1 Febbraio, 2017

Possiamo definire sorprendente e innovativa questa pronuncia dopo la «giurisprudenza costante e consolidata» della stessa Suprema Corte sul tema dei requisiti essenziali per il riconoscimento dell’esenzione dall’ICI a favore degli immobili posseduti da enti non commerciali, destinati esclusivamente allo svolgimento di attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative, sportive, etc., prevista dall’art. 7, primo comma, lett. i), del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504; la pronuncia in esame dà testuale conferma di questo eccezionale mutamento di indirizzo, elencando gli estremi di proprie, recenti sentenze (1) ferme sull’interpretazione rigorosa della norma agevolativa in questione. L’esenzione in parola esige la necessaria coincidenza fra il proprietario dell’immobile e l’utilizzatore del bene, in quanto soltanto il titolare del suo possesso è indicato dalla legge come beneficiario dell’esonero fiscale quale unico ed esclusivo soggetto utilizzatore del bene per lo svolgimento delle meritorie attività sociali elencate dalla legge.
Tale impostazione del problema, rigorosa e formalmente ineccepibile, ha trovato singolare e più approfondita analisi da parte del Ministero delle finanze, il quale, con la ris. 4 marzo 2013, n. 4/DF (2), è pervenuto alla motivata conclusione che «nella particolare ipotesi in cui l’immobile posseduto da un ente non commerciale venga concesso in comodato a un altro ente non commerciale per lo svolgimento di una delle attività meritevoli di cui al comma 1, lett. i), dell’art. 7 del D.Lgs. n. 504 del 1992, possa trovare applicazione l’esenzione in oggetto» (3).
La Suprema Corte ha recepito questa interpretazione, proveniente peraltro da un organismo istituzionalmente delegato alla corretta e uniforme applicazione della complessa normativa tributaria del nostro Paese (e, aggiungiamo, sempre istituzionalmente coinvolto nella stesura dei disegni di legge governativi nelle materie di competenza), accogliendo così la distinzione fra possesso del bene e sua utilizzazione da parte di un altro soggetto senza effetti distorsivi, quali la percezione di un compenso economico (come per la locazione del bene) e, quindi, lo sfruttamento dell’ipotesi agevolativa prevista dalla legge non per svolgere direttamente le attività meritorie da essa contemplate, ma per ritrarne un vantaggio e, con esso, una manifestazione di capacità contributiva.
In effetti tutte le fattispecie vagliate dalle pronunce della Suprema Corte sul tema della utilizzazione dell’immobile da parte di un soggetto diverso del suo possessore hanno finora riguardato la cessione del bene a titolo di locazione (4), che è un contratto oneroso (art. 1571 c.c.), laddove il contratto di comodato gratuito è codificato come “essenzialmente gratuito” (art. 1803 c.c.) e, inoltre, deve essere basato sulla precisa determinazione dell’uso del bene consegnato.
Distinzioni rilevanti, dunque, nei contenuti e nelle finalità fra i due contratti, che da sole non risolvono il problema in rassegna: alla mancanza dell’effetto distorsivo vanno poi assolutamente abbinate la qualificazione non commerciale del soggetto comodatario e la puntuale utilizzazione del bene per lo svolgimento delle attività elencate dalla legge ai fini agevolativi.
Rispettati tutti questi “paletti”, le conclusioni, ripetiamo innovative, alle quali sono pervenuti i Massimi Giudici sono meritevoli di consenso, perché discendono da una approfondita, non frettolosa e superficiale, analisi della questione e da un approccio interpretativo che vorremmo sempre attivo e presente nella gestione della Giustizia.

Eugenio Righi

(1) Cfr. Cass., sez. trib., 17 luglio 2015, n. 15025; Cass., sez. trib., 4 giugno 2014, n. 12495; Cass., sez. trib., 11 giugno 2010, n. 14094; Cass., sez. trib., 17 febbraio 2010, n. 3733; Cass., sez. trib., 9 settembre 2005, n. 18027; tutte in Boll. Trib. On-line; e Cass., sez. trib., 9 gennaio 2004, n. 142, in Boll. Trib., 2004, 1112.
(2) In Boll. Trib., 2013, 1341.
(3) Come abbiamo già rilevato, la ris. in parola riguarda non l’ICI, ma l’IMU: il rilievo, tuttavia, non elimina né attenua la validità e l’estensibilità all’ICI delle conclusioni ministeriali, poiché – com’è noto – ai sensi dell’art. 9 del D.Lgs. 14 marzo 2011, n. 23, confermato dall’art. 13, comma 13, del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 (convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214), le esenzioni stabilite in materia di ICI dall’art. 7, primo comma, lett. b), c), d), e), f), h) ed i) del D.Lgs. n. 504/1992, si applicano anche per l’IMU (sull’argomento, facciamo diretto riferimento a E. RIGHI, Sulle esenzioni dall’IMU, in Boll. Trib., 2012, 653). Per completezza informativa va aggiunto che alle ipotesi agevolative applicabili in materia di IMU, già codificate per l’ICI, sono state disposte ulteriori ipotesi o modifiche, valevoli solo per l’IMU, da normative successive (ved., ad esempio, l’art. 91-bis della legge 24 marzo 2012, n. 27).
(4) La più recente delle sentenze richiamate dalla Suprema Corte nella motivazione della pronuncia in esame, ossia quella resa da Cass., sez. trib., 15 luglio 2015, n. 15025 (in Boll. Trib. On-line), riguarda la concessione di un bene demaniale.

ICI – Esenzioni – Esenzione di cui all’art. 7, primo comma, lett. i), del D.Lgs. n. 504/1992 – Immobile di un ente non commerciale destinato ad attività didattiche, culturali o religiose, concesso in comodato gratuito ad un altro ente non commerciale – Svolgimento da parte dell’ente comodatario delle medesime attività esenti comuni all’ente concedente – Esenzione ICI – Spetta.

In materia di ICI, l’esenzione prevista dall’art. 7, primo comma, lett. i), del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, a favore di enti non commerciali per lo svolgimento delle attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative e sportive, nonché di religione o di culto, indicate dalla stessa norma, applicabile di regola solo alle ipotesi di utilizzazione diretta del bene da parte dell’ente possessore come condizione necessaria perché a quest’ultimo spetti il diritto all’esenzione medesima nel caso di esercizio delle attività considerate normativamente “esentabili”, deve ritenersi spettante anche nella particolare ipotesi di concessione dell’immobile in comodato gratuito a un altro ente non commerciale per lo svolgimento di una delle attività giudicate “meritevoli” dalla citata disposizione agevolativa, realizzatrice degli stessi compiti istituzionali comuni ai due enti.

[Corte di Cassazione, sez. trib. (Pres. Merone, rel. Botta), 18 dicembre 2015, sent. n. 25508, ric. Fondazione di Culto e Religione Sacra Famiglia di Nazareth c. Roma Capitale]

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO – La controversia concerne l’impugnazione di tre avvisi di accertamento ai fini ICI per gli anni 2005, 2006 e 2007 in relazione ad un complesso immobiliare sito in … di proprietà della Fondazione di Culto e Religione Sacra Famiglia di Nazareth e concesso in comodato d’uso gratuito alla Fondazione Comunità Domenico Tardini (Onlus) per perseguire le finalità di promozione, educazione e assistenza in favore di studenti universitari per le quali, ad avviso della Fondazione, spetterebbe l’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lettera i), d.lgs. n. 540 del 1992 e con tale motivazione è suffragata l’opposizione agli accertamenti ICI di cui è causa. Oltre a ciò la Fondazione, che ha sede nello Stato della Città del Vaticano, deduceva l’illegittimità della notifica degli avvisi di accertamento perché non eseguita secondo le regole previste dagli artt. 30 e 75, d.P.R. n. 200 del 1967, richiamata negli Accordi tra lo Stato italiano e la Chiesa nonché la carenza di motivazione gli atti impositivi.
La Commissione adita rigettava il ricorso, rilevando che gli atti impostivi erano stati regolarmente notificati presso il domicilio fiscale della ricorrente ed avevano tutti i requisiti richiesti dalla legge in materia di motivazione. Il giudice di prime cure non mancava di porre in evidenza che nel caso di specie l’immobile non era utilizzato direttamente dalla Fondazione, venendo così a mancare un requisito essenziale per il riconoscimento della pretesa esenzione.
L’appello della Fondazione – che riproponeva sostanzialmente le contestazioni sollevate con il ricorso originario, insistendo in particolare sullo stretto rapporto strumentale tra Fondazione, ente possessore, e Comunità Tardini, ente comodatario utilizzatore “diretto” – era rigettato con la sentenza in epigrafe, la quale riteneva non sussistente il denunciato vizio di notifica in quanto la Fondazione aveva avuto piena cognizione dell’atto impositivo e aveva articolato in merito le necessarie difese, e confermava il valore ostativo del mancato utilizzo diretto del bene da parte dell’ente perché quest’ultimo potesse esser ritenuto aver diritto all’esenzione reclamata.
Avverso tale sentenza la Fondazione propone ricorso per cassazione con tre motivi, illustrati anche con memoria. Roma Capitale resiste con controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE – Con il primo motivo di ricorso la Fondazione insiste nel contestare che non abbia rilevanza il fatto che il bene in questione sia utilizzato dal comodatario e non dal concedente, laddove il comodatario sostanzialmente utilizzi il bene in attuazione dei compiti istituzionali dell’ente concedente, con il quale sussista uno stretto rapporto di strumentalità che potrebbe definirsi “compenetrante”.
Il motivo è fondato per le seguenti considerazioni.
È fuor di dubbio che l’orientamento di questa Corte sia saldamente ancorato al concetto di “utilizzazione diretta del bene da parte dell’ente possessore” come condizione necessaria perché a quest’ultimo spetti il diritto all’esenzione prevista dall’art. 7, d.lgs. n. 504 del 1992, nel caso di esercizio delle attività considerate normativamente “esentabili”.
Tuttavia, qualora si analizzino le fattispecie che hanno dato luogo alle pronunce della Corte in proposito, si può verificare che si tratta di ipotesi di “locazione” del bene ad altro ente (così Cass. n. 12495 del 2014 (1), n. 7395 del 2012, n. 14094 del 2010 (2), n. 3733 del 2010 (3), n. 20557 del 2005, n. 10827 del 2005 (4), n. 142 del 2004 (5)) o di “concessione di beni demaniali” (Cass. n. 15025 del 2015 (6)).
La ragione sostanziale di siffatto orientamento è facilmente individuabile nell’effetto distorsivo, rispetto alle finalità tutelate dalla norma (l’esercizio di attività “protette”), che in tali situazioni si determina, in quanto il bene viene utilizzato dal possessore per “una finalità economica produttiva di reddito” (il caso della locazione è emblematico) e non per lo svolgimento dei compiti istituzionali (l’utilizzazione, in virtù di concessione, da parte di un soggetto diverso da quello a cui spetta l’esenzione, esclude in radice, secondo la Corte, la destinazione del bene ai compiti istituzionali di quest’ultimo).
Altrettanto non può dirsi con riferimento al caso di specie, nel quale, come la parte ricorrente ha costantemente evidenziato nei gradi di merito:
a) l’ente possessore dell’immobile – la Fondazione di culto e religione Sacra Famiglia di Nazareth –, e l’ente “concretamente utilizzatore” – la Fondazione Comunità Domenico Tardini –, sono entrambi “enti non commerciali” ai sensi di cui all’art. 87, comma 1, lettera c), d.P.R. n. 917 del 1986;
b) i “compiti istituzionali” realizzati mediante l’utilizzo dell’immobile sono previsti tra le “attività” giudicate “meritevoli” dalla disposizione agevolativa e sono comuni ai due enti, che identicamente li prevedono tra le proprie finalità istituzionali;
c) tra i due enti esiste un rapporto di stretta strumentalità nella realizzazione dei suddetti compiti, che autorizza a ritenere una “compenetrazione” tra di essi e a configurarli come realizzatori di una medesima “architettura strutturale”;
d) l’immobile in questione è concesso in comodato gratuito, e non in locazione onerosa, dal possessore all’utilizzatore di fatto.
Ne emerge una situazione, che, da un lato, appare escludere quell’effetto distorsivo che dapprima si è detto alla base dell’orientamento della Corte sulla necessità dell’utilizzo diretto da parte dell’ente possessore, e, dall’altro, configura una fattispecie assai simile a quella considerata nella Risoluzione n. 4/DF del 4 marzo 2013 (7), in cui l’amministrazione ha ritenuto che l’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lettera i), d.lgs. n. 504 del 1993 spettasse nell’ipotesi in cui l’immobile è concesso in comodato a un altro ente non commerciale appartenente alla stessa struttura dell’ente concedente per lo svolgimento di un’attività meritevole prevista dalla norma agevolativa.
Sicché la sentenza impugnata non poteva fermarsi ad una “osservazione esterna” per definire correttamente l’area di applicazione di detta norma alla fattispecie concreta sottoposta a giudizio, limitandosi a risolvere la questione con il solo riferimento alla circostanza dell’utilizzo del bene da parte di un soggetto diverso dall’ente possessore. Il giudice avrebbe dovuto approfondire l’analisi della fattispecie per verificare la sussistenza in concreto di quegli elementi sopradescritti, i quali, se effettivamente esistenti, potrebbero condurre ad una soluzione diversa da quella adottata.
L’accoglimento del primo motivo deve considerarsi assorbente rispetto ai restanti, precisando comunque che l’art. 59, comma 1, lettera c), d.lgs. n. 446 del 1997 non ha, secondo la Corte costituzionale, introdotto una norma di interpretazione autentica e imposto una interpretazione dell’art. 7, comma 1, lettera i), del D.Lgs. n. 504 del 1992, diversa da quella adottata dalla Corte di cassazione nella propria giurisprudenza e che qui è già stata ricordata.
Pertanto la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio della causa ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, che provvederà anche in ordine alle spese della presente fase del giudizio.

P.Q.M. – (Omissis).

(1) Cass. 4 giugno 2014, n. 12495, in Boll. Trib. On-line.
(2) Cass. 11 giugno 2010, n. 14094, in Boll. Trib. On-line.
(3) Cass. 17 febbraio 2010, n. 3733, in Boll. Trib. On-line.
(4) Cass. 9 settembre 2005, n. 18027, in Boll. Trib. On-line.
(5) Cass. 9 gennaio 2004, n. 142, in Boll. Trib., 2004, 1112.
(6) Cass. 17 luglio 2015, n. 15025, in Boll. Trib. On-line.
(7) In Boll. Trib., 2013, 1341.

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