicazione.

6. CESSIONE DELLA DETRAZIONE AI FORNITORI CHE HANNO EFFETTUATO INTERVENTI DI RIQUALIFICAZIONE ENERGETICA SULLE PARTI COMUNI DEGLI EDIFICI
Il comma 74, oltre a prorogare le precedenti agevolazioni per gli interventi energetici, con riferimento alle spese sostenute per interventi di riqualificazione energetica di parti comuni degli edifici, consente ai contribuenti di cui all’art. 11, comma 2, e all’art. 13, comma 1, lettera a), e comma 5, lettera a), del TUIR di cedere la detrazione per le spese sostenute dal 1º gennaio al 31 dicembre 2016, sotto forma di un corrispondente credito ai fornitori che hanno effettuato i predetti interventi. Per le modalità attuative della cessione del credito si rinvia al provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate.
La disposizione riguarda i soli contribuenti che ricadono nella cd. no tax area, vale a dire i possessori di redditi esclusi dalla imposizione ai fini dell’IRPEF o per espressa previsione o perché l’imposta lorda è assorbita dalle detrazioni di cui al citato art. 13 del TUIR, i quali non avrebbero potuto, in concreto, fruire della corrispondente detrazione atteso che la stessa spetta fino a concorrenza dell’imposta lorda. Si tratta, in particolare:
dei soggetti titolari solo di redditi di pensione di importo non superiore a 7.500 euro, redditi di terreni per un importo non superiore a 185,92 euro e del reddito dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale e delle relative pertinenze per i quali, ai sensi del citato art. 11, comma 2, del TUIR l’imposta non è dovuta;
dei contribuenti indicati nell’art. 13 del TUIR, per i quali le specifiche detrazioni dall’imposta lorda ivi previste, commisurate al reddito complessivo e differenziate in base alla categoria reddituale che concorre a formare il reddito complessivo medesimo di fatto, abbattono l’imposta lorda, vale a dire:
1. dei titolari di un reddito complessivo non superiore a 8.000 euro a cui concorrono i redditi di lavoro dipendente (ad esclusione dei redditi derivanti da trattamenti pensionistici di cui all’art. 49, comma 2, lett. a), del TUIR) ovvero i seguenti redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente: compensi percepiti dai lavoratori soci di cooperative di produzione e lavoro (art. 50, comma 1, lett. a)); le indennità percepite a carico di terzi dai lavoratori dipendenti in relazione a prestazioni rese sulla base di incarico connesso alla propria qualifica di dipendente (art. 50, comma 1, lett. b)); le borse di studio, i premi e i sussidi corrisposti per fini di studio o di addestramento professionale (art. 50, comma 1, lett. c)); i compensi derivanti da rapporti di collaborazione coordinata e continuativa (art. 50, comma 1, lett. c-bis)); le remunerazioni dei sacerdoti (art. 50, comma 1, lett. d)); le prestazioni pensionistiche erogate dalle forme di previdenza complementare (art. 50, comma 1, lett. h-bis)); i compensi per lavori socialmente utili (art. 50, comma 1, lett. l));
2. titolari dei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente di cui all’art. 50, comma 1, lettere e), f), g), h) e i), (rispettivamente, i compensi per attività libero professionale intramurale svolta dal personale dipendente del Servizio sanitario nazionale, le indennità, i gettoni di presenza e gli altri compensi corrisposti dallo Stato, dalle regioni, dalle province e dai comuni per l’esercizio di pubbliche funzioni, le indennità corrisposte per cariche elettive, le rendite vitalizie e le rendite a tempo determinato diverse da quelle aventi funzione previdenziale, gli altri assegni periodici alla cui produzione non concorrono né capitale né lavoro), i redditi di lavoro autonomo di cui all’art. 53, i redditi derivanti dall’esercizio di attività d’impresa minore di cui all’art. 66, i redditi derivanti da attività commerciali e di lavoro autonomo svolte occasionalmente di cui all’art. 67, comma 1, lettere i) e l).
Secondo quanto specificato dal provvedimento, sulla base della relazione tecnica, la disposizione in esame si applica alle sole spese per interventi di riqualificazione energetica effettuati sulle parti comuni degli edifici e consente al condòmino incapiente di cedere, sotto forma di credito, la detrazione teoricamente spettante in favore dei fornitori che hanno eseguito i lavori, a titolo di pagamento della quota di spese a suo carico. I fornitori non sono, tuttavia, obbligati ad accettare, in luogo del pagamento loro dovuto, il credito in questione.
Il credito ceduto al fornitore, a titolo di pagamento di parte del corrispettivo ha le medesime caratteristiche della “teorica” detrazione ceduta e, pertanto, il fornitore può utilizzarlo in compensazione, ai sensi dell’art. 17 del d. lgs n. 241 del 1997, in dieci rate annuali a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in cui riceve il pagamento.
La quota del credito che non è fruita nell’anno è utilizzabile negli anni successivi e non può essere chiesta a rimborso

7. ESTENSIONE DELLA DETRAZIONE PER GLI INTERVENTI DI RIQUALIFICAZIONE ENERGETICA DEGLI EDIFICI AGLI ISTITUTI AUTONOMI PER LE CASE POPOLARI (IACP) (COMMA 87)
Il comma 87 rende fruibili le detrazioni fiscali del 65 per cento – previste per gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici dall’art. 1, commi da 344 a 347, della legge n. 296 del 2006, nonché dall’art. 14 del decreto legge n. 63 del 2013 – anche da parte degli Istituti Autonomi per le Case Popolari (IACP), comunque denominati, per le spese sostenute dal 1° gennaio 2016 al 31 dicembre 2016, relativamente agli interventi realizzati su immobili di loro proprietà adibiti ad edilizia residenziale pubblica.
In considerazione del rilevante ruolo sociale svolto dagli enti in questione, la disposizione introduce un’importante apertura nell’impianto normativo della detrazione in esame, consentendone l’applicazione anche per gli interventi riguardanti taluni immobili “patrimoniali” concessi in locazione, a condizione che siano adibiti a edilizia residenziale pubblica e siano di proprietà degli Istituti autonomi in questione, comunque essi siano denominati, i quali hanno come compito la gestione di tale patrimonio.

8. DETRAZIONE PER L’ACQUISTO, L’INSTALLAZIONE E LA MESSA IN OPERA DI DISPOSITIVI MULTIMEDIALI (COMMA 88)
Il comma 88 estende l’applicazione delle detrazioni spettanti per le spese sostenute per interventi di efficienza energetica, anche a quelle per l’acquisto, l’installazione e la messa in opera di dispositivi multimediali per il controllo da remoto degli impianti di riscaldamento e/o produzione di acqua calda e/o climatizzazione delle unità abitative, che garantiscono un funzionamento efficiente degli impianti, nonché dotati di specifiche caratteristiche. Tali dispositivi devono, in particolare:
mostrare attraverso canali multimediali i consumi energetici, mediante la fornitura periodica dei dati;
mostrare le condizioni di funzionamento correnti e la temperatura di regolazione degli impianti;
consentire l’accensione, lo spegnimento e la programmazione settimanale degli impianti da remoto.
La detrazione spetta con riferimento alle spese sostenute a partire dal 1° gennaio 2016.
Nel consentire la detrazione anche per le spese in questione, il citato comma 88 richiama le “detrazioni fiscali di cui all’articolo 14 del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63”, che contiene, in realtà, la mera proroga delle agevolazioni per l’efficienza energetica. Queste ultime sono stata introdotte, invece, dall’art. 1, commi da 344 a 347 della legge n. 296 del 2006 che individua gli interventi ammessi alla detrazione e fissa, per ciascuno di essi, un ammontare massimo di detrazione spettante.
Il comma 88, dunque, non collega la nuova fattispecie ad una specifica categoria di intervento già oggetto dell’agevolazione.
La relazione tecnica precisa che la nuova ipotesi agevolativa era già ricompresa negli interventi previsti dalla legislazione vigente per beneficiare delle detrazioni per riqualificazione energetica; si ritiene, pertanto, che la portata innovativa della norma sia ravvisabile nella possibilità di beneficiare della detrazione anche nell’ipotesi in cui l’acquisto, l’installazione e la messa in opera dei dispositivi multimediali siano effettuati successivamente o anche in assenza di interventi di riqualificazione energetica. Inoltre, considerato che gli interventi in esame hanno un costo ridotto rispetto a quelli già ammessi alla detrazione e che la norma non indica per gli interventi di “domotica” in questione l’importo massimo di detrazione fruibile, si ritiene che questa possa essere calcolata nella misura del 65 per cento delle spese sostenute.

9. CREDITO D’IMPOSTA PER LA VIDEOSORVEGLIANZA (COMMA 982)
Il comma 982 della legge di Stabilità 2016 introduce un credito d’imposta spettante alle persone fisiche che sostengono – non nell’esercizio di attività di lavoro autonomo o di impresa – spese per l’installazione di sistemi di videosorveglianza digitale o allarme, nonché connesse a contratti stipulati con istituti di vigilanza, dirette alla prevenzione di attività criminali. Il credito d’imposta è riconosciuto ai fini dell’imposta sul reddito, nel limite massimo complessivo di 15 milioni di euro per l’anno 2016. I criteri e le procedure per l’accesso al beneficio e per il suo recupero in caso di illegittimo utilizzo, nonché le ulteriori disposizioni ai fini del contenimento della spesa complessiva entro il limite sopra indicato saranno definiti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.

10. ACQUISTO IMMOBILI RESIDENZIALI: LA NUOVA DETRAZIONE IRPEF DEL 50 PER CENTO DELL’IVA PAGATA AL COSTRUTTORE – LA NOZIONE DI IMPRESA COSTRUTTRICE
Il comma 56, al fine di favorire la ripresa del mercato immobiliare prevede che “Ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, si detrae dall’imposta lorda, fino alla concorrenza del suo ammontare, il 50 per cento dell’importo corrisposto per il pagamento dell’imposta sul valore aggiunto in relazione all’acquisto, effettuato entro il 31 dicembre 2016, di unità immobiliari a destinazione residenziale, di classe energetica A o B ai sensi della normativa vigente, cedute dalle imprese costruttrici delle stesse. La detrazione di cui al precedente periodo è pari al 50 per cento dell’imposta dovuta sul corrispettivo d’acquisto ed è ripartita in dieci quote costanti nell’anno in cui sono state sostenute le spese e nei nove periodi d’imposta successivi”.
Il riferimento all’impresa costruttrice, inteso in senso letterale, escluderebbe dall’ambito di applicazione della norma le cessioni poste in essere dalle imprese di ripristino o ristrutturatrici, posto che in altri contesti tali imprese sono espressamente equiparate alle imprese edili, come nel testo dell’art. 10, comma 1, n. 8bis del DPR n. 633 del 1972, concernente il regime IVA delle cessioni di immobili.
Tenuto conto, tuttavia, della finalità della disposizione in esame, l’espressione può essere intesa nel senso ampio di “impresa che applica l’Iva all’atto del trasferimento”, considerando tale non solo l’impresa che ha realizzato l’immobile ma anche le imprese di “ripristino” o c.d. “ristrutturatrici” che hanno eseguito, anche tramite imprese appaltatrici, gli interventi di cui all’articolo 3, comma 1, lettere c), d) ed f), del Testo Unico dell’edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380.
Tale interpretazione risulta coerente con la ratio della norma, diretta a “equilibrare” il costo degli oneri fiscali delle cessioni di unità immobiliari di tipo abitativo soggette ad Iva rispetto alle medesime operazioni soggette all’imposta di registro. Infatti, le cessioni di unità immobiliari di tipo abitativo soggette ad Iva e poste in essere dalle imprese costruttrici danno luogo ad un livello di imposizione più elevata, sia perché soggette ad aliquote di imposta più alte rispetto alle aliquote previste per l’imposta di registro sia perché determinate su base imponibile differente.
La base imponibile Iva, infatti, è costituita dal corrispettivo, mentre la base imponibile relativa alle cessioni di immobili abitativi poste in essere da soggetti privati è, nella maggior parte dei casi, costituita dal valore catastale.
Per ulteriori approfondimenti si rinvia a quanto precisato nella circolare n. 11 dell’8 aprile 2016, par. 7.1.

10.1 La tipologia di immobili agevolabili – la pertinenza. Relativamente alla tipologia di immobili agevolabili, la nuova detrazione presuppone l’acquisto, direttamente dall’impresa costruttrice, nel periodo compreso tra gennaio e dicembre 2016, di una unità immobiliari a destinazione residenziale di classe energetica A o B, a prescindere da ulteriori requisiti. Infatti, la norma non limita il beneficio all’acquisto dell’abitazione principale, né sono previste esclusioni per gli immobili c.d. di lusso.
Rispetto alle pertinenze, quali, ad esempio, posto auto, cantina etc, la norma non esplicita nulla circa l’estensione del beneficio fiscale anche a tali unità immobiliari. Al riguardo, in conformità all’orientamento ormai consolidato dell’Agenzia delle Entrate, si ritiene possa applicarsi il criterio dell’estensione del beneficio fiscale spettante all’unità abitativa anche alla pertinenza, a condizione che l’acquisto della pertinenza avvenga contestualmente all’acquisto dell’unità abitativa e l’atto di acquisto dia evidenza del vincolo pertinenziale (cfr. Circolare n. 24/E del 2004, circolare n. 108/MEF del 1996 e risoluzione n. 181 del 2008).

10.2 Il cumulo con altre detrazioni. Il comma 56 non contiene una specifica disposizione che vieti il cumulo della detrazione in commento con altre agevolazioni in materia di IRPEF. In mancanza di un esplicito divieto in tal senso, si deve ritenere possibile che il contribuente che acquisti un’unità immobiliare all’interno di un edificio interamente ristrutturato dall’impresa di costruzione possa beneficiare sia della detrazione del 50 per cento dell’IVA sull’acquisto, sia della detrazione spettante ai sensi dell’art. 16-bis, comma 3, del TUIR. Tale ultima detrazione si applica, anche per il 2016, con l’aliquota del 50 per cento e deve essere calcolata sul 25 per cento del prezzo di acquisto dell’immobile, e comunque entro un importo massimo di 96.000 euro, ed è ripartita in 10 quote costanti.
Restando, tuttavia, fermo il principio generale secondo cui non è possibile far valere due agevolazioni sulla medesima spesa, la detrazione di cui al citato art. 16-bis, comma 3 del TUIR, non può essere applicata anche all’IVA per la quale il contribuente si sia avvalso della detrazione ex art. 1, comma 56, della legge di stabilità per il 2016.
Ad esempio, un contribuente che acquista da un’impresa di ristrutturazione un’unità immobiliare, con le agevolazioni “prima casa”, all’interno di un fabbricato interamente ristrutturato, al prezzo di 200.000 euro + IVA al 4%, per un totale di 208.000 euro, avrà diritto:
– alla detrazione, spettante ai sensi dell’articolo 1, comma 56, della legge di stabilità, del 50 per cento dell’Iva pagata sull’acquisto dell’immobile. Tale detrazione è pari ad euro 4.000 (8.000* 50%);
– alla detrazione, spettante ai sensi dell’art. 16-bis, comma 3, del TUIR, del 50 per cento calcolato sul 25 per cento del costo dell’immobile rimasto a suo carico. Tale detrazione è pari ad euro 25.500 [(208.000 – 4.000) * 25% = 51.000 * 50%].
Ad analoga conclusione si giunge anche nel caso di realizzazione di box pertinenziale, anche a proprietà comune, acquistato contestualmente all’immobile agevolato ai sensi della disposizione in commento, relativamente al quale spetta anche la detrazione di cui all’art. 16-bis, comma 1, lett. d) del TUIR pari al 50 per cento del costo di realizzazione documentato dall’impresa.
Ad esempio, un contribuente acquista da un’impresa costruttrice un’unità immobiliare, con le agevolazioni “prima casa”, e un box pertinenziale. Il costo complessivo dell’immobile, comprensivo della pertinenza è pari a 200.000 euro + IVA al 4%, per un totale di 208.000 euro. Il costo di realizzazione del box è pari a 10.000 euro più IVA pari a 400 euro.
Il contribuente avrà diritto:
– alla detrazione del 50 per cento dell’Iva sull’acquisto dell’immobile comprensivo della pertinenza, pari a 4.000 euro:
alla detrazione, spettante ai sensi dell’art. 16-bis, comma 1, lett. d) del TUIR, sul costo di realizzazione del box al netto dell’Iva portata in detrazione riferita a tale costo, pari a 10.200 euro (10.400 euro – 200 euro). La detrazione è pari al 50 per cento di tale importo e cioè 10.200 euro * 50% = 5.100 euro.

10.3 Trattamento fiscale degli acconti. Con riguardo all’IVA versata per l’acconto corrisposto nel 2015, si precisa che la detrazione IRPEF in commento, in vigore dal 1° gennaio 2016, prevede che l’acquirente possa considerare in detrazione il “50% dell’importo corrisposto per il pagamento dell’IVA in relazione all’acquisto” di unità immobiliari effettuato o da effettuare “entro il 31 dicembre 2016”. Ne consegue che, ai fini della detrazione ed in applicazione del principio di cassa, è necessario che il pagamento dell’IVA avvenga nel periodo di imposta 2016. Pertanto non è possibile fruire della detrazione con riferimento all’Iva relativa agli acconti corrisposti nel 2015, anche se il rogito risulta stipulato nell’anno 2016.

11. RIDETERMINAZIONE DEL COSTO O VALORE DI ACQUISTO DI TITOLI, QUOTE O DIRITTI, NON NEGOZIATI IN MERCATI REGOLAMENTATI, NONCHÉ DI TERRENI EDIFICABILI E CON DESTINAZIONE AGRICOLA (COMMI 887 E 888)
Come noto, gli articoli 5 e 7 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (legge finanziaria per il 2002) hanno consentito ai contribuenti che detenevano alla data del 1° gennaio 2002 titoli, quote o diritti, non negoziati in mercati regolamentati, nonché terreni edificabili e con destinazione agricola, di rideterminare il loro costo o valore di acquisto alla predetta data.
Il costo di acquisto rideterminato, secondo le modalità contenute nelle predette disposizioni, è utilizzabile ai fini del calcolo dei redditi diversi di cui all’articolo 67, comma 1, lettere a), b), c) e c-bis), del TUIR.
Per poter utilizzare il valore “rideterminato”, in luogo del costo storico, il contribuente è tenuto al versamento di un’imposta sostitutiva parametrata al valore risultante da un’apposita perizia giurata di stima redatta da professionisti abilitati.
Il termine entro il quale redigere la perizia giurata ed effettuare il pagamento dell’imposta, inizialmente fissato al 30 settembre 2002, è stato più volte modificato con disposizioni successive che hanno variato la data cui fare riferimento per il possesso dei beni ed i termini per l’effettuazione dei richiamati adempimenti.
Da ultimo, l’articolo 1, comma 887, della legge di stabilità 2016 ha fissato al 1° gennaio 2016 la data in cui deve essere verificato il possesso dei predetti beni ai fini di una nuova rideterminazione del loro costo o valore di acquisto prevista dal successivo comma 888.
La relativa perizia deve essere redatta entro il termine del 30 giugno 2016.
La procedura di rideterminazione del costo o valore di acquisto delle partecipazioni e dei terreni è condizionata al versamento di un’imposta sostitutiva, che per effetto del successivo comma 888 è dovuta nella misura dell’8 per cento del valore risultante dalla perizia sia per le partecipazioni (qualificate o non qualificate) sia per i terreni.
La rideterminazione dei valori e, la conseguente obbligazione tributaria si considerano perfezionate con il versamento dell’intero importo dell’imposta sostitutiva ovvero, in caso di pagamento rateale, con il versamento della prima rata. Il contribuente può avvalersi immediatamente del nuovo valore di acquisto ai fini della determinazione delle plusvalenze di cui all’articolo 67 del TUIR.
Coloro che abbiano effettuato il versamento dell’imposta dovuta ovvero di una o più rate della stessa, qualora in sede di determinazione delle plusvalenze realizzate per effetto della cessione delle partecipazioni o dei terreni non tengano conto del valore rideterminato, non hanno diritto al rimborso dell’imposta pagata e sono tenuti, nell’ipotesi di pagamento rateale, ad effettuare comunque i versamenti successivi (cfr. circolare 4 agosto 2004, n. 35/E).
Il versamento dell’imposta sostitutiva deve essere effettuato entro il 30 giugno 2016 in un’unica soluzione oppure può essere rateizzato fino ad un massimo di tre rate annuali di pari importo, a decorrere dalla medesima data. Sull’importo delle rate successive alla prima sono dovuti gli interessi nella misura del 3 per cento annuo da versare contestualmente a ciascuna rata (30 giugno 2017 e 30 giugno 2018, ovvero 2 luglio 2018 atteso che il 30 giugno cade di sabato).
Come chiarito con la circolare 24 ottobre 2011, n. 47/E, il contribuente, qualora lo ritenga opportuno, può rideterminare il valore delle partecipazioni e dei terreni anche nell’ipotesi in cui abbia già in precedenza usufruito di analoghe disposizioni agevolative ed anche quando l’ultima perizia giurata di stima riporti un valore inferiore a quello risultante dalla perizia precedente.
Nel caso in cui venga effettuata una nuova perizia dei beni detenuti alla data del 1° gennaio 2016, è possibile scomputare dall’imposta sostitutiva dovuta l’imposta sostitutiva eventualmente già versata in occasione di precedenti procedure di rideterminazione effettuate con riferimento ai medesimi beni.
In alternativa allo scomputo dell’imposta già versata, il contribuente può presentare istanza di rimborso dell’imposta sostitutiva pagata in passato, ai sensi dell’articolo 38 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602. Il termine di decadenza per la richiesta del suddetto rimborso decorre dalla data in cui si verifica la duplicazione del versamento e cioè dalla data di pagamento dell’intera imposta sostitutiva dovuta per effetto dell’ultima rideterminazione effettuata ovvero dalla data di versamento della prima rata.
L’importo del rimborso, come noto, non può comunque essere superiore all’importo dovuto in base all’ultima rideterminazione del valore effettuata (cfr. articolo 7, comma 2, lettere ee) e ff), del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70 convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106).
A titolo di esempio si formulano le due ipotesi di seguito illustrate.
1. Il contribuente ha operato, in anni precedenti, una rivalutazione di un terreno per un valore pari ad euro 200.000 e versato una imposta sostitutiva di euro 8.000 applicando l’aliquota all’epoca prevista pari al 4% del valore. Nel 2016, effettua una nuova rivalutazione del medesimo terreno per euro 220.000 cui consegue un’imposta sostitutiva da versare pari ad euro 17.600, calcolata applicando l’aliquota dell’8% attualmente vigente. Il tale caso, il contribuente può decidere, alternativamente, se:
versare la differenza tra l’imposta assolta per la precedente rivalutazione e quella dovuta per la nuova rivalutazione pari a 9.600 euro (17.600 – 8000);
versare l’intera imposta sostitutiva di euro 17.600 dovuta per la nuova rivalutazione e, successivamente, chiedere il rimborso dell’imposta versata a fronte della precedente rideterminazione pari a 8.000 euro.
1. Il contribuente ha operato, in anni precedenti, la rivalutazione di un terreno per un valore pari ad euro 220.000 e versato l’imposta sostitutiva di euro 8.800, applicando l’aliquota all’epoca prevista pari al 4% del valore. Nel 2016, effettua una nuova rivalutazione del medesimo terreno per un valore diminuito ad euro 100.000 cui consegue un’imposta sostitutiva da versare di euro 8.000, calcolata applicando l’aliquota dell’8% attualmente vigente. In tale caso, il contribuente può decidere, alternativamente se:
compensare l’imposta dovuta di 8.000 per effetto della nuova rideterminazione con quella versata per la precedente rivalutazione di euro 8.800. In tale ipotesi, l’imposta dovuta è nulla in quanto la stessa è interamente compensata da quella precedentemente versata; in ogni caso, l’eccedenza d’imposta versata pari ad 800 euro non da diritto a rimborso;
versare l’intera imposta sostitutiva di euro 8.000 dovuta per la nuova rivalutazione e chiedere il rimborso – entro questo stesso limite – dell’imposta precedentemente versata.
Si ricorda che i dati relativi alla rideterminazione del valore delle partecipazioni e dei terreni devono essere indicati nel modello di dichiarazione UNICO.
In particolare, in caso di rideterminazione del valore delle partecipazioni, si deve compilare l’apposita sezione del quadro RT e per la rideterminazione del valore dei terreni si deve compilare l’apposita sezione del quadro RM.
Anche i contribuenti che utilizzano il modello 730 devono presentare i suddetti quadri di UNICO ed il relativo frontespizio entro i termini di presentazione di quest’ultimo modello.
Con il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate di approvazione del modello di dichiarazione dei redditi saranno individuate le modalità di indicazione di tali dati con riferimento all’anno d’imposta 2016.
Si ricorda che l’omessa indicazione nel modello Unico dei dati relativi costituisce una violazione formale, alla quale si rendono applicabili le sanzioni previste dal comma 1, dell’articolo 8 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471 (con un minimo di euro 258 fino ad un massimo di euro 2.065).
In ogni caso restano impregiudicati gli effetti della rideterminazione (cfr. circolare 15 febbraio 2013, n. 1/E par. 4.3).
Si riassumono di seguito le fonti normative e gli interventi interpretativi in materia.
Riferimenti normativi
Interventi interpretativi
Articolo 5 legge 28 dicembre 2001, n. 448
Circolare n. 12/E del 31 gennaio 2002; Circolare n. 47/E del 5 giugno 2002
Articolo 7 legge 28 dicembre 2001, n. 448
Circolare n. 9/E del 30 gennaio 2002, par. 7.1 e 7.2; Circolare n. 15/E del 1° febbraio 2002, par. 3; Circolare n. 55/E del 20 giugno 2002, par. 12
Articolo 4, comma 3, decreto-legge 24 settembre 2002, n. 209, convertito dalla legge 22 novembre 2002, n. 265
Circolare n. 81/E del 6 novembre 2002; Risoluzione n. 372/E del 26 novembre 2002
Articolo 2, comma 2, decreto-legge 24 dicembre 2002, n. 282, convertito dalla legge 21 febbraio 2003, n. 27
Circolare n. 27/E del 9 maggio 2003
Articolo 39, comma 14-undecies, decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito dalla legge 24 novembre 2003, n. 326

Articolo 6-bis decreto-legge 24 dicembre 2003, n. 355, convertito dalla legge 27 febbraio 2004, n. 47 (successivamente prorogata dall’articolo 1, comma 376 e comma 428, della legge 30 dicembre 2004, n. 311)
Comunicato stampa dell’11 marzo 2004; Circolare n. 35/E del 4 agosto 2004; Circolare n. 16/E del 22 aprile 2005
Articolo 11-quaterdecies decreto legge 203/2005
Circolare n. 6/E del 13 febbraio 2006, par. 8; Circolare n. 10/E del 13 marzo 2006, par. 17
Articolo 1 Legge 244/2007
Risoluzione n. 144/E del 10 aprile 2008; Risoluzione n. 158/E del 17 aprile 2008, par. 7.4; Circolare n. 47/E del 18 giugno 2008
Articolo 2 Legge 191/2009
Risoluzione n. 111/E del 22 ottobre 2010
Articolo 7, comma 2, lettere da dd) a gg), del decreto legge n. 70 del 2011
Circolare n. 47/E del 24 ottobre 2011
Articolo 1, comma 473, della legge n. 228 del 2012
Circolare n. 1/E del 15 febbraio 2013, par. 4; Circolare n. 12/E del 3 maggio 2013, cap. I, par. 6
Articolo 1, comma 156, della legge n. 147 del 2013
Risoluzione n. 91/E del 17 ottobre 2014
Articolo 1, commi 626 e 627, della legge n. 160 del 2014
Risoluzione n. 40/E del 20 aprile 2015; Risoluzione n. 53/E del 27 maggio 2015
Articolo 1, commi 887 e 888, della legge n. 208 del 2015

CAPITOLO II: NOVITÀ IN MATERIA DI IMPOSTE SUI REDDITI RIGUARDANTI LE IMPRESE
1. RIDUZIONE ALIQUOTA IRES (COMMA 61)
Il comma 61 modifica l’articolo 77 del TUIR prevedendo la riduzione dell’aliquota IRES ordinaria a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016.
A decorrere dal 1° gennaio 2017, pertanto, l’aliquota IRES passa dal 27,5 al 24 per cento. Conseguentemente, è rideterminata l’aliquota della ritenuta a titolo d’imposta – prevista dall’articolo 27, comma 3-ter), del DPR 29 settembre 1973, n. 600 – sugli utili corrisposti alle società ed enti soggetti ad un’imposta sul reddito delle società in Stati membri dell’Unione europea o aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo (SEE), inclusi nella lista di cui all’articolo 168-bis) del TUIR (c.d. white list).
In particolare, la ritenuta passa dall’1,375% all’1,20 per cento.
Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze verranno, inoltre, proporzionalmente rideterminate le percentuali previste per dividendi e plusvalenze partecipative ai sensi degli articoli 47, comma 1, 58, comma 2, 59 e 68, comma 3, del TUIR, nonché dell’articolo 4, comma 1, lettera q), del D. lgs 12 dicembre 2003, n. 344.
In virtù di quanto disposto dal comma 64 della legge di stabilità 2016 la rideterminazione di cui agli articoli 58, comma 2 e 68, comma 3, del TUIR non si applica ai soggetti indicati nell’articolo 5 del medesimo testo unico.
Sono esclusi dalla riduzione dell’aliquota IRES la Banca d’Italia e gli enti creditizi e finanziari, di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 87, per i quali viene disposta l’applicazione di un’addizionale IRES di 3,5 punti percentuali.

2. MODIFICHE AL REGIME DI IMPOSIZIONE SOSTITUTIVA DI CUI ALL’ARTICOLO 15, COMMI DA 10 A 12, DEL DECRETO LEGGE 29 NOVEMBRE 2008, N. 185 (COMMI 95 E 96)
Nell’ambito delle disposizioni di favore per le imprese contenute nella legge di stabilità per il 2016 (legge 28 dicembre 2015, n. 208), i commi 95 e 96 dell’articolo 1 sono intervenuti a modificare il regime di imposizione sostitutiva di cui ai commi 10 e seguenti dell’articolo 15 del decreto legge n. 185 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 2009.
Al riguardo, si ricorda che il suddetto regime di affrancamento (che deroga in parte alle disposizioni del comma 2-ter dell’articolo 176 del TUIR) consente alle società aventi causa delle operazioni di fusione, scissione e conferimento d’azienda (società conferitaria, incorporante o risultante dalla fusione e beneficiaria della scissione) di ottenere il riconoscimento fiscale dei maggiori valori contabili – relativi all’avviamento, ai marchi d’impresa e alle altre attività immateriali – iscritti in bilancio a seguito delle predette operazioni straordinarie; ciò mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva dell’imposta sui redditi e dell’IRAP, con aliquota del 16 per cento, da versare in un’unica soluzione entro il termine di versamento del saldo delle imposte sui redditi relative all’esercizio nel corso del quale è stata posta in essere l’operazione stessa. Con il versamento dell’imposta sostitutiva si perfeziona l’esercizio dell’opzione (cfr. circolare n. 28/E del 11 giugno 2009, par. 7).
I maggiori valori assoggettati ad imposta sostitutiva si considerano fiscalmente riconosciuti a partire dall’inizio del periodo d’imposta nel corso del quale è versata l’imposta sostitutiva; ciò ai fini della decorrenza del cd. “periodo di sorveglianza” di cui all’ultimo periodo del comma 2-ter dell’articolo 176 del TUIR (cfr. circolare n. 28/E del 11 giugno 2009, par. 5). Con riferimento agli ammortamenti, la deducibilità dei maggiori valori affrancati è ammessa a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello nel corso del quale è versata l’imposta sostitutiva.
La versione precedente del comma 10 dell’articolo 15 sopra citato prevedeva che “la deduzione di cui all’articolo 103 del citato testo unico e agli articoli 5, 6 e 7 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, del maggior valore dell’avviamento e dei marchi d’impresa” potesse essere effettuata “in misura non superiore ad un decimo, a prescindere dall’imputazione al conto economico”.
Il comma 95 dell’articolo 1 della legge n. 208 del 2015 interviene a modificare il penultimo periodo del comma 10 dell’articolo 15 citato, sostituendo le parole “non superiore ad un decimo” con le parole “non superiore ad un quinto”. Per effetto di tale modifica viene portato (da un decimo) ad un quinto il limite massimo della quota di ammortamento deducibile in ciascun periodo d’imposta dei maggiori valori affrancati di avviamento e marchi d’impresa, rendendo ancora più conveniente l’opzione per il regime d’imposizione sostitutiva in commento.
Le quote di ammortamento del maggior valore delle altre attività immateriali, invece, sono deducibili “nel limite della quota imputata a conto economico”.
Con riferimento all’ambito temporale di applicazione, il successivo comma 96 stabilisce che: “La disposizione di cui al comma 95 si applica alle operazioni di aggregazione aziendale poste in essere a decorrere dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015”. In altri termini, per i soggetti con esercizio sociale coincidente con l’anno solare, la nuova disposizione si applica alle operazioni poste in essere a partire dal 1° gennaio 2016, lasciando immutata la misura massima della deduzione (un decimo) per quanto riguarda i maggiori valori (di avviamento e marchi d’impresa) iscritti ed affrancati in occasione di operazioni straordinarie poste in essere negli esercizi precedenti (rectius, poste in essere fino al 31 dicembre 2015).
Si precisa, inoltre, che se il valore contabile di un determinato avviamento o marchio d’impresa fosse il risultato complessivo di due operazioni straordinarie poste in essere in epoche diverse, la prima realizzata precedentemente alla modifica normativa e la seconda realizzata successivamente, la non retroattività della novellata disposizione non consente di calcolare, in base al nuovo (ridotto) periodo di ammortamento, le quote deducibili relative al valore fiscale residuo delle attività immateriali (avviamento o marchio d’impresa) affrancate ai sensi del previgente comma 10. In caso di opzione ai sensi del novellato comma 10, si genererebbe, quindi, un “doppio regime” relativamente al valore fiscalmente riconosciuto delle predette attività immateriali.
A mero titolo esemplificativo, si supponga che la società avente causa di un’operazione di conferimento d’azienda, effettuata nel corso del 2016, iscriva maggiori valori contabili su un marchio d’impresa precedentemente affrancato dal soggetto dante causa in base al comma 10 dell’articolo 15 del decreto legge n. 185 del 2008, per effetto di una precedente operazione straordinaria fiscalmente neutrale; qualora, con riferimento al predetto marchio d’impresa, la società conferitaria decidesse di optare per il medesimo regime di imposizione sostitutiva, la stessa dovrebbe idealmente separare i due “diversi” valori fiscali: il primo, in cui la società conferitaria subentra per effetto del conferimento, continuerà ad essere assoggettato al processo di ammortamento fiscale “per decimi” (ai sensi del previgente comma 10); il secondo, derivante dall’affrancamento del maggior valore iscritto a seguito della nuova operazione, sarà assoggettato al processo di ammortamento di cui al novellato comma 10 (vale a dire, in misura non superiore ad un quinto).
Poiché, ai sensi dei commi 10-bis e 10-ter dell’articolo 15 del decreto legge n. 185 del 2008, “le previsioni del comma 10 sono applicabili”, rispettivamente, “ai maggiori valori delle partecipazioni di controllo, iscritti in bilancio a seguito dell’operazione a titolo di avviamento, marchi d’impresa e altre attività immateriali”, nonché “ai maggiori valori – attribuiti ad avviamenti, marchi di impresa e altre attività immateriali nel bilancio consolidato – delle partecipazioni di controllo acquisite nell’ambito di operazioni di cessione di azienda ovvero di partecipazioni”, si ritiene che la suddetta modifica normativa trovi applicazione anche con riferimento al regime di imposizione sostitutiva di cui ai predetti commi 10-bis e 10-ter (cui è stata data attuazione attraverso il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 6 giugno 2014).
Tale regime è volto ad ottenere, previo versamento di un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi e dell’IRAP del 16 per cento, il riconoscimento fiscale dei maggiori valori relativi ad avviamento, marchi d’impresa ed altre attività immateriali iscritti nel bilancio consolidato, anziché nel bilancio d’esercizio, sempre che siano riferibili ai maggiori valori contabili delle partecipazioni di controllo acquisite ed iscritte nel bilancio individuale per effetto di operazioni straordinarie o traslative; l’opzione si considera perfezionata con il versamento dell’imposta sostitutiva, che deve essere effettuato, in un’unica rata, entro il termine di scadenza del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo di imposta in cui l’operazione ha avuto efficacia giuridica, secondo le modalità previste dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, esclusa la compensazione ivi prevista (cfr. articolo 4, comma 5, del provvedimento attuativo).
Si ritiene, ciò nondimeno, che – come specificato nella relazione illustrativa al disegno di legge di stabilità per il 2016 (“il comma…consente ai contribuenti di ridurre ulteriormente il periodo di ammortamento previsto per l’avviamento e i marchi d’impresa dal citato decreto legge n. 185 del 2008”) – la riduzione del periodo di ammortamento (da dieci a cinque quote) operi limitatamente al valore affrancato di avviamento e marchi d’impresa, restando ferma la deduzione in misura non superiore ad un decimo, a prescindere dall’imputazione al conto economico, per gli ammortamenti relativi ai valori delle altre attività immateriali “impliciti” nelle partecipazioni di controllo acquisite per effetto delle predette operazioni.
Va da sé che la nuova disposizione si applica alle partecipazioni di controllo acquisite per effetto di operazioni straordinarie e traslative poste in essere a decorrere dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015, ferma restando la misura massima della deduzione (un decimo) per quanto riguarda i valori di avviamento e marchi d’impresa (fiscalmente) riconosciuti ai sensi dei commi 10-bis e 10-ter per effetto di operazioni poste in essere negli esercizi precedenti.
Valgono, anche per il regime in questione, i chiarimenti sopra forniti con riferimento alla necessità di tenere distinti i valori fiscali relativi ad un medesimo avviamento o marchio d’impresa, nel caso in cui i predetti valori siano stati affrancati ai sensi dei commi 10-bis e 10-ter in corrispondenza di operazioni realizzate prima e dopo la suddetta modifica normativa.

3. TASSAZIONE DELL’ATTIVITA’ DI PRODUZIONE E CESSIONE DI ENERGIA ELETTRICA E CALORICA DA FONTI RINNOVABILI AGROFORESTALI (COMMA 910)
Il comma 910 introduce a regime una norma che, in base all’articolo 22 del D.l 24 aprile 2014, n. 66, avrebbe dovuto trovare applicazione solo in via transitoria per gli anni 2014 e 2015.
Pertanto, “ferme restando le disposizioni tributarie in materia di accisa, la produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali, sino a 2.400.000 kWh anno, e fotovoltaiche, sino a 260.000 kWh anno, nonché di carburanti e prodotti chimici di origine agroforestale provenienti prevalentemente dal fondo effettuate dagli imprenditori agricoli, costituiscono attività connesse ai sensi dell’articolo 2135, terzo comma, del codice civile e si considerano produttive di reddito agrario. Per la produzione di energia, oltre i limiti suddetti, il reddito delle persone fisiche, delle società semplici e degli altri soggetti di cui all’articolo 1, comma 1093, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è determinato, ai fini IRPEF ed IRES applicando all’ammontare dei corrispettivi delle operazioni soggette a registrazione agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, relativamente alla componente riconducibile alla valorizzazione dell’energia ceduta, con esclusione della quota incentivo, il coefficiente di redditività del 25 per cento, fatta salva l’opzione per la determinazione del reddito nei modi ordinari, previa comunicazione all’ufficio secondo le modalità previste dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1997, n. 442.
In sostanza, in base al comma 423 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, così come definitivamente modificato dalle legge di stabilità per il 2016, la produzione e la cessione di energia elettrica e calorica da fonti rinnovabili agroforestali, sino a 2.400.000 kWh anno, e fotovoltaiche, sino a 260.000 kWh anno, costituiscono attività connesse a quella agricola e si considerano produttive di reddito agrario.
Oltre i predetti limiti è invece prevista l’applicazione di una tassazione forfettaria sempreché, tuttavia, con riferimento ai prodotti utilizzati per tali produzioni, risulti rispettato il criterio della “prevalenza”, così come definito dalla circolare n. 32/E del 2009.
In particolare, per la produzione e cessione di energia da fonti fotovoltaiche è richiesto, come esplicitamente chiarito nella risoluzione n. 86/E del 15 ottobre 2015, il rispetto dei criteri di connessione all’attività agricola principale indicati nella già citata circolare n. 32/E del 2009.
Mancando il requisito della connessione all’attività agricola principale, troveranno applicazione, per la parte di reddito derivante dall’energia prodotta in eccesso, le regole ordinarie in materia di reddito d’impresa.
Ai fini IRAP, pertanto, le imprese agricole che producono energia elettrica e calorica oltre i limiti stabiliti dal comma 423 devono assolvere il tributo regionale con l’aliquota ordinaria.
Il valore della produzione netta può essere determinato forfettariamente aumentando, ai sensi dell’articolo 17 del decreto IRAP, il reddito calcolato con la percentuale del 25%, “delle retribuzioni sostenute per il personale dipendente, dei compensi spettanti ai collaboratori coordinati e continuativi di quelli per prestazioni di lavoro autonomo non esercitate abitualmente, e degli interessi passivi”.
Per la produzione e la cessione di energia oltre i suddetti limiti, la base imponibile deve essere determinata – a seconda della forma giuridica rivestita dal soggetto esercente – in conformità alle previsioni contenute negli articoli 5 e 5-bis del decreto IRAP, ogniqualvolta non sia riscontrabile la connessione all’attività agricola principale.

CAPITOLO III: NOVITA’ IN MATERIA DI IVA
1. ESTENSIONE DEL REVERSE CHARGE ALLE PRESTAZIONI RESE DAI CONSORZIATI AL CONSORZIO (COMMA 128)
Il comma 128, integrando l’articolo 17, sesto comma, del DPR n. 633 del 1972 con l’aggiunta della lettera a-quater), ha disposto l’estensione del meccanismo di assolvimento dell’IVA mediante inversione contabile (cd. reverse charge) “alle prestazioni di servizi rese dalle imprese consorziate nei confronti del consorzio di appartenenza che, ai sensi delle lettere b), c) ed e) del comma 1 dell’articolo 34 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, si è reso aggiudicatario di una commessa nei confronti di un ente pubblico al quale il predetto consorzio è tenuto ad emettere fattura ai sensi del comma 1 dell’articolo 17-ter del presente decreto. L’efficacia della disposizione di cui al periodo precedente è subordinata al rilascio, da parte del Consiglio dell’Unione europea, dell’autorizzazione di una misura di deroga ai sensi dell’articolo 395 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, e successive modificazioni”.
La disposizione in commento prevede l’applicazione del meccanismo del reverse charge alle prestazioni di servizi rese dalle imprese consorziate ai consorzi che, risultando aggiudicatari di una commessa nei confronti di un ente pubblico, sono tenuti ad emettere fattura mediante il meccanismo della scissione dei pagamenti (cd. split payment), di cui all’articolo 17-ter del DPR n. 633 del 1972.
Si precisa che i consorzi, a cui si riferisce la norma in esame, sono unicamente quelli indicati dall’articolo 34, comma 1, del D.Lgs. n. 163 del 2006, ossia:
i consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro;
i consorzi stabili, costituiti anche in forma di società consortili ai sensi dell’articolo 2615-ter del codice civile, tra imprenditori individuali, anche artigiani, società commerciali, società cooperative di produzione e lavoro;
i consorzi ordinari di concorrenti di cui all’articolo 2602 del codice civile.
Debbono, quindi, ritenersi esclusi dall’ambito applicativo della disposizione in argomento i raggruppamenti temporanei di imprese di cui all’articolo 37 del D. lgs 12 aprile 2006, n. 163 e le imprese aderenti al contratto di rete di cui all’articolo 3, comma 4-ter, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito con modificazioni dalla legge 9 aprile 2009, n. 33.
In proposito, è il caso di evidenziare che in base al meccanismo denominato split payment – previsto dal citato articolo 17-ter del DPR n. 633 del 1972, in relazione agli acquisti di beni e servizi effettuati dalle pubbliche amministrazioni contemplate dalla norma, per i quali queste non siano debitori d’imposta – l’IVA addebitata dal fornitore (nella specie, dal consorzio) nelle relative fatture deve essere versata all’Erario direttamente dall’amministrazione acquirente, anziché allo stesso fornitore, scindendo quindi il pagamento del corrispettivo dal pagamento della relativa imposta (cfr. circolari n. 1/E del 9 febbraio 2015 e n. 15/E del 13 aprile 2015).
In sostanza, nelle operazioni effettuate dai consorzi nei confronti della P.A. e soggette al meccanismo della scissione dei pagamenti, l’IVA relativa a tali operazioni non è pagata al consorzio cedente o prestatore unitamente al corrispettivo, ma viene versata all’Erario direttamente dalla Pubblica Amministrazione cessionaria o committente.
Ciò posto, si osserva che per i consorzi che effettuano operazioni prevalentemente nei confronti della P.A. in regime di split payment e che acquistano servizi dalle società consorziate, si viene a determinare la formazione di un credito IVA strutturale, in quanto gli stessi non possono compensare l’imposta relativa alle operazioni attive effettuate nei confronti della P.A. – soggette al meccanismo della scissione dei pagamenti – con quella assolta in relazione ai servizi acquistati dalle società consorziate.
In particolare, sotto il profilo finanziario, i consorzi di cui trattasi trasferiscono, di norma, ai propri consorziati importi superiori a quelli incassati dall’Amministrazione pubblica cessionaria o committente (tali importi, infatti, sono gravati da un’imposta che, relativamente alle operazioni attive, non entra mai nella disponibilità dei consorzi), anticipando somme che solo successivamente saranno loro rimborsate dall’Erario.
Con l’introduzione del meccanismo del reverse-charge alle prestazioni di servizi rese dalle imprese consorziate ai consorzi, il Legislatore ha inteso semplificare, in sostanza, la riscossione del tributo, evitando che i consorzi che hanno quale committente principale la P.A. e che applicano il meccanismo dello split payment, si trovino in una costante condizione di credito IVA.
Al riguardo, giova ricordare che l’applicazione del meccanismo dell’inversione contabile comporta che il destinatario della cessione o della prestazione (nella specie, il consorzio), se soggetto passivo d’imposta nel territorio dello Stato, sia obbligato all’assolvimento dell’imposta, in luogo del cedente o del prestatore.
In particolare, secondo tale meccanismo i prestatori di servizi (nella specie, le società consorziate) sono tenuti ad emettere fattura senza addebito d’imposta, mentre il committente (il consorzio) dovrà integrare la fattura con l’indicazione dell’aliquota e della relativa imposta ed annotarla nel registro delle fatture emesse o in quello dei corrispettivi, di cui agli articoli 23 o 24 del DPR n. 633 del 1972; lo stesso documento, ai fini della detrazione, è annotato anche nel registro degli acquisti di cui all’articolo 25 dello stesso DPR n. 633 del 1972.
L’efficacia della disposizione in commento è subordinata al rilascio, da parte del Consiglio dell’Unione europea, dell’autorizzazione di una misura di deroga ai sensi dell’articolo 395 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, il quale prevede, fra l’altro, che “il Consiglio, deliberando all’unanimità su proposta della Commissione, può autorizzare ogni Stato membro ad introdurre misure speciali di deroga alla presente direttiva, allo scopo di semplificare la riscossione dell’imposta o di evitare talune evasioni o elusioni fiscali”.
La previsione di cui al comma 128 necessita, quindi, di una preventiva apposita autorizzazione da parte degli organismi europei, non rientrando fra le operazioni per le quali gli Stati membri possono stabilire, senza alcun limite temporale, che il soggetto tenuto al versamento dell’IVA sia il cessionario o il committente in luogo del cedente o prestatore (v. articolo 199 della direttiva 2006/112/CE), né fra quelle – a carattere temporaneo – per le quali gli Stati membri possono prevedere l’applicazione del meccanismo del reverse charge fino al 31 dicembre 2018 e per un periodo minimo di due anni (v. articolo 199-bis della direttiva 2006/112/CE).
Pertanto, la norma in commento troverà applicazione solo a condizione che il Consiglio dell’Unione europea autorizzi la misura speciale di deroga di cui al citato articolo 395 della direttiva 2006/112/CE.

2. MARINA RESORT (COMMA 365)
Il comma 365 ha modificato l’art. 32, comma 1, del D.l 12 settembre 2014, n. 133, che ha equiparato, per un periodo di tempo limitato, le strutture organizzate per la sosta e il pernottamento di turisti all’interno delle proprie unità da diporto, ormeggiate nello specchio acqueo appositamente attrezzato (c.d. marina resort), alle strutture ricettive all’aria aperta. Con la conseguenza che per le prestazioni, rese ai clienti alloggiati nei c.d. marina resort, ha trovato applicazione l’aliquota IVA ridotta del 10 per cento IVA, di cui al numero 120) della Tabella A, parte terza, allegata al DPR n. 633 del 1972 (concessa ai clienti alle strutture ricettive turistiche), invece di quella ordinaria pari al 22 per cento. La novella in esame ha reso permanente l’equiparazione, prima temporanea e la cui scadenza era prevista al 31 dicembre 2015.
Al riguardo, tuttavia, si evidenzia che la Corte costituzionale, con sentenza n. 21 del 2016, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del citato art. 32, comma 1, del D.L. n. 133 del 2014, come modificato dell’ art. 1, comma 365, della L. 28 dicembre 2015, n. 208, nella parte in cui non prevede che la configurazione delle strutture organizzate per la sosta e il pernottamento di turisti all’interno delle proprie unità da diporto ormeggiate nello specchio acqueo appositamente attrezzato come strutture ricettive all’aria aperta debba avvenire nel rispetto dei requisiti stabiliti dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, previa intesa nella Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano.
Si è del parere che la sentenza in commento rientri tra le cosiddette “sentenze additive”, che incidono sulla legge senza annullarla, ma trasformandola, aggiungendo alla norma un’ulteriore previsione che, in osservanza della Costituzione, avrebbe dovuto necessariamente essere prevista sin dalla sua origine.
La Consulta, pertanto, ha integrato le norma inserendo la necessità del ricorso a moduli cooperativi, con la previsione di un intervento di un organismo misto, deputato istituzionalmente alla composizione di interessi contrapposti tra lo Stato e le Autonomie locali, qual è la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni.
La natura dell’intervento operato dalla Corte (sentenza additiva e non abrogatoria) comporta, in linea di principio, che la legge modificata conservi intatta la sua efficacia in ogni sua parte che non sia incompatibile con la modifica introdotta.
Si ritiene, inoltre, che, benché la sentenza della Corte abbia efficacia retroattiva, restino salvi i diritti acquisiti ed i rapporti definiti in precedenza.

3. CESSIONI GRATUITE (COMMA 396)
Il comma 396 semplifica la cessione gratuita di prodotti a enti, associazioni o fondazioni aventi esclusivamente finalità di assistenza, beneficenza, educazione, istruzione, studio o ricerca scientifica e alle ONLUS.
In particolare, la semplificazione è realizzata mediante l’innalzamento a 15.000 euro (rispetto agli attuali 5.164,57 euro) del limite del costo dei beni gratuitamente ceduti – contenuto nell’articolo 2, comma 2, lettera a) del dPR 10 novembre 1997, n. 441 – oltre il quale occorre inviare la prescritta comunicazione all’amministrazione finanziaria per poterli consegnare. Tale comunicazione resta in ogni caso facoltativa, senza limiti di valore, quando i beni ceduti gratuitamente siano facilmente deperibili (gli alimenti).
Al riguardo, giova ricordare che i commi 1 e 2, dell’articolo 1, del citato DPR n. 441 del 10 novembre 1997 (Regolamento recante norme per il riordino della disciplina delle presunzioni di cessione e di acquisto), dispongono che “1. Si presumono ceduti i beni acquistati, importati o prodotti che non si trovano nei luoghi in cui il contribuente svolge le proprie operazioni, né in quelli dei suoi rappresentanti. Tra tali luoghi rientrano anche le sedi secondarie, filiali, succursali, dipendenze, stabilimenti, negozi, depositi ed i mezzi di trasporto nella disponibilità dell’impresa.”
2. La presunzione di cui al comma 1 non opera se è dimostrato che i beni stessi:
a) sono stati impiegati per la produzione, perduti o distrutti;
b) sono stati consegnati a terzi in lavorazione, deposito, comodato o in dipendenza di contratti estimatori, di contratti di opera, appalto, trasporto, mandato, commissione o di altro titolo non traslativo della proprietà.”
Il successivo articolo 2 indica le modalità per vincere, ai fini IVA, le presunzioni di cui al precedente articolo 1.
In particolare, per quel che qui interessa, al comma 2 sono indicate le procedure da adottare per provare la gratuità delle cessioni, di cui all’articolo 10, primo comma, n 12 del DPR n. 633 del 1972, effettuate nei confronti di enti pubblici, associazioni riconosciute o fondazioni aventi esclusivamente finalità di assistenza, beneficienza, educazione, istruzione, studio o ricerca scientifica e alle Onlus, in assenza delle quali la cessione è considerata imponibile.
La gratuità va, infatti, provata mediante:
1. comunicazione scritta, da parte del cedente agli uffici dell’amministrazione finanziaria e ai comandi della Guardia di Finanza di competenza, con l’indicazione della data, ora e luogo di inizio del trasporto, della destinazione finale dei beni, nonché dell’ammontare complessivo, sulla base del prezzo di acquisto, dei beni gratuitamente ceduti. Tale comunicazione deve pervenire agli uffici almeno cinque giorni prima della consegna;
2. emissione del documento di trasporto, progressivamente numerato;
3. dichiarazione sostitutiva di atto notorio ai sensi della legge 4 gennaio 1968, n. 15, con la quale l’ente ricevente attesti natura, qualità e quantità dei beni ricevuti corrispondenti ai dati contenuti nel documento di cui alla lettera b).
Come già anticipato, dunque, la comunicazione di cui alla lettera a) può non essere inviata se “l’ammontare del costo dei beni stessi non sia superiore a euro quindicimila [limite aumentato dalla legge di stabilità per il 2016] o si tratti di beni facilmente deperibili”.

4. ALIQUOTA RIDOTTA IVA PER I PRODOTTI EDITORIALI IN FORMATO ELETTRONICO (COMMA 637)
Il comma 637 ha modificato l’articolo 1, comma 667, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, (c.d. legge di stabilità 2015) che, nell’attuale formulazione, dispone: “Ai fini dell’applicazione della tabella A, parte II, numero 18), allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, e successive modificazioni, sono da considerare giornali, notiziari quotidiani, dispacci delle agenzie di stampa, libri e periodici tutte le pubblicazioni identificate da codice ISBN o ISSN e veicolate attraverso qualsiasi supporto fisico o tramite mezzi di comunicazione elettronica”.
Per effetto della predetta disposizione, l’aliquota IVA del 4 per cento di cui al punto 18), della tabella A, allegata al DPR n. 633 del 1972, già prevista per la fornitura, in formato cartaceo, di giornali e notiziari quotidiani, dispacci delle agenzie di stampa, libri e periodici, è applicabile anche alla fornitura, in formato digitale, dei predetti prodotti editoriali.
Sulla base del tenore letterale della disposizione in esame si ritiene che l’aliquota IVA del 4 per cento sia applicabile anche alle operazioni di messa a disposizione “on line” (per un periodo di tempo determinato) dei prodotti editoriali sopra menzionati. Si tratta di quelle fattispecie, sempre più diffuse, in cui al consumatore è offerta la fruizione dei prodotti editoriali mediate utilizzo di siti web ovvero piattaforme elettroniche. Si pensi alla consultazione di biblioteche on line che prevedono, altresì, una serie di servizi aggiuntivi quali: ricerche; inserire commenti, stampare. Del resto, il riferimento della novella legislativa alle pubblicazioni “veicolate … tramite mezzi di comunicazione elettronica” appare suscettibile di essere interpretato nel senso di ammettere al beneficio dell’aliquota super ridotta la fornitura, in formato digitale, ancorché per un periodo limitato, di giornali e notiziari quotidiani, dispacci delle agenzie di stampa, libri, periodici.
La novella legislativa in commento fa riferimento a prodotti editoriali contraddistinti da un proprio codice ISBN (per i libri e prodotti affini) o ISSN (per le pubblicazioni in serie come periodici, quotidiani o riviste, gli annuari, ecc.). Si tratta di codici adottati a livello internazionale che consentono un’identificazione univoca del prodotto editoriale. Il codice ISBN è gestito da Agenzie che operano per area nazionale, linguistica o geografica, mentre il coordinamento internazionale del sistema ISBN è affidato alla Agenzia internazionale ISBN che promuove, coordina e sovrintende l’utilizzo del sistema ISBN su scala mondiale. Il codice ISSN è gestito da apposito ente in ambito nazionale secondo le direttive della rete internazionale ISSN.
Al riguardo, si precisa che ai fini dell’applicazione dell’aliquota Iva ridotta del 4 per cento, il codice ISBN o ISSN è condizione necessaria ma non sufficiente. Occorre, infatti, che il prodotto editoriale abbia le caratteristiche distintive tipiche dei giornali e notiziari quotidiani, dispacci delle agenzie di stampa, libri, periodici, per la cui individuazione si rinvia ai precedenti documenti di prassi della scrivente (cfr. circolare n. 23/E del 2014 e circolare n. 328 del 1997).
Giova richiamare, infine, la circolare n. 23/E del 2014 con la quale è stato precisato che, nell’ipotesi di cessioni di un libro su carta che al suo interno contiene una chiave di accesso mediante la quale l’acquirente del prodotto cartaceo può acquisire, tramite collegamento a portale internet, copia in formato elettronico del libro cartaceo già acquistato, ovvero aggiornamenti dello stesso, la vendita del libro costituisce, sotto l’aspetto sostanziale, una cessione di beni.
In tali casi, pertanto, tornano applicabili, ai fini della determinazione dell’imposta dovuta e dell’aliquota applicabile, le disposizioni riferibili al libro cartaceo. Ciò, sempre che l’acquirente non debba pagare uno specifico corrispettivo per l’aggiuntivo servizio elettronico (Cfr. Circolare n. 23/E del 2014) .
Si è dell’avviso che, a seguito della novella legislativa in commento, la predetta indicazione torna applicabile anche ai giornali, notiziari quotidiani, dispacci delle agenzie di stampa e periodici in formato cartaceo contenente una chiave di accesso mediante la quale l’acquirente del prodotto cartaceo può acquisire, tramite collegamento a portale internet, copia in formato elettronico del prodotto editoriale già acquistato.

CAPITOLO IV: NOVITÀ IN MATERIA DI IRAP
1. ESCLUSIONE DELLA SOGGETTIVITÀ PASSIVA, AI FINI IRAP, IN CAPO A TALUNI SOGGETTI (COMMA 70)
Il comma 70 ha apportato una serie di modifiche all’articolo 3 del D. lgs 15 dicembre 1997, n. 446 (di seguito, anche decreto IRAP), non facendo più rientrare tra i soggetti passivi del tributo regionale:
a) i soggetti che esercitano un’attività agricola ai sensi dell’articolo 32 del TUIR;
b) le cooperative ed i loro consorzi che forniscono in via principale, anche nell’interesse di terzi, servizi nel settore selvicolturale, ivi comprese le sistemazioni idraulico-forestali (soggetti equiparati agli imprenditori agricoli dall’articolo 8 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227);
c) le cooperative della piccola pesca e loro consorzi di cui all’articolo 10 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 601.
Conseguentemente, è stato eliminato dal testo normativo del predetto articolo 3 del decreto IRAP ogni riferimento alla tassazione delle imprese agricole ai fini del tributo regionale.
Lo stesso comma 70 ha abrogato l’articolo 45, comma 1, del D. Lgs. n. 446 del 97, che fissava all’1,90 per cento l’aliquota IRAP per i soggetti operanti nel settore agricolo, nonché per le cooperative della piccola pesca e loro consorzi, di cui all’articolo 10 del DPR n. 601 del 1973.
Si ritiene, pertanto, che, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015, l’esclusione dall’IRAP in commento riguardi le attività, appositamente richiamate dal comma 70, per le quali in precedenza si applicava l’aliquota dell’1,90 per cento.
Resta ferma, invece, l’applicazione dell’IRAP, con aliquota ordinaria, per le attività di agriturismo, allevamento – con terreno insufficiente a produrre almeno un quarto dei mangimi necessari – e per le attività connesse rientranti nell’articolo 56-bis del TUIR .

2. LAVORATORI STAGIONALI (COMMA 73)
Il comma 73 ha apportato modifiche all’articolo 11, comma 4-octies), del decreto IRAP, con l’aggiunta del seguente periodo “La deduzione di cui al periodo precedente è ammessa altresì, nei limiti del 70 per cento della differenza ivi prevista, calcolata per ogni lavoratore stagionale impiegato per almeno centoventi giorni per due periodi d’imposta, a decorrere dal secondo contratto stipulato con lo stesso datore di lavoro nell’arco temporale di due anni a partire dalla data di cessazione del precedente contratto”.
La misura si inserisce nel quadro delle modifiche normative dirette a ridurre l’incidenza del costo del lavoro sul valore della produzione netta, estendendo la deducibilità delle spese per il personale impiegato a tempo indeterminato – già prevista a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 – anche ai lavoratori stagionali assunti con contratto a tempo determinato per lo svolgimento di attività stagionali ricorrenti.
Si è voluto, in tal modo, riconoscere il beneficio fiscale previsto, ai fini IRAP, per il lavoro a tempo indeterminato anche a quei settori che ricorrono in modo sistematico al lavoro stagionale.
La norma riconosce, infatti, la possibilità di dedurre il 70 per cento dei costi sostenuti (al netto delle deduzioni spettanti) per i lavoratori stagionali, impiegati per almeno 120 giorni nell’arco di due periodi d’imposta successivi, anche non consecutivi, a partire dal secondo contratto stipulato col medesimo datore di lavoro entro il secondo anno successivo alla data di cessazione del primo contratto utile ai fini del computo dei giorni lavorativi richiesti.
Il calcolo deve intendersi riferito alle giornate di effettivo impiego (e non di formale assunzione), computando anche la prestazione relativa al primo contratto di lavoro. Il beneficio risulta applicabile a partire dal 1° gennaio 2016 e consente, pertanto, di tener conto dei contratti stipulati nel corso del 2015. In tal senso, depone anche la relazione tecnica, che stima gli effetti sul gettito della misura in esame già a partire dall’anno 2016.
Si ipotizzi che la società Alfa assuma un lavoratore nel periodo compreso tra il 01/03/ e il 30/05/2016 e, successivamente stipuli un secondo contratto con il medesimo lavoratore nel periodo 01/06 – 31/07/2017. In relazione al secondo rapporto di lavoro è riconosciuta una deduzione pari al 70% delle spese sostenute per il dipendente in relazione ai giorni di effettivo impiego (61 giorni), al netto di eventuali deduzioni spettanti. Il lavoratore risulta infatti complessivamente impiegato per 152 giorni nell’arco dei due periodi d’imposta considerati. Analogo beneficio spetterebbe nella diversa ipotesi in cui il secondo contratto venga stipulato entro due anni dalla data di cessazione del primo (es. 30/03/2018), sempreché la prestazione lavorativa sia resa per almeno 120 giorni complessivi, considerando anche il periodo di impiego relativo al primo contratto. L’agevolazione andrebbe, altresì, riconosciuta in relazione ad un terzo contratto stipulato entro due anni dalla cessazione del secondo, a condizione che i giorni di impiego risultino almeno pari a 120 giorni, considerando anche quelli afferenti al secondo contratto.

3. IRAP MEDICI (COMMA 125)
La norma integra l’articolo 2 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, che, definendo il presupposto per l’applicazione dell’IRAP, stabilisce che l’imposta si applica in caso di “esercizio abituale di un’attività autonomamente organizzata diretta alla produzione o allo scambio di beni ovvero alla prestazione di servizi. L’attività esercitata dalle società e dagli enti, compresi gli organi e le amministrazioni dello Stato, costituisce in ogni caso presupposto d’imposta”.
Il comma 125 della legge di stabilità ha inserito in tale articolo il comma 1-bis per disciplinare l’applicazione dell’imposta in peculiari ipotesi di attività professionale svolta dai medici.
In particolare, il comma 1-bis stabilisce che “Non sussiste autonoma organizzazione ai fini dell’imposta nel caso di medici che abbiano sottoscritto specifiche convenzioni con le strutture ospedaliere per lo svolgimento della professione all’interno di tali strutture, laddove gli stessi percepiscano per l’attività svolta presso le medesime strutture più del 75 per cento del proprio reddito complessivo. Sono in ogni caso irrilevanti, ai fini della sussistenza dell’autonoma organizzazione, l’ammontare del reddito realizzato e le spese direttamente connesse all’attività svolta. L’esistenza dell’autonoma organizzazione è comunque configurabile in presenza di elementi che superano lo standard e i parametri previsti dalla convenzione con il Servizio sanitario nazionale.”.
La norma ha la finalità, in sostanza, di escludere dall’IRAP i redditi professionali derivanti dall’attività medica svolta avvalendosi di un’autonoma organizzazione qualora gli stessi risultino marginali rispetto a quelli conseguiti per l’attività svolta all’interno di una struttura ospedaliera, e quindi avvalendosi di un’organizzazione riferibile ad altrui responsabilità ed interesse.
Tale assunto trova conferma nella Relazione Tecnica alla legge di stabilità per il 2016 laddove, riguardo alla modifica normativa in oggetto, specifica che “soltanto un numero limitato di soggetti otterrebbe l’esenzione dall’IRAP, in considerazione del fatto che gli stessi già attualmente non versano la suddetta imposta o in quanto già non si configurano come stabili organizzazioni o in quanto non esercitano altra attività rispetto a quella svolta presso le strutture ospedaliere in qualità di lavoratori dipendenti”.
Per tale motivo, la Relazione Tecnica non ascrive alla disposizione in esame effetti in termini di gettito, “alla luce del numero assolutamente trascurabile delle fattispecie interessate”.
Tenuto conto della ratio della disposizione, si ritiene che la dizione “reddito complessivo” contenuta nella norma per indicare il termine al quale rapportare la percentuale derivante dalla attività svolta presso la struttura ospedaliera, intenda riferirsi al solo reddito di lavoro autonomo prodotto dal medico, derivante sia dall’attività professionale esercitata presso la struttura ospedaliera sia dall’attività esercitata al di fuori di detta struttura. Ai fini in esame non risulterebbero, infatti, rilevanti le altre categorie di reddito che, ai sensi dell’art. 8 del TUIR, concorrono alla determinazione del reddito complessivo ma non rilevano ai fini IRAP (redditi di lavoro dipendente, fondiari, diversi).
La norma dispone, altresì, che ai fini della sussistenza dell’autonoma organizzazione, sono irrilevanti l’ammontare del reddito professionale realizzato e le spese direttamente connesse alla predetta attività di medico. Con ciò precisando che l’esenzione dall’IRAP nei casi indicati opera a prescindere dalla entità del reddito derivante dalle attività autonomamente organizzate e dalle spese sostenute per la sua produzione.
In relazione al diverso caso dei medici in Convenzione con il Servizio Sanitario Nazionale, la norma asserisce poi che per l’esistenza dell’autonoma organizzazione è comunque configurabile, ed è quindi dovuta l’IRAP, in presenza di elementi che superano lo standard e i parametri previsti dalla Convenzione stessa.
Su tale ultima questione, la scrivente si era già pronunciata con circolare 28 maggio 2010, n. 28, ove, al par. 4, relativamente ai medici di medicina generale convenzionati con il Servizio Sanitario Nazionale, ha chiarito che l’esistenza dell’autonoma organizzazione è configurabile in presenza di elementi che superano lo standard previsto dalla convenzione e che devono essere pertanto valutati volta per volta.
In merito agli “standard minimi” previsti dalla convenzione si richiama la recente sentenza della Corte di Cassazione a sezioni unite, n. 7291/2016 depositata il 13 aprile 2016, relativa alla attività di medicina di gruppo svolta da parte dei medici di medicina generale convenzionati con il Servizio Sanitario nazionale. I giudici di legittimità hanno premesso che l’attività della medicina di gruppo, svolta ai sensi dell’articolo 40, comma 9, del DPR 28 luglio 2000 n. 270 (con il quale è stato reso esecutivo l’accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale), non è riconducibile ad uno dei tipi di società o enti di cui agli articoli 2 e 3 del decreto legislativo n. 446 del 1997 che – come ribadito dalla stessa Corte a sezioni Unite con la sentenza n. 7371/2016, depositata il 14 aprile 2016 – costituiscono ex lege un presupposto d’imposta ai fini IRAP, ma rappresenta una forma associativa di assistenza primaria regolamentata normativamente (dal richiamato articolo 40). Posto che, ai sensi del richiamato comma 9 dell’articolo 40, l’attività di medicina di gruppo si caratterizza, tra l’altro, per l’utilizzo di supporti tecnologici e strumentali comuni e per l’utilizzo da parte dei componenti il gruppo di eventuale personale di segreteria o infermieristico comune, la Corte esclude che la presenza di tale personale dipendente, rientrando nell’ambito del “minimo indispensabile” richiesto per lo svolgimento dell’attività, integri il requisito dell’autonoma organizzazione ai fini del presupposto impositivo IRAP (cfr. anche Cass. SS.UU 10 maggio 2016, n. 9451).

CAPITOLO V: NOVITA’ IN MATERIA DI AGEVOLAZIONI FISCALI
1. CREDITO D’IMPOSTA SCUOLA (C.D. “SCHOOL BONUS”) (COMMA 231)
Il comma 231, lett. a) posticipa di un anno l’entrata in vigore del credito d’imposta scuola (c.d. “school bonus”), istituito dall’articolo 1, commi da 145 a 150, della legge 107 del 13 luglio 2015, n. 107 (riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti).
Per quanto riguarda il profilo soggettivo, il credito suddetto è riconosciuto alle persone fisiche, agli enti non commerciali e ai soggetti titolari di reddito di impresa.
Il credito d’imposta in questione è previsto per i soggetti che effettuano “erogazioni liberali in denaro destinate agli investimenti in favore di tutti gli istituti del sistema nazionale di istruzione, per la realizzazione di nuove strutture scolastiche, per la manutenzione e il potenziamento di quelle esistenti e per il sostegno a interventi che migliorino l’occupabilità degli studenti”.
Il credito d’imposta, in base alla nuova formulazione della norma, è pari al 65 per cento delle erogazioni liberali effettuate nei periodi d’imposta 2016 e 2017 e al 50 per cento di quelle effettuate nel periodo d’imposta 2018. La misura agevolativa non è cumulabile con altre agevolazioni previste per le medesime spese ed è previsto un tetto massimo di euro 100.000 di spese agevolabili per ciascun periodo d’imposta.
Il credito di imposta è ripartito in tre quote annuali di pari importo. In particolare, i soggetti titolari di reddito d’impresa potranno utilizzare il credito d’imposta in compensazione tramite modello F24, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni e lo stesso non rileva ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive.
Relativamente ai limiti di utilizzo, con riferimento ai soggetti titolari di reddito di impresa – in assenza di una contraria previsione da parte della norma istitutiva – il credito soggiace agli ordinari limiti di fruizione, pari a 250.000 euro, previsti dall’articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge Finanziaria 2008).
Quanto al coordinamento di tale limite con quello generale alle compensazioni previsto dall’articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (limite di euro 700.000) si confermano i chiarimenti resi con la risoluzione n. 9/DF del 3 aprile 2008, secondo cui “(……) qualora in un determinato anno il contribuente si trovi nella condizione di non poter sfruttare appieno il limite generale dei 516.456,90 (ndr. attualmente, 700.000 euro), sarà possibile utilizzare i crediti d’imposta in questione anche lo specifico limite dei 250.000 euro, fino a colmare la differenza non sfruttata del limite generale (…)”.
Peraltro si ricorda che il limite di cui al citato articolo 34, non riguarda i crediti di imposta nascenti dall’applicazione di discipline agevolative sovvenzionali, consistenti – come nel caso de quo – nell’erogazione di contributi pubblici sotto forma di crediti compensabili con debiti tributari o contributivi (cfr ex multis Circolare n. 219 del 18 settembre 1998 e risoluzione n. 86/E del 24 maggio 1999).
Si precisa, inoltre, che per le caratteristiche del credito in esame, non si applica neanche la limitazione di cui all’articolo 31 del decreto-legge n. 78 del 2010, che prevede un divieto di compensazione ai sensi dell’articolo 17, comma 1, del decreto legislativo n. 241 del 1997 dei crediti relativi alle imposte erariali in presenza di debiti iscritti a ruolo, per imposte erariali ed accessori, di ammontare superiore a 1.500 euro (cfr. circolare n. 13 del 2011 e relazione illustrativa al DL n. 78 del 2010).
Il credito di imposta spetta a condizione che le somme siano versate in un apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato, secondo modalità definite con decreto del Ministro dell’istruzione dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.
I soggetti beneficiari provvedono a dare pubblica comunicazione dell’ammontare delle somme erogate, nonché della destinazione e dell’utilizzo delle erogazioni stesse, tramite il proprio sito web istituzionale, nell’ambito di una pagina dedicata e facilmente individuabile, e nel portale telematico del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

2. CREDITO DI IMPOSTA PER FAVORIRE LE EROGAZIONI LIBERALI A SOSTEGNO DELLA CULTURA (C.D. “ART-BONUS”) (COMMI DA 318 A 319)
Il D.l. 31 maggio 2014, n. 83, convertito con modificazione dalla legge 29 luglio 2014, n. 106 , ha introdotto, nell’ambito delle disposizioni urgenti per la tutela del patrimonio culturale, lo sviluppo della cultura e il rilancio del turismo, un credito di imposta per favorire le erogazioni liberali a sostegno della cultura (c.d. “Art-Bonus”).
L’articolo 1 del citato D.l. prevedeva infatti, un regime fiscale agevolato di natura temporanea, sotto forma di credito di imposta, nella misura del 65 per cento delle erogazioni effettuate nel 2014 e nel 2015, e nella misura del 50 per cento delle erogazioni effettuate nel 2016, in favore delle persone fisiche e giuridiche che effettuano erogazioni liberali in denaro per interventi a favore della cultura e dello spettacolo.
In particolare, l’articolo 1, comma 1, del D.l. n. 83 del 2014, per effetto delle modifiche apportate dall’articolo 1, della Legge 23 dicembre 2014, n. 190, nella versione vigente sino al 31 dicembre 2015, stabiliva che “Per le erogazioni liberali in denaro effettuate nei tre periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2013, per interventi di manutenzione, protezione e restauro di beni culturali pubblici, per il sostegno degli istituti e dei luoghi della cultura di appartenenza pubblica, delle fondazioni lirico-sinfoniche e dei teatri di tradizione e per la realizzazione di nuove strutture, il restauro e il potenziamento di quelle esistenti di enti o istituzioni pubbliche che, senza scopo di lucro, svolgono esclusivamente attività nello spettacolo, … spetta un credito d’imposta, nella misura del:
a) 65 per cento delle erogazioni liberali effettuate in ciascuno dei due periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2013;
b) 50 per cento delle erogazioni liberali effettuate nel periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015”.
Per effetto delle modifiche apportate alla disciplina dell’Art-Bonus dall’articolo 1, commi 318 e 319, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016), l’agevolazione fiscale in commento è stata resa permanente. Pertanto, al verificarsi di tutte le condizioni di legge, per le erogazioni liberali alla cultura effettuate a partire dal 1° gennaio 2014 viene riconosciuto il credito di imposta.
La legge di stabilità 2016, oltre ad eliminare il limite temporale, ha fissato un’unica misura di spettanza del credito di imposta, pari al 65%. Pertanto, per tutte le erogazioni liberali effettuate a partire dal 1° gennaio 2014, il credito di imposta spetta nella misura del 65% del valore dell’erogazione.
Si ricorda che con Circolare n. 24 del 31 luglio 2014 sono già stati forniti i chiarimenti in merito al credito di imposta de quo.

3. BONUS ALBERGHI (COMMA 320)
Il comma 320 amplia il campo di applicazione del credito di imposta previsto per spese di ristrutturazione degli alberghi, istituito dall’art. 10 del D.l. 31 maggio 2014 n. 83, convertito dalla legge n. 106 del medesimo anno (c.d. bonus alberghi).
In particolare, l’art. 10, comma 1, citato, riconosce a favore delle imprese alberghiere esistenti alla data del 1° gennaio 2012 un credito di imposta nella misura del 30 per cento delle spese indicate ai successivi commi 2 e 7 sostenute dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2016, fino ad un massimo di 200.000 euro. Il credito è riconosciuto fino ad esaurimento dell’importo massimo previsto dal successivo comma 7.
Le spese ammissibili al credito di imposta in questione sono quelle relative ad interventi di ristrutturazione edilizia, di eliminazione delle barriere architettoniche, di incremento dell’efficienza energetica e di acquisto di mobili e componenti di arredo.
Con decreto del Ministero dei beni e delle attività culturali e de Turismo (MIBACT) del 7 maggio 2015, emanato ai sensi del comma 4 dell’articolo 10 del decreto legge n. 83 del 2014, sono state adottate le disposizioni attuative della misura.
In particolare, l’articolo 5 del suddetto decreto di attuazione disciplina la procedura di accesso al beneficio e prevede che, dal 1° gennaio al 28 febbraio dell’anno successivo a quello di effettuazione delle spese, le imprese interessate presentino apposita domanda al MIBACT il quale, entro sessanta giorni, comunica il riconoscimento ovvero il diniego dell’agevolazione, previa verifica dell’ammissibilità in ordine al rispetto dei requisiti soggettivi, oggettivi e formali, nonché dei limiti delle risorse disponibili.
Le risorse sono assegnate secondo l’ordine cronologico di presentazione delle domande.
Il credito di imposta è ripartito in tre quote annuali di pari importo ed è riconosciuto nel rispetto del limiti previsti dal regolamento UE n. 1407/2013, relativo al regime “de minimis”.
Il credito deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta per il quale è concesso ed è utilizzabile esclusivamente in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, con modalità stabilite con il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 14 gennaio 2016. Tuttavia, solo con riferimento alle spese sostenute nel 2014, primo anno di applicazione del beneficio, il credito va indicato nel modello di dichiarazione relativo al periodo di imposta 2015, atteso che i termini di presentazione del Modello UNICO 2015 sono scaduti prima della concessione del credito.
Il modello di pagamento F24 deve essere presentato esclusivamente tramite i servizi telematici offerti dall’Agenzia, pena il rifiuto delle operazioni di versamento.
Relativamente ai limiti di utilizzo – in assenza di una contraria previsione da parte della norma istitutiva – il credito soggiace agli ordinari limiti di fruizione previsti dall’articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (legge Finanziaria 2008).
Quanto al coordinamento di tale limite con quello generale alle compensazioni previsto dall’articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 (limite di euro 700.000) si confermano i chiarimenti resi con la risoluzione n. 9/DF del 3 aprile 2008, secondo cui “(…) qualora in un determinato anno il contribuente si trovi nella condizione di non poter sfruttare appieno il limite generale dei 516.456,90 (ndr. attualmente, 700.000 euro), sarà possibile utilizzare i crediti d’imposta in questione anche lo specifico limite dei 250.000 euro, fino a colmare la differenza non sfruttata del limite generale (…)”.
Peraltro, si ricorda che il limite di cui al citato articolo 34, non riguarda i crediti di imposta nascenti dall’applicazione di discipline agevolative sovvenzionali, consistenti – come nel caso de quo – nell’erogazione di contributi pubblici sotto forma di crediti compensabili con debiti tributari o contributivi (cfr ex multis Circolare n. 219 del 18 settembre 1998 e risoluzione n. 86/E del 24 maggio 1999).
Si precisa, inoltre, che per le caratteristiche del credito in esame, non si applica neanche la limitazione di cui all’articolo 31 del decreto-legge n. 78 del 2010, che prevede un divieto di compensazione ai sensi dell’articolo 17, comma 1, del decreto legislativo n. 241 del 1997 dei crediti relativi alle imposte erariali in presenza di debiti iscritti a ruolo, per imposte erariali ed accessori, di ammontare superiore a 1.500 euro (cfr Circolare n. 13 del 2011 e relazione illustrativa al DL n. 78 del 2010).
Il comma 320 dell’articolo 1 della legge di Stabilità 2016 inserisce, nell’ambito dell’art. 10 citato, il comma 2-ter, ai sensi del quale il credito di imposta viene riconosciuto anche nel caso in cui dagli interventi di ristrutturazione consegua un aumento della cubatura, qualora sia effettuata nel rispetto della normativa vigente (c.d. piano casa).
E’ demandata ad un decreto ministeriale l’attuazione delle disposizioni in commento.

4. MODIFICHE ALLE AGEVOLAZIONI PER IL SETTORE CINEMATOGRAFICO (COMMI DA 331 A 334 E COMMA 336)
Il comma 331 apporta sostanziali variazioni alla disciplina agevolativa per il settore cinematografico, dettata dall’articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (finanziaria 2008). Il comma 333 del medesimo articolo 1 della legge n. 244 del 2007 demanda la definizione degli elementi applicativi ad apposito decreto attuativo, da emanarsi da parte del Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentito il Ministro dello sviluppo economico.
L’aspetto di maggior rilevanza è costituito dall’introduzione di un principio di modularità nell’individuazione delle aliquote di calcolo di taluni dei crediti d’imposta ivi previsti.
A fronte delle modifiche introdotte dalla legge di stabilità 2016, si delinea la seguente nuova disciplina.
Per quanto concerne il credito d’imposta di cui all’articolo 1, comma 325, della legge n. 244 del 2007, previsto per i soggetti non appartenenti al settore cinematografico ed audiovisivo (c.d. “investitori esterni”), associati in partecipazione ai sensi dell’articolo 2549 del codice civile, le nuove norme modificano la misura del beneficio. Si passa, infatti, da una percentuale fissa del 40 per cento ad una soglia variabile, che, comunque, non può superare il limite del 40 per cento. Viene fatto rinvio all’apposito decreto di cui al comma 333 per la determinazione delle aliquote, in relazione anche alla cumulabilità con le diverse misure dei benefici eventualmente spettanti, per la medesima opera, ai sensi del successivo comma 327, lettere a) e b). E’ inoltre ampliato l’ambito oggettivo dell’agevolazione in questione, originariamente limitato alla produzione delle opere cinematografiche riconosciute di nazionalità italiana, che è esteso anche alla distribuzione in Italia e all’estero delle stesse.
Conseguentemente, si è reso necessario modificare il comma 326, prevedendo a carico delle imprese destinatarie degli apporti alla produzione l’obbligo di utilizzare l’80 per cento degli apporti stessi alla produzione nel territorio nazionale, impiegando mano d’opera e servizi italiani e privilegiando la formazione e l’apprendistato in tutti i settori tecnici di produzione, non potendosi porre tale vincolo in relazione alla distribuzione.
Anche con riferimento alle imprese di produzione cinematografica di cui al comma 327, lett. a), viene modificata la misura del credito d’imposta. Quest’ultima non è più pari al 15 per cento, ma diventa variabile nell’intervallo tra il 15 ed il 30 per cento – anche in relazione alla cumulabilità e alla misura del beneficio del credito d’imposta per investitori esterni sopra citato – e l’ammontare massimo annuo viene elevato da euro 3.500.000 ad euro 6.000.000 per ciascun periodo d’imposta.
Per le imprese di distribuzione cinematografica di cui al comma 327, lett. b), n. 1), la misura del credito d’imposta, originariamente pari al 15 per cento, diventa anch’essa variabile, non potendo comunque superare detto limite, e l’ambito oggettivo dall’agevolazione è esteso alla distribuzione internazionale.
Il limite massimo annuo del credito d’imposta è elevato da euro 1.500.000 a euro 2.000.000 per ciascun periodo d’imposta. Anche in relazione al credito in esame è previsto il rinvio al decreto di cui al comma 333, ai fini dell’individuazione dell’aliquota massima per la distribuzione internazionale e, per quanto riguarda la distribuzione nazionale, in relazione ai piani distributivi.
Contestualmente, è abrogato il credito d’imposta del 10 per cento, previsto al numero 2 della medesima lett. b), del citato comma 327, per la distribuzione nazionale di opere di nazionalità italiana, espressione di lingua originale italiana.
Per le imprese di esercizio cinematografico, di cui alla lett. c), del citato comma 327, la misura del credito d’imposta di cui al n.1) passa dalla percentuale fissa del 30 per cento ad una variabile, che comunque non può essere superiore al 40 per cento. La disposizione, nell’individuare l’ambito oggettivo della misura agevolativa, non fa più riferimento all’introduzione e all’acquisizione di impianti e apparecchiature destinati alla proiezione digitale, bensì all’acquisizione ed anche alla sostituzione degli stessi.
Per le medesime imprese viene altresì prevista l’estensione del credito d’imposta alla ristrutturazione e all’adeguamento strutturale e tecnologico delle sale cinematografiche e dei relativi impianti e accessori, alla realizzazione di nuove sale o al ripristino di sale inattive. Anche in tal caso la norma rinvia al decreto di cui al comma 333, che indicherà le specifiche ed i limiti dell’agevolazione, avuto particolare riguardo all’esistenza o meno della sala al 1° gennaio 1980.
Contestualmente a tale ultima modifica. il comma 332 dell’articolo 1 della legge di stabilità 2016 prevede l’abrogazione dell’articolo 15 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28, che, al fine di realizzare i medesimi interventi, prevedeva l’attribuzione di contributi in conto interessi su contratti di mutuo e di locazione finanziaria.
Si segnala, altresì, l’espressa abrogazione, ad opera del comma 331, lett. f), dell’articolo 1 della legge di stabilità 2016 del comma 328 dell’articolo 1 della legge n. 244 del 2007, che prevedeva la non cumulabilità dei benefici di cui al comma 327 a favore della stessa impresa ovvero di imprese facenti parte dello stesso gruppo societario, nonché di soggetti legati tra loro da un rapporto di partecipazione ovvero controllati, anche indirettamente, dallo stesso soggetto, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile.
Ai fini dell’individuazione, in conformità con la normativa europea, di una percentuale di cumulo degli apporti di cui ai commi da 325 a 343 con i contributi di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28, il comma 332 dell’articolo 1 della legge n. 244 del 2007, come da ultimo modificato, rinvia al decreto di cui al successivo comma 333.
Infine, per le imprese nazionali di produzione esecutiva e di postproduzione il credito d’imposta di cui al comma 335 è riconosciuto in relazione a film o parti di film realizzati e non più solo “girati” sul territorio nazionale.
A fronte delle su menzionate modifiche il comma 332 dell’articolo 1 della legge di stabilità 2016 prevede l’abrogazione dell’articolo 2, comma 6, lett. a), del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 28, e il successivo comma 333 abroga, dal 1° gennaio 2016, l’articolo 6, commi da 2-bis a 2-sexies del decreto legge n. 83 del 2014, concernente il credito d’imposta per il ripristino, il restauro e l’adeguamento strutturale e tecnologico delle sale cinematografiche esistenti dal 1° gennaio 1980, fatte comunque salve le procedure in corso di attuazione al 1° gennaio 2016, avviate ai sensi del decreto del Ministero dei beni e attività culturali 12 febbraio 2015.
Infine, il comma 334 dell’articolo 1 della legge di stabilità 2016 incrementa a 140 milioni di euro la dotazione annua a decorrere dall’anno 2016 ed il successivo comma 336 prevede un’autorizzazione di spesa di 25 milioni di euro a decorrere dal 2016.

5. FONDO PER IL CONTRASTO DELLA POVERTÀ EDUCATIVA MINORILE (COMMI DA 392 A 395)
Il comma 392 prevede l’istituzione, in via sperimentale, per gli anni 2016, 2017 e 2018, di un «Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile», alimentato dai versamenti effettuati, su apposito conto corrente postale, dalle fondazioni bancarie, di cui al decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, nell’ambito della propria attività istituzionale.
Un apposito protocollo d’intesa, previsto dal successivo comma 393, stipulato tra le suddette fondazioni, la Presidenza del Consiglio dei ministri, il Ministero dell’economia e delle finanze e il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, individuerà le modalità di gestione del conto corrente relativo al Fondo, le modalità di intervento per il contrasto alla povertà educativa minorile, le caratteristiche dei progetti da finanziare e le modalità di monitoraggio, nonché di organizzazione e governo del Fondo.
A fonte di versamenti al Fondo, alle fondazioni bancarie è riconosciuto, ai sensi del comma 394, un contributo, sotto forma di credito d’imposta, pari al 75 per cento dei versamenti effettuati negli anni 2016, 2017 e 2018, fino ad esaurimento delle risorse disponibili (pari ad euro 100 milioni per ciascun anno), secondo l’ordine temporale in cui le stesse comunicano l’impegno a finanziare i progetti, individuati in base al protocollo d’intesa di cui al citato comma 393.
L’Agenzia delle entrate riconosce il credito d’imposta, con apposita comunicazione, che dà atto della trasmissione della delibera di impegno irrevocabile al versamento al Fondo delle somme da ciascuna fondazione stanziate, nei termini e secondo le modalità’ previsti nel protocollo d’intesa.
E’ prevista la responsabilità solidale di tutte le fondazioni aderenti al Fondo dell’eventuale mancato versamento delle somme indicate nella delibera di impegno.
Il credito deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di riconoscimento, e può essere utilizzato esclusivamente in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni, a decorrere dal periodo d’imposta nel quale è stato riconosciuto; la norma prevede che non trovano applicazione in relazione a detto credito d’imposta i limiti di cui all’articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (euro 250.000) e all’articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni (limite generale di euro 700.000).
Si precisa, inoltre, che per le caratteristiche del credito in esame, non si applica neanche la limitazione di cui all’articolo 31 del decreto-legge n. 78 del 2010, che prevede un divieto di compensazione ai sensi dell’articolo 17, comma 1, del decreto legislativo n. 241 del 1997 dei crediti relativi alle imposte erariali in presenza di debiti iscritti a ruolo, per imposte erariali ed accessori, di ammontare superiore a 1.500 euro (cfr. circolare n. 13 del 2011 e relazione illustrativa al D.l. n. 78 del 2010).
E’ altresì prevista la cedibilità del credito d’imposta in questione, con esenzione dall’imposta di registro del relativo atto, ad intermediari bancari, finanziari e assicurativi, nel rispetto delle previsioni di cui agli articoli 1260 e seguenti del codice civile, previa adeguata dimostrazione dell’effettività del diritto al credito.
Per la definizione delle disposizioni applicative, comprese le procedure per la concessione del contributo di cui al comma 394 nel rispetto del limite di spesa stabilito, il comma 395 rinvia ad apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

6. ZONA FRANCA DELLA LOMBARDIA (COMMI DA 445 A 453)
Il comma 445 ha istituito una zona franca nei territori di alcuni comuni della regione Lombardia colpiti dal sisma del 20 e del 29 maggio 2012, al fine di consentire alle imprese ivi localizzate di beneficiare di alcune delle agevolazioni previste per le zone franche urbane dall’articolo 1, comma 341, dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
La zona franca in questione comprende i centri storici o i centri abitati dei comuni di San Giacomo delle Segnate, Quingentole, San Giovanni del Dosso, Quistello, San Benedetto Po, Moglia, Gonzaga, Poggio Rusco e Suzzara.
Più precisamente, per quanto indicato al comma 450, si tratta delle seguenti agevolazioni:
a) dell’esenzione dalle imposte sui redditi fino a concorrenza di 100.000 euro del reddito prodotto nella zona franca;
b) dell’esenzione dall’imposta regionale sulle attività produttive nel limite di 300.000 euro del valore della produzione netta derivante dallo svolgimento dell’attività nella zona franca;
c) dell’esenzione dall’imposta municipale propria per gli immobili siti nella medesima ZFU, posseduti e utilizzati per l’esercizio dell’attività economica.
In base al comma 451, le suddette esenzioni sono concesse esclusivamente per il periodo di imposta in corso al 1° gennaio 2016 (data di entrata in vigore della legge di Stabilità 2016).
Le agevolazioni – che in base al comma 447 devono essere fruite nei limiti stabiliti dai regolamenti c.d. “de minimis” (1) – sono attribuite, ai sensi del comma 448, alle imprese che hanno la sede principale o l’unità locale all’interno della zona franca.
Come stabilito dal successivo comma 449, il rispetto delle menzionate condizioni è attestato mediante dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, ai sensi dell’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.
Sotto il profilo soggettivo, il comma 446 richiede il possesso cumulativo di taluni requisiti. In particolare, l’impresa beneficiaria deve:
– essere una micro impresa secondo l’accezione comunitaria (2) e cioè occupare meno di 10 persone e realizzare un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiori a 2 milioni di euro;
– avere avuto un reddito lordo nel 2014 inferiore a 80.000 euro e un numero di addetti inferiore o uguale a cinque;
– essere già costituita alla data di presentazione dell’istanza e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2014;
– svolgere la propria attività all’interno della zona franca, ai sensi di quanto previsto dal precedente comma 448;
– essere nel pieno e libero esercizio dei propri diritti civili e non essere in liquidazione volontaria o sottoposta a procedure concorsuali.
Inoltre, sempre ai sensi del citato comma 446, l’impresa deve operare nei settori di attività economica appartenenti alle seguenti divisioni della tabella ATECO 2007.
Divisione
Classificazione delle attività economiche ATECO 2007
45
Commercio all’ingrosso e al dettaglio e riparazione di autoveicoli e motocicli
46
Commercio all’ingrosso, escluso quello di autoveicoli e motocicli
47
Commercio al dettaglio, escluso quello di autoveicoli e motocicli
55
Alloggio
56
Attività dei servizi di ristorazione
79
Attività dei servizi di agenzie di viaggio, dei tour operator e servizi di prenotazione e attività connesse
93
Attività sportive, di intrattenimento e di divertimento
95
Riparazione di computer e di beni per uso personale e per la casa
96
Altre attività di servizi per la persona
Ai fini applicativi, il sopra citato comma 453 rinvia, in quanto compatibili, alle disposizioni di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 10 aprile 2013, emanato di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 161 dell’11 luglio 2013), che, in attuazione di quanto previsto all’articolo 37 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179 (convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221) ha stabilito le condizioni, i limiti, le modalità e i termini di decorrenza delle tipologie di agevolazioni di cui al comma 341 dell’articolo 1 della legge n. 296 del 2006 in favore delle piccole e micro imprese localizzate all’interno delle ZFU ricadenti nelle regioni ammissibili all’obiettivo “Convergenza”.
Più in particolare, l’articolo 14 del decreto 10 aprile 2013, che disciplina le modalità di accesso alle agevolazioni, prevede che per fruire dei benefici, i soggetti in possesso dei requisiti previsti, presentano al Ministero dello sviluppo economico un’apposita istanza, nei termini previsti con il bando del medesimo Ministero.
Con circolare del 10 marzo 2016, n. 21801, il Ministero dello Sviluppo economico, sentita l’Agenzia delle entrate, ha fornito chiarimenti in merito alla tipologia, alle condizioni, ai limiti, alla durata e alle modalità di fruizione delle agevolazioni fiscali “nel rispetto di quanto stabilito dai richiamati commi da 446 a 453 … e, per quanto da essi non diversamente disposto, dal decreto ministeriale 10 aprile 2013” ed ha stabilito, altresì, le modalità e i termini di presentazione delle istante da parte delle imprese interessate.
Nel ricordare che le domande di accesso al beneficio possono essere presentate tramite procedura telematica dalle ore 12:00 dell’8 aprile 2016 e fino alle ore 12:00 del 16 maggio 2016, per ogni ulteriore dettaglio sull’applicazione delle agevolazioni in questione si rinvia a quanto precisato nel citato documento di prassi.

CAPITOLO VI: ALTRE NOVITÀ
1. VISTO DI CONFORMITÀ INFEDELE. SANZIONI A CARICO CAF (COMMA 957)
Il comma 957 integra l’articolo 39, comma 1-bis, del D. lgs 9 luglio 1997, n. 241 – concernente le sanzioni poste a carico di coloro che rilasciano sulle dichiarazioni dei redditi il visto di conformità, ovvero l’asseverazione, infedele – disponendo che il centro di assistenza per il quale ha operato il responsabile dell’assistenza fiscale che ha apposto un visto di conformità infedele, a decorrere dal 1° gennaio 2016, sia obbligato solidalmente in ordine “al pagamento di un importo pari alla sanzione irrogata e alle altre somme indicate al comma 1.”, nel caso di violazioni commesse ai sensi del comma 1 del medesimo articolo 39.
In particolare, per effetto dell’integrazione sopra richiamata, il CAF attualmente risponde solidalmente non più solo di un importo pari alla sanzione, ma di una “somma pari all’importo dell’imposta, della sanzione e degli interessi che sarebbero stati richiesti al contribuente” per violazioni riscontrabili in sede di liquidazione delle imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni, ai sensi dell’articolo 36-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e in caso di controllo ai sensi degli articoli 36-ter e seguenti del medesimo decreto, nonché in caso di liquidazione dell’imposta dovuta in base alle dichiarazioni e di controllo, ai sensi degli articoli 54 e seguenti del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
È esclusa la colpevolezza del responsabile dell’assistenza fiscale – e, per l’effetto, anche la responsabilità solidale del CAF – qualora il visto infedele sia stato indotto dalla condotta dolosa o gravemente colposa del contribuente.
La punibilità della violazione relativa all’apposizione del visto di conformità su dichiarazione infedele è comunque condizionata, per espressa previsione normativa, alla circostanza che non trovi applicazione l’articolo 12-bis del DPR n. 602 del 1973. Tale disposizione prevede che “Non si procede ad iscrizione a ruolo per somme inferiori a lire ventimila …”, importo attualmente innalzato a 30 euro (cfr circolare n. 34/E del 2015).
La responsabilità solidale opera poi, in ogni caso, nel rispetto del combinato disposto degli articoli 5 e 11 del D.Lgs. n. 472 del 1997, che disciplinano il principio di colpevolezza e di responsabilità nell’ambito delle regole generali sulle sanzioni amministrativo-tributarie. Inoltre, in virtù del principio di legalità di cui all’articolo 3 del citato D.Lgs. n. 472 del 1997, l’estensione della responsabilità solidale alle altre somme indicate al comma 1 dell’articolo 39 del D.Lgs. n. 241 del 1997, opera relativamente alle violazioni commesse successivamente al 31 dicembre 2015.
Per gli ulteriori approfondimenti sull’argomento si rinvia alla circolare n. 52/E del 27 settembre 2007”.

NOTE:
(1) Di importo complessivo non superiore a 200.000 euro nell’arco di tre esercizi finanziari (ridotto a 100.000 euro per le imprese che effettuano trasporto di merci su strada per conto terzi) in base al Regolamento UE n. 1407/2013 della Commissione del 18 dicembre 2013, relativo all’applicazione degli articoli 107 e 108 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea agli aiuti «de minimis».
(2) In base all’articolo 2, paragrafo 3, dell’Allegato 1 alla Raccomandazione n. 2003/361/CE, della Commissione, del 6 maggio 2003, relativa alla definizione delle microimprese, piccole e medie imprese, e al decreto del Ministro delle attività produttive 18 aprile 2005.

Buy cheap Viagra online

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *