24 Aprile, 2014

 

IRES – Redditi di partecipazione – Disponibilità finanziarie detenute in Stati a regime fiscale privilegiato e non dichiarate – Presunzione di costituzione con redditi non dichiarati – Art. 12 del D.L. n. 78/2009 – Applicazione retroattiva – Non si configura.

IRES – Redditi di impresa – Disponibilità finanziarie detenute in Stati a regime fiscale privilegiato e non dichiarate – Presunzione di costituzione con redditi non dichiarati – Art. 12 del D.L. n. 78/2009 – Applicazione retroattiva – Non si configura.

La disciplina di cui all’art. 12 del D.L. 1° luglio 2009, n. 78 (convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102), secondo cui l’ammontare di fondi e investimenti detenuti all’estero e non dichiarati si presume costituito da redditi sottratti a tassazione, non appare qualificabile come mera norma procedurale, così da applicarsi pure a fattispecie pregresse, poiché prevede specifici profili di carattere sostanziale e non già meramente procedurale, di talché non può avere applicazione retroattiva.

[Commissione trib. provinciale di Vicenza, sez. III (Pres. e rel. Manduzio), 18 giugno 2012, sent. n. 61]

MOTIVI DELLA DECISIONEB. ha proposto ricorso avverso l’avviso d’accertamento relativo ad imposte dirette (IRPEF e add. reg.) per l’anno 2004.

L’ufficio Finanziario ha infatti ritenuto che il predetto B. sia risultato possessore d’investimenti ed attività di natura finanziaria in Svizzera, presso la Banca Credit Suisse di Ginevra, non dichiarati in Modello Unico 2005/2004 e Mod. Unico 2006/2005 in violazione della normativa sul monitoraggio fiscale. Non dichiarando redditi a tassazione, si doveva considerare, in base alla presunzione di cui all’art. 12, co. II D.L. n. 78/09, che l’ammontare dei fondi ed investimenti detenuti all’estero, pari ad euro 1.894.739,81, fosse costituito da redditi sottratti a tassazione. Nella concretezza dei fatti, era emerso che il B. era stato controllato, sotto il profilo valutario, in data 22/11/05 presso la sezione di Brogeda dalla Dogana, mentre alla guida di autovettura di proprietà della società B.P. s.r.l., di cui il medesimo era amministratore; egli deteneva della documentazione bancaria della Credit Suisse relativa alla posizione globale intestata al cliente C. Foundation. Il B. dichiarava, sul punto, che i documenti in questione erano conteggi contabili di una ditta inglese collaboratrice di alcune ditte italiane; due mandatari della ditta inglese C.T. gli avevano proposto l’acquisto di merci a credito esibendo a comprova della loro solvibilità l’anzidetta documentazione, che poi sarebbe stata lasciata nell’auto del B., dopo che questi li aveva accompagnati in albergo. L’Ufficio Finanziario non crede a questa versione e sostiene il proprio avviso d’accertamento ricorrendo alla presunzione summenzionata, sulla base della detenzione della documentazione da parte del B. e della circostanza che i mandatari della ditta inglese anzidetta non risultano riferibili alla C. Foundation.

Il ricorrente ha dedotto, oltre al merito, doglianze sull’applicabilità in senso retroattivo della disciplina di cui all’art. 12 D.L. n. 78/09.

[-protetto-]

Il Collegio ritiene sussistano i presupposti per l’accoglimento del ricorso.

Il ricorrente B. ha fornito una propria versione dei fatti, rispetto alla quale l’Amministrazione Finanziaria non ha raccolto elementi probatori sufficienti a dimostrarne l’infondatezza. La documentazione è intestata alla C. Foundation e, sul punto, non risultano delle acquisizioni probatorie idonee a contestarne l’effettività sostanziale e non solo formale, prescindendo dai riferimenti ai mandatari suddetti.

Non è dunque sufficiente la mera detenzione della documentazione da parte del B., affinché siano attendibili i presupposti della presunzione ex art. 12 D.L. n. 78/09, in quanto nella fattispecie non ricorrono i requisiti della gravità, precisione e concordanza, in particolare, non essendo stata adeguatamente esclusa l’ipotesi ricostruttiva del ricorrente. Inoltre, va pure considerato che la predetta disciplina ex art. 12 D.L. n. 78/09 difficilmente appare qualificabile come mera norma procedurale, così da applicarsi pure a fattispecie pregresse, giacché invero si tratta di una norma che prevede specifici profili di carattere sostanziale e non già meramente procedurale.

L’opinabilità della controversia induce a dichiarare la compensazione delle spese.

P.Q.M. – Accoglie i ricorsi. Spese compensate.

L’irretroattività dell’art. 12 del D.L. 1° luglio 2009, n. 78: una prima “apertura” della giurisprudenza di merito

1. Il quadro normativo di riferimento

L’art. 12 del D.L. 1° luglio 2009, n. 78 (convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n. 102), e rubricato «Contrasto ai paradisi fiscali», reca una presunzione legale relativa di evasione riguardo alle disponibilità detenute all’estero all’insaputa dell’Amministrazione finanziaria (ovverosia in violazione della normativa sul monitoraggio fiscale) (1).

Tale disposizione normativa si inserisce nell’alveo del citato D.L. n. 78/2009, con il quale il Governo italiano – nel dare concreta attuazione agli impegni assunti nell’ambito del G-20 svoltosi a Londra nell’aprile 2009 – ha introdotto nell’ordinamento giuridico interno una serie di disposizioni tese a favorire l’emersione della ricchezza detenuta illecitamente nei Paesi aventi regimi fiscali privilegiati e, più in generale, a stimolare un processo di “prosciugamento” dei cosiddetti “paradisi fiscali” e di allontanamento degli investimenti italiani dagli ordinamenti recanti vantaggi di carattere impositivo (2).

Occorre evidenziare, infatti, che all’indomani della crisi economico finanziaria – a livello globale – è stata avvertita l’esigenza di un perfezionamento della regolamentazione dei mercati e dei commerci internazionali, la quale nel corso del summit del G-20 del 2009 si è tradotta nel progetto – condiviso da tutti i Paesi aderenti all’OCSE – di realizzare una convergenza di azioni finalizzate all’eliminazione dell’evasione fiscale internazionale attuata mediante l’utilizzo di ordinamenti fiscali “opachi”, i quali non consentono un adeguato scambio di informazioni.

Dal predetto contesto politico-economico prende le mosse l’art. 12 del D.L. n. 78/2009, il quale con il dichiarato fine di dare «attuazione alle intese raggiunte tra gli Stati aderenti alla Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico in materia di emersione di attività economiche e finanziarie detenute in Paesi aventi regimi fiscali privilegiati, allo scopo di migliorare l’attuale insoddisfacente livello di trasparenza fiscale e di scambio di informazioni, nonché di incrementare la cooperazione amministrativa tra Stati», prende di mira gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato (3), in violazione degli obblighi di dichiarazione sanciti dalla normativa in materia di monitoraggio fiscale, di cui al D.L. 28 giugno 1990, n. 167 (convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227) (4).

In tali casi, l’Amministrazione finanziaria – salvo che il contribuente fornisca prova contraria – può presumere che gli investimenti o le attività di natura finanziaria siano stati costituiti utilizzando somme sottratte illecitamente a imposizione in Italia e, per l’effetto, applicare le sanzioni per l’omessa presentazione e l’infedeltà della dichiarazione dei redditi in misura raddoppiata, rispettivamente, dal 200 al 400 per cento e dal 240 al 480 per cento, del tributo non versato (5).

L’operare della presunzione comporta, altresì, per effetto dei successivi commi 2-bis e 2-ter del predetto art. 12, il raddoppio degli “ordinari” termini di decadenza per la notifica dell’avviso di accertamento ai fini delle imposte sui redditi e dell’IVA (6), nonché dei termini per la notifica dell’atto di contestazione delle sanzioni (7), previste in caso di violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale (8).

2. Natura della norma. Tra natura procedimentale e sostanziale. Tutela del legittimo affidamento e del diritto di difesa del contribuente

La sentenza in commento si presta ad essere un valido spunto di riflessione sulla natura della norma contenuta nell’art. 12, secondo comma, del D.L. n. 78/2009, e, di conseguenza, sulla legittimità degli avvisi di accertamento fondati sulla sua applicazione retroattiva.

L’impressione che si ricava dal testo della sentenza è che il giudice abbia voluto replicare alla lettura della norma fornita dall’Agenzia delle entrate, secondo la quale l’art. 12, secondo comma, del D.L. n. 78/2009, dovrebbe considerarsi una norma a carattere meramente procedurale suscettibile di applicazione retroattiva.

La questione è stata trattata incidentalmente nella sentenza annotata e la conclusione alla quale sono pervenuti i giudici vicentini è che «l’art. 12 difficilmente appare applicabile come mera norma procedurale, così da applicarsi pure a fattispecie pregresse, giacché si tratta di una norma che prevede specifici profili di carattere sostanziale e non già meramente procedurale».

L’argomentazione fornita dalla Corte di merito, pur nella sua estrema sinteticità, appare fondata e convincente.

L’art. 12, secondo comma, prevede (non a caso) che «gli investimenti e le attività di natura finanziaria detenute negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato si presumono costituite, salva la prova contraria, mediante redditi sottratti a tassazione».

L’inciso «salva la prova contraria» ha lo scopo di invertire l’onere probatorio imponendo al contribuente la dimostrazione che gli investimenti esteri non derivano da redditi non assoggettati a tassazione in Italia (9).

Il secondo comma dell’art. 12 del D.L. n. 78/2009 contiene, in sostanza, delle norme sulle prove o “norme di garanzia”, le quali – in quanto volte a disciplinare non già l’assunzione, ma l’efficacia delle prove stesse – hanno natura “para-sostanziale” (10) e, quindi, non sono suscettibili di applicazione retroattiva. Diversamente opinando, ne risulterebbero lesi il diritto di difesa e il principio del legittimo affidamento del contribuente.

Difatti, con riguardo alle “norme sulle prove”, tra le quali rientrano certamente quelle che contengono le presunzioni, opera un principio di civiltà giuridica volto a favorire la certezza del diritto e dei rapporti giuridici: il contribuente non può essere tenuto a precostituire la prova se non in base al sistema normativo vigente al momento in cui si perfeziona la fattispecie (11).

In altre parole, l’irretroattività delle norme sulle prove ha una decisiva influenza sotto il profilo della tutela del contribuente, in quanto tale principio, da un lato, garantisce il legittimo affidamento (12) nelle disposizioni vigenti al momento in cui la condotta è posta in essere, dall’altro, tutela il diritto di difesa sancito nell’art. 24 Cost.

Infatti, qualora si ammettesse l’applicazione retroattiva della norma in esame il contribuente sarebbe costretto a fornire una determinata prova con riferimento ad un momento in cui egli non aveva (o non aveva più) alcun obbligo di conservazione documentale riferito a tale fatto (13).

Ne consegue che l’Amministrazione finanziaria non potrà procedere all’accertamento di annualità antecedenti all’entrata in vigore della norma de qua, utilizzando la presunzione di evasione nella medesima contenuta.

3. L’irretroattività dell’art. 12 del D.L. n. 78/2009, dal punto di vista sanzionatorio

L’annotata sentenza consente, altresì, di affrontare un ulteriore aspetto problematico connesso all’ambito di applicazione temporale dell’impianto sanzionatorio contenuto nell’art. 12 del più volte citato D.L. n. 78/2009 (14).

Al riguardo occorre tenere presente che, nonostante i commi 2 e 2-ter dell’art. 12 del D.L. n. 78/2009 siano entrati in vigore, rispettivamente, il 1° luglio 2009 (15) e il 30 dicembre 2009 (16), l’Agenzia delle entrate mostra di darne un’applicazione retroattiva.

In particolare si ha evidenza del fatto che l’Amministrazione finanziaria, nel caso in cui accerti la violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale per investimenti e attività finanziarie detenute in Stati o territori a fiscalità privilegiata, provvede a emettere i seguenti atti anche con riferimento a periodi di imposta precedenti all’entrata in vigore della predetta norma: (a) avvisi di accertamento, ove determina una maggiore imposta dovuta sulla base della presunzione di evasione (17) e contestualmente irroga una sanzione raddoppiata per infedele/omessa presentazione della dichiarazione (18) e (b) atti di irrogazione delle sanzioni previste dall’art. 5 del D.L. n. 167/1990 (19).

Tale modus operandi, tuttavia, si pone in violazione con i principi generali dell’ordinamento italiano ed europeo (20).

In particolare, a favore dell’inapplicabilità retroattiva del raddoppio delle sanzioni previsto dal secondo comma, secondo periodo, dell’art. 12 citato, depone l’art. 25, secondo comma, Cost., il quale fissa il c.d. “principio di legalità”, in base al quale nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso. L’efficacia di tale articolo, infatti, non può essere limitata al solo ambito penale, ma si rende applicabile a tutte le norme a carattere sanzionatorio (21), in ragione della loro funzione afflittiva (22).

Un ulteriore ostacolo all’applicazione retroattiva del raddoppio delle sanzioni – previsto dal secondo comma, secondo periodo, dell’art. 12 – è rappresentato dalla disposizione di cui all’art. 3 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, il quale – richiamando il c.d. “principio di legalità”, in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie – al terzo comma stabilisce il c.d. “principio del favor rei” (23) che impone l’applicazione della sanzione più favorevole tra quelle stabilite dalla legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione e le leggi posteriori.

Con specifico riguardo al raddoppio (quantitativo) delle sanzioni, l’ultimo periodo del secondo comma dell’art. 12 si pone in contrasto con l’art. 5, paragrafo 4, del Trattato sull’Unione europea, il quale statuisce il c.d. “principio di proporzionalità”, nonché con la giurisprudenza della Corte di Giustizia europea, la quale – pronunciandosi specificamente in merito al predetto principio – ha disposto che le sanzioni devono essere necessarie allo scopo perseguito e devono tener conto della gravità dell’infrazione (24).

In merito, invece, al raddoppio dei termini per l’irrogazione delle sanzioni previsto dall’art. 12, comma 2-ter, del D.L. n. 78/2009, va evidenziato che la sua applicazione retroattiva si pone in contrasto sia con il c.d. “principio della tutela dell’affidamento del contribuente”, sancito dall’art. 10 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente), sia con il “diritto di difesa”, sancito dall’art. 24 Cost. Ammettere l’applicazione retroattiva di tale disposizione, infatti, costituirebbe un’evidente violazione del predetto diritto costituzionalmente garantito, in quanto si graverebbe il contribuente di obblighi di conservazione documentale precedentemente non richiesti (25).

4. Conclusioni

La sentenza in commento, a quanto consta, risulta essere tra le primissime pronunce giurisprudenziali (26) che, in linea con la legge nazionale e con quella europea sopra richiamata, stabiliscono con chiarezza l’irretroattività dell’intero disposto dell’art. 12 del D.L. n. 78/2009 considerando, dunque, non applicabile retroattivamente né la presunzione di evasione (secondo comma, primo periodo) (27), né il raddoppio dei termini per l’accertamento (comma 2-bis), né il raddoppio delle sanzioni per omessa/infedele dichiarazione (secondo comma, secondo periodo), né il raddoppio del termine per l’irrogazione delle sanzioni previste in caso di violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale (comma 2-ter).

Lo sforzo interpretativo operato dalla giurisprudenza di merito si auspica non sia stato profuso invano.

Al fine di interrompere la parabola di accertamenti fiscali basati su un’interpretazione illegittima di tale disposizione normativa, sarebbe opportuno infatti che all’annotata pronuncia facesse seguito un intervento legislativo teso a fissarne normativamente l’irretroattività, eliminando i profili di incompatibilità della medesima con i principi costituzionali di legalità, del diritto di difesa e del favor rei, nonché con i principi del diritto dell’Unione europea.

avv. Francesco Cardone – avv. Francesco Di Sarro- avv. Francesca Mazza

(1) A commento della norma in esame, in dottrina si rinvia, tra gli altri, ad Antonini, Presunzione di imponibilità per attività e investimenti nei paradisi fiscali, in Corr. trib., 2009, 2444 ss.; Mignarri, Manovra anti-crisi (D.L. 1° luglio 2009, n. 78, convertito). Problematiche interpretative e applicative sulle disposizioni antielusive su paradisi fiscali e Cfc, in il fisco, 2009, 5445; Gaffuri, Le nuove disposizioni sui paradisi fiscali, in Fisc. internaz., 2009, 381; Capolupo, Manovra anti-crisi (D.L. 1° luglio 2009, n. 78); le novità in tema di contrasto ai paradisi fiscali, in il fisco, 2009, 4907; e Poggioli, La presunzione di evasione “per equivalente” nel caleidoscopio dei modelli accertativi, in Corr. trib., 2010, 1419.

(2) Tra le disposizioni di maggiore interesse spiccano, oltre all’art. 12 oggetto del presente scritto, anche l’art. 13, il quale, nel modificare la normativa sulle «Controlled foreign companies», ha introdotto «Misure di contrasto agli arbitraggi fiscali internazionali», volte a rendere più complesso il trasferimento di redditi verso gli Stati o territori a fiscalità privilegiata, nonché l’art. 13-ter, il quale ha riproposto la speciale procedura di emersione delle attività illecitamente detenute all’estero, comunemente nota come “scudo fiscale”, volta a consentire ai contribuenti, potenzialmente interessati dal nuovo clima di rigore, di sterilizzarne anticipatamente gli effetti attraverso l’attivazione di forme spontanee di regolarizzazione della propria posizione fiscale e contributiva con riferimento alle attività finanziarie e patrimoniali detenute fuori dal territorio dello stato in violazione delle disposizioni normative in tema di monitoraggio fiscale.

(3) Tali Paesi sono individuati dal D.M. 21 novembre 2001 e dal D.M. 4 maggio 1999.

(4) Più specificamente, gli obblighi di dichiarazione cui la norma fa riferimento sono quelli previsti all’art. 4 del D.L. n. 167/1990, il quale ai commi 1, 2 e 3 stabilisce che «1. Le persone fisiche, gli enti non commerciali, e le società semplici ed equiparate ai sensi dell’art. 5 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, residenti in Italia che al termine del periodo d’imposta detengono investimenti all’estero ovvero attività estere di natura finanziaria, attraverso cui possono essere conseguiti redditi di fonte estera imponibili in Italia, devono indicarli nella dichiarazione dei redditi. 2. Nella dichiarazione dei redditi deve essere altresì indicato l’ammontare dei trasferimenti da, verso e sull’estero che nel corso dell’anno hanno interessato gli investimenti all’estero e le attività estere di natura finanziaria. 3. In caso di esonero della presentazione della dichiarazione dei redditi, i dati devono essere indicati su apposito modulo, conforme a modello approvato con decreto del ministro delle finanze, da presentare entro gli stessi termini previsti per la presentazione della dichiarazione dei redditi».

(5) L’art. 1, primo e secondo comma, del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, stabilisce che «1. Nei casi di omessa presentazione della dichiarazione dei redditi, si applica la sanzione amministrativa dal centoventi al duecentoquaranta per cento dell’ammontare delle imposte dovute, con un minimo di lire cinquecentomila. 2. Se nella dichiarazione è indicato, ai fini delle singole imposte, un reddito imponibile inferiore a quello accertato, o, comunque, un’imposta inferiore a quella dovuta o un credito superiore a quello spettante, si applica la sanzione amministrativa dal cento al duecento per cento della maggior imposta o della differenza del credito».

(6) I termini per la notifica dell’avviso di accertamento sono fissati, rispettivamente, ai fini delle imposte sui redditi, dall’art. 43 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e, ai fini IVA, dall’art. 57 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.

(7) L’art. 5 del D.L. n. 167/1990 ai commi quarto, quinto e sesto stabilisce che «4. La violazione dell’obbligo di dichiarazione previsto nell’art. 4, comma 1, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dal 10 al 50 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati e con la confisca di beni di corrispondente valore. 5. La violazione dell’obbligo di dichiarazione previsto nell’art. 4, comma 2, è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria dal 10 al 50 per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati. 6. Per la violazione dell’obbligo di cui all’art. 4, comma 3, si applicano le sanzioni amministrative pecuniarie previste rispettivamente per la violazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2 del citato art. 4».

(8) Tali previsioni, contenute nei successivi commi 2-bis e 2-ter, sono state inserite nel corpo dell’art. 12 del D.L. n. 78/2009 dall’art. 1, terzo comma, del D.L. 30 dicembre 2009, n. 194 (convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2010, n. 25).

(9) Sarà il contribuente a dover dimostrare l’erroneità della presunzione fornendo la prova che la consistenza individuata dall’Amministrazione finanziaria non è frutto di evasione fiscale ma, ad esempio, generata da proventi tassati nel Paese di percezione ovvero non soggetti a tassazione. Cfr. in tal senso Committeri, Paradisi fiscali, si presume l’evasione per i provvedimenti non dichiarati, in Corr. trib., 2009, 2798.

(10) Con specifico riferimento alle disposizioni in esame, è stato osservato come «L’impressione, infatti, è che ci si trovi di fronte ad uno strumento giuridico che non è catalogabile come semplicemente “procedimentale”. La disposizione che fissa il meccanismo presuntivo, invero, incide in maniera decisiva sulla ripartizione dell’onere probatorio tra Amministrazione e contribuente, e deve pertanto qualificarsi (come tutte le disposizioni “sulla prova”, in virtù dei loro effetti potenzialmente decisivi sulla definizione del rapporto tributario) alla stregua di “quasi-sostanziale”: così Poggioli, La presunzione di evasione per equivalente, tra procedimento e irretroattività, in Corr. trib., 2010, 569; inoltre, in merito alle norme sulle prove e alla loro natura, cfr. Falsitta, Manuale di diritto tributario, Padova, 2008, 86, secondo il quale «le norme sulle prove, legali e non, e sui criteri di calcolo degli imponibili, sono di natura para-sostanziale»; Schiavolin, L’utilizzazione fiscale delle risultanze penali, Milano, 1994, 34 s.; e Lupi, La necessità di una «terza via» tra norme sostanziali e processuali, in Dial. dir. trib., 2005, 1479.

(11) In proposito, cfr. Corte Cost. 12 novembre 2002, n. 446, in Giur. cost., 2002, 3658, che ha stabilito che «l’affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica – essenziale elemento dello Stato di diritto – non può essere leso da disposizioni retroattive, che trasmodino in regolamento irrazionale di situazioni sostanziali fondate su leggi anteriori (sentenza n. 416 del 1999; in precedenza sentenze nn. 211 del 1997 e 390 del 1995, successivamente sentenza n. 525 del 2000 e ordinanze nn. 319 e 327 del 2001)». Inoltre, in dottrina Schiavolin, L’utilizzazione fiscale delle risultanze penali,cit., 34 s.; e nello stesso senso Redi, Segreto bancario ed efficacia nel tempo delle norme procedimentali, in Riv. dir. trib., 1997, II, 30 s.

(12) Cfr. Cass., sez. trib., 6 ottobre 2006, n. 21513, in Boll. Trib., 2007, 296, con nota di Serranò, Il principio dell’affidamento del contribuente nell’evoluzione giurisprudenziale, secondo cui «il principio di tutela del legittimo affidamento del cittadino, reso esplicito in materia tributaria dall’art. 10, comma 1, della legge n. 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente), espressamente richiamati nell’art. 1 del medesimo Statuto, è immanente in tutti i rapporti di diritto pubblico e costituisce uno dei fondamenti dello stato di diritto nelle diverse articolazioni, limitandone l’attività legislativa e amministrativa. A differenza di altre norme dello Statutola previsione del citato art. 10 è dunque espressiva di principi generali, anche di rango costituzionale, immanenti nel diritto e nell’ordinamento tributario».

(13) Al riguardo attenta dottrina ha osservato che perfino «Con riferimento alle norme (tributarie) procedimentali, dunque la retroattività, a differenza delle norme sostanziali, non è limitata dal principio di capacità contributiva ovvero negata dallo Statuto del Contribuente, quanto piuttosto da altri principi costituzionali, come il diritto di difesa e i principi di ragionevolezza. Tali principi devono ritenersi applicabili anche alla presunzione recata dall’art. 12, comma 2, del Decreto. Ammettere l’applicazione retroattiva della disposizione in commento costituirebbe un’evidente violazione dei sopra citati principi costituzionali, richiedendo al contribuente di dover recuperare adesso, per il passato, supporti documentali allora non richiesti»: così Antonini, La presunzione di evasione per investimenti e attività finanziarie detenute in Paesi a fiscalità privilegiata, in Riv. dir. trib., 2009, I, 192 ss.

(14) Come già osservato nel presente scritto, nel caso in cui operi la presunzione di evasione di cui all’art. 12 in esame – sotto il profilo sanzionatorio – si verifica il raddoppio delle sanzioni previste in caso di omessa o infedele presentazione della dichiarazione delle imposte dirette, di cui all’art. 1 del D.Lgs. n. 471/1997, nonché il raddoppio dei termini per l’irrogazione delle sanzioni relative alla violazione degli obblighi di monitoraggio fiscale previsti dall’art. 4 del D.L. n. 167/1990.

(15) Ai sensi dell’art. 26 del D.L. n. 78/2009.

(16) In quanto inserita dall’art. 1, terzo comma, del D.L. n. 194/2009.

(17) Cfr. l’art. 12, secondo comma, primo periodo, del D.L. n. 78/2009.

(18) Cfr. l’art. 12, secondo comma, secondo periodo, del D.L. n. 78/2009.

(19) Cfr. l’art. 12, comma 2-ter, del D.L. n. 78/2009.

(20) Cfr. Capolupo, Manovra anti-crisi (D.L. 1° luglio 2009, n. 78); novità in tema di contrasto ai paradisi fiscali, in il fisco, n. 30, 2009.

(21) Cfr. Fantozzi, Il diritto tributario, Torino, 2003, 201.

(22) In particolare, le norme sanzionatorie tributarie traggono ispirazione proprio dalle norme penalistiche e, pertanto, l’egida del principio contenuto nell’art. 25 Cost. è fuori discussione.

(23) Al riguardo Fondi, Monitoraggio fiscale. I possibili effetti di una recente interpretazione a proposito del soggetto tenuto agli obblighi di dichiarazione e della natura delle violazioni, in Boll. Trib., 2003, 1757, in nota a Cass., sez. trib., 11 giugno 2003, n. 9320.

(24) Cfr. Corte Giust. CE 12 luglio 2001, causa C-262/99, punto 67, Louloudakis; nonché Corte Giust. UE 8 maggio 2008, cause riunite C-95/07 e C-96/07, Ecotrade; entrambe in Boll. Trib. On-line. Al riguardo si evidenzia quanto indicato nella Norma di comportamento 1° settembre 2012, n. 185, dell’Associazione italiana dei Dottori Commercialisti, in Boll. Trib., 2012, 1533: «Sulla questione della proporzionalità tra sanzione applicabile e comportamento sanzionabile, va inoltre rilevato come le autorità comunitarie abbiano richiesto all’Italia informazioni e delucidazioni in merito al sistema sanzionatorio applicabile in relazione al monitoraggio fiscale nella possibile prospettiva di apertura di una procedura di infrazione da parte delle stesse autorità».

(25) Ved. Antonini, La presunzione di evasione per investimenti e attività finanziarie detenute in Paesi a fiscalità privilegiata, cit., 2445 ss.

(26) Sul punto si segnala anche Comm. trib. prov. di Lucca, sez. IV, 18 luglio 2012, n. 103, in Boll. Trib. On-line.

(27) L’irretroattività del raddoppio delle sanzioni di cui al secondo periodo del secondo comma dell’art. 12 del D.L. n. 78/2009 sembrerebbe confermare implicitamente anche l’irretroattività delle disposizioni del primo periodo del secondo comma. Difatti, dalla lettura sistematica delle norme de quibus appare ragionevole ritenere che se il raddoppio delle sanzioni sancite al secondo periodo del secondo comma dell’art. 12 opera dal 1° luglio 2009, lo stesso termine iniziale non può che operare anche per la presunzione di evasione di cui al precedente primo periodo.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *