16 Dicembre, 2014


Con un precedente intervento in questa Rivista (1), avevamo commentato la sentenza della Corte di Giustizia europea causa C-424/11 del 2013 (2) (c.d. “sentenza Wheels”), che si era pronunciata sul trattamento da riservare, ai fini IVA, ai servizi connessi alla gestione dei fondi pensione.

In relazione a tale fattispecie la Corte di Giustizia europea sentenziò che il particolare fondo pensione, allora sottoposto al suo esame, non poteva essere considerato un fondo di investimento collettivo a norma della Direttiva OICVM (Direttiva 2001/108/CE del Parlamento europeo e del Consiglio dell’Unione europea del 21 gennaio 2002) e nemmeno essere assimilabile allo stesso, non presentando tratti comparabili a tal punto da porsi in regime di concorrenza con esso.

In quel caso, infatti, il fondo non era aperto al pubblico ma voleva assicurare un vantaggio che i datori di lavoro concedevano esclusivamente ai propri dipendenti.

Un fondo d’investimento siffatto non era quindi comparabile agli OICVM a tal punto da porsi in rapporto di concorrenza e giustificare il medesimo trattamento fiscale. Esso si differenziava per diverse caratteristiche (riportate nella narrativa di quella sentenza), in misura tale da non poter essere considerato rispondente alle stesse esigenze.

In particolare, gli iscritti a tale fondo pensionistico non sopportavano il rischio di gestione dello stesso, nel quale confluivano gli eventuali attivi dell’investimento, a differenza degli investitori privati che impiegano i loro capitali in un OICVM.

La pensione percepibile, infatti, non dipendeva affatto dal valore degli attivi del regime e dall’andamento degli investimenti effettuati dai gestori del fondo, ma era predefinita in funzione della durata della carriera presso il datore di lavoro e dell’importo dello stipendio, secondo la legge e gli accordi collettivi, mentre il rendimento che gli acquirenti di quote di OICVM possono attendersi dipende, appunto, da quella gestione nel periodo in cui gli acquirenti detengono tali quote.

Inoltre, tale regime si distingueva da un ordinario fondo comune di investimento anche dal punto di vista del datore di lavoro.

Invero, quest’ultimo non si trovava in una situazione comparabile a quella di un investitore in OIVCM dal momento che, pur dovendo egli sopportare le conseguenze finanziarie degli investimenti effettuati dai gestori del regime, i contributi che versava al fondo pensionistico costituivano per lui un mezzo per ottemperare ai propri obblighi giuridici nei confronti dei dipendenti.

Si arrivava così alla decisione, riassunta nel dispositivo della sentenza, secondo cui le vigenti disposizioni comunitarie «devono essere interpretate nel senso che un fondo di investimento nel quale confluiscono gli attivi di un regime di pensioni di vecchiaia non rientra nella nozione di “fondi comuni di investimento”, ai sensi di dette disposizioni, la cui gestione può essere esentata dall’imposta sul valore aggiunto alla luce dell’obiettivo di tali direttive e del principio di neutralità fiscale, qualora gli affiliati non sopportino il rischio della gestione di detto fondo ed i contributi versati dal datore di lavoro al regime di pensioni di vecchiaia costituiscano per lui un mezzo per ottemperare ai propri obblighi giuridici nei confronti dei suoi dipendenti».

Nel nostro articolo, invero, non avevamo mancato di esprimere qualche perplessità in merito a tali conclusioni, atteso che sembrava che i giudici comunitari, in quell’occasione, non avessero tenuto nel debito conto che, effettivamente, i lavoratori aderenti a quel fondo pensione sopportavano comunque un “rischio”, visto che, se gli attivi del regime risultavano più elevati di quanto necessario per finanziare le prestazioni previdenziali, i gestori potevano (seppur in “terza istanza”) incrementare le prestazioni previdenziali.

Soprattutto, però, se al contrario tali attivi non risultavano sufficienti per assicurare gli assegni pensionistici, gli iscritti ne subivano il nocumento, se il datore di lavoro non adempieva al suo obbligo di coprire il deficit o non era in grado di farlo (3).

[-protetto-]

Non si vedeva, altrimenti, quale interesse avrebbero avuto i lavoratori ad iscriversi (facoltativamente) in un fondo pensionistico come quello esaminato, se non sperare nel perseguimento del primo risultato.

Altre perplessità, ancor più sostanziali, riguardavano i possibili effetti che tale sentenza avrebbe potuto avere sulla legislazione nazionale, considerando che, come è noto, il trattamento di esenzione dall’IVA dei fondi pensioni – contemplati dal D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, che disciplina nel nostro ordinamento le forme di previdenza per l’erogazione di trattamenti pensionistici complementari del sistema obbligatorio pubblico – è stata espressamente prevista dall’art. 15 del D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 47, applicabile a decorrere dal 1° gennaio 2001 (cfr. gli artt. 16, terzo comma, e 19 del citato decreto), che ha a tal fine integrato l’art. 10, n. 1), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (4).

Conseguentemente, in Italia, per tali fondi pensionistici, assimilati in pieno agli OICVM, la prevista esenzione dal tributo concerne tutte le operazioni attive poste in essere nell’esercizio dell’attività di gestione degli stessi e le relative, eventuali intermediazioni, ai sensi del collegato disposto di cui allo stesso art. 10, n. 9), del D.P.R. n. 633/1972.

Dovrebbero, altresì, rientrare nella gestione esente dei fondi pensione anche gli inerenti servizi di gestione amministrativa (servizi legali e contabili relativi alla gestione del fondo, servizi di informazione ai clienti, distribuzione dei proventi, emissione e riscatto di quote, tenuta di libri, ecc.), e contabile dei fondi forniti da un gestore esterno, qualora essi formino un insieme distinto, valutato globalmente, e siano specifici ed essenziali per la gestione dei fondi stessi.

Anche l’Amministrazione finanziaria ha avuto occasione di precisare (5) che il trattamento IVA dei servizi di gestione amministrativa dei fondi pensione forniti da un gestore esterno va valutato caso per caso, avendo riguardo a quanto prevede il contratto in essere.

Comunque, sulla fattispecie intervengono nuovamente, nonostante il breve tempo trascorso, i giudici comunitari (6), offrendo ulteriori elementi di chiarimento.

La sentenza in commento, dopo aver ricordato il quadro normativo di riferimento e le caratteristiche del caso sottoposto al suo esame (sollecitato dai giudici danesi), con particolare riguardo al ruolo della società terza, analizza le attività svolte dalla stessa per conto dei fondi pensione, sintetizzabili in:

compiti amministrativi, in particolare fornitura di informazioni e consulenza specifica ai datori di lavoro e ai lavoratori (affiliati) in relazione ai regimi offerti dai fondi pensione;

manutenzione e sviluppo del sistema, riguardante lo sviluppo e la manutenzione della piattaforma tramite la quale i servizi della società di gestione vengono prestati ai fondi pensione;

prestazione di servizi riguardanti i contributi finanziari versati nei fondi pensione e i pagamenti delle pensioni ai beneficiari.

In tale occasione, i giudici non omettono ovviamente di richiamare il precedente della sentenza Wheels, ribadendo che in quel caso il fondo pensione era effettivamente differente da quello ora esaminato perché sugli affiliati non ricadeva il rischio di gestione del fondo di investimento nel quale confluiscono gli attivi del regime pensionistico, in quanto la pensione percepita era predefinita in funzione della carriera raggiunta presso il datore di lavoro e dell’importo dello stipendio, e i contributi versati dal datore del lavoro al regime pensionistico costituivano per lui un mezzo per ottemperare ai propri obblighi giuridici nei confronti dei dipendenti.

Per contro, il fondo pensione danese, al pari di qualsiasi OICVM, è finanziato dai beneficiari del trattamento pensionistico, sui quali ricade il rischio degli investimento, rispettando quindi quella caratteristica tipica di “ripartizione del rischio” degli investimenti finanziari fra i partecipanti, che devono avere tutti gli OICVM per essere definiti tali e per godere, in particolare, del trattamento fiscale di esenzione dall’IVA.

A tal fine, risulta irrilevante che i versamenti a tali fondi siano effettuati dai datori di lavoro, che i loro importi risultino da contratti collettivi tra le organizzazioni dei datori di lavoro e i sindacati, che le modalità finanziarie di restituzione del risparmio siano diversificate, che i contributi siano deducibili sulla base delle regole applicabili alle imposte sul reddito o che sia possibile aggiungere un elemento assicurativo accessorio.

Altre interessanti considerazioni vengono poi espresse sul riconoscimento del medesimo trattamento di esenzione dall’IVA (pur rimettendo ai giudici di rinvio il concreto esame degli elementi fondamentali per giustificare tale riconoscimento, secondo i principi espressi nella stessa sentenza e nei numerosi precedenti della giurisprudenza comunitaria ivi richiamati), per i vari servizi di “gestione” di detti fondi pensione da parte di una società terza, anche per quanto riguarda: il calcolo dell’importo degli utili e del prezzo delle quote o delle azioni del fondo, la valutazione dei patrimoni, la contabilità, la preparazione di dichiarazione per la distribuzione degli utili, il rilascio di informazioni e di documentazione per i conti periodici e per le dichiarazioni fiscali, statistiche e IVA, la preparazione delle previsione di utili, nonché i necessari pagamenti e giroconti (cfr. i punti 68 e segg. della sentenza in esame).

Notiamo, per inciso, che il regime di esenzione dall’IVA in riferimento, in particolare, al servizio di calcolo del valore della quota del fondo (c.d. “N.A.V.”) è stato recentemente riconosciuto anche dall’Agenzia delle entrate con la risoluzione riguardante il trattamento IVA applicabile al complesso dei servizi forniti dalla c.d. “banca depositaria” del fondo stesso (7).

Probabilmente le circostanziate motivazioni espresse nella pronuncia in rassegna offrono spunti per approfondire e riconsiderare anche gli altri aspetti che hanno portato l’Amministrazione finanziaria ad affermare, secondo la recente declaratoria, che «su istanza delle associazioni di categoria, gli uffici dell’Amministrazione finanziaria, in collaborazione con alcuni operatori del settore, hanno avviato un’analisi delle attività svolte dalla banca depositaria nei confronti degli OICR, per individuare la quota di corrispettivo che può ragionevolmente ritenersi rappresentativa dell’attività di controllo e di sorveglianza, imponibile ad IVA, rispetto alla restante quota relativa alle altre attività esenti. All’esito di tale analisi, detta quota è stata ritenuta pari al 28,3 per cento del corrispettivo complessivo, assunto al netto della parte riferibile alla custodia e amministrazione dei beni degli OICR».

Avv. Gianni Polo

(1) Cfr. G. Polo, L’intervento della Corte di Giustizia UE sul trattamento IVA dei fondi pensione, in Boll. Trib., 2013, 489; ID., IVA e servizi finanziari e bancari, Roma, 2012, 222; e G. Corasaniti, Gli strumenti finanziari nella fiscalità d’impresa, Milano, 2013, 638.

(2) Cfr. Corte Giust. UE, sez. I, 7 marzo 2013, causa C-424/11, “Wheels”, in Boll. Trib., 2013, 555.

(3) Circostanza pur ricordata da Corte Giust. UE, causa C-424/11, cit., al punto 14, lett. g) e h).

(4) Le implicazioni fiscali connesse ai fondi pensione, disciplinate dal D.Lgs. 18 febbraio 2000, n. 47, sono state all’epoca diffusamente illustrate con la circ. 20 marzo 2001, n. 29/E, in Boll. Trib., 2001, 500.

(5) Cfr. ris. 29 novembre 2011, n. 114/E, in Boll. Trib. On-line.

(6) Per un primo esame della sentenza annotata, cfr. F. Ricca, IVA, esentati i fondi pensione, in Italia Oggi del 18 marzo 2014, 28.

(7) Cfr. ris. 17 dicembre 2013, n. 97/E, in Boll. Trib., 2014, 127; e S. Baruzzi, IVA e servizi di banca depositaria, in il fisco, 2014, 752.

IVA – Operazioni esenti – Fondi comuni d’investimento – Art. 13, parte B, lett. d), punti 3 e 6, della VI Direttiva 77/388/CEE – Regimi pensionistici professionali – Gestione – Operazioni relative ai depositi di fondi, ai conti correnti, ai pagamenti, ai giroconti – Esenzione dall’IVA – Spetta.

L’esenzione dall’IVA stabilita dall’art. 13, parte B, lett. d), punti 3 e 6, della VI Direttiva 77/388/CEE del Consiglio della Comunità economica europea del 17 maggio 1977, va riconosciuta ai fondi pensione allorché siano finanziati dai beneficiari delle pensioni versate (anche tramite i datori di lavoro), il risparmio è investito secondo il principio della ripartizione dei rischi e il rischio degli investimenti ricade sugli iscritti; tale esenzione comprende anche le prestazioni dei servizi di gestione del fondo stesso, pure se affidato a terzi, con cui si concretizzano i diritti degli affiliati ai fondi pensione tramite l’apertura di conti e l’accredito dei contributi versati per loro conto nel sistema dei regimi pensionistici, ivi compresi i servizi di contabilità e di informazione relativi a detti conti, nonché le operazioni accessorie a tali servizi o che costituiscono con essi un’unica prestazione economica.

 [Corte di Giustizia UE, sez. V (Pres. von Danwitz, rel. Rosas), 13 marzo 2014, causa C-464/12, ATP PensionService A/S c. Skatteministeriet]

Sentenza

1. La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 13, parte B, lettera d), punti 3 e 6, della sesta direttiva 77/388/CEE, del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la «sesta direttiva»).

2. Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra l’ATP PensionService A/S (in prosieguo: l’«ATP») e lo Skatteministeriet (Ministero delle Finanze) avente ad oggetto un diniego di esenzione dall’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») su taluni servizi prestati dall’ATP per taluni fondi pensione professionali.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

3. L’articolo 13, parte B, lettera d), della sesta direttiva è formulato come segue:

«Fatte salve le altre disposizioni comunitarie, gli Stati membri esonerano, alle condizioni da essi stabilite per assicurare la corretta e semplice applicazione delle esenzioni previste in appresso e per prevenire ogni possibile frode, evasione ed abuso:

(…)

d) le operazioni seguenti:

(…)

3. le operazioni, compresa la negoziazione, relative ai depositi di fondi, ai conti correnti, ai pagamenti, ai giroconti, ai crediti, agli assegni e ad altri effetti commerciali, ad eccezione del recupero dei crediti;

(…)

6. la gestione di fondi comuni d’investimento quali sono definiti dagli Stati membri».

4. L’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 85/611/CEE del Consiglio, del 20 dicembre 1985, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative in materia di taluni organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (o.i.c.v.m.) (GU L 375, pag. 3), come modificata dalle direttive 2001/107/CE e 2001/108/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 gennaio 2002 (GU L 41, rispettivamente pag. 20 e pag. 35; in prosieguo la «direttiva 85/611»), definisce tali organismi nei seguenti termini:

«Ai fini della presente direttiva e fatto salvo l’articolo 2, si intendono per o.i.c.v.m. gli organismi:

il cui oggetto esclusivo è l’investimento collettivo dei capitali raccolti presso il pubblico in valori mobiliari e/o in altre attività finanziarie liquide di cui all’articolo 19, punto 1, e il cui funzionamento è soggetto al principio della ripartizione dei rischi e – le cui quote sono, su richiesta dei portatori, riacquistate o rimborsate, direttamente o indirettamente, a carico del patrimonio dei suddetti organismi. È assimilato a tali riacquisti o rimborsi il fatto che un o.i.c.v.m. agisca per impedire che il corso delle sue quote in borsa si allontani sensibilmente dal valore netto di inventario».

5. Conformemente all’articolo 5, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 85/611, «l’attività di gestione di fondi comuni di investimento e di società di investimento comprende, ai fini della presente direttiva, le funzioni citate nell’elenco non esaustivo di cui all’allegato II».

6. Il citato allegato II menziona i seguenti aspetti tra le «(f)unzioni comprese nell’attività di gestione di portafogli collettivi»:

«– Gestione degli investimenti

Amministrazione:

a) servizi legali e contabili relativi alla gestione del fondo;

b) servizio di informazione per i clienti;

c) valutazione e determinazione del prezzo (anche ai fini delle dichiarazioni fiscali);

d) controllo dell’osservanza della normativa applicabile;

e) tenuta del registro dei detentori delle quote;

f) distribuzione dei proventi;

g) emissione e riscatto delle quote;

h) regolamento dei contratti (compreso l’invio dei certificati);

i) tenuta delle registrazioni contabili.

Commercializzazione».

7. L’articolo 5-octies, paragrafo 1, della direttiva 85/611 ha introdotto la possibilità per gli Stati membri di consentire «alle società di gestione di delegare a terzi, ai fini di una conduzione più efficiente della loro attività, l’esercizio per loro conto di una o più delle loro funzioni» purché tale mandato soddisfi i requisiti enunciati alle lettere da a) a i) di tale articolo 5-octies, paragrafo 1.

Diritto danese

Regime previdenziale danese

8. Il giudice del rinvio descrive il regime previdenziale danese come segue.

9. Esso spiega che tale regime si suddivide in tre pilastri: il primo comprende la pensione obbligatoria (segnatamente la «folkepension», pensione statale), il secondo comprende i regimi pensionistici complementari professionali e il terzo la previdenza complementare individuale. Mentre il primo pilastro è finanziato dalle imposte, il secondo e il terzo pilastro (regimi pensionistici complementari) sono finanziati dai beneficiari delle pensioni erogate, ossia dagli affiliati.

10. I regimi pensionistici complementari (secondo e terzo pilastro) sono finanziati generalmente dai contributi finanziari versati in modo scaglionato nell’ambito di un piano pensionistico gestito da un istituto previdenziale (segnatamente i fondi pensione) o da un istituto finanziario. Nel caso di regimi pensionistici professionali (secondo pilastro), i datori di lavoro versano, di regola, i contributi pensionistici per conto dei lavoratori in un fondo pensione, ma il versamento può anche essere effettuato presso un istituto finanziario.

11. La previdenza complementare (secondo e terzo pilastro) è in linea di principio un regime a contributi definiti, il che significa che l’ammontare del contributo pensionistico è oggetto di convenzione, mentre l’importo della pensione che sarà erogata dipenderà, in parte, dall’entità dei risparmi versati all’ente previdenziale e, in parte, dal rendimento dell’investimento che ne risulta (dedotte le spese collegate al risparmio).

12. Il corrispettivo del risparmio destinato alla previdenza complementare può assumere le seguenti forme:

rendita vitalizia, versata fino al decesso del beneficiario;

rendita erogata in rate periodiche a partire dalla data del pensionamento;

capitale versato in un’unica soluzione alla data del pensionamento.

13. In caso di pensione sotto forma di rendita vitalizia, un affiliato può ottenere l’erogazione periodica della pensione, dalla data del pensionamento a quella del suo decesso. L’importo di tale pensione è calcolato in parte sulla base dell’aspettativa media di vita e in parte sulla base della somma del risparmio realizzata al momento del pensionamento. L’affiliato al fondo pensione può impiegare il risparmio sotto forma di rendita erogata in rate periodiche o di capitale per acquisire una pensione sotto forma di rendita vitalizia oppure per effettuare un ulteriore conferimento in una rendita vitalizia esistente.

14. I contributi pensionistici versati nell’ambito di un piano pensionistico complementare sono fiscalmente deducibili, entro certi limiti, ai sensi della normativa fiscale danese sull’imposta sul reddito. Il diritto alla deduzione è indipendente dal fatto che si tratti di un contributo in un piano pensionistico gestito da un ente pensionistico o aperto presso un istituto finanziario.

15. Le decisioni riguardanti l’importo dei contributi versati nell’ambito di regime pensionistico e la scelta di ripartire i contributi versati tra una rendita vitalizia, una pensione erogata sotto forma di rate periodiche o di capitale sono prese dall’affiliato.

16. Tuttavia, per quanto riguarda i regimi pensionistici complementari professionali (secondo pilastro), sono normalmente le parti sociali (organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori), che rappresentano i datori di lavoro e i lavoratori, a concordare le condizioni di pensione dei lavoratori in sede di contrattazioni collettive periodiche.

17. Per i lavoratori cui si applicano tali contratti collettivi, gli importi dei contributi pensionistici concordati saranno di regola versati in un fondo pensione (fondo pensione professionale). Oltre a questi contributi obbligatori, i lavoratori possono scegliere di versare contributi finanziari supplementari al regime pensionistico professionale o di sottoscrivere un piano pensionistico individuale presso un istituto finanziario.

18. I regimi previdenziali individuali (terzo pilastro) comprendono, inoltre, i contributi finanziari versati da soggetti che non sono ricompresi in un regime pensionistico in ragione delle loro condizioni d’impiego.

Si tratta, in particolare, di lavoratori autonomi, datori di lavoro e dirigenti. Tuttavia, anche costoro possono scegliere di versare contributi pensionistici nell’ambito di un regime pensionistico professionale (secondo pilastro), se tale regime è previsto per i lavoratori dell’impresa.

Disposizioni danesi in materia di IVA

19. L’articolo 13, paragrafo 1, punto 11, lettere c) e f), della legge sull’IVA (momsloven) stabilisce:

«I seguenti beni e servizi sono esenti dall’IVA:

(…)

11) Le seguenti attività finanziarie:

(…)

c) le operazioni, compresa la negoziazione, relative ai depositi di fondi, ai conti correnti, ai pagamenti, ai giroconti, ai crediti, agli assegni e ad altri effetti commerciali, ad eccezione del recupero dei crediti;

(…)

f) la gestione di fondi comuni di investimento».

20. Le linee guida giuridiche (Den Juridiske Vejledning) 20122, D.A.5.11.6, che sono linee guida ufficiali delle autorità, riguardanti l’interpretazione della legge sull’IVA, prevedono che l’esenzione per operazioni relative ai depositi di fondi e ai conti correnti copre, in particolare, l’apertura di conti nazionali, il risparmio a fini previdenziali e altri piani di risparmio, nonché i depositi e i prelievi su tali conti.

21. Da ciò deriva che, in merito alle operazioni riguardanti i pagamenti e i giroconti: «(l)e operazioni riguardanti i pagamenti e i giroconti consistono in un trasferimento di fondi in contanti, per via telematica, ad esempio attraverso un centro informatico o tramite SWIFT (Società mondiale di telecomunicazioni finanziarie interbancarie), oppure sulla base di documenti elaborati secondo determinati requisiti. I pagamenti, i giroconti e le operazioni di pagamento possono avvenire mediante subfornitori, ad esempio PBS».

22. La linea guida D.A.5.11.9.3 chiarisce che la gestione di fondi comuni di investimento comprende, in particolare, le seguenti attività:

amministrazione corrente degli investimenti, compresa la contabilità;

consulenza e decisioni di investimento in fondi e di acquisto e vendita di valori mobiliari per il fondo;

calcolo del valore reale delle quote di partecipazione;

emissione e rimborso dei certificati d’investimento, e

altri servizi amministrativi, in particolare servizi informatici, prospetti, marketing, gestione, sviluppo e analisi.

23. Dalle linee guida summenzionate deriva, inoltre, che l’esenzione dall’IVA si applica alla gestione di fondi comuni di investimento, nonostante il fatto che tale gestione venga effettuata dal fondo stesso, da una società di gestione o da un altro organismo legalmente abilitato a tal fine.

24. Al punto 2 della decisione di rinvio, l’Østre Landsret (Corte regionale dell’Est), indica che la linea guida D.A.5.11.9.2 descrive i fondi comuni di investimento nel modo seguente:

«In un parere vincolante lo Skatterådet [Consiglio nazionale delle imposte] ha dato seguito alla sentenza della Corte [del 28 giugno 2007, JP Morgan Fleming Claverhouse Investment Trust e The Association of Investment Trust Companies (C-363/05 (1), Racc. pag. I-5517, in prosieguo la sentenza “JP MorganFleming”)]. Nel parere, lo Skatterådet definisce i fondi comuni di investimento considerati esenti dall’IVA ai sensi della giurisprudenza danese. Vedi la linea guida informativa sull’interpretazione in materia fiscale 2008 353.SR.

I seguenti fondi comuni di investimento sono esenti dall’IVA ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, punto 11, lettera f), della legge danese sull’[IVA]:

1. Fondi comuni di investimento e altri [o.i.c.v.m.] rientranti nella direttiva [85/611].

2. Fondi comuni di investimento che gestiscono conti, ai sensi dell’articolo 2 della legge sulla tassazione dei sottoscrittori di fondi comuni di investimento che gestiscono conti, indipendentemente dal fatto che tali fondi rientrino o meno nella direttiva [85/611].

3. Organismi di investimento collettivo a carattere fiscale rientranti nell’articolo 16 C, paragrafo 1, della legge relativa alla base di calcolo dei contributi [Lingningsloven], siano essi assoggettati o meno alla direttiva [85/611].

4. Società o fondi di investimento rientranti nell’articolo 19, paragrafi 2, 3 e 4, della legge sulla fiscalità delle azioni [Aktieavancebeskatningsloven], siano essi assoggettati o meno alla direttiva [85/611].

5. Fondi comuni di investimento per capitalizzazione che emettono certificati rientranti nell’articolo 1, paragrafo 1, n. 5a), della legge sul servizio sociale [Lov om social service], siano essi assoggettati o meno alla direttiva [85/611].

6. Società fiduciarie d’investimento, v. [sentenza JP Morgan Fleming], rientrino esse o meno nei punti da 2 a 5.

7. Gli altri istituti d’investimento collettivo in valori mobiliari, che, in base ad una valutazione concreta, possono essere considerati come prestatori di servizi comparabili a con quelli offerti dai fondi comuni di investimento di cui ai punti da 1 a 6, e in concorrenza con tali servizi, ai loro membri e azionisti, al fine di distribuire il rischio dell’investimento in valori mobiliari».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

25. L’Østre Landsret descrive i fatti del procedimento principale nel modo seguente.

26. Il principale cliente dell’ATP è un fondo pensione professionale denominato PensionDanmark.

PensionDanmark amministra i regimi pensionistici costituiti in base a contratti collettivi o ad accordi aziendali per conto di 12 sindacati e 37 associazioni di datori di lavoro, comprendenti in tutto 602.000 membri, occupati in 22 000 aziende pubbliche e private.

27. Il contesto in cui si inseriscono i servizi dell’ATP è il seguente. L’ATP apre un conto per ciascun affiliato a un fondo pensione cliente nell’ambito del regime pensionistico che essa gestisce, sulla base delle informazioni ricevute dai datori di lavoro. Il datore di lavoro comunica all’ATP i contributi pensionistici dovuti per l’insieme dei suoi dipendenti e trasferisce sul conto del fondo pensione presso un istituto finanziario un importo unico rappresentato dalla totalità dei contributi. L’importo dovuto dal datore di lavoro al singolo lavoratore sulla base del contratto collettivo o dell’accordo aziendale viene accreditato successivamente dall’ATP sul conto del lavoratore nel contesto del sistema dei regimi pensionistici che essa gestisce.

28. L’affiliato ha in qualsiasi momento accesso al suo conto pensione attraverso il sito internet del fondo pensione. L’ATP aggiorna i conti sulla base degli importi da accreditare e da prelevare, in modo tale che il saldo del conto pensione corrisponda alla somma del risparmio previdenziale (esclusi i profitti maturati, ma non ancora imputati).

29. L’ATP inizia, inoltre, a prelevare delle somme dal conto degli affiliati ai fondi pensione, dando l’ordine a un istituto finanziario di versare tali somme agli affiliati.

30. Gli stessi fondi pensione provvedono a investire gli importi versati nei regimi pensionistici.

31. L’ATP svolge, inoltre, le seguenti attività per conto dei fondi pensione:

compiti amministrativi, in particolare fornitura di informazioni e consulenza specifica ai datori di lavoro e ai lavoratori (affiliati) in relazione ai regimi offerti dai fondi pensione;

manutenzione e sviluppo del sistema, riguardante lo sviluppo e la manutenzione della piattaforma tramite la quale i servizi dell’ATP vengono prestati ai fondi pensione;

prestazione di servizi riguardanti i contributi finanziari versati nei fondi pensione e i pagamenti delle pensioni ai beneficiari.

32. Fino al 30 giugno 2002, l’ATP dichiarava l’IVA sul corrispettivo ricevuto dai fondi pensione per i suoi servizi. Sulla base della sentenza del 5 giugno 1997, SDC (C2/95 (2), Racc. pag. I3017), l’ATP ha ritenuto, tuttavia, che i servizi riguardanti i contributi finanziari versati nei fondi pensione e i pagamenti di pensioni effettuati per conto di questi ultimi costituissero operazioni relative ai pagamenti o ai giroconti esenti da IVA ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 3, della sesta direttiva.

33. Il 26 giugno 2002, l’ATP ha informato lo Skatteministeriet di quanto sopra. Con decisione del 7 ottobre 2005, quest’ultimo ha ritenuto che i servizi dell’ATP relativi al pagamento di pensioni costituissero operazioni riguardanti pagamenti o giroconti esenti da IVA, negando però l’esenzione delle prestazioni di servizi riguardanti i contributi finanziari ai regimi pensionistici, ad eccezione dei servizi di ricevimento e incasso di assegni. Con decisione del 13 maggio 2009, il Landsskatteretten (Tribunale tributario nazionale) ha confermato la decisione dello Skatteministeriet.

34. L’ATP ha impugnato la decisione del Landsskatteretten dinanzi al Retten i Hillerød (Tribunale di Hillerød), il quale ha rinviato la causa dinanzi all’Østre Landsret.

35. Al punto 1.2 della decisione di rinvio, l’Østre Landsret ha chiarito che le prestazioni di servizi che non sono state considerate come esenti dall’IVA dallo Skatteministeriet e dal Landsskatteretten riguardano essenzialmente:

«(1) La registrazione dei datori di lavoro che versano i contribuiti pensionistici, sulla base delle informazioni fornite da questi ultimi.

(2) L’apertura di conti per i lavoratori (affiliati) nel sistema dei regimi pensionistici presso l’ATP, sulla base delle informazioni fornite dai datori di lavoro.

(3) La messa a disposizione di risorse per i versamenti di contributi nei regimi pensionistici da parte dei datori di lavoro, in modo che l’insieme dei contributi versati a favore dei propri dipendenti possa essere accreditato sul conto del fondo pensione presso un istituto finanziario tramite un servizio online (internet) o una carta di pagamento.

(4) Il ricevimento e la registrazione delle notifiche dei datori di lavoro riguardanti l’allocazione ai diversi lavoratori dell’importo globale ricevuto (in particolare il calcolo e la regolarizzazione dei contributi sociali che derivano direttamente dai contributi versati nei fondi pensione).

(5) L’accredito dei contributi pensionistici sui conti dei diversi affiliati nel sistema dei regimi pensionistici presso l’ATP, compreso l’aggiornamento costante dei conti sulla base dei contributi versati e del rendimento ottenuto.

(6) La registrazione dei contributi insufficienti.

(7) La comunicazione ai clienti dei fondi pensione dei contributi versati ai fini della costituzione di una pensione in forma di capitale.

(8) L’invio degli estratti conto».

36. L’ATP ha affermato dinanzi all’Østre Landsret che tali prestazioni di servizi dovevano essere esenti da IVA:

in quanto gestione di fondi comuni di investimento, ai sensi dell’articolo 13, primo comma, paragrafo 11, lettera f), della legge sull’IVA, che traspone l’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva e/o

in quanto operazioni relative ai depositi di fondi, ai conti correnti, ai pagamenti, ai giroconti, ai sensi della lettera c) di tale disposizione, che traspone l’articolo 13, parte B, lettera d), punto 3, della sesta direttiva.

37. Lo Skatteministeriet ha ritenuto che le suindicate prestazioni di servizi fornite dall’ATP non potessero essere esenti da IVA, in quanto i fondi pensione si devono distinguere dai fondi comuni di investimento per le seguenti ragioni:

i fondi pensione combinano prestazioni di risparmio previdenziale e assicurative; le pensioni possono prendere la forma di una rendita vitalizia o di una pensione versata in un’unica soluzione o dopo un certo numero di anni; esse offrono un’assicurazione supplementare, ad esempio in caso di decesso o di inabilità al lavoro;

sono i datori di lavoro che versano i contributi in virtù di contratti collettivi e non i lavoratori;

l’obiettivo del risparmio previdenziale è di pervenire ad un equilibrio tra i redditi percepiti durante la vita lavorativa e quelli percepiti una volta collocati a riposo, mentre gli investimenti hanno generalmente come obiettivo una plusvalenza;

i contributi versati nei fondi pensione sono deducibili dal reddito imponibile, in una misure determinata, in applicazione delle regole in materia di imposta sul reddito.

38. Alla luce di quanto sopra, l’Østre Landsret ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se l’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della [sesta direttiva] debba essere interpretato nel senso che la nozione di “fondi comuni di investimento quali sono definiti dagli Stati membri” comprende casse pensioni come quelle di cui trattasi nel procedimento principale con le seguenti caratteristiche, allorché lo Stato membro riconosce gli istituti elencati nella sezione 2 dell’ordinanza di rinvio come fondi comuni di investimento [ripreso ai punti da 19 a 24 della presente sentenza]:

a) il rendimento percepito dal lavoratore (beneficiario della pensione) dipende dal rendimento degli investimenti delle casse pensioni;

b) il datore di lavoro non deve effettuare versamenti ulteriori per assicurare al beneficiario della pensione un determinato rendimento;

c) le casse pensioni investono collettivamente le somme accantonate applicando il principio della ripartizione del rischio;

d) la parte essenziale dei versamenti alle casse pensioni dipende da contratti collettivi di lavoro tra le organizzazioni delle parti sociali, che rappresentano i singoli lavoratori e i datori di lavoro, e non dalle decisioni individuali del singolo lavoratore;

e) il singolo lavoratore può decidere individualmente di effettuare ulteriori versamenti alle casse pensioni;

f) lavoratori autonomi, datori di lavoro e dirigenti possono scegliere di versare contributi pensionistici alle casse pensioni;

g) una parte predeterminata del risparmio previdenziale, stabilito con contratto collettivo, viene utilizzata per acquistare una rendita vitalizia;

h) i beneficiari della pensione sostengono i costi delle casse pensioni;

i) i versamenti alle casse pensioni sono deducibili entro massimali fissati dalla normativa nazionale sulla tassazione del reddito;

j) i versamenti ad una pensione integrativa individuale, tra cui una pensione costituita presso un istituto finanziario, in cui gli importi possono essere investiti nell’ambito di un fondo di investimento, sono deducibili ai sensi della normativa nazionale sulla tassazione del reddito nella misura indicata alla lettera i);

k) il diritto alla deduzione per i versamenti di cui alla lettera i) corrisponde alla tassazione delle erogazioni, e

l) gli importi accantonati saranno erogati di regola dopo il compimento dell’età pensionabile.

2) In caso di soluzione affermativa della prima questione, se l’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva debba essere interpretato nel senso che la nozione di “gestione” comprende un servizio, come quello di cui alla presente fattispecie (v. sezione 1.2 della decisione di rinvio [, punto 35 della presente sentenza]).

3) Se un servizio, come quello di cui nel procedimento principale, concernente versamenti pensionistici (v. sezione 1.2 dell’ordinanza di rinvio [, punto 35 della presente sentenza]), debba essere considerato, con riferimento all’articolo 13, parte B, lettera d), punto 3, della sesta direttiva, come un servizio unico o come una serie di servizi specifici, da valutarsi separatamente.

4) Se l’articolo 13, parte B, lettera d), punto 3, della sesta direttiva debba essere interpretato nel senso che l’esenzione dall’IVA, stabilita in tale disposizione per operazioni relative ai pagamenti o ai giroconti, comprende un servizio, come quello di cui trattasi nel procedimento principale, riguardante versamenti pensionistici (v. sezione 1.2. dell’ordinanza di rinvio [, punto 35 della presente sentenza]).

5) In caso di soluzione negativa della quarta questione, se l’articolo 13, parte B, lettera d), punto 3, della sesta direttiva debba essere interpretato nel senso che l’esenzione dall’IVA, stabilita in tale disposizione per operazioni relative ai depositi di fondi o ai conti correnti, comprende un servizio, come quello di cui trattasi nel procedimento principale, riguardante versamenti pensionistici (v. sezione 1.2. dell’ordinanza di rinvio [, punto 35 della presente sentenza])».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione, relativa alla nozione di «fondo comune d’investimento»

39. Con la prima questione, il giudice di rinvio chiede se l’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva debba essere interpretato nel senso che i fondi pensione, come quelli oggetto del procedimento principale, che presentano le caratteristiche descritte in detta questione, rientrano nella nozione di «fondi comuni d’investimento quali sono definiti dagli Stati membri» ai sensi di tale disposizione.

40. Occorre innanzitutto rammentare che, secondo una giurisprudenza costante, sebbene le esenzioni previste, segnatamente, all’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva costituiscano nozioni autonome di diritto dell’Unione e devono pertanto ricevere una definizione comune che miri ad evitare divergenze nell’applicazione del regime IVA da uno Stato membro all’altro, e di conseguenza, gli Stati membri non possono modificarne il contenuto, ciò non vale, tuttavia quando il legislatore ha affidato loro il compito di definire taluni termini di un’esenzione (v. in tal senso, sentenze del 4 maggio 2006, Abbey National, C-169/04 (3), Racc. pag. I-4027, punti 38 e 39; JP Morgan Fleming, punti 19 e 20, nonché del 7 marzo 2013, Wheels Common Investment Fund Trustees e a., C-464/12 (4), non ancora pubblicata nella Raccolta; in prosieguo la sentenza «Wheels», punto 16). Orbene, l’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva conferisce agli Stati membri il potere di definire la nozione di «fondi comuni d’investimento» (v. sentenza Wheels, punto 16).

41. Tale potere definitorio così attribuito agli Stati membri trova tuttavia il proprio limite nel divieto di violare i termini stessi dell’esenzione utilizzati dal legislatore dell’Unione (v. in tal senso, sentenza JP Morgan Fleming, punto 21, e Wheels, punto 17). In particolare, uno Stato membro non può, senza negare i termini stessi di «fondi comuni d’investimento», selezionare quali tra i fondi comuni di investimento beneficino dell’esenzione e quali no. Detta disposizione gli conferisce quindi esclusivamente il potere di definire, nel suo diritto interno, i fondi corrispondenti alla nozione di «fondi comuni d’investimento» (v., in tal senso, sentenza JP Morgan Fleming, punti da 41 a 43, e Wheels, punto 17).

42. Tale potere definitorio deve inoltre rispettare gli obiettivi perseguiti dalla sesta direttiva nonché il principio di neutralità fiscale caratterizzante il sistema comune dell’IVA (v., in tal senso, sentenza JP Morgan Fleming, punti da 22 a 43, nonché Wheels, punto 18).

43. A tale riguardo si deve osservare che l’obiettivo dell’esenzione delle operazioni correlate alla gestione di fondi comuni d’investimento è, segnatamente, quello di agevolare agli investitori l’investimento in titoli tramite organismi d’investimento, escludendo i costi dell’IVA e, in tal modo, garantendo la neutralità del sistema comune dell’IVA quanto alla scelta tra l’investimento diretto in titoli e quello mediante organismi d’investimento collettivo [v. in tal senso, sentenze Abbey National, cit., punto 62; JP Morgan Fleming, punto 45; Wheels, punto 19, e del 7 marzo 2013, GfBk, C275/11 (5), non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 30].

44. Quanto, in particolare, al principio di neutralità fiscale, esso osta a che operatori economici che effettuano le stesse operazioni siano trattati diversamente in materia di riscossione dell’IVA (v., in tal senso, sentenze Abbey National, cit., punto 56; JP Morgan Fleming, punto 29, e Wheels, punto 20).

45. Occorre, dunque, determinare, ai fini dell’applicazione della sesta direttiva, se i fondi pensione, come quelli di cui al procedimento principale, costituiscono dei «fondi comuni d’investimento», ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, di tale direttiva.

46. A tale riguardo si deve ricordare che i fondi che costituiscono organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari ai sensi della direttiva 85/611 costituiscono fondi comuni d’investimento (v., in tal senso, segnatamente, sentenza del 19 luglio 2012, Deutsche Bank, C-44/11 (6), non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 31 e 32, nonché Wheels, punto 23).

47. Inoltre, vanno altresì considerati fondi comuni d’investimento i fondi che, pur non costituendo organismi d’investimento collettivo ai sensi della direttiva 85/611, presentano caratteristiche identiche a questi ultimi ed effettuano quindi le stesse operazioni o, quanto meno, presentano tratti comparabili a tal punto da porsi in rapporto di concorrenza con essi (v., in tal senso, citate sentenze Abbey National, punti da 53 a 56, JP Morgan Fleming, punti da 48 a 51, e Wheels, punto 24).

48. Come indicato dall’avvocato generale al paragrafo 51 delle sue conclusioni, è pacifico che i fondi pensione professionali, come quelli di cui al procedimento principale, non rientrano nella direttiva 85/611. È importante, tuttavia, verificare se tali fondi siano comparabili con gli organismi rientranti in tale direttiva e se si trovino in rapporto di concorrenza con essi.

49. A tale riguardo, emerge dall’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 85/611 che essa si riferisce a organismi che hanno per oggetto esclusivo l’investimento collettivo dei capitali raccolti presso il pubblico in valori mobiliari e/o in altre attività finanziarie liquide, il cui funzionamento è soggetto al principio della ripartizione dei rischi, e le cui quote sono, su richiesta dei portatori, riacquistate o rimborsate, direttamente o indirettamente, a carico del patrimonio dei suddetti organismi.

50. Si tratta di organismi nei quali sono raggruppati numerosi investimenti e che comprendono una serie di titoli che possono essere amministrati in modo efficace per ottimizzare i risultati e all’interno dei quali gli investimenti individuali possono essere relativamente modesti. Tali fondi gestiscono i loro investimenti in proprio nome e per proprio conto, mentre ogni investitore detiene una partecipazione nel fondo, ma non gli investimenti del fondo in quanto tali (sentenza Deutsche Bank, cit., punto 33).

51. La caratteristica principale di un fondo comune d’investimento è la messa in comune dei patrimoni di numerosi beneficiari, che consente la ripartizione del rischio sopportato da tali beneficiari su un insieme di titoli. Secondo le indicazioni del giudice del rinvio, questa sembra essere l’ipotesi che ricorre nel procedimento principale, poiché il secondo e il terzo pilastro del sistema previdenziale danese sono finanziati dai beneficiari delle pensioni versate. Pertanto, l’Østre Landsret precisa, al punto c) della sua prima questione, che gli importi in causa sono investiti secondo il principio della ripartizione dei rischi e, al punto a) di tale questione, che il rischio degli investimenti ricade sugli affiliati.

52. A tal riguardo, bisogna distinguere il fondo d’investimento di cui al procedimento principale da quello in causa nella sentenza Wheels. In quest’ultima, infatti, sugli affiliati non ricadeva il rischio di gestione del fondo d’investimento nel quale confluivano gli attivi del regime pensionistico, in quanto la pensione percepita era predefinita in funzione della durata della carriera presso il datore di lavoro e dell’importo dello stipendio, e i contributi versati dal datore di lavoro al regime pensionistico costituivano per lui un mezzo per ottemperare ai propri obblighi giuridici nei confronti dei suoi dipendenti (v. sentenza Wheels, punti da 27 a 29). Per contro, e come rilevato al punto 51 di questa sentenza, i regimi di cui al procedimento principale sono finanziati dai beneficiari delle pensioni versate, sui quali solo ricade il rischio degli investimenti.

53. Non è pertinente, per determinare se un organismo costituisce un fondo comune di investimento, la circostanza per cui i contributi sono pagati dal datore di lavoro. Infatti quest’ultimo può essere tenuto a trasferire al fondo pensione gli importi corrispondenti ai contributi dei lavoratori. Un siffatto intervento materiale non modifica la circostanza che i contributi sono pagati per conto degli affiliati con fondi che devono essere considerati come loro spettanti in ragione del proprio lavoro e che su questi ultimi ricade il rischio degli investimenti così realizzati. L’Østre Landsret precisa, a tal riguardo, al punto b) della sua prima questione, che il datore di lavoro non è tenuto a versare contributi ulteriori per assicurare agli affiliati un determinato rendimento.

54. È ugualmente priva di rilevanza la circostanza che l’importo dei contributi finanziari versati nel fondo pensione è stabilito da contratti collettivi tra le organizzazioni dei datori di lavoro e i sindacati. Tale elemento, infatti, non cambia il fatto che il contributo è pagato dal lavoratore o per lo meno in suo nome e per proprio conto, che quest’ultimo beneficerà del risultato dei suoi investimenti, sopportandone al contempo i rischi. È irrilevante, inoltre, che i lavoratori abbiamo la possibilità di versare dei contributi finanziari supplementari o che altri soggetti possano partecipare al fondo pensione con piani pensionistici individuali.

55. Le modalità secondo le quali viene pagato agli affiliati il corrispettivo del risparmio dopo il raggiungimento dell’età pensionabile, sotto forma di capitale o di rendita, non rimettono più in discussione gli elementi essenziali del risparmio investito nei fondi pensione. Si tratta, infatti, di una differenza nei metodi di calcolo finanziario di tale corrispettivo e, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 59 delle sue conclusioni, sono possibili passaggi tra le varie opzioni mediante una semplice operazione finanziaria.

56. Allo stesso modo, contrariamente a ciò che sostiene il governo danese, il fatto che i contributi finanziari siano deducibili dal reddito imponibile a titolo di imposta sul reddito non può avere un’incidenza sul carattere esente o meno, con riguardo all’IVA, delle attività dei fondi pensione. Infatti una regolamentazione nazionale in materia di imposte sul reddito non può rimettere in causa il carattere uniforme delle esenzioni previste dalle regole dell’Unione in materia di IVA.

57. Infine, l’aggiunta di un elemento assicurativo non rimette in discussione le caratteristiche essenziali dei contributi ai fondi pensione, in quanto trattasi di un elemento accessorio.

58. La Corte ha infatti statuito, a tal riguardo, che in particolare vi è prestazione unica nel caso in cui un elemento deve essere considerato come la prestazione principale, mentre un altro elemento deve essere considerato come una prestazione accessoria cui si applica la stessa disciplina tributaria della prestazione principale (sentenza Deutsche Bank, cit., punto 19 e giurisprudenza ivi citata). Tale ipotesi ricorre altresì quando due o più elementi o atti forniti dal soggetto passivo sono a tal punto strettamente connessi da formare, oggettivamente, una sola prestazione economica indissociabile la cui scomposizione avrebbe carattere artificioso (v. sentenza Deutsche Bank, cit., punto 21 e giurisprudenza ivi citata).

59. Tenuto conto dell’insieme di tali considerazioni, occorre rispondere alla prima questione che l’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che possono rientrare in tale disposizione i fondi pensione, come quelli di cui al procedimento principale, allorché sono finanziati dai beneficiari delle pensioni versate, che il risparmio è investito secondo il principio della ripartizione dei rischi e che il rischio degli investimenti ricade sugli affiliati. È irrilevante a tal riguardo, che i contributi siano versati dal datore di lavoro, che i loro importi risultino da contratti collettivi tra le organizzazioni dei datori di lavoro e i sindacati, che le modalità finanziarie di restituzione del risparmio siano diversificate, che i contributi siano deducibili sulla base delle regole applicabili alle imposte sul reddito o che sia possibile aggiungere un elemento assicurativo accessorio.

Sulla seconda questione, relativa alla nozione di «gestione di fondi comuni di investimento»

60. Con la seconda questione, il giudice di rinvio chiede se l’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva debba essere interpretato nel senso che la nozione di «gestione di fondi comuni d’investimento» figurante in tale disposizione comprende una prestazione di servizi come quella di cui trattasi nel procedimento principale.

61. Dal momento che l’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva non contiene alcuna definizione della nozione di «gestione di fondi comuni di investimento», tale disposizione deve essere interpretata alla luce del contesto nel quale si inserisce, nonché della finalità e della struttura di tale direttiva, tenendo conto particolarmente della ratio legis dell’esenzione che essa prevede (v. sentenza Abbey National, cit., punto 59).

62. A tal riguardo, bisogna rilevare, in primo luogo che, com’è stato ricordato al punto 43 della presente sentenza, l’obiettivo dell’esenzione delle operazioni correlate alla gestione di fondi comuni d’investimento è, segnatamente, quello di agevolare agli investitori l’investimento in titoli tramite organismi d’investimento.

63. In secondo luogo, il tenore letterale dell’articolo 13, parte B), lettera d), punto 6, della sesta direttiva non esclude, in linea di principio, che la gestione di fondi comuni di investimento sia scomposta in diversi servizi distinti che possono così rientrare nella nozione di «gestione di fondi comuni di investimento», ai sensi di tale disposizione, e beneficiare dell’esenzione da essa prevista, anche qualora siano forniti da un gestore esterno (v. citate sentenze Abbey National, punto 67, e GfBk, punto 28).

64. In terzo luogo, dal principio di neutralità fiscale discende che gli operatori devono poter scegliere il modello organizzativo che, da un punto di vista strettamente economico, appare loro più confacente, senza incorrere nel rischio che le loro operazioni vengano escluse dall’esenzione prevista all’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva (v. citate sentenze Abbey National, punto 68, e GfBk, punto 31).

65. In quarto luogo, la Corte ha precisato che le operazioni coperte da tale esenzione sono quelle che attengono specificamente all’attività degli organismi di investimento collettivo (v. sentenza Abbey National, cit., punto 63). Con riguardo, in particolare, a servizi di gestione prestati da un gestore esterno, essa ha statuito che tali operazioni devono formare un insieme distinto, valutato globalmente, e costituire elementi specifici ed essenziali per la gestione di fondi comuni d’investimento (v., in tal senso, citate sentenze Abbey National, punti da 70 a 72, e GfBk, punto 21).

66. Oltre alle funzioni di gestione di investimenti, costituiscono funzioni specifiche degli organismi d’investimento collettivo le funzioni di amministrazione degli stessi organismi d’investimento collettivo, come quelle indicate all’allegato II della direttiva 85/611, sotto la rubrica «Amministrazione» (v. citate sentenze Abbey National, punto 64, e GfBk, punto 22).

67. Tuttavia, il fatto che le prestazioni non siano indicate nell’allegato II della direttiva 85/611 non osta alla loro inclusione nella categoria dei servizi specifici rientranti nelle attività di «gestione di fondi comuni d’investimento» ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva, poiché lo stesso articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 85/611 sottolinea che l’elenco del suddetto allegato «non [è] esaustivo» (sentenza GfBk, cit., punto 25).

68. La Corte ha così statuito che rientrano nella nozione di «gestione» di un fondo comune d’investimento, ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva, prestazioni quali il calcolo dell’importo degli utili e del prezzo delle quote o delle azioni del fondo, le valutazioni dei patrimoni, la contabilità, la preparazione di dichiarazioni per la distribuzione degli utili, il rilascio di informazioni e di documentazioni per i conti periodici e per le dichiarazioni fiscali, statistiche e IVA, nonché la preparazione delle previsioni di utili (v. sentenza GfBk, cit., punto 27).

69. Allo stesso modo, nemmeno il fatto che le prestazioni fornite da un terzo non comportino una modifica della situazione giuridica e finanziaria del fondo osta a che esse rientrino nell’ambito della nozione di «gestione» di un fondo comune d’investimento, ai sensi di tale disposizione (sentenza GfBk, cit., punto 26).

70. Le prestazioni di cui è contestata l’esenzione nel procedimento principale sono descritti al punto 35 della presente sentenza. A prima vista risulta che taluni servizi non siano di natura puramente tecnica ma che rendano concreti i diritti degli affiliati nei confronti dei fondi pensione tramite l’apertura di conti nel sistema dei fondi pensione e l’accredito in tali conti dei contributi versati. Tali operazioni di accredito nei conti degli affiliati sembrano avere come effetto che il credito che il lavoratore vanta a tal riguardo nei confronti del suo datore di lavoro è trasformato in credito nei confronti del fondo pensione.

71. In tali circostanze, siffatte operazioni di accredito in conto sono essenziali per la gestione di un fondo comune di investimento.

72. Il principio di neutralità fiscale avvalora tale conclusione. Infatti, l’assoggettamento all’IVA di tali prestazioni, qualora effettuate da un terzo, avrebbe l’effetto di favorire i fondi pensione che hanno deciso di registrare essi stessi i contributi versati dagli affiliati a discapito di quelli che hanno deciso di ricorrere a terzi anche qualora una subfornitura di tali servizi presentasse dei vantaggi in termini di efficienza a vantaggio dei fondi pensione e, pertanto, dei loro affiliati (v., in tal senso, sentenza GfBk, cit., punto 31).

73. Con riguardo alle altre prestazioni di cui al punto 35 della presente sentenza, è evidente che si tratta essenzialmente di prestazioni di contabilità e d’informazione relative ai conti, previste nell’allegato II della direttiva 85/611.

74. Con riguardo alle prestazioni in oggetto nel procedimento principale, sembra a prima vista essenziale, per coloro che gestiscono i conti degli affiliati, elaborare le informazioni necessarie fornite dai datori di lavoro o determinare i contributi finanziari insufficienti. Inoltre, coloro che gestiscono i conti sembrano essere i soggetti maggiormente in grado di determinare gli importi che devono ancora essere versati dai datori di lavoro ai fondi pensione o di inviare gli estratti conto.

75. Tuttavia, è compito del giudice del rinvio, che dispone dell’insieme degli elementi che gli consentono di analizzare ciascuna delle operazioni oggetto del procedimento principale, valutare se tali servizi rientrano nella nozione di «gestione di fondi comuni d’investimento», ai sensi dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6 della sesta direttiva, come interpretata dalla presente sentenza.

76. Tenuto conto di tali elementi, occorre rispondere alla seconda questione che l’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che la nozione di «gestione di fondi comuni d’investimento» ai sensi di tale disposizione include le prestazioni di servizi tramite le quali un organismo concretizza i diritti degli affiliati ai fondi pensione tramite l’apertura di conti e l’accredito dei contributi versati per loro conto nel sistema dei regimi pensionistici. Tale nozione comprende, inoltre, i servizi di contabilità e di informazione relativi ai conti, come quelli ricompresi nell’allegato II della direttiva 85/611.

Sulla terza e la quarta questione, relative alle operazioni riguardanti specificamente i pagamenti e i giroconti

77. Con la terza e la quarta questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice di rinvio chiede se l’articolo 13, parte B, lettera d), punto 3, della sesta direttiva debba essere interpretato nel senso che l’esenzione dall’IVA, stabilita in tale disposizione per operazioni relative a pagamenti o a giroconti, si applica a una prestazione di servizi come quella di cui trattasi nel procedimento principale, riguardante il versamento di contributi in un fondo pensione e se una prestazione del genere debba essere considerata come unica o come una serie di prestazioni distinte, da valutarsi separatamente.

78. Occorre ricordare che le operazioni esenti in forza dell’articolo 13, parte B, lettera d), punto 3, della sesta direttiva sono definite in funzione della natura delle prestazioni di servizi fornite e non in funzione del prestatore o del destinatario del servizio (v. sentenze SDC, cit., punti 32 e 56, nonché del 28 ottobre 2010, Axa UK, C-175/09 (7), Racc. pag. I-10701, punto 26). L’esenzione non è quindi soggetta alla condizione che le operazioni siano effettuate da un certo tipo di ente o di persona giuridica, dal momento che le operazioni in questione rientrano nel campo delle operazioni finanziarie (v., in tal senso, citate sentenze SDC, punto 38, e Axa UK, punto 26).

79. La Corte ha statuito che il giroconto è un’operazione che consiste nell’esecuzione di un ordine di trasferimento di una somma di denaro da un conto bancario ad un altro. Esso si caratterizza segnatamente per il fatto di implicare il mutamento del rapporto giuridico ed economico in atto, da un lato, tra l’ordinante e il beneficiario e, dall’altro, tra costoro e le loro rispettive banche nonché, eventualmente, tra le banche. Inoltre, l’operazione che implica questo mutamento è il semplice trasferimento dei fondi tra i conti, indipendentemente dalla sua causale (v., in tal senso, sentenze SDC, cit., punto 53, e del 28 luglio 2011, Nordea Pankki Suomi, C-350/10 (8), Racc. pag. I-7359, punto 25).

80. Tale interpretazione non pregiudica le modalità di esecuzione dei giroconti, potendo questi ultimi essere effettuati tramite scrittura contabile. Così avviene nel caso di giroconti tra clienti della stessa banca o tra conti della stessa persona, che è al contempo l’ordinante e il beneficiario. Durante l’udienza, l’ATP ha precisato che, sebbene il giroconto di importi da un conto corrente a un conto di risparmio di un medesimo titolare non modifichi né il creditore, né l’importo del credito, le condizioni del credito nei confronti della banca saranno, per contro, mutate. Tale giroconto tra due conti appartenenti allo stesso titolare sarà effettuato tramite scritture contabili sui conti, a partire dalle quali saranno applicate nuove condizioni al credito.

81. Tali operazioni, siano esse effettuate tramite giroconto accompagnato da trasferimento di fondi che tramite scritture contabili sui conti, costituiscono prestazioni rientranti nell’esenzione prevista dall’articolo 13 parte B, lettera d), punto 3, della sesta direttiva.

82. Così come rilevato al punto 70 di questa sentenza, talune prestazioni di cui si contesta l’esenzione nel procedimento principale, come operazioni di accredito nei conti degli affiliati, non sembrano essere di natura puramente tecnica ma risultano effettivamente rendere concreti i diritti degli affiliati nei confronti dei fondi pensione, trasformando il credito che il lavoratore vanta verso il suo datore di lavoro in credito nei confronti del fondo pensione a cui è affiliato.

83. È tuttavia il giudice del rinvio che dispone dell’insieme degli elementi per analizzare le operazioni in causa, di valutare se tali servizi costituiscono prestazioni cui si applica l’esenzione prevista all’articolo 13, parte B, lettera d), punto 3, della sesta direttiva, come interpretata dalla presente sentenza.

84. A costui spetta parimenti valutare se, secondo la giurisprudenza citata al punto 58 della presente sentenza, le altre prestazioni effettuate dall’ATP sono a tal punto strettamente connesse alle operazioni di accredito nei conti degli affiliati, da formare, oggettivamente, una sola prestazione economica indissociabile la cui scomposizione avrebbe carattere artificioso.

85. Tenuto conto di tali elementi, occorre rispondere alla terza e alla quarta questione che l’articolo 13, parte B, lettera d), punto 3, della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che l’esenzione dall’IVA, prevista in tale disposizione per operazioni relative ai pagamenti o ai giroconti, si applica alle prestazioni di servizi tramite le quali un organismo concretizza i diritti degli affiliati ai fondi pensione tramite l’apertura di conti di tali affiliati nel sistema dei regimi pensionistici e l’accredito dei contributi di tali affiliati nel loro conto, nonché alle operazioni accessorie a tali servizi o che costituiscono con essi un’unica prestazione economica.

86. Alla luce della risposta fornita alla terza e alla quarta questione, non è necessario rispondere alla quinta questione.

Sulle spese

87. Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

1) L’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati Membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, deve essere interpretato nel senso che possono rientrare in tale disposizione i fondi pensione, come quelli di cui al procedimento principale, allorché sono finanziati dai beneficiari delle pensioni versate, il risparmio è investito secondo il principio della ripartizione dei rischi e il rischio degli investimenti ricade sugli affiliati. È irrilevante, a tal riguardo, che i contributi siano versati dal datore di lavoro, che i loro importi risultino da contratti collettivi tra le organizzazioni dei datori di lavoro e i sindacati, che le modalità finanziarie di restituzione del risparmio siano diversificate, che i contributi siano deducibili sulla base delle regole applicabili alle imposte sul reddito o che sia possibile aggiungere un elemento assicurativo accessorio.

2) L’articolo 13, parte B, lettera d), punto 6, della sesta direttiva 77/388 deve essere interpretato nel senso che la nozione di «gestione di fondi comuni d’investimento» ai sensi di tale disposizione include le prestazioni di servizi tramite le quali un organismo concretizza i diritti degli affiliati ai fondi pensione tramite l’apertura di conti e l’accredito dei contributi versati per loro conto nel sistema dei regimi pensionistici. Tale nozione ricopre altresì i servizi di contabilità e di informazione relativi ai conti, come quelli ricompresi nell’allegato II della direttiva 85/611/CEE del Consiglio, del 20 dicembre 1985, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative in materia di taluni organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (o.i.c.v.m.), come modificata dalle direttive 2001/107/CE e 2001/108/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 gennaio 2002.

3) L’articolo 13, parte B, lettera d), punto 3, della sesta direttiva 77/388 deve essere interpretato nel senso che l’esenzione dall’imposta sul valore aggiunto, prevista in tale disposizione per operazioni relative ai pagamenti o ai giroconti, si applica alle prestazioni di servizi tramite le quali un organismo concretizza i diritti degli affiliati ai fondi pensione tramite l’apertura di conti di tali affiliati nel sistema dei regimi pensionistici e l’accredito dei contributi di tali affiliati nei loro conti, nonché alle operazioni accessorie a tali servizi o che costituiscono con essi un’unica prestazione economica.

(1) In Boll. Trib. On-line.

(2) In Boll. Trib. On-line.

(3) In Boll. Trib., 2006, 1065.

(4) In Boll. Trib. On-line.

(5) In Boll. Trib. On-line.

(6) In Boll. Trib. On-line.

(7) In Boll. Trib., 2011, 1820.

(8) In Boll. Trib. On-line.

 

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