12 Agosto, 2015

IRPEF – Redditi di capitale – Rimpatrio di attività finanziarie e patrimoniali detenute fuori del territorio dello Stato – Collaborazione volontaria – Legge 15 dicembre 2014, n. 186, concernente “Disposizioni in materia di emersione e rientro di capitali detenuti all’estero nonché per il potenziamento della lotta all’evasione fiscale. Disposizioni in materia di autoriciclaggio” – Risposte a quesiti.

(Circolare 11 agosto 2015, n. 30/E, dell’Agenzia delle entrate)

PREMESSA

1. AMBITO OGGETTIVO DELLA COLLABORAZIONE VOLONTARIA

1.1. Trattamento fiscale applicabile alle rendite del tipo AVS

1.2. Emersione delle liberalità indirette

2. ADEMPIMENTI A CARICO DEL CONTRIBUENTE

2.1. Completezza della documentazione

2.2. Monitoraggio delle attività oggetto di collaborazione volontaria, detenute in Paesi black list, per le quali è stata rilasciata l’autorizzazione a trasmettere alle Autorità finanziarie italiane richiedenti tutti i dati concernenti tali attività (c.d. waiver)

2.3. Rapporti tra procedura di collaborazione volontaria e scudo fiscale: indicazione nella relazione di accompagnamento

3. AMBITO TEMPORALE DELLA PROCEDURA DI COLLABORAZIONE VOLONTARIA

3.1. Termine per il rimpatrio delle somme oggetto di emersione

3.2. Raddoppio dei termini ai sensi dell’articolo 12, commi 2-bis e 2-ter, del decreto legge 1° luglio 2009, n. 78 nel caso di attività detenute prima in Svizzera (2004-2011) e poi trasferite e detenute a Panama fino al momento della richiesta di accesso alla procedura

4. ASPETTI SANZIONATORI

4.1. Benefici sanzionatori nel caso di emersione di immobili all’estero

4.2. Effetti della procedura con riguardo alle sanzioni relative a violazioni in materia di imposta di registro, di imposta sulle donazioni o di imposta di successione.

PREMESSA

La legge 15 dicembre 2014, n. 186 (di seguito legge) ha introdotto una procedura straordinaria di collaborazione volontaria tesa a consentire ai contribuenti di riparare alle infedeltà dichiarative passate e porre le basi per un futuro rapporto col Fisco basato sulla reciproca fiducia.

La legge, nell’apportare modifiche al decreto legge 28 giugno 1990, n. 167 (di seguito decreto legge), convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, recante la disciplina del cosiddetto “monitoraggio fiscale”, ha rinviato l’attuazione delle disposizioni in materia di collaborazione volontaria ad un apposito provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, emanato il 30 gennaio 2015, prot. n. 2015/13193 (di seguito provvedimento), concernente l'”Approvazione del modello per la richiesta di accesso alla procedura di collaborazione volontaria per l’emersione ed il rientro di capitali detenuti all’estero e per l’emersione nazionale”.

Con la circolare n. 10/E del 13 marzo 20151 (di seguito circolare) sono stati illustrati i principi sottostanti alla procedura di collaborazione.

Successivamente, in risposta alle richieste di chiarimenti pervenute in relazione ai profili applicativi della normativa richiamata nonché del successivo provvedimento attuativo, è stata emanata la circolare n. 27/E del 16 luglio 20152 (di seguito circolare quesiti).

Di seguito si riportano, suddivisi in funzione degli specifici aspetti trattati, ulteriori quesiti con le relative indicazioni operative, afferenti profili problematici evidenziati dalle strutture dell’Agenzia nonché da operatori professionali in sede di applicazione della procedura di collaborazione volontaria internazionale, finalizzata all’emersione spontanea dei capitali detenuti illecitamente all’estero, nonché di quella cosiddetta nazionale, tesa a consentire a tutti i contribuenti, e non solo a coloro che hanno commesso illeciti fiscali internazionali, il ripristino della legalità fiscale.

1. AMBITO OGGETTIVO DELLA COLLABORAZIONE VOLONTARIA

1.1. Trattamento fiscale applicabile alle rendite del tipo AVS

D: In numerose pratiche di collaborazione volontaria si pone il caso di persone fisiche fiscalmente residenti in Italia, già lavoratori in Svizzera, che sono titolari di rendite del tipo AVS e che hanno ricevuto l’accredito delle stesse su conti svizzeri senza canalizzarne l’incasso in Italia.

Si chiede di conoscere qual è il trattamento fiscale applicabile a tali redditi, tenuto conto che in mancanza dell’accredito in Italia non trova applicazione la ritenuta a titolo di imposta del 5 per cento di cui all’articolo 76 della legge 30 dicembre 1991, n. 413.

R: Appare opportuno premettere, come chiarito anche dalle istruzioni alla compilazione del modello Unico PF, che le rendite del tipo AVS conseguite da residenti in Italia non concorrono alla formazione del reddito imponibile, in quanto, se riscosse in Italia, sono assoggettate a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta da parte dell’intermediario presso il quale sono accreditate, ai sensi dell’articolo 76 della n. 413 del 1991. Tale norma dispone, infatti, che “Le rendite corrisposte in Italia da parte della assicurazione invalidità, vecchiaia e superstiti Svizzera (AVS), maturata sulla base anche di contributi previdenziali tassati alla fonte in Svizzera, sono assoggettate a ritenuta unica del 5 per cento da parte degli istituti italiani, quali sostituti d’imposta, per il cui tramite l’AVS Svizzera le eroga ai beneficiari in Italia. Le rendite, giusta l’accordo tra Italia e Svizzera del 3 ottobre 1974, di cui alla Legge 26 luglio 1975, n. 386, non formano più oggetto di denuncia fiscale in Italia” (1). In proposito, la circolare ministeriale n. 6 dell’8 giugno 19933 (protocollo n. 12/108) ha chiarito che l’applicazione di tale norma è di portata generale, e che, pertanto, devono essere assoggettati ad una ritenuta alla fonte all’atto della corresponsione, anche le rendite AVS corrisposte a percettori di nazionalità svizzera, se residenti in Italia.

Tanto premesso, ogniqualvolta l’accredito dell’AVS svizzera non venga canalizzato in Italia, come nei casi prospettati nel quesito, si possono porre dubbi in merito al trattamento fiscale da applicare alle rendite incassate.

In tal caso, infatti, in assenza di un sostituto residente in Italia che operi la ritenuta a titolo d’imposta, la disposizione di cui alla legge n. 413 del 1991 non può trovare applicazione. La citata legge n. 413 del 1991, peraltro, non disciplina in modo espresso l’ipotesi in cui il percettore che abbia ricevuto l’accredito all’estero possa autoliquidare in dichiarazione l’imposta dovuta assoggettando le rendite ad un’imposizione sostitutiva dell’IRPEF con la medesima aliquota del 5 per cento che le stesse avrebbero scontato canalizzandone la riscossione in Italia.

Tuttavia, al fine di evitare una ingiustificata disparità di trattamento connessa alle sole modalità di incasso della rendita, si ritiene che quando tali pensioni siano accreditate su conti elvetici senza l’intervento di un intermediario finanziario residente, l’imponibile debba essere comunque assoggettato ad un’imposizione sostitutiva del 5 per cento. Ciò in quanto l’assoggettamento ad imposizione ordinaria costituirebbe un trattamento discriminatorio, fondato sul mero luogo di incasso del reddito e non su una differenza di capacità contributiva.

Qualora il contribuente non abbia canalizzato la riscossione di tali rendite attraverso un intermediario italiano, può pertanto avvalersi della procedura di collaborazione volontaria inserendo i relativi importi riscossi, distintamente per periodo d’imposta, nella sezione V colonne 7 e 8 della richiesta di accesso alla procedura stessa.

Per l’indicazione di tale reddito può essere utilizzata, con riferimento all’anno d’imposta 2014, la sezione V del quadro RM del modello Unico Persone Fisiche 2015, riportando la causale residuale “I” ed indicando il codice della Svizzera (071), la somma imponibile, l’aliquota del 5 per cento e l’imposta dovuta. Ai fini del versamento con il modello F24 può essere utilizzato il codice tributo 1242.

1.2. Emersione delle liberalità indirette

D: Nell’ambito della procedura di collaborazione volontaria, possono emergere trasferimenti di ricchezza non formalizzati in atti scritti – è il caso, ad esempio, della rinuncia a crediti, di elargizioni di denaro contante prelevato dai conti esteri ecc… – effettuati nei periodi d’imposta oggetto di regolarizzazione. Si chiede qual è il comportamento che deve seguire il contribuente.

R: Con l’articolo 69 della legge 21 novembre 2000, n. 342, sono stati introdotti interventi modificativi delle disposizioni contenute nel testo unico concernente le imposte di donazione e successione (TUS), approvato con decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346. Tra le altre novità è stato previsto anche un particolare trattamento per le liberalità indirette, ossia quegli atti di disposizione non formalizzati in atti pubblici, che perseguono le stesse finalità delle donazioni tipiche (cfr. circolare n. 207/E del 16 novembre 20004, par. 2.2.10).

In particolare, il comma 3 dell’articolo 56-bis del testo unico, introdotto dalla lettera p) del comma 1 dell’articolo 69 in commento, stabiliva che tali liberalità indirette potevano essere registrate volontariamente; in tale ipotesi l’imposta dovuta era determinata sulla base delle aliquote indicate nell’articolo 56 (3 per cento, 5 per cento e 7 per cento).

Si osserva che erano escluse da tassazione le liberalità e le donazioni di cui (spese non soggette a collazione) nonché le donazioni di modico valore, aventi per oggetto beni mobili, disciplinate .

Per l’accertamento delle liberalità indirette era prevista una particolare disciplina. Il comma 1 dell’articolo 56-bis stabiliva, infatti, che si potesse procedere ad accertamento esclusivamente in presenza di due condizioni e precisamente:

  • quando l’esistenza di liberalità risultava da dichiarazioni rese dall’interessato nell’ambito di procedimenti diretti all’accertamento di tributi;
  • quando le liberalità anche cumulativamente avessero determinato un incremento patrimoniale superiore a 180.760 euro (350 milioni di lire) con riferimento ad un unico beneficiario.

In caso di accertamento da parte dell’ufficio si applicava l’aliquota – in misura fissa a prescindere dal grado di parentela del beneficiario – del 7 per cento sulla parte dell’incremento patrimoniale dovuto alla liberalità che eccedeva la franchigia.

Tanto premesso, il quadro normativo di riferimento è stato successivamente modificato, tra l’altro, dall’articolo 2, commi da 47 a 53, del decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286. In particolare, ai sensi dell’articolo 2, comma 47, del predetto decreto legge, “È istituita l’imposta sulle successioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione, secondo le disposizioni del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni, di cui al , nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001, fatto salvo quanto previsto dai commi da 48 a 54“. Il comma 50 dell’articolo 2 citato, prevede inoltre che “Per quanto non disposto dai commi da 47 a 49 e da 51 a 54 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste dal citato testo unico di cui al , nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001“.

In quest’ambito, si ritiene che le liberalità indirette siano rimaste imponibili anche nell’ambito della nuova imposta. Il legislatore, infatti, in base al combinato disposto degli articoli 1 del TUS e 2, comma 47, del decreto legge n. 262 del 2006, attribuendo rilevanza fiscale ai fini della predetta imposta anche ai “trasferimenti di beni e diritti … a titolo gratuito“, ha ricompreso nell’ambito applicativo della imposta sulle successioni e donazioni ogni forma di liberalità tra vivi, compresa quella indiretta. Come già chiarito dalla circolare n. 3/E del 22 gennaio 20085, par. 2, quindi, l’imposta sulle successioni e donazioni si applica alle “liberalità indirette risultanti da atti soggetti a registrazione” (articolo 1, comma 4-bis, del TUS), nonché alle altre “liberalità tra vivi” che si caratterizzano per l’assenza di un atto scritto (soggetto a registrazione).

L’imposta, ai sensi del citato articolo 1, comma 4-bis, non deve essere comunque applicata nei casi di donazioni o altre liberalità collegate ad atti concernenti il trasferimento o la costituzione di diritti immobiliari ovvero il trasferimento di aziende, qualora per l’atto sia prevista l’applicazione dell’imposta di registro, in misura proporzionale o dell’imposta sul valore aggiunto.

A seguito delle modifiche introdotte dal già citato decreto legge n. 262 del 2006, il disposto dell’articolo 56-bis, rimasto immutato nella sua formulazione, deve tuttavia essere armonizzato con le nuove disposizioni, e quindi deve logicamente riferirsi alle aliquote e alle franchigie attuali e non più a quelle previste nel precedente regime. Infatti, l’articolo 2, comma 50, del decreto legge n. 262 del 2006 stabilisce l’applicazione delle disposizioni del TUS “in quanto compatibili“.

In sostanza, l’articolo 56-bis, comma 1 deve essere ora inteso nel senso che le liberalità diverse dalle donazioni e da quelle risultanti da atti di donazione effettuati all’estero a favore di residenti sono accertate e sottoposte ad imposta se ricorrono entrambe le condizioni seguenti:

  • in presenza di una dichiarazione circa la loro esistenza, resa dall’interessato nell’ambito di procedimenti diretti all’accertamento di tributi;
  • se siano di valore superiore alle franchigie oggi esistenti. Trattasi, come è noto, di euro 1.000.000 per coniuge e parenti in linea retta, euro 1.500.000 per minori e portatori di handicap, euro 100.000 per fratelli e sorelle (articolo 2, comma 49, del decreto legge n. 262 del 2006).

Giova precisare che, per i casi in cui la norma vigente non prevede franchigie (ovvero con riguardo a soggetti diversi dal coniuge e dai parenti in linea retta), l’imposta trova comunque applicazione a prescindere dall’importo della donazione.

Per le fattispecie di liberalità imponibili ai sensi del sopracitato articolo 56-bis, comma 1, l’aliquota da applicare è quella dell’8 per cento, che costituisce oggi la percentuale massima prevista dalla legge. Al riguardo si chiarisce come l’ordinamento giuridico non abbia previsto per tali ipotesi specifiche sanzioni.

Riguardo alla registrazione volontaria prevista dall’articolo 56-bis, comma 3, il rinvio, operato nell’articolo 56-bis, alle aliquote di cui all’articolo 56 (disposizione espressamente abrogata dal decreto legge n. 262 del 2006), dovrà invece essere ora inteso alle nuove aliquote e franchigie introdotte dall’articolo 2, comma 49, del decreto citato.

Alla luce di quanto sopra rappresentato, si ritiene che il contribuente, ferma restando la possibilità, secondo i principi generali, di regolarizzare la propria posizione, possa altresì fornire le informazioni utili all’accertamento delle imposte in questione in sede di procedura di collaborazione volontaria.

2. ADEMPIMENTI A CARICO DEL CONTRIBUENTE

2.1. Completezza della documentazione

D: Nella circolare è stato evidenziato che “… una carenza nella produzione documentale, in buona fede, rilevati dall’Ufficio nel corso dell’esame della documentazione e della relazione accompagnatoria, non diano necessariamente luogo ad effetti negativi sul prosieguo della procedura“. Si chiede di fornire ulteriori chiarimenti al riguardo.

R: La richiamata previsione di prassi è finalizzata a non pregiudicare, nel massimo rispetto dei requisiti di completezza e veridicità che connotano le disposizioni normative introdotte dalla legge, il buon esito della procedura di collaborazione volontaria, qualora il contribuente sia oggettivamente impossibilitato a produrre tutta la documentazione utile a ricostruire la sua situazione fiscale entro i termini stabiliti dal provvedimento. È il caso, ad esempio, di somme o attività finanziarie detenute presso enti creditizi falliti, dai quali per evidenti ragioni si rende difficoltoso reperire documenti. Le circostanze sopra evidenziate ricorrono sovente anche nelle ipotesi di emersione di lasciti ereditari, irregolarmente detenuti all’estero già dal de cuius, in quanto in tali casi può verificarsi che gli stessi istituti finanziari presso cui sono collocate le attività subordinino la produzione del corredo documentale alla presentazione della richiesta di regolarizzazione.

Nella relazione di accompagnamento il richiedente dovrà avere cura di segnalare la presenza di cause che impediscono la tempestiva produzione documentale o rendono imprecisa la rappresentazione delle violazioni dichiarative oggetto della regolarizzazione.

In particolare, in tali casi il contribuente, nel rispetto dei principi di spontaneità, completezza e veridicità che debbono sempre improntarne il comportamento nell’ambito della procedura di collaborazione, dovrà ovviamente dimostrare di essersi attivamente adoperato per adempiere agli obblighi di produzione documentale e che quindi la carenza documentale non può essere ascrivibile alla sua volontà. A titolo esemplificativo, potrà essere efficacemente prodotta la corrispondenza con i liquidatori dell’istituto di credito estero con la quale è stato richiesto e sollecitato l’invio di copia dei documenti relativi alla relazione bancaria oggetto di emersione.

In linea con quanto già indicato nella citata circolare, l’integrazione della documentazione a completamento della posizione fiscale, al ricorrere di ipotesi straordinarie come quelle descritte sopra a titolo esemplificativo, può essere effettuata fino alla notifica dell’invito a comparire definibile ex articolo 5, comma 1-bis del decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, o in sede di contraddittorio propedeutico alla redazione dell’accertamento con adesione. L’ufficio potrà quindi riconoscere come tempestivo il nuovo corredo informativo fornito dal contribuente, senza pregiudicare l’esito della procedura di collaborazione volontaria, qualora risulti evidente l’impossibilità di fornire in precedenza la documentazione e dal suo comportamento traspaia l’intenzione di adempiere correttamente agli adempimenti previsti dalla stessa. L’ufficio, previo contraddittorio con la parte, potrà quindi tener conto dei dati conseguentemente rettificati o della documentazione di carattere esplicativo rispetto a quanto originariamente indicato nella richiesta.

2.2. Monitoraggio delle attività oggetto di collaborazione volontaria, detenute in Paesi black list, per le quali è stata rilasciata l’autorizzazione a trasmettere alle Autorità finanziarie italiane richiedenti tutti i dati concernenti tali attività (c.d. waiver).

D: In quali conseguenze può incorrere il contribuente che, dopo aver beneficiato degli effetti premiali previsti dalla procedura di collaborazione volontaria connessi al rilascio del

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waiver, non adempia per le annualità successive agli obblighi di monitoraggio fiscale?

R: La procedura di collaborazione volontaria, come illustrato dalla circolare, non è solo finalizzata a fornire al contribuente uno strumento che gli consenta di definire la propria posizione fiscale pregressa ma, escludendo l’anonimato ed essendo informata ai princìpi della spontaneità, della completezza e della veridicità, contiene misure effettivamente strumentali alla futura compliance da parte di coloro ai quali è destinata.

In particolare, per consentire all’Amministrazione di controllare la veridicità delle informazioni indicate dal contribuente nella dichiarazione dei redditi per i periodi d’imposta successivi a quello di adesione alla collaborazione volontaria, è previsto il rilascio dell’autorizzazione all’intermediario finanziario estero a trasmettere alle Autorità finanziarie italiane richiedenti tutti i dati concernenti le attività oggetto di procedura, da parte del contribuente che, pur aderendo alla procedura, intenda mantenere le proprie disponibilità in un paese black list (c.d. monitoraggio rafforzato).

In base a quanto dispone l’articolo 5-quinquies, comma 5, del decreto legge, il contribuente che, successivamente all’attivazione della procedura di collaborazione volontaria, trasferisca le attività finanziarie presso un intermediario localizzato in uno Stato diverso dagli Stati membri dell’Unione europea o da quelli aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo, senza provvedere al tempestivo rilascio di un apposito waiver nei confronti di quest’ultimo intermediario, incorre nell’applicazione di una sanzione pari alla metà di quella di cui al primo periodo del comma 4 dello stesso articolo.

Gli uffici provvederanno a monitorare, per le annualità successive a quelle oggetto di collaborazione volontaria, le attività detenute presso intermediari localizzati in Paesi black list, al fine di verificare che il contribuente abbia mantenuto un comportamento collaborativo e trasparente anche dopo aver aderito alla procedura.

Nei casi in cui emerga che, venendo meno allo spirito di collaborazione con cui aveva aderito alla procedura, il contribuente non abbia posto in essere, per le annualità successive a quelle oggetto di sanatoria, gli adempimenti dichiarativi nonché quelli previsti in materia di monitoraggio fiscale, gli uffici moduleranno efficacemente la risposta sanzionatoria in funzione della condotta non più trasparente. Allo stesso tempo, provvederanno a sanzionare i casi in cui, in violazione dell’articolo 5-quinquies, comma 5, del decreto legge, il contribuente non abbia provveduto a rilasciare, entro trenta giorni dalla data del trasferimento delle attività presso un altro intermediario localizzato fuori dell’Italia o di uno stato collaborativo, il waiver, controfirmato dall’intermediario estero, e non abbia quindi provveduto a trasmetterlo all’Agenzia delle entrate entro sessanta giorni dalla data del trasferimento delle attività.

2.3. Rapporti tra procedura di collaborazione volontaria e scudo fiscale: indicazione nella relazione di accompagnamento

D: È necessario che il contribuente che si è avvalso del cosiddetto scudo fiscale ne faccia menzione nella relazione di accompagnamento alla richiesta di accesso alla procedura di collaborazione volontaria?

R: Nello schema per la redazione della relazione di accompagnamento e la predisposizione della relativa documentazione, in allegato 4 al provvedimento, viene specificato che in una apposita sezione della relazione, concernente gli “Effetti delle dichiarazioni riservate di cui all’articolo 13-bis del DL 78/09“, devono essere fornite indicazioni di dettaglio rispetto alle dichiarazioni riservate che il contribuente intende far valere, elencando i documenti allegati.

Pertanto, volendosene avvalere, risulta necessario che il contribuente che accede alla collaborazione volontaria indichi nella relazione di accompagnamento le dichiarazioni riservate che devono considerarsi direttamente o indirettamente correlate alle poste patrimoniali e ai redditi oggetto della procedura attivata.

3. AMBITO TEMPORALE DELLA PROCEDURA DI COLLABORAZIONE VOLONTARIA

3.1. Termine per il rimpatrio delle somme oggetto di emersione

D: Qual è il termine per il rimpatrio delle somme oggetto di emersione?

R: I contribuenti possono far rientrare i capitali dall’estero già dalla data immediatamente successiva a quella di presentazione dell’istanza di collaborazione volontaria, dando evidenza dell’importo che sarà rimpatriato nella sezione IV del modello, nel campo 2 e 3, nonché nella relazione di accompagnamento.

Sul piano probatorio, sarà poi necessario che il contribuente fornisca evidenza dell’avvenuto rimpatrio delle somme in sede istruttoria e comunque entro termini che consentano di tener conto di ciò ai fini della riduzione delle sanzioni nei corrispondenti atti dell’ufficio; sarà a tal fine necessario che il contribuente si attivi prima che l’ufficio proceda alla notificazione dell’invito al contraddittorio, non potendo, in difetto, beneficiare delle previste riduzioni sul piano sanzionatorio.

Nella diversa ipotesi in cui, alla data dell’istanza, il contribuente abbia già materialmente trasferito in Italia le somme da regolarizzare, ad esempio depositandole in una cassetta di sicurezza, la prova dell’avvenuto rimpatrio, come del resto già ampiamente chiarito nella circolare quesiti, sarà costituita unicamente dal versamento dei valori presso un intermediario abilitato su un conto corrente intestato al beneficiario economico delle somme, appositamente acceso a seguito dell’attivazione della procedura.

3.2. Raddoppio dei termini ai sensi dell’articolo 12, commi 2-bis e 2-ter, del decreto legge 1° luglio 2009, n. 78 nel caso di attività detenute prima in Svizzera (2004-2011) e poi trasferite e detenute a Panama fino al momento della richiesta di accesso alla procedura

D: Un contribuente che presenti istanza di collaborazione volontaria con riferimento ad attività finanziarie localizzate in Panama ma che per i periodi d’imposta dal 2004 al 2011 erano detenute presso un istituto finanziario elvetico, può fruire del beneficio della disapplicazione del raddoppio dei termini per l’accertamento e per la contestazione delle violazioni in materia di monitoraggio fiscale previsto dall’articolo 5-quater, comma 4, del decreto legge?

R: I termini ordinari di decadenza della potestà di accertamento e di quella di contestazione delle violazioni in materia di monitoraggio fiscale con riferimento alle attività finanziarie detenute nei Paesi cosiddetti black list, tra i quali figurano sia Panama che la Confederazione Elvetica, sono raddoppiati ai sensi dei commi 2-bis e 2-ter dall’articolo 12 del decreto legge 1° luglio 2009, n. 78.

A mente dell’articolo 5-quater, comma 4, del decreto legge, ai soli fini della procedura di collaborazione volontaria, il predetto raddoppio dei termini di decadenza non opera qualora ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni:

  • il paese black list presso il quale erano o sono detenuti gli investimenti e le attività estere oggetto della collaborazione volontaria abbia stipulato con l’Italia, entro il 2 marzo 2015, un accordo che consente un effettivo scambio di informazioni conforme all’articolo 26 del Modello di Convenzione contro le doppie imposizioni elaborato dall’OCSE, anche con riferimento al periodo tra la data della stipula e quella dell’entrata in vigore dell’accordo (articolo 5-quinquies, comma 7);
  • il contribuente che ha attivato la procedura e che vuole mantenere le attività oggetto di collaborazione volontaria nel paese black list ove già le deteneva deve rilasciare all’intermediario finanziario estero presso cui le attività erano o sono detenute l’autorizzazione a trasmettere alle Autorità finanziarie italiane richiedenti tutti i dati concernenti le attività oggetto di procedura (c.d. waiver) ed allegare copia di tale autorizzazione, controfirmata dall’intermediario finanziario estero, alla richiesta di collaborazione volontaria – articolo 5-quinquies, comma 4, primo periodo, lettera c) -, in relazione ai periodi d’imposta successivi a quello di adesione alla collaborazione volontaria, fino all’effettiva operatività dello scambio di informazioni conforme al predetto articolo 26 del Modello di Convenzione contro le doppie imposizioni elaborato dall’OCSE (monitoraggio rafforzato);
  • nel caso in cui il contribuente trasferisca, successivamente all’attivazione della procedura, le attività oggetto di collaborazione volontaria presso un altro intermediario localizzato fuori dall’Italia o dagli Stati membri dell’Unione europea o aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo, deve rilasciare all’intermediario finanziario estero presso cui le attività sono trasferite l’autorizzazione a trasmettere alle Autorità finanziarie italiane richiedenti tutti i dati concernenti le attività oggetto della procedura a partire dal periodo d’imposta nel corso del quale avviene il trasferimento (articolo 5-quinquies, comma 5).

Come illustrato dalla circolare, se gli investimenti e le attività finanziarie sono stati oggetto di trasferimento in diversi Paesi black list, con riferimento ai periodi d’imposta dal 2004 al 2013, affinché non operi il raddoppio dei termini in parola, tutti i suddetti paesi devono aver sottoscritto l’accordo di cui all’articolo 5-quinquies, comma 7, del decreto legge che consenta un effettivo scambio di informazioni ai sensi dell’articolo 26 del modello di Convenzione contro le doppie imposizioni predisposto dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico.

Nel caso di specie, affinché possa disapplicarsi il raddoppio dei termini di cui all’articolo 12, commi 2-bis e 2-ter del decreto legge n. 78 del 2009, con riferimento ai periodi d’imposta dal 2004 al 2011, nei quali il contribuente ha dimostrato che le attività sono state detenute in Svizzera, lo stesso dovrà rilasciare all’intermediario finanziario panamense, presso il quale le predette attività sono state trasferite e risultano ubicate alla data di accesso alla procedura, il waiver contenente tutti i dati concernenti tali attività.

Avendo la Confederazione Elvetica firmato lo scorso 23 febbraio 2015 l’accordo di cui all’articolo 5-quinquies, comma 7, del decreto legge, nel caso di specie, non troverà quindi applicazione il raddoppio dei termini di cui all’articolo 12, commi 2-bis e 2-ter del decreto legge n. 78 del 2009.

Tale raddoppio avrebbe invece necessariamente operato, in linea con quanto precisato nella circolare quesiti, con riferimento ai periodi d’imposta e alle attività detenute nella Repubblica panamense, con riguardo ad attività localizzate in tale paese black list, in quanto lo stesso non ha sottoscritto alcun accordo che consenta un effettivo scambio di informazioni con l’Italia.

4. ASPETTI SANZIONATORI

4.1. Benefici sanzionatori nel caso di emersione di immobili all’estero.

D: Si chiede di conoscere se le riduzioni sanzionatorie previste dalle lettere a), b) e c), del comma 4 dell’articolo 5-quinquies del decreto legge, sono ugualmente applicabili in caso di regolarizzazione di immobili detenuti all’estero.

R: Il comma 4, dell’articolo 5-quinquies del decreto legge dispone che le sanzioni di cui all’articolo 5, comma 2, sono determinate in misura pari alla metà del minimo edittale (ai sensi del comma 4, dell’articolo 7, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472), se ricorre uno dei seguenti presupposti:

  1. le attività sono trasferite in Italia, o in Stati membri dell’Unione europea o aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo che consentono un effettivo scambio di informazioni con l’Italia, inclusi nella lista di cui al decreto del 4 settembre 1996, e successive modificazioni;
  2. le attività trasferite in Italia o nei predetti Stati erano o sono ivi detenute;
  3. il contribuente rilascia all’intermediario finanziario estero presso cui le attività sono detenute l’autorizzazione a trasmettere alle Autorità finanziarie italiane richiedenti tutti i dati concernenti le attività oggetto di collaborazione volontaria, e allega copia di tale autorizzazione, controfirmata dall’intermediario finanziario estero, alla richiesta di collaborazione volontaria.

In mancanza di uno dei requisiti sopra elencati, le sanzioni si applicano nella misura del minimo edittale ridotto di un quarto.

È evidente che il contribuente per fruire del massimo abbattimento delle sanzioni deve adottare un comportamento trasparente, ovvero eseguire il rimpatrio fisico o giuridico dei beni e delle attività detenute all’estero.

Al fine di evitare disparità di trattamento in relazione alla applicazione della sanzione, e nel rispetto del principio di collaborazione che caratterizza la procedura, si ritiene che anche nel caso di beni non fisicamente trasferibili, come nella fattispecie prospettata, restano applicabili le disposizioni normative di favore sopra richiamate.

Tralasciando il caso in cui le attività patrimoniali siano ubicate negli Stati di cui alla citata lettera a), ovvero in Stati che comunque consentono, coma chiarito al par. 6.3 della circolare quesiti un effettivo scambio di informazioni con l’Italia (come, ad esempio, gli Stati Uniti), in quanto in tali casi le riduzioni delle sanzioni sul monitoraggio fiscale sarebbero direttamente applicabili, in linea generale, per disporre dei benefici in parola il richiedente deve optare per il rimpatrio giuridico degli immobili secondo le modalità già illustrate nella circolare o gli schemi contrattuali rappresentati nei precedenti documenti di prassi emanati in materia di “nazionalizzazione” di attività finanziarie e patrimoniali estere. Si ritiene, infatti, che l’istituto del rimpatrio giuridico possa surrogare l’obbligo di rilascio del waiver previsto alla lettera c) del comma 4 della disposizione in esame, in quanto, parimenti, determina per l’Amministrazione finanziaria la piena tracciabilità del patrimonio immobiliare detenuto all’estero.

Qualora, successivamente alla presentazione della richiesta di accesso, il contribuente proceda alla dismissione degli immobili oggetto di regolarizzazione, e destini le disponibilità finanziarie eventualmente percepite presso un intermediario finanziario non localizzato in Italia o in uno degli Stati membri dell’Unione europea o aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo o in un Paese facente parte dell’OCSE con cui è attivo un effettivo scambio di informazioni in materia fiscale secondo l’attuale standard ONU/OCSE, sarà tenuto ugualmente a rilasciare, entro trenta giorni dalla collocazione del provento conseguito, il waiver con riferimento alle attività finanziare frutto della dismissione, pena l’applicazione di una sanzione pari alla metà di quella indicata dal citato comma 4, dell’articolo 5-quinquies del decreto legge.

Peraltro, il ricorso alla procedura di rimpatrio giuridico e di monitoraggio rafforzato si renderà altresì necessario nel caso di immobili detenuti in paesi a regime fiscale privilegiato, che hanno stipulato un accordo con l’Italia secondo i criteri previsti dall’articolo 5-quinquies comma 7 del decreto legge, per soddisfare due delle condizioni richieste per la disapplicazione del raddoppio dei termini previsto dai commi 2-bis e 2-ter dell’articolo 12 del decreto legge n. 78 del 2009.

Per completezza, riguardo alla diversa ipotesi di emersione di attività patrimoniali estere, dismesse prima della presentazione della richiesta di collaborazione, coerentemente con quanto già chiarito nella circolare, si precisa che, al pari di coloro che continuano a detenere le attività estere alla data di presentazione della richiesta di collaborazione, il richiedente è tenuto a fornire tutti i documenti idonei a rappresentare analiticamente, per ciascuna annualità d’imposta oggetto della procedura in cui gli immobili sono stati detenuti irregolarmente all’estero, l’origine e la determinazione dei redditi che servirono per acquistarli, i costi sostenuti per l’acquisizione nonché i proventi che sono derivati dalla loro dismissione o utilizzazione a qualunque titolo. In particolare, ai fini del buon esito della procedura di collaborazione, dovrà rendere noto all’Amministrazione finanziaria l’eventuale impiego o allocazione delle somme percepite dalla dismissione, se avvenuta a titolo oneroso, degli investimenti immobiliari esteri oggetto della regolarizzazione.

In coerenza con quanto già chiarito al par. 6.3 della circolare quesiti, qualora tali proventi o i relativi investimenti siano detenuti, alla data di presentazione della richiesta di collaborazione, in paesi che non consentono un effettivo scambio di informazioni, il beneficio della riduzione delle sanzioni previsto dal comma 4, dell’articolo 5-quinquies del decreto legge, spetterà a condizione che l’autore della violazione rilasci all’intermediario finanziario estero presso cui sono detenute le predette attività finanziarie il waiver, controfirmato dallo stesso intermediario, a prescindere dallo Stato in cui gli immobili erano originariamente detenuti. L’obbligo di rilasciare il waiver sussiste anche quando, successivamente alla presentazione della richiesta di accesso alla procedura di collaborazione volontaria, le attività sono trasferite presso un altro stato diverso da quelli indicati nella lettera a), del citato comma 4, dell’articolo 5-quinquies ovvero diverso da quelli facenti parte dell’OCSE con cui è attivo un effettivo scambio di informazioni in materia fiscale secondo l’attuale standard ONU/OCSE.

4.2. Effetti della procedura con riguardo alle sanzioni relative a violazioni in materia di imposta di registro, di imposta sulle donazioni o di imposta di successione

D: Si chiede di sapere se le violazioni in materia di imposta di registro, di imposta sulle donazioni o di imposta di successione devono essere oggetto di emersione attraverso la procedura di collaborazione volontaria.

R: Il decreto legge, per quanto di interesse in questa sede, circoscrive l’ambito oggettivo della procedura alle attività finanziarie e patrimoniali costituite o detenute all’estero in violazione degli obblighi di dichiarazione in materia di monitoraggio fiscale, nonché alle imposte sui redditi e alle relative addizionali, alle imposte sostitutive, all’imposta regionale sulle attività produttive e a quella sul valore aggiunto.

Non rientrano pertanto nel descritto ambito oggettivo, e non sono interessate dai previsti benefici, le violazioni dichiarative in materia di imposta di registro, di imposta sulle donazioni o di imposta di successione, non prevedendo la norma per tali violazioni l’applicazione automatica degli effetti premiali connessi con il perfezionamento della procedura.

Se dall’istruttoria, comunque, dovessero emergere elementi in merito a violazioni poste in essere dal contribuente con riguardo ai tributi in argomento, l’ufficio dovrà necessariamente attivare le conseguenti attività di controllo.

Nello spirito di collaborazione che caratterizza la procedura, tuttavia, i contribuenti potranno ovviamente fornire i documenti e le informazioni per la determinazione degli eventuali maggiori imponibili agli effetti anche dei tributi non ricompresi nella procedura, fornendone evidenza nella relazione illustrativa.

In tale contesto, l’ufficio potrà, in linea con i criteri generali di determinazione delle sanzioni ed in coerenza con quanto già chiarito nella circolare n. 38/E del 23 dicembre 20136, valutare in sede di determinazione del relativo trattamento sanzionatorio, la piena e spontanea collaborazione fornita dal contribuente per la ricostruzione degli imponibili relativi all’imposta di registro, all’imposta sulle donazioni o all’imposta di successione come una circostanza di carattere eccezionale idonea a giustificare un ridimensionamento della sanzione fino alla metà del minimo previsto dalla legge, ai sensi dell’articolo 7, comma 4, del decreto legislativo n. 472 del 1997.

Resta ovviamente ferma la possibilità per il contribuente di regolarizzare la propria posizione con riguardo a tali imposte facendo ricorso all’istituto del ravvedimento operoso, anche successivamente alla presentazione della richiesta di accesso alla procedura di collaborazione, senza tuttavia beneficiare della citata riduzione sanzionatoria ex articolo 7, comma 4, la cui applicazione spetta infatti in via esclusiva all’ufficio”.


NOTE:

(1) L’indicazione delle ritenute operate dai sostituti d’imposta che intervengono nella riscossione è effettuata nel quadro SG del modello 770 Ordinario, utilizzando la causale F.

 

1In Boll. Trib., 2015, 422.

2In Boll. Trib., 2015, 1084.

3In Boll. Trib., 1993, 1069.

4In Boll. Trib., 2000, 1623.

5In Boll. Trib., 2008, 242.

6In Boll. Trib., 2014, 66.

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