23 Luglio, 2019

Ris. 22 luglio 2019, n. 69/E, dell’Agenzia delle entrate

“Quesito. L’istante è un lavoratore dipendente coniugato con una libera professionista
che applica il regime forfetario di cui all’articolo 1, commi da 54 a 89, della legge
23 dicembre 2014, n. 190 (legge di stabilità 2015).
Ai fini della determinazione del reddito imponibile, il comma 64 del citato
articolo 1, prevede che i contribuenti aderenti al regime forfetario possono dedurre
solo i contributi previdenziali.
L’articolo 12, comma 1, lettera c), testo unico delle imposte sui redditi
approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir), dispone che la detrazione
per figli a carico è ripartita nella misura del 50 per cento tra i genitori non
legalmente ed effettivamente separati ovvero, previo accordo tra gli stessi, spetta
al genitore che possiede un reddito complessivo di ammontare più elevato.
In base alle richiamate disposizioni, l’istante avrebbe diritto a fruire della
detrazione per figli a carico nella misura del 50 per cento, mentre la moglie
risulterebbe esclusa dalla medesima detrazione, indipendentemente dalla
circostanza che abbia o meno un reddito più elevato.
Tuttavia, l’istante osserva che, come chiarito con la circolare 16 marzo
2007, n. 15/E (par. 1.4.4.) , attraverso la previsione dell’accordo tra i genitori per
l’attribuzione della detrazione per i figli a carico, il legislatore ha inteso evitare
che, a causa dell’incapienza dell’IRPEF di uno dei genitori, il nucleo familiare
perda in tutto o in parte il beneficio fiscale.
Ciò considerato, l’istante chiede di poter fruire della detrazione per figli a
carico nella misura del 100 per cento.

Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente. L’istante ritiene di poter applicare la previsione di cui all’articolo 12,
comma 1, lettera c), del Tuir e, pertanto, di poter fruire della detrazione per figli a
carico nella misura del 100 per cento.

Parere dell’Agenzia delle entrate. L’articolo 12 del Tuir, recante la disciplina delle detrazioni d’imposta per
carichi di famiglia, prevede, al comma 1, lettera c), che la detrazione per figli a
carico “è ripartita nella misura del 50 per cento tra i genitori non legalmente ed
effettivamente separati ovvero, previo accordo tra gli stessi, spetta al genitore che
possiede un reddito complessivo di ammontare più elevato”.
La scrivente, con circolare 16 marzo 2007, n. 15/E (par. 1.4.3. e 1.4.4.), ha
chiarito che i genitori non possono ripartire liberamente tra loro la detrazione per
figli a carico in base alla convenienza economica.
In particolare, nel caso di genitori non legalmente ed effettivamente separati,
la detrazione per figli a carico, è ripartita in via normativa nella misura del 50 per
cento ciascuno.
Il criterio secondo cui la detrazione è attribuita ai genitori in egual
percentuale può essere derogato nella sola ipotesi in cui i genitori si accordino per
attribuire l’intera detrazione a quello dei due che possiede il reddito complessivo
di ammontare più elevato.
Attraverso la previsione di tale accordo, il legislatore ha inteso, in linea di
principio, evitare che, a causa dell’incapienza dell’imposta dovuta da uno dei
genitori, il nucleo familiare perda in tutto o in parte il beneficio fiscale previsto per
i figli a carico.
È possibile, tuttavia, dar corso all’accordo anche in assenza di tale
condizione “di incapienza” poiché la norma, nel consentire l’attribuzione
dell’intera detrazione al genitore con il maggior reddito, non vi fa espresso
riferimento.
Le detrazioni per carichi di famiglia, il cui importo varia in funzione del
reddito complessivo del contribuente e della composizione del nucleo familiare, si
scomputano dall’imposta lorda determinata secondo le regole ordinarie di cui
all’articolo 11 del Tuir, ovvero applicando al reddito complessivo, al netto degli
oneri deducibili, le specifiche aliquote per scaglioni di reddito.
Tali detrazioni non spettano, invece, ai contribuenti che aderiscono al regime
forfetario disciplinato dall’articolo 1, commi da 54 a 89, della legge 23 dicembre
2014, n. 190, come da ultimo modificato dall’articolo 1, commi da 9 a 11, della
legge 30 dicembre 2018, n. 145, i cui ricavi o compensi sono assoggettati ad
imposta sostitutiva e non concorrono alla formazione del reddito complessivo.
In particolare, a norma del comma 64 del citato articolo 1 della legge n. 190
del 2014, il contribuente che aderisce al regime forfetario determina il reddito
imponibile applicando all’ammontare dei ricavi o dei compensi percepiti un
coefficiente di redditività, diversificato a seconda del codice ATECO che
contraddistingue l’attività svolta. Da tale reddito è possibile dedurre solo i
contributi previdenziali versati in ottemperanza a disposizioni di legge.
Con specifico riferimento alle detrazioni per familiari a carico, il successivo
comma 75 prevede che “ai fini del riconoscimento delle detrazioni per carichi di
famiglia di cui all’articolo 12, comma 2, del testo unico di cui al decreto dl
Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni,
rileva anche il reddito determinato ai sensi del comma 64”.
In sostanza, così come chiarito anche dalla circolare 10/E del 4 aprile 2016
(par. 4.3.7.) , il reddito determinato secondo i criteri del regime forfetario rileva,
unitamente al reddito complessivo, ai fini della determinazione del limite di euro
2.840,51 per considerare i familiari fiscalmente a carico ai sensi dell’articolo 12,
comma 2, del Tuir.
Analogamente, si ritiene che il reddito determinato ai sensi del comma 64
della citata legge n. 190 del 2014, al lordo dei contributi previdenziali, rilevi anche
ai fini della comparazione del reddito più elevato richiesta dall’articolo 12, comma
1, lettera c), del Tuir, per stabilire quale genitore possa fruire della detrazione per
figli a carico per l’intero importo.
Alla luce di quanto esposto, si ritiene che, in applicazione delle regole
generali che disciplinano le detrazioni per carichi di famiglia, l’istante possa fruire
della detrazione per figli a carico nella misura del 100 per cento nella sola ipotesi
in cui possieda un reddito complessivo più elevato rispetto al reddito della moglie.
Il reddito prodotto dalla moglie rileverà, così come determinato ai sensi del
comma 64 della citata legge n. 190 del 2014, al lordo dei contributi previdenziali,
unitamente agli altri redditi eventualmente conseguiti dalla stessa.
Si fa presente, infine, che resta ferma la possibilità per la professionista di
optare per il regime ordinario di tassazione, laddove l’applicazione di detto regime
risulti più conveniente rispetto a quello forfetario”.

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