30 Gennaio, 2018

IRES – Società – Bilancio – Principi contabili internazionali – Valutazione dei titoli con il criterio del costo ammortizzato.
IRES – Determinazione del reddito complessivo – Soggetti che adottano i principi contabili internazionali – Valutazione dei titoli con il criterio del costo ammortizzato.
(Ris. 29 gennaio 2018, n. 10/E, dell’Agenzia delle entrate)

“Quesito. La Società – che redige il bilancio secondo le disposizioni del codice civile – opera nel settore della grande distribuzione commerciale ed “è nata dalla fusione per unione avente efficacia giuridica e fiscale dal 1° gennaio 2016”.

La Società “possiede – avendoli ereditati dalle società fuse – titoli di debito rientranti nella definizione di cui all’OIC 20, ossia titoli che attribuiscono al possessore il diritto a ricevere un flusso determinato di liquidità senza attribuire il diritto di partecipazione alla gestione della società che li ha emessi”.

L’istante “ha adottato, nel bilancio dell’esercizio chiuso al 31 dicembre 2016 (primo bilancio post fusione), il criterio del costo ammortizzato per la rilevazione e la valutazione dei titoli di debito posseduti alla data di prima applicazione (1° gennaio 2016), ai sensi dell’art. 2426, primo comma, nn. 1) e 9), c.c, come novellato dall’art. 6, comma 8, del d.lgs. n. 139/2015”.

In particolare, la Società ha deciso di non avvalersi della facoltà prevista dall’articolo 1, comma 2 del decreto legislativo n. 139 del 2015 e “ha provveduto a rideterminare al costo ammortizzato il valore di tutti i titoli di debito in suo possesso al 31 dicembre 2016 e, quindi, anche ai titoli ereditati dalle società fuse”.

Ciò premesso, l’istante chiede:

1. se sia corretto “applicare la disciplina transitoria IRES recata dall’art. 13-bis, comma 5, secondo periodo, del d.l. n. 244 del 2016, in relazione ai titoli di debito già posseduti al 1° gennaio 2016 e assoggettati – con effetto retroattivo – al criterio del costo ammortizzato”;
2. in caso di risposta affermativa al primo quesito, quale sia, ai fini fiscali, il “criterio di imputazione/movimentazione dei suddetti titoli”. In particolare, la Società chiede “in relazione ai propri titoli di debito fungibili, in quanto aventi le medesime caratteristiche, secondo quale criterio logico le vendite di parte di tali titoli, poste in essere successivamente all’acquisto di identici titoli a partire dal 1° gennaio 2016, debbano essere imputate al magazzino dei titoli cui si applica la disciplina fiscale transitoria piuttosto che al magazzino dei titoli cui si applica il principio di derivazione rafforzata. Ciò al fine di comprendere quale sia la giacenza finale dei titoli dell’uno e dell’altro comparto fiscale” e, di conseguenza, il regime IRES applicabile.

Soluzione prospettata dal contribuente. In relazione ai quesiti posti, la Società ritiene che:

1. “l’applicazione retroattiva del criterio del costo ammortizzato ai fini della rilevazione/valutazione contabile dei descritti titoli di debito determina l’applicazione della disciplina transitoria con la conseguente necessità di gestire in doppio binario i titoli medesimi”. Ciò in quanto “l’applicazione (retroattiva) ai medesimi titoli del criterio del costo ammortizzato – che trova, invece, pieno riconoscimento fiscale a partire dal periodo d’imposta 2016 a seguito dell’entrata in vigore del principio di derivazione rafforzata – può determinare una doppia tassazione delle componenti reddituali dei medesimi titoli di debito che sono state già assoggettate a tassazione nei periodi d’imposta antecedenti al 1° gennaio 2016, in ragione della differente rilevazione contabile”;
2. ove sia data risposta positiva al primo quesito, “sia necessario costituire, in via extracontabile, due differenti magazzini fiscali (i quali opererebbero autonomamente rispetto all’unico magazzino contabile rilevato al costo ammortizzato con applicazione retroattiva a tutti i titoli)”, ossia “da un lato, dei titoli di debito acquistati in data anteriore al 1° gennaio 2016 (e ancora in possesso della Società negli esercizi successivi), i cui effetti reddituali e patrimoniali continuano ad essere assoggettati alla disciplina fiscale previgente” e “dall’altro, dei titoli di debito acquistati a partire dal 1° gennaio 2016, per i quali trovano applicazione, ai fini fiscali, le risultanze di bilancio, in ossequio al principio di derivazione rafforzata”. Al fine di individuare quali titoli siano stati venduti, l’istante “ritiene possibile ricorrere, in assenza di una norma presuntiva ad hoc, ad un criterio di imputazione/movimentazione di tipo proporzionale che consenta di imputare le operazioni di vendita poste in essere a partire dall’esercizio 2016 ai due magazzini fiscali di cui sopra pro quota; ossia, in base al rapporto tra l’ammontare dei titoli della stessa specie giacenti in ciascun dei due magazzini fiscali e l’ammontare complessivo dei medesimi titoli posseduti dalla Società”. Ciò al fine di evitare possibili ipotesi di arbitraggio e in coerenza con quanto affermato con la risoluzione n. 55/E del 2004 e la risoluzione n. 127/E del 2006 “in fattispecie assimilabili in via di principio alla presente”.

Parere dell’Agenzia delle entrate. L’articolo 2426, primo comma – così come modificato dal decreto legislativo del 18 agosto 2015, n. 139 – stabilisce, ai numeri 1) e 9) che “le immobilizzazioni rappresentate da titoli sono rilevate in bilancio con il criterio del costo ammortizzato, ove applicabile” e che “i titoli e le attività finanziarie che non costituiscono immobilizzazioni sono iscritti al costo di acquisto o di produzione, calcolato secondo il numero 1), ovvero al valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato, se minore”.

A seguito delle nuove modalità di contabilizzazione introdotte dal 1° gennaio 2016 con il decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 139, quindi, i titoli – sia che costituiscono sia che non costituiscono immobilizzazioni – sono rilevati in bilancio con il criterio del costo ammortizzato, in luogo del precedente criterio del “costo di acquisto”.

L’applicazione del nuovo criterio del costo ammortizzato comporta che “i costi di transazione, le eventuali commissioni attive e passive e ogni differenza tra valore iniziale e valore nominale a scadenza sono inclusi nel calcolo del costo ammortizzato utilizzando il criterio dell’interesse effettivo, che implica che essi siano ammortizzati lungo la durata attesa del titolo. Il loro ammortamento integra o rettifica gli interessi attivi calcolati al tasso nominale (seguendone la medesima classificazione nel conto economico), di modo che il tasso di interesse effettivo possa rimanere un tasso di interesse costante lungo la durata del titolo da applicarsi al suo valore contabile” (cfr. OIC 20, par. 40).

In altri termini, i costi di transazione e ogni altra differenza tra valore iniziale e valore nominale a scadenza del titolo – che nei periodi precedenti al 2016 erano contabilizzati lungo la vita utile del rapporto di finanziamento – con il criterio del costo ammortizzato sono sommati algebricamente al valore del titolo al fine di calcolare il tasso di interesse effettivo. Il tasso di interesse effettivo, quindi, è “il tasso interno di rendimento, costante lungo la durata del credito, che rende uguale il valore attuale dei flussi finanziari futuri derivanti dal titolo di debito e il suo valore di rilevazione iniziale” (cfr. OIC 20, par. 42).

In tal modo, i costi di transazione e ogni altra differenza tra valore iniziale e valore a scadenza del titolo sono considerati interessi e ripartiti lungo la durata attesa del titolo con logiche finanziarie. In sostanza, in ciascun esercizio, tali interessi sono calcolati moltiplicando il tasso di interesse effettivo per il valore contabile inziale del titolo.

Le modifiche previste all’articolo 2426, comma 1, n. 1) – e, quindi, il nuovo criterio del costo ammortizzato – “possono non essere applicate alle componenti delle voci riferite a operazioni che non hanno ancora esaurito i loro effetti in bilancio” (cfr. articolo 12, comma 2 del decreto legislativo n. 139 del 2015).

Si tratta di una possibilità non applicata dalla Società, la quale ha utilizzato il nuovo criterio del costo ammortizzato non solo nella valutazione dei titoli di debito acquistati dal 2016 ma anche con riferimento ai titoli acquisiti ante 2016 dalle società fuse.

In particolare, con riferimento ai titoli acquisiti ante 2016, la Società ha provveduto:

. a rilevare contabilmente tra gli utili (perdite) portati a nuovo del patrimonio netto del bilancio 2016 gli effetti derivanti dalla differenza tra il valore dei titoli iscritti nel bilancio dell’esercizio 2015 e il valore dei titoli calcolato al costo ammortizzato alla data di prima applicazione, ossia al 1° gennaio 2016 (cfr. OIC 20, par. 100);
. a rilevarli con il criterio del costo ammortizzato, a partire dal 2016.
Da un punto di vista fiscale, l’articolo 13-bis del decreto legge del 30 dicembre 2016, n. 244 – emanato a seguito delle nuove modalità di contabilizzazione introdotte dal 1° gennaio 2016 con il decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 139 – ha modificato l’articolo 83 del TUIR, prevedendo che “per i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali (…) e per i soggetti, diversi dalle micro-imprese di cui all’articolo 2435-ter del codice civile, che redigono il bilancio in conformità alle disposizioni del codice civile, valgono, anche in deroga alle disposizioni dei successivi articoli della presente sezione, i criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti dai rispettivi principi contabili”.

In altri termini, la modifica all’articolo 83 del TUIR introduce, per i soggetti che redigono il bilancio ai sensi del codice civile, regole di determinazione del reddito coerenti con le nuove modalità di rappresentazione contabile, estendendo, ove compatibili, le modalità di determinazione del reddito imponibile previste per i soggetti IAS/IFRS adopter.

Ne deriva che assume rilievo, ai fini della determinazione del reddito d’impresa, la rappresentazione contabile – sintetizzabile nei concetti di qualificazione, classificazione ed imputazione temporale – così come regolamentata dai principi contabili nazionali.

Alla luce della nuova formulazione dell’articolo 83 del TUIR, quindi, la nuova rappresentazione contabile di rilevazione dei titoli basata sul costo ammortizzato assume rilevanza fiscale.

In particolare, il comma 5 del medesimo articolo 13 bis del decreto legge n. 244 del 2016, stabilisce che le novità fiscali in esame – e, quindi, anche il recepimento fiscale del nuovo criterio contabile del costo ammortizzato – “hanno efficacia con riguardo ai componenti reddituali e patrimoniali rilevati in bilancio a decorrere dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015”.

Il medesimo comma 5 stabilisce che “continuano ad essere assoggettati alla disciplina fiscale previgente gli effetti reddituali e patrimoniali sul bilancio del predetto esercizio e di quelli successivi delle operazioni che risultino diversamente qualificate, classificate, valutate e imputate temporalmente ai fini fiscali rispetto alle qualificazioni, classificazioni, valutazioni e imputazioni temporali risultanti dal bilancio dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2015”.

In sostanza, con scelta analoga a quella adottata al momento dell’entrata in vigore del principio di derivazione rafforzata per i soggetti IAS/IFRS adopter, si prevede che gli effetti reddituali e patrimoniali delle operazioni già avviate e che si protraggono per i periodi d’imposta successivi alla prima adozione delle nuove regole contabili dovranno essere assoggettate alla disciplina fiscale previgente.

Ciò al fine di evitare fenomeni di tassazione anomala, derivanti dall’applicazione di regole fiscali difformi alla medesima operazione che si protrae per più periodi d’imposta.

Rientrano nella disciplina fiscale previgente, in coerenza con quanto già affermato per i soggetti IAS/IFRS (cfr. circolare n. 33/E del 10 luglio 2009 ), le operazioni che si caratterizzano per la coesistenza dei seguenti tre requisiti:

. risultano qualificate, classificate, valutate, imputate temporalmente nel bilancio relativo al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2015 in modo differente rispetto alla qualificazione, classificazione, valutazione e imputazione temporale previste dalla normativa fiscale vigente al momento in cui le medesime operazioni sono state realizzate;
. continuano a produrre effetti reddituali e patrimoniali fiscalmente rilevanti nei periodi d’imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2015;
. i predetti effetti reddituali e patrimoniali, qualora rilevati fiscalmente secondo le “nuove disposizioni”, determinano fenomeni di tassazione anomala (doppia/nessuna deduzione ovvero doppia/nessuna tassazione).
Si tratta, pertanto, di operazioni che – nel passaggio al nuovo sistema di tassazione basato sulla “derivazione rafforzata” – sarebbero assoggettate a regole fiscali “confliggenti” con quelle in vigore nel precedente regime del “doppio binario”; si vuole evitare, in sostanza, che il passaggio dalle vecchie alle nuove regole possa determinare salti ovvero duplicazioni d’imposta.

Nel caso in esame, deve ritenersi che l’applicazione retroattiva del criterio del costo ammortizzato operata dalla Società sui titoli di debito determini l’applicazione della previgente disciplina fiscale, considerata la coesistenza dei tre requisiti sopra evidenziati.

In altri termini, l’adozione del criterio del costo ammortizzato anche ai titoli acquisiti ante 2016 determinerebbe una tassazione anomala delle componenti reddituali dei medesimi titoli che hanno già avuto rilevanza fiscale nei periodi d’imposta precedenti al 2016, in ragione della differente rilevazione contabile.

Si pensi, in particolare, alla differenza tra il prezzo di acquisto e il valore di rimborso dei titoli obbligazionari, o alle altre componenti reddituali connesse ai medesimi titoli, che hanno assunto rilevanza fiscale nei periodi precedenti al 2016 lungo la durata dei titoli obbligazionari (così come ripartiti contabilmente) e che continuano ad essere fiscalmente rilevanti dal 2016, poiché ricompresi nel tasso di interesse effettivo.

In definitiva, con riferimento al primo quesito, si concorda con la soluzione proposta dall’istante. Di conseguenza – in presenza di un magazzino valutato contabilmente in maniera univoca con il criterio del costo ammortizzato – ai fini fiscali gli effetti reddituali e patrimoniali sono assoggettati a due differenti regimi:

1. la disciplina fiscale previgente, per i titoli acquisiti in data anteriore al 1° gennaio 2016 e ancora in possesso della Società negli esercizi successivi;
2. il recepimento del criterio del costo ammortizzato, per i titoli acquisiti a partire dal 1° gennaio 2016.
In tale contesto, si pone la necessità di individuare a quale “magazzino fiscale” – ossia ai titoli acquisiti ante 2016 ovvero a quelli acquisiti dal 2016 – imputare le operazioni di vendita dei titoli, aventi le medesime caratteristiche, poste in essere a partire dal 2016.

Ciò nel presupposto che si è in presenza di titoli fungibili aventi le medesime caratteristiche, nei confronti dei quali non si procede analiticamente a collegare la vendita con l’acquisto.

Al riguardo, occorre evidenziare che le disposizioni normative in esame non indicano una modalità con cui imputare la riduzione dei titoli in magazzino al momento della vendita degli stessi: non viene specificato, cioè, se tale riduzione debba essere prioritariamente riferita ai titoli acquisiti dal 2016 (per i quali, come evidenziato, assume rilevanza fiscale il criterio del costo ammortizzato) o a quelli acquisiti in data anteriore al 1° gennaio 2016 (per i quali si applica il previgente regime fiscale) ovvero riferita parzialmente ad entrambi.

Per la soluzione del problema prospettato occorre, tuttavia, considerare che le vendite dei titoli fungibili aventi le medesime caratteristiche possono essere state effettuate sia utilizzando i titoli acquisiti dal 2016 sia quelli acquisiti ante 2016.

In tale contesto, si ritiene ragionevole adottare un criterio proporzionale che consenta di evitare una scelta arbitraria, in coerenza con quanto affermato dalla scrivente in relazioni a fattispecie aventi la medesima necessità di quella rinvenibile nel caso in esame (ovvero l’individuazione di un criterio fiscale da applicare alla fattispecie). Si pensi, in particolare, al riallineamento dei valori fiscali dei fondi accantonamento (cfr. risoluzione n. 127/E del 9 novembre 2006), alla determinazione del valore minimo delle partecipazioni (cfr. risoluzione n. 55/E dell’8 aprile 2004), ovvero alla deducibilità delle prestazioni previdenziali erogate dal datore di lavoro (cfr. risoluzione n. 232/E del 29 dicembre 2003 ).

In altri termini, si condivide la soluzione interpretativa proposta dall’istante che consente, in ciascun periodo d’imposta, di attribuire la vendita dei titoli in base al rapporto tra l’ammontare dei titoli della stessa specie giacenti in ciascun dei due “magazzini fiscali” e l’ammontare complessivo dei medesimi titoli posseduti dalla Società.

In definitiva – in presenza di titoli obbligazionari aventi le medesime caratteristiche – qualora a fine 2016 sia effettuata una vendita per una quantità pari a 35.000 titoli ed esista una quantità totale di titoli pari a 255.000, di cui 140.000 acquisiti nel 2016 e 115.000 acquisiti ante 2016, l’applicazione del criterio proporzionale determina che la vendita è attribuita:

a. per una quantità pari a 15.784 (115.000/255.000 = 45,10% X 35.000) ai titoli acquisiti ante 2016 che, quindi, dopo la cessione risulteranno pari a 99.216 (115.000 – 15.784). A tali titoli si applica la disciplina fiscale previgente al 2016;
b. per una quantità pari a 19.216 (140.000/255.000 = 54,9% X 35.000) ai titoli acquisiti nel 2016 che, quindi, dopo la cessione risulteranno pari a 120.784 (140.000 – 19.216). Per tali titoli assume rilevanza la nuova disciplina fiscale che recepisce il criterio contabile del costo ammortizzato”.

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