9 Dicembre, 2014


1. La Suprema Corte, in un momento di grande fervore giurisprudenziale per le vicende plurisoggettive dell’obbligazione tributaria, interviene sulla questione della responsabilità solidale del coniuge (moglie) «per il pagamento dell’imposta, sopratasse, pene pecuniarie e interessi iscritti a ruolo a nome del marito» ex art. 17, ultimo comma, della legge 13 aprile 1977, n. 114, quando la coppia, sposata nel periodo di imposta de quo, risulti separata al momento della notifica delle cartelle di pagamento.

Nel caso di specie la moglie, del tutto all’oscuro dell’avviso di accertamento notificato al marito, fu costretta a reagire agli atti della riscossione senza aver avuto modo di contestare nel merito la pretesa fiscale avanzata al marito.

La Corte di Cassazione, in termini assai rigidi, esclude la necessità della previa notifica dell’avviso di accertamento anche al coobbligato solidale dipendente facendo discendere tale esito dal disposto normativo il quale garantirebbe la posizione del coniuge attraverso la (mera) intestazione anche alla moglie dell’avviso di accertamento notificato esclusivamente al marito.

Ciò sarebbe del tutto logico e coerente, per la Corte di Cassazione, rispetto alla natura facoltativa della presentazione della dichiarazione congiunta: tale facoltà, se esercitata, esporrebbe il coniuge diverso dal contribuente «anche ai rischi inerenti alla disciplina propria dell’istituto» e cioè a quello della notifica al solo marito dell’avviso e della cartella di pagamento, restando salvo il diritto della moglie «a proporre autonoma impugnazione per contestare gli accertamenti a carico del marito (al quale, infatti, non è attribuita la legittimazione ad agire anche per il coniuge)» anche quando, successivamente alla dichiarazione congiunta, il matrimonio venga meno per la separazione personale dei coniugi.

2. La sentenza sceglie un’interpretazione dell’art. 17 della legge n. 114/1977 in senso solo letterale, con alcune criticità di ordine sia costituzionale che motivazionale.

In primo luogo, la Suprema Corte, pur riconoscendo il diritto alla contestazione del merito dell’obbligazione accertata al marito, non esprime una valida soluzione di garanzia della posizione della moglie codichiarante coobbligata in solido escludendo, subito dopo alcune affermazioni “di principio”, la necessità della notifica ad essa anche dell’avviso.

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Altrimenti detto: per i giudici, sia di merito ma anche di legittimità, al marito andrebbe notificato un avviso cointestato, alla moglie sarebbe in astratto riconosciuta la possibilità di contestarne il fondamento ma solo impugnando la cartella ai sensi dell’art. 19, terzo comma, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, senza però avere conoscenza dell’avviso del quale dovrebbe chiedere copia all’Agenzia delle entrate o al marito.

Si corre però il rischio che, in entrambi i casi, l’istanza possa essere vana soprattutto ove, come nel caso di specie, la destinataria della cartella di pagamento sia legalmente separata dal marito al momento della notifica: da un lato, l’Agenzia delle entrate ben difficilmente coopererà nella consegna della copia in un tempo utile (cioè entro sessanta giorni dalla notifica della cartella) a redigere un ricorso anche sul merito della maggiore imposta richiesta al marito; dall’altro, il marito potrebbe non cooperare oppure aver scelto di non impugnare.

Se così è, logica vuole che quella parte pubblica cui andasse inoltrata la richiesta di copia debba notificare all’istante l’avviso notificato al coobbligato in via principale.

In secondo luogo, la posizione dei giudici di legittimità non sembra condivisibile sotto il profilo motivazionale.

La Corte di Cassazione motiva la legittimità della notifica al solo marito adducendo la circostanza che, avendo esercitato la facoltà della codichiarazione, la moglie avrebbe accettato «anche i rischi inerenti alla disciplina propria dell’istituto».

Se tali parole difficilmente costituiscono una corretta motivazione (ahimè non più censurabile), si deve rilevare che una “disciplina” di per sé non ha rischi se il contribuente ad essa riconduce gli effetti del proprio comportamento: i rischi che il relatore sembra ipotizzare sono, in realtà, quelli di una gravissima limitazione e difficoltà nella tutela dei propri diritti che certo non possono costituire il valido fondamento di alcuna statuizione giudiziale.

Di qui, a nostro avviso, la necessità di insistere sulla notifica dell’avviso anche al coniuge codichiarante ove l’impugnazione dell’avviso assieme alla cartella, ai sensi dell’art. 19, terzo comma, del D.Lgs. n. 546/1992, sia, nei fatti, di difficile attuazione.

3. La Suprema Corte, peraltro, non si pone affatto la questione nemmeno d’ufficio se il coniuge codichiarante dovesse necessariamente essere parte del giudizio incardinato dall’obbligato principale; non è, infatti, trascurabile la circostanza che l’oggetto del giudizio sull’avviso riguardi anche la moglie laddove, come detto, la cartella di pagamento che l’art. 17 prevede debba esserle notificata trovi la propria ragione nell’avviso medesimo.

Qualora si condividesse la natura inscindibile dell’oggetto dei processi sull’avviso di accertamento cointestato ai coniugi ma notificato solo al marito e sulla cartella (ma, astrattamente, anche sull’avviso) incardinabile dalla moglie in ragione dell’unicità del fatto da accertare (la maggiore imposta dovuta dal marito), non resterebbe che riconoscere una situazione di litisconsorzio necessario ai sensi dell’art. 14, primo e secondo comma, del D.Lgs. n. 546/1992.

Questo aspetto meriterebbe un approfondimento.

Da un lato, infatti, il mancato contraddittorio nel giudizio relativo all’avviso di accertamento notificato solo al marito difficilmente potrebbe inficiare la validità della sentenza resa nei confronti della moglie in sede di impugnazione della cartella, essendo facilmente riconducibile ai vizi della sentenza resa inaudita altera parte.

Dall’altro, però, nel giudizio sulla cartella di pagamento il mancato rispetto del litisconsorzio necessario della moglie potrebbe discendere dal disposto dell’art. 59, primo comma, del D.Lgs. n. 546/1992, il quale impone alla Commissione che rilevi l’omissione (anche d’ufficio) di rimettere «la causa alla commissione provinciale che ha emesso la sentenza impugnata …. b) quando riconosce» (o avrebbe dovuto riconoscere) «che nel giudizio di primo grado il contraddittorio non è stato regolarmente costituito o integrato».

4. Sotto un aspetto finale la sentenza sembra, invece, convincere e, cioè, quello della non irrogazione delle sanzioni: dalla lettura si evince, infatti, che le cartelle di pagamento non avevano ad oggetto anche le sanzioni amministrative tributarie.

In base agli artt. 2, secondo comma, e 5, del D.Lgs. n. 18 dicembre 1997, n. 472, nessun coinvolgimento della moglie può essere ipotizzato per l’omessa dichiarazione di un maggior reddito da parte del marito, in coerenza al più generale principio della personalità della sanzione e della sanzionabilità dell’autore materiale della violazione.

Prof. Avv. Valerio Ficari

Accertamento imposte sui redditi – Dichiarazione congiunta dei coniugi – Art. 17 della legge n. 114/1977 – Responsabilità solidale del coniuge codichiarante per le obbligazioni derivanti dalla dichiarazione congiunta – Sussiste – Notificazione dell’avviso di accertamento e della cartella di pagamento al solo marito – Legittimità – Insorgenza della responsabilità solidale in capo alla moglie anche in mancanza di notificazione ad essa dei medesimi atti di accertamento o di riscossione – Sussiste – Diritto della moglie di proporre autonoma impugnazione dell’avviso di mora a lei diretto per contestare gli atti pregressi a carico del marito – Consegue.

Accertamento imposte sui redditi – Dichiarazione congiunta dei coniugi – Responsabilità solidale del coniuge codichiarante per le obbligazioni derivanti dalla dichiarazione congiunta – Sussiste – Successiva separazione personale dei coniugi – Irrilevanza – Mancata impugnazione da parte del marito degli atti di accertamento o di riscossione a lui notificati – Non produce effetti pregiudizievoli per la moglie – Diritto della moglie di impugnare autonomamente l’avviso di mora a lei diretto per contestare tutte le possibili ragioni di contrasto con la pretesa tributaria – Sussiste.

 L’art. 17 della legge 13 aprile 1977, n. 114, ha concesso ai coniugi non legalmente ed effettivamente separati la facoltà di presentare su unico modello la dichiarazione unica dei redditi di ciascuno di essi, disponendo che la notifica della cartella di pagamento dell’imposta sul reddito iscritta nei ruoli è eseguita nei confronti del solo marito, che gli accertamenti in rettifica sono effettuati a nome di entrambi i coniugi e notificati al solo marito, e che i coniugi sono responsabili in solido per il pagamento dell’imposta, soprattasse, pene pecuniarie ed interessi iscritti a ruolo a nome del marito, di talché con la volontaria e libera scelta di presentare la dichiarazione congiunta i coniugi dichiaranti accettano anche i rischi inerenti alla disciplina propria dell’istituto e, in particolare, quelli connessi alla previsione della notifica al solo marito sia della cartella di pagamento dell’imposta sul reddito che degli accertamenti in rettifica, nonché le conseguenze sostanziali e processuali proprie delle obbligazioni solidali; per effetto della scelta in questione l’insorgenza della responsabilità solidale della moglie codichiarante non richiede che sia notificato anche ad essa l’avviso di accertamento, essendo sufficiente la notifica effettuata al solo marito, ma fatto salvo sempre e comunque il diritto della moglie a proporre autonoma impugnazione avverso l’avviso di mora a lei diretto per contestare gli accertamenti a carico del marito, al quale, infatti, non è attribuita la legittimazione ad agire anche per il coniuge.

La responsabilità solidale dei coniugi per il pagamento dell’imposta sul reddito e relativi accessori, iscritti a ruolo a nome del marito a seguito di accertamento, prevista dall’ultimo comma dell’art. 17 della legge 13 aprile 1977, n. 114, non è influenzata dal venire meno, successivamente alla dichiarazione congiunta dei redditi, della convivenza matrimoniale per separazione personale, né l’assenza di qualsiasi rilevanza ostativa è suscettibile di dar corpo ad un dubbio di legittimità costituzionale in riferimento all’art. 24 Cost., dovendosi escludere che la mancata impugnazione da parte del marito dell’avviso di mora a lui notificato renda definitiva l’obbligazione tributaria nei confronti della moglie separata, avendo costei la possibilità di impugnare autonomamente l’avviso di mora ad essa diretto sul quale si riverberano le illegittimità del prodromico accertamento notificato al marito, e di far valere in tale sede tutte le possibili ragioni di contrasto con la pretesa tributaria, in relazione anche alla mancata notifica diretta degli atti precedenti, e in primo luogo dell’avviso di accertamento.

[Corte di Cassazione, sez. trib. (Pres. Virgilio, rel. Iofrida), 31 maggio 2013, sent. n. 13759]

 SVOLGIMENTO DEL PROCESSO – Con sentenza n. 41/33/2007, depositata in data 4/7/2007, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, Sez. 33, respingeva, con compensazione delle spese di lite, l’appello proposto, in data 13/6/2006, da R.L.A., avverso la decisione n. 212/18/2005 della Commissione Tributaria Provinciale di Roma, che aveva respinto il ricorso della contribuente contro due cartelle di pagamento, notificatele il 18/3/2004, relative alle maggiori imposte IRPEF e contributo al SSN dovuti per l’anno 1996.

La Commissione Tributaria Regionale respingeva il gravame della contribuente, ritenendo di dovere condividere le motivazioni dei giudici di primo grado, in quanto, da un lato, l’art. 17, comma 4, L. n. 114/1977, dispone che “i coniugi sono responsabili in solido per il pagamento dell’importo [dell’imposta, n.d.r.], sopratasse, pene pecuniarie e interessi iscritti a ruolo a nome del marito” e, dall’altro lato, la separazione tra i coniugi era “intervenuta nel 2002, come dichiarato dalla stessa ricorrente”.

Avverso tale sentenza ha promosso ricorso per cassazione la contribuente, deducendo due motivi, per violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, ex art. 360, n. 3, c.p.c. (in relazione agli artt. 137 c.p.c. e 17 L. n. 114/1977, per non avere considerato per gli atti presupposti rispetto alle cartelle non erano mai stati notificati ad essa R., ma esclusivamente al di lei coniuge C.L. e, per uno di essi, solo incidentalmente ritirato dalla moglie), e per omessa motivazione circa un fatto controverso, ex art. 360, n. 5, c.p.c. (essendo stata del tutto omessa ogni motivazione circa la mancata notifica alla contribuente dell’avviso di accertamento, atto presupposto rispetto alla cartella di pagamento, notificato soltanto al coniuge C.).

Non ha resistito l’Agenzia delle Entrate con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE – I motivi di ricorso sono anzitutto inammissibili, in quanto non colgono la ratio decidendi della sentenza, basata sulla responsabilità solidale dei coniugi, che abbiano presentato dichiarazione congiunta dei redditi, “per il pagamento dell’imposta, soprattasse, pene pecuniarie e interessi iscritti a ruolo a nome del marito”, prevista dall’art. 17, ultimo comma, della legge 13 aprile 1977, n. 114, che vale anche per gli accertamenti dipendenti da comportamenti non riconducibili alla sfera volitiva e cognitiva di entrambi, in quanto conseguenti ad atti di accertamento in rettifica condotti esclusivamente nei confronti di uno solo di essi (Cass. 9209/2011 (1)).

Ai sensi dei commi terzo e quarto dunque dell’art. 17 della legge 13 aprile 1977, n. 114, nel caso di dichiarazione congiunta dei redditi sia la notifica della cartella dei pagamenti dell’imposta sul reddito delle persone fisiche che la notifica degli accertamenti in rettifica – i quali vanno effettuati a nome di entrambi i coniugi – vanno eseguite nei confronti del marito.

Il primo motivo, assorbente rispetto al secondo, è comunque infondato.

L’art. 17 L. 13 aprile 1977, n. 114, ha concesso (comma 1) ai “coniugi non legalmente ed effettivamente separati” la “facoltà” di “presentare su unico modello la dichiarazione unica dei redditi di ciascuno di essi” disponendo altresì: (1) al comma 3, che “nell’ipotesi prevista dal comma 1, la notifica della cartella dei pagamenti dell’imposta sul reddito … iscritta nei ruoli è eseguita nei confronti dei marito”; (2) al comma 4, che “gli accertamenti in rettifica sono effettuati a nome di entrambi i coniugi e notificati a norma dei comma precedente” e (3) al comma 5 (ed ultimo), che “i coniugi sono responsabili in solido per il pagamento dell’imposta, soprattasse, pene pecuniarie ed interessi iscritti a ruolo a nome del marito”. In ordine a tale complesso normativo, con la volontaria, libera scelta di presentare la dichiarazione congiunta, i coniugi dichiaranti accettano “anche i rischi inerenti alla disciplina propria dell’istituto” (Cass. trib., 22 agosto 2002 n. 12371 (2); cfr. anche Cass. trib., 11 febbraio 2003 n. 2021 (3)), in particolare, per quanto interessa la fattispecie, quelli connessi alla previsione della notifica al solo marito sia della “cartella di pagamento dell’imposta sul reddito” che degli “accertamenti in rettifica” ed alle conseguenze (sostanziali e processuali) proprie delle obbligazioni solidali.

Per effetto della scelta in questione – fatto salvo sempre e comunque (onde evitare qualsiasi vulnus al suo diritto di difesa: cfr. Corte Costit. 3 maggio 2000 n. 128 (4) e 12 aprile 1989 n. 184 (5)) il diritto della moglie a proporre autonoma impugnazione per contestare gli accertamenti a carico del marito (al quale, infatti, non è attribuita la legittimazione ad agire anche per il coniuge) – l’insorgenza della responsabilità solidale della moglie codichiarante non richiede (Cass. 30 marzo 2007 n. 7906 (6); 15 settembre 2006 n. 19896 (7); 22 agosto 2002 n. 12371, cit.; 14 febbraio 2001 n. 2168 (8); Cass. 27005/2007(9)) che sia notificato anche ad essa l’avviso di accertamento essendo sufficiente la notifica effettuata al solo marito.

Inoltre la responsabilità solidale dei coniugi per il pagamento dell’imposta ed accessori, iscritti a ruolo a nome del marito a seguito di accertamento, prevista dal citato art. 17, u.c., non è influenzata dal venir meno, successivamente alla dichiarazione congiunta, della convivenza matrimoniale per separazione personale; né l’assenza di qualsiasi rilevanza ostativa è stata ritenuta suscettibile di dar corpo ad un dubbio di legittimità costituzionale in riferimento all’art. 24 Cost., “essendo da escludere che la mancata impugnazione da parte del marito dall’avviso di mora a lui notificato renda definitiva l’obbligazione tributaria nei confronti della moglie separata, avendo costei la possibilità di impugnare autonomamente l’avviso di mora e di far valere, in tale sede, tutte le possibili ragioni di contrasto con la pretesa tributaria, in relazione anche alla mancata notifica diretta degli atti precedenti (e in primo luogo dell’avviso di accertamento)” (Cass. 4863/2002 (10); Cass. 2021/2003; Cass. 20709/2007 (11)). Ancora questa Corte ha affermato che “nel caso di dichiarazione congiunta dei redditi da parte dei coniugi, a norma dell’art. 17 della legge 13 aprile 1977, n. 114, la moglie, coniuge codichiarante, è legittimata a proporre autonoma impugnazione per contestare gli accertamenti a carico del marito – cui non è attribuita la legittimazione ad agire anche per la coniuge –, anche mediante l’impugnazione dell’avviso di mora a lei diretto, avviso sul quale si riverberano le illegittimità del prodromico accertamento notificato al marito.” (Cass. 20709/2007) e che l’impugnazione da parte del marito non ostacola l’autonoma impugnazione da parte della moglie (Cass. 22692/2007(12): “Nel caso di dichiarazione congiunta dei redditi da parte dei coniugi, a norma dell’art. 17 della legge 13 aprile 1977, n. 114, la moglie è legittimata a proporre autonoma impugnazione per contestare gli accertamenti a carico del marito, cui non è attribuita dalla citata legge la legittimazione ad agire anche per il coniuge, valendo la notificazione dell’accertamento effettuata nei confronti del marito anche con riguardo alla moglie; pertanto, una volta impugnato l’avviso di accertamento da parte del marito, resta inalterato il diritto della moglie di impugnare autonomamente l’atto, anche proponendo ricorso avverso l’avviso di mora a lei diretto, non potendo tale impugnazione considerarsi tardiva”).

La Corte rigetta il ricorso.

P.Q.M.(Omissis).

(1) Cass. 21 aprile 2011, n. 9209, in Boll. Trib. On-line.

(2) In Boll. Trib., 2002, 1654.

(3) In Boll. Trib. On-line.

(4) In Boll. Trib., 2001, 1356.

(5) In Boll. Trib., 1989, 933.

(6) In Boll. Trib. On-line.

(7) In Boll. Trib. On-line.

(8) In Boll. Trib. On-line.

(9) Cass. 21 dicembre 2007, n. 27005, in Boll. Trib. On-line.

(10) Cass. 5 aprile 2002, n. 4863, in Boll. Trib. On-line.

(11) Cass. 3 ottobre 2007, n. 20709, in Boll. Trib. On-line.

(12) Cass. 29 ottobre 2007, n. 22692, in Boll. Trib. On-line.

 

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