4 Giugno, 2014

 

 

SOMMARIO: 1. La natura giuridica del provvedimento di accoglimento parziale del reclamo – 2. Gli effetti sostanziali e processuali – 3. La precisazione del petitum della domanda giudiziale – 4. Il giudizio dinanzi alle Commissioni tributarie e la parziale cessazione della materia del contendere – 5. Il regime delle spese del reclamo – 6. Le sanzioni applicabili.

 

 

 

1. La natura giuridica del provvedimento di accoglimento parziale del reclamo

 

 

 

L’accoglimento parziale del reclamo rappresenta uno dei possibili esiti del procedimento disciplinato dall’art. 17-bis del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546.

 Il comma 9 della citata disposizione, infatti, nel definire il dies a quo del termine per la successiva costituzione in giudizio, contempla espressamente l’ipotesi in cui l’Ufficio abbia accolto solo parzialmente il reclamo (1).

 Di qui l’esigenza di svolgere un’analisi specifica sul tema, allo scopo di fornire agli operatori del contenzioso tributario soluzioni che possano inserirsi con coerenza nel nuovo contesto conseguente all’introduzione dell’istituto in esame.

 In via preliminare è però doveroso affrontare il problema della natura giuridica del provvedimento con il quale l’Ufficio accoglie parzialmente il reclamo.

 Sul punto, a seguito di una prima sommaria disamina del tessuto di norme contenuto nell’art. 17-bis del D.Lgs. n. 546/1992, è facile rilevare una certa assonanza tra l’istituto del reclamo e quello dell’autotutela (2).

 Difatti anche il reclamo risulta finalizzato all’annullamento in via amministrativa dell’atto impositivo (3).

 In maniera del tutto analoga all’autotutela (4), anche in tal caso è lo stesso Ufficio impositore a poter annullare l’atto emanato.

 D’altra parte l’accoglimento parziale del reclamo, in quanto espressione della potestà autoritativa della pubblica Amministrazione, diverge sensibilmente, per natura ed effetti, dalla distinta fase della mediazione tributaria che risulta finalizzata, invece, al raggiungimento di un accordo tra il contribuente e l’Ufficio (5).

 In altre parole l’accoglimento parziale del reclamo sfocia in un atto amministrativo col quale l’Ufficio provvede a rideterminare e riqualificare quanto in precedenza espresso nell’atto contestato (6).

 

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2. Gli effetti sostanziali e processuali

 

 

Il tema degli effetti sostanziali derivanti dall’accoglimento parziale del reclamo si incentra essenzialmente sull’esame di due differenti ipotesi ricostruttive da valutare alla luce del quadro sistematico di riferimento.

 Una prima soluzione, muovendo dalla posizione assunta da una giurisprudenza minoritaria in materia di diniego parziale di autotutela, rileverebbe, all’esito dell’accoglimento parziale del reclamo, la produzione di effetti di carattere “sostitutivo”, volti, appunto, all’integrale sostituzione dell’atto reclamato.

 Seguendo tale ipotesi si avrebbe la completa eliminazione dall’ordinamento dell’atto originario e dei suoi effetti, con l’introduzione di un nuovo atto capace di riprodurre identici effetti sul piano sostanziale, costituendo, pertanto, l’unico nuovo titolo del rapporto d’imposta (7).

 La soluzione appena esposta presenta evidenti problemi (8); basti pensare al contribuente che, a seguito della notifica dell’accoglimento parziale del reclamo, decida comunque di incardinare la controversia dinanzi alle commissioni tributarie per ottenere una sentenza che annulli integralmente l’atto reclamato.

 In tali circostanze infatti, sul piano processuale, non vi sarebbe più corrispondenza tra l’oggetto del reclamo e l’oggetto effettivo del giudizio, stante il supposto effetto sostitutivo prodotto dal provvedimento di accoglimento parziale.

 Inoltre ulteriori perplessità emergono alla luce di un possibile e conseguente ampliamento indiscriminato dei termini dell’accertamento.

 Difatti ammettere l’effetto sostitutivo dell’accoglimento parziale comporterebbe la violazione delle norme che prevedono termini di decadenza massimi in riferimento al potere di accertamento (9).

 Sembra preferibile ritenere, allora, che dall’accoglimento parziale del reclamo non scaturiscano effetti di tipo sostitutivo, bensì meramente modificativi, volti, essenzialmente, a rimodellare e riquantificare la pretesa impositiva portata dall’atto reclamato (10).

 Nell’ambito di questa seconda ipotesi ricostruttiva, dunque, il titolo giuridico della maggiore obbligazione d’imposta continua ad essere l’atto originario, nonostante la successiva modifica operata con l’emissione del provvedimento di accoglimento parziale (11).

 Questo percorso, volto ad attribuire efficacia meramente modificativa all’accoglimento parziale del reclamo, trova punti di riferimento nello stesso art. 17-bis del D.Lgs. n. 546/1992.

 Il comma 9 della citata disposizione, infatti, individua l’oggetto dell’impugnazione nell’atto originario, confinando quello in autotutela alla produzione, almeno nell’immediato, di effetti meramente procedimentali collegati al dies a quo per la costituzione in giudizio (12).

 In caso di accoglimento parziale, pertanto, il titolo giuridico della maggiore obbligazione continuerà ad essere il provvedimento originario, seppur modificato nei termini disposti dal provvedimento in autotutela (13).

 Gli effetti processuali conseguenti all’accoglimento parziale del reclamo risultano descritti al comma 9 dell’art. 17-bis del D.Lgs. n. 546/1992.

 Secondo il dato normativo, infatti, il reclamo produce gli effetti del ricorso non soltanto nell’ipotesi di inutile decorso del termine di novanta giorni, ma anche nel caso in cui l’Ufficio notifichi al contribuente, in data antecedente, un provvedimento di accoglimento parziale (14).

 Pertanto viene affermata la sussistenza di un duplice effetto processuale conseguente al provvedimento con il quale l’Ufficio accoglie parzialmente il reclamo.

 In primo luogo il reclamo assume ab origine le vesti caratteristiche del ricorso, atteso l’espresso richiamo alle norme contenute negli artt. 18, 19, 20 e 21 del D.Lgs. n. 546/1992 (15) e, conseguentemente, la pacifica attribuzione al medesimo atto, sin dal momento della sua presentazione all’Ufficio, di effetti interruttivi rispetto al termine per la proposizione del ricorso (16).

 In secondo luogo, a seguito dell’accoglimento parziale del reclamo, inizia a decorrere il termine per la costituzione in giudizio del ricorrente, il quale dovrà provvedere entro trenta giorni al relativo adempimento, con il deposito del reclamo/ricorso presso la segreteria della Commissione tributaria provinciale competente.

 

 

3. La precisazione del petitum della domanda giudiziale

 

 

La scelta del contribuente di costituirsi in giudizio a seguito dell’accoglimento parziale del reclamo pone in evidenza alcune significative difformità tra il piano della realtà sostanziale e quello della realtà processuale.

 Come già detto, infatti, tra i possibili effetti sostanziali del provvedimento dell’Ufficio occorre annoverare la modificazione dell’atto reclamato, da intendersi quest’ultima in termini di rideterminazione della pretesa impositiva.

 Una volta assunto il provvedimento di accoglimento parziale, l’atto originario, sul piano sostanziale, risulta modificato e rimodellato, pur conservando esso stesso il valore di titolo che disciplina il rapporto d’imposta.

 Tuttavia, allo stesso tempo, è pacifico che, sul differente piano processuale, a seguito del provvedimento di accoglimento parziale non è data facoltà al contribuente di modificare il contenuto del reclamo al momento della costituzione in giudizio (17).

 Per quanto sopra risulta evidente come, in tutti questi casi, la controversia che viene portata alla cognizione del giudice tributario attraverso il deposito in segreteria del reclamo originario presenti un petitum di perimetro più ampio rispetto a quello effettivo.

 In altre parole il processo potrebbe avere inizio con un atto introduttivo avente ad oggetto l’integrale contestazione della pretesa impositiva portata dall’atto impugnato, nonostante tale atto, nel frattempo, abbia cessato di produrre, almeno in parte, i propri effetti sul piano sostanziale (18).

 Alla luce di tale constatazione occorre verificare quali correttivi il contribuente possa mettere in atto per condurre la cognizione del giudice nel perimetro dell’effettiva materia del contendere, con l’obiettivo di precisare ritualmente il petitum della domanda giudiziale, allineandolo alla nuova realtà.

 È pacifico che il contribuente non disponga di alcuno strumento correttivo nella fase antecedente alla costituzione in giudizio, posto che l’interpretazione letterale del dettato normativo porta ad escludere la possibilità di modificare il corpo del reclamo a seguito della conclusione della fase amministrativa.

 Occorre dunque riporre l’attenzione sugli strumenti tradizionali del processo tributario che possono essere utilizzati in via istituzionale per precisare l’oggetto della domanda ed adeguarlo alla nuova realtà sostanziale sottesa all’accoglimento parziale del reclamo.

 Vi è chi suggerisce, in casi siffatti, l’utilizzo dello strumento dei motivi aggiunti previsti dall’art. 24, comma 2, del D.Lgs. n. 546/1992 (19).

 In tal senso l’accoglimento parziale del reclamo potrebbe essere interpretato come documento non conosciuto dalla parte e, come tale, legittimante la produzione di memorie difensive contenenti motivi aggiunti (20).

 In tale sede il contribuente potrebbe rappresentare la nuova situazione sostanziale determinatasi per effetto dell’accoglimento parziale, apportando le dovute precisazioni al petitum e chiedendo, in particolare, che la commissione dichiari la cessata materia del contendere con riferimento alla parte di controversia definita all’esito del procedimento amministrativo.

 Si ritiene tuttavia che quella appena esposta non rappresenti la soluzione idonea per riallineare il piano della realtà sostanziale con quello della realtà processuale.

 Occorre osservare, infatti, che l’integrazione dei motivi del ricorso può essere giustificata soltanto se il documento non conosciuto riguarda fatti che non sono stati dedotti in giudizio con i motivi principali.

 E, in proposito, risulta evidente come il provvedimento con il quale l’Ufficio accoglie parzialmente il reclamo, pur costituendo un nuovo documento, non risulti finalizzato a rappresentare fatti nuovi, ma, più semplicemente, risulti proteso a realizzare in concreto l’esercizio del potere di autotutela in via amministrativa.

 Inoltre occorre considerare che l’Ufficio, all’atto della costituzione in giudizio, potrebbe anche omettere il deposito del provvedimento di accoglimento parziale, determinando per tale via la mancata integrazione di ogni presupposto costitutivo del diritto del contribuente all’utilizzo dei motivi aggiunti di cui all’art. 24 del D.Lgs. n. 546/1992, non essendovi alcun documento nuovo in relazione al quale fondare l’allargamento della causa petendi.

 Sembra, piuttosto, che il ricorrente sia legittimato a precisare il petitum della domanda introduttiva al fine di adeguarlo alla nuova realtà conseguente all’accoglimento, limitandosi a richiedere al giudice tributario, da una parte, una declaratoria di parziale cessazione della materia del contendere e, dall’altra, una pronuncia di annullamento dell’atto impositivo per la parte residua che produce ancora effetti.

 In proposito riterrei che le suddette esigenze possano tutte essere adeguatamente soddisfatte con la produzione in giudizio, a cura delle parti, del provvedimento emesso dall’Ufficio all’esito del procedimento di reclamo (21).

 In tal modo, infatti, verrebbe finalmente “ricucito” quello strappo tra realtà sostanziale e processuale determinatosi per effetto dell’accoglimento parziale (22).

 

 

4. Il giudizio dinanzi alle Commissioni tributarie e la parziale cessazione della materia del contendere

 

 

A questo punto occorre valutare quali provvedimenti debba adottare la Commissione tributaria in sede di trattazione, tenuto conto che, in tali casi, le parti dovrebbero avere prodotto il provvedimento con il quale l’Ufficio ha accolto parzialmente il reclamo.

 Senza dubbio il giudice tributario non potrà dare atto della parziale cessazione della materia del contendere attraverso l’emissione di un provvedimento avente contenuto decisorio, stante l’assoluto divieto di sentenze parziali che caratterizza il processo tributario (23).

 Secondo attenta dottrina, la soluzione può essere validamente ricercata all’interno della disciplina dell’art. 46 del D.Lgs. n. 546/1992 sull’estinzione, totale o parziale, del giudizio per cessata materia del contendere (24).

 In particolare la Commissione tributaria, non potendo emettere sentenze parziali, potrebbe redigere, in sede di udienza di trattazione, un processo verbale con cui viene dato atto della parziale cessazione della materia del contendere e, al contempo, disporre per il prosieguo della lite sulle questioni non definite a seguito dell’accoglimento parziale del reclamo.

 Soltanto all’esito del giudizio la Commissione potrà emettere una sentenza contenente, da una parte, i motivi della decisione sulle questioni ancora controverse e, dall’altra, la constatazione che è parzialmente cessata la materia del contendere (25)

 

 

5. Il regime delle spese del reclamo

 

 

 

In virtù del richiamo operato alle norme contenute nell’art. 12 del D.Lgs. n. 546/1992, laddove il valore della controversia sia superiore ad Euro 2.582,28, il reclamo dovrà necessariamente essere redatto e sottoscritto da un soggetto abilitato al patrocinio davanti alle Commissioni tributarie.

 Conseguentemente il contribuente, in ragione dell’obbligo di presentare preliminarmente il reclamo all’Ufficio, dovrà sostenere spese per l’assistenza tecnica.

 Partendo da questa constatazione occorre focalizzare l’attenzione su quanto può accadere in punto spese nell’ipotesi in cui l’Ufficio ritenga di accogliere parzialmente il reclamo.

 Preliminarmente si evidenzia come l’art. 17-bis non preveda alcun meccanismo di refusione delle spese sostenute dal contribuente in caso di accoglimento del reclamo.

 Ciò premesso appare congruo vagliare, in primo luogo, l’ipotesi del contribuente che, dopo aver formulato istanza di autotutela in via amministrativa, rimasta senza positivo riscontro, debba necessariamente presentare reclamo, ottenendo soltanto all’esito di tale procedimento un provvedimento di accoglimento parziale.

 In questo caso è utile prendere come riferimento il recente orientamento della giurisprudenza di legittimità che ha affermato il diritto del contribuente al risarcimento dei danni subiti per il caso di omesso o tardivo esercizio del potere di autotutela da parte dell’Amministrazione finanziaria (26).

 Difatti, nonostante il procedimento di reclamo non abbia natura giurisdizionale, il mancato tempestivo esercizio del potere di autotutela con la conseguente necessità per il contribuente di presentare il reclamo, induce a ritenere applicabile, in siffatte ipotesi, il generale principio del neminem laedere e la conseguente responsabilità risarcitoria ex art. 2043 c.c. in capo all’Amministrazione finanziaria (27).

 In altre parole il contribuente, ogniqualvolta dovesse ottenere all’esito del procedimento di reclamo un annullamento, anche solo parziale, dell’atto impositivo, si trova ad avere subito un danno ingiusto per fatto colposo imputabile all’Amministrazione finanziaria, avendo sostenuto, tra l’altro, le spese per l’assistenza tecnica nel procedimento di reclamo.

 In questo caso il contribuente, qualora ritenga di non costituirsi in giudizio, prestando di fatto acquiescenza rispetto alla residua pretesa portata dall’atto impositivo, potrà ottenere davanti al giudice ordinario la condanna dell’Ufficio al risarcimento dei danni subiti non in forza del principio di soccombenza caratteristico dei procedimenti di natura giurisdizionale, ma in ragione della distinta fattispecie di responsabilità extracontrattuale di cui all’art. 2043 c.c. (28).

 In secondo luogo occorre esaminare la posizione del contribuente che decida invece di costituirsi in giudizio all’esito dell’accoglimento parziale del reclamo per chiedere anche la condanna dell’Amministrazione finanziaria al rimborso delle spese sostenute nel procedimento amministrativo.

 In tal caso il presupposto per la condanna dell’Ufficio alla refusione delle spese del reclamo deve essere individuato nel principio di soccombenza caratteristico dei procedimenti giurisdizionali.

 In particolare la Commissione, in sede di udienza di trattazione, dovrebbe redigere un processo verbale al fine di dare atto della parziale cessazione della materia del contendere e ciò in linea con quanto previsto dall’art. 46 del D.Lgs. n. 546/1992.

 

Il contribuente potrebbe richiedere la condanna dell’Amministrazione finanziaria al rimborso delle spese del reclamo in forza dell’art. 46, comma 3, del D.Lgs. n. 546/1992, per come interpretato dalla Corte Costituzionale (29).

 Quest’ultima norma infatti, disponendo la compensazione ope legis delle spese processuali nel caso di cessazione della materia del contendere, è stata considerata lesiva del principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., con la conseguente necessità che il giudice si pronunci sempre sulle spese (30).

 

 

6. Le sanzioni applicabili

 

 

Nell’ambito della trattazione delle problematiche conseguenti all’accoglimento parziale del reclamo, merita accennare, infine, alla possibilità di beneficiare della riduzione della sanzione in caso di omessa impugnazione come previsto dall’art. 15 del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218.

 Stando al tenore letterale della norma, detta possibilità sembrerebbe esclusa in seguito al provvedimento in esame, posto che il termine ultimo per godere del beneficio premiale coincide con quello previsto per la proposizione del ricorso, ovvero con quello stesso termine fissato per il tempestivo deposito del reclamo.

 In prima battuta ragioni di equità sostanziale potrebbero aprire le porte a un’interpretazione più elastica del dettato normativo, atteso che può sembrare vessatorio escludere il beneficio della riduzione della sanzione quando è la stessa Agenzia fiscale a riconoscere la parziale infondatezza della propria pretesa impositiva.

 La tesi, tuttavia, non sembra pienamente condivisibile.

 L’art. 15 del D.Lgs. n. 218/1997, infatti, non può essere interpretato in via analogica, in quanto norma di carattere “clemenziale” e, pertanto, di natura eccezionale rispetto alle modalità ordinarie di esercizio della potestà sanzionatoria (31).

 In caso di accoglimento parziale del reclamo non sussiste perciò il diritto del contribuente di avvalersi del beneficio premiale della riduzione delle sanzioni e ciò anche nell’ipotesi in cui venga prestata acquiescenza sulla restante parte dell’atto reclamato.

Difatti il dato normativo porta ad individuare, quale presupposto per l’applicazione del beneficio, la rinuncia del contribuente a contestare, in qualsiasi forma, la pretesa impositiva dell’Ufficio, situazione, quest’ultima, del tutto incompatibile con la scelta di proporre reclamo (32).

 

 

Avv. Claudio Cipollini

 

 

 

 

(1) Si riporta qui di seguito il testo dell’art. 17-bis, comma 9, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546: «Decorsi novanta giorni senza che sia stato notificato l’accoglimento del reclamo o senza che sia stata conclusa la mediazione, il reclamo produce gli effetti del ricorso. I termini di cui agli articoli 22 e 23 decorrono dalla predetta data. Se l’Agenzia delle entrate respinge il reclamo in data antecedente, i predetti termini decorrono dal ricevimento del diniego. In caso di accoglimento parziale del reclamo, i predetti termini decorrono dalla notificazione dell’atto di accoglimento parziale».

 (2) Per autotutela si intende il potere della pubblica Amministrazione di ritirare o di emendare un proprio atto, quando appaia, alla stessa autorità che l’ha emanato, in tutto o in parte viziato (cfr. G. Zanobini, Corso di diritto amministrativo, vol. I, Milano, 1958, 319).

 (3) Si presti attenzione al fatto che, mentre il comma 7 dell’art. 17-bis prevede testualmente che «il reclamo può contenere una motivata proposta di mediazione», il successivo comma 8 parla invece di «reclamo volto all’annullamento totale o parziale dell’atto». L’interpretazione letterale della disposizione in esame porta a rilevare da una parte l’obbligatorietà della richiesta di annullamento dell’atto reclamato e dall’altra il carattere meramente facoltativo dell’inserimento di una proposta di mediazione nel corpo del reclamo. Per alcuni Autori il reclamo rappresenterebbe un’istanza necessaria di autotutela discrezionale (cfr. A. Marcheselli, La nuova mediazione fiscale: tra istanze deflazionistiche e mutamenti strutturali del rapporto fisco-contribuente, in Dir. prat. trib., 2012, 1185). In tal senso cfr. anche V. Ficari, Brevi note sulla mediazione fiscale, in Boll. Trib., 2012, 1364, secondo il quale in caso di annullamento parziale dell’atto reclamato si avrebbe un procedimento di autotutela negativa. Ancora si veda M. Basilavecchia, Reclamo, mediazione fiscale e definizione delle liti pendenti, in Corr. trib., 2011, 2493, secondo cui la natura del reclamo è assimilabile a quella di un’istanza obbligatoria di autotutela, dato che l’art. 17-bis la definisce in termini di annullamento totale o parziale dell’atto contro cui il reclamo è presentato. Sul punto, si ricorda quanto affermato da C. Maiorano, La mediazione fiscale tra intuizione e realtà, in Boll. Trib., 2012, 85, secondo il quale l’accoglimento parziale del reclamo non è altro che un diniego parziale di autotutela posto che il reclamo resta fondamentalmente uno strumento per promuovere un provvedimento di autotutela.

 (4) Per una sommaria disamina dell’istituto dell’autotutela, cfr. F. Tesauro, Istituzioni di Diritto Tributario. Parte Generale, Torino 2003, 162 ss.

 (5) L’istituto del reclamo infatti è volto a favorire l’esercizio dell’autotutela da parte dell’Amministrazione finanziaria, mentre, in caso di mediazione, l’obbiettivo è il raggiungimento di un accordo tra quest’ultima e il contribuente sulla pretesa portata dall’atto impositivo (cfr. M.C. Parlato, Profili di costituzionalità del reclamo e della mediazione tributaria, in Boll. Trib., 2012, 1284).

 (6) È evidente come il nuovo art. 17-bis del D.Lgs. n. 546/1992 istituzionalizzi l’obbligo del contribuente di richiedere espressamente l’annullamento in via amministrativa dell’atto impugnato. In definitiva, sembra corretto ritenere che l’accoglimento parziale del reclamo sia diretta espressione del potere di autotutela dell’Ufficio, essendo qualificabile come annullamento parziale in via amministrativa dell’atto reclamato.

 (7) Per un esame critico di questa ipotesi ricostruttiva, si veda A. Giovannini, Riduzione agevolata delle sanzioni con decorrenza dalla data di notifica dell’autotutela parziale (Nota a sentenza: Comm. trib. prov. La Spezia, sez. VII, 27 agosto 2012, n. 61), in Corr. trib., 2013, 41.

 (8) F. Pistolesi,Il reclamo e la mediazione nel processo tributario, in Rass. trib., 2012, 80. L’Autore è indotto ad escludere che, accogliendo parzialmente il reclamo, l’Agenzia delle entrate possa modificare la motivazione dell’atto già adottato o che le sia consentito avanzare una pretesa, ancorché inferiore a quella iniziale, fondata su nuovi presupposti e argomenti.

 (9) Per queste ragioni alcuni Autori respingono ipotesi ricostruttive potenzialmente volte a prolungare contra legem i termini massimi dell’accertamento, posto che soluzioni siffatte determinerebbero, quale aberrante conseguenza, la possibilità per l’Ufficio di formulare la pretesa impositiva anche oltre la notifica dell’avviso di accertamento, fino allo scadere del termine per la conclusione del procedimento di reclamo. Difatti, in base ai principi generali del diritto amministrativo, l’Amministrazione finanziaria ha il potere di riesaminare la propria posizione e di annullare o revocare i propri atti ove riconosca un vizio dei medesimi, eventualmente sostituendoli con nuovi provvedimenti immuni dai difetti precedenti. Tuttavia non sembra prospettabile ritenere che l’esercizio dei suddetti poteri di autotutela, in questa materia, abbia caratteristiche e limiti propri, in particolare quando sia diretta alla sostituzione di atti e non solo alla loro rimozione, occorrendo in tal caso rispettare i vincoli posti alla reiterazione del potere accertativo (cfr. G. Falsitta, Corso Istituzionale di Diritto Tributario, Padova, 2007, 175). Per queste considerazioni cfr. A. Marcheselli, op. cit., 1191, secondo il quale non sarebbe possibile nel corso della fase di mediazione cambiare il fondamento dell’avviso di accertamento in quanto un mutamento della pretesa può aversi solo per effetto delle parti. Secondo l’Autore bisogna dunque respingere una ricostruzione in base alla quale la fase di accertamento si troverebbe di fatto prolungata sovrapponendosi a quella della mediazione con l’aberrante conseguenza che il termine per la formulazione della pretesa da parte dell’Ufficio non sarebbe la notifica dell’avviso ma la chiusura del termine per la mediazione.

 (10) In tal senso ved. M. Basilavecchia, op. cit., 2493.

 (11) Per questa tesi, cfr. A. Giovannini, Reclamo e mediazione tributaria: per una riflessione sistematica, in Rass. trib., 2013, 57.

 (12) La giurisprudenza in materia di parziale diniego dell’autotutela precisa infatti che l’atto successivo non ha come effetto, né necessario, né automatico, quello di rendere inesistente il provvedimento originario. Ciò vuol dire che l’esame giurisdizionale di tali provvedimenti di parziale diniego, a seguito della loro impugnazione, non può riguardarne il merito, se non sotto il profilo della verifica della correttezza dell’esercizio del potere di autotutela. Cfr. Cass., sez. trib., 23 febbraio 2011, n. 4372, in Boll. Trib., 2011, 546, con nota di V. Ficari, Autotutela positiva e riesame positivo nella reiterazione dell’attività di accertamento; Cass., sez. trib., 3 febbraio 2010, n. 2424, in Boll. Trib. On-line, e anche in Riv. giur. trib., 2010, 495, con commento di M. Basilavecchia; e Cass., sez. trib., 7 luglio 2009, n. 15874, in Boll. Trib. On-line.

 (13) Per queste considerazioni, si veda, in particolare, A. Giovannini, Riduzione agevolata delle sanzioni con decorrenza dalla data di notifica dell’autotutela parziale, cit., 41.

 (14) È chiaro, in tal senso, il disposto del comma 9 dell’art. 17-bis del D.Lgs. n. 546/1992, il quale, nel fissare il dies a quo del termine per la costituzione in giudizio del ricorrente e dell’Ufficio, precisa che «in caso di accoglimento parziale del reclamo, i predetti termini decorrono dalla notificazione dell’atto di accoglimento parziale».

 (15) Il comma 6 dell’art. 17-bis del D.Lgs. n. 546/1992 prevede testualmente che «per il procedimento si applicano le disposizioni di cui agli articoli 12, 17, 18, 19, 20, 21 e al comma 4 dell’articolo 22, in quanto compatibili».

 (16) Secondo alcuni autori si realizzerebbe la trasformazione ope legis del reclamo in ricorso, con l’automatica individuazione dell’oggetto della domanda giudiziale in ragione del contenuto del reclamo originario. Cfr. G. Marini, Profilicostituzionali del reclamo e della mediazione, in Corr. trib., 2012, 854. Secondo l’Autore «è indubbio che il thema decidendum della fase giurisdizionale viene determinato dal contenuto del reclamo presentato all’inizio della fase amministrativa. Ciò deriva dal fatto che, con l’accoglimento parziale del reclamo, il reclamo produce gli effetti del ricorso, iniziando a decorrere il termine per la costituzione in giudizio di entrambe le parti. Abbiamo quindi una trasformazione ope legis del reclamo in ricorso che determina l’automatica individuazione e perimetrazione del thema decidendum in ragione del contenuto del reclamo».

 (17) Cfr. M. Basilavecchia, Dal reclamo al processo, in Corr. trib., 2012, 841. Secondo l’Autore «l’atto pertanto non potrà essere più modificato nel momento in cui si trasforma in ricorso; ciò vale, ad esempio, per oggetto della domanda, motivi di ricorso, sottoscrizione del difensore, i quali non potranno essere inseriti in un momento successivo al deposito del reclamo».

 (18) In questi casi, infatti, il provvedimento di accoglimento parziale del reclamo ridetermina il quantum della pretesa impositiva portata dall’atto reclamato.

 (19) Cfr. M. Basilavecchia, Reclamo, mediazione fiscale e definizione delle liti pendenti, cit., 2491 ss. Secondo l’Autore, qualora in tale fase fosse possibile cambiare il fondamento dell’avviso di accertamento, «al contribuente andrebbe sicuramente offerta, pena la evidente lesione del diritto di difesa, la possibilità di difendersi con motivi aggiunti».

 (20) Per una riflessione sul punto, ved. M. Villani F. Sannicandro, Il reclamo e il diniego parziale: analisi di un caso, in il fisco, 2012, 26, ove si afferma che «qualora il contribuente volesse comunque adire la competente autorità giudiziaria, sarebbe possibile estendere l’applicazione dell’art. 24, comma 2, D.lgs. n. 546/1992, in quanto, l’atto di diniego parziale potrebbe essere interpretato per il contribuente, come “documento non conosciuto” e come tale favorire la produzione di memorie difensive, a fronte del deposito di elementi non noti. Questa strada garantirebbe il corretto svolgimento del contraddittorio in linea con il dettato costituzionale».

 (21) La produzione del documento dovrà essere comunque effettuata entro il termine previsto dall’art. 32, comma 1, del D.Lgs. n. 546/1992.

 (22) Eventualmente, le parti, in casi siffatti, potrebbero anche fare utilizzo dello strumento delle memorie illustrative previste dall’art. 32 del D.Lgs. n. 546/1992 onde precisare le rispettive conclusioni in attesa di una declaratoria di parziale cessazione della materia del contendere. Cfr. nello stesso senso F. Pistolesi, op. cit., 80. Secondo l’Autore, se l’accoglimento parziale non postula l’integrazione dei motivi, il contribuente può replicare alle argomentazioni ad esso sottese con la memoria illustrativa di cui all’art. 32, comma 2, del D.Lgs. n. 546/1992, e, in quella sede, può adattare anche la domanda recepita nel reclamo divenuto ope legis ricorso.

 (23) Si ricorda, infatti, quanto previsto dall’art. 35, comma 3, del D.Lgs. n. 546/1992, secondo cui nel processo tributario «non sono tuttavia ammesse sentenze non definitive o limitate solo ad alcune domande».

 (24) Per questa tesi cfr. A. Giovannini, Reclamo e mediazione tributaria: per un riflessione sistematica, cit., 57. In particolare, secondo l’Autore «è possibile che il provvedimento amministrativo di accoglimento, siccome parziale, possa essere guardato come atto espressivo dei motivi di cessazione – anch’essa, per l’appunto, parziale – della materia del contendere e come produttivo di effetti che, dal diritto sostanziale, si riverberano su quello processuale, apportando modificazioni all’oggetto della domanda contenuta nel provvedimento contestato e alla sottesa situazione giuridica fondante quella domanda, e quindi sull’oggetto della lite innanzi al giudice».

 (25) Ad avviso di chi scrive, vi sono ragioni logiche e di opportunità che inducono a propendere per l’applicazione di una soluzione siffatta in tali casi. In primo luogo, i tratti distintivi della cessata materia del contendere di cui all’art. 46 del D.Lgs. n. 546/1992 sembrano aderire perfettamente alla situazione processuale che si viene a creare in conseguenza dell’accoglimento parziale del reclamo. Difatti è lo stesso art. 46 del D.Lgs. n. 546/1992 a prevedere, al primo comma, l’eventualità che la definizione della controversia possa essere parziale, investendo, appunto, solo alcuni aspetti della controversia. Per quanto sopra, si ritiene che la redazione, in sede di udienza di trattazione, di un verbale che dia atto della parziale cessazione della materia del contendere possa realmente condurre al definitivo riallineamento tra la realtà processuale e quella sostanziale sottostante. In altre parole, la Commissione tributaria, redigendo il verbale di parziale cessazione della materia del contendere, prende atto degli effetti giuridici propri del provvedimento di accoglimento parziale del reclamo.

 (26) Cfr. Cass., sez. III, 3 marzo 2011, n. 5120, in Boll. Trib., 2011, 1036, con nota di F. Brighenti, Autotutela negata? L’Agenzia delle entrate paga i danni, secondo la quale «è pacifico nella giurisprudenza della Cassazione che l’attività della pubblica Amministrazione, anche nel campo della pura discrezionalità, debba svolgersi nei limiti della legge e nel rispetto del principio del neminem laedere di cui all’art. 2043 c.c. Di conseguenza, il giudice ordinario può accertare se la pubblica Amministrazione abbia tenuto un comportamento doloso o colposo che, violando tale principio, abbia determinato la violazione di un diritto soggettivo».

 (27) Cfr. G. Marini, Fisco obbligato al risarcimento del danno economico causato dall’autotutela tardiva, in Corr. trib., 2011, 1884 ss.

 (28) Cfr. F. Pistolesi, op. cit., 86 ss., secondo il quale «sarebbe giusto addossare tali costi all’Agenzia delle Entrate in conformità fra l’altro al ricordato recente orientamento giurisprudenziale sugli effetti risarcitori derivanti dall’omessa o tardiva adozione delle misure di autotutela. Vero è che il procedimento di reclamo non ha natura giurisdizionale ma, considerato che esso è necessariamente prodromico al processo, il regime delle relative spese avrebbe potuto essere tratteggiato in termini analoghi a quanto previsto per la fase giudiziale».

 (29) Cfr. Corte Cost. 12 luglio 2005, n. 274, in Boll. Trib., 2005, 1157, con nota di A. Voglino, Finalmente dovute le spese di giudizio anche in caso di tardivo ritiro dell’illegittima pretesa impositiva, e anche in Riv. giur. trib., 2005, 799, con nota di M. Bruzzone, secondo il quale «l’intrinseca irragionevolezza della norma emerge anche nel confronto con la disciplina prevista per l’ipotesi di annullamento in via di autotutela nel corso del processo amministrativo, avente anch’esso natura impugnatoria». L’art. 23, comma 7, della legge 6 novembre 1971, n. 1034, dispone infatti che «il tribunale amministrativo regionale dà atto della cessata materia del contendere e provvede sulle spese».

 (30) Secondo la dottrina (cfr. G. Marini, Profilicostituzionali del reclamo e della mediazione, cit., 857), la soluzione proposta dal legislatore con l’art. 17-bis potrebbe presentare i medesimi aspetti di incostituzionalità dell’art. 46, comma 3, del D.Lgs. n. 546/1992.

 (31) Per questa tesi cfr. F. Pistolesi, op. cit., 81.

 (32) In tal senso cfr. A. Giovannini, Riduzione agevolata delle sanzioni con decorrenza dalla notifica dell’autotutela parziale, cit., 41.