Circolare 13 aprile 2015, n. 15/E, dell’Agenzia delle entrate
INDICE:
PREMESSA
1. AMBITO SOGGETTIVO DI APPLICAZIONE
1.1. Soggetti esclusi
1.2. Indice delle Pubbliche Amministrazioni
2. AMBITO OGGETTIVO DI APPLICAZIONE DELLA SCISSIONE DEI PAGAMENTI
3. ADEMPIMENTI DEI SOGGETTI PASSIVI FORNITORI
4. ESIGIBILITÀ DELL’IMPOSTA
5. ADEMPIMENTI DELLE PA SOGGETTI PASSIVI
6. ADEMPIMENTI DELLE PA NON SOGGETTI PASSIVI
7. REGOLARIZZAZIONE E NOTE DI VARIAZIONE
8. VERIFICHE TELEMATICHE DEI PAGAMENTI
9. INTERVENTO SOSTITUTIVO IN PRESENZA DI DURC NEGATIVO
10. CREDITORE PIGNORATIZIO E DEBITORE PIGNORATO
11. RIMBORSI
12. EFFICACIA TEMPORALE
- SANZIONI.
“PREMESSA
La legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015), all’art. 1, comma 629, lettera b), ha modificato il decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, introducendo l’art. 17-ter, recante il meccanismo della scissione dei pagamenti (c.d. split payment), secondo cui:
“1. Per le cessioni di beni e per le prestazioni di servizi effettuate nei confronti dello Stato, degli organi dello Stato ancorché dotati di personalità giuridica, degli enti pubblici territoriali e dei consorzi tra essi costituiti ai sensi dell’articolo 31 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, degli istituti universitari, delle aziende sanitarie locali, degli enti ospedalieri, degli enti pubblici di ricovero e cura aventi prevalente carattere scientifico, degli enti pubblici di assistenza e beneficenza e di quelli di previdenza, per i quali i suddetti cessionari o committenti non sono debitori d’imposta ai sensi delle disposizioni in materia di imposta sul valore aggiunto, l’imposta è in ogni caso versata dai medesimi secondo modalità e termini fissati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 non si applicano ai compensi per prestazioni di servizi assoggettati a ritenute alla fonte a titolo di imposta sul reddito”.
In data 23 gennaio 2015 è stato emanato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze il relativo Decreto attuativo, successivamente modificato con DM del 20 febbraio 2015.
I primi chiarimenti riguardo all’ambito di applicazione della disposizione in commento sono stati forniti con la circolare n. 1/E del 9 febbraio 20151, in ordine al profilo soggettivo, e con la circolare n. 6/E del 19 febbraio 20152, ai paragrafi 8.5, 8.6 e 8.7.
Con la presente circolare si intendono fornire ulteriori chiarimenti in ordine all’ambito applicativo della disposizione in commento, nonché circa gli adempimenti da espletarsi da parte dei soggetti coinvolti nell’applicazione del meccanismo in esame.
1. AMBITO SOGGETTIVO DI APPLICAZIONE
L’art. 17-ter del DPR n. 633 del 1972, nell’indicare i soggetti destinatari della norma, ha riproposto il contenuto della disposizione recata dell’art. 6, quinto comma, secondo periodo, del medesimo DPR, concernente l’applicazione dell’esigibilità differita dell’IVA.
Con la circolare n. 1/E del 2015 è stato evidenziato che la disciplina della scissione dei pagamenti persegue la finalità di arginare l’evasione da riscossione dell’IVA e, pertanto, ai fini dell’individuazione dell’ambito soggettivo di applicazione del citato art. 17-ter occorre, quindi, fare riferimento ai soggetti destinatari dell’art. 6, quinto comma, del DPR n. 633 del 1972, effettuando, comunque, un’interpretazione del dettato normativo dell’art. 17-ter basata su valutazioni sostanziali di ordine più generale, che tengano conto della differente ratio che ha ispirato il legislatore nell’adozione della predetta disposizione rispetto all’art. 6, quinto comma, dello stesso DPR.
Stante l’obiettivo del legislatore, si ritiene che nell’ambito soggettivo di applicazione del meccanismo della scissione dei pagamenti debbano essere compresi, oltre agli enti espressamente elencati nell’art. 17-ter, anche i soggetti pubblici che, in quanto qualificabili come loro immediata e diretta espressione, siano sostanzialmente immedesimabili nei predetti enti.
Coerente al predetto criterio è l’elencazione esemplificativa delle Pubbliche Amministrazioni destinatarie della disciplina della scissione dei pagamenti, contenuta nella circolare n. 1/E del 2015. In base al medesimo criterio di cui sopra si è dell’avviso che siano da ricomprendere nell’ambito soggettivo di applicazione della disciplina in commento anche, ad esempio, i Commissari delegati per la ricostruzione a seguito di eventi calamitosi che gestiscono fondi di apposite contabilità speciali, qualificabili come organi dello Stato, nonché i Consorzi di Bacino imbrifero montani, in conformità all’art. 31, comma 7, del decreto legislativo n. 267 del 2000, in quanto consorzi tra enti locali obbligatori ai sensi della legge 27 dicembre 1953, n. 959, ed i consorzi interuniversitari costituiti, ai sensi dell’art. 91 del DPR n. 382 del 1980, per il perseguimento di finalità istituzionali comuni alle università consorziate.
1.1. Soggetti esclusi. La menzionata circolare n. 1/E del 2015, al paragrafo 1.2, ha chiarito che la disciplina recata dall’art.17-ter del DPR n. 633 del 1972, non può trovare applicazione per le operazioni effettuate nei confronti degli enti previdenziali che non abbiano natura pubblica. Circa l’individuazione della natura pubblica o privata di un ente previdenziale, occorre innanzitutto, fare riferimento alla qualificazione dell’ente eventualmente operata con legge istitutiva. In assenza di una qualificazione operata dal legislatore, si reputa necessario effettuare un’indagine specifica, intesa ad accertare la sussistenza degli elementi sostanziali e formali che costituiscono indici distintivi dell’ente pubblico e che devono essere oggetto di un giudizio complessivo, quali, ad esempio: la titolarità di poteri autoritativi e amministrativi (che possono esplicarsi in poteri certificativi e disciplinari), la potestà di autotutela, l’ingerenza statale.
Con riguardo agli enti esclusi dalla platea dei destinatari del meccanismo della scissione dei pagamenti di cui all’art. 17-ter del DPR n. 633 del 1972, la citata circolare n. 1/E del 2015 ha chiarito che devono ritenersi esclusi, in linea generale, gli enti pubblici non economici, autonomi rispetto alla struttura statale, che perseguono fini propri, ancorché di interesse generale, e quindi non riconducibili in alcuna delle tipologie soggettive annoverate dalla norma in commento. Al riguardo, oltre agli enti già citati dalla circolare n. 1/E del 2015, si è dell’avviso che siano esclusi dal meccanismo della scissione dei pagamenti anche la Banca d’Italia e il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI).
1.2. Indice delle Pubbliche Amministrazioni. Con riferimento alla possibilità di avvalersi, al fine dell’individuazione dei soggetti pubblici destinatari della disciplina della scissione dei pagamenti in base alla categoria di appartenenza, dell’ausilio dell’Indice delle Pubbliche Amministrazioni (c.d. IPA), si fa presente che al paragrafo 1.3 della citata circolare n.1/E del 2015 è stata effettuata un’elencazione delle categorie di enti ritenuti riconducibili, in via generale, nell’ambito soggettivo di applicazione della norma in commento. In ordine, invece, agli enti appartenenti alle restanti categorie IPA non espressamente menzionate nell’anzidetta circolare, la valutazione in merito alla riconducibilità nell’ambito soggettivo di applicazione del meccanismo della scissione dei pagamenti dovrà essere effettuata sulla base dei chiarimenti forniti.
In caso di incertezza si è dell’avviso che per i fornitori sia sufficiente attenersi alle indicazioni fornite dalla PA committente o cessionaria, nel presupposto che la predetta PA abbia tutti gli elementi per valutare i propri profili soggettivi in ordine alla riconducibilità della stessa nell’ambito applicativo della scissione dei pagamenti.
Resta ferma la possibilità per la PA, laddove dovessero permanere dei dubbi sull’applicabilità del meccanismo della scissione dei pagamenti alla stessa, di inoltrare specifica istanza di interpello all’Agenzia delle entrate ai sensi dell’art. 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante le “disposizioni in materia di Statuto dei diritti del contribuente”.
2. AMBITO OGGETTIVO DI APPLICAZIONE DELLA SCISSIONE DEI PAGAMENTI
Il meccanismo della scissione dei pagamenti si applica alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi di cui agli artt. 2 e 3 del DPR n. 633 del 1972 (compresi, pertanto, in via generale, gli appalti di lavori, in quanto prestazioni di servizi) effettuate, nel territorio dello Stato, nei confronti delle PA di cui al par.1.
In particolare, come già precisato con la circolare n. 1/E del 2015, la scissione dei pagamenti riguarda le operazioni sopra dette, purché documentate mediante fattura emessa dai fornitori, ai sensi dell’art. 21 del DPR n. 633 del 1972, che indichi, tra l’altro, l’imposta addebitata all’ente pubblico. Rientrano, altresì, le operazioni per le quali trovano applicazione le modalità di fatturazione e i termini di registrazione speciali di cui all’art. 73 del citato DPR n. 633.
La disciplina dello split payment torna applicabile a tutti gli acquisti effettuati dalle PA individuate dalla norma in commento, sia nell’ambito non commerciale in veste istituzionale che nell’esercizio di attività d’impresa, sebbene, come verrà illustrato successivamente, detti enti dovranno procedere in tali casi al versamento dell’imposta con modalità differenti.
In considerazione della “ratio” e delle caratteristiche del meccanismo di scissione dei pagamenti, si è dell’avviso che il predetto meccanismo non sia applicabile alle fattispecie nelle quali la PA non effettua alcun pagamento del corrispettivo nei confronti del fornitore.
Trattasi, in particolare, delle operazioni rese alla PA (ad esempio servizi di riscossione delle entrate e altri proventi) in relazione alle quali, il fornitore ha già nella propria disponibilità il corrispettivo spettantegli e – in forza di una disciplina speciale contenuta in una norma primaria o secondaria – trattiene lo stesso riversando alla PA committente un importo netto.
In tali casi, appare coerente alla “ratio” dell’art. 17-ter del DPR n. 633 del 1972, escludere le predette fattispecie dal meccanismo della scissione dei pagamenti, in quanto l’imponibile e relativa imposta sono già nella disponibilità del fornitore.
Sono esclusi dall’ambito applicativo della scissione dei pagamenti, per espressa previsione normativa, gli acquisti per i quali l’ente è “debitore d’imposta ai sensi delle disposizioni in materia di imposta sul valore aggiunto”.
Si tratta delle fattispecie di c.d. reverse charge in cui la veste di debitore d’imposta non è attribuita, come di regola, a colui che cede il bene o presta il servizio, bensì al cessionario o al committente, ai quali, dunque, non viene addebitata (in rivalsa) alcuna imposta, da parte di colui che ha compiuto l’operazione imponibile. In tali casi, sorge un debito IVA direttamente in capo alla PA, soggetto passivo acquirente, per i beni o servizi destinati alla sfera commerciale.
Nell’ambito del reverse charge sono ricondotte sia le operazioni intra-UE, dove la traslazione dell’onere dell’assolvimento dell’imposta è legata all’esigenza di semplificare il trattamento Iva delle operazione intra-UE, sia le operazioni “interne”, in cui la traslazione dell’onere dell’assolvimento dell’imposta è connessa a motivi di contrasto alle frodi.
Si tratta, a titolo esemplificativo:
– degli acquisti, effettuati nell’esercizio d’impresa, soggetti al meccanismo dell’inversione contabile (c.d. reverse charge) di cui all’art. 17 del DPR n. 633 del 1972 (beni o servizi acquisiti da fornitori non stabiliti nel territorio dello Stato, prestazioni di subappalto nel settore edile, servizi di pulizia, ecc.);
– degli acquisti, effettuati nell’esercizio di impresa, di rottami di ferro, ai quali si applica il meccanismo dell’inversione contabile ai sensi dell’art. 74, settimo comma, del DPR n. 633 del 1972;
– degli acquisti intra-Ue di beni effettuati, oltre la soglia di euro 10.000 annui, dall’amministrazione che non sia soggetto passivo dell’IVA ma che sia identificato agli effetti della stessa imposta, ai sensi degli articoli 47, comma 3, e 49 del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito con modificazioni dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427.
Nelle ipotesi in cui l’operazione di acquisto rientri in una delle fattispecie riconducibili nell’ambito applicativo dell’inversione contabile c.d. reverse charge, non si applica la scissione dei pagamenti.
Come è noto, il reverse charge riguarda acquisti di determinati beni e servizi effettuati dalla PA in qualità di soggetto passivo. E’, tuttavia, possibile che detti beni e servizi siano destinati dalla PA in parte alla sfera commerciale e in parte alla sfera istituzionale non commerciale, per la cui attività l’amministrazione acquirente non riveste quindi la qualifica di soggetto passivo IVA.
E’ il caso, ad esempio, delle prestazioni di servizi di pulizia relativi ad edifici, di cui all’art. 17, sesto comma, lettera a-ter), del DPR n. 633 del 1972, che potrebbero riguardare parte dell’edificio destinata all’attività commerciale e parte all’attività istituzionale.
In tali casi, la PA dovrà comunicare al fornitore la quota parte del bene o servizio acquistato da destinare alla sfera commerciale, determinata con criteri oggettivi, in relazione alla quale è applicabile il meccanismo del reverse charge. Alla quota parte del bene o servizio acquistato da destinare alla sfera istituzionale non commerciale tornerà applicabile il meccanismo della scissione dei pagamenti.
Il meccanismo della scissione dei pagamenti non si applica:
1. alle prestazioni di servizi rese alle PA i cui compensi siano assoggettati a ritenute alla fonte a titolo di imposta sul reddito ovvero a ritenuta a titolo di acconto di cui all’art. 25 del DPR n. 600 del 1973. Si ritiene, infatti, che la ratio perseguita dal Legislatore, con l’espressione “a titolo d’imposta sul reddito” di cui all’art. 17-ter, comma 2, sia quella di ricomprendere tra le fattispecie escluse anche i compensi pagati a soggetti che rendono all’ente pubblico prestazioni di lavoro autonomo i cui compensi sono assoggettati a ritenute a titolo di acconto. Occorre, altresì, precisare che l’esclusione prevista da tale disposizione fa riferimento solo alle ipotesi in cui è la stessa PA che corrisponde il compenso a dover effettuare la ritenuta, e non anche alle ipotesi in cui il meccanismo procedurale comporta che la ritenuta sia operata, in concreto, da un soggetto diverso, quale la banca del fornitore, come, ad esempio, nel caso del c.d. bonus energia, in cui il compenso per prestazioni finalizzate al risparmio energetico è assoggettato alla ritenuta dell’8% da parte degli intermediari bancari.
2. alle operazioni (ad es, piccole spese dell’ente pubblico) certificate dal fornitore mediante rilascio della ricevuta fiscale di cui all’art. 8 della legge 10 maggio 1976, n. 249, o dello scontrino fiscale di cui alla legge 26 gennaio 1983, n. 18, e successive modificazioni (cfr. art. 12, comma 1, della legge 30 dicembre 1991, n. 413), ovvero non fiscale per i soggetti che si avvalgono della trasmissione telematica dei corrispettivi ai sensi dell’art. 1, commi 429 e ss. della legge 30 dicembre 2004, n. 311. Nella predetta ipotesi devono ricondursi anche le operazioni certificate mediante fattura semplificata ai sensi dell’articolo 21-bis del DPR n. 633 del 1972. L’esclusione rileva anche quando, successivamente alla certificazione con le modalità semplificate di cui sopra, sia emessa comunque una fattura funzionale alla sola documentazione del costo e dell’IVA assolta dal cliente in relazione al bene o servizio acquistato. Diversamente l’operazione va ricondotta nello split payment quando la fattura sia emessa, su richiesta del cliente, in luogo dello scontrino o della ricevuta fiscale;
3. alle operazioni assoggettate, ai fini Iva, a regimi c.d. speciali. Al riguardo, con la circolare n. 6/E del 2015 è stato chiarito che la scissione dei pagamenti non è applicabile alle operazioni rese dal fornitore nell’ambito di regimi speciali che non prevedono l’evidenza dell’imposta in fattura e che ne dispongono l’assolvimento secondo regole proprie. Si tratta, ad esempio:
– dei c.d. regimi monofase disciplinati dall’art. 74 del DPR n. 633 del 1972 (editoria, generi di Monopolio e fiammiferi, tabacchi lavorati, telefoni pubblici e utilizzo mezzi tecnici, documenti viaggio, documenti di sosta nei parcheggi, Case d’asta);
– del regime del margine di cui all’art. 36 e ss. del D.L. 23 febbraio 1995, n. 41.
– del regime speciale applicato dalle agenzie di viaggio di cui all’art. 74-ter del DPR n. 633 del 1972.
Nella medesima ipotesi di esclusione, ad avviso della scrivente, devono ricondursi le operazioni rese da fornitori che applicano regimi speciali che, pur prevedendo l’addebito dell’imposta in fattura, sono caratterizzati da un particolare meccanismo forfetario di determinazione della detrazione spettante.
Si tratta ad esempio:
– del regime speciale di cui agli articoli 34 e 34-bis del DPR n. 633 del 1972;
– del regime di cui alla legge n. 398 del 1991;
– del regime relativo all’attività di intrattenimento di cui alla tariffa allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 640 cui si applicano, agli effetti dell’IVA, le disposizioni di cui all’articolo 74, sesto comma, del DPR n. 633 del 1972;
– del regime applicabile agli spettacoli viaggianti, nonché alle altre attività di cui alla tabella C allegata al DPR n. 633 del 1972.
In tali casi, le particolari modalità di liquidazione dell’Iva da parte del fornitore, in ragione dell’ammontare delle operazioni attive effettuate, inducono a escludere tali operazioni rese dall’ambito oggettivo di applicazione del meccanismo della scissione dei pagamenti.
3. ADEMPIMENTI DEI SOGGETTI PASSIVI FORNITORI
In base al meccanismo della scissione dei pagamenti le PA, ancorché non rivestano la qualità di soggetto passivo dell’IVA, devono versare direttamente all’Erario, l’imposta sul valore aggiunto che è stata addebitata loro dai fornitori. Ne consegue, sotto il profilo degli adempimenti, che per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate, i fornitori, ai sensi dell’articolo 2 del DM “emettono la fattura secondo quanto previsto dall’articolo 21 del decreto n. 633 del 1972 con l’annotazione scissione dei pagamenti” ovvero split payment ai sensi dell’art. 17-ter del DPR n. 633 del 1972.
Giova rammentare che a decorrere dal 6 giugno 2014, secondo il combinato disposto della finanziaria 2008 (L. n. 244 del 2007) e del D.M. n. 55 del 2013, la fatturazione nei confronti di Ministeri, Agenzie fiscali e Enti nazionali di previdenza deve avvenire necessariamente in modalità elettronica. Il predetto obbligo di fattura elettronica riguarda, a decorrere dal 31 marzo 2015, anche le operazioni effettuate in favore di enti pubblici nazionali – diversi da Ministeri, Agenzie fiscali e Enti nazionali di previdenza – e Amministrazioni locali, ai sensi dell’articolo 25 del D.L. 24 aprile 2014, n. 66 (c.d. Decreto bonus Irpef 2014), convertito, con modificazioni, nella legge di conversione 23 giugno 2014, n. 89. E’ evidente, tuttavia, che l’ambito soggettivo di applicazione della fattura elettronica nei rapporti con la PA è più ampio rispetto all’ambito soggettivo (vedi par. 1) di applicazione del meccanismo della scissione dei pagamenti.
Come sopra già evidenziato, il meccanismo della scissione dei pagamenti non fa venire meno in capo al fornitore la qualifica di debitore dell’imposta in relazione all’operazione effettuata nei confronti dell’ente pubblico. Il fornitore, pertanto, è tenuto all’osservanza degli obblighi di cui al DPR n. 633 del 1972 connessi all’applicazione dell’imposta nei modi ordinari.
La circostanza che, in relazione all’operazione effettuata nei confronti dell’ente pubblico, il fornitore rimane debitore – verso l’erario – dell’imposta addebitata ed evidenziata in fattura, influenza l’esecuzione degli obblighi cui è tenuto il fornitore. In proposito, ai sensi dell’art. 2, comma 2, del DM “I soggetti passivi dell’IVA che effettuano le operazioni di cui all’articolo 1 non sono tenuti al pagamento dell’imposta ed operano la registrazione delle fatture emesse ai sensi degli articoli 23 e 24 del decreto n. 633 del 1972 senza computare l’imposta ivi indicata nella liquidazione periodica”.
I fornitori, quindi, ancorché debitori – verso l’Erario – dell’imposta addebitata in rivalsa alla PA, non devono computare nella liquidazione di periodo l’Iva a debito indicata in fattura, ancorché bisognerà registrare nel registro “Iva vendite” le operazioni effettuate e la relativa IVA non incassata dalla PA. Al riguardo, si osserva che il fornitore dovrà provvedere ad annotare in modo distinto la fattura emessa in regime di scissione contabile (ad es. in un’apposita colonna ovvero mediante appositi codici nel registro di cui all’art. 23 del DPR n. 633 del 1972), riportando, altresì, l’aliquota applicata e l’ammontare dell’imposta, ma senza far concorrere la medesima nella liquidazione di periodo.
4. ESIGIBILITÀ DELL’IMPOSTA
L’art. 3, comma 1, del Decreto rubricato “Esigibilità dell’imposta” stabilisce che “L’imposta relativa alle cessioni di beni ed alle prestazioni di servizi di cui all’art. 1 diviene esigibile al momento del pagamento dei corrispettivi”.
Il successivo comma 3 dispone che “Per effetto dell’entrata in vigore dell’art. 17-ter del decreto n. 633 del 1972, alle cessioni di beni ed alle prestazioni di servizi disciplinate dal medesimo articolo non è applicabile la disposizione di cui all’art. 6, quinto comma, secondo periodo, del decreto n. 633 del 1972”.
Alla luce delle predette disposizioni, per le operazioni rientranti nell’ambito applicativo della scissione dei pagamenti il fornitore della PA non potrà più procedere all’emissione delle fatture ad esigibilità differita né, su opzione, con esigibilità immediata.
Ai sensi dell’art. 3, comma 2, del Decreto, “Le pubbliche amministrazioni possono comunque optare per l’esigibilità dell’imposta anticipata al momento della ricezione della fattura”. In tali casi, pertanto, ai fini degli adempimenti connessi alla scissione dei pagamenti non rileverà il pagamento del corrispettivo, ma il momento della ricezione della fattura. Si ribadisce che la fatturazione nei confronti della PA deve avvenire necessariamente in modalità elettronica. Il predetto obbligo di fattura elettronica riguarda, a decorrere dal 31 marzo 2015, anche le operazioni effettuate in favore di enti pubblici nazionali – diversi da Ministeri, Agenzie fiscali e Enti nazionali di previdenza – e Amministrazioni locali, ai sensi dell’art. 25 del D.L. 24 aprile 2014, n. 66 (c.d. Decreto bonus Irpef 2014), convertito, con modificazioni, nella legge di conversione 23 giugno 2014, n. 89.
Ciò posto, ai fini dell’individuazione del momento di ricezione della fattura giova richiamare quanto precisato nella circolare n. 1/DF del 31 marzo 20143 del Dipartimento delle Finanze – Dipartimento della funzione pubblica, in materia di fattura elettronica nei rapporti con la PA. Secondo il predetto documento di prassi “il rilascio, da parte del Sistema di Interscambio, della ricevuta di consegna, è sufficiente a provare sia l’emissione della fattura elettronica, sia la sua ricezione da parte della pubblica amministrazione committente. Tale ricevuta, infatti, è rilasciata in un momento sicuramente successivo a quello in cui la fattura è nella disponibilità della pubblica amministrazione committente”.
5. ADEMPIMENTI DELLE PA SOGGETTI PASSIVI
L’art. 5, comma 1, del Decreto stabilisce che “Le pubbliche amministrazioni che effettuano acquisti di beni e servizi nell’esercizio di attività commerciali, in relazione alle quali sono identificate agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto, annotano le relative fatture nel registro di cui agli articoli 23 o 24 del decreto n. 633 del 1972 entro il giorno 15 del mese successivo a quello in cui l’imposta è divenuta esigibile, con riferimento al mese precedente”. In tali casi, ai sensi del successivo comma 2, “l’imposta dovuta partecipa alla liquidazione periodica del mese dell’esigibilità od, eventualmente, del relativo trimestre”.
Al riguardo, si precisa che il meccanismo della scissione dei pagamenti non fa venire meno in capo al fornitore la qualifica di debitore dell’imposta in relazione all’operazione effettuata nei confronti dell’ente pubblico. Quest’ultimo, infatti, ha solo l’onere di versare l’Iva relativa agli acquisti.
Ne consegue che le modalità di cui all’art. 5 del DM, secondo cui la fattura emessa dal fornitore e ricevuta dalla PA è annotata da quest’ultima nel registro di cui agli artt. 23 o 24 del DPR n. 633 del 1972 sono, pertanto, finalizzate esclusivamente a semplificare gli adempimenti consentendo al soggetto pubblico di operare il versamento nel quadro della ordinaria liquidazione IVA, evitando così di dover gestire modalità diverse e speciali per l’effettuazione dell’adempimento.
Resta fermo, ovviamente, l’obbligo, in capo alla pubblica amministrazione, di registrare le fatture nel registro degli acquisti di cui all’articolo 25 del DPR n. 633 del 1972, ai fini dell’esercizio del diritto alla detrazione della relativa imposta.
Potrebbe, quindi, verificarsi che, in relazione agli acquisti effettuati dalla PA in qualità di soggetto passivo, nessun versamento debba essere eseguito dalla PA, attesa la possibilità per l’amministrazione acquirente di utilizzare l’importo dell’IVA relativa all’operazione resa nei suoi confronti dal fornitore in compensazione con altri crediti IVA vantati dalla medesima PA. Nella diversa ipotesi in cui l’IVA relativa all’acquisto non venisse completamente neutralizzata in sede di liquidazione, l’eventuale eccedenza a debito sarà versata con i normali codici tributo dell’IVA periodica, utilizzando l’F24 ovvero, ricorrendone i presupposti, l’F24EP.
6. ADEMPIMENTI DELLE PA NON SOGGETTI PASSIVI
Per quanto riguarda gli acquisti effettuati dalle PA nell’ambito delle proprie attività istituzionali non commerciali, l’art. 4 del decreto attuativo prevede che il versamento dell’imposta dovuta deve essere effettuato, a scelta della pubblica amministrazione acquirente:
1. entro il giorno 16 di ciascun mese, cumulativamente per tutte le fatture per le quali l’imposta è divenuta esigibile nel mese precedente
ovvero
2. con versamenti distinti dell’IVA, entro la medesima scadenza del 16 del mese successivo al momento di esigibilità:
a) in ciascun giorno del mese, per il complesso delle fatture per le quali l’imposta è divenuta esigibile in tale giorno;
b) per ciascuna fattura la cui imposta è divenuta esigibile.
Il citato articolo 4, comma 1, del DM stabilisce che il versamento dell’imposta sul valore aggiunto è effettuato dalle pubbliche amministrazioni senza possibilità di compensazione e utilizzando un apposito codice tributo, con le seguenti modalità:
a) per le pubbliche amministrazioni titolari di conti presso la Banca d’Italia, tramite modello “F24 Enti pubblici” (F24 EP) approvato con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 28 giugno 2013;
b) per le pubbliche amministrazioni, diverse da quelle di cui alla lettera a), autorizzate a detenere un conto corrente presso una banca convenzionata con l’Agenzia delle entrate ovvero presso Poste italiane, mediante versamento unificato di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241;
c) per le pubbliche amministrazioni diverse da quelle di cui alle lettere a) e b), direttamente all’entrata del bilancio dello Stato con imputazione ad un articolo di nuova istituzione del capitolo 1203.
Per consentire il versamento, con risoluzione n. 15/E del 12 febbraio4, sono stati istituiti i codici tributo:
– “620E”, denominato “IVA dovuta dalle PP.AA.- Scissione dei pagamenti – art. 17-ter del DPR n. 633/1972 (per i soggetti di cui all’articolo 4, comma 1, lettera a) del decreto 23 gennaio 2015);
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– “6040”, denominato “IVA dovuta dalle PP.AA. – Scissione dei pagamenti – art. 17-ter del DPR n. 633/1972 (per i soggetti di cui all’articolo 4, comma 1, lettera b) del decreto 23 gennaio 2015).
Per i versamenti da effettuare con le modalità descritte all’articolo 4, comma 1, lettera c), del decreto 23 gennaio 2015, la predetta Risoluzione ha precisato che dovranno essere imputati al capo 8, capitolo 1203, articolo 12 del bilancio dello Stato.
Si ribadisce che è esclusa la possibilità per l’amministrazione acquirente di utilizzare l’importo dell’IVA dovuta per le operazioni in regime di scissione contabile in compensazione orizzontale con altri crediti d’imposta vantati dalla stessa.
Al riguardo, si precisa, inoltre, che i versamenti effettuati tramite modello F24 EP devono essere addebitati esclusivamente sul conto dell’ente, aperto presso la Banca d’Italia; non è, invece, possibile utilizzare conti correnti aperti presso istituti diversi dalla Banca d’Italia, oppure conti postali. Il predetto modello F24 EP può essere trasmesso esclusivamente tramite i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate (Entratel/Fisconline).
Si precisa, altresì, che non sono previsti limiti al numero di modelli F24 EP inviabili in un certo periodo di tempo. Ad esempio, è consentito l’invio di più modelli F24 EP per la stessa scadenza e le medesime tipologie di pagamenti, anche dello stesso importo, con l’avvertenza che gli invii successivi non annullano i precedenti, ma si aggiungono a questi ultimi; per eliminare quindi eventuali versamenti errati o duplicati è necessario richiederne l’annullamento, nei modi e nei tempi previsti dalle vigenti disposizioni.
Con riferimento agli acquisti di beni e servizi destinati ad essere utilizzati promiscuamente sia nell’ambito di attività non commerciali sia nell’esercizio d’impresa, la PA, non debitore d’imposta, dovrà preventivamente individuare, con criteri oggettivi, la parte della relativa imposta da imputare rispettivamente alle due differenti attività, per le quali l’ente è tenuto ad eseguire separatamente i relativi adempimenti.
7. REGOLARIZZAZIONE E NOTE DI VARIAZIONE
Con la circolare n. 6/E del 2015 è stato chiarito che nel caso in cui la PA, in veste di soggetto passivo, riceva una fattura irregolare, fermo restando il versamento dell’imposta addebitata in fattura secondo le regole proprie della scissione dei pagamenti, la PA dovrà fare ricorso alla procedura di regolarizzazione di cui all’art. 6, comma 8, d.lgs. n. 471/97 e, quindi, l’imposta oggetto di regolarizzazione dovrà essere corrisposta con le modalità previste da tale procedura.
Nell’ipotesi in cui il fornitore, ricorrendo i presupposti di cui dell’art. 26, del DPR n. 633 del 1972, emetta una nota di variazione in aumento, torna sempre applicabile il meccanismo della scissione dei pagamenti e, pertanto, la stessa dovrà essere numerata, indicare l’ammontare della variazione e della relativa imposta e fare esplicito riferimento alla fattura originaria emessa.
Quando la nota di variazione è in diminuzione, se la stessa si riferisce ad una fattura originaria emessa in sede di “scissione dei pagamenti” o “split payment”, la stessa dovrà essere numerata, indicare l’ammontare della variazione e della relativa imposta e fare esplicito riferimento alla suddetta fattura. In forza di ciò e trattandosi di una rettifica apportata ad un’IVA che non è confluita nella liquidazione periodica del fornitore, lo stesso non avrà diritto a portare in detrazione, ai sensi dell’art. 19 del DPR n. 633, l’imposta corrispondente alla variazione, ma dovrà limitarsi a procedere solo ad apposita annotazione in rettifica nel registro di cui all’art. 23, senza che si determini, quindi, alcun effetto nella relativa liquidazione IVA.
Conseguentemente, la PA committente o cessionaria:
– nell’ipotesi in cui si tratti di un acquisto effettuato in ambito commerciale, in considerazione delle modalità seguite per la registrazione dell’originaria fattura dalla stessa ricevuta, dovrà provvedere alla registrazione della nota di variazione nel registro “IVA vendite” di cui agli artt. 23 e 24 del DPR n. 633 del 1972, fermo restando la contestuale registrazione nel registro “IVA acquisti” di cui all’art. 25 del medesimo DPR, al fine di stornare la parte di imposta precedentemente computata nel debito e rettificare l’imposta detraibile;
– nel caso in cui l’acquisto sia stato destinato alla sfera istituzionale non commerciale, in relazione alla parte d’imposta versata in eccesso, rispetto all’IVA indicata nell’originaria fattura, la PA potrà computare tale maggior versamento a scomputo dei successivi versamenti Iva da effettuare nell’ambito del meccanismo della scissione dei pagamenti.
Diversamente quando la nota di variazione in diminuzione si riferisce a fatture originarie emesse prima dell’entrata in vigore dello “split payment”, alla stessa si applicheranno le regole ordinarie sicché il fornitore avrà diritto a portare in detrazione, ai sensi dell’art. 19 del DPR n. 633, l’imposta corrispondente alla variazione, annotandola in rettifica nel registro di cui all’art. 23.
La PA committente o cessionaria, a sua volta:
– nell’ipotesi in cui si tratti di un acquisto effettuato in ambito commerciale, dovrà registrare la variazione a norma dell’articolo 23 o dell’articolo 24 del medesimo DPR, salvo il suo diritto alla restituzione dell’importo pagato al cedente o prestatore a titolo di rivalsa;
– nel caso in cui l’acquisto sia stato destinato alla sfera istituzionale non commerciale, non dovrà effettuare alcuna variazione, fermo restando in ogni caso il suo diritto alla restituzione dell’importo originariamente pagato.
Tuttavia, in considerazione della circostanza che le PA e i fornitori, dal 1° gennaio 2015, hanno implementato i propri sistemi di fatturazione e contabilità alla disciplina della scissione dei pagamenti, si è dell’avviso che per le note di variazione in diminuzione ricevute dopo il 1° gennaio 2015, che si riferiscono ad una fattura originaria emessa dal fornitore anteriormente al 1° gennaio 2015, il fornitore potrà applicare la disciplina della scissione dei pagamenti. Tale soluzione risponde ad esigenze di semplificazione, sul piano degli adempimenti, per i fornitori che hanno già implementato i propri sistemi di fatturazione e contabilità alla disciplina della scissione dei pagamenti.
In ultimo si osserva che ove il fornitore, dopo il 1° gennaio 2015, abbia emesso fattura ritenendo, erroneamente, che per la stessa non trovasse applicazione il meccanismo della scissione dei pagamenti e la PA non abbia corrisposto alcun corrispettivo comprensivo di imposta, e detta imposta, per effetto della esigibilità differita disposta dall’articolo 6, quinto comma del DPR n. 633 del 1972, non sia stata ancora liquidata dal fornitore, lo stesso dovrà procedere a “regolarizzare” tale comportamento con l’emissione di apposita nota di variazione ex art. 26, terzo comma, del DPR n. 633 del 1972 e l’emissione di un nuovo documento contabile recante l’indicazione “scissione dei pagamenti”.
In alternativa, si ritiene possibile l’emissione di un’unica nota di variazione che, facendo riferimento puntuale a tutte le fatture erroneamente emesse senza l’indicazione “ scissione dei pagamenti”, le integri al fine di rappresentare alla Pubblica Amministrazione che, al momento del pagamento dei corrispettivi documentati con le fatture ivi elencate, l’IVA ad essi relativa andrà trattenuta e versata con le regole dello “split payment”.
Si ribadisce, infine, quanto già precisato con la circolare n.1/E del 9 febbraio 2015, secondo cui in considerazione dell’incertezza in materia e della circostanza che la disciplina recata dall’art. 17-ter del DPR n. 633 del 1972 è efficace a partire dal 1° gennaio 2015, “… ove le pubbliche amministrazioni, dopo il 1° gennaio 2015, abbiano corrisposto al fornitore l’IVA ad esse addebitata in relazione ad operazioni fatturate a partire dalla medesima data e, a sua volta, il fornitore abbia computato in sede di liquidazione, secondo le modalità ordinarie, l’imposta incassata dalle pubbliche amministrazioni, non occorrerà effettuare alcuna variazione”. In tali casi, infatti, l’imposta deve ritenersi, ancorché irregolarmente, assolta.
Giova precisare, che laddove la PA – interessata dal meccanismo della scissione dei pagamenti – non abbia corrisposto al fornitore l’Iva, da questi erroneamente addebitata, il fornitore potrà procedere a “regolarizzare” tale comportamento con l’emissione di apposita nota di variazione ex art. 26, terzo comma, del DPR n. 633 del 1972 e l’emissione di un nuovo documento contabile recante l’indicazione “scissione dei pagamenti”. Conseguentemente, la PA dovrà provvedere al versamento dell’imposta addebitata secondo la disciplina dello split payment.
Si ribadisce, in ultimo, quanto già precisato dalla citata circolare n. 1/E che “ove il fornitore abbia erroneamente emesso fattura con l’annotazione “scissione dei pagamenti” lo stesso dovrà correggere il proprio operato ed esercitare la rivalsa nei modi ordinari. In tal caso, le PA dovranno corrispondere al fornitore anche l’IVA relativa all’operazione ricevuta”.
8. VERIFICHE TELEMATICHE DEI PAGAMENTI
La verifica preventiva telematica, prevista dall’art. 48-bis del DPR 29 settembre 1973, n. 602, secondo cui “… le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e le società a prevalente partecipazione pubblica, prima di effettuare, a qualunque titolo, il pagamento di un importo superiore a diecimila euro, verificano, anche in via telematica, se il beneficiario è inadempiente all’obbligo di versamento derivante dalla notifica di una o più cartelle di pagamento per un ammontare complessivo pari almeno a tale importo e, in caso affermativo, non procedono al pagamento e segnalano la circostanza all’agente della riscossione competente per territorio, ai fini dell’esercizio dell’attività di riscossione delle somme iscritte a ruolo …”, deve essere fatta sul credito effettivamente vantato dal fornitore e sull’ammontare che possa allo stesso essere legittimamente corrisposto.
Al riguardo, si rinvia alle circolari 22 ottobre 2008, n. 22/RGS, 8 ottobre 2009, n. 29/RGS, e 23 settembre 2011, n. 27/RGS, del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.
Ciò precisato, sebbene con la circolare n. 22/RGS del 2008, in merito alla verifica in discorso, è stato esposto che, in via generale, l’importo da considerare deve ritenersi al lordo dell’IVA – in quanto “il termine pagamento, nell’accezione delineata, include necessariamente l’intero importo delle somme da corrispondere al soggetto beneficiario per soddisfare l’obbligazione assunta, giusta l’obbligo di addebitare in fattura l’intera IVA (articoli 18 e 21 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633)” – alla luce della normativa che ha introdotto il regime della scissione contabile, si giunge ad un diverso risultato, in virtù della circostanza che il pagamento del corrispettivo al fornitore risulta ora nettamente disgiunto dall’obbligo di versamento della relativa IVA, posto direttamente a carico della PA committente.
Pertanto, adempiendo gli obblighi contrattuali nei confronti del fornitore con il pagamento del corrispettivo senza l’IVA, si è dell’avviso che, relativamente alle operazioni rientranti nel regime della scissione contabile, l’obbligo di verifica ex art. 48-bis del D.P.R. n. 602/1973 ricorra solo se il conseguenziale pagamento, al netto dell’IVA, risulti superiore a diecimila euro.
Si rappresenta che l’anzidetta conclusione è stata condivisa con il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.
9. INTERVENTO SOSTITUTIVO IN PRESENZA DI DURC NEGATIVO
Gli artt. 4 e 6 del DPR 5 ottobre 2010, n. 207, prevedono che prima di effettuare pagamenti a favore dei propri fornitori le PA provvedano a richiedere il DURC e, in presenza di irregolarità, attivino il c.d. “ intervento sostitutivo” che consiste nel pagare l’importo dovuto direttamente all’istituto previdenziale o assicurativo creditore.
Si ritiene che il procedimento, sulle fatture soggette al meccanismo dello split payment, deve essere avviato in riferimento all’importo dell’imponibile della fattura, quindi escluso IVA.
L’intervento sostitutivo si manifesterà, pertanto, solo sulla parte del credito effettivamente vantata dal fornitore.
10. CREDITORE PIGNORATIZIO E DEBITORE PIGNORATO
In conseguenza dell’introduzione della disciplina di cui all’art 17-ter, le modalità di pignoramento dei crediti presso terzi dovranno allinearsi in presenza di PA terzo pignorato, alla nuova norma e stabilire il pignoramento di somme solo nel limite del debito esigibile, cioè al netto dell’IVA.
11. RIMBORSI
Il meccanismo della scissione dei pagamenti deroga all’ordinario meccanismo di funzionamento dell’IVA, caratterizzato dallo schema della rivalsa-detrazione con conseguente neutralità dell’imposta per l’operatore economico. Deroga, questa, giustificata dall’esigenza di contrastare fenomeni di frode che hanno indotto il legislatore ad introdurre il meccanismo della scissione dei pagamenti.
In considerazione del fatto che sulla base di tale meccanismo il fornitore addebita l’imposta alla PA cessionaria/committente senza, tuttavia, incassarla da questa, si determina in capo al fornitore una eccedenza di Iva detraibile.
Al fine di limitare gli effetti finanziari negativi per i fornitori della PA che, a seguito della disposizione in commento, non incasseranno l’Iva dovuta sulle operazioni rese agli enti pubblici, la lettera c) del comma 629, art. 1, della legge di stabilità 2015 ha modificato la disciplina dei rimborsi di cui all’art. 30, secondo comma, lettera a), del DPR n. 633 del 1972, che nell’individuare i contribuenti che possono chiedere in tutto o in parte il rimborso dell’eccedenza detraibile (se di importo superiore a 2.582,28 euro) all’atto della richiesta di rimborso IVA, include l’ipotesi in cui questi esercitino esclusivamente o prevalentemente attività che comportano l’effettuazione di operazioni soggette ad imposta con aliquote inferiori a quelle dell’imposta relativa agli acquisti e alle importazioni, computando a tal fine anche le operazioni effettuate a norma dell’art. 17, quinto, sesto e settimo comma, “nonché”, nella nuova formulazione, “a norma dell’articolo 17-ter”.
Ciò al fine di consentire ai fornitori della PA, in sede di richiesta di rimborso avanzata nella dichiarazione annuale o nell’istanza trimestrale, di computare nel calcolo dell’aliquota media, tra le operazioni c.d. ad aliquota zero, le operazioni effettuate nei confronti della PA.
L’effettuazione di operazioni soggette al regime dello split payment, quindi, non costituisce un presupposto autonomo ai fini della richiesta di rimborso, ma tali operazioni saranno considerate, insieme alle altre relative al periodo di riferimento, nel calcolo della sussistenza del presupposto “aliquota media”. Il successivo comma 630 del citato art. 1 della legge di stabilità 2015 prevede che con decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze siano individuati, tra i soggetti nei confronti dei quali il rimborso è eseguito in via prioritaria, i fornitori della PA, limitatamente al credito rimborsabile relativo alle operazioni soggette alla scissione dei pagamenti. In proposito, l’art. 8 del DM del 23 gennaio 2015, rubricato “Contribuenti ammessi al rimborso in via prioritaria” – modificato dal DM del 20 febbraio 2015 – stabilisce al comma 1 che “La disposizione di cui all’articolo 38-bis, comma 10, del decreto n. 633 del 1972, e successive modificazioni, che prevede l’erogazione dei rimborsi in via prioritaria dell’eccedenza d’imposta detraibile, si applica, a partire dalla richiesta relativa al primo trimestre dell’anno d’imposta 2015, ai soggetti passivi che hanno effettuato operazioni nei confronti delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 17-ter dello stesso decreto n. 633 del 1972, nel rispetto dei presupposti di cui all’articolo 30, secondo comma, lettera a), del decreto n. 633 del 1972”.
Al fine di ampliare la platea dei rimborsi prioritari da split payment, il citato DM del 20 febbraio 2015 ha eliminato dal comma 1 il riferimento alle condizioni previste dall’articolo 2 del decreto del Ministro dell’Economia e delle finanze del 22 marzo 2007, che rimangono tuttavia in vigore per le altre categorie di rimborsi prioritari.
Il comma 2 dell’art. 8 del DM del 23 gennaio 2015 dispone, altresì, che “I rimborsi di cui al comma 1 sono erogati in via prioritaria per un ammontare non superiore all’ammontare complessivo dell’imposta applicata alle operazioni, di cui all’articolo 17-ter del decreto n. 633 del 1972, effettuate nel periodo in cui si è avuta l’eccedenza d’imposta detraibile oggetto della richiesta di rimborso”.
Le disposizioni contenute nel citato articolo 8 stabiliscono, dunque, che le operazioni da split payment danno diritto all’erogazione prioritaria solo nel caso in cui il presupposto del rimborso sia quello dell’ “aliquota media”, e nel limite dell’ammontare dell’imposta applicata a tali operazioni nel periodo di riferimento. Diversamente dalle altre tipologie di rimborso prioritario, è dunque possibile che il rimborso da split payment, di cui al citato articolo 8, sia prioritario solo per una parte dell’importo, mentre la parte restante rimane soggetta all’esecuzione ordinaria.
Si chiarisce inoltre che, nel caso in cui il contribuente che effettua operazioni soggette al regime della scissione dei pagamenti non abbia i requisiti per richiedere il rimborso con il presupposto “aliquota media”, può comunque chiederlo sulla base degli altri presupposti previsti dall’art. 30 del decreto n. 633 del 1972, ove sussistenti. In questo caso, però, il rimborso non sarà ammesso all’esecuzione prioritaria, in quanto la priorità è correlata, secondo quanto disposto dal citato comma 1 dell’art. 8 del DM 23 gennaio 2015, al solo presupposto dell’ “aliquota media”.
Come già detto, l’art. 8, comma 2 del DM del 23 gennaio 2015 prevede che la priorità sia riconosciuta in relazione alle operazioni da split payment effettuate nel periodo in cui si è avuta l’eccedenza d’imposta detraibile chiesta a rimborso. Considerato il riferimento al periodo di effettuazione delle operazioni, i rimborsi annuali e infrannuali richiesti dai contribuenti che svolgono operazioni con l’applicazione dello split payment sono eseguiti in via prioritaria rispetto ai rimborsi non prioritari relativi allo stesso periodo di riferimento.
A tal proposito si ricorda che, come indicato dalla circolare n. 249/E del 9 settembre 19975, relativa all’ambito di applicazione dell’art. 7-bis del decreto legge 23 settembre 1994, n. 547, convertito dalla legge 22 novembre 1994, n. 644, i rimborsi annuali e trimestrali sono inseriti in graduatorie separate in base al periodo di riferimento.
Considerato che il comma 630 dell’art. 1 della legge di stabilità 2015 ha disposto che i rimborsi da split payment siano eseguiti in via prioritaria, prevedendo quindi un diverso ordine cronologico (art. 20, decreto 28 dicembre 1993, n. 567 – regolamento di attuazione del conto fiscale e art. 7-bis del decreto legge n. 547 del 1994), la priorità nell’esecuzione è garantita dall’attribuzione, nelle basi dati dell’Agenzia, di un numero progressivo, nell’ambito della rispettiva graduatoria (trimestrali o annuali), tale da assicurare la precedenza dei suddetti rimborsi rispetto ai rimborsi non prioritari.
Gli uffici dell’Agenzia procedono quindi all’istruttoria dei rimborsi prioritari da split payment,al pari degli altri rimborsi prioritari, con precedenza rispetto ai rimborsi ordinari, e la stessa priorità è rispettata dall’agente della riscossione in fase di erogazione, in modo che l’esecuzione avvenga con la massima tempestività rispetto alla richiesta.
Considerata la specificità del rimborso da split payment, che come chiarito in precedenza può essere in parte ammesso all’esecuzione prioritaria e in parte a quella ordinaria, si precisa che l’istruttoria sulla richiesta di rimborso sarà necessariamente unica per l’intero importo, in quanto ciò è necessario ai fini della verifica della sussistenza del presupposto.
La liquidazione del rimborso, invece, avverrà con priorità solo per la parte che corrisponde all’ammontare dell’imposta applicata alle operazioni da split payment, mentre per la parte restante sarà rispettato il consueto ordine cronologico.
12. EFFICACIA TEMPORALE
L’art. 1, comma 632, della legge di stabilità 2015 stabilisce che il meccanismo della scissione dei pagamenti trova applicazione per le operazioni per le quali l’imposta sul valore aggiunto è esigibile a partire dal 1° gennaio 2015. Ciò, nelle more del rilascio della misura di deroga da parte del Consiglio dell’Unione europea, ai sensi dell’art. 395 della Direttiva del 28 novembre 2006, n. 2006/112/CE. Sul punto, giova evidenziare che il modello della scissione dei pagamenti, nei suo elementi caratterizzanti, è stato preso in considerazione da studi della Commissione europea (cfr. c.d. libro verde sul futuro dell’Iva, COM(2010)695, e successivo libro bianco COM/2011/0851) come uno dei modi per migliorare e semplificare la riscossione dell’Iva ed eliminare la frode dell’operatore inadempiente.
Sotto il profilo temporale, l’art. 9 del DM stabilisce che “Le disposizioni del presente decreto si applicano alle operazioni documentate con fatture emesse dal 1° gennaio 2015 , la cui imposta diviene esigibile a partire dalla medesima data”. Ai fini dell’individuazione del momento di esigibilità occorre avere riguardo all’art. 3, comma 1, del citato DM secondo cui “L’imposta relativa alle cessioni di beni ed alle prestazioni di servizi (…) diviene esigibile al momento del pagamento dei corrispettivi”.
Alla luce delle predette disposizioni il meccanismo della scissione dei pagamenti si applica alle operazioni in relazione alle quali il corrispettivo sia stato pagato dopo il 1° gennaio 2015 e sempre che le stesse non siano state già fatturate anteriormente alla predetta data. Il meccanismo della scissione dei pagamenti non è, invece, applicabile alle operazioni per le quali è stata emessa fattura entro il 31 dicembre 2014, e che si considerano effettuate entro la predetta data. Per tali operazioni, ai fini dell’esigibilità dell’imposta è applicabile la disposizione di cui all’art. 6, quinto comma, secondo periodo, del decreto n. 633 del 1972, e la PA dovrà corrispondere al fornitore sia l’imponibile che l’imposta ancorché il predetto pagamento avvenga in data successiva al 1° gennaio 2015. Risulta, pertanto, irrilevante, a tal fine, che la fattura, emessa nel 2014, sia stata acquisita al protocollo della PA acquirente nel 2015.
13. SANZIONI
Per le forniture di beni e servizi effettuate nei confronti delle pubbliche amministrazioni i fornitori – sempre che non ne siano esonerati, salvo richiesta della PA – devono emettere fattura con l’indicazione “scissione dei pagamenti” o “split payment”. Giova rammentare che nel caso in cui la fattura non contenga la predetta indicazione è applicabile la sanzione amministrativa di cui all’art. 9, comma 1, del D.Lgs. n. 471 del 1997. Resta salva la non applicazione della predetta sanzione nell’ipotesi in cui il fornitore, come sopra precisato, si sia attenuto alle indicazioni fornite dalla PA in merito alla riconducibilità della medesima nell’ambito soggettivo di applicazione della scissione dei pagamenti, sempre che l’imposta sia stata assolta, ancorché in modo irregolare.
In relazione all’imposta addebitata dai fornitori le PA sono responsabili del versamento all’Erario dell’imposta.
L’omesso o ritardato adempimento del versamento all’erario (per conto del fornitore) da parte delle PA è sanzionato ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. n. 471 del 1997 e le somme che l’ente pubblico avrebbe dovuto versare saranno riscosse mediante atto di recupero di cui all’art. 1, comma 421, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.
Resta salva la non applicazione delle sanzioni per le violazioni commesse anteriormente alla data di pubblicazione del presente documento di prassi, stante le obiettive condizioni di incertezza ai sensi del citato art. 10, comma 3, della legge n. 212 del 2000 (cd. statuto dei diritti del contribuente), sempre che l’imposta sia stata assolta”.