Ris. 19 dicembre 2013, n. 98/E, dell’Agenzia delle entrate
“Quesito.E’ stato rappresentato che ALFA Spa (di seguito, per brevità, “società istante” o ALFA) fa parte del Gruppo tedesco BETA, riconosciuto a livello internazionale tra i gruppi leader nel settore dell’energia elettrica e del gas.
Nello svolgimento dell’attività d’impresa, la società istante, che produce energia elettrica principalmente attraverso la centrale idroelettrica di … e le centrali termoelettriche di … , … e … , ha dovuto svalutare parzialmente alcune immobilizzazioni materiali a seguito di riscontrate perdite di valore connesse alle menzionate attività.
Nel corso dell’esercizio 2011, infatti, l’analisi prospettica delle possibilità di reintegro economico del valore di alcuni dei gruppi di produzione elettrica ha evidenziato una considerevole riduzione della capacità produttiva connessa all’utilizzo non sistematico degli stessi, tale da far fondatamente ritenere non possibile il recupero dell’intero valore residuo da ammortizzare.
La svalutazione è stata effettuata nel bilancio di esercizio chiuso al 31 dicembre 2011 aderendo a quanto prescritto dalle disposizioni contenute nell’articolo 2426, comma 1, punto 3), del Codice civile e dal Principio contabile OIC n. 16 (“Immobilizzazioni materiali”).
In particolare, tramite la svalutazione il valore delle centrali in oggetto è stato ridotto al fine di allinearlo al valore recuperabile tramite l’uso (vale a dire, quel valore che si può ragionevolmente prevedere possa essere recuperato tramite flussi di ricavi attesi, sufficienti a coprire tutti i costi e le spese, incluso l’ammortamento).
ALFA, sotto il profilo civilistico-contabile, ha dapprima imputato nel conto economico dell’esercizio 2011 la quota di ammortamento di competenza e, successivamente, ha proceduto a rilevare, nel medesimo, la svalutazione parziale, contabilizzata nella voce B.10.c (“Altre svalutazioni delle immobilizzazioni”). La società istante precisa, peraltro, che nel corso dell’esercizio 2011 (e nei precedenti), ha imputato al conto economico quote di ammortamento inferiori a quelle massime fiscalmente consentite (cionondimeno, la deduzione ai fini IRES è stata limitata all’importo contabilizzato, in ossequio al principio della previa imputazione al conto economico).
Il piano di ammortamento, sotto il profilo temporale, è rimasto costante, non determinando la rettifica di valore una corrispondente variazione della vita utile residua delle centrali.
A seguito di tale rettifica valutativa, pertanto, la società istante ha rilevato nell’esercizio 2012 una quota di ammortamento contabile ridotta, essendo la vita utile residua, come sopra evidenziato, rimasta invariata e dovendosi, dunque, ripartire il valore residuo da ammortizzare (sostanzialmente più basso di quello ante svalutazione) sullo stesso numero di esercizi inizialmente preventivato.
Dal punto di vista tributario, invece, la svalutazione effettuata nell’esercizio 2011 non ha assunto rilevanza ai fini IRES, dal momento che le norme sul reddito di impresa consentono la deduzione del costo fiscale delle immobilizzazioni solo nei limiti delle quote di ammortamento massime tabellari di cui all’articolo 102 del testo unico delle imposte sui redditi (di seguito “TUIR”), approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. Di conseguenza, la società istante ha effettuato, in sede di determinazione del reddito imponibile IRES, una variazione in aumento, temporanea, per un importo pari alla svalutazione contabilizzata.
Analogamente, ai fini IRAP, stanti i criteri di contabilizzazione sopra rappresentati, la componente valutativa in esame non ha concorso alla determinazione della base imponibile del 2011, avendo l’articolo 5 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446 (di seguito “decreto IRAP”) espressamente escluso le svalutazioni dalle voci del conto economico rilevanti in sede di determinazione del tributo.
Il dubbio interpretativo della società istante, alla luce della circolare n. 26/E del 20 giugno 20121, verte sulle modalità di riconoscimento tributario della svalutazione in parola, la cui deducibilità verrebbe a trovare ingresso recuperando il costo durante il prosieguo dell’ordinario processo di ammortamento fiscale.
In particolare, ALFA:
- ai fini IRES chiede:
- se possa dedurre, in ciascun periodo d’imposta successivo a quello di iscrizione della svalutazione, in aggiunta alla quota di ammortamento contabilizzata nel conto economico, anche una ulteriore quota di ammortamento fiscale, fino alla quota massima calcolata in applicazione delle aliquote previste dal decreto ministeriale 31 dicembre 1988. La società istante, al riguardo, chiede di confermare che la circostanza che le quote di ammortamento contabilizzate ante svalutazione siano inferiori a quelle massime tabellari non influisce in alcun modo, nei periodi successivi alla svalutazione, sulle modalità di deduzione della stessa ai fini IRES, nel senso che si renderanno applicabili, comunque, le aliquote tabellari nella misura massima prevista dal decreto ministeriale 31 dicembre 1988;
- se nell’esercizio in cui è stata effettuata la svalutazione (2011) l’ammontare della variazione in aumento debba essere necessariamente pari alla svalutazione contabilizzata, ovvero se essa possa (o debba) essere ridotta della quota di ammortamento “tributario” non fruita nell’esercizio come ammortamento contabile, ma implicitamente esistente nell’ammontare della svalutazione;
- ai fini IRAP chiede se nell’esercizio 2012 l’importo della svalutazione possa essere dedotto, in ossequio ai chiarimenti forniti in via interpretativa con la circolare n. 26/E del 2012, attraverso una variazione in diminuzione determinata ripartendo il valore fiscale degli impianti di produzione, al lordo della svalutazione non dedotta, sulla base della vita utile residua.
Parere dell’Agenzia delle entrate.In merito al primo quesito formulato dall’istante, si osserva quanto segue.
Come evidenziato dal Principio contabile OIC n. 16, l’ammortamento è il procedimento attraverso il quale si ripartisce il costo pluriennale di un’immobilizzazione materiale sugli esercizi di competenza.
La svalutazione, invece, esprime una perdita durevole di valore subita dal bene strumentale, riconducibile al verificarsi di fatti aventi un carattere di straordinarietà e gravità.
Dal punto di vista contabile, il manifestarsi della perdita durevole di valore, sottesa alla svalutazione, comporta l’anticipata imputazione a conto economico di una quota di costo dell’immobilizzazione materiale, non più recuperabile attraverso i flussi di cassa derivanti dall’utilizzazione del bene (c.d. valore d’uso) o attraverso la cessione dello stesso (c.d. valore realizzabile dall’alienazione).
In sostanza, sia l’ammortamento che la svalutazione si concretizzano in una rettifica del valore dell’immobilizzazione materiale.
Dal punto di vista fiscale, la deduzione delle quote di ammortamento del costo dei beni materiali strumentali per l’esercizio dell’impresa avviene in base ai criteri e alle limitazioni previste dall’articolo 102, comma 2, del TUIR, che stabilisce che la deduzione delle quote “è ammessa in misura non superiore a quella risultante dall’applicazione al costo dei beni dei coefficienti stabiliti con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze…” (il decreto ministeriale 31 dicembre 1988). La deduzione, ovviamente, è consentita nel rispetto del principio di previa imputazione al conto economico, in base al quale “Le spese e gli altri componenti negativi non sono ammessi in deduzione se e nella misura in cui non risultano imputati al conto economico relativo all’esercizio di competenza” (articolo 109, comma 4, del TUIR).
Dal combinato disposto dei sopra menzionati articoli del TUIR, emerge come il legislatore fiscale:
– abbia cautelativamente stabilito un limite massimo alla deducibilità annua delle quote di ammortamento delle immobilizzazioni materiali;
– abbia indirettamente fissato una “durata minima” del periodo di ammortamento fiscale del bene.
Con la circolare n. 26/E del 2012 sono state chiarite le modalità di deduzione degli ammortamenti fiscali effettuati nell’ipotesi di una svalutazione del bene avente rilevanza solo civilistica.
La fattispecie rappresentata nell’istanza di interpello è, però, diversa rispetto ai casi analizzati nel citato documento di prassi. Infatti, la società istante, prima della svalutazione del 2011, ha effettuato ammortamenti civilistici (a quote costanti, come si desume dal bilancio 2011) più bassi di quelli massimi consentiti ai fini IRES, scegliendo così di ammortizzare il bene in un periodo più lungo rispetto a quello “minimo” previsto dall’applicazione dei coefficienti di cui al decreto ministeriale 31 dicembre 1988.
Conformemente al principio enunciato nella citata circolare n. 26/E del 2012, si è del parere che anche nel caso di specie possano essere dedotte ai fini IRES delle quote di ammortamento più alte rispetto a quelle imputate al conto economico, effettuando delle variazioni in diminuzione nella dichiarazione dei redditi.
A tal proposito, si ritiene che le predette variazioni in diminuzione debbano essere determinate nella misura massima pari alla differenza tra la quota di ammortamento fiscale calcolata in base al coefficiente previsto dal decreto ministeriale 31 dicembre 1988 e la quota di ammortamento imputata a conto economico.
Tale soluzione, da un lato, rispetta l’esigenza di cautela imposta dalla normativa fiscale (che è finalizzata a limitare la discrezionalità degli amministratori nella determinazione di componenti negativi di reddito deducibili e ad evitare la deduzione di quote di costo del bene strumentale in misura eccedente i limiti fiscali previsti dal richiamato decreto ministeriale); dall’altro lato, consente di riassorbire, nel minor tempo possibile, il disallineamento tra valore civile e valore fiscale del bene strumentale generato dalla svalutazione di bilancio.
Coerentemente con tali conclusioni, il riassorbimento fiscale della svalutazione deve iniziare dall’esercizio in cui la stessa è stata contabilizzata; questo, ovviamente, a condizione che la quota di ammortamento contabile risulti inferiore a quella massima calcolata in applicazione del coefficiente previsto dal decreto ministeriale del 31 dicembre 1988.
In altri termini, la deduzione del costo imputato a conto economico con la svalutazione e rinviata ai successivi esercizi deve essere effettuata obbligatoriamente, applicando l’articolo 109, comma 4, lettera a), del TUIR, nella misura massima consentita dalla normativa fiscale, a partire dall’esercizio in cui si generano le condizioni per la sua deducibilità, in modo da evitare ogni possibile arbitraggio.
Si ritiene di dover precisare che l’eventuale minor ammortamento fiscale (rispetto alla capienza massima) non dedotto medio tempore non potrà essere dedotto a titolo di ammortamento, ma potrà essere recuperato solo in sede di eventuale realizzo del cespite.
Con riferimento al quesito n. 2, formulato dalla società istante ai fini dell’IRAP, la presente risposta viene resa nel presupposto che i beni oggetto di svalutazione siano stati acquisiti dopo l’entrata in vigore della nuova disciplina IRAP oppure che siano stati acquisiti prima della data di entrata in vigore del nuovo regime IRAP e a tale data non presentino alcun disallineamento tra il valore civile e quello fiscale.
Conformemente ai principi enunciati nella circolare n. 26/E del 2012, si ritiene che la svalutazione non dedotta si riassorba applicando il criterio di ammortamento contabile, ossia ripartendo il valore IRAP del bene (valore contabile residuo al lordo della svalutazione fiscalmente non dedotta) sulla base della vita utile residua. Di conseguenza, la quota di ammortamento deducibile ai fini IRAP è pari ad una quota dedotta per derivazione in quanto imputata al conto economico e una quota dedotta attraverso una variazione in diminuzione nella dichiarazione IRAP”.
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