3 Novembre, 2017

CONSIDERAZIONI A MARGINE DELLA SENTENZA N. 4591/2016

SOMMARIO: 1. Cenni sulla liquidazione dell’imposta e sul controllo formale ex artt. 36-bis e 36-ter del D.P.R. n. 600/1973 – 2. La notificazione e l’irreperibilità – 3. I vizi di notificazione dell’avviso di accertamento – 4. La notifica dell’esito del controllo formale.

1. Cenni sulla liquidazione dell’imposta e sul controllo formale ex artt. 36-bis e 36-ter del D.P.R. n. 600/1973

Lo spunto per queste brevi riflessioni sull’art. 36-ter del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e sugli aspetti procedurali ad esso connessi ci viene fornito dalla sentenza della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione n. 4591 del 9 marzo 2016 (1) in cui i giudici si occupano del preliminare invito a comparire e del conseguente contraddittorio endoprocedimentale. E, segnatamente, si asserisce che la sua assenza o non conoscibilità non determinerebbe la nullità dell’atto conseguente, e cioè della cartella di pagamento, sebbene esso faccia parte di una sequenza scandita in momenti ben delineati all’interno della fattispecie del controllo formale.
Ci sembra opportuno, sia pure in estrema sintesi, inquadrare normativamente le fattispecie relative agli artt. 36-bis e 36-ter, tenendo presente come – in seguito alla presentazione della dichiarazione – inizi una fase estremamente dinamica che caratterizza i rapporti tra Amministrazione finanziaria e contribuente e, segnatamente, in primis quella dei controlli c.d. cartolari sulla stessa. Ai sensi del primo comma dell’art. 36-bis del D.P.R. n. 600/1973, infatti, l’Amministrazione finanziaria procede alla liquidazione delle imposte, dei contributi e dei premi dovuti, nonché dei rimborsi spettanti in base alle dichiarazioni presentate dai contribuenti e dai sostituti d’imposta e di quelli in possesso dell’Anagrafe tributaria, entro l’inizio del termine di presentazione delle dichiarazioni relative all’anno successivo, avvalendosi esclusivamente di una procedura automatizzata.
La liquidazione dell’imposta non si concretizza in un controllo nel senso stretto del termine, piuttosto è volta a: correggere gli errori materiali e di calcolo commessi dai contribuenti nella determinazione degli imponibili, delle imposte, dei contributi e dei premi; correggere gli errori materiali commessi dai contribuenti nel riporto delle eccedenze delle imposte, dei contributi e dei premi risultanti dalle precedenti dichiarazioni; ridurre le detrazioni d’imposta indicate in misura superiore a quella prevista dalla legge; ridurre i crediti esposti in misura superiore a quella prevista dalla legge ovvero non spettanti sulla base dei dati risultanti dalle dichiarazioni; controllare la rispondenza con la dichiarazione e la tempestività dei versamenti delle imposte, dei contributi e dei premi dovuti a titolo d’acconto e di saldo e delle ritenute alla fonte operate dal sostituto d’imposta.
L’art. 36-bis – riformulato dall’art. 13 del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241, ed entrato in vigore con decorrenza 1° gennaio 1999 – disciplina, quindi, una forma impropria di controllo, limitato sia nell’oggetto che negli effetti, in quanto non è finalizzato, come sopra detto, all’accertamento del reddito ma solo alla verifica dell’esattezza numerica dei dati dichiarati, essendo una rettifica prettamente automatizzata. La liquidazione così operata dall’Ufficio non innova se non per la correzione degli errori materiali e/o di calcolo (2), andando ad evidenziare mere inesattezze commissive od omissive di trascrizione dei dati e notizie immediatamente risultanti dalle dichiarazioni e dai relativi allegati.
L’Agenzia delle entrate, in seguito alla rilevazione di errori, provvede a liquidare la maggiore imposta eventualmente dovuta e/o a rimborsare l’eventuale eccedenza di quanto versato in eccesso.
L’esito del controllo automatico viene comunicato al contribuente, o al sostituto d’imposta, con avviso bonario che consente al contribuente, entro i trenta giorni successivi al ricevimento dell’avviso, di fornire all’Amministrazione finanziaria i chiarimenti necessari. Entro tale termine il contribuente potrà decidere di versare l’importo indicato nell’avviso, godendo di una sanzione ridotta del 10% (cioè 1/3 del 30%), oltre al pagamento degli interessi fino all’ultimo giorno del mese antecedente a quello di elaborazione della comunicazione.
In assenza di chiarimenti da parte del contribuente, ovvero del pagamento da parte dello stesso di quanto richiesto, l’Amministrazione finanziaria procede con l’iscrizione a ruolo delle maggiori imposte, delle sanzioni e degli interessi derivanti dalla liquidazione della dichiarazione. Sarà in seguito l’agente della riscossione a notificare le relative cartelle di pagamento entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione.
Detto ciò, quanto alla liquidazione dell’imposta occorre soffermarci, sia pur brevemente, a delineare la seconda tipologia di controllo della dichiarazione oggetto del nostro interesse, disciplinato dall’art. 36-ter del D.P.R. n. 600/1973, così come modificato dall’art. 13 del D.Lgs. n. 241/1997. L’articolo in esame (3) dispone che l’Ufficio provveda alla corretta determinazione delle imposte, delle ritenute, dei contributi o premi dichiarati entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione ma, a differenza dell’art. 36-bis, l’Amministrazione finanziaria non si limita unicamente a un controllo strettamente numerico/cartolare e, soprattutto, non vi è pregiudizio dell’ulteriore azione accertatrice.
Gli Uffici dell’Amministrazione finanziaria possono: escludere in tutto o in parte lo scomputo delle ritenute d’acconto non risultanti dalle dichiarazioni dei sostituti d’imposta, dalle comunicazioni di cui all’art. 20, terzo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 605, o dalle certificazioni richieste ai contribuenti ovvero delle ritenute risultanti in misura inferiore a quella indicata nelle dichiarazioni dei contribuenti stessi; escludere in tutto o in parte le detrazioni d’imposta non spettanti in base ai documenti richiesti ai contribuenti o agli elenchi di cui all’art. 78, comma 25, della legge 30 dicembre 1991, n. 413; escludere in tutto o in parte le deduzioni dal reddito non spettanti in base ai documenti richiesti ai contribuenti o agli elenchi menzionati nella lett. b); determinare i crediti d’imposta spettanti in base ai dati risultanti dalle dichiarazioni e ai documenti richiesti ai contribuenti; liquidare la maggiore imposta sul reddito delle persone fisiche e i maggiori contributi dovuti sull’ammontare complessivo dei redditi risultanti da più dichiarazioni o certificati di cui all’art. 1, quarto comma, lett. d), presentati per lo stesso anno dal medesimo contribuente; correggere gli errori materiali e di calcolo commessi nelle dichiarazioni dei sostituti d’imposta.
L’esito del controllo viene comunicato al contribuente (o al sostituto d’imposta) sempre con avviso bonario che deve recare l’indicazione dei motivi che hanno dato luogo alla rettifica al fine di stimolare un vero e proprio contraddittorio fra contribuente e Amministrazione finanziaria. Tale avviso, infatti, comprenderà anche l’invito a fornire chiarimenti entro trenta giorni relativamente ai dati contenuti nella dichiarazione con la riduzione delle sanzioni nella misura dei due terzi. La questione che ci sembra maggiormente problematica, e che ha interessato il più recente dibattito giurisprudenziale (4), ruota, appunto, attorno al mancato invio dell’esito del controllo formale, comunicato con avviso bonario, e alla conseguente legittimità dell’iscrizione a ruolo, che riveste natura conseguenziale rispetto alla comunicazione dei motivi della rettifica e all’informazione sull’esito della stessa.
Ci sembra possibile, in definitiva, che in tale ipotesi si configuri una fattispecie complessa a formazione progressiva o successiva (5) in cui è presente un coordinamento di due o più atti ed eventi, i quali vengono a integrare una fattispecie unitaria. L’iscrizione a ruolo rappresenta l’atto finale, sebbene le conseguenze giuridiche sono ex lege collegate all’intera totalità del ciclo formativo.
Ciascun segmento della fattispecie – controllo della dichiarazione, comunicazione di irregolarità con avviso bonario e iscrizione a ruolo – dà luogo soltanto ad effetti parziali e per conseguire l’effetto definitivo occorrerà attendere il completamento della fattispecie.
L’attribuzione di siffatta natura all’ipotesi di controllo ex art. 36-ter va certamente inquadrata nell’ottica della centralità del contraddittorio procedimentale che costituisce la garanzia di una corretta iscrizione a ruolo. Si creerebbe, pertanto, un legame tra i singoli segmenti della fattispecie: comunicazione, contraddittorio e iscrizione a ruolo che, sebbene strutturalmente distinti, rimangono assorbiti, ai fini degli effetti finali, come parti rispetto al tutto.
La scansione appena delineata di cui all’art. 36-ter, tuttavia, si articola in un momento eventuale, legato appunto all’ipotesi che in sede di controllo emerga la necessità di invitare il contribuente a fornire chiarimenti in ordine ai dati contenuti nella dichiarazione e a eseguire o trasmettere ricevute di versamento e uno, invece, necessario volto a rendere noti al contribuente, o al sostituto di imposta, i motivi che hanno dato luogo alla rettifica. Tale secondo momento assolve, come già precisato dalla Suprema Corte (6), all’importante funzione di garanzia del soggetto passivo «il quale avendo conoscenza dei motivi, può sia regolarizzare il contenuto della dichiarazione in rettifica, sia esercitare i propri diritti di difesa in sede contenziosa o addirittura interrompere la procedura segnalando dati ed elementi non comunicati o valutati erroneamente nella fase di controllo».
Ci sia consentito, dunque, rilevare come la comunicazione dell’esito del controllo ex artt. 36-bis e 36-ter produca un vero e proprio effetto di coinvolgimento del contribuente (anche a mezzo telefono, posta) e, pertanto, potenziando la sua partecipazione in forma sia collaborativa che difensiva all’attività svolta dall’Amministrazione finanziaria. L’obiettivo perseguito dal legislatore, in tali tipologie specifiche di controllo, è quello di instaurare il preventivo contraddittorio fra le due parti del rapporto giuridico d’imposta.
A fronte di ciò è necessario verificare se l’applicazione del principio del contraddittorio endoprocedimentale, sia pur non ancora espressamente codificato all’interno dell’ordinamento tributario domestico, debba e possa trovare implicita e automatica applicazione in tali particolari tipologie di accertamento cartolari o se l’esistenza di una specifica regolamentazione normativa ne esclude tale applicazione.

2. La notificazione e l’irreperibilità

La notificazione dell’avviso di accertamento consente la sicura conoscibilità dell’atto presso il destinatario e rende possibile la produzione degli effetti giuridici dell’atto medesimo. Le notificazioni sono disciplinate dall’art. 60 del D.P.R. n. 600/1973, così come modificato dalla legge 4 agosto 2006, n. 248 (di conversione del D.L. 4 luglio 2006, n. 223) recante disposizioni per tutelare il diritto alla riservatezza dei dati personali del destinatario dell’atto che non riceva in mani proprie lo stesso e richiama gli artt. 137 e seguenti c.p.c. Infatti l’art. 60 del D.P.R. n. 600/1973 dispone che la notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente è eseguita secondo le norme stabilite dagli artt. 137 e seguenti c.p.c., con alcune modifiche.
Si attribuisce ai messi comunali o a messi speciali autorizzati dall’Agenzia delle entrate il potere di notifica degli atti impositivi. Il messo deve fare sottoscrivere l’atto al consegnatario; qualora il consegnatario non sia il destinatario dell’atto o dell’avviso, l’agente notificatore consegna o deposita la copia dell’atto da notificare in busta che provvede a sigillare e su cui trascrive il numero cronologico della notificazione, dandone atto nella relazione in calce all’originale e alla copia dell’atto stesso. Sulla busta non sono apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell’atto. Il consegnatario deve sottoscrivere una ricevuta e l’agente notificatore dà notizia al destinatario dell’avvenuta notificazione dell’atto o dell’avviso, a mezzo di lettera raccomandata. È da ritenersi valida la notifica nel caso in cui sussista la relazione di parentela o affinità fra il destinatario e la persona che riceve la notifica. Quanto al luogo è disposto che la notificazione deve essere fatta nel domicilio fiscale del destinatario, salvo il caso di consegna dell’atto o dell’avviso in mani proprie.
I termini per l’accertamento sono raddoppiati nei casi in cui nelle annualità interessate siano riscontrate violazioni che comportano reati penali ex D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74.
Nel caso di contribuenti residenti all’estero, il meccanismo delle notifiche prevede che il non residente abbia o elegga in Italia un luogo presso cui fare la notifica anche quando questa deve essere fatta, appunto, a un non residente. Se il destinatario, però, non ha eletto domicilio nel quale fare la notifica, né nominato un rappresentante per i rapporti tributari, allora si procederà in detto ordine:
• l’atto sarà notificato, sempre se il non residente l’abbia indicato al competente ufficio locale, all’indirizzo estero per la notificazione degli atti tributari;
• nel caso di iscrizione del contribuente nell’AIRE (anagrafe italiani residenti all’estero) e qualora il contribuente abbia omesso di indicare al competente ufficio locale l’indirizzo estero per la notificazione degli atti tributari, si rende applicabile la disposizione generale dell’art. 142 c.p.c., secondo la quale: «Salvo quanto disposto nel secondo comma, se il destinatario non ha residenza, dimora o domicilio nello Stato e non vi ha eletto domicilio o costituito un procuratore a norma dell’articolo 77, l’atto è notificato mediante spedizione al destinatario per mezzo della posta con raccomandata e mediante consegna di altra copia al pubblico ministero che ne cura la trasmissione al Ministero degli affari esteri per la consegna alla persona alla quale è diretta»; «le disposizioni di cui al primo comma si applicano soltanto nei casi in cui risulta impossibile eseguire la notificazione in uno dei modi consentiti dalle Convenzioni internazionali e dagli articoli 30 e 75 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 200»;
• nel caso di contribuente residente in un paese dell’Unione europea, l’Amministrazione può applicare il disposto dell’art. 60-bis del D.P.R. n. 600/1973 disciplinante l’assistenza per le richieste di notifica tra le autorità competenti degli stati membri dell’Unione europea, introdotto dall’art. 1, primo comma, lett. c), del D.Lgs. 19 settembre 2005, n. 215;
• nel caso in cui il contribuente non abbia comunicato l’indirizzo estero, oppure risieda al di fuori dell’Unione europea, oppure ancorché risieda nell’Unione europea non sia iscritto all’AIRE, la notifica andrà effettuata nel comune italiano di ultimo domicilio fiscale, laddove non vi fosse abitazione, ufficio, azienda si procede a norma dell’art. 60, primo comma, lett. e), del D.P.R. n. 600/1973, mediante affissione dell’avviso di deposito all’albo del Comune.
La giurisprudenza di merito (7) ha stabilito come la notificazione di un atto di accertamento tributario nei confronti di un contribuente trasferitosi all’estero e iscritto all’AIRE vada eseguita nel domicilio fiscale italiano qualora l’attività di notifica sia posta in essere entro i sessanta giorni successivi per il perfezionamento della notifica all’estero, deve farsi riferimento alle Convenzioni internazionali, in mancanza alla procedura prevista dagli artt. 30 e 75 del D.P.R. 5 gennaio 1967, n. 200, e, in mancanza, cioè in via residuale, alla procedura prevista dall’art. 142, primo comma, c.p.c. (8).
In riferimento, invece, alla notifica di atti alle persone giuridiche, secondo quanto disposto dall’art. 145 c.p.c., va fatta nella loro sede, mediante consegna dell’atto al rappresentante o alla persona incaricata di ricevere la copia o ad altra persona addetta alla sede. A tale proposito viene stabilito dalla Suprema Corte (9) che «in caso d’impossibilità di eseguire la notificazione presso la sede sociale, il criterio sussidiario della notificazione alla persona fisica che la rappresenta è applicabile soltanto se tale persona fisica, oltre ad essere identificata nell’atto, risiede nel comune in cui l’Ente ha il suo domicilio fiscale da individuarsi ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 58». E, ancora, qualora «il messo notificatore constati l’impossibilità di eseguire la notifica di un avviso di accertamento nella sede della società contribuente, deve procedere al prescritto tentativo di notifica presso il legale rappresentante della società stessa; laddove ometta questo secondo adempimento e provveda ad eseguire senz’altro la notifica secondo le modalità previste dall’art. 140 c.p.c. (deposito dell’atto nella casa comunale, invio di raccomandata), la notifica stessa è nulla. Tuttavia, trattandosi di notifica nulla e non inesistente, l’irregolarità è sanata ex art. 156 c.p.c., allorché il contribuente impugni l’avviso, così mostrando di averne avuto piena cognizione» (10).
Riguardo al luogo della notifica alle persone giuridiche, nel caso di divergenza tra sede legale e quella effettiva, l’art. 46 c.c. dispone che, qualora la sede legale della persona giuridica sia diversa da quella effettiva, i terzi possono considerare come sede della persona giuridica anche quest’ultima. Pertanto, «in tema di notifiche alle persone giuridiche, in caso di divergenza tra la sede legale e quella effettiva, la prevalenza del principio di effettività deve, comunque, essere coordinato con la tutela dell’affidamento dei terzi con la conseguenza che in caso di divergenza tra sede legale e quella effettiva, la prima non può essere ritenuta priva di rilevanza essendo consentita una mera equiparazione. Conseguentemente, deve ritenersi correttamente eseguita la notificazione presso la sede legale la cui modificazione non sia iscritta presso il registro delle imprese nonché presso la residenza del legale rappresentante, avvenuta ai sensi dell’art. 145 c.p.c.» (11).
Il Comune dove il contribuente ha il domicilio fiscale assume un particolare rilievo ai fini delle notifiche, in quanto il legislatore presuppone che il contribuente elegga sempre un domicilio fiscale nel quale notificare gli atti. Nel caso in cui sia irreperibile il destinatario della notifica la disciplina è diversa a seconda che questi sia solo momentaneamente assente oppure del tutto sconosciuto all’indirizzo: nel primo caso c’è l’obbligo di informare il destinatario, con una raccomandata di avvenuto deposito nella casa comunale dell’atto da notificare; nel secondo caso, invece, tale obbligo non sussiste. Gli adempimenti, di conseguenza, sono diversi e anche i recentissimi orientamenti giurisprudenziali richiedono il rispetto rigoroso delle formalità prescritte per la notifica degli atti a destinatari assolutamente irreperibili. A tal fine si precisa che l’irreperibilità relativa (o temporanea) si ha quando sono conosciuti la residenza e l’indirizzo del destinatario ma non è stato possibile eseguire la consegna dell’atto perché il destinatario, o altro possibile consegnatario, come il familiare convivente o il portiere, non è stato trovato in tale indirizzo, da dove tuttavia non risulta trasferito; oppure per incapacità o per rifiuto delle persone a ricevere l’atto. In tal caso trova applicazione l’art. 140 c.p.c., il messo deposita la copia nella casa del Comune dove la notificazione deve eseguirsi, affigge avviso di avvenuto deposito in busta chiusa e sigillata alla porta dell’abitazione o dell’ufficio o dell’azienda del destinatario e gliene dà notizia per raccomandata con avviso di ricevimento. L’irreperibilità assoluta si verifica, invece, quando l’ufficiale giudiziario non riesce a reperire il contribuente che, dalle notizie acquisite all’atto della notifica, risulta trasferito in luogo sconosciuto, o quando nel Comune in cui va eseguita la notifica non c’è abitazione, ufficio o azienda del contribuente. In tal caso la notifica si perfeziona con l’affissione all’albo comunale in busta sigillata dell’avviso di accertamento senza necessità della raccomandata informativa nei confronti del destinatario che, del resto, attesa la sua irreperibilità totale, non potrebbe comunque essere compiuta. Nel caso di irreperibilità assoluta la notificazione, ai fini della decorrenza del termine per proporre eventuali impugnazioni contro l’atto, si ha per eseguita nell’ottavo giorno successivo a quello di affissione. Il recente orientamento giurisprudenziale (12) esige il rigoroso rispetto della disciplina sulle notificazioni in caso di contribuenti assolutamente irreperibili.

3. I vizi di notificazione dell’avviso di accertamento

La natura recettizia dell’avviso di accertamento impone che esso, per esplicare i suoi effetti giuridici, debba essere portato a conoscenza del destinatario, pena la decadenza del potere d’imposizione in capo all’Amministrazione finanziaria. Va precisato che «l’inesistenza giuridica della notificazione ricorre quando manchi del tutto o sia effettuata in modo assolutamente non previsto dal codice di rito, tale, cioè, da non consentire l’assunzione nel tipico atto di notificazione delineato dalla legge» (13), ed ancora «una notificazione può dirsi giuridicamente inesistente quando l’atto esce completamente dallo schema legale degli atti di notificazione, ossia quando difettano totalmente gli elementi caratterizzanti che consentano la qualificazione di atto sostanzialmente conforme al modello legale delle notificazioni» (14).
Di recente la Corte di Cassazione, con la sentenza 11 febbraio 2015, n. 2625 (15), ha enunciato il principio secondo il quale «è onere del mittente il plico raccomandato fornire la dimostrazione del suo esatto contenuto, allorché risulti solo la cartolina di ricevimento e il destinatario contesti il contenuto della busta medesima (da ultimo, Cassazione n. 18252 del 2013, proprio in tema di cartella di pagamento)». Di conseguenza, il danno erariale in caso di mancato rispetto delle regole – che prevedono sia la comunicazione di avvenuto deposito (cad) che di avvenuta notifica (can) mediante avviso in busta chiusa a mezzo lettera raccomandata – rischia di essere ingente a causa del conseguente annullamento delle pretese fiscali.
In conclusione, occorre rammentare la fondamentale decisione della Corte Costituzionale, con la sentenza n. 3/2010 (16), che stabilisce la nullità dell’avviso di accertamento che «non è mai entrato nella sfera di conoscibilità del contribuente».

3. La notifica dell’esito del controllo formale

Come abbiamo avuto modo di verificare, in base all’art. 36-ter, il procedimento attraverso il quale l’Amministrazione finanziaria effettua il controllo formale delle dichiarazioni è caratterizzato da una serie di momenti, riconducibili ad una fattispecie a formazione progressiva. Ad interessanti conclusioni è giunta la Corte di Cassazione con la citata sentenza n. 4591 del 9 marzo scorso. Il caso è quello di un contribuente che ha impugnato la cartella di pagamento conseguente ad un controllo formale lamentando, fra l’altro, che l’Ufficio non avesse adeguatamente notificato l’invito a produrre documenti e l’esito del controllo. Il giudice d’appello, ossia la Commissione tributaria regionale del Piemonte, conferma la legittimità del provvedimento constatando che l’Ufficio aveva provveduto a inoltrare prima la richiesta di documenti e, infine, la comunicazione dell’esito finale presso la residenza e il domicilio fiscale del contribuente. Si afferma, pertanto e in definitiva, la regolarità dell’iscrizione a ruolo.
Avverso tale sentenza la decisione viene impugnata avanti la Corte di Cassazione, la quale ha chiarito gli aspetti procedimentali legati all’art. 36-ter, terzo comma, che, com’è noto, consente agli Uffici di richiedere chiarimenti sui dati esposti in dichiarazione e di trasmettere documenti non allegati o difformi rispetto ai dati forniti da terzi. Il successivo quarto comma prevede che l’esito del controllo debba essere comunicato al contribuente con l’indicazione dei motivi che hanno dato luogo alla rettifica, così da potergli consentire di regolarizzare il contenuto della dichiarazione e di segnalare eventuali errori con conseguente esercizio del potere di autotutela da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Sembrerebbe, quindi, che all’interno della sequenza l’Amministrazione finanziaria non sia tenuta ad invitare il contribuente al fine di fornire chiarimenti, di conseguenza l’omessa notifica dell’invito si ritiene che non possa inficiare la pretesa determinando la nullità della cartella. La formulazione della norma prevede, quindi, l’obbligatorietà della comunicazione dell’esito del controllo e, addirittura, la circolare 16 luglio 2001, n. 68/E (17), aveva precisato che tale comunicazione ex art. 36-ter, quarto comma, andava fatta con raccomandata con avviso di ricevimento!
I giudici di legittimità rilevano che l’assenza di “precise” indicazioni non determina l’applicabilità della normativa prevista per la notifica. Di conseguenza non considera rilevanti i vizi lamentati dal contribuente relativamente agli invii delle comunicazioni prodromiche e, nel confermare la possibilità di impugnare l’atto relativo all’esito dei controlli, non pare assumere una posizione sulla nullità della cartella nell’ipotesi di omesso invio dell’invito.
Secondo il decisum della Suprema Corte ne discende «de plano l’inapplicabilità alla specie delle disposizioni recate dalla legge n. 890 del 1982 – di cui il ricorrente imputa al giudice d’appello la violazione con l’ulteriore argomento sviluppato a conforto della censura – che nella specie non trovano viceversa ragione di essere richiamate, in quanto l’art. 14 della legge n. 890/1982, che le rende applicabili agli atti dell’amministrazione finanziaria, concerne gli avvisi e gli altri atti “che per legge devono essere notificati al contribuente”, nella specie non ricorrendo all’evidenza né l’una né l’altra condizione: la comunicazione prevista dall’art. 36-ter non ha infatti natura provvedimentale, sì che possa essere inquadrata nella categoria degli avvisi, non incarnando essa infatti alcuna concreta funzione impositiva, che competerà, semmai, al ruolo e alla susseguente cartella; né rientra tra gli atti indicati dalla norma, non essendone prevista dalla legge la notificazione».
In definitiva, prosegue la Corte, «se la comunicazione del quarto comma dell’art. 36-ter non debba essere notificata, non solo non sussiste la lamentata violazione delle richiamate norme della legge n. 890/1982, ma neppure è consentito eccepire la violazione dello stesso art. 36-ter, perché nella specie è incontestato che la comunicazione sia stata fatta oggetto – addirittura per ben due volte – di invio raccomandato con avviso di ricevimento e tanto basta a rigore a soddisfare il dettato normativo, a nulla rilevando in contrario che il destinatario eccepisca di non averla ricevuta, la mancata ricezione non potendo essere imputata all’ufficio una volta che l’invio sia stato effettuato in conformità alla legge e alla corrente prassi operativa».
Quanto alla disposizione statutaria di cui all’art. 6, quinto comma, della legge 27 luglio 2000, n. 212 – che prevede come prima di procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, l’Amministrazione finanziaria deve invitare il contribuente a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti (entro un termine non inferiore a trenta giorni dalla ricezione della richiesta) – la Suprema Corte stabilisce in maniera pressoché ingiustificata come tale norma si occupi solo dell’aspetto inerente alla richiesta di chiarimenti e documenti. Giova precisare che, a nostro avviso, tale disposizione utilizza il termine «liquidazione dei tributi» in senso atecnico, non unicamente riferibile all’art. 36-bis ma ad entrambe le tipologie di controllo cartolare.
Dovrebbe essere secondo noi pacifico il riconoscimento dell’onere in capo all’Amministrazione finanziaria di comunicare l’esito della liquidazione, e difatti concordiamo con chi (18) rileva come l’omissione dell’esito della liquidazione non consente l’esercizio di una “facoltà garantita” che dovrebbe trovare un sempre maggiore spazio nell’ordinamento domestico al pari di quello comunitario.
A ciò aggiungasi come, ai sensi dell’art. 41 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea, ciascuno ha il diritto ad essere ascoltato prima dell’adozione nei suoi confronti di un provvedimento lesivo dei propri interessi e ancora, alla luce della sentenza Sopropè (19), il destinatario di un atto deve poter manifestare il proprio punto di vista in relazione agli elementi sui quali si fonda la presunta pretesa dell’Amministrazione finanziaria.
E, ancora, nella citata sentenza delle Sezioni Unite n. 24823 del 2015 – sulla quale abbiamo espresso non poche perplessità – la Suprema Corte è giunta alla conclusione che, sebbene non esista un principio generale in tema di contraddittorio endoprocedimentale, ma esclusivamente la sua obbligatorietà nei casi previsti dalla legge, sia possibile riconoscere un diritto generalizzato al contraddittorio preventivo nel caso dei tributi armonizzati, escludendolo per quelli non armonizzati.
In definitiva, nonostante la sentenza non ci abbia convinto in quanto non ci sembra corretto ritenere che alcuni contribuenti abbiano diritto al contraddittorio (cioè quelli assoggettati a controlli per i tributi armonizzati) e altri no, non è possibile non rilevare, tuttavia, una palese contraddizione considerato che la citata decisione della Cassazione n. 4591 del 2016 concerne proprio tributi armonizzati (IRPEF).
La garanzia del contraddittorio endoprocedimentale non può essere, a nostro avviso, riconosciuta in alcuni procedimenti e in altri – quali quelli cartolari – esclusa in quanto l’esistenza di un principio comunitario, oltre che domestico riferito appunto all’art. 6 della legge n. 212/2000, dovrebbe comportare l’automatica e generalizzata applicazione dello stesso.
In secondo luogo, avendo attribuito alla sequenza di cui all’art. 36-ter la natura di fattispecie a formazione progressiva o successiva, non è possibile non riconoscere alla comunicazione di irregolarità la valenza di antecedente logico e giuridico per una legittima e rituale conseguente iscrizione a ruolo.
In conclusione, la carenza di uno dei segmenti della fattispecie determina, a nostro parere, l’invalidità del provvedimento conseguente e finale, in termini non solo di difetto di motivazione ma anche di mancata attivazione del contraddittorio, obbligatorio (quanto meno) per i tributi armonizzati.
Ultima constatazione deve farsi quanto alla dubbia natura (secondo la Corte) dell’avviso bonario, considerato che la Corte di Cassazione oscilla tra la riconosciuta autonoma impugnabilità dell’avviso bonario (20) e la sua irrilevanza all’interno della sequenza ex art. 36-ter «non incarnando alcuna funzione impositiva» (21).
Alla luce di quanto sopra esposto, la più volte citata sentenza n. 4591 del 9 marzo 2016 della Corte di Cassazione, che afferma l’irrilevanza del preliminare invito al contribuente, non ci convince. Asserire che l’omessa comunicazione non determinerebbe la nullità della cartella di pagamento ci sembra che entri in contraddizione anche con il decisum di pochi mesi fa in cui la stessa Corte, con la sentenza n. 22489 del 4 novembre 2015 (22), invece affermava come «la cartella di pagamento deve essere preceduta dalla comunicazione dell’esito del controllo ex art. 36-ter del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, a pena di nullità, poiché tale comunicazione assolve ad una funzione di garanzia e realizza la necessaria interlocuzione tra Amministrazione ed il contribuente prima dell’iscrizione a ruolo», proprio nel rispetto del principio del contraddittorio endoprocedimentale.

Prof. Maria Vittoria Serranò
Università di Messina

(1) Pubbl. in Boll. Trib., 2016, 1655, con nota di CARNIMEO, Brevi riflessioni intorno all’art. 36-ter del D.P.R. n. 600/1973 e ai due momenti di confronto col contribuente.
(2) Si veda Cass., sez. trib., 20 agosto 2004, n. 16486, in Boll. Trib. On-line.
(3) Sull’argomento si veda RINALDI, Profili ricostruttivi della liquidazione dell’imposta, Trieste, 2000; CARPENTIERI, Termini per l’iscrizione a ruolo ex art. 36-bis e la notifica della cartella esattoriale: avviso bonario e tutela del contribuente, in Rass. trib., 2000, 1503; CIPOLLA, Le nuove disposizioni sulla liquidazione e riscossione delle imposte sui redditi, dell’IVA, dei contributi e dei premi dovuti agli enti previdenziali, sul controllo formale delle dichiarazioni, sulla soppressione dei servizi di cassa, e sui versamenti unitari per tributi determinati dagli enti impositori diversi dallo Stato, in AA.VV., Commento agli interventi di riforma tributaria, a cura di MICCINESI, Padova, 1999, 43 ss.; COPPOLA, La liquidazione dell’imposta dovuta ed il controllo formale della dichiarazione (artt. 36-bis e 36-ter del D.P.R. n. 600/1973), in Rass. trib., 1997, 1475.
(4) Si vedano Cass., sez. VI, 31 marzo 2011, ord. n. 7536; Cass., sez. trib., 25 maggio 2012, n. 8342; Cass., sez. trib., 4 luglio 2014, n. 15311; Cass., sez. trib., 10 giugno 2015, n. 12023, tutte in Boll. Trib. On-line; e Cass., sez. trib., 9 dicembre 2015, n. 24823, in Boll. Trib., 2016, 222, con nota di AIUDI, Il contraddittorio? Non ce lo possiamo permettere!
(5) Sul concetto di fattispecie a formazione successiva per tutti rinviamo a FERLAZZO NATOLI, Fattispecie tributaria, in Trattato di diritto tributario, diretto da AMATUCCI, Padova, 1994.
(6) Così Cass. n. 15311/2014, cit.
(7) Si veda Comm. trib. prov. di Torino, sez. XX, 23 gennaio 2012, n. 8, in Mass. trib. reg., 2012, 16.
(8) L’articolo citato dispone la spedizione al destinatario a mezzo raccomandata e consegna di altra copia al Pubblico Ministero che ne cura la trasmissione al Ministero degli affari esteri, per la consegna alla persona alla quale è diretta.
(9) Così Cass., sez. trib., 9 gennaio 2009, n. 216, in Boll. Trib. On-line.
(10) Così Cass., sez. trib., 9 giugno 2005, n. 12153, inedita.
(11) Così Cass., sez. trib., 6 marzo 2013, n. 5499, in Boll. Trib. On-line.
(12) Cfr. Cass., sez. VI, 5 settembre 2013, ord. n. 20438, in Boll. Trib. On-line.
(13) Così Cass., sez. lav., 16 maggio 1986, n. 3260, in Mass. Foro it., 1986.
(14) Così Cass., sez. I, 3 agosto 1988, n. 4806, in Boll. Trib., 1989, 999.
(15) In Boll. Trib. On-line.
(16) Corte Cost. 14 gennaio 2010, n. 3, in Boll. Trib. On-line.
(17) In Boll. Trib., 2001, 1159.
(18) Cfr. RAGUCCI, Il contraddittorio nei procedimenti tributari, Torino, 2009.
(19) Corte Giust. CE, sez. II, 18 dicembre 2008, causa C-349/07, in Boll. Trib. On-line.
(20) Cfr. Cass., sez. VI, 28 luglio 2015, ord. n. 15957, in Boll. Trib. On-line.
(21) Cfr. Cass. n. 4591/2016, cit.
(22) In Boll. Trib. On-line.

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