25 Settembre, 2015

 

Sommario: 1. Premessa – 2. Introduzione dei fatti in causa – 3. La giurisprudenza comunitaria in tema di stabile organizzazione: applicabilità al mutato contesto normativo – 4. Il ruolo della subsidiary locale: a quali condizioni i suoi mezzi umani e tecnici possono essere ascritti alla casa madre.

1. Premessa

In data 16 ottobre 2014 è stata pubblicata la sentenza Welmory sp z.o.o., causa C-605/12 (1), che affronta il tema della stabile organizzazione ai fini IVA derivante dall’attività della subsidiary di un soggetto passivo non residente. Tale tema assume un’importanza estrema nel contesto italiano nel quale, a seguito della giurisprudenza innescata dalla notoria sentenza Philip Morris (2), numerose e controverse sono state le contestazioni. Per chi si attendeva o auspicava una risposta chiara in merito alla configurabilità della stabile organizzazione per via dell’agire della società italiana del gruppo, purtroppo, la sentenza non offre messaggi certi. Infatti, per via del rimando alla Corte nazionale, non viene fornito alcun criterio ermeneutico idoneo per queste situazioni del tutto peculiari. D’altro canto, invece, tra le righe della sentenza si possono individuare alcuni punti di estremo interesse:

innanzitutto, un richiamo alla rilevanza dei rapporti giuridici formali e il rifiuto del principio – sostenuto dal tribunale amministrativo polacco – per cui società locale e casa madre possono essere un tutt’uno indistinto per via di un contratto di cooperazione;

in seconda battuta, la valorizzazione di alcuni principi enunciati in precedenti sentenze della Corte di giustizia che non erano state richiamate da recenti interventi normativi, ovvero l’approvazione del Regolamento 282/2011 che ha, finalmente, introdotto una nozione in diritto positivo di stabile organizzazione ai fini IVA.

2. Introduzione dei fatti in causa

Sia per i fatti in causa che per altri passaggi, in questo scritto si riprendono, per comodità espositiva e del lettore, alcuni contenuti del nostro articolo pubblicato su questa Rivista, a commento dell’opinione dell’Avvocato generale (3).

Il procedimento della causa C-605/12 riguarda le modalità di esercizio del potere impositivo e la determinazione della territorialità dell’imposta in relazione ad una struttura commerciale particolarmente complessa finalizzata all’organizzazione e la vendita di beni all’asta in Polonia.

Nel caso in oggetto, la società polacca Welmory sp z.o.o. (di seguito, “Welmory”) aveva stipulato con la società Welmory LTD, con sede a Nicosia (Cipro) ed appartenente al medesimo gruppo, un contratto di collaborazione. In base ad esso, la società cipriota si impegnava a fornire un servizio di messa a disposizione di un sito internet di vendite all’asta in lingua polacca comprendendo anche la fornitura dei relativi servizi di locazione del server e di presentazione dei prodotti messi all’asta.

Per la gestione della pagina internet la società cipriota si avvaleva di collaboratori che non erano propri dipendenti e si serviva dei mezzi tecnici della Welmory.

Su tale pagina internet la Welmory intendeva proporre all’asta e vendere prodotti in proprio nome.

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L’aggiudicazione all’asta di tali prodotti era tuttavia possibile soltanto se gli acquirenti (o potenziali acquirenti) acquistavano preliminarmente dalla società cipriota il diritto a presentare le proprie offerte (c.d. “bids”) all’acquisto dei beni proposti all’asta da parte della Welmory. A differenza di un sistema d’aste tradizionale, per potere presentare un’offerta al rialzo, il cliente non doveva impegnarsi a versare una somma di denaro più elevata rispetto all’ultima, ma, versare più bids. Il bene veniva aggiudicato dal cliente che avesse proposto il prezzo maggiore per mezzo dei bids.

Secondo, tale struttura commerciale, la vendita di un bene dava origine ad un duplice flusso di fatturazione: da un lato, la Welmory incassava un corrispettivo per la cessione di un bene (corrispettivo che si collocava sistematicamente sotto il valore di mercato del bene) e, dall’altro, la società cipriota percepiva un introito per la vendita dei diritti alla presentazione di offerte.

In aggiunta a quanto sopra, in base al contratto di collaborazione, la Welmory percepiva dalla società cipriota un compenso per i servizi di pubblicità, fornitura informazioni e trattamento dati in relazione alla vendita dei bids di cui i clienti si servivano per presentare un’offerta di acquisto e per i servizi ad essa connessi.

Dai fatti di causa è emerso che la Welmory, nel corso del 2010, aveva emesso quattro fatture relative alle suddette prestazioni di servizi forniti alla società cipriota (per attività di pubblicità, fornitura informazioni e trattamento dati) ritenendo applicabile la regola generale di territorialità dei servizi in Italia disciplinata dall’art. 7-ter del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, recepimento nazionale dell’art. 44 della Direttiva 2006/112/CE (4). Tali corrispettivi non erano assoggettati ad IVA in Polonia in quanto si riteneva che debitrice d’imposta fosse la società cipriota nel proprio Paese di stabilimento.

Tuttavia, l’Amministrazione finanziaria polacca sosteneva che i corrispettivi per i servizi resi dalla Welmory dovevano essere assoggettati ad imposta in Polonia. La società cipriota, infatti, avrebbe posseduto una stabile organizzazione in Polonia alla quale sarebbero stati resi i servizi andando, in tal modo, ad incidere sul luogo di effettuazione dell’operazione individuato ai sensi dell’art. 44 della Direttiva 2006/112/CE.

La fattispecie si caratterizza per il fatto che la società cipriota impiegherebbe, per la gestione della pagina internet, risorse umane e tecniche appartenenti non ad essa, bensì, almeno in parte, alla Welmory.

La questione pregiudiziale verte principalmente sulla definizione del concetto di stabile organizzazione ai fini IVA. Indirettamente, le questioni attengono anche il rapporto tra i concetti di stabile organizzazione ai fini del Testo Unico delle imposte sui redditi (5) e stabile organizzazione ai fini IVA.

L’individuazione di una stabile organizzazione quale destinatario di un servizio assume un’importanza fondamentale ai fini dell’applicazione dell’IVA in quanto essa rileva tanto per la determinazione del luogo in cui l’operazione si considera effettuata quanto ai fini dell’individuazione del soggetto debitore d’imposta e delle modalità di assolvimento dell’IVA.

Nella misura in cui la Welmory effettua prestazioni di servizi nei confronti di una stabile organizzazione in Polonia della società cipriota, debitore dell’imposta da applicare in fattura sarebbe la stessa Welmory in quanto l’art. 196 (6) della Direttiva (in merito all’applicazione del reverse charge) non potrebbe trovare applicazione.

3. La giurisprudenza comunitaria in tema di stabile organizzazione: applicabilità al mutato contesto normativo

L’Avvocato generale aveva già ricordato nelle conclusioni alla causa in oggetto il conflitto tra due esigenze spesso contrapposte: quella di garantire la ripartizione del potere impositivo tra due Stati membri in relazione al luogo di consumo dei servizi (si veda il terzo considerando della Direttiva 2008/8/CE) che può portare a regole di difficile applicazione e, dall’altro, l’esigenza di assicurare la certezza del diritto mediante criteri «obiettivi, prevedibili di determinazione della stabile organizzazione». In merito alla certezza del diritto, questa assume maggiore enfasi nell’ambito della nuova disciplina sulla territorialità dei servizi cosiddetti generici, nella quale è il prestatore a dovere compiere le indagini sul destinatario dei propri servizi per determinare il luogo di tassazione degli stessi. Infatti, a seconda dell’esistenza di una stabile organizzazione del proprio cliente, il prestatore diviene o meno il debitore dell’IVA.

Considerata soprattutto tale responsabilità gravante su un soggetto diverso da quello in capo al quale eventualmente sussiste la stabile organizzazione, è necessario che siano stabiliti criteri «oggettivi e chiari sulla base dei quali un prestatore può stabilire se un destinatario dei suoi servizi è residente nel territorio» del proprio Stato in virtù dell’esistenza ivi di una stabile organizzazione.

La citata esigenza di criteri certi e oggettivi è di rilievo estremo nel nostro sistema tributario considerato il severissimo sistema sanzionatorio gravante in capo all’emittente della fattura.

Al fine di cercare di mettere in luce criteri oggettivi di determinazione della stabile organizzazione, i Giudici comunitari, innanzitutto, si dedicano a ricostruire i principi introdotti dalle precedenti sentenze della Corte di giustizia con lo scopo di verificarne applicabilità alla luce dell’attuale mutato contesto normativo (punti da 36 e 56 della sentenza in commento).

I precedenti giurisprudenziali della Corte di Giustizia vertono sull’interpretazione del concetto di stabile organizzazione ai sensi dell’art. 9, paragrafo 1, della Direttiva 77/388/CEE (“Sesta Direttiva”), del 17 maggio 1977, all’interno di un sistema in cui si considerava luogo delle prestazioni di servizi quello in cui il prestatore degli stessi «ha fissato la sede della propria attività economica o ha costituito un centro di attività stabile, a partire dal quale la prestazione di servizi viene resa». In estrema sintesi, una stabile organizzazione, ai sensi dell’art. 9, paragrafo 1, sussiste quando il centro di attività di un soggetto passivo presenti un grado sufficiente di stabilità e una struttura idonea, in termini di mezzi umani e tecnici, a rendere autonomamente prestazioni di servizi (7).

Per via del recepimento normativo all’art. 11 del Regolamento 282/2011, i principi statuiti dalle sentenze richiamate in tema di stabile organizzazione sono applicabili anche nel mutato contesto normativo nell’ambito del quale, a parte alcuni casi particolari (8) (i.e. cessioni a privati), rileva la localizzazione del destinatario anziché quella del prestatore.

Infatti, la definizione di stabile organizzazione ai sensi dell’art. 44 della Direttiva fornita dalla precedente giurisprudenza, è oggi recepita in diritto positivo dall’art. 11 citato (9) e si adatta al mutato luogo di tassazione di una prestazione di servizi non essendo più rilevante se «l’organizzazione sia in grado di rendere proprie prestazioni di servizi ma se tale organizzazione sia in grado di utilizzare prestazioni di servizi per le proprie esigenze». In tale definizione vi è un chiaro richiamo ai principi stabiliti dalle sentenze di giurisprudenza emesse in vigenza di norme differenti.

Nell’ambito del citato art. 11 non è stata invece fatta menzione del principio giurisprudenziale (10) secondo cui 1) innanzitutto, il punto prioritario di collegamento per la definizione del luogo di effettuazione dei servizi è quello in cui il committente, soggetto passivo di imposta, ha stabilito la sede della propria attività e 2) l’assunzione di un luogo differente opera solamente nel caso in cui il criterio della sede non conduca ad una “soluzione razionale”. Ciò costituisce un forte vincolo alla forza espansiva della stabile organizzazione. Tuttavia, l’omesso recepimento nel Regolamento 282/2011 aveva fatto perder un po’ di forza a tale limitazione legata alla “soluzione razionale” e alla consequenziale preferenza per la sede principale come criterio primario di collegamento.

I giudici della sentenza Welmory, invece, hanno ricordato che tale canone ermeneutico vale anche nel mutato contesto normativo in quanto «la sede dell’attività economica quale punto di collegamento prioritario sembra costituire un criterio oggettivo, semplice e pratico che offre grande certezza giuridica, essendo più facile da verificare rispetto all’esistenza, ad esempio, di una stabile organizzazione. Inoltre, la presunzione che le prestazioni di servizi sono fornite nel luogo in cui il soggetto beneficiario ha stabilito la sede della propria attività economica consente di evitare, tanto alle competenti autorità degli Stati membri quanto ai prestatori di servizi, di svolgere ricerche complesse al fine di determinare il punto di collegamento fiscale» (11). Pertanto, al fine di conferire al sistema certezza, si può assumere un altro luogo di stabilimento solamente nel caso in cui la sede non conduca ad una soluzione razionale o crei un conflitto con un altro Stato membro.

Il concetto di “soluzione razionale”, pur invocato in più occasioni, non è mai stato definito dalla giurisprudenza. Secondo la più autorevole dottrina (12), il significato da attribuire alla locuzione è principalmente antielusivo, in un’ottica comunitaria e non meramente nazionale. In tale prospettiva, infatti, è riconoscibile una ritrosia dei giudici comunitari a riconoscere l’esistenza di una stabile organizzazione nel caso in cui, applicando il criterio della sede, vi sia già tassazione del servizio in uno Stato membro (ed il riconoscimento della stabile organizzazione avrebbe comportato una “non tassazione”). La stabile organizzazione è stata al contrario riconosciuta qualora, sfruttando una norma di esenzione nel paese di residenza, non vi sarebbe stata alcuna tassazione, né nello Stato membro della sede (13) né nello Stato membro in cui la prestazione in cui la prestazione era effettivamente consumata.

Dal suddetto orientamento i giudici comunitari sembrano fare coincidere il concetto di “soluzione razionale” con la tassazione in uno Stato membro o l’assenza di duplice tassazione (14).

Insomma, la stabile organizzazione, in virtù delle notevoli difficoltà accertative, dovrebbe essere confinata ai casi in cui il criterio della sede conduca ad un risultato non razionale in chiave quasi antielusiva. Fatte salve pratiche abusive, pertanto, nei casi controversi (numerosi, considerate le difficoltà di accertamento), ove il servizio sia tassato nel luogo della sede del cedente (nei rapporti B2C) o in capo al cessionario (nei rapporti B2B), il criterio della sede dovrebbe essere tendenzialmente quello preferibile.

In conclusione, secondo la sentenza in esame, a seguito del mutato assetto normativo, restano ancora valide le sentenze che hanno introdotto i canoni ermeneutici generali (15). Oltre a quanto espressamente disposto dall’articolo 11 del Regolamento 282/2011, sono tuttora applicabili alcuni principi generali da esso non direttamente recepiti e, pertanto:

1. nel dubbio, prevale il criterio della sede;

2. nel dubbio, la stabile organizzazione può essere invocata quando il criterio della sede non conduce ad una “soluzione razionale”.

4. Il ruolo della subsidiary locale: a quali condizioni i suoi mezzi umani e tecnici possono essere ascritti alla casa madre

Proprio in ossequio al Regolamento 282/2011 ed alla citata giurisprudenza, si può riconoscere l’esistenza di una stabile organizzazione della società cipriota in Polonia solo se quest’ultima dispone di un’organizzazione caratterizzata da un grado sufficiente di mezzi umani e tecnici atti a consentirle di ricevere ed utilizzare i servizi che le sono forniti per le proprie esigenze economiche.

Ciò che è dato sapere dai fatti di causa è che la società cipriota si avvaleva di collaboratori che non erano propri dipendenti e si serviva dei mezzi tecnici della Welmory.

In primo luogo, occorre evidenziare che, secondo il giudice nazionale polacco di prime cure, l’attività delle due società (la Welmory e quella cipriota) costituiva un tutt’uno dal punto di vista economico tanto che la società cipriota utilizzava i mezzi umani e tecnici della Welmory. Quest’ultima avrebbe dovuto qualificarsi come stabile organizzazione in Polonia tenuto conto che «la società cipriota non avrebbe necessitato, per poter essere considerata titolare di una stabile organizzazione IVA in Polonia, del possesso di risorse materiali ed umane, nel senso classico del termine né di utilizzare direttamente edifici situati sul territorio medesimo, né ivi utilizzare personale» (16).

L’impostazione fornita dai giudici polacchi è espressione di un criterio sostanzialistico in base al quale un soggetto non residente potrebbe disporre di una stabile organizzazione in uno Stato Membro anche in mancanza del diritto di disporre dei mezzi umani e tecnici “nel senso classico del termine” e quindi in qualità di proprietario o attraverso modalità equivalenti alla proprietà.

Tuttavia tale tesi non sembrerebbe aver trovato accoglimento nella decisione della Corte di Giustizia. Anzi i giudici comunitari, nel rispetto dei canoni ermeneutici analizzati in precedenza, pur non assumendo una posizione netta per via del rimando alla corte nazionale, hanno comunque ribadito la necessità che la società cipriota disponga in Polonia quanto meno di una struttura caratterizzata da un sufficiente grado di permanenza, idonea in termini di risorse tecniche ed umane a ricevere nel territorio polacco le prestazioni di servizi che le sono fornite dalla Welmory e di utilizzarle al fine dello svolgimento della propria attività economica (nel caso di specie: la gestione del sistema di aste on-line e l’emissione e la vendita dei bids).

Sottolineando la prevalenza di criterio strettamente giuridico-formale, nella sentenza si afferma che «la circostanza che le attività economiche delle due società, unite da un contratto di cooperazione, formino un tutt’uno economico e che del loro operato beneficino sostanzialmente i consumatori in Polonia non è pertinente ai fini dell’accertamento se la società cipriota possieda una stabile organizzazione in Polonia» (punto 64 della sentenza in commento).

Questo principio, che sembra trasparire da una attenta lettura delle motivazioni della Corte di Giustizia, aveva trovato ampia analisi nell’opinione dell’Avvocato generale che aveva provato a spingersi nel dare un’interpretazione ancor più concreta in merito alle condizioni per poter ascrivere le risorse umane e tecniche di un soggetto giuridico separato (la Welmory) al soggetto non residente, creando i presupposti per la stabile organizzazione.

Secondo l’Avvocato generale, al fine del riconoscimento di una stabile organizzazione ai fini IVA in uno Stato «non è necessario che il soggetto passivo ivi disponga di personale, da esso assunto, e di mezzi materiali di sua proprietà. … Atteso che analogo principio vale per i mezzi tecnici, la sussistenza, nel caso di specie di una stabile organizzazione della società cipriota in Polonia non è esclusa per il solo fatto che essa impieghi strumentazione tecnica della Welmory e non si avvalga di personale da essa assunto» (si vedano i punti 48 e 50 delle conclusioni). Tuttavia, secondo l’Avvocato generale, il soggetto non residente deve «disporre con modalità equivalenti [alla proprietà, n.d.r.] dei mezzi umani e tecnici. Sono pertanto necessari in particolare contratti di servizi o di affitto aventi ad oggetto il personale e i mezzi tecnici che garantiscono al soggetto passivo di poter disporre di essi come se fossero propri e che non possano, quindi, neppure essere risolti in un breve lasso di tempo» (si veda il punto 51).

L’Avvocato generale, come evidenziato nel precedente contributo (17), aveva proposto quindi di propendere per una connotazione rigida e legata a formali rapporti contrattuali, per poter ascrivere i mezzi tecnici ed il personale alla casa madre non residente. Tale impostazione non ripresa dai Giudici nella sentenza, avrebbe ristretto il campo di applicazione della nozione di stabile organizzazione ai fini IVA. Tali considerazioni avrebbero potuto influenzare anche l’attuale orientamento giurisprudenziale nazionale (18) secondo il quale, anche ai fini IVA, i mezzi umani e tecnici di una società controllata italiana possono essere ascritti direttamente alla casa madre qualora la controllata agisca nello Stato senza autonomia ed in rapporto di dipendenza dall’impresa estera, replicando, in sostanza, l’esegesi svolta ai fini delle imposte dirette (art. 5 del Modello di Convenzione OCSE) (19).

I Giudici, come anticipato, non hanno applicato i criteri suggeriti dall’Avvocato generale in merito alla valutazione del ruolo della subsidiary locale (nel caso di specie le Welmory) in quanto i fatti di causa non risultavano accertati nel procedimento principale. Da qui, il rimando ai Giudici polacchi.

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Una questione di diritto su cui i Giudici stranamente non si sono soffermati è la pertinenza o meno del caso DFDS a quello in esame e, di conseguenza, ai molti altri che attengono alla stabile organizzazione connessa all’agire della società locale. Indubbiamente, infatti, tra le sentenze che affrontano il tema della stabile organizzazione, quella relativa al caso DFDS è la più affine sotto il profilo dei fatti di causa. Nel caso DFDS è stato giudicato che una società, giuridicamente indipendente ma interamente controllata dalla casa madre e che agisce come mero organo ausiliario della stessa nella vendita di pacchetti turistici, debba essere considerata stabile organizzazione della società madre medesima.

Anche a questo caso l’Avvocato Generale (punti 35 e 36) aveva dedicato la propria attenzione negandone tuttavia la portata generale (20) e ritenendolo applicabile esclusivamente per la definizione del concetto di stabile organizzazione nell’ambito delle agenzie di viaggio (21).

Dott. Luca Lavazza – Dott. Andrea Rottoli

(1) In Boll. Trib. On-line, e su cui ved. L. Lavazza – A. Rottoli, Verso una maggiore differenziazione tra stabile organizzazione ai fini delle imposte sui redditi e dell’IVA?, in Boll. Trib., 2014, 1533.

(2) Cass., sez. trib., 7 marzo 2002, n. 3367, in Boll. Trib., 2002, 786; per un’attenta disamina in dottrina si veda T. Marino, Riflessioni sull’orientamento espresso dalla Suprema Corte in tema di “centro di attività stabile” ai fini dell’IVA per le prestazioni di servizi,ibidem, 791.

(3) Conclusioni dell’Avvocato Generale Juliane Kokott presentate il 15 maggio 2014 nella causa C–605/12, Welmory Sp z.o.o.:ved. nota 1.

(4) L’art. 44 citato dispone che «il luogo delle prestazioni di servizi resi a un soggetto passivo che agisce in quanto tale è il luogo in cui questi ha fissato la sede della propria attività economica. Tuttavia, se i servizi sono prestati ad una stabile organizzazione del soggetto passivo situata in un luogo diverso da quello in cui esso ha fissato la sede della propria attività economica, il luogo delle prestazioni di tali servizi è il luogo in cui è situata la stabile organizzazione».

(5) Si veda l’articolo del TUIR che riporta la definizione di stabile organizzazione ai fini delle imposte sui redditi mutuandola dall’art. 5 del Modello di convenzione OCSE per evitare la doppia imposizione sui redditi. Per un’analisi in dottrina si rinvia, fra gli altri, a S. Mayr, La definizione di stabile organizzazione, in Boll. Trib., 2003, 1290; P. Franzoni – P. Ludermann, La nozione di stabile organizzazione ai fini delle imposte sui redditi e la nozione di centro di attività stabile ai fini IVA, ivi, 2007, 50; e P. Marongiu, Il concetto di stabile organizzazione nel nuovo TUIR, ivi, 2006, 13.

(6) «L’IVA è dovuta dai soggetti passivi a cui è reso un servizio ai sensi dell’art. 44, se il servizio è reso da un soggetto passivo non stabilito nel territorio di tale Stato membro». In caso di sussistenza della stabile organizzazione, gli operatori sarebbero invece entrambi stabiliti nel medesimo paese.

(7) Si vedano Corte Giust. CE, sez. VI, 17 luglio 1997, causa C-190/95, ARO Lease BV; e Corte Giust. CE, sez. V, 7 maggio 1998, causa C-390/96, Lease Plan Luxembourg SA; entrambe in Boll. Trib. On-line.

(8) Ai sensi dell’art. 44, secondo paragrafo, del Regolamento 2011/282/CE, la stabile organizzazione rileva quale organizzazione di mezzi umani e tecnici atti a fornire servizi, di cui assicura la prestazione, solamente nei seguenti casi: – prestazioni di servizi generici nei confronti di consumatori finali (art. 45 della Direttiva n. 2006/112/CE); – servizi di noleggio di imbarcazioni da diporto nei confronti di consumatori finali (art. 56, secondo paragrafo, della Direttiva 2006/112/CE); – prestazioni di servizi elettronici nei confronti di consumatori finali (art. 58 della Direttiva 2006/112/CE); – cessioni di beni e prestazioni di servizi per cui essa interviene ai sensi dell’art. 192-bis della Direttiva 2006/112/CE.

(9) L’art. 11, primo paragrafo, del Regolamento 2011/282/CE, dispone che: «Ai fini dell’applicazione dell’articolo 44 della direttiva 2006/112/CE, la «stabile organizzazione» designa qualsiasi organizzazione, diversa dalla sede dell’attività economica di cui all’articolo 10 del presente regolamento, caratterizzata da un grado sufficiente di permanenza e una struttura idonea in termini di mezzi umani e tecnici atti a consentirle di ricevere e di utilizzare i servizi che le sono forniti per le esigenze proprie di detta organizzazione».

(10) Si vedano Corte Giust. CEE, sez. II, 4 luglio 1985, causa C-168/84, Gunter Berkholz, punto 17; Corte Giust. CE, sez. VI, 2 maggio 1996, causa C-231/94, Faaborg-Gelting Linien A/S, punto 16; entrambe in Boll. Trib. On-line, nonché Corte Giust. CE causa C-190/95 del 1997, ARO Lease BV, cit., punto 15.

(11) Si veda il punto 55 della sentenza Welmory sp z.o.o., causa C-605/12 del 2014, cit.

(12) Si veda B. Terra – J. Kajus, A guide to European VAT Directives 2014, IBFD, 701: «so far the lessons to learn have been, what at first sight seemed to be a reluctance by the Court of Justice to refer secondary establishments (Berkholz, Faaborg), was merely a means to avoid businesses escaping the Community’s tax jurisdiction by creating national establishments outside the Community territory; in the final analysis (not efficient but) rational results for tax purposes count, if the result is positive taxation rather than exemption or non-taxation».

(13) Cfr. Corte Giust. CE, sez. V, 20 febbraio 1997, causa C-260/95, DFDS A/S, in Boll. Trib. On-line, in cui la Corte di Giustizia europea si è espressa a favore dell’esistenza di una stabile organizzazione laddove la società controllata operava quale agente per conto della società controllante residente in altro Stato Membro.

(14) A titolo meramente esemplificativo, si pensi a prestazioni di servizi c.d. “generiche” (i.e. la cui territorialità è disciplinata dall’art. 44 della Direttiva), rese da un soggetto stabilito in Italia nei confronti di un cliente soggetto passivo di imposta residente in Germania che ivi applica l’imposta sulla base del reverse charge. Il riconoscimento di una stabile organizzazione in Italia del soggetto tedesco che sia destinataria della prestazione di servizi avrebbe il solo risultato (ai fini IVA) di “spostare” il luogo di tassazione dalla Germania all’Italia. Il ragionamento della Corte di Giustizia è che, a parità di condizioni di detrazione in capo alla sede principale ed alla stabile organizzazione, il sistema ha già condotto ad una “soluzione razionale” di tassazione in uno degli Stati membri. Pertanto, in questo caso, i Giudici sarebbero restii a riconoscere la stabile organizzazione (ai fini IVA, si intende) al solo fine di tassare in Italia un’operazione che ha già trovato una tassazione in Germania. Ciò, inoltre, comporterebbe una serie di azioni volte ad evitare la duplice tassazione: l’amministrazione finanziaria tedesca sarebbe concorde nel ritenere che la prestazione deve essere ascritta ad una stabile organizzazione italiana? Se sì, come rettificare l’applicazione d’imposta in Germania?

(15) Sul punto si vedano le sentenze Berkholz, cit., Faaborg-Gelting Linien, cit., ARO Lease, cit., e Lease Plan, cit.

(16) Si veda punto il 22 della sentenza Welmory sp z.o.o., causa C-605/12 del 2014, cit.

(17) Ved. nota n. 1.

(18) In particolare, si segnalano Cass. n. 3367/2002, cit.; Cass., sez. trib., 7 marzo 2002, n. 3368, in Boll. Trib. On-line; Cass., sez. trib., 25 maggio 2002, n. 7682, in Boll. Trib., 2003, 544; Cass., sez. trib., 25 maggio 2002, n. 7689, ibidem, 221; Cass., sez. trib., 25 luglio 2002, n. 10925, ibidem, 71; Cass., sez. trib., 6 dicembre 2002, n. 17373, ibidem, 1030; e Cass., sez. trib., 6 aprile 2004, n. 6799, ivi, 2004, 1258. Per un’analisi in dottrina, si veda T. Marino, Dopo il caso “Philip Morris” la Suprema Corte statuisce ancora sul “centro di attività stabile” ai fini dell’IVA e sulla questione della società di capitali controllata da un soggetto non residente riqualificata quale stabile organizzazione, in Boll. Trib., 2004, 1205.

(19) Su questo aspetto, già autorevole dottrina (si veda M. Iavagnilio, L’accertamento della sussistenza della stabile organizzazione, in Corr. trib., n. 28/2004), aveva sostenuto che «la stabile organizzazione personale – vale a dire la stabile organizzazione che sussiste quando una “persona” agisce, a certe condizioni, per conto dell’impresa non residente, pur in assenza di sede fissa d’affari riconducibile alla medesima impresa – così come previsto dall’art. 5, paragrafi 5 e 6, del Modello di Convenzione OCSE, non coincide perfettamente con la nozione di “centro di attività stabile” ai fini IVA. Tuttavia, la “pre-condizione” per considerare una subsidiary come stabile organizzazione della società estera controllante, vale a dire l’esistenza di un rapporto di dipendenza, appare la medesima per le imposte dirette e per l’IVA, tenuto conto del Commentario OCSE all’art. 5, da un lato, e delle conclusione dell’Avvocato Generale La Pergola al caso DFDS, dall’altro».

(20) Si veda anche Corte Giust. UE, sez. VIII, 25 ottobre 2012, cause riunite C-318/11 e C-319/11, Daimler AG, Widex A/S, punti da 47 a 51, in Boll. Trib. On-line. Tale sentenza tratta, tuttavia, del tema della spettanza del diritto al rimborso dell’IVA assolta sugli acquisti in qualità di soggetto non residente a cui è accertata una stabile organizzazione.

(21) La sentenza DFDS A/S causa C-260/95 del 1997, cit., riguarda l’applicazione del regime speciale per le agenzie di viaggio e turismo previsto dall’art. 307 della Direttiva 112/2006/CE e dall’art. 74-ter del D.P.R. n. 633/1972, e non le prestazioni di servizi menzionate negli artt. 44, 45 e 7-ter rispettivamente della norma comunitaria e nazionale.