6 Marzo, 2015

 

 

Con l’annotata sentenza la Commissione tributaria regionale lombarda si occupa tra l’altro dell’utilizzabilità della documentazione non tempestivamente prodotta dal contribuente e, segnatamente, degli effetti derivanti dalla mancata risposta a un questionario notificato ai sensi dell’art. 32, quarto e quinto comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (1).

La questione centrale è, a nostro avviso, la verifica degli effetti dell’inerzia e della reticenza del contribuente sull’attività amministrativa di accertamento.

Più precisamente, nel corso del giudizio di primo grado, l’Ufficio finanziario aveva chiesto il rigetto del ricorso della società contribuente avverso un avviso di accertamento con il quale l’Agenzia delle entrate di Como aveva recuperato a tassazione per l’anno 2004 ai fini IRES, IRAP e IVA maggiori imponibili formulando, appunto, cinque rilievi.

Dal quarto rilievo riportato nella sentenza emerge una riduzione del recupero a tassazione di costi non documentati ai fini IRAP rispetto a quanto richiesto dall’Ufficio stesso. In effetti, nel corso del giudizio di primo grado, l’Ufficio finanziario aveva chiesto il rigetto del ricorso perché la società non aveva risposto a un questionario (notificato in data 7 novembre 2009), cui ha fatto seguito la notifica dell’avviso di accertamento. Non viene specificato se il contenuto del questionario fosse relativo a una richiesta di informazioni o, invece, di deposito o acquisizione di documenti e, comunque, anche tale ultima fattispecie, e cioè la eventuale richiesta di deposito, non può essere assimilata a un ordine di deposito (2) di documentazione contabile.

Anzitutto occorre precisare come tramite il questionario il contribuente sia sollecitato a fornire al fisco dati, notizie e documenti la cui acquisizione è finalizzata alla ricostruzione dell’effettivo imponibile.

Ai sensi del disposto dell’art. 32, quarto e quinto comma, del D.P.R. n. 600/1973, la mancata risposta a un questionario comporterebbe una sorta di decadenza dei poteri istruttori nei confronti di quei contribuenti che, sebbene sottoposti a formale richiesta, abbiano omesso di esibire la documentazione e di fornire le informazioni richieste dagli Uffici finanziari. Va, inoltre, precisato che devono considerarsi sottratti all’ispezione soltanto i documenti per i quali gli Uffici finanziari abbiano fatto formale e specifica richiesta, in quanto l’eventuale inerzia del contribuente manifestata a seguito di richieste generiche non costituisce sintomo esclusivo di uno stato soggettivo scarsamente collaborativo da parte del contribuente. Occorre, tuttavia, precisare che «la scarsa collaborazione del contribuente è un elemento di forte impatto psicologico per i giudici che devono valutare le argomentazioni con cui l’ufficio dimostra l’accertamento: una scarsa collaborazione o un atteggiamento ostruzionistico del contribuente sono infatti elementi che provocano un atteggiamento di maggior favore nei confronti delle argomentazioni dell’ufficio» (3).

La Commissione tributaria regionale puntualizza che l’inutilizzabilità della documentazione non prodotta tempestivamente «trova applicazione solo quando si sia in presenza di un rifiuto, rifiuto cui è equiparata la dichiarazione di non possedere i documenti, o la sottrazione dolosa di essi al controllo da parte del contribuente». Tale interpretazione rinvia a quanto deciso dalla Corte di Cassazione (4) secondo la quale per sanzionare il contribuente la preclusione della facoltà di produrre libri e altre scritture contabili opererebbe solo se il contribuente adotti un comportamento diretto a sottrarsi alla prova e, pertanto, finalizzato a far dubitare della genuinità di documenti che affiorino in seguito, cioè, nel corso del giudizio.

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Da ciò pare si possa affermare che la preclusione de qua operi solo nel caso in cui il contribuente abbia dolosamente sottratto al controllo la documentazione contabile con «un atteggiamento psicologico di consapevole e studiato rifiuto» (5), e non anche nel caso di omessa risposta (6), tenuto conto che «le condotte omissive od inerti del soggetto passivo divengono significative, ai fini della previsione in esame, quando il contribuente non fornisca informazioni rilevanti che, ad esempio, attengono alle dinamiche economiche dell’azienda e siano, dunque, necessarie per effettuare una verifica causa cognita sull’attività imprenditoriale, capace di illuminare i freddi dati contabili» (7).

Ci pare, inoltre, che non si possa ignorare una pronuncia della Corte di Cassazione (8) con la quale inequivocabilmente viene disposto che la preclusione stabilita ex art. 32 del D.P.R. n. 600/1973 non opera a carico del contribuente che non abbia ottemperato, entro il termine assegnato, alle richieste avanzate dall’Ufficio finanziario, qualora l’Ufficio medesimo non lo abbia preventivamente avvertito delle conseguenze collegate a tale inottemperanza.

In effetti è lo stesso art. 32, quarto comma, del D.P.R. n. 600/1973, che stabilisce come «le notizie ed i dati non addotti e gli atti, i documenti, i libri ed i registri non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’ufficio non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa. Di ciò l’ufficio deve informare il contribuente contestualmente alla richiesta». Ci sembra chiara la previsione normativa dell’obbligo da parte dell’Ufficio finanziario di informare il contribuente, contestualmente alla richiesta, della successiva inutilizzabilità dei dati non forniti e, di conseguenza, condivisibile l’affermazione secondo la quale la preventiva informazione del contribuente assume «la valenza di elemento costitutivo dello stesso atto istruttorio, senza il quale non sorge il corollario dell’inutilizzabilità in esame» (9), nel rispetto del principio di collaborazione cui sono tenuti entrambi i soggetti del rapporto giuridico tributario, ovvero sia l’Amministrazione finanziaria sia il contribuente.

In realtà, l’invio di un questionario fa parte di una complessa fase istruttoria che si articola attraverso l’esercizio di differenti facoltà di cui il questionario rappresenta solo uno degli strumenti a disposizione dell’Ufficio impositore.

Attraverso l’invio del questionario, in seno al procedimento di accertamento, si innesta un sub-procedimento, o meglio una fattispecie a formazione successiva o progressiva, che si articola in una serie di momenti o fasi:

a) invio del questionario con la fissazione di un limite minimo a carico del contribuente per l’adempimento delle richieste;

b) avvertimento da parte dell’Ufficio finanziario delle eventuali conseguenze sfavorevoli a carico del contribuente derivanti dall’inottemperanza ai suddetti inviti/richieste;

c) risposta del contribuente che fornisca quanto richiesto, ovvero

d) ottemperanza alle richieste formulate.

Ci sembra possibile applicare lo schema della fattispecie a formazione successiva o progressiva (10) anche alla fase istruttoria e al sub-procedimento relativo all’invio dei questionari, considerato che «la pluralità degli atti che si riscontra in ipotesi di fattispecie a formazione successiva è suscettibile di unificazione, cioè diventa un solo atto in quanto, e solamente in quanto, conseguenze giuridiche sono dalla legge collegate all’intera totalità del ciclo formativo: l’insieme degli atti è dunque una unità non meramente concettuale, ma giuridica, essendo fonte unitaria di situazioni effettuali … La formazione successiva si concreta in una sequenza di atti, o di atti ed eventi, i quali vengono gradualmente ad integrare una fattispecie unitaria più complessa, nel cui seno rimangono assorbiti come parti rispetto al tutto; il procedimento invece si concreta in una sequenza di atti destinati a rimanere sempre strutturalmente distinti» (11).

Tutto ciò premesso, ci sembra evidente come ciascun segmento della fattispecie sopra individuata nei suoi singoli segmenti possa dar luogo soltanto ad effetti parziali e che, per ottenere l’effetto finale, occorrerà attendere il completamento di tutti i momenti o fasi che compongono la fattispecie.

Sarà, pertanto, dall’inottemperanza alle richieste avanzate dall’Ufficio finanziario che scaturirà la sanzione impropria (12) e, dunque, la preclusione di inutilizzabilità in sede processuale, di dati e documenti non forniti, e la notifica eventuale (in caso di ottemperanza nei termini) dell’avviso di accertamento.

Come è stato rilevato dalla Suprema Corte (13), e sopra accennato, il sub-procedimento sopra menzionato «è dettato allo scopo di favorire il dialogo tra le parti, in vista di un chiarimento delle reciproche posizioni, capace di escludere l’instaurazione del contenzioso (Cass. 30 dicembre 2009, n. 28049), in base a quei canoni di lealtà, correttezza e collaborazione, che sono necessariamente implicati “… quando siano in gioco obblighi di solidarietà come quello in materia tributaria (Corte cost. 25 luglio 2000, n. 351)”».

Di conseguenza, l’atteggiamento del contribuente che si sottrae al dialogo con l’Amministrazione finanziaria, per negligenza o per scelta strategica (14), diviene sanzionabile e si riverbera in sede processuale ex art. 32, terzo comma, del D.P.R. n. 600/1973, richiamando le parti – non solo il contribuente, ma anche l’Ufficio impositore – ad una condotta ispirata al canone di lealtà (15), quale si evince dall’art. 10, primo comma, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente), e all’obbligo dell’Amministrazione finanziaria di informare il contribuente di ogni fatto e circostanza dai quali possa derivare il mancato riconoscimento di un credito ovvero l’irrogazione della sanzione. In effetti, «l’inerzia del contribuente, che omette di rispondere all’invito nei termini di legge è, di per sé, un comportamento neutro» (16), nel senso che «fino a che sono pendenti i termini di risposta non sussiste alcun inadempimento; una volta che questi siano decorsi ci si trova dinnanzi ad un inadempimento, ma non è chiaro se tale situazione sia permanente e definitiva e si concretizzi in un’omissione o sia invece temporanea e destinata ad essere risolta tramite adempimento tardivo» (17).

Ci sia consentito, in conclusione, rilevare come sia assolutamente necessario rispettare il canone di proporzionalità fra l’intensità dello strumento istruttorio utilizzato dall’Ufficio finanziario e le conseguenze sfavorevoli in caso di inadempimento da parte del contribuente e, cioè, tra il fine perseguito dall’Amministrazione finanziaria e i diritti del contribuente. E, difatti, «la circostanza che l’ufficio scelga il mezzo istruttorio del questionario da inviare al contribuente per acquisire dati e notizie specifici, anziché acquisire gli stessi dati e notizie direttamente utilizzando, ad esempio, l’accesso, la verifica, l’ispezione, pone l’interrogativo della proporzionalità dell’utilizzo del citato mezzo istruttorio rispetto al conseguimento del fine di avere la conoscenza dei dati e delle notizie, specie qualora si consideri che l’omessa o incompleta risposta al questionario è sanzionata con pena pecuniaria e che i dati e notizie non trasmessi non possono essere utilizzati a favore del contribuente ai fini dell’accertamento ed, infine, che l’omessa risposta al questionario legittima l’ufficio a procedere all’accertamento del reddito con metodo induttivo» (18).

Orbene, alla luce di quanto sopra esposto, ci sembra assolutamente condivisibile l’orientamento interpretativo della Commissione tributaria regionale della Lombardia secondo il quale l’omessa risposta a un questionario non costituisce una preclusione alla produzione di eventuale documentazione (ammesso che il questionario contenesse tale tipo di richiesta) nelle fasi successive del procedimento, poiché non ci sembra possibile equiparare la condotta dell’omessa risposta alla fattispecie della sottrazione dolosa della documentazione richiesta. Parimenti inammissibile sarebbe l’irrogazione della sanzione, considerato che la fattispecie capace di generare l’effetto finale (appunto l’irrogazione della sanzione) si presenterebbe come incompleta.

Infine è possibile affermare come l’acquisizione di dati e notizie di carattere specifico tramite questionario, con le conseguenze sfavorevoli per il contribuente nell’ipotesi di omessa risposta, «eccede chiaramente quanto risulta essere necessario alla tutela dell’interesse fiscale al controllo del corretto adempimento degli obblighi tributari imposti al contribuente, alla lotta contro l’evasione, atteso che la medesima tutela può essere garantita dall’utilizzo da parte dell’ufficio di altri mezzi istruttori a cui le disposizioni di legge non prevedono le medesime conseguenze negative per il contribuente» (19).

Prof. Maria Vittoria Serranò

Università di Messina

(1) Sul tema ci limitiamo a segnalare Giordano, Rifiuto di esibizione di documenti e scritture contabili, in Boll. Trib., 1996, 1507; Lupi, Mancate esibizioni documentali e salvaguardia del diritto di difesa, in Corr. trib., 1999, 911; Trivellin, Mancata o tardiva risposta agli inviti dell’ufficio: limiti della corretta applicazione del metodo induttivo, in Rass. trib., 2012, 736; Tundo, Documenti non esibiti a richiesta: preclusioni probatorie e garanzie del contribuente, in nota a Cass., sez. trib., 7 febbraio 2013, n. 2867, in Corr. trib., 2013, 1265, e presente anche in Boll. Trib. On-line.

(2) Cfr. Ingrao, La valutazione del comportamento delle parti nel processo tributario, Milano, 2008, 249.

(3) Così Lupi, Manuale professionale di diritto tributario, Milano, 1998, 285 ss.

(4) Cass., sez. trib., 14 luglio 2010, n. 16536, in Boll. Trib. On-line.

(5) Cfr. Trivellin, op. cit., 743.

(6) Evidenzia l’ambiguità della disposizione relativa agli effetti preclusivi del contribuente negligente Ingrao, op. cit., 232, il quale afferma che «può essere sanzionato il comportamento del contribuente che impedisce all’Amministrazione (non esibendo l’atto o il documento) la possibilità di controllare il rispetto degli adempimenti contabili e fiscali del contribuente, ma non certo anche quello che non agevoli l’accertamento delle violazioni da parte dell’Ufficio omettendo di fornire (peraltro oralmente) dati e notizie dell’attività».

(7) Ved. Trivellin, op. cit., 745.

(8) Cass., sez. trib., 10 gennaio 2013, n. 453, in Boll. Trib. On-line.

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(9) Così Iaia, Le garanzie del contribuente nel sub-procedimento innestato dal questionario, in Giur. trib., 2013, 488.

(10) Sulla fattispecie a formazione successiva in diritto tributario si vedano Ferlazzo Natoli, La fattispecie tributaria, in Amatucci (a cura di), Trattato di diritto tributario, II, Padova, 1994; ID., Il fatto rilevante in diritto tributario, Messina, 1994; ID., Il fatto rilevante nel diritto tributario. Contributo allo studio del “presupposto di fatto del tributo”, in Riv. dir. trib., 1994, 339 ss.

(11) Così Pugliatti, La trascrizione, I, 1, La pubblicità in generale, Milano, 1957, 404 ss.

(12) Sul tema delle sanzioni improprie si veda Del Federico, Sanzioni improprie ed imposizione tributaria, in Perrone – Berliri (a cura di), Diritto tributario e Corte costituzionale, Napoli, 2006. Definisce la sanzione impropria una sorta di “punizione” che non si sostanzia nella irrogazione della sanzione pecuniaria, ma «nel disconoscimento di fatti o circostanze a favore del contribuente in sede di accertamento e determinazione del tributo», Ingrao, op. cit., 230 ss.

(13) Cass. n. 453/2013, cit.

(14) Sulla scelta tattica del contribuente di non esibire nel procedimento di accertamento quanto richiesto dall’Ufficio finanziario si veda Lupi, op. cit., 912 ss., il quale rileva come il contribuente possa strategicamente decidere di produrre i documenti de quibus solo in giudizio, cioè quando è ormai preclusa all’Amministrazione finanziaria la possibilità di esperire un’ulteriore azione accertatrice.

(15) Sul punto ved. Tundo, Documenti non esibiti a richiesta: preclusioni probatorie e garanzie del contribuente, in nota a Cass. n. 2867/2013, cit., il quale afferma che le ragioni di tipo strategico sarebbero «difficilmente conciliabili con una partecipazione all’insegna della buona fede».

(16) Così Trivellin, op. cit., 748.

(17) Cfr. Trivellin, op. loc. ult. cit.

(18) Si veda Menti, L’omessa risposta al questionario e l’accertamento induttivo del reddito: la questione della proporzionalità della previsione, in Dir. prat. trib., 2013, 240 ss.

(19) Così Menti, op. cit., 241.

Accertamento imposte sui redditi e IVA – Accertamento – Rifiuto di esibizione dei documenti contabili o loro sottrazione al relativo controllo – Artt. 52 del D.P.R. n. 633/1972 e 33 del D.P.R. n. 600/1973 – Necessità dell’intenzionalità del comportamento del contribuente diretto a sottrarsi alla prova – Sussiste.

Imposte e tasse – Sanzioni – Disapplicazione delle sanzioni per obiettive condizioni di incertezza normativa ex art. 8 del D.Lgs. n. 546/1992 – Domanda di disapplicazione formulata per la prima volta con la memoria illustrativa – Tardività – Rigetto della domanda di disapplicazione – Consegue – Disapplicazione delle sanzioni d’ufficio – Esclusione.

Procedimento – Commissioni – Giudizio avanti le Commissioni – Disapplicazione delle sanzioni per obiettive condizioni di incertezza normativa ex art. 8 del D.Lgs. n. 546/1992 – Domanda di disapplicazione formulata per la prima volta con la memoria illustrativa – Tardività – Rigetto della domanda di disapplicazione – Consegue – Disapplicazione delle sanzioni d’ufficio – Esclusione.

La norma di cui all’art. 52, quinto comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, richiamata dall’art. 33 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, secondo cui i documenti di cui è rifiutata l’esibizione non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente ai fini dell’accertamento in sede amministrativa o contenziosa, è una norma facente eccezione a regole generali, di talché non può essere applicata oltre i casi e i tempi da essa considerati e, soprattutto, deve essere interpretata in coerenza e alla luce dei principi affermati dagli artt. 23 e 53 Cost., ovverosia nel senso che per sanzionarlo con la perdita della facoltà di produrre i libri e le altre scritture contabili il contribuente deve aver tenuto un comportamento diretto a sottrarsi alla prova e, dunque, capace di far fondatamente dubitare della genuinità di documenti che affiorino soltanto in seguito nel corso di giudizio, in quanto solo un tale specifico comportamento costituisce una giustificazione ragionevole della loro inutilizzabilità.

Il giudice tributario non può statuire d’ufficio, ossia senza richiesta di parte, l’inapplicabilità delle sanzioni tributarie non penali contemplata dall’art. 8 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per l’ipotesi che la violazione commessa dal contribuente sia giustificata da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle disposizioni cui si riferisce, potendo viceversa disporre la predetta inapplicabilità solo se la domanda della parte interessata sia stata formulata nei modi e nei termini processuali appropriati, di talché va ritenuta intempestiva e rigettata la domanda di disapplicazione delle sanzioni che sia stata proposta solo nella memoria illustrativa di cui all’art. 32 del citato D.Lgs. n. 546/1992 anziché nell’originario ricorso introduttivo del processo.

[Commissione tributaria regionale della Lombardia, sez. XXVII (Pres. Cusumano, rel. Ramondetta), 30 luglio 2013, sent. n. 99, ric. AD s.p.a. c. Agenzia delle entrate – Direzione provinciale di Como]*

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO – L’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Como, notificava alla società AD … spa un avviso di accertamento con il quale recuperava a tassazione, per il periodo d’imposta 2004, ai fini Ires ed Irap maggiori imponibili, formulando i seguenti rilievi.

(Omissis).

La Commissione Tributaria Provinciale di Como accoglieva in parte il ricorso.

La contribuente propone gravame lamentando nullità della sentenza per difetto di motivazione, contraddittorietà tra giudizi sui diversi rilievi e falsa applicazione di legge.

L’ufficio si costituisce in giudizio contestando il gravame proposto dalla società e propone appello incidentale.

La contribuente deposita memoria di replica.

MOTIVI(Omissis).

Nel merito l’appello è fondato in parte, nei limiti di quanto documentalmente provato.

(Omissis).

L’appello incidentale dell’Ufficio merita parziale accoglimento.

Con il primo motivo di gravame l’amministrazione deduce violazione dell’art. 32, commi 4 e 5, d.p.r. 600/73.

Ed, invero, nel corso del giudizio di primo grado l’Ufficio aveva chiesto il rigetto del ricorso perché la società non aveva risposto al questionario.

Precisa che questionario era stato notificato in data 7 novembre 2009 e l’avviso di accertamento in data 30 dicembre 2009.

Richiama il disposto di cui all’articolo 32, comma 4, del d.p.r. 600/73, applicabile anche ai fini Iva secondo la previsione contenuta nell’articolo 51, comma 5, d.p.r. 633/72, il quale ha introdotto una sorta di sanzione, o quantomeno di decadenza dei poteri istruttori nei confronti di quei contribuenti che, sottoposti a formale richiesta, non esibiscano documenti e non forniscano altre informazioni agli uffici finanziari, con evidenti finalità di ostacolare attività di controllo degli uffici stessi. Le gravi conseguenze sotto il profilo probatorio previste dal legislatore sarebbero mitigate solo nel caso in cui la mancata risposta al questionario fosse del tutto incolpevole. La circostanza che la società fosse stata destinataria per le annualità 2003 di altro avviso di accertamento sostanzialmente simile a quello in oggetto, dimostrerebbero che l’omessa tempestiva produzione documentale dovesse essere imputabile alla contribuente.

Tale motivo di gravame deve essere rigettato poiché la inutilizzabilità della documentazione non prodotta tempestivamente trova applicazione solo quando si sia in presenza di un rifiuto, rifiuto cui è equiparata la dichiarazione di non possedere i documenti, o la sottrazione dolosa di essi al controllo da parte del contribuente.

La necessità di una “interpretazione rigorosa” è stata ribadita da Cass., trib., 14 luglio 2010 n. 16536 (1) secondo cui quella dell’art. 52, comma 5, d.P.R. 633/72, richiamata dall’art. 33 del d.P.R. 600/73, è una “norma facente eccezione a regole generali”: “la stessa”, pertanto, “non può essere applicata oltre i casi e i tempi da essa considerati e, soprattutto, deve essere “interpretata in coerenza ed alla luce dei principi affermati dagli artt. 23 e 53 della Costituzione”, ovverosia “nel senso che per sanzionarlo con la perdita della facoltà di produrre i libri e le altre scritture, il contribuente deve aver tenuto un comportamento diretto a sottrarsi alla prova e, dunque, capace di far fondatamente dubitare della genuinità di documenti che affiorino soltanto in seguito nel corso di giudizio”.

Ciò costituisce una giustificazione ragionevole della loro inutilizzabilità, del resto temperata dalla possibilità riconosciuta al contribuente di dimostrare la non volontarietà della sottrazione originaria della documentazione”.

In altre parole, la limitazione alla possibilità della prova è collegata ad uno specifico comportamento del contribuente, che si sottrae alla prova stessa e, dunque, fornisce validi elementi per dubitare della genuinità di documenti che abbiano a riaffiorare nel corso del giudizio.

Pertanto tale motivo di gravame è da rigettare, rendendosi applicabile la esimente prevista dal comma 5 dell’art. 32 d.P.R. 600/73.

Deve essere, invece, accolta la questione preliminare prospettata dall’amministrazione di inapplicabilità ex officio delle sanzioni richieste tardivamente con memoria depositata in data 11 aprile 2011.

Ed, invero, secondo la giurisprudenza di legittimità il giudice tributario non può decidere d’ufficio l’applicabilità dell’esimente, quindi senza richiesta di parte, ma solo se la domanda del contribuente sia stata formulata nei modi e nei termini processuali appropriati (Cass. n. 25676/08(2)).

Nella fattispecie la formulazione della istanza è stata effettuata nella memoria illustrativa ex art. 32 D.Lgs. 546/92 e non nel ricorso e, quindi, non è tempestiva.

Nel merito l’appello dell’Ufficio è inammissibile per carenza di specificità dei motivi di gravame.

(Omissis).

Stante la reciproca soccombenza, ricorrono giusti motivi per la compensazione delle spese del giudizio.

P.Q.M. (Omissis).

* Il testo integrale della sentenza è rinvenibile in Boll. Trib. On-line.

(1) In Boll. Trib. On-line.

(2) Cass. 24 ottobre 2008, n. 25676, in Boll. Trib. On-line.

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