25 Luglio, 2016

Circolare 22 luglio 2016, n. 32/E, dell’Agenzia delle entrate

Sommario: Premessa – 1. Ambito di applicazione – 3. Determinazione e versamento del canone annuo – 4. Mancato esercizio dell’opzione – 5. Soggetti aderenti al regime del consolidato nazionale – 6. Operazioni straordinarie – 7. Disciplina applicabile al canone annuo.

Premessa

L’articolo 11 del decreto-legge 3 maggio 2016, n. 59, convertito con modificazioni dalla legge 30 giugno 2016, n. 119 – in seguito anche “articolo 11” – stabilisce che le imprese interessate dalle disposizioni che prevedono la trasformazione in crediti d’imposta delle attività per imposte anticipate – di cui all’articolo 2, commi da 55 a 57, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225 – possono optare per il mantenimento dell’applicazione delle predette disposizioni, con riferimento a quelle attività per imposte anticipate cui non corrisponde un effettivo pagamento di imposte (cosiddette DTA di tipo 2).

Tale opzione è irrevocabile e comporta l’obbligo del pagamento di un canone annuo fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2029.

La relazione illustrativa dell’articolo 11 chiarisce che «la norma è volta a superare le criticità sollevate dalla Commissione europea in merito alla legittimità, sotto il profilo della compatibilità con la disciplina degli aiuti di Stato, della convertibilità in crediti d’imposta delle imposte anticipate (deferred tax asset-DTA) cosiddette “qualificate” ai sensi del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, (cosiddetto milleproroghe) e successive modificazioni, ovvero le DTA relative a rettifiche di valore su crediti, avviamento e altre attività immateriali».

La medesima relazione precisa che la Commissione europea “ha richiesto che la trasformabilità in credito d’imposta della quota di DTA qualificate cui non corrisponde un effettivo pagamento anticipato di imposte (cosiddetto DTA di tipo 2) sia garantita solo qualora venga corrisposto un canone su tali DTA. Resta ferma invece l’ordinaria trasformabilità delle DTA qualificate cui corrisponde un pagamento anticipato di imposte (cosiddetto DTA di tipo 1). La norma, pertanto, subordina il mantenimento della trasformabilità delle DTA di tipo 2 al pagamento di un canone pari all’1,5 per cento dell’ammontare delle stesse e stabilisce che le DTA di tipo 2 siano calcolate annualmente come differenza tra l’ammontare di DTA qualificate che si è creato dal 2008 all’anno di riferimento, incluse le DTA qualificate che sono state trasformate in credito d’imposta, e la somma delle imposte che sono state versate con riferimento agli stessi anni”.

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Il comma 12 dell’articolo 11 prevede che con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate sono stabilite le disposizioni attuative del medesimo articolo. Tali disposizione sono contenute nel provvedimento prot. n. 117661 del 22 luglio 2016 (in seguito anche “provvedimento”).

Con la presente circolare sono resi chiarimenti in ordine all’articolo 11 del decreto-legge n. 59 del 2016 e al relativo provvedimento di attuazione.

1. Ambito di applicazione

L’opzione prevista dall’articolo 11 può essere esercitata dalle imprese interessate dalle disposizioni di cui all’art. 2, commi da 55 a 57, del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 2011, n. 10, come successivamente integrato dal decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.

Al riguardo, si ritiene che l’opzione prevista dall’articolo 11 possa essere esercitata da quelle imprese – in seguito definite “imprese interessate” – che, a partire dal bilancio relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2010, presentano in bilancio attività per imposte anticipate relative a svalutazioni e perdite su crediti non ancora dedotte dal reddito imponibile ai sensi del comma 3 dell’art. 106 del testo unico delle imposte sui redditi, ovvero alle rettifiche di valore nette per deterioramento dei crediti non ancora dedotte dalla base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive, nonché quelle relative al valore dell’avviamento e delle altre attività immateriali, i cui componenti negativi sono deducibili in più periodi d’imposta ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive. Tali imprese possono optare per il mantenimento dell’applicazione delle disposizioni sulla trasformazione contenute nel decreto-legge n. 225 del 2010 con riferimento alle DTA di tipo 2, al ricorrere delle condizioni ivi previste.

Come chiarito anche dalla relazione illustrativa “la misura è rivolta a tutte le imprese, in particolare quelle finanziarie che detengono la quasi totalità delle DTA interessate relative alle rettifiche su crediti e ai maggiori valori fiscali affrancati di avviamento e di altri beni immateriali per le quali l’opzione per il pagamento del canone consente di mantenere la computabilità delle DTA ai fini della determinazione del patrimonio netto di vigilanza”.

Sotto il profilo oggettivo, si rammenta che per attività per imposte anticipate che rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 11 – in seguito definite “DTA qualificate” – si intendono le attività per imposte anticipate iscritte in bilancio, relative a svalutazioni e perdite su crediti non ancora dedotte dal reddito imponibile ai sensi del comma 3 dell’art. 106 del testo unico delle imposte sui redditi, ovvero alle rettifiche di valore nette per deterioramento dei crediti non ancora dedotte dalla base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive ai sensi degli articoli 6, comma 1, lettera c-bis), e 7, comma 1, lettera b-bis), del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, nonché quelle relative al valore dell’avviamento e delle altre attività immateriali, i cui componenti negativi sono deducibili in più periodi d’imposta ai fini delle imposte sui redditi e dell’imposta regionale sulle attività produttive (cfr. articolo 2, comma 55 del decreto-legge 29 dicembre 2010, n. 225).

Per completezza di trattazione, si rammenta anche che l’articolo 16, comma 1, del decreto-legge 27 giugno 2015, n. 83 ha modificato l’articolo 106, comma 3 del Tuir, nel senso di prevedere che le svalutazioni e le perdite su crediti verso la clientela iscritti in bilancio a tale titolo e le perdite realizzate mediante cessione a titolo oneroso sono deducibili integralmente nell’esercizio in cui sono rilevate in bilancio.

Tale modifica si applica dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014. In via transitoria, per il primo periodo di applicazione del novellato articolo 106, comma 3 del Tuir, le svalutazioni e le perdite su crediti, diverse dalle perdite realizzate mediante cessione a titolo oneroso, sono deducibili nei limiti del 75 per cento del loro ammontare. L’eccedenza è deducibile secondo un piano di graduale riassorbimento, previsto dal comma 4 dell’articolo 16 del decreto-legge n. 83 del 2015.

Un’analoga modifica è stata apportata alla disciplina Irap: l’articolo 16, comma 6, del richiamato decreto-legge n. 83 ha modificato, infatti, anche gli articoli 6 e 7 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, nel senso di prevedere che le rettifiche e le riprese di valore nette per deterioramento dei crediti, limitatamente a quelle riconducibili ai crediti verso la clientela iscritti in bilancio a tale titolo – per quanto riguarda le banche e gli altri enti e società finanziari – e le perdite, le svalutazioni e le riprese di valore nette per deterioramento dei crediti, limitatamente a quelle riconducibili a crediti nei confronti di assicurati iscritti in bilancio a tale titolo – per quanto riguarda le imprese di assicurazione – rilevano nell’esercizio in cui sono contabilizzate e non, come avveniva in precedenza, in quote costanti nell’esercizio in cui sono contabilizzate e nei quattro successivi.

Tale modifica si applica dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2015. In via transitoria, per il primo periodo di applicazione della nuova disciplina Irap, le rettifiche, le perdite, le svalutazioni e le riprese di valore nette sono deducibili nei limiti del 75 per cento del loro ammontare. L’eccedenza è deducibile secondo un piano di graduale riassorbimento, previsto dal comma 9 dell’articolo 16 del decreto-legge n. 83 del 2015.

Infine, l’articolo 17 del decreto-legge n. 83 del 2015 ha stabilito che le disposizioni sulla trasformazione in crediti di imposta non sono applicabili alle attività per imposte anticipate relative al valore dell’avviamento e delle altre attività immateriali, iscritte per la prima volta a partire dai bilanci relativi all’esercizio in corso alla data di entrata in vigore del medesimo articolo 17.

Il decreto-legge n. 83 del 2015 è entrato in vigore il giorno della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n. 147 del 27 giugno 2015.

2. Esercizio dell’opzione

Come anticipato in premessa, l’opzione per il mantenimento dell’applicazione delle disposizioni sulla trasformazione delle attività per imposte anticipate in credito di imposta è irrevocabile e comporta l’obbligo del pagamento di un canone annuo fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2029.

Il punto 1.1 del provvedimento stabilisce che tale opzione si considera esercitata con il versamento del canone entro il 31 luglio 2016.

Nel caso in cui la base imponibile del canone sia negativa o nulla – vale a dire quando le imposte versate sono superiori o pari alle attività per imposte anticipate – il comma 5 dell’articolo 11 prevede che il canone non è dovuto. In tale ipotesi, infatti, l’impresa interessata presenta solo DTA di tipo 1.

Se la base imponibile del canone è negativa o nulla, le imprese interessate possono comunque esercitare l’opzione prevista dall’articolo 11 tramite una comunicazione da effettuare, sempre entro il 31 luglio 2016, all’indirizzo di posta elettronica certificata della Direzione regionale dell’Agenzia delle entrate territorialmente competente. In caso di partecipazione al regime di consolidato nazionale di cui agli articoli 117 e seguenti del testo unico delle imposte sui redditi, tale comunicazione è effettuata dalla consolidante e non può essere, quindi, effettuata dalle singole società consolidate.

L’elenco degli indirizzi di posta elettronica certificata è disponibile al seguente indirizzo:

http://www.agenziaentrate.gov.it/wps/content/Nsilib/Nsi/Agenzia/Uffici+e+Pec/Posta+elettronica+certificata+-+Entrate/

La comunicazione deve contenere:

 i dati anagrafici dell’impresa interessata che esercita l’opzione e quelli del rappresentante legale;

 i dati anagrafici delle imprese interessate partecipanti al consolidato nazionale, se l’impresa interessata che effettua la comunicazione svolge il ruolo di consolidante;

 la dichiarazione che per l’impresa interessata, ovvero per il consolidato per il quale l’impresa interessata svolge il ruolo di consolidante, il canone non è dovuto per l’esercizio in corso al 31 dicembre 2015, ovvero che il termine di approvazione del bilancio relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2015 scade successivamente al 31 luglio 2016.

In caso di partecipazione al regime di consolidato nazionale, l’effettuazione del versamento del canone o della comunicazione alla Direzione regionale competente da parte della consolidante determina l’esercizio dell’opzione per le società consolidate interessate dalle disposizioni sulla trasformazione in crediti di imposta delle attività per imposte anticipate. Al riguardo si ritiene che una volta che sia stata operata l’opzione da parte della consolidante, le imprese interessate partecipano sempre, con le proprie imposte e le proprie attività per imposte anticipate, al calcolo della base imponibile del canone annuo relativo al consolidato, anche per le annualità in cui tali imprese non dovessero presentare attività per imposte anticipate da convertire.

Il punto 1.4 del provvedimento considera il caso in cui il termine di approvazione del bilancio relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2015 scada successivamente al 31 luglio 2016: in tale ipotesi l’opzione può essere esercitata tramite comunicazione, da effettuarsi sempre entro il 31 luglio 2016, all’indirizzo di posta elettronica certificata della Direzione regionale dell’Agenzia delle entrate territorialmente competente. Anche in tale ipotesi, resta fermo l’obbligo di versamento del canone entro il termine per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative al medesimo esercizio, come previsto dal comma 7 dell’articolo 11 (su cui vedi successivo paragrafo 3).

La previsione del punto 1.4 si applica anche quando il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2015 sia superiore a 12 mesi, ad esempio per le ipotesi di liquidazione coatta amministrativa o amministrazione straordinaria.

Il punto 1.5 del provvedimento prevede infine che, per le ipotesi in cui la durata dell’esercizio sia inferiore o superiore a dodici mesi, l’importo del canone annuo è ragguagliato a tale durata.

3. Determinazione e versamento del canone annuo

Il canone annuo è determinato applicando l’aliquota dell’1,5 per cento alla differenza (voce A) tra l’ammontare delle attività per imposte anticipate (voce B) e le imposte versate (voce C).

L’ammontare delle attività per imposte anticipate – la voce B o minuendo della differenza da cui origina la base imponibile del canone – è determinato ogni anno sommando algebricamente:

a) la differenza, positiva o negativa, tra le DTA qualificate iscritte in bilancio alla fine dell’esercizio per il quale si deve determinare il canone annuo e quelle iscritte alla fine dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2007;

b) le DTA qualificate trasformate in credito d’imposta.

Il provvedimento prevede, al punto 2.1, che per attività per imposte anticipate iscritte in bilancio – di cui alla lettera sub a) – si intende il valore di tali attività indicato nell’apposita voce dell’attivo dello stato patrimoniale, mentre la relazione illustrativa all’articolo 11 chiarisce che nel caso di cessione di crediti d’imposta derivanti dalla trasformazione di DTA – di cui alla lettera sub b) –, l’importo oggetto di cessione continua a rilevare in capo al cedente e non rileva in capo al cessionario.

Il sottraendo della differenza da cui origina la base imponibile del canone – la voce C – è costituito dalle imposte versate per la cui determinazione si tiene conto, a mente del comma 4 dell’articolo 11, dell’imposta sul reddito delle società, comprese le relative addizionali, versata con riferimento al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2008 e ai successivi, e dell’imposta regionale sulle attività produttive versata con riferimento ai periodi d’imposta in corso al 31 dicembre 2013 e ai successivi.

Si consideri il seguente esempio:

DTA iscritte in bilancio al 31.12.2015 900

(meno) DTA iscritte in bilancio al 31.12.2007 1000

(più) DTA trasformate 1500

______________________

Attività per imposte anticipate (voce B) 1400

(meno) Imposte versate (voce C) 400

_______________________

Base imponibile canone (voce A) 1000

(per) 1,5% 15

In tale esempio, il canone da versare per l’esercizio chiuso il 31 dicembre 2015 è pari a 15.

Il punto 3.1 del provvedimento precisa che ai fini della determinazione delle imposte versate si tiene conto dell’imposta netta di periodo, anche se corrisposta mediante l’utilizzo di crediti d’imposta, di ritenute di acconto subite e di eccedenze di imposta risultanti da precedenti dichiarazioni.

Il citato punto 3.1 fà riferimento all’imposta netta prevista dal rigo RN11 del modello Unico 2016 Società di Capitali, nei limiti in cui la stessa risulti effettivamente versata. Tale versamento si considera effettuato anche a seguito dell’utilizzo, ad esempio:

 del credito per le imposte pagate all’estero;

 dei crediti di imposta per agevolazioni concesse alle imprese interessate;

 delle ritenute di acconto subite;

 delle eccedenze di imposta risultanti da precedenti dichiarazioni;

 degli acconti versati con riferimento al periodo di imposta cui si riferisce la dichiarazione. Anche l’imposta a debito, risultante dal rigo RN23, deve essere effettivamente versata ai fini del calcolo della base imponibile del canone annuo.

Se l’imposta netta risulta inferiore ai versamenti effettuati, si prende in considerazione soltanto l’ammontare di imposta netta. Ad esempio se l’imposta netta (rigo RN11) è pari a 1000 e l’eccedenza di imposta risultante dalla precedente dichiarazione (rigo RN19) è pari a 1200, con conseguente imposta a credito (rigo RN 24) di 200, l’imposta da prendere in considerazione ai fini del calcolo della base imponibile del canone è l’imposta netta di 1000 (che si considera versata mediante l’utilizzo di una parte dell’eccedenza derivante dalla precedente dichiarazione).

Ai fini della determinazione dell’Ires versata si considera anche quella derivante dall’applicazione della disciplina sulle controlled foreign companies di cui all’articolo 167 (e, per gli anni in cui era in vigore, all’articolo 168) del Tuir, risultante dal rigo RM5 del modello Unico 2016 Società di Capitali, nei limiti in cui risulti effettivamente versata.

Per quanto riguarda l’Irap, si fa riferimento all’imposta totale risultante dal rigo IR21 del modello IRAP 2016, nei limiti in cui risulti effettivamente versata, con i chiarimenti sopra riportati in merito ai versamenti dell’Ires.

Resta inteso che ai fini del calcolo delle imposte versate si considerano anche le imposte versate per la definizione degli avvisi di liquidazione delle dichiarazioni e degli avvisi di accertamento, nonché quelle versate in sede di ravvedimento. Tali imposte, a condizione che siano relative al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2008 e ai successivi, per quanto riguarda l’Ires, ovvero al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2013 e ai successivi, per quanto riguarda l’Irap, rilevano a partire dal periodo di imposta in cui il versamento viene effettivamente eseguito.

Di contro si ritiene che, in caso di presentazione di istanza di rimborso dell’Ires versata con riferimento al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2008 e ai successivi o dell’Irap versata con riferimento al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2013 e ai successivi, le corrispondenti imposte versate debbano essere ridotte a partire dal periodo di imposta in cui il rimborso viene effettivamente eseguito. Tale riduzione non deve essere operata in caso di rimborso di eccedenze di imposta.

Per espressa previsione della norma primaria, occorre considerare anche alcune specifiche imposte sostitutive: il comma 4, secondo periodo, dell’articolo 11 prevede, infatti, che per imposta versata si intende anche:

l’imposta sostitutiva di cui all’art. 15, commi 10, 10-bis e 10-ter del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, versata per il riallineamento del valore dell’avviamento, dei marchi d’impresa e delle altre attività immateriali

e

l’imposta sostitutiva di cui all’art. 176, comma 2-ter, del testo unico delle imposte sui redditi, versata per il riallineamento del valore delle immobilizzazioni materiali e immateriali.

Tali imposte sostitutive sono computate nel calcolo della voce C se versate con riferimento al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2008 e ai successivi, fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014.

Una volta determinato l’ammontare delle attività per imposte anticipate e l’ammontare delle imposte versate, occorre sottrarre le seconde dalle prime per determinare se la base imponibile del canone annuo è negativa o positiva.

Nel caso in cui la base imponibile del canone sia negativa (o nulla) – vale a dire quando le imposte versate superano (o pareggiano) le attività per imposte anticipate – il canone non è dovuto.

Se, invece, la base imponibile è positiva, occorre operare il versamento del canone applicando l’aliquota dell’1,5 per cento all’ammontare determinato. Tale operazione, per le imprese interessate, va ripetuta per ciascun esercizio e dà luogo al versamento del canone entro i seguenti termini:

a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2016, entro il termine per il versamento a saldo delle imposte sui redditi;

per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2015, il versamento è effettuato, non entro il termine per il versamento a saldo delle imposte sui redditi, ma entro il 31 luglio 2016, senza applicazione dell’articolo 17, comma 2, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 2001, n. 435 che prevede la possibilità di effettuare i versamenti entro il trentesimo giorno successivo ai termini previsti, maggiorando le somme da versare dello 0,40 per cento a titolo di interesse corrispettivo.

Riguardo al versamento da effettuare per il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2015, si ritiene che la deroga esplicita operata dall’articolo 11 alla norma che consente di effettuare i versamenti entro trenta giorni dai termini previsti, con la maggiorazione a titolo di interesse corrispettivo comporti anche la deroga alla disposizione contenuta nell’articolo 37, comma 11-bis, del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223 secondo cui “gli adempimenti fiscali e il versamento delle somme di cui agli articoli 17 e 20, comma 4, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, che hanno scadenza dal 1º al 20 agosto di ogni anno, possono essere effettuati entro il giorno 20 dello stesso mese, senza alcuna maggiorazione”. Si ritiene, infatti, che il legislatore nel derogare alla norma che consente la proroga dei versamenti con applicazione di una maggiorazione a titolo di interesse corrispettivo, abbia voluto altresì derogare, a fortiori, alle disposizioni di favore che consentono, nel periodo dal 1° al 20 agosto, di prorogare gli adempimenti e versamenti senza applicazione di alcuna maggiorazione.

Resta ferma, invece, l’applicazione dell’articolo 7, comma 1, lettera h), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, che stabilisce che “i versamenti e gli adempimenti, anche se solo telematici, previsti da norme riguardanti l’Amministrazione economico-finanziaria che scadono il sabato o in un giorno festivo sono sempre rinviati al primo giorno lavorativo successivo”, trattandosi di una proroga a sistema disposta dal legislatore al fine di consentire ai contribuenti di effettuare versamenti ed adempimenti che scadono di sabato o nei giorni festivi, per la cui esecuzione il contribuente potrebbe incontrare oggettive difficoltà.

In caso di partecipazione delle imprese interessate al regime di consolidato nazionale di cui agli articoli 117 e seguenti del testo unico delle imposte sui redditi, il versamento del canone annuo è operato dalla consolidante.

4. Mancato esercizio dell’opzione

Se un’impresa interessata non esercita l’opzione, il comma 10 dell’articolo 11 prevede, quale unica conseguenza, che le disposizioni sulla trasformazione delle DTA in crediti di imposta e sull’utilizzo di tali crediti si applicano all’ammontare delle attività per imposte anticipate iscritte in bilancio diminuite della base imponibile del canone annuo, a condizione che questa sia positiva.

In pratica, come chiarisce la relazione illustrativa, nel caso in cui l’opzione non sia esercitata, le disposizioni sulla trasformazione delle DTA e sull’utilizzo del credito di imposta si applicano solo alle DTA di tipo 1, cioè all’ammontare delle attività per imposte anticipate iscritte in bilancio diminuite della differenza, se positiva, di cui al comma 2 dell’articolo 11 (ossia, diminuite delle DTA di tipo 2).

Qualora le imprese interessate partecipino al regime di consolidato nazionale, la base imponibile del canone annuo viene attribuita alle società partecipanti in proporzione alle attività per imposte anticipate qualificate detenute da ciascuna di esse.

5. Soggetti aderenti al regime del consolidato nazionale

Il comma 6 dell’articolo 11 e i punti da 4.1 a 4.6 del provvedimento disciplinano le ipotesi in cui le imprese interessate partecipino al regime del consolidato nazionale.

Se le imprese interessate aderiscono al predetto regime, le imposte versate da considerare ai fini del calcolo del canone annuo (voce C) sono:

a) l’imposta sul reddito delle società versata in proprio o in qualità di consolidanti;

b) le addizionali all’imposta sul reddito delle società, l’imposta regionale sulle attività produttive e le imposte sostitutive previste dal comma 4 dell’articolo 11, versate dalle imprese interessate partecipanti al consolidato.

Il riferimento alle imposte versate in proprio – di cui alla lettera sub a) – contenuto nelle norma induce a ritenere che nel calcolo delle imposte versate si considerano anche le imposte versate dalle imprese interessate prima dell’ingresso nel regime di consolidato.

Di contro, l’ammontare delle attività per imposte anticipate (voce B), calcolate secondo i criteri indicati nel paragrafo 3, è dato dalla somma dell’ammontare delle attività per imposte anticipate, calcolate con i medesimi criteri, relative alle singole imprese interessate partecipanti al consolidato.

Per le imprese interessate aderenti ad un consolidato, quindi, la determinazione della base imponibile su cui calcolare il canone è effettuata per massa: si tiene, infatti, conto della somma delle DTA qualificate delle singole imprese interessate e della somma delle imposte versate dalla consolidante e dalle singole imprese consolidate.

Come anticipato nel paragrafo 2, l’esercizio dell’opzione da parte della consolidante comporta l’esercizio della medesima opzione per le imprese interessate che partecipano al consolidato. Il versamento del canone è effettuato dalla consolidante.

I punti 4.1 e 4.2 del provvedimento si occupano, rispettivamente, del caso in cui un’impresa che ha esercitato l’opzione entra a far parte di un consolidato per il quale non è stata esercitata l’opzione e del caso in cui un’impresa che non ha esercitato l’opzione entra a far parte di un consolidato per il quale l’opzione è stata esercitata.

Ai sensi del punto 4.1, se un’impresa che ha esercitato l’opzione entra in un nuovo consolidato nazionale, o subentra in un preesistente consolidato, l’opzione si intende esercitata anche dalla consolidante del nuovo consolidato e dalle consolidate interessate o, in mancanza di precedente opzione, dalla consolidante del preesistente consolidato e dalle consolidate interessate. Tale effetto si produce a partire dal periodo d’imposta in cui è efficace il nuovo consolidato o avviene il subentro in quello preesistente.

Di contro, sulla base di quanto dispone il punto 4.2, se un’impresa che non ha esercitato l’opzione entra in un nuovo consolidato nazionale al quale partecipa un soggetto che ha esercitato l’opzione, o subentra in un preesistente consolidato per il quale sia stata effettuata l’opzione, la medesima opzione si intende esercitata anche dall’impresa che entra a far parte del nuovo consolidato o subentra nel preesistente consolidato. Anche tale effetto si produce a partire dal periodo d’imposta in cui è efficace il nuovo consolidato o avviene il subentro in quello preesistente.

I punti 4.3 e 4.4 del provvedimento disciplinano gli effetti delle ipotesi di interruzione o di mancato rinnovo del regime di consolidato nazionale.

Se si verifica una siffatta ipotesi, e la consolidante non ha esercitato l’opzione per il mantenimento dell’applicazione delle disposizioni sulla trasformazione delle DTA, la medesima consolidante e le consolidate per le quali si è interrotta la tassazione di gruppo possono esercitare la predetta opzione effettuando, entro un mese dalla data in cui si verifica l’interruzione o il mancato rinnovo del consolidato, la comunicazione all’indirizzo di posta elettronica certificata della Direzione regionale dell’Agenzia delle entrate territorialmente competente.

La richiamata disposizione contenuta nel punto 4.3 del provvedimento, mutuando il principio contenuto nel comma 9 dell’articolo 11, di cui si dirà al paragrafo 6, consente alle imprese interessate che provengono dallo scioglimento di un consolidato di valutare, alla luce delle mutate condizioni, se optare o meno per il mantenimento delle disposizioni sulla trasformazione delle DTA qualificate.

Sempre in ipotesi di interruzione o di mancato rinnovo del consolidato nazionale, il punto 4.4 del provvedimento stabilisce che l’imposta sul reddito delle società versata dalla consolidante è ridotta dell’ammontare proporzionalmente corrispondente al rapporto tra le DTA qualificate iscritte in bilancio alla fine dell’esercizio e delle attività per imposte anticipate trasformate in credito d’imposta delle singole imprese per le quali viene meno la tassazione di gruppo – somma da porre al numeratore della proporzione – e la somma delle DTA qualificate e delle DTA trasformate di tutte le partecipanti al consolidato – da porre al denominatore.

Si rileva che tale disposizione si applica a prescindere dal fatto che si tratti o meno di un consolidato per il quale è stata esercitata l’opzione prevista dall’articolo 11 e riguarda l’Ires versata dal consolidato con riferimento al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2008 e ai successivi.

Peraltro, il punto 4.5 prevede che le imposte sottratte in tale ipotesi alla consolidante sono attribuite alle singole imprese per le quali viene meno la tassazione di gruppo. Tali imprese devono continuare a versare il canone se per il consolidato che si è sciolto è stata esercitata l’opzione, posta la irrevocabilità di quest’ultima, oppure possono esercitare l’opzione ai sensi del punto 4.3 del provvedimento, se per il consolidato che si è sciolto non è stata esercitata l’opzione.

Sempre in tema di consolidato, il punto 4.6 del provvedimento prevede, infine, che le somme versate dalle consolidate e percepite dalla consolidante per il versamento del canone annuo rilevano ai fini della determinazione del reddito e del valore della produzione netta, nei limiti dell’importo del predetto canone versato dalla consolidante.

6. Operazioni straordinarie

I commi 8 e 9 dell’articolo 11 e il punto 5.1 del provvedimento prendono in considerazione le ipotesi in cui le imprese interessate siano coinvolte in operazioni straordinarie.

In particolare, il richiamato comma 8 dispone che, se a partire dall’esercizio in corso al 31 dicembre 2008 le imprese interessate hanno incrementato le DTA qualificate in qualità di società incorporante o risultante da una o più fusioni o in qualità di beneficiaria di una o più scissioni, ai fini della determinazione dell’ammontare delle attività per imposte anticipate rilevanti ai fini del calcolo della base imponibile del canone annuale – la voce B o minuendo del calcolo – si tiene conto anche delle attività per imposte anticipate iscritte alla fine dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2007 nei bilanci delle società incorporate, fuse o scisse e delle attività per imposte anticipate trasformate in credito d’imposta dalle società incorporate, fuse o scisse.

In coerenza, la medesima disposizione stabilisce che ai fini della determinazione delle imposte versate valevoli per il calcolo della base imponibile del canone annuale – la voce C o sottraendo del calcolo – si tiene conto anche delle imposte versate dalle società incorporate, fuse o scisse.

La relazione illustrativa dell’articolo 11 precisa che “il comma 8 non si applica alle operazioni di cessione all’ente-ponte di diritti, attività e passività dell’ente sottoposto a risoluzione, di cui all’articolo 43 del decreto legislativo 16 novembre 2015, n. 180”. Nonostante tali operazioni di cessione siano neutrali, in virtù di quanto disposto dall’articolo 15 del decreto-legge 14 febbraio 2016, n. 18, ad esse non si applica, dunque, il comma 8 dell’articolo 11 che riguarda esclusivamente le operazioni neutrali di fusione e scissione.

Il comma 9 dell’articolo 11 prevede una riapertura dei termini per le imprese che non hanno esercitato l’opzione entro il 31 luglio 2016 e che partecipano ad un’operazione di fusione o scissione. Ciò al fine di consentire a tali imprese, per le quali sono mutate le condizioni a causa delle predette operazioni, di esercitare l’opzione per poter mantenere la computabilità delle DTA qualificate ai fini della determinazione del patrimonio netto di vigilanza.

È previsto, infatti, che a partire dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015, le imprese interessate che non abbiano esercitato l’opzione entro il richiamato termine e che incorporino o risultino da una o più fusioni di altre imprese, oppure siano beneficiarie di una o più scissioni, possono esercitare l’opzione per il mantenimento della trasformazione delle DTA qualificate entro un mese dalla chiusura dell’esercizio in corso alla data in cui ha effetto la fusione o la scissione.

A tal fine, l’opzione è esercitata, a mente del punto 5.1 del provvedimento, entro un mese dalla chiusura dell’esercizio in corso alla data in cui ha effetto la fusione o la scissione, mediante l’effettuazione della comunicazione all’indirizzo di posta elettronica certificata della Direzione regionale dell’Agenzia delle entrate territorialmente competente. Resta fermo, anche in questo caso, l’obbligo di versamento del canone entro il termine per il versamento a saldo delle imposte sui redditi relative all’esercizio in cui corso alla data in cui ha effetto l’operazione.

In tema di scissione si ritiene che l’ammontare di Ires e Irap versato dalla scissa è ridotto dell’ammontare proporzionalmente corrispondente al rapporto tra le DTA qualificate iscritte nel bilancio delle beneficiarie e delle DTA trasformate in credito d’imposta attribuite alle medesime beneficiarie – somma da porre al numeratore della proporzione – e la somma delle DTA qualificate presenti nel bilancio della scissa prima della scissione e delle DTA trasformate dalla medesima scissa – da porre al denominatore. Nella medesima proporzione sono ripartite le DTA trasformate e già utilizzate dalla scissa.

Tale interpretazione – che mutua la regola di ripartizione prevista dal punto 4.4 del provvedimento in tema di scioglimento del consolidato nazionale – si applica a prescindere dal fatto che la scissa abbia esercitato o meno l’opzione prevista dall’articolo 11. Peraltro, coerentemente al punto 4.5 del provvedimento, si ritiene che le imposte sottratte alla scissa sono attribuite alle beneficiarie. Tali imprese beneficiarie devono continuare a versare il canone se la scissa ha esercitato l’opzione, posta la irrevocabilità di quest’ultima, oppure possono esercitare l’opzione con la modalità prevista dal punto 5.1 del provvedimento, se la scissa non ha esercitato l’opzione.

7. Disciplina applicabile al canone annuo

Il canone annuo è deducibile ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP nell’esercizio in cui avviene il pagamento. Ai fini dell’accertamento, delle sanzioni e della riscossione del canone di cui al comma 1, nonché per il relativo contenzioso, si applicano le disposizioni in materia di imposte sui redditi».

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