20 Ottobre, 2017

1. Premessa

Si segnala la sentenza oggetto delle presenti osservazioni che, prima dell’entrata in vigore della legge 20 maggio 2016, n. 76, sulle unioni civili (c.d. legge Cirinnà), ha accolto il ricorso del contribuente avverso la sentenza di primo grado che aveva confermato l’avviso di liquidazione per il recupero dell’imposta di donazione e delle relative sanzioni in conseguenza di un bonifico effettuato da un conto estero intestato a un cittadino svizzero a favore di un soggetto italiano facente parte di un’unione domestica di diritto svizzero, accordando l’aliquota ridotta prevista per le donazioni tra familiari.

2. Il caso

Si tratta, presumibilmente, di uno di quegli accertamenti di imposte indirette che scaturiscono nell’ambito di contestazioni ai fini delle imposte sui redditi mediante il metodo c.d. sintetico, in cui possono assumere rilievo dazioni di somme riconducibili a liberalità indirette, che il legislatore, con le modifiche introdotte con l’art. 69 della legge 21 novembre 2000, n. 342 aveva considerato rilevanti ai fini dell’imposta sulle donazioni per agevolarne l’emersione secondo la specifica disciplina di cui all’art. 56-bis del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, recante il testo unico dell’imposta sulle successioni e donazioni (ovverosia l’irrilevanza della somma ai fini delle imposte dirette a fronte del pagamento di un’imposta proporzionale di donazione sull’importo eccedente una determinata franchigia).
Tuttavia, chiariamo subito che la Commissione tributaria ligure non ha ritenuto applicabile tale disciplina considerandola abrogata, in quanto “non compatibile”, a norma del comma 50 dell’art. 2 del D.L. 3 ottobre 2006, n. 262 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286), con la “nuova” istituzione dell’imposta sulle successioni e donazioni. Per quanto tale conclusione non paia fondata per diverse ragioni, già evidenziate dalla dottrina (1) e da ultimo confermate dalla stessa Agenzia delle entrate (2), in questo contesto preferiamo concentrare la nostra analisi sull’unico motivo di accoglimento della sentenza in esame.

3. Gli altri motivi di ricorso

Nel caso di specie si è trattato di un bonifico di una somma, da donante estero e ordinato da conto svizzero, preordinato a costituire la provvista necessaria all’acquisto di un immobile in Italia da parte del beneficiario.
La Commissione regionale, dunque, ha ritenuto infondati sia il motivo dell’esclusione dall’imposta di donazione fondato sull’art. 1, comma 4-bis, del D.Lgs. n. 346/1990 (3), in mancanza di una prova del collegamento della liberalità indiretta alla compravendita tanto nell’atto quanto al di fuori di esso (4), sia il motivo dell’esclusione dall’imposta di donazione degli incrementi patrimoniali carenti del presupposto della territorialità. In particolare sotto questo ultimo profilo i giudici liguri, pur negando al comma 1-bis dell’art. 55 del D.Lgs. n. 346/1990, relativo alla residenza del beneficiario, una valenza derogatoria rispetto ai principi sanciti dall’art. 2 del D.L. n. 262/2006, hanno affermato che la collocazione sul territorio dello Stato italiano dei beni donati dovesse essere verificata in ragione dell’effettiva disponibilità della somma sul conto corrente italiano, essendo del tutto irrilevante che l’ordine del bonifico fosse avvenuto su e da un conto estero (5).

4. Applicazione dell’aliquota prevista per i familiari

Una volta affermata l’imponibilità della liberalità indiretta secondo le disposizioni del testo unico, i giudici dovevano verificare i due residui motivi relativi all’individuazione dell’aliquota in concreto applicabile. L’alternativa prospettata nel ricorso era tra l’aliquota del 4 per cento prevista per le donazioni e liberalità indirette tra coniugi (e la relativa franchigia) e quella del 6 per cento prevista per gli «altri parenti fino al quarto grado». Ed infatti il contribuente donatario, legato al donante con una unione domestica di diritto svizzero, lamentava la violazione della normativa in materia di famiglia della Corte europea dei Diritti umani e delle Libertà fondamentali.
La Commissione tributaria prende atto della complessità della questione anche tenuto conto delle pronunce della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale che hanno sollecitato uno specifico intervento legislativo che, al momento dell’emanazione della sentenza in commento, non aveva ancora avuto la sua definitiva approvazione.
I giudici tentano allora un’interpretazione ragionevole, ancorché a nostro avviso non del tutto fondata, che se da un lato nega ai soggetti uniti civilmente l’applicabilità del regime fiscale previsto per i coniugi (franchigia di un milione di euro e aliquota del 4 per cento per l’eccedenza), dall’altro rifugge l’applicazione dell’aliquota ordinaria dell’8 per cento prevista nel caso di liberalità tra estranei, pervenendo a una soluzione “mediana” in virtù della quale applicare l’aliquota del 6 per cento prevista per gli «altri parenti fino al quarto grado».
Vale la pena evidenziare fin d’ora che, al di là delle considerazioni di principio argomentate in sentenza dal Collegio ligure, la legittimità di una tale interpretazione è subordinata alla circostanza che trattasi nella specie di unione stipulata all’estero ed efficace secondo un diritto straniero, il che rende imprescindibile l’applicazione di norme di diritto internazionale privato ed evidentemente circoscrive a tale ambito l’applicazione del precedente.
La Commissione tributaria regionale compie comunque un complesso percorso argomentativo che prende le mosse dalle considerazioni della Corte di Cassazione (6) per cui «la linea tracciata dalla Corte di Strasburgo in ordine al margine di apprezzamento degli Stati membri è rimasta coerente … L’art. 12, ancorché formalmente riferito all’unione matrimoniale eterosessuale, non esclude che gli Stati membri estendano il modello matrimoniale anche alle persone dello stesso sesso, ma nello stesso tempo non contiene alcun obbligo al riguardo. Nell’art. 8, che sancisce il diritto alla vita privata e familiare, è senz’altro contenuto il diritto a vivere una relazione affettiva tra persone dello stesso sesso protetta dall’ordinamento, ma non necessariamente mediante l’opzione del matrimonio per tali unioni. Questa esigenza, unita all’insussistenza dell’obbligo costituzionale o convenzionale di estendere il vincolo coniugale alle unioni omoaffettive è stata ribadita dalla sentenza n. 170 del 2014 della Corte costituzionale, nella quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale della disciplina normativa che fa conseguire in via automatica alla rettificazione del sesso lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio preesistente senza preoccuparsi di prevedere per l’unione divenuta omoaffettiva un riconoscimento e uno statuto di diritti e doveri che ne consenta la conservazione in una condizione coerente con l’art. 2 Cost. (e art. 8 Cedu)».
Ed infatti la Commissione tributaria disattende la richiesta dell’Ufficio finanziario di definire la questione «semplicemente sulla base del fatto che attualmente non esista ancora in Italia un riconoscimento a livello normativo delle unioni civili delle coppie omosessuali» e, nonostante sia chiamata a giudicare degli effetti relativi a un’unione domestica di diritto svizzero, trae argomenti a sostegno di una diversa soluzione dall’art. 2 del D.Lgs. 6 febbraio 2007, n. 30, relativo all’attuazione della «Direttiva n. 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri». In forza di tale disposizione – ai fini di quel decreto – per “familiare” si intendono, tra gli altri, il coniuge e il partner che abbia contratto con il cittadino dell’Unione europea un’unione registrata sulla base della legislazione di uno Stato membro, qualora la legislazione dello Stato membro ospitante equipari l’unione registrata al matrimonio e nel rispetto delle condizioni previste dalla pertinente legislazione dello Stato membro ospitante; tuttavia la Corte di Cassazione penale (7) l’ha interpretata nel senso che tale nozione deve essere determinata alla luce dell’ordinamento straniero in cui il vincolo è stato contratto. Nella motivazione dell’annotata sentenza viene menzionata a sostegno di tale conclusione una circolare del Ministero dell’interno relativa alla concessione del permesso di soggiorno a un cittadino straniero (8).
Sulla base di queste argomentazioni la Commissione tributaria regionale della Liguria ritiene di poter accogliere la richiesta formulata in subordine dal contribuente circa l’applicazione alla fattispecie delle aliquote agevolate previste per i familiari, in ragione della disposizione dell’art. 2, comma 49, lett. b), del citato D.L. n. 262/2006, che riguarda gli «altri parenti fino al quarto grado».

5. Considerazioni conclusive

A ben vedere in base all’art. 21 del regolamento comunitario 20 dicembre 2010, n. 1259/2010, relativo all’attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione, le decisioni pronunciate in uno Stato membro sono riconosciute in altri Stati membri senza che sia necessario il ricorso ad altro procedimento, cosicché laddove il matrimonio o l’unione siano stati celebrati all’estero in conformità alla normativa ivi vigente, dovrebbe ammettersi il riconoscimento della sua efficacia in Italia, almeno con riguardo per i cittadini stranieri, mentre solo per i cittadini italiani coniugati all’estero si sarebbe dovuto continuare a dubitare dell’efficacia del vincolo, tenuto conto della giurisprudenza di legittimità (9) secondo la quale il mancato riconoscimento legislativo nel diritto italiano del matrimonio tra persone dello stesso sesso ne comporterebbe l’inidoneità a produrre effetti per l’ordinamento.
Dalla narrativa del caso oggetto dell’annotata pronuncia non emerge con chiarezza se i soggetti dell’unione domestica di diritto svizzero fossero o meno cittadini italiani (anche se certamente lo era il donatario), ma il motivo dell’Agenzia dell’entrate circa l’inefficacia in Italia di tale vicolo stipulato all’estero deporrebbe in tal senso, rendendo così meno stringente, in punto di diritto, la soluzione interpretativa prescelta.
In ogni caso, vale la pena di concludere che la questione giuridica pare del tutto superata per quanto attiene alle vicende negoziali future, poiché con l’entrata in vigore (29 luglio 2016) della citata legge n. 76/2016 (10) alle donazioni e alle liberalità tra gli uniti civilmente trovano applicazione le medesime franchigie e aliquote previste per i coniugi. Infatti pur mancando in tale disciplina alcun esplicito riferimento alla materia tributaria, la previsione all’art. 1, comma 20, della predetta legge (11), di una clausola di equiparazione tra coniugi e uniti civilmente da interpretarsi, per espressa disposizione di legge, in modo funzionale all’effettiva tutela dei diritti e all’adempimento degli obblighi, determina effetti “immediati” e “mediati” circa il conseguenziale regime tributario applicabile.
Ed infatti, a nostro avviso, l’esplicita previsione dell’applicazione ai soggetti uniti civilmente della disciplina civilistica dell’impresa familiare (12), della successione dei legittimari, della collazione (13) e dello scioglimento civile del vincolo comporta immediatamente l’applicabilità della disciplina fiscale ordinariamente prevista in relazione alle medesime fattispecie. Avuto riguardo a un tributo, quale quello sulle successioni e donazioni, strutturato – ordinariamente e non già in funzione agevolativa – in ragione della prossimità parentale, una volta riconosciuta, nell’ambito dei rapporti interfamiliari, la rilevanza dell’unione civile sul piano civilistico, ad essa dovrà necessariamente far seguito il regime fiscale corrispondente sia quanto all’applicazione delle franchigie e delle aliquote (14), che alle procedure di attuazione del tributo (15). Ad analoghe conclusioni può giungersi relativamente alla disciplina tributaria dell’impresa familiare prevista ai fini dei diversi tributi, nonché a quella dell’esenzione dall’imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa prescritta dall’art. 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74, per gli atti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o cessazione degli effetti civili, poiché l’art. 5 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, richiamato in quanto compatibile (16), costituisce proprio la fattispecie di riferimento per l’operatività del beneficio (17).
Tuttavia, nei casi in cui l’applicazione della clausola di equiparazione non è di così immediata evidenza anche in raccordo alle innovazioni legislative apportate dalla legge la valutazione in concreto sembra rimessa all’interprete attraverso il vaglio “funzionale” della stessa rispetto all’effettiva attuazione dei diritti nella prospettiva del tributo e dei regimi agevolativi. Ciò senza eludere quella giurisprudenza della Corte Costituzionale sopra richiamata (e sulle cui basi si fonda lo stesso primo comma dell’art. 1 della legge n. 76/2016) che ha affermato la diversità di referenti costituzionali per i coniugi e gli uniti civilmente, rispettivamente nell’art. 29 Cost. e nell’art. 2 Cost. (18).

Prof. Valeria Mastroiacovo
Associato nell’Università degli studi di Foggia

(1) Cfr. A. FEDELE, Il regime fiscale di successioni e liberalità, in Trattato breve delle successioni e donazioni, II, Padova, 2010, 605; G. GAFFURI, L’imposta sulle successioni e donazioni, Padova, 2008, 152; a diverse conclusioni giunge invece S. GHINASSI, Le liberalità indirette nel nuovo tributo successorio, in Rass. trib., 2010, 394; cfr. ID., La fattispecie impositiva del tributo successorio, Pisa, 2014, 72.
(2) Circ. 11 agosto 2015, n. 30/E, par. 1.2), in Boll. Trib., 2015, 1182.
(3) Come è noto tale disposizione prevede che «ferma restando l’applicazione dell’imposta anche alle liberalità indirette risultanti da atti soggetti a registrazione, l’imposta non si applica nei casi di donazioni o altre liberalità collegate ad atti concernenti il trasferimento o la costituzione di diritti immobiliari ovvero il trasferimento di aziende, qualora per l’atto sia prevista l’applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale o dell’imposta sul valore aggiunto». Tale disciplina è finalizzata dunque all’emersione delle liberalità indirette, ancorché non risultanti da atti soggetti a registrazione, nel contesto di vicende negoziali che siano fondate sul collegamento con atti onerosi che abbiano già scontato un’imposta indiretta in misura proporzionale. Il legislatore, in altri termini, dispone per tali negozi, che comunque sarebbero probabilmente rimasti sommersi e difficilmente accertabili, l’esenzione da imposta sulle donazioni a fronte dell’effettività del collegamento negoziale. Sotto questo profilo appare interessante lo spunto che emerge dalla pronuncia in esame circa la verificabilità del collegamento anche al di fuori dell’atto oneroso soggetto ad imposta proporzionale, poiché superando elementi formali colloca il limite di operatività della norma sul piano fattuale della prova.
(4) In tale senso, di recente, cfr. Cass., sez. trib., 24 giugno 2016, n. 13133, in Boll. Trib. On-line.
(5) Citando Cass., sez. I, 5 giugno 2013, n. 14197, in Riv. not., 2015, 130, i giudici liguri argomentano che «in tema di obbligazioni di pagamento di somma di denaro, qualora il pagamento avvenga a mezzo bonifico bancario, la liberazione del debitore si verifica solo allorquando la somma entra nell’effettiva disponibilità del creditore, a nulla rilevando il solo ordine di bonifico diretto alla banca da parte del debitore».
(6) Ved. Cass., sez. I, 9 febbraio 2015, n. 2400, in Boll. Trib. On-line; si rinvia inoltre alla sentenza resa da Corte Cost. 15 aprile 2010, n. 138, in Giur. cost., 2010, 2715, per cui all’unione omosessuale spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente la condizione di coppia e il diritto all’unità della famiglia che si esprime nella garanzia della convivenza del nucleo familiare e costituisce espressione di un diritto fondamentale della persona umana.
(7) Cfr. Cass., sez. I pen., 19 gennaio 2011, n. 1328, in Riv. dir. internaz. priv. e proc., 2012, 954.
(8) Cfr. circ. 26 ottobre 2012, n. 8996.
(9) Cfr. Cass. n. 2400/2015, cit.
(10) Il comma 35 dell’art. 1 della citata legge n. 76/2016 dispone che i commi da 1 a 34 relativi alle unioni civili «acquistano efficacia a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge», tuttavia, poiché il presupposto per l’applicazione della disciplina e dei relativi istituti sembra indiscutibilmente essere la valida costituzione dell’unione, appare ragionevole porre in relazione l’immediata efficacia del comma 35 con la previsione del comma 34 circa l’emanazione di un D.P.C.M., su proposta del Ministro dell’interno, volto a stabilire le disposizioni transitorie necessarie per la tenuta dei registri nell’archivio dello stato civile nelle more dell’entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al precedente comma 28, lett. a) (adeguamento alle previsioni della presente legge delle disposizioni dell’ordinamento dello stato civile in materia di iscrizioni, trascrizioni e annotazioni). Poiché tale D.P.C.M. 23 luglio 2016, n. 144, è entrato in vigore il 29 luglio 2016, giorno successivo alla sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, possiamo concludere che in pari data deve intendersi effettivamente efficace e produttiva di effetti in Italia la legge sulle unioni civili.
(11) Il comma 20 dell’art. 1 della legge n. 76/2016 recita «al solo fine di assicurare l’effettiva tutela dei diritti ed il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole “coniuge”, “coniugi” o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti, nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione tra persone dello stesso sesso. La disposizione di cui al periodo precedente non si applica alle norme del codice civile non richiamate espressamente nella presente legge, nonché alle disposizioni di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184» (ovverosia la disciplina delle adozioni). Per un commento nella prospettiva fiscale si rinvia a A. PISCHETOLA, Unioni civili e convivenze: impatto con imposte indirette e relativi regimi fiscali, anche agevolativi, in Immobili e proprietà, 2016, 443.
(12) Ved. comma 13.
(13) Ved. comma 21; sarebbero a nostro avviso pienamente applicabili anche le riduzioni di imposte sancite a norma dell’art. 25 del D.Lgs. n. 346/1990.
(14) Ai sensi dell’art. 2, commi da 47 a 49, del D.L. n. 262/2006, per il coniuge beneficiario di una delazione per successione o donazione da parte del medesimo soggetto è prevista la franchigia di un milione di euro e sull’eccedenza l’applicazione dell’aliquota del 4 per cento, mentre per le devoluzioni a soggetti estranei non è prevista alcuna franchigia e l’aliquota ordinariamente disposta è dell’8 per cento.
(15) Il coniuge, tra i legittimari, è uno dei soggetti chiamati cui è riferibile l’obbligo di presentare la dichiarazione di successione.
(16) Ved. comma 25 dell’art. 1 della legge n. 76/2016; per completezza si segnala che in questo comma non è invece richiamato l’art. 6 della legge n. 898/1970, concernente i provvedimenti relativi ai figli e agli obblighi conseguenziali dei coniugi, rispetto ai quali operano parimenti le esenzioni del citato art. 19; se il mancato rinvio è giustificabile dal fatto che, a seguito delle modifiche e delle precisazioni introdotte riguardo alla disciplina delle adozioni, non si è voluto regolare nessun aspetto legato alla filiazione, resta il fatto che – anche in ragione delle pronunce dei Tribunali volte al riconoscimento delle adozioni sulla base del procedimento c.d. speciale secondo la disciplina già in vigore – si potrebbe verificare il caso di uno scioglimento di unione in cui sia opportuno provvedere anche a decisioni sugli adottati.
(17) Lo stesso comma 25 dell’art. 1 della legge n. 76/2016 richiama al fine dell’applicazione dei medesimi effetti la disciplina della negoziazione assistita di cui agli artt. 6 e 12 del D.L. 12 settembre 2014, n. 132 (convertito, con modificazioni, dalla legge 10 novembre 2014, n. 162). Sull’estensione a tali procedimenti della disciplina dell’art. 19 si segnalano la ris. 16 luglio 2015, n. 65/E, in Boll. Trib., 2015, 1103; nonché Cass., sez. trib., 3 febbraio 2016, n. 2111, e Cass., sez. trib., 17 febbraio 2016, n. 3110, entrambe in Boll. Trib. On-line.
(18) In argomento sia consentito il rinvio a V. MASTROIACOVO, Considerazioni a margine della legge sulle unioni civili: il concorso alle pubbliche spese nella prospettiva dell’effettiva attuazione dei diritti, in Riv. dir. trib., 2016, I, 511.

Procedimento – Commissioni – Sentenza – Motivazione – Vizio di omessa o insufficiente motivazione – Sussiste quando manchi l’esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa ovvero quando sia impossibile individuare il thema decidendum e le ragioni poste a fondamento del dispositivo.

Imposta sulle successioni – Donazioni – Bonifico proveniente dall’estero su un conto bancario intrattenuto nel territorio italiano – Assoggettamento all’imposta sulle donazioni – Consegue.

Imposta sulle successioni – Donazioni – Trasferimento di denaro da un conto bancario estero intestato a un soggetto ivi residente ad un conto bancario intrattenuto nel territorio italiano da un soggetto ivi residente – Perfezionamento della donazione in Italia – Sussiste – Assoggettamento all’imposta sulle donazioni – Consegue.

Imposta sulle successioni – Donazioni – Trasferimento di denaro da un conto bancario estero intestato a un soggetto ivi residente ad un conto bancario intrattenuto nel territorio italiano da un soggetto ivi residente – Sussistenza fra le parti dello stesso sesso di una unione domestica riconosciuta dal diritto straniero – Rilevanza – Assoggettamento all’imposta sulle donazioni con aliquota agevolata – Consegue.

Il vizio di omessa o insufficiente motivazione della sentenza sussiste ogniqualvolta nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile la mancata esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa, ovvero qualora l’estrema concisione della motivazione in diritto renda impossibile l’individuazione del thema decidendum e delle ragioni che stanno a fondamento del dispositivo.

Ai fini dell’imposta sulle donazioni, a norma dell’art. 2, primo comma, del D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, rilevano e devono essere assoggettati a registrazione in termine fisso anche gli atti formati all’estero aventi ad oggetto beni diversi da immobili e aziende esistenti nel territorio dello Stato, sempreché il donante sia residente nello Stato ovvero, a norma dell’art. 2, secondo e terzo comma, dello stesso decreto, nel caso in cui il donante sia non residente, quando i beni siano “esistenti” nel territorio dello Stato, e in tali ipotesi dall’obbligo di registrazione dei suddetti atti discende l’assoggettamento del valore dei beni donati all’imposta sulle donazioni.

Ai fini dell’imposta sulle donazioni, qualora la disposizione che abbia trasferito il denaro si sia originata in territorio estero, ma il beneficio della donazione si sia concretizzato nel territorio dello Stato italiano, sotto forma di una cospicua disponibilità su un conto corrente bancario ivi intrattenuto, deve ritenersi che tale donazione indiretta si sia perfezionata in Italia nel momento in cui il donatario abbia avuto l’effettiva disponibilità sul proprio conto bancario della somma donata, atteso che in tema di obbligazioni di pagamento di somma di denaro, qualora il pagamento avvenga a mezzo di bonifico bancario, la liberazione del debitore si verifica solo nel momento in cui la somma entra nell’effettiva disponibilità del creditore, a nulla rilevando il solo ordine di bonifico diretto alla banca da parte del debitore.

Qualora un contribuente residente in Italia, donatario di una cospicua somma di denaro trasferitagli a mezzo di bonifico bancario da un soggetto residente all’estero, sia legato al donante da una unione domestica di diritto straniero, per quanto attualmente non esista ancora in Italia un riconoscimento a livello normativo delle unioni civili delle coppie dello stesso sesso e in armonia con la normativa in materia di famiglia della Carta europea dei Diritti umani e delle Libertà fondamentali, deve riconoscersi la qualifica di familiare alle persone interessate, con conseguente applicazione delle aliquote agevolate previste per i familiari definiti «altri parenti fino al quarto grado» dall’art. 2, comma 49, del D.L. 3 ottobre 2006, n. 262 (convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286).

[Commissione trib. regionale della Liguria, sez. I (Pres. Soave, rel. Piombo), 18 aprile 2016, sent. n. 575]

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO – Il signor V.J.I.I. ricorreva avverso l’avviso di liquidazione imposta e irrogazione sanzioni con cui l’Agenzia delle Entrate di Imperia recuperava a tassazione l’imposta sulle donazioni relativa ad un bonifico di € 520.000,00 operato in suo favore dal sig. A.R.C.
La parte lamentava:
a) Che essendo detta somma destinata all’acquisto di un immobile scontante l’imposta di registro la stessa non avrebbe dovuto essere assoggettata ad imposta sulle donazioni;
b) Che in ogni caso sussisterebbe carenza del presupposto di territorialità essendo il sig. A. residente all’estero e le somme trasferite al V. prelevate da un conto svizzero;
c) Che anche volendo considerare detto trasferimento di denaro una donazione indiretta, avrebbe dovuto essere assoggettata ad imposta di registro in misura fissa e non ad imposta di donazione.
d) Che sussistesse carenza di contraddittorio.
La Commissione Provinciale respingeva il ricorso motivando:
a) Che nell’atto di compravendita immobiliare successivo al trasferimento della suddetta somma con cui il V. acquistava un immobile in Comune di Camporosso non veniva effettuato alcun richiamo al legame tra le due operazioni;
b) Che la sussistenza della territorialità conseguiva al fatto che il bene donato (la somma di denaro) risultava esistente nello Stato italiano sotto forma di disponibilità nel conto corrente bancario del ricorrente;
c) Che l’unione domestica di diritto svizzero esistente tra l’A. ed il V. non avesse alcun riconoscimento in Italia;
d) Che vi era stato ampio contraddittorio prima dell’emissione dell’avviso di liquidazione; ciò anche se non ve ne fosse giuridica necessità.
Appella il contribuente eccependo:
1) Nullità della sentenza per carenza assoluta di motivazione, non essendo stati considerati elementi fondamentali per l’assunzione della decisione, non fondata su alcun elemento giuridico;
2) Mancata applicazione dell’esclusione dell’imposta sulla donazione prevista dall’art. 1 comma 4-bis D.Lgs. 346/90;
3) Mancata applicazione dell’esclusione dell’imposta sulla donazione avente origine estera;
4) Mancata applicazione dell’imposta di registro in misura fissa essendosi la donazione formata all’estero;
5) Violazione della normativa in materia di famiglia della Carta Europea dei Diritti Umani e delle Libertà Fondamentali;
6) Errata applicazione dell’art. 56-bis D.Lgs. D.Lgs. 346/90.
Si è costituito in giudizio l’Ufficio controdeducendo:
1) Che dai fatti emergerebbero i requisiti della donazione: la liberalità del A. e l’arricchimento del V.;
2) Che la normativa sulle donazioni indirette non troverebbe applicazione in mancanza di ogni menzione nell’atto di compravendita immobiliare della provenienza del denaro utilizzato per l’acquisto;
3) Che in quanto alla territorialità il denaro trasferito si sarebbe venuto a collocare materialmente a mezzo bonifico in un conto italiano; integrando così il presupposto territoriale;
4) Che l’unione domestica di diritto svizzero non godrebbe di alcun riconoscimento giuridico in Italia.
Conclusioni delle parti
Per l’appellante signor V.J.I.I.:
“chiede che codesta spett.le Commissione Tributaria Regionale di genova, dopo aver esaminato il presente appello ed i documenti allegati voglia:
– In via principale, sotto il profilo di legittimità, in accoglimento delle motivazioni suesposte, riformare la sentenza emessa dalla CTP di Imperia e di conseguenza annullare l’avviso di liquidazione emesso dall’Agenzia delle Entrate;
– In via di primo subordine, in accoglimento delle motivazioni suesposte, riformare la sentenza emessa dalla CTP di Imperia e di conseguenza annullare l’avviso di liquidazione emesso dall’Agenzia delle Entrate, previa interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2 comma 47, 49 e 52 del D.L. 262/2006 in relazione alla sussistenza fra le parti di una unione domestica riconosciuta dal diritto svizzero, con il riconoscimento delle franchigie previste per il coniuge;
– In via di secondo subordine, in accoglimento delle motivazioni suesposte, riformare la sentenza emessa dalla CTP di Imperia e, per l’effetto ridurre la pretesa tributaria applicando alla fattispecie concreta le aliquote e la franchigia previste dall’art. 56-bis del D.Lgs. 346/90;
– In via di terzo subordine, in accoglimento delle motivazioni suesposte, riformare la sentenza emessa dalla CTP di Imperia, previa interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 2 comma 47, 49 e 52 del D.L. 262/2006 in relazione alla sussistenza fra le parti di una unione domestica riconosciuta dal diritto svizzero, e per l’effetto ridurre la pretesa tributaria applicando alla fattispecie concreta le aliquote agevolate previste per i famigliari.
Con vittoria delle spese processuali relative a questo ed al precedente grado di giudizio”.
Per l’Agenzia delle Entrate Direzione provinciale di Imperia:
“Chiede a codesta onorevole Commissione Tributaria regionale:
1) Il rigetto dell’appello e la condanna del ricorrente alle spese del giudizio”.

MOTIVI DELLA DECISIONE – Con il primo motivo il contribuente lamenta una carenza assoluta di motivazione della sentenza appellata.
In realtà la sentenza della Commissione Provinciale di Imperia n. 50/03/14 risulta ampiamente articolata in parti nelle quali, dopo una ricostruzione relativa allo svolgimento del processo, vengono prese in esame puntualmente le eccezioni del ricorrente; la motivazione risulta adeguata riportando una succinta esposizione dei motivi in fatto e diritto e la normativa richiamata a supporto della stessa appare conferente ed applicabile al caso concreto.
Al riguardo, è necessario precisare che tanto la giurisprudenza quanto la dottrina sono concordi nel ritenere che il vizio di omessa o insufficiente motivazione della sentenza sussiste ogniqualvolta “nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile la mancata esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa, ovvero qualora l’estrema concisione della motivazione in diritto renda impossibile l’individuazione del thema decidendum e delle ragioni che stanno a fondamento del dispositivo” (ex pluribus, Cassazione n. 2711/1990 (1), n. 3282/1990 (2), n. 5612/1998 (3), n. 5101/1999 (4), n. 1944/2001 (5)).
Non ravvisandosi le suddette condizioni il gravame deve essere dichiarato infondato.
Con il secondo motivo il contribuente lamenta la mancata applicazione dell’esclusione dell’imposta sulla donazione prevista dall’art. 1 comma 4-bis D.Lgs. 346/90 il quale prevede che:
“4-bis. Ferma restando l’applicazione dell’imposta anche alle liberalità indirette risultanti da atti soggetti a registrazione, l’imposta non si applica nei casi di donazioni o di altre liberalità collegate ad atti concernenti il trasferimento o la costituzione di diritti immobiliari ovvero il trasferimento di aziende, qualora per l’atto sia prevista l’applicazione dell’imposta di registro, in misura proporzionale, o dell’imposta sul valore aggiunto”.
Nel caso di specie, peraltro, come rilevato dall’Ufficio, non risulta in alcun modo che il trasferimento di denaro tra l’A. e il V. risulti finalizzato all’acquisto di un immobile.
Non solo di tale finalità non risulta traccia nell’atto di compravendita immobiliare ma, anche volendo accedere ad una interpretazione che consenta di trovare al di fuori dell’atto la prova di ciò, tale prova non è stata fornita dal contribuente.
Conseguentemente anche il secondo motivo di appello deve essere rigettato.
Con il terzo motivo il contribuente lamenta la mancata applicazione dell’esclusione dell’imposta sulla donazione avente origine estera mentre con il quarto si duole della mancata applicazione dell’imposta di registro in misura fissa essendosi la donazione formata all’estero.
I motivi possono essere trattati congiuntamente.
L’art. 2 del D.lgs. n. 346 del 1990 delimita territorialmente la pretesa impositiva italiana in base alla residenza del donante alla data della stipula dell’atto di donazione.
“Se alla data dell’apertura della successione o a quella della donazione il defunto o il donante non era residente nello Stato, l’imposta è dovuta limitatamente ai beni e ai diritti ivi esistenti”.
Pertanto, se il donante è residente all’estero e anche i beni donati si trovano all’estero, non sussistono profili impositivi in capo al donatario italiano.
L’art. 55 comma 1-bis del succitato decreto prevede, a far data dal 1° luglio 2000, la soggezione a registrazione in “termine fisso anche degli atti aventi ad oggetto donazioni, dirette o indirette formati all’estero nei confronti di beneficiari residenti nello Stato. Dall’imposta sulle donazioni determinata a norma del presente titolo si detraggono le imposte pagate all’estero in dipendenza della stessa donazione ed in relazione ai beni ivi esistenti, salva l’applicazione delle convenzioni contro le doppie imposizioni”.
La disposizione recata dal comma 1-bis dell’articolo 55 del TUS, a giudizio del Collegio, non ha inteso derogare ai criteri di territorialità previsti, ai fini dell’imposta sulle donazioni, dall’articolo 2 del TUS.
Conseguentemente, ai fini dell’imposta sulle donazioni rilevano e devono essere assoggettati a registrazione in termine fisso anche gli atti formati all’estero aventi ad oggetto beni diversi da immobili e aziende esistenti nel territorio dello Stato, sempreché il donante sia residente nello Stato (articolo 2, comma 1, del TUS) ovvero, nel caso in cui il donante sia non residente, come nel caso di specie, quando i beni siano “esistenti” nel territorio dello Stato (articolo 2, commi 2 e 3, del TUS). In tali ipotesi, dall’obbligo di registrazione dei suddetti atti discende l’assoggettamento del valore dei beni donati all’imposta sulle donazioni.
Dirimente per la decisione appare pertanto, nel caso di specie, essendo pacifica la residenza all’estero del donante, accertare la collocazione dei beni donati.
Secondo la Commissione Provinciale, conformemente alla tesi sostenuta dall’Agenzia delle Entrate, “la disposizione che ha trasferito il denaro si è originata in territorio svizzero, ma il beneficio della donazione si è concretizzato nel territorio dello Stato Italiano, sotto forma di una cospicua disponibilità su conto corrente bancario”.
La tesi è corretta; secondo la Suprema Corte di Cassazione, infatti, “In tema di obbligazioni di pagamento di somma di denaro, qualora il pagamento avvenga a mezzo bonifico bancario, la liberazione del debitore si verifica solo allorquando la somma entra nell’effettiva disponibilità del creditore, a nulla rilevando il solo ordine di bonifico diretto alla banca da parte del debitore” (Cass. Sez. I; 5/6/2013 n. 14197).
Analogamente può ritenersi nel caso di cui trattasi che la donazione si sia perfezionata in Italia nel momento in cui il donatario ha avuto l’effettiva disponibilità sul proprio conto corrente della somma donata.
Con il sesto motivo di appello, che si ritiene di esaminare prima del quinto, il contribuente lamenta l’errata applicazione dell’art. 56-bis D.Lgs. 346/90.
Tale norma, peraltro, non pare oggi più vigente in quanto in contrasto con le nuove disposizioni sull’imposta di donazione, introdotte dal D.L. n. 262/2006.
Essa infatti, per la tassazione delle liberalità indirette individuate dall’Agenzia delle Entrate nel corso di accertamenti, non solo prevede l’applicazione di un’aliquota (sette per cento) che non corrisponde più a quella massima (otto per cento) oggi vigente; ma anche considera una franchigia unica di 350 milioni di vecchie lire per ciascun beneficiario quando, invece, oggi sono previsti vari importi di franchigia.
Inoltre per la tassazione delle liberalità indirette registrate volontariamente, l’art. 56-bis prevedeva, attraverso il rinvio all’art. 56, l’applicazione di aliquote (3, 5 e 7%) non più vigenti, in quanto espressamente abrogate dall’art. 2, comma 52, del D.L. n. 262/2006.
Deve pertanto concludersi che l’art. 56-bis D.Lgs. 346/90 non sia più vigente in applicazione dell’art. 2, comma 50, del D.L. n. 262/2006, in base al quale le disposizioni del D.Lgs. n. 346/1990, nel testo in vigore alla data del 24 ottobre 2001, si applicano soltanto se ed in quanto compatibili con le nuove norme.
Resta da esaminare il quinto motivo di appello, con il quale il contribuente donatario, legato al donante da una unione domestica di diritto svizzero, lamenta la violazione della normativa in materia di famiglia della Carta Europea dei Diritti Umani e delle Libertà Fondamentali.
La questione investe aspetti controversi.
Ancora recentemente la Corte di Cassazione (Sez. I, n. 2400/2015) (6) ha formulato sul tema le seguenti considerazioni:
“La linea tracciata dalla Corte di Strasburgo in ordine al margine di apprezzamento degli Stati membri è rimasta coerente nelle sentenze Schalk and Kopf c. Austria del 24 giugno 2010, Gas e Dubois c. Francia del 15 marzo 2012 fino alla più recente Hamalainen c. Finlandia del 16 luglio 2014. L’art. 12, ancorché formalmente riferito all’unione matrimoniale eterosessuale, non esclude che gli Stati membri estendano il modello matrimoniale anche alle persone dello stesso sesso, ma nello stesso tempo non contiene alcun obbligo al riguardo. Nell’art. 8, che sancisce il diritto alla vita privata e familiare, è senz’altro contenuto il diritto a vivere una relazione affettiva tra persone dello stesso sesso protetta dall’ordinamento, ma non necessariamente mediante l’opzione del matrimonio per tali unioni. Questa esigenza, unita all’insussistenza dell’obbligo costituzionale o convenzionale di estendere il vincolo coniugale alle unioni omoaffettive, è stata ribadita dalla sentenza n. 170 del 2014 della Corte Costituzionale, nella quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale della disciplina normativa che fa conseguire in via automatica alla rettificazione del sesso lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio preesistente senza preoccuparsi di prevedere per l’unione divenuta omoaffettiva un riconoscimento e uno statuto di diritti e doveri che ne consenta la conservazione in una condizione coerente con l’art. 2 Cost. (e art. 8 Cedu). La Corte ha evidenziato che il contrasto si determina per il “passaggio da uno stato di massima protezione giuridica ad una condizione di assoluta indeterminatezza (quale quella di tutte le relazioni tra persone dello stesso sesso nel nostro ordinamento n.d.r.)”. Ciò determina la necessità di un tempestivo intervento legislativo.”.
Tale intervento legislativo risulta però allo stato attuale ancora in corso d’opera, essendo la legge sulle unioni civili stata approvata da un solo ramo del Parlamento.
Ciò detto, ritiene peraltro il Collegio che la questione non possa, come richiede l’Ufficio, essere definita semplicemente sulla base del fatto che attualmente non esista ancora in Italia un riconoscimento a livello normativo delle unioni civili delle coppie omosessuali.
Non mancano infatti né sentenze della magistratura che tali diritti riconoscono, né provvedimenti amministrativi che, richiamando dette sentenze, si incanalano nella medesima direzione.
Già con la sentenza n. 138 del 2010 la Corte Costituzionale ha affermato che all’unione omosessuale spetta il diritto di fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia e che il diritto all’unità della famiglia che si esprime nella garanzia della convivenza del nucleo familiare costituisce espressione di un diritto fondamentale della persona umana.
Successivamente la Corte di Cassazione (n. 1328/2011 Pen.) ha stabilito che la nozione di “coniuge” prevista dall’art. 2 del D.Lgs. n. 30/2007 deve essere determinata alla luce dell’ordinamento straniero in cui il vincolo matrimoniale è stato contratto, per cui lo straniero che abbia contratto in Spagna un matrimonio con un cittadino dell’Unione dello stesso sesso deve essere qualificato come “familiare” ai fini del diritto al soggiorno in Italia.
Nel febbraio 2012, poi, il Tribunale di Reggio Emilia nel caso di un cittadino straniero che aveva contratto, in altro Stato dell’Unione, un matrimonio valido con un cittadino italiano dello stesso sesso, ha ritenuto che allo stesso poteva essere attribuita la qualità di “familiare”.
Tale ultima sentenza è stata richiamata dal Ministero dell’Interno con la nota n. 8996 del 26/10/2012 relativa alla concessione del permesso di soggiorno ad un cittadino straniero.
Ritiene pertanto la Commissione che possa essere accolta la terza richiesta subordinata formulata dal contribuente in sede di conclusioni, con applicazione alla fattispecie concreta delle aliquote agevolate previste per i familiari (definiti dalla legge “altri parenti fino al quarto grado”).
Le spese del procedimento, tenuto conto della particolarità del caso e dei contrasti giurisprudenziali in materia, possono essere eccezionalmente compensate tra le parti.
P.Q.M. – In riforma dell’impugnata sentenza dichiara applicabile alla fattispecie concreta l’imposta sulle donazioni nella misura prevista per i familiari.
Dichiara compensate tra le parti le spese di entrambi i gradi del giudizio.

(1) Cass. 3 aprile 1990, n. 2711, in Mass. Foro it., 1990.
(2) Cass. 20 aprile 1990, n. 3282, in Mass. Foro it., 1990.
(3) Cass. 8 giugno 1998, n. 5612, in Mass. Foro it., 1998.
(4) Cass. 26 maggio 1999, n. 5101, in Mass. Foro it., 1999.
(5) Cass. 12 febbraio 2001, n. 1944, in Boll. Trib. On-line.
(6) Cass. 9 febbraio 2015, n. 2400, in Boll. Trib. On-line.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *