Circolare 21 maggio 2014, n. 11/E, dell’Agenzia delle entrate
INDICE:
1. QUESTIONI IN MATERIA DI REDDITI
1.1 IMU-IRPEF – Applicazione dell’effetto di sostituzione per il 2013
1.2 IMU-IRPEF – Immobili situati nel medesimo comune dell’abitazione principale
1.3 Canoni di locazione non riscossi
1.4 Sisma Emilia-Romagna – Contributo autonoma sistemazione
1.5 Redditi esteri ed applicazione delle retribuzioni convenzionali
2. SPESE SANITARIE
2.1 Detraibilità spese per osteopata
2.2 Detraibilità spese per biologo nutrizionista
3. INTERESSI PASSIVI PER MUTUI
3.1 Acquisto di immobili da accorpare catastalmente
3.2 Mutuo per la costruzione abitazione principale – Coniuge a carico
3.3 Immobili inagibili per il sisma dell’Abruzzo
4. RECUPERO DEL PATRIMONIO EDILIZIO
4.1 Familiare convivente e documentazione
4.2 Lavori di ristrutturazione su parti comuni ed immobile di proprietà del coniuge incapiente
4.3 Ripartizione delle spese in assenza di condominio
4.4 Spese sostenute mediante finanziamento
4.5 Bonifico con causale errata
4.6 Acquisto box pertinenziale
5. ACQUISTO MOBILI ED ELETTRODOMESTICI
5.1 Interventi che consentono la fruizione del bonus
5.2 Bonus mobili e acquisto box pertinenziale
5.3 Bonus mobili e pagamento mediante bonifico
5.4 Pagamento mediante bancomat e carta di credito
5.5 Acquisto mobili all’estero
5.6 Data di acquisto mobili e grandi elettrodomestici
5.7 Importo complessivo ammissibile alla detrazione
6. RIQUALIFICAZIONE ENERGETICA
6.1 Interventi eseguiti da ditte individuali o società su immobili strumentali presso i quali è svolta l’attività
7. ALTRE QUESTIONI
7.1 Compatibilità tra deduzione per abitazione principale e detrazione “inquilini”
7.2 Detraibilità spese per diverse forme di asili nido
7.3 Detrazioni e deduzioni per erogazioni liberali a ONLUS
7.4 Agevolazioni per disabili – Furto del veicolo
7.5 Agevolazioni per i disabili – Acquisto di veicoli.
“PREMESSA
Con la presente circolare si forniscono chiarimenti su varie questioni interpretative riguardanti gli oneri deducibili e detraibili, tra i quali le spese sanitarie, gli interessi passivi, le spese per gli interventi di recupero del patrimonio abitativo e per la riqualificazione energetica degli edifici, il bonus mobili, le altre detrazioni, nonché su altri quesiti riguardanti il rapporto tra IMU IRPEF, i redditi di lavoro dipendente e fondiari. Nel seguito per TUIR si intende il Testo Unico delle Imposte sui Redditi, approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. Le circolari e le risoluzioni dell’Agenzia delle entrate citate in questo documento sono consultabili nella banca dati Documentazione Tributaria accessibile dal sito www.agenziaentrate.gov.it o dal sito www.finanze.gov.it.
1. QUESTIONI IN MATERIA DI REDDITI
1.1 IMU-IRPEF – Applicazione dell’effetto di sostituzione per il 2013
D. Si chiede di conoscere l’applicazione per il 2013 dell’effetto di sostituzione IMU-IRPEF, alla luce delle modifiche normative che hanno riguardato il versamento dell’IMU dovuta per il medesimo anno.
R. In base agli articoli 8, comma 1, e 9, comma 9, del decreto legislativo n. 23 del 2011, l’IMU sostituisce l’IRPEF e le relative addizionali in relazione al reddito fondiario dei fabbricati non locati e dei terreni non affittati, per la componente dominicale (cfr. anche circolare n. 3/DF del 2012[1] e circolare n. 5/E del 2013[2] per approfondimenti).
Il Dipartimento delle finanze, sentita l’Agenzia delle entrate, ha ritenuto che per l’anno 2013 l’effetto di sostituzione IMU-IRPEF trova applicazione in tutte le ipotesi in cui è dovuta l’IMU, vale a dire nel caso di versamento della prima e/o seconda rata (o semestre) e della cosiddetta Mini IMU. Il Dipartimento delle finanze ha altresì ritenuto che l’effetto di sostituzione operi anche qualora l’IMU risulti giuridicamente dovuta, ma non sia stata versata, ad esempio per effetto del riconoscimento delle detrazioni o perché l’importo è inferiore al minimo da versare.
1.2 IMU-IRPEF – Immobili situati nel medesimo comune dell’abitazione principale
D. Il reddito degli immobili ad uso abitativo non locati situati nello stesso comune nel quale si trova l’immobile adibito ad abitazione principale, assoggettati all’imposta municipale propria, è rilevante a fini IRPEF per il 50%. Si chiede di chiarire la nozione di abitazione principale rilevante al riguardo.
R. L’art. 1, comma 717, della legge n. 147 del 2013 (legge di stabilità per il 2014) ha modificato le disposizioni degli articoli 8, comma 1, e 9, comma 9, terzo periodo, del decreto legislativo n. 23 del 2011 riguardanti il rapporto tra IMU e IRPEF, con effetto a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2013 (cfr. comma 718). A seguito delle modifiche l’articolo 8, comma 1, prevede che l’IMU sostituisce, per la componente immobiliare, l’IRPEF e le relative addizionali dovute in relazione ai redditi fondiari relativi ai beni non locati (fabbricati non locati e terreni non affittati, per la componente dominicale) “fatto salvo quanto disposto nel successivo articolo 9, comma 9, terzo periodo.”. Quest’ultima disposizione stabilisce che “… il reddito degli immobili ad uso abitativo non locati situati nello stesso comune nel quale si trova l’immobile adibito ad abitazione principale, assoggettati all’imposta municipale propria, concorre alla formazione della base imponibile dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e delle relative addizionali nella misura del cinquanta per cento.”.
In merito all’applicazione delle disposizioni richiamate, il Dipartimento delle finanze, sentita l’Agenzia delle entrate, ha ritenuto che per la definizione dell’abitazione principale il criterio da adottare è quello utilizzato nell’ambito della normativa in materia di imposte sui redditi ai fini della deduzione IRPEF di cui all’art. 10, comma 3-bis, del TUIR. Ciò in quanto occorre considerare che la disposizione che prevede la tassazione del 50% del reddito dell’immobile riguarda la determinazione della base imponibile IRPEF e che, pertanto, appare coerente con tale premessa fare riferimento alle regole IRPEF.
Si ricorda che per abitazione principale in base all’art. 10, comma 3-bis, del TUIR “si intende quella nella quale la persona fisica, che la possiede a titolo di proprietà o altro diritto reale, o i suoi familiari dimorano abitualmente”.
Ad esempio, un contribuente che dimori abitualmente in un immobile detenuto a titolo di locazione e che, nello stesso comune, possieda a titolo di proprietà un’unità immobiliare ad uso abitativo non locata assoggettata all’IMU, non dovrà far concorrere il reddito di quest’ultima unità abitativa alla formazione della base imponibile dell’IRPEF e delle relative addizionali nella misura del 50%. Diversamente, un contribuente che dimori abitualmente in un immobile posseduto a titolo di proprietà e che, nello stesso comune, possieda a titolo di proprietà un’unità immobiliare ad uso abitativo non locata assoggettata all’IMU, dovrà far concorrere il reddito di quest’ultima unità abitativa alla formazione della base imponibile dell’IRPEF e delle relative addizionali nella misura del 50%.
Si precisa che la disposizione in esame si applica anche nell’ipotesi in cui un contribuente abbia la propria dimora abituale in un fabbricato rurale abitativo posseduto a titolo di proprietà o di altro diritto reale, e che possegga, nello stesso comune, un’altra unità immobiliare ad uso abitativo non locata assoggettata all’IMU.
1.3 Canoni di locazione non riscossi
D. Relativamente ad un fabbricato di categoria catastale C1 (negozi e botteghe) locato dal 2011, il proprietario non percepisce alcun canone per morosità. Nel 2013 viene omologata la sentenza di sfratto nella quale il giudice indica che il conduttore non ha pagato il canone fin dalla decorrenza del contratto in questione. Il canone di locazione, ancorché non percepito, è stato comunque dichiarato dal proprietario nella dichiarazione dei redditi 2012. Posto che l’art. 26, comma 1, del TUIR fa riferimento ai soli “fabbricati ad uso abitativo” si chiede quali siano gli strumenti a disposizione del contribuente per recuperare le imposte pagate sui canoni non percepiti nell’anno 2011 e come lo stesso si debba comportare relativamente all’anno d’imposta 2012.
R. Secondo quanto previsto all’articolo 26, comma 1, del TUIR “I redditi fondiari concorrono, indipendentemente dalla percezione, a formare il reddito complessivo dei soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale (…) per il periodo di imposta in cui si è verificato il possesso”. Ai sensi del successivo articolo 37 del TUIR, il reddito dei fabbricati è determinato sulla base delle tariffe d’estimo, stabilite secondo le norme della legge catastale per ciascuna categoria e classe (o per i fabbricati a destinazione speciale mediante stima diretta). Per i fabbricati concessi in locazione a terzi, l’attuale formulazione del medesimo art. 37 prevede che il reddito fondiario è determinato assumendo il maggior ammontare fra il canone risultante dal contratto di locazione, ridotto forfetariamente del 5%, e la rendita catastale rivalutata del 5%. La riduzione forfetaria è elevata al 25%, per i fabbricati siti in Venezia centro, isola della Giudecca, Murano e Burano, e al 35%, per i fabbricati di interesse storico e artistico.
In base alla regola generale di cui all’art. 26 del TUIR, secondo cui i redditi fondiari sono imputati al possessore indipendentemente dalla loro percezione, anche per il reddito da locazione non è richiesta, ai fini della imponibilità del canone, la materiale percezione di un provento.
Pertanto, ove il reddito fondiario sia costituito dal canone di locazione, non rileva il canone effettivamente percepito dal locatore, bensì l’ammontare di esso contrattualmente previsto per il periodo di imposta di riferimento.
La rilevanza del canone pattuito, anziché della rendita catastale, opera fin quando risulta in vita il contratto di locazione. Solo a seguito della cessazione della locazione, per scadenza del termine ovvero per il verificarsi di una causa di risoluzione del contratto, il reddito è determinato sulla base della rendita catastale.
Per le sole locazioni di immobili ad uso abitativo, l’articolo 8, comma 5, della legge n. 431 del 1998, introducendo due nuovi periodi all’attuale art. 26 del TUIR, ha stabilito che i relativi canoni, se non percepiti, non concorrono alla formazione del reddito complessivo del locatore dal momento della conclusione del procedimento giurisdizionale di convalida di sfratto per morosità del conduttore. Conseguentemente, detti canoni non devono essere riportati nella relativa dichiarazione dei redditi se, entro il termine di presentazione della stessa, si è concluso il procedimento di convalida di sfratto per morosità e, nel caso in cui il giudice confermi la morosità del locatario anche per i periodi precedenti il provvedimento giurisdizionale, al locatore è riconosciuto un credito d’imposta di ammontare pari alle imposte versate sui canoni venuti a scadenza e non percepiti. Come precisato nella Circolare del Ministero delle Finanze n. 150 del 1999[3], la disposizione, limitata ai soli immobili concessi in locazione ad uso abitativo, deroga al principio generale di imputazione dei redditi fondiari in quanto esclude dal reddito i canoni che non sono stati percepiti a condizione che lo stato di morosità del conduttore risulti da un accertamento giudiziale il cui procedimento abbia avuto termine.
Per le locazioni di immobili non abitativi il legislatore tributario non ha previsto una disposizione analoga. Ne consegue che:
– il relativo canone, ancorché non percepito, va comunque dichiarato, nella misura in cui risulta dal contratto di locazione, fino a quando non intervenga una causa di risoluzione del contratto medesimo;
– le imposte assolte sui canoni dichiarati e non riscossi non potranno essere recuperate.
Si fa presente, infine, che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 362 del 2000, ha ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 23 (ora articolo 26) del TUIR in quanto il sistema di tassazione che presiede alle locazioni non abitative non risulta gravoso e irragionevole dal momento che il locatore può utilizzare tutti gli strumenti previsti per provocare la risoluzione del contratto di locazione (dalla clausola risolutiva espressa ex art. 1456 del codice civile, alla risoluzione a seguito di diffida ad adempiere ex art. 1454, alla azione di convalida di sfratto ex artt. 657 e ss. del c.p.c.) e far “riespandere” la regola generale di attribuzione del reddito fondiario basata sulla rendita catastale.
1.4 Sisma Emilia-Romagna – Contributo autonoma sistemazione
D. Si chiede conferma circa l’esenzione da IRPEF del “contributo per autonoma sistemazione” di cui all’Ordinanza della Regione Emilia Romagna n. 24 del 14/8/2012.
R. Con ordinanza del 14 agosto del 2012, n. 24, la Regione Emilia Romagna ha fissato “Criteri e modalità per l’erogazione del Nuovo contributo per l’autonoma sistemazione dei nuclei familiari sfollati dalla propria abitazione ed affrontare l’emergenza abitativa, in applicazione dal 1 agosto 2012”.
Il Contributo di Autonoma Sistemazione (di seguito CAS) è riconosciuto in favore dei nuclei familiari che hanno ricevuto un’ordinanza di sgombero e hanno provveduto autonomamente alla propria sistemazione alloggiativa, anche mediante ospitalità presso conoscenti e parenti; inoltre, il CAS è concesso a decorrere dal 1° agosto 2012 e fino al ripristino dell’agibilità dell’abitazione principale, abituale e continuativa, e, comunque, non oltre il termine dello stato di emergenza. L’importo del contributo in esame è modulato in ragione della composizione del nucleo familiare e non è riconosciuto ai proprietari di seconde case, situate nella provincia di residenza, agibili e libere. Ciò premesso, in relazione al quesito posto, si osserva che in base ai principi generali che disciplinano la tassazione dei redditi, devono essere assoggettate a tassazione le prestazioni inquadrabili in una delle categorie reddituali previste dall’art. 6 del TUIR. Sulla base di tale considerazione, si ritiene che il CAS, non essendo inquadrabile in alcuna delle categorie reddituali di cui al citato articolo 6 del TUIR, non sia imponibile ai fini IRPEF.
1.5 Redditi esteri ed applicazione delle retribuzioni convenzionali
D. Un lavoratore dipendente, residente in Italia, ha svolto, per un periodo superiore a 183 giorni, la prestazione lavorativa all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto. In tale ipotesi, è tenuto a dichiarare i redditi di lavoro dipendente, ai sensi dell’articolo 51, comma 8-bis, del TUIR, se il datore di lavoro è estero e non sia presente in Italia alcun soggetto che adempia, in suo favore, gli obblighi contributivi?
R. L’articolo 3, comma 1, del TUIR, statuisce che “L’imposta si applica sul reddito complessivo del soggetto, formato per i residenti da tutti i redditi posseduti al netto degli oneri indicati nell’art. 10 ….”. Come si evince dalla lettera della norma, per i residenti l’obbligo di dichiarare, nel nostro Paese, i redditi ovunque prodotti ricade sul soggetto titolare dei redditi stessi. Si conferma, pertanto, quanto affermato con la circolare n. 50/E del 2002[4], par. 18, in cui è stato precisato che il soggetto residente che versi nelle condizioni previste dall’articolo 51, comma 8-bis), del TUIR, è tenuto a dichiarare il reddito convenzionale nella misura in cui è definito annualmente con il decreto del Ministro del Lavoro e della previdenza sociale (ora Ministro del Lavoro e delle politiche sociali), ancorché non sia presente in Italia alcun soggetto che adempia, in suo favore, gli obblighi contributivi.
2. SPESE SANITARIE
2.1 Detraibilità spese per osteopata
D. Si chiede se siano detraibili come spese mediche gli importi pagati per le prestazioni rese dall’osteopata.
R. Il Ministero della Salute, interpellato al riguardo, ha precisato che a tutt’oggi la figura dell’osteopata non è annoverabile fra le figure sanitarie riconosciute, il cui elenco è disponibile sul sito istituzionale del Ministero stesso. Il predetto Dicastero ha precisato, altresì, che, in attesa di un eventuale riconoscimento normativo, le attività che in altri Paesi sono svolte dall’osteopata afferiscono in Italia alle professioni sanitarie. In considerazione del parere fornito dal Ministero della Salute, si ritiene che le prestazioni rese dagli osteopati non consentano la fruizione della detrazione di cui all’art. 15, comma 1, lett. c), del TUIR, e che le spese per prestazioni di osteopatia, riconducibili alle competenze sanitarie previste per le professioni sanitarie riconosciute, sono detraibili se rese da iscritti a dette professioni sanitarie.
2.2 Detraibilità spese per biologo nutrizionista
D. Si chiede se siano detraibili come spese mediche gli importi pagati per le prestazioni rese dal biologo nutrizionista.
R. Considerato che il biologo non è un medico, né rientra fra le figure professionali sanitarie elencate nel decreto ministeriale 29 marzo 2001, fra cui è ricompresa la figura del dietista, la scrivente ha ritenuto opportuno interpellare il Ministero della Salute sulla natura delle prestazioni rese da detta figura professionale.
Al riguardo, il Ministero ha fatto presente che, con pareri del Consiglio Superiore di Sanità sulle competenze in materia di nutrizione delle professioni di medico, biologo e dietista, è stato chiarito che mentre il medico-chirurgo può prescrivere diete a soggetti sani e a soggetti malati, il biologo può autonomamente elaborare e determinare diete nei confronti di soggetti sani, al fine di migliorarne il benessere e, solo previo accertamento delle condizioni fisio-patologiche effettuate dal medico chirurgo, a soggetti malati. Il Ministero sottolinea che in detti pareri è evidenziato che, pur essendo il medico il solo professionista ad avere il titolo per l’effettuazione di diagnosi finalizzate all’elaborazione di diete, la professione di biologo, pur non essendo sanitaria, è inserita nel ruolo sanitario del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) e può svolgere attività attinenti alla tutela della salute.
In considerazione dei chiarimenti forniti dal Ministero della Salute, si ritiene che le spese sostenute per visite nutrizionali, con conseguente rilascio di diete alimentari personalizzate, eseguite da biologi, siano detraibili ai sensi dell’art. 15, comma 1, lett. c), del TUIR. Ai fini della detrazione, dal documento di certificazione del corrispettivo rilasciato dal biologo dovranno risultare la specifica attività professionale e la descrizione della prestazione sanitaria resa, mentre non è necessaria la prescrizione medica, analogamente a quanto specificato con la circolare n. 19/E del 2012[5], par. 2.2.
Al riguardo, si precisa che la non necessità della prescrizione medica va correttamente vista nell’ottica della semplificazione degli adempimenti fiscali per i contribuenti, e non implica, né sul piano normativo, né sul piano del concreto esercizio delle professioni sanitarie, alcuna legittimazione allo svolgimento di attività sanitarie in difformità dalle disposizioni legislative e regolamentari che le disciplinano.
3. INTERESSI PASSIVI PER MUTUI
3.1 Acquisto di immobili da accorpare catastalmente
D. Un contribuente è proprietario di una unità immobiliare che ha acquistato come abitazione principale. In occasione dell’acquisto è stato stipulato un mutuo ipotecario per il quale detrae gli interessi passivi per acquisto dell’abitazione principale, avendone i requisiti. Dopo due anni dal primo acquisto, allo scopo di ampliare la propria abitazione principale, acquista un’altra unità immobiliare adiacente alla prima, stipulando nel contempo un nuovo mutuo ipotecario: “per acquisto prima casa”. Immediatamente dopo il secondo acquisto, effettua una variazione catastale, unificando le due unità immobiliari ed ottenendo così un’unica unità immobiliare presso la quale aveva già la residenza, avendola già adibita ad abitazione principale. Nell’atto di acquisto della seconda unità immobiliare è precisato che il contribuente effettua tale acquisto con i benefici della prima casa, impegnandosi ad accorpare tale nuova unità immobiliare con la sua abitazione principale. I mutui stipulati rimangono entrambi accesi. Si chiede se anche gli interessi passivi del secondo mutuo possano essere detratti, nei limiti stabiliti dalla norma.
R. L’art. 15, comma 1, lett. b), del TUIR, consente la detrazione dall’IRPEF di un importo pari al 19 per cento degli interessi passivi e relativi oneri accessori, pagati in dipendenza di mutui garantiti da ipoteca su immobili contratti per l’acquisto dell’unità immobiliare da adibire ad abitazione principale entro un anno dall’acquisto stesso, per un importo non superiore a 4.000 euro.
Il contribuente che acquista un’unità immobiliare adiacente alla propria abitazione principale, con l’intenzione di accorparle, può fruire della detrazione per gli interessi passivi relativi al mutuo contratto per detto acquisto, ai sensi del citato art. 15, comma 1, lett. b), del TUIR, dopo che sia stato realizzato l’accorpamento, risultante anche dalle variazioni catastali relative ad entrambe le unità immobiliari, in modo da risultare un’unica abitazione principale (cfr. risoluzione n. 117/E del 2009[6]).
Nel caso in esame, il limite di euro 4.000 deve essere riferito all’ammontare complessivo degli interessi e oneri accessori relativi ai due mutui accesi per l’acquisto delle unità immobiliari accorpate.
La condizione che anche il secondo mutuo sia stipulato per l’acquisto dell’abitazione principale dovrà risultare dal contratto di acquisto dell’immobile, dal contratto di mutuo o da altra documentazione rilasciata dalla banca. In mancanza, la finalità del mutuo deve essere attestata dal contribuente mediante un’apposita dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà ai sensi dell’art. 47 del DPR n. 445 del 2000 (cfr. risoluzione n. 147/E del 2006[7]). Naturalmente devono essere rispettate anche le altre condizioni previste dalla disposizione, quali il limite temporale che deve intercorrere tra l’accensione del mutuo, l’acquisto e la destinazione ad abitazione principale. In particolare l’immobile deve essere adibito ad abitazione principale entro un anno dall’acquisto, che deve avvenire nell’anno antecedente o successivo alla stipula del contratto di mutuo. Infine, nel caso in cui il mutuo relativo al secondo acquisto sia superiore al costo del secondo immobile, occorre rideterminare in proporzione l’importo degli interessi detraibili (cfr. circolare n. 15/E del 2005[8], par. 4.1).
3.2 Mutuo per la costruzione abitazione principale – Coniuge a carico
D. L’art. 15 del TUIR prevede che se uno dei due coniugi, comproprietari e cointestatari del mutuo per acquisto abitazione principale, sia fiscalmente a carico dell’altro, questo può fruire anche della quota di detrazione spettante al coniuge. Si chiede di conoscere se detta disposizione sia applicabile anche nella diversa ipotesi in cui il mutuo sia finalizzato alla ristrutturazione o costruzione dell’abitazione principale.
R. L’art. 15, comma 1, lett. b), del TUIR riconosce una detrazione IRPEF del 19 per cento per gli interessi passivi e relativi oneri accessori corrisposti in dipendenza di mutui ipotecari contratti per l’acquisto dell’abitazione principale, per un importo non superiore a euro 4.000. La medesima disposizione riconosce la detrazione, a decorrere dalla data in cui l’unità immobiliare è adibita a dimora abituale, anche nel caso in cui l’immobile acquistato sia oggetto di lavori di ristrutturazione edilizia, comprovata da concessione edilizia o atto equivalente.
Nelle predette ipotesi, a seguito delle modifiche introdotte dalla legge n. 388 del 2000, con effetto dal 2001, l’ultimo periodo della disposizione in esame (attuale art. 15, comma 1, lett. b, del TUIR), dopo aver precisato che in caso di mutuo cointestato a entrambi i coniugi, ciascuno di essi può fruire della detrazione unicamente per la propria quota di interessi, stabilisce altresì che, in caso di coniuge fiscalmente a carico dell’altro, la detrazione spetta a quest’ultimo per entrambe le quote.
Il comma 1-ter dell’art. 15 del TUIR, inserito dall’art. 3, comma 1, della legge n. 449 del 1997, riconosce la detrazione del 19 per cento per gli interessi passivi e relativi oneri accessori corrisposti in dipendenza di mutui ipotecari stipulati per la costruzione dell’unità immobiliare da adibire ad abitazione principale, per un importo non superiore a euro 2.582,28.
Ciò premesso, si ritiene che, in mancanza di una disposizione analoga a quella introdotta dalla legge n. 388 del 2000 in relazione alle tipologie di mutuo contemplate dalla lettera b) dell’art. 15, comma 1, del TUIR, in caso di mutuo contratto per la costruzione dell’abitazione principale, la quota di interessi del coniuge fiscalmente a carico non può essere portata in detrazione dall’altro coniuge.
3.3 Immobili inagibili per il sisma dell’Abruzzo
D. Si chiede se i contribuenti residenti nel territorio colpito dal sisma in Abruzzo che si avvalevano della detrazione per gli interessi passivi relativi a mutui per l’acquisto dell’abitazione principale possano continuare a fruirne anche se gli immobili utilizzati quali dimore abituali siano divenuti inagibili a seguito del sisma. Le istruzioni ministeriali permettono la detrazione in argomento se in presenza di immobili adibiti ad abitazione principale del contribuente o di un suo familiare. In questo caso l’immobile, risultando inagibile, non può essere considerato dimora abituale di nessuno ed in più trova indicazione nel quadro dei fabbricati con codice utilizzo 9 e caso particolare 1. Si chiede quindi una esplicita indicazione sulla detraibilità dell’onere anche nella suddetta situazione.
R. L’art. 15, comma 1, lett. b), del TUIR consente la detrazione per gli interessi passivi nei periodi di imposta in cui l’unità immobiliare è adibita a dimora abituale del contribuente o dei suoi familiari. Le uniche deroghe ammesse sono quelle espressamente previste dalla citata lett. b) o da altre disposizioni, per i trasferimenti per motivi di lavoro, per i ricoveri e per il personale delle forze armate in servizio permanente. Si ritiene, tuttavia, che nel caso prospettato, in cui l’unità immobiliare è stata oggetto di ordinanze sindacali di sgombero, in quanto inagibile totalmente o parzialmente a causa di un evento sismico, la variazione della dimora dipenda da cause di forza maggiore che non pregiudicano la fruizione della detrazione per gli interessi passivi ai sensi dell’art. 15, comma 1, lett.b) del TUIR, a condizione che le rate del mutuo siano pagate e tale onere rimanga effettivamente a carico del contribuente.
4. RECUPERO DEL PATRIMONIO EDILIZIO
4.1 Familiare convivente e documentazione
D. Le istruzioni per la compilazione del Modello 730/14, in relazione al beneficio del 36%-50%, precisano che: “Ha diritto alla detrazione anche il familiare convivente del possessore o detentore dell’immobile oggetto dell’intervento, purché abbia sostenuto le spese e le fatture ed i bonifici siano a lui intestati”. Ciò premesso, posto che il familiare convivente è legittimato alla fruizione del beneficio sulla base di un consolidato orientamento di prassi, le indicazioni delle istruzioni non appaiono in linea con gli ultimi chiarimenti forniti con la circolare n. 20/E del 2011[9], punto 2.1, in merito alla possibile “gestione” della documentazione, da parte degli aventi diritto, anche laddove la documentazione (fatture e bonifici) non sia intestata a tutti i contribuenti che hanno sostenuto la spesa.
R. Con circolare n. 20/E del 2011, par. 2.1, dopo aver richiamato precedenti documenti di prassi diretti a riconoscere il beneficio al soggetto che ha effettivamente sostenuto l’onere, è stato specificato che, nel caso in cui la fattura e il bonifico siano intestati ad un solo comproprietario, mentre la spesa di ristrutturazione è sostenuta da entrambi, la detrazione spetta anche al soggetto che non risulti indicato nei predetti documenti, a condizione che nella fattura sia annotata la percentuale di spesa da quest’ultimo sostenuta. L’indicazione contenuta nelle istruzioni al modello 730/2014 riprende quanto precisato nella circolare del Ministero delle finanze n. 121 del 1998[10], par. 2.1, in cui è stato specificato che la detrazione compete anche al familiare convivente del possessore o detentore dell’immobile sul quale vengono effettuati i lavori, purché ne sostenga le spese, e le fatture e i bonifici siano a lui intestati. Si tratta di un’indicazione da seguire nella generalità dei casi che non preclude, tuttavia, la possibilità di applicare il più recente orientamento assunto con i documenti di prassi in precedenza citati, alle medesime condizioni, nel caso in cui la spesa sia stata in parte sostenuta dai familiari conviventi del possessore o detentore dell’immobile sul quale sono effettuati gli interventi di ristrutturazione.
Al riguardo, si precisa che l’annotazione sui documenti della percentuale di spesa sostenuta deve essere effettuata fin dal primo anno di fruizione del beneficio e che il comportamento dei contribuenti deve essere coerente con detta annotazione. È esclusa la possibilità di modificare, nei periodi d’imposta successivi, la ripartizione della spesa sostenuta.
Ad integrazione di quanto indicato nel par. 2.1 della citata circolare n. 20/E del 2011, si fa presente che, per effetto della soppressione della comunicazione di inizio lavori al Centro Operativo di Pescara, l’obbligo di indicare il codice fiscale nell’apposito campo dei modelli 730/2014 e UNICO 2014 è limitato ai lavori su parti comuni condominiali, agli interventi sostenuti da parte dei soggetti di cui all’art. 5 del TUIR e all’acquisto di immobile ristrutturato.
4.2 Lavori di ristrutturazione su parti comuni ed immobile di proprietà del coniuge incapiente
D. L’amministratore ha certificato regolarmente al condomino la quota detraibile delle spese affrontate su parti comuni. Il contribuente proprietario al 100 per cento non possiede reddito. Si chiede se sia possibile per il coniuge convivente detrarre le spese di ristrutturazione anche se le rate condominiali sono state saldate con l’emissione di assegni su un conto corrente cointestato ai due coniugi.
R. La circolare n. 121/E dell’11 maggio 1998[11], al punto 2.1, ha precisato che la detrazione prevista per gli interventi di ristrutturazione edilizia compete anche al familiare convivente del possessore o detentore dell’immobile sul quale sono effettuati i lavori.
Con successiva circolare n. 122/E del 1999[12] è stato chiarito, ai fini della detrazione relativa alle spese sulle parti condominiali, che nel caso in cui la certificazione dell’Amministratore del condominio indichi i dati relativi ad un solo condomino, mentre le spese per quel determinato alloggio sono state sostenute da altri soggetti, il contribuente, qualora ricorrano tutte le altre condizioni che comportano il riconoscimento del diritto alla detrazione, può fruirne a condizione che attesti sul documento comprovante il pagamento della quota relativa alla spese in questione il suo effettivo sostenimento e la percentuale di ripartizione. Con Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate n. 149646 del 2 novembre 2011, è stato disposto che, nell’ipotesi di lavori su parti comuni di edifici residenziali, ogni contribuente è tenuto ad esibire la delibera assembleare e la tabella millesimale di ripartizione delle spese. Il citato Provvedimento non stabilisce le modalità con le quali i singoli condomini devono versare le somme al condominio.
Per quanto detto la scrivente ritiene che nel caso in esame il contribuente, coniuge convivente del proprietario dell’immobile, possa portare in detrazione nella propria dichiarazione dei redditi le spese sostenute relative ai lavori condominiali pagate con assegno bancario tratto sul conto corrente cointestato ai due coniugi. Sul documento rilasciato dall’amministratore comprovante il pagamento della quota millesimale relativa alla spese in questione il coniuge convivente dovrà indicare i propri estremi anagrafici e l’attestazione dell’effettivo sostenimento delle spese.
4.3 Ripartizione delle spese in assenza di condominio
D. Il Provvedimento del 2/11/2011 del Direttore dell’Agenzia delle entrate, ai fini della conservazione della documentazione precisa che è necessaria la: “Delibera assembleare di approvazione dell’esecuzione dei lavori, per gli interventi riguardanti parti comuni di edifici residenziali, e tabella millesimale di ripartizione delle spese”. Si chiede se, in assenza di un obbligo giuridico di costituzione del condominio e relative tabelle millesimali, i comproprietari possano suddividere la spesa sulla base di un rendiconto che tenga conto degli importi effettivamente pagati o se sia necessario ripartire in parti uguali la spesa. Si chiede, inoltre, se tutti i comproprietari possano bonificare la spesa all’impresa sulla base delle singole fatture emesse, in quanto non sussiste il soggetto giuridico “condominio” cui fatturare.
R. Si premette che, secondo una consolidata giurisprudenza, la nascita del condominio si determina automaticamente “senza che sia necessaria deliberazione alcuna, nel momento in cui più soggetti costruiscano su un suolo comune, ovvero quando l’unico proprietario di un edificio ne ceda a terzi piani o porzioni di piano in proprietà esclusiva, realizzando l’oggettiva condizione del frazionamento” (cfr. risoluzione n. 45/E del 2008[13] e la giurisprudenza ivi richiamata).
Il condominio – per effetto dell’art. 21, comma 11, lettera a), n. 1), della legge n. 449/1997 – ha assunto la qualifica di sostituto d’imposta, tenuto ad effettuare la ritenuta di acconto ogni qualvolta corrisponda compensi in denaro o in natura, pertanto, è necessario che lo stesso sia provvisto di codice fiscale, indipendentemente dalla circostanza che non sia necessario, ai sensi dell’art. 1129 codice civile, nominare un amministratore (circolare n. 204/E del 6 novembre 2000[14]).
In presenza di un “condominio minimo”, edificio composto da un numero non superiore a otto condomini (prima delle modifiche apportate dalla legge n. 220 del 2012 all’articolo 1129 c.c. il riferimento era a quattro condomini), risulteranno comunque applicabili le norme civilistiche sul condominio, fatta eccezione dell’articolo 1129 e 1138 c.c. che disciplinano rispettivamente la nomina dell’amministratore (nonché l’obbligo da parte di quest’ultimo di apertura di un apposito conto corrente intestato al condominio) e il regolamento di condominio (necessario in caso di più di dieci condomini).
Ne discende che, al fine di beneficiare della detrazione per i lavori di ristrutturazione delle parti comuni prevista dall’articolo 16-bis del TUIR, i condomini che, non avendone l’obbligo, non abbiano nominato un amministratore dovranno obbligatoriamente richiedere il codice fiscale ed eseguire tutti gli adempimenti previsti dalla richiamata disposizione a nome del condominio stesso.
Per quanto concerne i pagamenti è necessario effettuare i bonifici indicando, oltre al codice fiscale del condominio, anche quello del condomino che effettua il pagamento (cfr. circolare n. 57/E del 1998[15]), che potrà essere tratto indifferentemente sul conto corrente bancario ovvero postale di uno dei condòmini, a tal fine delegato dagli altri, o su conto appositamente istituito, demandando all’accordo degli interessati la definizione delle modalità interne di regolazione del pagamento, fermo restando il principio che la detrazione può spettare soltanto in ragione delle spese effettivamente sostenute da ciascuno e il rispetto delle altre prescrizioni stabilite dal decreto interministeriale n. 41 del 1998 e dal Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 2 novembre 2011.
Per la ripartizione delle spese relative alla parti comuni alle unità immobiliari i condomini dovranno concorrere alle stesse in ragione dei millesimi di proprietà o ai diversi criteri applicabili ai sensi del codice civile (cfr. articoli 1123 e seguenti).
Infine, la Circolare n. 57/E del 1998 ha chiarito che i documenti giustificativi delle spese relative alle parti comuni dovranno essere intestati al condominio.
4.4 Spese sostenute mediante finanziamento
D. Si chiede se siano detraibili le spese sostenute dal contribuente per lavori riconducibili agli interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici in caso di pagamento effettuato da una società finanziaria a seguito del finanziamento della spesa del contribuente.
R. L’articolo 16-bis, comma 9, del TUIR, prevede che alla detrazione per gli interventi di ristrutturazione edilizia si applichino le disposizioni di cui al decreto del Ministro delle finanze di concerto con il Ministro dei lavori pubblici del 18 febbraio 1998, n. 41. L’art. 1, comma 3, del citato decreto n. 41 del 1998 dispone che “Il pagamento delle spese detraibili è disposto mediante bonifico bancario dal quale risulti la causale del versamento, il codice fiscale del beneficiario della detrazione ed il numero di partita IVA ovvero il codice fiscale del soggetto a favore del quale il bonifico è effettuato”. Il successivo articolo 4, comma 1, lettera b), del decreto interministeriale prevede che la detrazione non è riconosciuta in caso di “effettuazione di pagamenti secondo modalità diverse da quelle previste dall’articolo 1, comma 3, limitatamente a questi ultimi”.
Con riferimento alla detrazione prevista per gli interventi di risparmio energetico di cui alla legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge Finanziaria 2007) si osserva che tale detrazione è regolamentata dal decreto interministeriale 19 febbraio 2007 recante disposizioni di attuazione relative alle detrazioni per le spese di riqualificazione energetica (modificato dal DM 26 ottobre 2007 e coordinato con il DM 7 aprile 2008 e il DM 6 agosto 2009). L’art. 4, comma 1, lett. c) del citato decreto interministeriale indica tra gli adempimenti che il contribuente deve porre in essere, se intende avvalersi della detrazione fiscale, quello di “effettuare il pagamento delle spese sostenute per l’esecuzione degli interventi mediante bonifico bancario o postale dal quale risulti la causale del versamento, il codice fiscale del beneficiario della detrazione ed il numero di partita IVA, ovvero, il codice fiscale del soggetto a favore del quale il bonifico è effettuato. Tale condizione è richiesta per i soggetti di cui all’art. 2, comma 1, lettera a)” ovvero le persone fisiche e gli enti e i soggetti non titolari di reddito d’impresa.
Ciò premesso, si ritiene che se il pagamento delle spese per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio o di riqualificazione energetica degli edifici sia materialmente effettuato dalla società finanziaria che ha concesso un finanziamento al contribuente, quest’ultimo possa fruire della detrazione per gli interventi in esame a condizione che la società che eroga il finanziamento paghi il corrispettivo al soggetto fornitore con un bonifico bancario o postale recante tutti i dati previsti dalle disposizioni di riferimento (causale del versamento con indicazione degli estremi della norma agevolativa, codice fiscale del soggetto per conto del quale è eseguito il pagamento, numero di partita IVA del soggetto a favore del quale il bonifico è effettuato) in modo da consentire alle banche o a Poste Italiane SPA di operare la ritenuta del 4% (secondo il disposto dell’art. 25 del DL n. 78 del 2010) e il contribuente abbia copia della ricevuta del bonifico. L’anno di sostenimento della spesa sarà quello di effettuazione del bonifico da parte dalla finanziaria al fornitore della prestazione. Rimane ferma la necessaria sussistenza degli altri presupposti per la fruizione delle detrazioni richiesti dalle disposizioni in esame.
4.5 Bonifico con causale errata
D. Con la risoluzione n. 55/E del 2012[16], l’Agenzia delle Entrate ha precisato che non è ulteriormente sostenibile la tesi volta a riconoscere la detrazione per gli interventi di ristrutturazione edilizia anche in presenza di un bonifico bancario/postale carente dei requisiti richiesti dalla norma, tale da impedire alle banche e a Poste Italiane SPA, che accreditano il pagamento, di operare la ritenuta del 4%, prevista dal D.L. 31/05/2010, n. 78 (così come modificato dall’art. 22 del D.L. 98 del 2011), nei confronti delle imprese beneficiarie del pagamento. Ciò premesso, in presenza di tutti gli altri requisiti, si chiede se sia possibile riconoscere la detrazione per gli interventi di ristrutturazione edilizia nel caso in cui il contribuente nella causale del bonifico effettuato nel 2012 abbia riportato erroneamente i riferimenti normativi dell’agevolazione per la riqualificazione energetica degli edifici in luogo di quella previste per le ristrutturazioni edilizie. Si precisa che la banca ha regolarmente applicato la ritenuta del 4%.
R. L’art. 25 del decreto-legge n. 78 del 2010 ha disposto, con decorrenza 1° luglio 2010, l’obbligo per le banche e le poste italiane S.p.A. di applicare una ritenuta, a titolo di acconto dell’imposta sul reddito dovuta dai beneficiari, con obbligo di rivalsa, all’atto dell’accredito dei pagamenti relativi ai bonifici disposti dai contribuenti per beneficiare di oneri deducibili o per i quali spetta la detrazione d’imposta. La misura della ritenuta applicabile, inizialmente fissata al 10%, è stata successivamente rideterminata al 4%, per effetto del comma 8 dell’art. 23 del decreto-legge n. 98 del 2011.
Ciò premesso, nell’ipotesi in cui l’indicazione nella causale del bonifico dei riferimenti normativi della detrazione per la riqualificazione energetica degli edifici in luogo di quella per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio sia dovuta a un mero errore materiale e non abbia pregiudicato l’applicazione della ritenuta d’acconto del 4%, si ritiene che la detrazione possa comunque essere riconosciuta, nel rispetto degli altri presupposti previsti dalla norma agevolativa.
Le medesime conclusioni possono applicarsi anche nel caso opposto in cui, per un errore materiale, nella causale del bonifico siano stati indicati i riferimenti normativi degli interventi di recupero del patrimonio edilizio in luogo di quelli della detrazione per la riqualificazione energetica degli edifici, fermo restando il rispetto dei presupposti per la fruizione di quest’ultima detrazione.
4.6 Acquisto box pertinenziale
D. Madre e figlia, all’atto dell’acquisto di un box, risultano conviventi nell’appartamento cui il predetto box è pertinenziale. La fattura per l’acquisto è emessa a nome della figlia proprietaria, ma il bonifico è eseguito dalla madre, che ha sostenuto la spesa. Di ciò, peraltro, viene data notizia anche nel rogito. Si chiede chi possa fruire della detrazione posto che l’art. 16-bis del TUIR fa riferimento alle “spese sostenute ed effettivamente rimaste a carico del contribuente” per “la realizzazione di autorimesse o posti auto pertinenziali”.
R. L’art. 16 bis, comma 1, lett. d), del TUIR, ricomprende fra gli interventi ammessi a fruire della detrazione per i lavori di ristrutturazione edilizia, in relazione alle spese documentate, sostenute ed effettivamente rimaste a carico, anche gli interventi “relativi alla realizzazione di autorimesse o posti auto pertinenziali anche a proprietà comune”. La necessaria costituzione del vincolo pertinenziale comporta che la detrazione per gli interventi in esame abbia come presupposto l’acquisto da parte del proprietario o del titolare di un diritto reale sull’unità immobiliare che può costituire tale vincolo. Ciò premesso, si ricorda che con circolare n. 15/E del 2005[17], par. 7.2, è stato ritenuta ammissibile la fruizione della detrazione in esame da parte del coniuge convivente per la costruzione di un box pertinenziale di proprietà dell’altro coniuge, a carico del primo.
Fermo restando che il vincolo pertinenziale deve risultare dall’atto di acquisto, si ritiene che la detrazione competa al soggetto, familiare convivente, che ha effettivamente sostenuto la spesa, attestando sulla fattura che le spese per gli interventi agevolabili sono dallo stesso sostenute ed effettivamente rimaste a carico.
5. ACQUISTO MOBILI ED ELETTRODOMESTICI
5.1 Interventi che consentono la fruizione del bonus
D. Nelle Istruzioni alla compilazione del modello 730/2014 è previsto che la detrazione spetta solo se sono state sostenute spese dal 26 giugno 2012 per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio elencati nella circolare n. 29/E del 2013[18]. Si chiede di conoscere se gli interventi relativi al risparmio energetico (attuale lett. h dell’art. 16-bis, comma 1, del TUIR) possano essere annoverati tra gli interventi di “manutenzione straordinaria”, e se anche altri interventi di cui all’art. 16-bis, comma 1, del TUIR, possano essere “riqualificati” ed a quali condizioni.
R. Si conferma che gli interventi di recupero del patrimonio edilizio che costituiscono il presupposto per l’ulteriore detrazione per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici sono quelli elencati al paragrafo 3.2 della circolare n. 29/E del 2013, ossia quelli previsti ai commi 1, lettere a), b) e c), e 3 dell’art. 16-bis del TUIR. Gli altri interventi previsti dall’art. 16-bis del TUIR consentono di fruire anche dell’ulteriore detrazione per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici, a condizione che i medesimi interventi, per le loro particolari caratteristiche, siano anche inquadrabili tra gli interventi edilizi sopraindicati.
Per quanto riguarda lo specifico quesito sul risparmio energetico, si ricorda che gli interventi edilizi che costituiscono il presupposto del bonus mobili includono quelli di manutenzione straordinaria, restauro e risanamento conservativo e ristrutturazione edilizia riguardanti singole unità abitative, e che gli interventi finalizzati al risparmio energetico di cui alla lettera h) del comma 1 dell’art. 16-bis del TUIR possono essere effettuati anche in assenza di opere edilizie propriamente dette.
Gli interventi finalizzati al risparmio energetico, per consentire di accedere al bonus mobili, devono potersi configurare quanto meno come interventi di “manutenzione straordinaria”, ove effettuati su singole unità immobiliari residenziali.
Sul punto si fa presente che, secondo l’art. 3, comma 1, lett. b), del DPR n. 380 del 2001 (Testo unico dell’edilizia), per “interventi di manutenzione straordinaria” si intendono “le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso;”.
Con circolare n. 57/E del 1998[19], par. 3.4, è stato affermato che “La manutenzione straordinaria si riferisce ad interventi, anche di carattere innovativo, di natura edilizia ed impiantistica finalizzati a mantenere in efficienza ed adeguare all’uso corrente l’edificio e le singole unità immobiliari, senza alterazione della situazione planimetrica e tipologica preesistente, e con il rispetto della superficie, della volumetria e della destinazione d’uso. La categoria di intervento corrisponde quindi al criterio della innovazione nel rispetto dell’immobile esistente”.
Per gli interventi che utilizzano fonti rinnovabili di energia, l’art. 123, comma 1, del citato DPR n. 380 del 2001 stabilisce che “Gli interventi di utilizzo delle fonti di energia di cui all’articolo 1 della legge 9 gennaio 1991, n. 10, in edifici ed impianti industriali non sono soggetti ad autorizzazione specifica e sono assimilati a tutti gli effetti alla manutenzione straordinaria di cui all’articolo 3, comma 1, lettera a) [recte: lettera b)]”.
Fatta salva l’assimilazione alla manutenzione straordinaria degli interventi previsti dalla disposizione da ultimo richiamata, negli altri casi dovrà essere valutata la riconducibilità degli interventi finalizzati al risparmio energetico di cui alla lett. h) del comma 1 dell’art. 16-bis del TUIR, alla manutenzione straordinaria (o alle altre categorie ammissibili), tenendo conto che gli interventi sugli impianti tecnologici diretti a sostituirne componenti essenziali con altri che consentono di ottenere risparmi energetici rispetto alla situazione preesistente, rispondono al criterio dell’innovazione (circolare n. 57/E del 1998) e sono tendenzialmente riconducibili alla manutenzione straordinaria.
Resta inteso che gli interventi finalizzati al risparmio energetico, che beneficiano della maggiore detrazione del 65%, non possono costituire presupposto per fruire della detrazione per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici. A tal proposito con circolare n. 29 del 2013, paragrafo 3.1., è stato precisato che “i soggetti che possono avvalersi del beneficio fiscale sono (…) i contribuenti che (…) fruiscono della detrazione per interventi di recupero del patrimonio edilizio di cui all’art. 16-bis con la maggiore aliquota del 50% e con il maggior limite di 96.000 euro di spese ammissibili”.
5.2 Bonus mobili e acquisto box pertinenziale
D. Un contribuente ha acquistato nel 2013 un box auto pertinenziale, per il quale intende usufruire della detrazione IRPEF, prevista dall’articolo 16-bis), comma 1, lett. d), del TUIR. Il contribuente ha intenzione di arredare il box auto con una armadiatura e un mobile lavanderia e, pertanto, chiede se l’acquisto del box permetta la fruizione degli incentivi previsti per l’acquisto di mobili.
R. Gli interventi di recupero del patrimonio edilizio che costituiscono il presupposto per l’ulteriore detrazione per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici sono elencati al paragrafo 3.2 della circolare n. 29/E del 2013[20]. Tra questi non possono essere compresi gli interventi consistenti nella realizzazione di posti auto o box pertinenziali rispetto all’abitazione di cui all’art. 16-bis, comma 1, lett. d), del TUIR.
Al riguardo si fa presente che la scrivente, già con circolare n. 35/E del 16 luglio 2009[21], nel fornire chiarimenti in relazione ad analoga agevolazione introdotta, per un periodo di tempo limitato, nel 2009, aveva escluso che il beneficio connesso all’acquisto dei mobili spettasse in caso di costruzione di box pertinenziali.
Il principio allora espresso deve ritenersi ancora valido, anche con riferimento alla nuova agevolazione, introdotta dall’art. 16, comma 2, del decreto-legge n. 63 del 2013. Il legislatore infatti, pur utilizzando una formulazione leggermente diversa rispetto a quella del 2009, ha ugualmente ancorato la detrazione per l’acquisto di mobili agli interventi di recupero del patrimonio edilizio che sono effettuati su immobili residenziali già esistenti e non anche, quindi, agli interventi edilizi che comportano la realizzazione di nuove costruzioni.
5.3 Bonus mobili e pagamento mediante bonifico
D. Non risulta chiaro se in caso di pagamento di mobili e grandi elettrodomestici mediante bonifico bancario o postale, quest’ultimo debba essere effettuato con l’applicazione della ritenuta del 4%.
R. In relazione agli adempimenti da seguire per la fruizione della detrazione per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici, con la circolare n. 29/E del 2013[22], par. 3.6, è stato specificato che i contribuenti devono eseguire i pagamenti mediante bonifici bancari o postali, con le medesime modalità già previste per i pagamenti dei lavori di ristrutturazione fiscalmente agevolati (cfr. comunicato stampa del 4 luglio 2013). In altri termini, il pagamento deve avvenire mediante l’apposita procedura di bonifico bancario e postale che prevede la ritenuta del 4% in applicazione dell’art. 25 del decreto-legge n. 78 del 2010.
Rimane ferma la possibilità, prevista dalla circolare n. 29/E del 2013, di effettuare il pagamento mediante carte di credito e di debito.
5.4 Pagamento mediante bancomat e carta di credito
D. Il contribuente ha corrisposto l’importo per l’acquisto di un elettrodomestico avente i requisiti per la detrazione, mediante l’utilizzo del bancomat facendosi rilasciare uno scontrino con il codice fiscale dell’acquirente e con l’indicazione della natura, qualità e quantità del bene acquistato. Il contribuente non ha conservato l’estratto conto con il relativo addebito, ma è in possesso, oltre che dello scontrino, anche della ricevuta dell’avvenuta transazione. Si chiede se la documentazione sopra elencata sia sufficiente per la detraibilità della spesa.
R. La circolare n. 29/E del 2013 ha previsto, per esigenze di semplificazione legate alle tipologie di beni acquistabili, la possibilità di effettuare il pagamento degli acquisti di mobili e grandi elettrodomestici, oltre che con bonifico bancario o postale, secondo le medesime modalità già previste per i pagamenti dei lavori di ristrutturazione fiscalmente agevolati, anche con carta di credito o carta di debito (bancomat). Nella medesima circolare è stato specificato che occorre conservare la documentazione attestante l’effettivo pagamento (ricevute dei bonifici, ricevute di avvenuta transazione per i pagamenti mediante carte di credito o di debito, documentazione di addebito sul conto corrente) e le fatture di acquisto dei beni con la usuale specificazione della natura, qualità e quantità dei beni e servizi acquisiti.
Ciò premesso, si confermano le indicazioni date con la citata circolare n. 29/E del 2013 in merito alla necessità di conservare la documentazione di addebito sul conto corrente.
Lo scontrino che riporta il codice fiscale dell’acquirente, unitamente all’indicazione della natura, qualità e quantità dei beni acquistati, è equivalente alla fattura ai fini in esame.
Lo scontrino che non riporta il codice fiscale dell’acquirente si ritiene possa comunque consentire la fruizione della detrazione se contenga l’indicazione della natura, qualità e quantità dei beni acquistati e sia riconducibile al contribuente titolare del bancomat in base alla corrispondenza con i dati del pagamento (esercente, importo, data e ora).
5.5 Acquisto mobili all’estero
D. Per fruire della detrazione per l’arredo degli immobili ristrutturati è necessario
conservare la documentazione attestante l’effettivo pagamento (ricevute dei bonifici, ricevuta di avvenuta transazione per i pagamenti mediante carte di credito o di debito) e le fatture di acquisto dei beni con la specificazione della natura, qualità e quantità dei beni e servizi acquisiti. Si chiede se la detrazione compete anche per l’acquisto di mobili all’estero regolarmente documentato da fattura liquidata a mezzo bonifico bancario o con l’utilizzo di carta di credito o di debito.
R. Per quanto attiene agli adempimenti da seguire per la fruizione della detrazione per l’acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici, la circolare n. 29/E del 2013[23] prevede che i contribuenti devono eseguire i pagamenti mediante bonifici bancari o postali, con le medesime modalità già previste per i pagamenti dei lavori di ristrutturazione fiscalmente agevolati (cfr. comunicato stampa del 4 luglio 2013). Per esigenze di semplificazione legate alle tipologie di beni acquistabili, è consentito effettuare il pagamento degli acquisti di mobili o di grandi elettrodomestici anche mediante carte di credito o carte di debito. In questo caso, la data di pagamento è individuata nel giorno di utilizzo della carta di credito o di debito da parte del titolare, evidenziata nella ricevuta telematica di avvenuta transazione, e non nel giorno di addebito sul conto corrente del titolare stesso. Non è consentito, invece, effettuare il pagamento mediante assegni bancari, contanti o altri mezzi di pagamento.
Le spese sostenute, inoltre, devono essere “documentate”, conservando la documentazione attestante l’effettivo pagamento (ricevute dei bonifici, ricevute di avvenuta transazione per i pagamenti mediante carte di credito o di debito, documentazione di addebito sul conto corrente) e le fatture di acquisto dei beni con la usuale specificazione della natura, qualità e quantità dei beni e servizi acquisiti.
Si ritiene che, nel caso siano rispettate tutte le prescrizioni sopra descritte, non esista nessun motivo ostativo per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici all’estero ai fini della fruizione della detrazione in esame.
Tuttavia, nel caso in cui il pagamento delle spese per mobili e grandi elettrodomestici avvenga mediante bonifico bancario o postale si ricorda che la circolare n. 40/E del 2010[24] ha precisato che la ritenuta d’acconto deve essere operata anche sulle somme accreditate su conti in Italia di soggetti non residenti. Questi ultimi potranno scomputare la ritenuta subita dall’imposta eventualmente dovuta per i redditi prodotti in Italia o recuperare il prelievo mediante istanza di rimborso ai sensi dell’art. 38 del DPR n. 602 del 1973.
Ciò premesso, se il destinatario del bonifico è un soggetto non residente e correlativamente non dispone di un conto in Italia, il pagamento dovrà essere eseguito mediante un ordinario bonifico internazionale (bancario o postale) e dovrà riportare il codice fiscale del beneficiario della detrazione e la causale del versamento, mentre il numero di partita IVA o il codice fiscale del soggetto a favore del quale il bonifico è effettuato possono essere sostituiti dall’analogo codice identificativo eventualmente attribuito dal paese estero.
La ricevuta del bonifico dovrà essere conservata unitamente agli altri documenti richiesti per essere esibiti in sede di controllo.
5.6 Data di acquisto mobili e grandi elettrodomestici
D. Con riferimento alla proroga del bonus mobili per il 2014, si chiede di sapere se esista un lasso temporale dalla fine dei lavori entro il quale devono essere acquistati i mobili, affinché ci sia consequenzialità tra gli interventi di recupero del patrimonio edilizio e l’acquisto agevolato dei mobili.
R. La legge di stabilità 2014, nel sostituire l’art. 16, comma 2, del DL n. 63 del 2013, ha esteso al 31 dicembre 2014 l’arco temporale entro cui è possibile sostenere le spese per l’acquisto dei mobili, senza introdurre alcun vincolo temporale nella consequenzialità tra l’esecuzione dei lavori e l’acquisto dei mobili. Pertanto, si conferma anche per il 2014 l’indicazione data al par. 3.3 della circolare 29/E del 2013[25] circa la possibilità di fruire del bonus mobili per i contribuenti che abbiano sostenuto a decorrere dal 26 giugno 2012 spese per gli interventi edilizi indicati nella medesima circolare.
5.7 Importo complessivo ammissibile alla detrazione
D. Si chiede se il bonus mobili sia reiterabile, ossia se possa essere fruito in diverse annualità nel limite di 10.000 euro per ciascuna di esse, in presenza di diversi interventi di recupero del patrimonio edilizio.
R. La legge di stabilità 2014, nel sostituire l’art. 16, comma 2, del DL n. 63 del 2013, ha stabilito che la detrazione per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici “spetta nella misura del 50 per cento delle spese sostenute dal 6 giugno 2013 al 31 dicembre 2014 ed è calcolata su un ammontare complessivo non superiore a 10.000 euro.”.
Si ritiene che, in base al tenore letterale della norma, l’ammontare complessivo di 10.000 euro deve essere calcolato considerando le spese sostenute nel corso dell’intero arco temporale che va dal 6 giugno 2013 al 31 dicembre 2014, anche nel caso di successivi e distinti interventi edilizi che abbiano interessato un’unità immobiliare.
6. RIQUALIFICAZIONE ENERGETICA
6.1 Interventi eseguiti da ditte individuali o società su immobili strumentali presso i quali è svolta l’attività
D. Si chiede di conoscere se siano detraibili le spese sostenute da imprese individuali e società, che svolgono attività di installazione di caldaie o infissi con i requisiti per il risparmio energetico (detrazione 65%), per l’installazione di detti impianti negli immobili strumentali presso i quali viene svolta l’attività.
R. L’agevolazione fiscale per gli interventi di riqualificazione energetica, introdotta dall’art. 1, commi da 344 a 347, della legge n. 296 del 2006, e successive modificazioni e integrazioni, consiste nel riconoscimento di una detrazione di imposta (ai fini IRPEF o IRES) sulle spese sostenute per determinati interventi di riqualificazione energetica su edifici esistenti o parti di essi.
Con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 19 febbraio 2007, e successive modifiche e integrazioni, sono state definite le modalità di attuazione dell’agevolazione in commento per quanto concerne i soggetti ammessi alla detrazione, la tipologia degli interventi e gli adempimenti necessari.
Con riferimento ai soggetti che possono avvalersi della detrazione, l’art. 2, comma 1, del citato decreto stabilisce che la stessa compete alle persone fisiche – compresi gli esercenti arti e professioni – agli enti e ai soggetti di cui all’art. 5 del TUIR, nonché ai soggetti titolari di reddito d’impresa che sostengono le spese per l’esecuzione degli interventi su edifici esistenti, su parti di essi ovvero su unità immobiliari esistenti di qualsiasi categoria catastale, anche rurali, da essi posseduti o detenuti.
Con circolare n. 36/E del 2007[26], par. 2, è stato specificato che l’agevolazione in esame, a differenza di quanto previsto per la detrazione relativa agli interventi di ristrutturazione edilizia – che compete per i soli edifici residenziali – interessa i fabbricati appartenenti a qualsiasi categoria catastale, anche rurale, ivi compresi gli immobili strumentali.
Con riferimento al quesito posto – concernente la possibilità di fruire della detrazione da parte di imprese individuali e società per interventi (installazione di caldaie e infissi esterni) realizzati in proprio su immobili strumentali presso i quali è svolta l’attività – si osserva che la normativa di riferimento non prevede ostacoli al riconoscimento della detrazione nell’ipotesi prospettata, ammettendo al beneficio i soggetti in precedenza indicati per particolari tipologie di interventi realizzati su immobili dagli stessi posseduti o detenuti.
In tal caso, coerentemente con quanto affermato nella circolare n. 121/E del 1998[27], par. 2.3, sussistendo gli altri presupposti, la detrazione compete anche per gli interventi realizzati in economia con riferimento ai costi imputabili all’intervento (quali, ad esempio, i materiali acquistati o prelevati dal magazzino quando l’acquisto di tali materiali non sia stato effettuato in modo specifico per la realizzazione dell’intervento, la mano d’opera diretta, i costi industriali imputabili all’intervento) in base alla corretta applicazione dei principi contabili.
7. ALTRE QUESTIONI
7.1 Compatibilità tra deduzione per abitazione principale e detrazione “inquilini”
D. Si chiede di conoscere se sia possibile attribuire al medesimo contribuente, sia la detrazione prevista dall’art. 16 del TUIR, per i canoni di locazione dell’abitazione principale, sia la deduzione della rendita dell’abitazione principale, prevista dall’art. 10, comma 3-bis), del TUIR.
R. L’articolo 10, comma 3-bis, del TUIR consente di dedurre dal reddito complessivo un importo fino all’ammontare della rendita catastale dell’unità immobiliare adibita ad abitazione principale, ossia dell’unità immobiliare nella quale la persona fisica, che la possiede a titolo di proprietà o altro diritto reale, o i suoi familiari dimorano abitualmente.
L’articolo 16 del TUIR prevede, invece, una detrazione dall’imposta lorda, di importo variabile in funzione del reddito complessivo, per i soggetti titolari di contratti di locazione di unità immobiliari adibite ad abitazione principale.
Il successivo comma 1-quinquies dell’art. 16 del TUIR, nel disporre che le detrazioni di cui ai commi da 01 a 1-ter sono rapportate al periodo dell’anno durante il quale l’unità immobiliare locata è adibita ad abitazione principale, specifica che per abitazione principale si intende quella nella quale il soggetto titolare del contratto di locazione o i suoi familiari dimorano abitualmente.
La definizione di abitazione principale presente nel TUIR è analoga in entrambi i casi: abitazione in cui il proprietario/conduttore “o” i suoi familiari dimorano abitualmente. La presenza della disgiunzione “o” in entrambe le disposizioni comporta che sia possibile avvalersi delle agevolazioni anche nel caso in cui l’immobile interessato sia l’abitazione principale del solo familiare (e non anche del contribuente).
Secondo la legislazione vigente il contribuente, quindi, può avvalersi:
– della deduzione per una sola abitazione principale (cfr. circolare n. 247/E del 1999[28], par. 1.1). Nell’ipotesi in cui il contribuente possieda due fabbricati, uno adibito ad abitazione principale propria (es.: padre), l’altro a quella dei familiari (es.: figlio), la deduzione spetta per l’immobile adibito ad abitazione principale del contribuente (cfr. risoluzione n. 13/E del 2000[29] e circolare n. 95/E del 2000[30], par. 5.1.4);
– della detrazione per una sola abitazione principale. Nell’ipotesi in cui il contribuente sia titolare di due contratti di locazione di immobili, uno adibito ad abitazione principale propria (es.: padre), l’altro a quella dei familiari (es.: figlio), può scegliere la detrazione più favorevole (comma 1-quater dell’art. 16 del TUIR).
Si ritiene che le due misure (deduzione e detrazione) siano compatibili, in quanto le norme richiamate hanno presupposti autonomi e devono essere autonomamente applicate.
Infatti, l’art. 10 del TUIR richiede il solo possesso di un’immobile – abitazione principale (del possessore “o” dei familiari), mentre l’art. 16 del TUIR richiede la stipulazione di un contratto di locazione di un’immobile – abitazione principale (del conduttore “o” dei familiari) e di possedere un reddito complessivo che non supera i 30.987,41 euro.
Le disposizioni in commento, inoltre, non prevedono espressamente l’incompatibilità tra la deduzione per abitazione principale e la detrazione per canoni di locazione. Solamente l’art. 16 del TUIR stabilisce una regola di incumulabilità, ma la stessa è meramente “interna”, nel senso che preclude la contestuale fruizione di due diverse tipologie di detrazioni per canoni di locazione (comma 1-quater del TUIR).
Si osserva, infine, che i casi di contemporanea fruizione delle due agevolazioni trovano la loro giustificazione nella diversa ratio delle due disposizioni.
L’art. 10 del TUIR “defiscalizza” il reddito dell’abitazione principale posseduta, indipendentemente dal reddito complessivo, mentre, l’art. 16 del TUIR è un’agevolazione limitata ai contribuenti più deboli, in quanto la detrazione (che non è commisurata all’importo dei canoni pagati) dipende dal reddito complessivo, al lordo del reddito dell’abitazione principale posseduta, e non spetta quando il reddito complessivo eccede l’importo di 30.987,41 euro.
7.2 Detraibilità spese per diverse forme di asili nido
D. Nel nostro territorio operano, prevalentemente, nell’ambito di cooperative sociali, regolarmente convenzionate con i Comuni, alcune figure professionali iscritte in apposito albo provinciale, che offrono presso il loro domicilio servizi di cura ed educazione all’infanzia. Tali soggetti sono definiti “Tagesmutter” (c.d. mamma di giorno). Si chiede se queste strutture possono essere assimilate agli asili nido privati, estendendo la risposta fornita dall’Agenzia delle Entrate con circolare n. 6/E del 2006[31], par. 2.1. Si precisa che il contribuente provvede al pagamento della “retta” direttamente nei confronti della cooperativa sociale che rilascia quietanza.
R. L’articolo 1, comma 335, della legge n. 266 del 2005, ha stabilito limitatamente al periodo d’imposta 2005 che, per le spese documentate sostenute dai genitori per il pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido per un importo complessivo non superiore a 632 euro annuo per figlio, spetta una detrazione dall’imposta lorda, nella misura del 19 per cento, secondo le disposizioni dell’art. 15 del TUIR. Detta agevolazione è stata resa permanente dall’art. 2, comma 6, della legge n. 203 del 2008.
Con la circolare n. 6/E del 2006 è stato precisato che è possibile fruire del beneficio fiscale in relazione alle somme versate a qualsiasi asilo nido, sia pubblico che privato, sulla base della definizione di asilo fornita dall’articolo 70 della legge n. 488 del 2001, secondo cui costituiscono asili nido le strutture dirette a garantire la formazione e la socializzazione delle bambine e dei bambini di età compresa tra i tre mesi ed i tre anni ed a sostenere le famiglie e i genitori.
Per quanto riguarda i soggetti che offrono presso il loro domicilio servizi di cura ed educazione all’infanzia definiti “Tagesmutter” (c.d. mamma di giorno) , si fa presente che in risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-07001 del 2012 il Ministero dell’economia e delle finanze ha affermato che nel caso dell’assistenza domiciliare all’infanzia, esclusa la natura pubblica del servizio prestato, occorre verificare se il servizio fornito dagli assistenti domiciliari all’infanzia abbia le caratteristiche di una prestazione erogata presso un asilo nido privato. Tali asili, al pari di quelli pubblici, sono caratterizzati dalla presenza di una struttura organizzativa idonea a garantire l’educazione e l’assistenza alla prima infanzia con carattere di continuità e per un periodo di tempo almeno pari a quello delle strutture pubbliche. Deve, quindi, essere in concreto verificata l’affinità dei presupposti e delle finalità servizio di assistenza domiciliare all’infanzia a quelle degli asili nido, nonché la conformità dello svolgimento delle attività, quanto a modalità gestionali e caratteristiche strutturali. In presenza delle suddette condizioni di assimilabilità, le spese sostenute dai genitori per tali prestazioni possono essere ammesse in detrazione.
La Provincia Autonoma di Bolzano ha trasmesso alla scrivente una nota nella quale ha affermato che il servizio di assistenza domiciliare all’infanzia, così come disciplinato dalla legge provinciale 9 aprile 1996, n. 8, e dal decreto del Presidente della Giunta Provinciale della Provincia autonoma di Bolzano 30 dicembre 1997, n. 40, presenta le condizioni sopra richiamate in forza delle quali detto servizio può essere a tutti gli effetti assimilato a quello degli asili nido.
In considerazione di quanto sopra, si precisa che le spese sostenute dai genitori per le prestazioni di assistenza domiciliare all’infanzia fornite nella provincia di Bolzano ai sensi della legge provinciale n. 8 del 1996 posso essere ammesse alla detrazione d’imposta. Rimane ferma negli altri casi la necessità di verificare in concreto l’affinità dei presupposti e delle finalità del servizio di assistenza domiciliare all’infanzia a quelle degli asili nido, nonché la conformità dello svolgimento delle attività, quanto a modalità gestionali e caratteristiche strutturali.
7.3 Detrazioni e deduzioni per erogazioni liberali a ONLUS
D. Le somme versate ad una ONLUS, tramite bollettino di conto corrente postale, quali “contributi per l’adozione a distanza” sono alternativamente:
• deducibili nei limiti del 10 per cento del reddito dichiarato e, comunque, nella misura massima di 70.000 euro (precisamente l’erogazione liberale è deducibile fino al minore dei due limiti);
• detraibili nella misura del 24% nel 2013 e nella misura del 26% dal 2014 per un importo non superiore a euro 2.065,83 (fino al 2012 la detrazione era prevista nella misura del 19%).
La circolare n. 55/E del 2001[32], risposta 1.6.2, stabilisce che la detrazione è riconosciuta a condizione che l’erogazione in denaro sia utilizzata, nell’ambito dell’attività istituzionale della ONLUS, a favore dei soggetti che versano in una condizione di bisogno e sempre che l’erogazione sia indicata nelle scritture contabili dell’Organizzazione non lucrativa. A tal fine viene previsto l’obbligo, in capo alla stessa ONLUS che percepisce l’erogazione, di certificare la spettanza o meno della detrazione d’imposta. Si chiede se, la possibile opzione per la deduzione (introdotta dall’art. 14 del decreto-legge n. 35 del 2005, con decorrenza dal 2006 e, quindi, successivamente alla posizione di prassi) debba essere parimenti subordinata all’attestazione da parte della ONLUS e se tale attestazione potrà essere formalizzata tramite un resoconto/riepilogo annuale dei versamenti effettuati alla ONLUS ed inviato al contribuente.
R. Coerentemente con quanto precisato dalla circolare n. 55/E del 2001, in relazione ai presupposti per la fruizione della detrazione di cui alla lett. i-bis del comma 1 dell’art. 13-bis del TUIR (corrispondente alla detrazione di cui all’attuale comma 1.1 dell’art. 15 del TUIR), anche per la fruizione della deduzione di cui all’articolo 14, comma 1, del decreto-legge n. 35 del 2005 è necessario il rilascio da parte della ONLUS della documentazione attestante la spettanza della deduzione. In caso di successive erogazioni liberali effettuate nel corso di un medesimo periodo di imposta potrà essere rilasciata al contribuente un’unica attestazione con il riepilogo annuale delle erogazioni stesse. Quanto alla circostanza che l’erogazione sia indicata nelle scritture contabili delle ONLUS, si evidenzia che in base al successivo comma 2 “Costituisce in ogni caso presupposto per l’applicazione delle disposizioni di cui al comma 1 la tenuta, da parte del soggetto che riceve le erogazioni, di scritture contabili atte a rappresentare con completezza e analiticità le operazioni poste in essere nel periodo di gestione, …”.
Si ricorda, infine, che in base al comma 6 dell’art. 14 del richiamato decreto-legge n. 35 del 2005 “In relazione alle erogazioni effettuate ai sensi del comma 1 la deducibilità di cui al medesimo comma non può cumularsi con ogni altra agevolazione fiscale prevista a titolo di deduzione o di detrazione di imposta da altre disposizioni di legge.”.
7.4 Agevolazioni per disabili – Furto del veicolo
D. Le agevolazioni fiscali previste, ai fini dell’IRPEF e dell’IVA, in favore dei disabili per l’acquisto di veicoli spettano una sola volta in un periodo di quattro anni, salvo i casi in cui il primo veicolo acquistato con le agevolazioni sia stato cancellato dal PRA. Ai fini dell’IRPEF il riacquisto entro il quadriennio è agevolabile anche nell’ipotesi in cui il veicolo risulti rubato e non ritrovato, nei limiti della spesa massima di 18.075,99 euro da cui va detratto l’eventuale rimborso assicurativo. Si chiede di sapere se il furto del veicolo integri la condizione richiesta per accedere nuovamente alle agevolazioni fiscali entro il quadriennio anche ai fini IVA.
R. Le agevolazioni fiscali previste, ai fini dell’IRPEF e dell’IVA, in favore dei disabili per l’acquisto di veicoli possono applicarsi anche per acquisti successivi, a condizione che siano trascorsi almeno quattro anni dalla data del precedente acquisto effettuato con le agevolazioni. Detta condizione non opera nel caso in cui il veicolo acquistato con le agevolazioni è stato cancellato dal PRA per demolizione. Ai fini dell’IRPEF, l’art. 15, comma 1, lett. c), del TUIR prevede, altresì, che il disabile può fruire della detrazione per l’acquisto di un nuovo veicolo prima della fine del quadriennio anche nell’ipotesi in cui il primo veicolo sia stata rubato e non ritrovato, per un importo da calcolare su un ammontare assunto al netto di quanto eventualmente rimborsato dall’assicurazione. Analoga previsione non è contemplata ai fini dell’IVA, atteso che l’art. 8, comma 3, della legge n. 449 del 1997, per effetto del rinvio alle disposizioni di cui all’art. 1, commi 1 e 2, della legge n. 97 del 1986, ammette il superamento del limite dei quattro anni nella sola ipotesi di cancellazione del veicolo dal PRA.
Ciò premesso, si evidenzia che il periodo dei quattro anni è previsto al precipuo fine di evitare un uso improprio delle suddette agevolazioni fiscali, con acquisto dei beni e successiva cessione a vantaggio di soggetti privi dei requisisti richiesti dalla normativa agevolativa. Nel caso di furto del veicolo la perdita di possesso del bene acquistato con le agevolazioni fiscali avviene per effetto di un evento non riferibile alla volontà del disabile e, quindi, non può ravvisarsi alcun comportamento contrario alla finalità dell’agevolazione.
Quanto sopra considerato, e in linea con le disposizioni previste ai fini della detrazione dall’IRPEF, si ritiene che, in caso di furto del veicolo acquistato con le agevolazioni fiscali, sia possibile beneficiare dell’agevolazione fiscale prevista ai fini dell’IVA per l’acquisto di un nuovo veicolo anche prima dello scadere dei quattro anni dal primo acquisto. A tal fine, il disabile dovrà esibire al concessionario la denuncia di furto del veicolo e la registrazione della “perdita di possesso” effettuata dal PRA.
7.5 Agevolazioni per i disabili – Acquisto di veicoli
D. Un contribuente fa presente che in base alla certificazione ASL risulta che il figlio minorenne, affetto da una sindrome genetica rara, denominata “Sindrome di Weaver”, è stato riconosciuto soggetto in situazione di handicap grave ai sensi della art. 3, comma 3, della legge n. 104 del 1992, nonché, ai fini delle agevolazioni fiscali per il settore auto, soggetto con ridotte o impedite capacità motorie permanenti, ai sensi dell’art. 8 della legge n. 449 del 1997. Il contribuente fa presente che il figlio risulta minore invalido con difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della sua età (L. n. 118 del 1971 e L. n. 289 del 1990) con indennità di frequenza. Chiede di sapere se possa fruire dell’aliquota agevolata del 4 per cento per l’acquisto di un veicolo, anche in assenza di adattamenti.
R. L’aliquota IVA ridotta per i soggetti di cui all’art. 3 della legge n. 104 del 1992 è stata originariamente introdotta dall’art. 8, comma 3, della legge n. 449 del 1997. Attualmente, il numero 31 della Tabella A, parte seconda, allegata al DPR 26 ottobre 1972, n. 633, come sostituito dall’art. 50, comma 1, della L. n. 342 del 2000, riconosce l’aliquota IVA ridotta sulle cessioni di autoveicoli di cui all’art. 54, comma 1, lettere a), c), ed f), del d.lgs. n. 285 del 1992, di cilindrata fino a 2000 centimetri cubici se con motore a benzina, e a 2800 centimetri cubici se con motore diesel, anche prodotti in serie, “adattati per la locomozione dei soggetti di cui all’art. 3, legge 5 febbraio 1992, n. 104, con ridotte o impedite capacità motorie permanenti”, ceduti ai detti soggetti o ai familiari di cui essi sono fiscalmente a carico.
Con circolare n. 74/E del 12 aprile 2000[33], è stato chiarito che la ratio della norma agevolativa trova fondamento nell’incidenza dei maggiori costi che i soggetti portatori di handicap devono sostenere per adattare il veicolo acquistato, attraverso modifiche tecniche che ne consentano loro l’utilizzo. Per tale ragione, in base alla richiamata disposizione vigente, la stessa agevolazione non può estendersi agli autoveicoli che, ancorché acquistati da altri portatori di handicap, quali non vedenti e menomati nell’udito e nella parola, non necessitano di adattamenti o di particolari caratteristiche tecniche per l’utilizzo da parte dei destinatari dell’agevolazione.
La ratio originaria della norma è stata in parte superata, in quanto successivamente il legislatore ha esteso l’applicazione dell’aliquota IVA ridotta alla cessione di veicoli effettuate a favore di altre categorie di disabili, o ai familiari di cui essi sono fiscalmente a carico, a prescindere dall’adattamento del veicolo: soggetti con handicap psichico o mentale di gravità tale da aver determinato il riconoscimento dell’indennità di accompagnamento (art. 30, comma 7, della legge n. 388 del 2000); invalidi con grave limitazione della capacità di deambulazione o affetti da pluriamputazioni (art. 30, comma 7, della legge n. 388 del 2000); soggetti non vedenti e sordi (numero 31 della tabella A, parte seconda, allegata al DPR n. 633 del 1972, come sostituito dall’art. 50, della legge n. 342 del 2000).
Con circolare n. 46/E dell’11 maggio 2001[34], tenendo conto anche di un parere del Ministero della salute, è stato chiarito che il riferimento fondamentale per fruire dei benefici fiscali previsti dall’articolo 30 della legge n. 388 del 2000 è situazione di handicap grave, definita dall’articolo 3, comma 3, della legge n. 104 del 1992, derivante da patologie che comportano una limitazione permanente della deambulazione. La gravità della limitazione deve essere certificata con verbale dalla commissione per l’accertamento dell’handicap di cui all’articolo 4 della citata legge n. 104 del 1992. Nella medesima circolare, è specificato che l’adattamento funzionale del veicolo alle necessità del portatore di handicap rimane, invece, elemento essenziale, ai fini della concessione delle agevolazioni fiscali, per quei soggetti che, pur affetti da una ridotta o impedita capacità motoria permanente, non siano stati dichiarati portatori di “grave limitazione della capacità di deambulazione” da parte delle commissioni mediche competenti.
In detto contesto, vi possono essere situazioni di incertezza nei casi in cui minori (che non possono comunque condurre il veicolo) portatori di handicap in condizioni di gravità (comma 3 dell’art. 3 della legge n. 104 del 1992), con effetti su capacità motorie e deambulazione, sono stati riconosciuti soggetti con ridotte o impedite capacità motorie permanenti con riferimento specifico alle agevolazioni di cui all’art. 8 della legge n. 449 del 1997, senza che tuttavia risulti in alcun modo la tipologia, o anche soltanto la necessità, dell’adattamento funzionale del veicolo alle necessità di trasporto del portatore di handicap.
A ben vedere, dette incertezze derivano dalle modifiche normative che nel corso dell’anno 2000 hanno esteso, a prescindere dall’adattamento del veicolo, l’applicazione dell’aliquota IVA ridotta ad altre categoria di disabilità, che precludono comunque la conduzione del veicolo e per le quali l’adattamento stesso non sempre è necessario.
Peraltro, non sempre è agevole distinguere, in presenza di un handicap in condizione di gravità che investe la capacità motoria e la deambulazione, tra le ridotte o impedite capacità motorie e la limitazione grave della capacità di deambulazione, che non richiede l’adattamento del veicolo.
Considerato che per effetto delle modifiche in precedenza descritte, la ratio originaria della norma agevolativa risulta notevolmente attenuata, assumendo ora maggiore rilievo la particolare condizione di disabilità del soggetto interessato, piuttosto che il solo ristoro dei maggiori costi sostenuti per l’adattamento del veicolo, e per evitare il protrarsi delle incertezze applicative dell’agevolazione, fermo restando che dalle certificazioni delle commissioni competenti deve risultare la specifica disabilità cui la norma ricollega l’agevolazione fiscale, si ritiene che in presenza di minori (che non possono comunque condurre il veicolo) portatori di handicap in condizioni di gravità di cui al comma 3 dell’art. 3 della legge n. 104 del 1992, con riconoscimento delle ridotte o impedite capacità motorie permanenti, spetti l’applicazione dell’aliquota IVA ridotta, anche senza necessità di adattamento ove questa non risulti dalla certificazione.
Ciò premesso, se nel certificato medico rilasciato dall’azienda sanitaria locale risulta che il minore richiedente è riconosciuto soggetto in situazione di handicap grave in base all’art. 3, comma 3, della legge n. 104 del 1992, e, ai fini delle agevolazioni fiscali per il settore auto, è riconosciuto soggetto con ridotte o impedite capacità motorie permanenti in base all’art. 8 della legge n. 449 del 1997, senza altre indicazioni al riguardo, si ritiene che il soggetto interessato possa avvalersi dell’aliquota IVA ridotta per l’acquisto del veicolo, anche senza adattamento dello stesso”.
[1] Circ. 18 maggio 2012, n. 3/DF, in Boll. Trib., 2012, 751.
[2] Circ. 11 marzo 2013, n. 5/E, in Boll. Trib., 2013, 371.
[3] Circ. 7 luglio 1999, n. 150/E, in Boll. Trib., 1999, 1138.
[4] Circ. 12 giugno 2002, n. 50/E, in Boll. Trib., 2002, 912.
[5] Circ. 1 giugno 2012, n. 19/E, in Boll. Trib., 2012, 931.
[6] Ris. 29 aprile 2009, n. 117/E, in Boll. Trib. On-line.
[7] Ris. 22 dicembre 2006, n. 147/E, in Boll. Trib., 2007, 446..
[8] Circ. 20 aprile 2005, n. 15/E, in Boll. Trib., 2005, 612.
[9] Circ. 13 maggio 2011, n. 20/E, in Boll. Trib., 2011, 783.
[10] Circ. 11 maggio 1998, n. 121/E, in Boll. Trib., 1998, 851.
[11] In Boll. Trib., 1998, 851.
[12] Circ. 1 giugno 1999, n. 122/E, in Boll. Trib., 1999, 976.
[13] Ris. 14 febbraio 2008, n. 45/E, in Boll. Trib., 2008, 1087.
[14] Circ. 6 novembre 2000, n. 204/E, in Boll. Trib., 2000, 1736.
[15] Circ. 24 febbraio 1998, n. 57/E, in Boll. Trib., 1998, 439.
[16] Ris. 7 giugno 2012, n. 55/E, in Boll. Trib., 2012, 1234.
[17] Circ. 20 aprile 2005, n. 15/E, in Boll. Trib., 2005, 612.
[18] Circ. 18 settembre 2013, n. 29/E, in Boll. Trib., 2013, 1331.
[19] Circ. 24 febbraio 1998, n. 57/E, in Boll. Trib., 1998, 439.
[20] Circ. 18 settembre 2013, n. 29/E, in Boll. Trib., 2013, 1331.
[21] Circ. 16 luglio 2009, n. 35/E, in Boll. Trib., 2009, 1104.
[22] Circ. 18 settembre 2013, n. 29/E, in Boll. Trib., 2013, 1331.
[23] Circ. 18 settembre 2013, n. 29/E, in Boll. Trib., 2013, 1331.
[24] Circ. 28 luglio 2010, n. 40/E, in Boll. Trib., 2010, 1235.
[25] Circ. 18 settembre 2013, n. 29/E, in Boll. Trib., 2013, 1331.
[26] Circ. 31 maggio 2007, n. 36/E, in Boll. Trib., 2007, 967.
[27] Circ. 11 maggio 1998, n. 121/E, in Boll. Trib., 1998, 851.
[28] Circ. 29 dicembre 1999, n. 247/E, in Boll. Trib., 2000, 42.
[29] Ris. 11 febbraio 2000, n. 13/E, in Boll. Trib., 2000, 290.
[30] Circ. 12 maggio 2000, n. 95/E, in Boll. Trib., 2000, 766.
[31] Circ. 13 febbraio 2006, n. 6/E, in Boll. Trib., 2006, 307.
[32] Circ. 14 giugno 2001, n. 55/E, in Boll. Trib., 2001, 927.
[33] In Boll. Trib., 2000, 688.
[34] In Boll. Trib., 2001, 762.
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