19 Febbraio, 2018

1. Premessa

Atipica coppia di sentenze gemelle delle Sezioni Unite della Suprema Corte, emesse a breve distanza l’una dall’altra dal medesimo relatore, che ha decretato l’infalcidiabilità dell’IVA – prevista dall’art. 182-ter del R.D. 16 marzo 1942, n. 267 (c.d. legge fallimentare), nel testo anteriore alla sua riforma ad opera dell’art. 1, comma 81, della legge 11 dicembre 2016, n. 232, in vigore dal 1° gennaio 2017 – nei casi di proposta di concordato preventivo non accompagnata da transazione fiscale, ponendo fine, seppure tardivamente stante l’intervenuta revisione legislativa, ad una lunga disputa che andiamo necessariamente a ripercorrere.

2. Il pregresso dibattito giurisprudenziale “nazionale”

La questione nasceva nell’ambito dell’interpretazione da conferire alla precedente versione dell’art. 182-ter della legge fallimentare che, nel disciplinare la transazione fiscale, imponeva altresì che il credito IVA dovesse essere integralmente soddisfatto. Questo obbligo si snodava in un contesto (quale quello fallimentare) ove si profilava una opzione, rimessa alla scelta del debitore, tra due istituti come il concordato preventivo e la transazione fiscale, ove il primo ammetteva la disponibilità anche nel quantum del credito IVA, mentre il secondo ne consentiva solo la dilazione del pagamento (1).
In considerazione di questo quadro da più parti si sosteneva che anche nel concordato preventivo senza transazione fiscale valesse il principio di infalcidiabilità dell’IVA per due ordini di ragioni.
La prima era fondata sulla natura sostanziale ed eccezionale (e, quindi, non procedurale) della disposizione citata, che prevedeva espressamente l’infalcidiabilità dell’IVA; la seconda invece si incentrava sulla natura comunitaria di tale imposta e quindi sulla sua indisponibilità da parte dello Stato membro.
Proprio tali considerazioni inducevano il giudice di legittimità ad affermare che la regola di indisponibilità voluta dall’art. 182-ter citato dovesse estendersi anche al caso del concordato preventivo rimasto “orfano” di transazione fiscale (2). Tale approdo veniva ulteriormente giustificato in base all’osservazione che la recente disciplina della procedura di composizione delle crisi da sovraindebitamento (3) finisce con il ricalcare la disciplina della transazione fiscale, ammettendo unicamente la dilazione di pagamento del credito IVA, senza consentirne la falcidia (4).
Del resto non si poneva in contrasto con tale orientamento neppure la Corte Costituzionale, che rigettava la questione di costituzionalità dell’art. 182-ter (sollevata nei confronti di una asserita violazione degli artt. 3 e 97 Cost.), facendo appunto leva sui vincoli di gestione del tributo derivanti dalla natura comunitaria di quest’ultimo (5).
Tale impostazione veniva però contestata da un fronte opposto, mosso soprattutto – da parte della dottrina (6) e della giurisprudenza di merito (7) – sulla scorta di un’interpretazione letterale e sistematica degli artt. 160 e 182-ter della legge fallimentare, secondo cui non poteva disattendersi la circostanza della presenza del divieto di falcidia esclusivamente in quest’ultima disposizione e non nel testo riguardante la disciplina generale del concordato. Dette argomentazioni venivano rafforzate dalla osservazione che nel concordato preventivo “puro” l’Amministrazione finanziaria partecipa alla procedura concorsuale alla stregua di qualunque altro creditore concordatario, operandosi in tal modo una effettiva distinzione dalla transazione fiscale ove il debito tributario si cristallizza, offrendo al debitore il beneficio di un consolidamento dell’ammontare del quantum dovuto all’erario (8) nell’importo quantificato dallo stesso Ufficio fiscale alla data di presentazione della domanda. Un consolidamento che – impedendo ulteriori accertamenti dell’Ufficio e ricorsi del contribuente, nonché l’estinzione dei giudizi in corso sui crediti coinvolti da transazione – deponeva (secondo la fonte di pensiero opposta a quella precedentemente descritta) a favore della natura procedurale (e non sostanziale) dell’art. 182-ter della legge fallimentare, come tale non suscettibile di applicazione analogica o interpretazione estensiva al di fuori della “procedura” di transazione fiscale, con il corollario della falcidiabilità del credito IVA nel caso di concordato preventivo non accompagnato dalla transazione fiscale.

3. L’intervento della Corte di Giustizia dell’Unione europea

Intorno al profilo più generale dell’indisponibilità del credito IVA in ragione della natura comunitaria di tale imposta, cioè della tesi propugnata anche dalla prassi amministrativa (9), è intervenuta la Corte di Giustizia europea che, in occasione della sentenza C-546/14 del 7 aprile 2016, “Degano trasporti” (10), ha affermato che il pagamento dell’IVA finanche parziale da parte di un imprenditore insolvente proposto nell’ambito di un procedimento di concordato preventivo può corrispondere – al verificarsi di alcune inderogabili condizioni – ad uno strumento di efficace tutela della riscossione effettiva delle risorse proprie dell’Unione europea (11), necessario alla sopravvivenza della stessa e, pertanto, di rilevanza pubblica. Tale conclusione, tra l’altro anticipata da qualche decisione di merito nazionale (12), ebbe un’efficacia dirompente nel nostro ordinamento tributario, tant’è che il legislatore decise di adottare scelte conformi superando quell’interpretazione secondo cui il tributo IVA risultava irrinunciabile perché costituente una risorsa propria dell’Unione europea.
Nell’occasione la Corte di Giustizia ha rimarcato la rigorosità dei presupposti applicativi della procedura di concordato preventivo e, quindi, della sussistenza di garanzie sufficienti al recupero dei crediti privilegiati, compresi, quindi, quelli afferenti all’IVA; in particolare, il giudice comunitario ha richiamato il contenuto dell’art. 160, secondo comma, della legge fallimentare, secondo cui il pagamento parziale di un credito privilegiato può essere ammesso soltanto se un esperto indipendente – in possesso dei requisiti previsti dall’art. 67, terzo comma, lett. d), della legge fallimentare – attesti che tale credito non riceverebbe un trattamento migliore nel caso di fallimento del debitore, in ragione della collocazione preferenziale, «avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione». Alla luce di ciò la Corte di Giustizia ha precisato come la procedura di concordato preventivo debba pertanto identificarsi come idonea a consentire di accertare che, a causa dello stato di insolvenza dell’imprenditore, lo Stato membro interessato non sia in grado di recuperare il proprio credito IVA in misura maggiore; il che è equivalso a dire che l’interesse pubblico dell’Unione europea a incassare il più alto tasso di risorse comunitarie effettivamente disponibili si manifesti “parallelo” a quello del singolo Stato che vada a beneficiare dell’incasso parziale dell’IVA – al netto della parte messa a disposizione del bilancio dell’Unione quale risorsa propria in caso di accordo – evitando il rischio dell’incasso nullo che sorge quando il patrimonio del contribuente si manifesta incapiente o inesistente.
4. L’intervento del legislatore: la modifica dell’art. 182-ter della legge fallimentare

Come accennato, la conclusione del giudice europeo è stata recepita nello scenario descritto dal testo del nuovo art. 182-ter della legge fallimentare, così come modificato dall’art. 1, comma 81, della citata legge n. 232/2016, ai sensi del quale la ristrutturazione del debito tributario e previdenziale può aver luogo “esclusivamente” mediante un’istanza apposita e può prevedere il pagamento anche “parziale” di qualsiasi tributo a condizione, però, che:
– il piano, su cui si fonda il concordato preventivo, ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile attraverso un’alternativa liquidazione, tenuto conto del valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali sussista la causa di prelazione dell’erario, attestato da un professionista asseveratore, munito dei requisiti di cui all’art. 67 della legge fallimentare,
– la percentuale, i tempi di pagamento e le eventuali garanzie offerte all’erario non siano inferiori o non siano meno vantaggiose rispetto a quelle offerte ai creditori che hanno un grado di privilegio inferiore e, a maggior ragione, a quelle offerte ai creditori chirografari.
La novità normativa comporta pure che, se viene proposto il pagamento parziale di un credito tributario o contributivo privilegiato, la quota di credito degradata al chirografo deve essere inserita in una apposita classe. Per l’omologazione del concordato, inoltre, non occorre il consenso dell’Amministrazione finanziaria poiché la votazione non favorevole da parte dell’erario comporta comunque, una volta raggiunta la maggioranza dei voti dei creditori, detta omologazione (13).

5. I tratti fondamentali delle sentenze annotate

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con le annotate sentenze n. 26988 del 2016 e n. 760 del 2017, hanno sostanzialmente sovvertito il precedente orientamento, così come descritto dalle pronunce “gemelle” n. 22931 e 22932 del 2011 (14), con le quali (aderendo a una tesi minoritaria) ritennero – a riguardo della intangibilità del debito IVA al di fuori del sub-procedimento di cui all’art. 182-ter della legge fallimentare – l’impossibilità di un pagamento di tale tributo in misura percentuale anche nell’ipotesi di una domanda ex art. 160 della legge fallimentare, non accompagnata da istanza di transazione fiscale. Inoltre le annotate sentenze, in ordine al vincolo europeo (in precedenza ritenuto invalicabile, come dianzi osservato), si sono limitate a richiamare i contenuti della citata decisione della Corte di Giustizia europea nella causa C-546/14, ritenendo altresì ininfluente la questione sulla natura sostanziale o procedurale della norma di cui all’art. 182-ter della legge fallimentare.
Le ulteriori argomentazioni, svolte in motivazione, hanno riguardato la circostanza della non obbligatorietà della transazione fiscale per il debitore, soggetto che può scegliere tra due tipologie di concordato e, tra queste, quella speciale, che include la transazione fiscale e che, a differenza dell’altra, comporta il (previo) accordo con l’Amministrazione finanziaria. Tale dualismo ha imposto al Supremo Collegio di nomofilachia di sciogliere il dubbio su un’altra questione, oggetto di contrasto giurisprudenziale, concernente l’obbligatorietà (o meno) – in presenza di debiti di natura tributaria – della transazione fiscale ai fini dell’ammissibilità di qualsiasi proposta di concordato preventivo, almeno quando la proposta preveda il pagamento parziale dei crediti privilegiati (15). Affermata la facoltatività del ricorso alla transazione fiscale – sulla base del decisivo argomento testuale desumibile dall’incipit dello stesso art. 182-ter della legge fallimentare, che prevede appunto la mera facoltà del debitore di promuovere contestualmente sia la procedura di concordato preventivo sia il sub-procedimento per la conclusione della transazione fiscale – le due annotate sentenze si sono spinte a spiegare che le opzioni in favore del contribuente dipendono evidentemente dall’eventuale esigenza imprescindibile di ottenere il voto favorevole dell’Amministrazione finanziaria, in ragione delle dimensioni del suo credito, offrendosi così certezza ai creditori tutti circa l’effettiva consistenza del debito tributario e di conseguenza circa le concrete prospettive di attuabilità del piano concordatario.
Il rapporto di specialità tra le due tipologie di concordato ha dunque – secondo l’interpretazione resa – un ruolo fondamentale, anche perché se si estendesse il principio di infalcidiabilità dell’IVA (e delle ritenute alla fonte) oltre l’ambito della transazione fiscale, si finirebbe con il riconoscere a tali tipi di credito una sorta di superprivilegio ovvero si verificherebbe uno stravolgimento dell’ordine dei privilegi in quanto il credito IVA, che è collocato al diciannovesimo posto, prevarrebbe sui crediti potiori; un’ipotesi che va scartata poiché, se questa fosse stata la reale volontà del legislatore, sarebbe stato più logico modificare direttamente la disciplina generale dell’ordine dei privilegi, anziché prevedere tale deroga in una norma speciale.
La previsione dell’infalcidiabilità del credito IVA di cui all’art. 182-ter della legge fallimentare trova applicazione solo nell’ipotesi di proposta di concordato accompagnata da una transazione fiscale e solo nei procedimenti avviati prima del 31 dicembre 2016. Questo indirizzo e l’intervento del legislatore, conforme al pensiero della Corte di Giustizia europea, costituiscono quindi il criterio guida per tutti gli operatori del procedimento fallimentare.

Avv. Antonino Russo

(1) Disposizione estesa poi anche alle ritenute previdenziali effettuate e non versate.
(2) Ved. Cass., sez. I, 4 novembre 2011, nn. 22931 e 22932, risp. in Boll. Trib., 2012, 612, e in Boll. Trib. On-line; nonché Cass., sez. I, 25 giugno 2014, n. 14447, ivi.
(3) Art. 7, primo comma, della legge 27 gennaio 2012, n. 3, come modificata dal D.L. 18 ottobre 2012, n. 179 (convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221).
(4) Cfr. Trib. Brescia, decreto di inammissibilità, 5 giugno 2013; e App. Brescia, sez. I, ord. 13 settembre 2013; entrambe in Boll. Trib. On-line.
(5) Cfr. Corte Cost. 25 luglio 2014, ord. n. 225, in Boll. Trib., 2014, 1344, con nota di S. LA ROCCA, Il concordato preventivo e la transazione fiscale: la Corte Costituzionale conferma l’inammissibilità della falcidia dell’IVA. Si veda altresì A. RUSSO, L’infalcidiabilità del credito IVA, secondo la Consulta, e il rapporto tra la transazione fiscale e il concordato preventivo, ivi, 2015, 12.
(6) Cfr. ex multis S. LA ROCCA, Il concordato preventivo e la transazione fiscale. L’inammissibile falcidia dell’IVA e delle ritenute certificate, operate e non versate, in Boll. Trib., 2014, 889; A. RUSSO, L’infalcidiabilità del credito IVA, secondo la Consulta, e il rapporto tra la transazione fiscale e il concordato preventivo, cit., 15; S. LA ROCCA, Il concordato preventivo e la transazione fiscale: note a margine della prima pronuncia di merito successiva alla sentenza della Corte Costituzionale che ha confermato l’inammissibilità della falcidia dell’IVA, in nota ad App. Catanzaro 15 settembre 2014, ibidem, 218.
(7) Cfr. App. Genova, sez. I, 27 luglio 2013, n. 132, in Boll. Trib. On-line.
(8) Tra l’altro il nuovo primo comma dell’art. 182-ter della legge fallimentare, in vigore dal 1° gennaio 2017, ha eliminato il riferimento «alla quota di debito avente natura chirografaria anche se non iscritta a ruolo» per l’accesso al piano di concordato preventivo; il legislatore ha mostrato di recepire il pensiero espresso dall’Agenzia delle entrate nella circ. 18 aprile 2008, n. 40/E (in Boll. Trib., 2008, 748), ove – alla luce di una interpretazione sistematica della norma, costruita con l’ausilio dei successivi periodi secondo e terzo – si riteneva di ricomprendere nel perimetro dei crediti tributari o previdenziali, passibili di transazione, sia quelli privilegiati sia quelli chirografari, indipendentemente dalla loro iscrizione a ruolo; ebbene, a questa conclusione oggi si giunge avendo il legislatore proceduto alla espunzione del riferimento al ruolo, consacrando normativamente quella che pur era divenuta una prassi operativa.
(9) L’Agenzia delle entrate, con la citata circ. n. 40/E/2008, non ammetteva in alcun caso la falcidia dell’IVA ma solo il pagamento dilazionato di tale imposta.
(10) Cfr. Corte Giust. UE, sez. II, 7 aprile 2016, causa C-546/14, in Boll. Trib., 2016, 890, con nota di A. RUSSO, L’intervento della Corte di Giustizia dell’Unione europea e la storia infinita della dubbia falcidia dell’IVA nel concordato preventivo senza transazione fiscale.
(11) Le disposizioni europee in punto di IVA (all’art. 4, paragrafo 3, TUE nonché agli artt. 2, 250, paragrafo 1, e 273 della Direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006) prevedono che ogni Stato membro abbia l’obbligo di adottare tutte le misure legislative e amministrative idonee ad assicurare che l’IVA sia interamente riscossa nel proprio territorio. A tal riguardo gli Stati sono obbligati a controllare le dichiarazioni fiscali dei contribuenti, la relativa contabilità e gli altri documenti utili e a riscuotere l’IVA dovuta.
(12) Trib. S. Maria Capua Vetere, sez. III, 17 febbraio 2016, in Boll. Trib., 2016, 890, con nota di A. RUSSO, Segni di apertura alla falcidia parziale dell’IVA nel concordato preventivo senza transazione fiscale.
(13) Inoltre l’art. 182-ter della legge fallimentare modifica la procedura di espressione del voto o dell’assenso, ora riferita al debito complessivo dell’Agenzia delle entrate. Nel testo previgente, l’adesione alla proposta di transazione spettava, a norma del terzo e quarto comma, all’Agenzia delle entrate per i tributi non iscritti a ruolo o comunque non consegnati all’agente della riscossione e direttamente a quest’ultimo per gli importi già affidati per la riscossione alla data di presentazione della domanda, pur su indicazione del Direttore dell’Ufficio, a ciò autorizzato dalla Direzione generale; secondo quanto prevede, invece, la nuova formulazione, il voto sulla proposta concordataria o l’adesione a transazione e accordo di ristrutturazione sono di competenza della sola Agenzia delle entrate, lasciando all’agente della riscossione unicamente l’indicazione riferita agli oneri di riscossione di cui all’art. 17 del D.Lgs. 13 aprile 1999, n. 112.
(14) Cfr. Cass. nn. 22931 e 22932 del 2011, citt.
(15) Da notare che con la circ. 6 maggio 2015, n. 19/E (in Boll. Trib., 2015, 766), l’Agenzia delle entrate aveva aggiornato la propria posizione in materia di transazione fiscale e, pur rimanendo sostanzialmente ferma a quanto espresso nella già citata circ. n. 40/E/2008, prendendo atto delle modifiche legislative e degli interventi giurisprudenziali intervenuti medio tempore, aveva già preso atto della facoltatività della transazione fiscale.

I – II

IVA – Procedure concorsuali – Concordato preventivo – Transazione fiscale – Infalcidiabilità del credito IVA a norma dell’art. 182-ter della legge fallimentare – Applicabilità solo nell’ipotesi di proposta di concordato accompagnata da una transazione fiscale.

Imposte e tasse – Riscossione – Procedure concorsuali – Concordato preventivo – Transazione fiscale – Infalcidiabilità del credito IVA a norma dell’art. 182-ter della legge fallimentare – Applicabilità solo nell’ipotesi di proposta di concordato accompagnata da una transazione fiscale.

IVA – Procedure concorsuali – Concordato preventivo – Transazione fiscale – Art. 182-ter della legge fallimentare contemplante l’infalcidiabilità del credito IVA – La regola dell’infalcidiabilità opera solo per la transazione fiscale.

Imposte e tasse – Riscossione – Procedure concorsuali – Concordato preventivo – Transazione fiscale – Art. 182-ter della legge fallimentare contemplante l’infalcidiabilità del credito IVA – La regola dell’infalcidiabilità opera solo per la transazione fiscale.

IVA – Procedure concorsuali – Concordato preventivo – Transazione fiscale – Art. 182-ter della legge fallimentare – Estensione dell’infalcidiabilità del credito IVA agli altri crediti privilegiati di rango potiore – Non si verifica – Mancato rispetto dell’ordine dei privilegi – È giustificato dal necessario consenso degli altri creditori.

Imposte e tasse – Riscossione – Procedure concorsuali – Concordato preventivo – Transazione fiscale – Art. 182-ter della legge fallimentare – Estensione dell’infalcidiabilità del credito IVA agli altri crediti privilegiati di rango potiore – Non si verifica – Mancato rispetto dell’ordine dei privilegi – È giustificato dal necessario consenso degli altri creditori.

IVA – Procedure concorsuali – Concordato preventivo – Transazione fiscale – Art. 182-ter della legge fallimentare contemplante l’infalcidiabilità del credito IVA – Costituisce un’eccezione al normale regime di falcidiabilità dei crediti privilegiati anche tributari – Non si estende automaticamente oltre l’ambito di applicazione della disciplina speciale in cui è inclusa.

Imposte e tasse – Riscossione – Procedure concorsuali – Concordato preventivo – Transazione fiscale – Art. 182-ter della legge fallimentare contemplante l’infalcidiabilità del credito IVA – Costituisce un’eccezione al normale regime di falcidiabilità dei crediti privilegiati anche tributari – Non si estende automaticamente oltre l’ambito di applicazione della disciplina speciale in cui è inclusa.

La previsione dell’infalcidiabilità del credito IVA di cui all’art. 182-ter del R.D. 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare), trova applicazione solo nell’ipotesi di proposta di concordato preventivo accompagnata da una transazione fiscale.

Il concordato preventivo con transazione fiscale di cui all’art. 182-ter del R.D. 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare), è una speciale figura di concordato preventivo, sia perché viene ovviamente in rilievo solo quando vi siano debiti tributari e sia perché, anche in presenza di debiti tributari, è possibile un concordato preventivo senza transazione fiscale; tuttavia, se tra le due fattispecie di concordato preventivo v’è un rapporto di specialità, non è possibile estendere alla fattispecie generale del concordato senza transazione fiscale la disciplina della fattispecie speciale del concordato con transazione fiscale, e solamente se si ipotizzasse l’obbligatorietà della transazione fiscale si potrebbe riconoscere l’infalcidiabilità del credito IVA in qualsiasi concordato, ma se si esclude che la transazione fiscale debba accompagnare necessariamente ogni ipotesi di concordato preventivo con debiti tributari deve riconoscersi che la regola dell’infalcidiabilità operi solo per la transazione fiscale.

Nel caso di concordato preventivo con transazione fiscale di cui all’art. 182-ter del R.D. 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare), l’infalcidiabilità del credito IVA non si estende anche agli altri crediti privilegiati di rango potiore, che invece subiscono la falcidia compatibile con i limiti imposti dall’art. 160, secondo comma, della medesima legge fallimentare, ma in questo caso il mancato rispetto dell’ordine dei privilegi risulta giustificato dal necessario consenso degli altri creditori, anche privilegiati, al cui voto è sottoposta l’intera proposta di concordato, inclusiva della transazione fiscale, poiché infatti, secondo quanto prevede il citato art. 182-ter della legge fallimentare, la proposta di transazione fiscale deve essere inclusa nel piano concordatario da sottoporre al voto di tutti i creditori, e in caso di approvazione della proposta il pagamento integrale del credito IVA diviene funzionale all’attuazione del piano.

Nell’ambito della disciplina speciale del concordato con transazione fiscale di cui all’art. 182-ter del R.D. 16 marzo 1942, n. 267 (legge fallimentare), l’infalcidiabilità del credito IVA rappresenta un’eccezione alla regola della falcidiabilità dei crediti privilegiati anche tributari, ma tale eccezione non può estendersi automaticamente oltre l’ambito di applicazione della disciplina speciale in cui è inclusa, come dimostra il fatto che la sua applicazione al procedimento di composizione della crisi da sovraindebitamento ne ha richiesto l’espressa previsione nell’art. 7 della legge 27 gennaio 2012, n. 3.

[Corte di Cassazione, sez. un. (Pres. Amoroso, rel. Nappi), 13 gennaio 2017, sent. n. 760, ric. Mes Real Estate s.r.l. c. Agenzia delle entrate e altri]

[Corte di Cassazione, sez. un. (Pres. Rordorf, rel. Nappi), 27 dicembre 2016, sent. n. 26988, ric. Santo Stefano Immobiliare s.r.l. c. Agenzia delle entrate e altri]*

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO – Con il decreto impugnato la Corte d’appello di Genova, in riforma della decisione di primo grado, rigettò la domanda di omologazione del concordato preventivo proposto il 7 novembre 2012 dalla MRE s.r.l.
I giudici del merito ritennero che, anche quando non connessa a una transazione fiscale, la proposta di concordato preventivo sia inammissibile, in quanto formulata in violazione del divieto di falcidia del credito per IVA, imposto dall’art. 182-ter legge fall. con disposizione di natura sostanziale ed eccezionale applicabile in qualsiasi contesto procedimentale.
La corte d’appello si uniformò in realtà a taluni precedenti di legittimità secondo i quali «l’art. 182-ter, primo comma, legge fall. (come modificato dall’art. 32 del d.l. 29 novembre 2008, n. 185, convertito dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2), che esclude la falcidia concordataria sul capitale dell’IVA, così sancendo l’intangibilità del relativo debito, ha natura sostanziale e carattere eccezionale, attribuendo al corrispondente credito un trattamento peculiare ed inderogabile, sicché la stessa si applica ad ogni forma di concordato, ancorché proposto senza ricorrere all’istituto della transazione fiscale, attenendo allo statuto concorsuale del credito IVA» (Cass., sez. I, 25 giugno 2014, n. 14447 (1), m. 631445, Cass., sez. I, 4 novembre 2011, n. 22931 (2), m. 620055).
L’interpretazione proposta da questi precedenti è risultata peraltro molto controversa sia in dottrina sia nella giurisprudenza di merito, sulla base di argomenti ripresi nei due motivi d’impugnazione proposti dalla MRE s.r.l., cui resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.
Sicché il Primo presidente di questa corte, in accoglimento di una richiesta della parte ricorrente, ha rimesso alle Sezioni unite di «stabilire se la previsione dell’infalcidiabilità del credito IVA di cui all’art. 182-ter legge fall. trovi applicazione solo nell’ipotesi di proposta di concordato accompagnata da una transazione fiscale, fattispecie alla quale la norma fa espresso riferimento, ovvero anche nell’ipotesi di concordato preventivo proposto senza fare ricorso all’istituto disciplinato dall’art. 182-ter legge fall.».

MOTIVI DELLA DECISIONE – 1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta che i giudici del merito, pur riconoscendo la facoltatività della transazione fiscale, quale fase meramente eventuale del procedimento di concordato preventivo, abbiano contraddittoriamente attribuito alla relativa disciplina, e segnatamente al divieto di falcidia del credito per IVA, una generale portata derogatoria della disciplina dettata per il procedimento principale.
Sostiene che, se il legislatore avesse davvero inteso prevedere la infalcidiabilità del credito per IVA in ogni concordato preventivo, avrebbe inserito la deroga nell’art. 160 legge fall., non nell’art. 182-ter destinato alla disciplina della sola transazione fiscale.
Con il secondo motivo la ricorrente deduce che l’interpretazione adottata dalla corte d’appello comporta uno stravolgimento dell’ordine dei privilegi, perché il credito per IVA collocato come diciannovesimo, dovrebbe prevalere sui crediti potiori.

2. Il ricorso è fondato.
Il Procuratore generale ha chiesto la dichiarazione di cessazione della materia del contendere nel presupposto del sopravvenuto fallimento della società ricorrente. Tuttavia una tale pronuncia non risulta ritualmente documentata a norma dell’art. 372 c.p.c.; sicché la corte non può tenerne conto, ma deve pronunciarsi sul ricorso.

2.1 La riforma della legge fallimentare, innovando rispetto al sistema previgente, ha riconosciuto l’ammissibilità di un concordato preventivo che preveda il pagamento non integrale dei creditori privilegiati.
Stabilisce ora l’art. 160 comma 2 legge fall. che la proposta di concordato preventivo «può prevedere che i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, non vengano soddisfatti integralmente, purché il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o diritti sui quali sussiste la causa di prelazione indicato nella relazione giurata di un professionista in possesso dei requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d)». E aggiunge che «il trattamento stabilito per ciascuna classe non può avere l’effetto di alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione», così escludendo l’ammissibilità di un trattamento differenziato tra diversi creditori privilegiati, che non sia compatibile con l’ordine di preferenza stabilito dalla legge, anche quando il piano concordatario proponga una suddivisione in classi dei creditori.
Sicché il piano concordatario può certamente prevedere «trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse» (art. 160 comma 1 lettera d legge fall.), ma senza alterare l’ordine delle prelazioni, che a maggior ragione risulta vincolante quando una suddivisione in classi non sia prevista.
L’art. 182-ter legge fall., prevede poi che, «con il piano di cui all’articolo 160 il debitore può proporre il pagamento, parziale o anche dilazionato, dei tributi amministrati dalle agenzie fiscali e dei relativi accessori, nonché dei contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie e dei relativi accessori, limitatamente alla quota di debito avente natura chirografaria anche se non iscritti a ruolo, ad eccezione dei tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea»; aggiungendo che, «con riguardo all’imposta sul valore aggiunto ed alle ritenute operate e non versate, la proposta può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento».

2.2 Tale essendo il quadro normativo, ci si è domandato innanzitutto se, in presenza di debiti di natura tributaria, la transazione fiscale sia obbligatoria, condizioni cioè l’ammissibilità di qualsiasi proposta di concordato preventivo, almeno quando la proposta preveda il pagamento parziale dei crediti privilegiati. E benché non siano mancate risposte positive al quesito, è del tutto prevalente l’interpretazione che riconosce la facoltatività del ricorso alla transazione fiscale, sulla base del decisivo argomento testuale desumibile dall’incipit dello stesso art. 182-ter legge fall., che prevede appunto la mera facoltà del debitore di promuovere contestualmente sia la procedura di concordato preventivo sia il sub procedimento per la conclusione della transazione fiscale.
Sicché può ben dirsi che, quando abbia debiti tributari, per il debitore sono disponibili due ipotesi di concordato preventivo: una principale, che prescinde da un previo accordo con il Fisco; l’altra speciale, che include la transazione fiscale. E la scelta tra l’uno e l’altro procedimento dipenderà evidentemente dall’eventuale esigenza imprescindibile di ottenere il voto favorevole dell’Amministrazione finanziaria, in ragione delle dimensioni del suo credito, oltre che di offrire certezza ai creditori tutti circa l’effettiva consistenza del debito tributario e di conseguenza circa le concrete prospettive di attuabilità del piano concordatario.
Una proposta di concordato preventivo potrebbe infatti ottenere il consenso della maggioranza dei creditori anche senza il voto favorevole del Fisco; e le prospettive di attuabilità del piano concordatario potrebbero essere ben chiare anche senza transazione fiscale, quando l’entità del credito tributario risulti incontestata e ben definita.
Il concordato con transazione fiscale è dunque una speciale figura di concordato preventivo: sia perché viene ovviamente in rilievo solo quando vi siano debiti tributari; sia perché, anche in presenza di debiti tributari, è possibile un concordato preventivo senza transazione fiscale.
Tuttavia, se tra le due fattispecie di concordato preventivo v’è, come è evidente, un rapporto di specialità, non è possibile estendere alla fattispecie generale, del concordato senza transazione fiscale, la disciplina della fattispecie speciale, del concordato con transazione fiscale. Solo se si ipotizzasse l’obbligatorietà della transazione fiscale, si potrebbe riconoscere l’infalcidiabilità del credito IVA in qualsiasi concordato. Ma se si esclude che la transazione fiscale debba accompagnare necessariamente ogni ipotesi di concordato preventivo con debiti tributari, deve riconoscersi che la regola dell’infalcidiabilità operi solo per la transazione fiscale.
Il rapporto di specialità intercorrente tra la disciplina del concordato semplice e la disciplina del concordato con transazione fiscale comporta che con l’eliminazione della norma speciale i casi da essa regolati rifluirebbero automaticamente nell’ambito di previsione della norma generale; sicché l’ambito di applicazione della norma speciale non può estendersi all’ambito di applicazione della norma generale.
Certo, nel caso di concordato con transazione fiscale l’infalcidiabilità del credito IVA non si estenderà anche agli altri crediti privilegiati di rango potiore, che subiranno la falcidia compatibile con i limiti imposti dall’art. 160 comma 2 legge fall. Ma in questo caso il mancato rispetto dell’ordine dei privilegi risulterebbe giustificato dal necessario consenso degli altri creditori, anche privilegiati, al cui voto sarebbe sottoposta l’intera proposta di concordato, inclusiva della transazione fiscale. Infatti, secondo quanto prevede l’art. 182-ter legge fall., la proposta di transazione fiscale deve essere inclusa nel piano concordatario da sottoporre al voto di tutti i creditori; e in caso di approvazione della proposta, il pagamento integrale del credito IVA diviene funzionale all’attuazione del piano.
Sicché in questa prospettiva l’effetto di favore per il credito IVA (e per quelli assimilati) è del tutto compatibile con il sistema normativo vigente, che risulterebbe invece totalmente disarticolato se si affermasse la infalcidiabilità del credito IVA in qualsiasi concordato preventivo, indipendentemente dalla connessione con una transazione fiscale.
Ove non si intendesse vanificare il riconoscimento della falcidiabilità anche dei crediti privilegiati, introdotta dalla riforma della legge fallimentare, si finirebbe infatti per attribuire al credito per IVA una sorta di superprivilegio, per di più riconosciuto in un contesto del tutto eccentrico rispetto a quello della disciplina dell’ordine dei privilegi.
Per replicare a questa obiezione si è rilevato che l’ordine legale dei privilegi non vincola il legislatore. Ma si tratta di una petizione di principio, perché è qui in discussione appunto se il legislatore abbia inteso derogare all’ordine dei privilegi senza modificarne la disciplina generale.

2.3 La tesi che vincola all’infalcidiabilità del credito per l’IVA anche il concordato senza transazione fiscale è argomentata sulla base di due assunti: la natura sostanziale ed eccezionale della disposizione sull’infalcidiabilità; la indisponibilità a livello nazionale del credito per un’imposta di natura eurounitaria.
Questo secondo assunto risulta ora smentito dalla recente sentenza 7 aprile 2016 pronunciata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nella causa C-546/14(3), che ha dichiarato eurounitariamente compatibile la falcidiabilità del credito IVA in sede di concordato preventivo, in ragione della serietà del procedimento destinato a verificare l’impossibilità di una migliore soddisfazione della pretesa tributaria in caso di fallimento.
Il secondo assunto rivela immediatamente la fragilità delle sue basi, se si consideri da un canto la nota relatività della distinzione tra norme processuali e norme sostanziali, dall’altro la inafferrabilità di un concetto di norma eccezionale ancorato al solo rapporto tra regola ed eccezione, che renderebbe eccezionali pressoché tutte le norme giuridiche, tanto frequentemente in rapporto di eccezione le une con altre.
Processuale o sostanziale che sia, infatti, la regola dell’infalcidiabilità del credito IVA è inclusa nella disciplina speciale del concordato preventivo con transazione fiscale. E non si può pretendere di estenderla ai casi regolati dalla disciplina generale del concordato preventivo senza transazione.
Certo, nell’ambito della disciplina speciale del concordato con transazione fiscale, la infalcidiabilità del credito IVA rappresenta un’eccezione alla regola della falcidiabilità dei crediti privilegiati anche tributari. Ma questa eccezione non può estendersi automaticamente oltre l’ambito di applicazione della disciplina speciale in cui è inclusa, come dimostra il fatto che la sua applicazione al procedimento di composizione della crisi da sovraindebitamento ne ha richiesto l’espressa previsione nell’art. 7 della legge 27 gennaio 2012 n. 3. È un argomento retoricamente efficace, ma logicamente scorretto, quello che presume di applicazione “universale” una norma qualificata eccezionale solo perché prevede un’eccezione nell’ambito di una disciplina di per sé speciale.

3. Si deve pertanto concludere con l’enunciazione del seguente principio di diritto:
«la previsione dell’infalcidiabilità del credito IVA di cui all’art. 182-ter legge fall. trova applicazione solo nell’ipotesi di proposta di concordato accompagnata da una transazione fiscale».
In accoglimento del ricorso va dunque cassata con rinvio la decisione impugnata, ma le spese del giudizio di legittimità debbono essere compensate integralmente, in ragione delle incertezze giurisprudenziali sulla questione controversa.

P.Q.M. – La Corte accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Genova in diversa composizione, compensando integralmente le spese del giudizio di legittimità.

* Si omette la pubblicazione del testo della sentenza n. 26988/2016 in quanto sostanzialmente identico a quello della più recente sentenza n. 760/2017 di seguito riprodotto, precisando che il testo integrale della prima pronuncia è comunque rinvenibile in Boll. Trib. On-line.
(1) In Boll. Trib. On-line.
(2) In Boll. Trib., 2012, 612.

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