15 Ottobre, 2014

SOMMARIO: 1. La questione e le norme di riferimento – 2. L’avveramento di una condizione sospensiva nell’imposizione delle plusvalenze azionarie quali reddito diverso per una persona fisica non imprenditore e la irretroattività degli effetti della condizione ai fini reddituali 3. Conclusioni.

 

1. La questione e le norme di riferimento

I contratti di compravendita di partecipazioni in molti casi contengono una o più condizioni sospensive di cui all’art. 1353 c.c., e cioè la previsione di eventi il cui verificarsi, pubblicizzato con appositi atti ricognitivi, faccia decorrere gli effetti del trasferimento.

Rispetto alla regola generale secondo cui gli effetti di un contratto si dispiegano nel momento in cui il consenso sia legittimamente manifestato, sono rilevanti le disposizioni civilistiche in materia di previsione di una condizione in seno al contratto: ai sensi dell’art. 1353 c.c. «Le parti possono subordinare l’efficacia o la risoluzione del contratto o di un singolo patto a un avvenimento futuro e incerto» e dell’art. 1360 gli «effetti dell’avveramento della condizione retroagiscono al tempo in cui è stato concluso il contratto salvo che, per volontà delle parti o per natura del rapporto, gli effetti del contratto o della risoluzione debbano essere riportati a un momento diverso».

La normativa civilistica (art. 1360 c.c.) fa retroagire gli effetti dell’avveramento della condizione sospensiva al momento in cui il contratto è stato concluso e quest’ultimo si individua in quello in cui il consenso è stato legittimamente manifestato; incidentalmente, va evidenziato come la stessa norma civilistica ipotizza che gli effetti dell’avveramento possano, in tutto o in parte, non retroagire ai fini civilistici ed essere riferiti ad un momento diverso da quello della conclusione del contratto anche in ragione della “natura” del rapporto contrattuale.

Un punto sul quale il rapporto con l’Agenzia delle entrate potrebbe manifestare una certa problematicità è in che termini la retroattività degli effetti disposta dalla norma civilistica possa rilevare in ordine alla determinazione e imputazione temporale della plusvalenza nell’imposizione di un eventuale reddito diverso nonché all’applicazione della normativa sulla rivalutazione a pagamento del valore delle partecipazioni ai fini di determinare il valore fiscale della partecipazione ante cessione secondo le modalità di cui all’art. 5 della legge 28 dicembre 2001, n. 448.

Ai sensi degli artt. 67 e segg. del TUIR, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 5 della legge n. 448/2001, per la determinazione della plusvalenza derivante dalla vendita di una partecipazione c.d. non qualificata «può essere assunto, in luogo del costo o valore di acquisto, il valore a tale data della frazione del patrimonio netto della società … determinato sulla base di una perizia giurata di stima … a condizione che il predetto valore sia assoggettato ad una imposta sostituiva delle imposte sui redditi, secondo quanto disposto nei commi da 2 a 7», nella misura del «2 per cento per quelle che, alla predetta data, non risultano qualificate ai sensi del medesimo articolo 81, comma 1, lettera c-bis ed è versata con le modalità previste dal capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241».

Il contribuente che ceda una partecipazione non qualificata può, quindi, rivalutare il valore di beni e partecipazioni versando un’imposta sostitutiva del 2% sulla base di una perizia di stima e tale valore può essere assunto quale valore iniziale ai fini del calcolo della plusvalenza tassabile quale reddito diverso.

Le domande che sorgono sono le seguenti:

a) il contribuente deve dichiarare la plusvalenza imponibile nel periodo di imposta in cui si verifica la condizione oppure dovrebbe dichiararla in quello della stipulazione del contratto seppur ad effetti sospesi?

b) la natura del contribuente come persona fisica comporta un obbligo di dichiarazione della plusvalenza secondo un principio di cassa (ovvero nell’anno di percezione del prezzo) oppure, di fatto, di competenza (ovvero nell’anno della stipula)?

[-protetto-]

2. L’avveramento di una condizione sospensiva nell’imposizione delle plusvalenze azionarie quali reddito diverso per una persona fisica non imprenditore e la irretroattività degli effetti della condizione ai fini reddituali

Il dubbio che l’applicazione retroattiva degli effetti a seguito dell’avveramento di una condizione sospensiva contenuta in un contratto di compravendita di partecipazioni non sia così pacifica nasce dalla considerazione, tipica della materia tributaria e aliena a quella civilistica, che l’art. 53 Cost. impone di adottare, tra le tante, l’interpretazione delle norme tributarie e degli effetti di quelle civilistiche che consenta alle imposte di essere applicate su di una ricchezza effettiva.

L’effettività della capacità contributiva quale principio costituzionale trova un suo puntuale riscontro, ad esempio, nel requisito del possesso che l’art. 1 del TUIR richiede ai fini della realizzazione del presupposto dell’IRPEF; se per possesso del reddito si intende la presenza di una relazione giuridica di effettiva disponibilità della ricchezza è evidente che questa sarà tassabile solo a condizione che esista e sia giuridicamente disponibile dal contribuente attraverso l’esercizio di un diritto, nel momento in cui si sostenesse esistente l’obbligo tributario o esercitabile a pena di decadenza un’opzione per un regime fiscale di favore.

Ragioni tipiche della materia tributaria possono far ipotizzare che la ricchezza derivante da un atto dispositivo di un diritto (ad esempio, quella corrispondente ad una plusvalenza azionaria realizzabile a seguito della cessione ad un prezzo superiore a quello fiscalmente riconosciuto) sia temporalmente collocabile anche in un momento diverso da quello della stipula del contratto (ad esempio, di compravendita).

La retroattività degli effetti di cui all’art. 1360 c.c. potrebbe, quindi, non valere ai fini fiscali ove si collocasse l’obbligo di pagamento del tributo in un momento in cui il contribuente non sia in possesso di alcuna ricchezza e, quindi, si richiedesse il pagamento del tributo per una ricchezza futura e incerta come quella derivante da un contratto sottoposto a condizione sospensiva.

Di conseguenza, se così è, qualora una norma agevolativa (come quella in materia di imposizione sostitutiva ex art. 5 della legge n. 448/2001) presupponga l’esistenza di un reddito effettivo (ad esempio, plusvalenza azionaria) derivante da una fattispecie (ad esempio, compravendita di partecipazioni) idonea a dispiegare effetti giuridici, essa dovrebbe essere applicata solo nel periodo di imposta di emersione e di reale possesso del reddito cioè della grandezza assunta a presupposto dell’agevolazione medesima.

Premesso che la plusvalenza è una delle diverse forme in cui si può manifestare un reddito imponibile a norma dell’art. 1 del TUIR, l’art. 67, primo comma, dello stesso decreto, nel disciplinare le ipotesi di redditi diversi assoggettabili all’IRPEF, nelle diverse fattispecie tipizzate dalla lett. a) fino alla lett. n), collega la qualificazione di quanto ricevuto ad un valore reddituale imponibile alla situazione in cui una plusvalenza possa dirsi realizzata.

La realizzazione come condizione dell’imponibilità ricorre solo quando il reddito (i.e. la plusvalenza) sia posseduto a seguito del pagamento del corrispettivo concordato nel contratto e, quindi, della percezione giuridicamente qualificata.

Ciò emerge dalla lettura dell’art. 68, commi primo e sesto, del TUIR (“Plusvalenze”), il quale espressamente menziona “i corrispettivi percepiti” e, quindi, l’effettiva percezione di una somma di denaro a titolo di pagamento di un prezzo; ancor più chiaramente la lett. f) del settimo comma dell’art. 68 la quale, con riguardo ai casi di «dilazione o rateazione del pagamento del corrispettivo», prevede che la plusvalenza vada «determinata con riferimento alla parte del costo o valore di acquisto proporzionalmente corrispondente alle somme percepite nel periodo d’imposta».

L’autonomia del regime tributario si palesa in modo evidente ove si osservi che l’imposizione delle plusvalenze riguarda non un mero incremento patrimoniale rilevante per la sua semplice esistenza ad uno stato latente ma, invece, una componente reddituale; quest’ultima, per carattere tipico della categoria dei redditi diversi, richiede se non un’attività almeno un atto idoneo a dispiegare effetti giuridici per l’ordinamento, rendendo imponibile la ricchezza attraverso la sua percezione giuridicamente qualificata nel periodo di imposta in cui questa sia giuridicamente che materialmente ha luogo.

La Relazione governativa allo schema del TUIR, in ordine al concetto di conclusione delle operazioni, ben puntualizza come il fatto che l’articolo in esame nel testo originario si prestasse «ad essere interpretato nel senso della tassabilità prima e indipendentemente dalla percezione» non fosse né «equo né coerente al principio della capacità contributiva giacché il contribuente, trattandosi per definizione di operazioni non effettuate nell’esercizio d’impresa, non avrebbe poi la possibilità di dedurre l’eventuale perdita del credito» tipica del regime dell’impresa e della tassazione secondo il principio di competenza; la Relazione, in particolare, è significativa poiché il legislatore tributario nella normativa precedente al TUIR (cioè nell’art. 76 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597) (1) aveva, invece, ritenuto che la plusvalenza andasse dichiarata nel periodo di imposta in cui si era conclusa l’operazione, a prescindere dalla sospensione dettata dalla condizione.

Nel regime dell’impresa commerciale, peraltro, l’art. 109, secondo comma, del TUIR, non individua l’esercizio di competenza per la dichiarazione dei corrispettivi in quello di stipulazione dell’atto quando gli effetti traslativi o costitutivi della proprietà o di altro diritto reale si dispiegano in una data «diversa e successiva» a quella di stipula; non a caso, per l’acquirente imprenditore la deducibilità di qualsiasi costo o componente negativa è subordinata all’avveramento della condizione (2).

Parimenti dispone, per l’IVA, l’art. 6, primo comma, del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, il quale, nel disciplinare il c.d. momento impositivo, per “le cessioni i cui effetti traslativi o costitutivi si producono posteriormente” alla stipulazione, lo riconduce a quello in cui “si producono tali effetti”; non è un caso che la giurisprudenza tributaria, in ordine alla situazione contigua della permuta di terreno edificabile con futura proprietà di fabbricati da costruire sul terreno, abbia avuto occasione di puntualizzare che il momento impositivo sia quello non della stipula del contratto ma dell’effettivo e definitivo trasferimento della proprietà (3).

Quanto discende ai fini delle imposte sul reddito costituisce un principio generale della fiscalità delle persone fisiche non imprenditrici che trova conferma in quanto si legge nell’art. 43 del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, in materia di imposta di registro: «La base imponibile, salvo quanto disposto negli articoli seguenti, è costituita: a) (…) dal valore del bene o del diritto alla data dell’atto ovvero, per gli atti sottoposti a condizione sospensiva, ad approvazione o ad omologazione, alla data in cui si producono i relativi effetti traslativi o costitutivi» (4).

L’art. 27, primo e secondo comma, del D.P.R. n. 131/1986 (5), prevede la registrazione «con il pagamento dell’imposta in misura fissa» per gli «atti sottoposti a condizione sospensiva» rinviando l’applicazione di quella in misura proporzionale con il conguaglio al momento in cui si verifica la condizione «secondo le norme vigenti al momento della formazione dell’atto».

Nel corso degli anni la giurisprudenza tributaria sia di legittimità che di merito secondo la quale, con riguardo all’imposta sugli atti per eccellenza cioè l’imposta di registro, occorre determinare la base imponibile con riguardo agli effetti che si producono al verificarsi della condizione sospensiva (6).

Più chiaramente, quindi, per la Suprema Corte la retroattività degli effetti di cui all’art. 1360 c.c. è derogabile ai fini fiscali ogniqualvolta la norma tributaria (nel caso di specie l’art. 43 del D.P.R. n. 131/1986) colleghi l’individuazione certa di una grandezza imponibile ad una data diversa da quella della stipula come quella dell’avveramento della condizione (7).

Ne consegue, allora, l’emersione di tre diversi momenti:

quello della stipula al fine dell’individuazione della disciplina applicabile ratione temporis (ad esempio, aliquota, imponibilità, criteri generali di determinazione della base imponibile);

quello, eventualmente diverso, in cui si deve individuare il valore fiscalmente rilevante;

quello in cui, al verificarsi, della condizione, si realizzano gli effetti della fattispecie tributaria in termini di ricchezza effettiva (8).

Tale distinzione, a nostro avviso, è coerente con la ricostruzione dell’imposta di registro quale imposta che colpisce il valore della ricchezza nel momento in cui questa è trasferita in conseguenza dell’avvenuta efficacia dell’atto dispositivo (9).

La giurisprudenza di legittimità che si è interessata del rapporto tra vendite con condizione sospensiva ed applicazione dei criteri di valorizzazione previsti dall’art. 1, comma 497, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, ha riconosciuto l’applicazione del regime opzionale anche a quelle vendite stipulate prima dell’entrata in vigore ma sottoposte a condizioni sospensive non ancora verificatesi al momento della vigenza dell’art. 1 della citata legge n. 266/2005 (10).

Da quanto sopra emerge il principio secondo il quale la condizione apposta in un contratto limita gli effetti giuridico-economici del negozio intercorso tra le parti e il suo verificarsi definisce nel patrimonio del soggetto beneficiario dell’avveramento della condizione un incremento determinabile secondo regole e parametri preesistenti che ne fissino il quantum.

Senza che ciò richieda un’espressa disposizione, l’assunzione nel diritto tributario dell’accezione di retroattività degli effetti al verificarsi di una condizione sospensiva non è automatica ma solo parziale e relativa in ragione dell’inderogabile presenza di una capacità contributiva effettiva (certa nell’an e nel quantum) al momento dell’applicazione dell’imposta, circostanza, questa, che non ricorrerebbe quando si sia meramente stipulato un contratto contenente una condizione sospensiva.

I principi esclusivamente tributari sottesi alla corretta individuazione del momento in cui il soggetto manifesta l’incremento della ricchezza giustificano la parziale identità alle conseguenze del combinato delle disposizioni civilistiche: presupposti civilistici e presupposti tributari non condividono, quindi, necessariamente la stessa qualificazione e rilevanza temporale (11).

La soluzione al quesito, pertanto, è più facilmente identificabile qualora si tenga a mente che, per i soggetti sottoposti a tassazione secondo il principio di cassa (come, ad esempio, le persone fisiche non imprenditrici), il momento della tassazione è distinto da quello della maturazione ovvero da quello a cui, come nel caso della condizione sospensiva, si fanno retroagire gli effetti giuridici non reddituali del contratto e che tale separazione non può spezzare il nesso tra imposizione e capacità contributiva effettiva e attuale (12).

La retroattività degli effetti giuridici ai fini civilistici non può, pertanto, far trascurare che la ricchezza troverebbe genesi solo nell’accadimento dell’evento condizionante e non nella stipula sic et simpliciter considerata e che la retrodatazione della rilevanza fiscale andrebbe a considerare attuale ed effettiva una ricchezza che non era tale alla data della stipula in quanto non giustificata, nella sua apprensione ed erogazione, da un titolo significativo ai fini del diritto comune.

In questo senso è coerente la circostanza che, qualora ci si trovi di fronte all’avveramento di una condizione, invece, risolutiva l’obbligo tributario sorga al momento di efficacia dell’atto (cioè della stipula) e la risoluzione dia luogo al rimborso di quanto pagato rispetto ai valori esistenti al momento dell’efficacia contrattuale.

3. Conclusioni

Le osservazioni che precedono inducono a ritenere che, in ragione della diversa “reazione” che hanno le disposizioni in materia di imposizione reddituale al verificarsi di una condizione sospensiva rispetto a quelle civilistiche, si possa escludere la retroattività anche ai fini fiscali degli effetti di un contratto sottoposto a condizione sospensiva poiché tale retroattività collocherebbe il prelievo in un momento temporale in cui il contribuente non manifestava una capacità contributiva effettiva per assenza del possesso del reddito (13).

Pertanto, ove si ammetta che la disciplina dell’imposizione sostitutiva di cui all’art. 5 della legge n. 448/2001 abbia natura agevolativa e presupponga, per il suo concreto operare, che al momento dell’applicazione dell’imposta sostitutiva dell’IRPEF sia presente, in ogni caso, un reddito, è logica conseguenza che l’opzione sia esercitabile nel periodo di imposta in cui la ricchezza de qua sia effettiva e posseduta dal soggetto che intenda avvalersi del regime opzionale.

Prof. Avv. Valerio Ficari

Ordinario di Diritto Tributario

Università di Sassari – Università di Roma Tor Vergata

(1) Per tale diversa disciplina leggasi Cass., sez. trib., 20 dicembre 2001, n. 16051, in Boll. Trib. On-line, e anche in Rass. trib., 2002, 1115, con nota di Vignoli, Plusvalenze immobiliari tra “cassa” e “competenza”.

(2) Così Cass., sez. trib., 13 settembre 2006, n. 19610, in Boll. Trib. On-line; per la permuta di cosa presente con cosa futura cfr. Comm. trib. reg. del Lazio, sez. XX, 15 ottobre 2008, n. 133, ivi.

(3) Cfr. Comm. trib. reg. del Lazio n. 133/2008, cit.

(4) Ved. Salanitro, sub art. 43, in AA.VV., Commentario breve alle leggi tributarie, IV, Iva e imposte sui trasferimenti, Padova, 2011, 880 ss.

(5) Cfr. Pace, sub art. 27, in AA.VV., Commentario breve alle leggi tributarie, IV, Iva e imposte sui trasferimenti, Padova, 2011, spec. 814 ss.

(6) Cfr. Cass., sez. I, 11 maggio 1999, n. 4657, in Boll. Trib. On-line, e anche in Rass. trib., 1999, 1506 ss., con nota di Salvati, Imposta di registro ed atti sottoposti a condizione sospensiva.

(7) Nel senso che la data da prendere a base anche per il calcolo del valore imponibile (e non solo per l’imputazione) sia quella in cui si verifica la condizione e non quella di conclusione del contratto, cfr. Cass., sez. trib., 18 maggio 2012, n. 7877, in Boll. Trib. On-line, poi confermata da Cass., sez. trib., 28 settembre 2012, n. 16562, ivi; Comm. trib. centr., sez. VI, 11 aprile 1997, n. 1556, ivi, e anche in Rass. trib., 1998, 1402 ss., con nota di Laroma Jezzi, L’applicazione dell’imposta di registro agli atti sottoposti a condizione sospensiva, nonché in Riv. dir. trib., 2000, II, 101 ss., con nota di Sala, Applicazione dell’imposta di registro agli atti sottoposti a condizione sospensiva; e Comm. trib. centr., sez. XXVII, 20 gennaio 1992, n. 278, in Boll. Trib. On-line; nella prassi anche ris. 2 ottobre 2001, n. 144/E, in Boll. Trib., 2001, 1492.

(8) Così sempre Cass. n. 4657/1999 cit.

(9) Nel senso che non vi possa essere alcuna retroazione ove la condizione interessi misure agevolative come quelle per l’acquisto della prima casa già Comm. trib. centr., sez. XVI, 26 marzo 1993, n. 1323, in Boll. Trib. On-line.

(10) Cfr. Cass. n. 7877/2012, cit., la quale, con riguardo alla vendita di un immobile su cui gravava un diritto di prelazione dello Stato, espressamente afferma che sia l’avveramento della condizione che situazioni ad essa equipollenti costituirebbero un “fatto produttore degli effetti” tale per cui il “tempo della stipulazione” risolverebbe il “quesito dell’individuazione della disciplina applicabile” mentre il “tempo in cui il contratto condizionale si è tradotto in un contratto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto reale” quello “del valore fiscalmente rilevante”.

(11) Così già Nussi, L’imputazione del reddito nel diritto tributario, Padova, 1996, spec. 80 ss. e 157 ss.

(12) Cfr. Crovato, L’imputazione a periodo nelle imposte sui redditi, Padova, 1996, passim, spec. 51 ss.

(13) Il principio è affermato, per l’imposta di registro, da Cass. n. 7877/2012, cit. (ribadito da Cass. n. 16562/2012, cit.): la “tassazione di registro, sulla scorta del valore dell’epoca della stipulazione del contratto condizionale, porterebbe a disancorare il prelievo tributario dalla concreta consistenza dei riflessi economici dell’atto cioè dagli elementi evidenziatori della capacità contributiva dei contraenti”; la stessa Suprema Corte ha escluso l’imponibilità dell’atto nel caso di una condizione risolutiva (così Cass., sez. trib., 8 marzo 2001, n. 3415, in Boll. Trib. On-line). Si veda anche Comm. trib. reg. della Sardegna, sez. I, 7 novembre 2012, n. 39, in Boll. Trib., 2013, 893, con nota di Pace, La tassazione delle plusvalenze immobiliari tra la definitività dell’atto traslativo e l’effettiva percezione del corrispettivo. Per tutti Fedele, La rilevanza fiscale di riserve a disporre e condizioni di riversabilità nelle donazioni, in Riv. dir. trib., 2000, I, 1019 ss. Contra, in senso diverso da quello del testo, se non erriamo Salvati, Imposta di registro ed atti sottoposti a condizione sospensiva, cit., 1518 ss.

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