27 Febbraio, 2015

IVA – Pagamento – Versamento unitario e compensazione dei crediti – Visto di conformità – Modifiche apportate dal D.Lgs. n. 175/2014 all’art. 39 del D.Lgs. n. 241/1997 – Chiarimenti.

(Circolare 26 febbraio 2015, n .7/E, dell’Agenzia delle entrate)

 

 

 

INDICE:

1. ADEMPIMENTI A CARICO DEI PROFESSIONISTI 

1.1 Soggetti legittimati al rilascio del visto di conformità

1.2 Rilascio del visto di conformità sulla dichiarazione 730

2. ADEMPIMENTI A CARICO DEI CAF

3. LE GARANZIE

4. CONTROLLI

4.1 Controlli necessari per il rilascio del visto di conformità

4.1.1 Modello 730

4.1.2 Dichiarazione IVA e richieste di rimborso IVA infrannuale

4.1.3 Altre dichiarazioni

4.2 Controlli effettuati dall’Amministrazione finanziaria 

5. RESPONSABILITÀ PER L’APPOSIZIONE DEL VISTO DI CONFORMITÀ SUL MODELLO 730

5.1 Limitazioni in materia di controllo formale

5.2 Conseguenze del visto infedele

    1. Sanzioni
    2. Attività svolta in assenza di comunicazione.

       

       

      “PREMESSA

      Il decreto legislativo 21 novembre 2014, n. 175 (di seguito “decreto semplificazioni”), pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 277 del 28 novembre 2014, introduce, in via sperimentale, la dichiarazione dei redditi precompilata e apporta modifiche alla disciplina sull’assistenza fiscale e in tema di controlli formali.

      Con la presente circolare si forniscono chiarimenti in merito alle modifiche contenute nel suddetto decreto semplificazioni con riferimento alle sanzioni, previste dall’articolo 39 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, alle garanzie, di cui agli articoli 6 e 22 del decreto del Ministro delle finanze 31 maggio 1999, n. 164 e alle modalità di esecuzione dei controlli, di cui all’articolo 26 del medesimo decreto ministeriale.

      Inoltre, al fine di fornire un quadro riassuntivo sull’argomento del visto di conformità e sugli adempimenti preventivi posti a carico dei soggetti che appongono il visto, con particolare riferimento ai professionisti, sono ripresi i principali chiarimenti contenuti nei documenti di prassi già emanati.

       

      1. ADEMPIMENTI A CARICO DEI PROFESSIONISTI

      L’articolo 21 del decreto del Ministro delle finanze 31 maggio 1999, n. 164, dispone che per l’esercizio della facoltà di rilasciare il visto di conformità, i professionisti abilitati alla trasmissione telematica delle dichiarazioni devono presentare, alla Direzione regionale territorialmente competente in ragione del domicilio fiscale, una preventiva comunicazione contenente l’indicazione dei dati personali e dei luoghi dove è esercitata l’attività, corredata della documentazione prevista dallo stesso decreto.

      In particolare, nella comunicazione vanno indicati:

      – i dati anagrafici, i requisiti professionali, il codice fiscale e la partita IVA;

      – il domicilio e gli altri luoghi ove viene esercitata l’attività professionale;

      – la denominazione o ragione sociale e i dati anagrafici dei soci e dei componenti il consiglio di amministrazione e, ove previsto, del collegio sindacale, delle società di servizi delle quali il professionista intende avvalersi per lo svolgimento dell’attività di assistenza fiscale, con l’indicazione delle specifiche attività da affidare alle stesse.

      La predetta comunicazione può essere consegnata a mano o inviata mediante raccomandata con ricevuta di ritorno ovvero inviata tramite PEC.

      A tale comunicazione devono essere allegati:

      – la copia integrale della polizza assicurativa di cui all’articolo 22 del decreto n. 164 del 1999;

      – la dichiarazione relativa all’insussistenza di provvedimenti di sospensione dell’ordine di appartenenza;

      – la dichiarazione relativa alla sussistenza dei seguenti requisiti previsti dall’articolo 8, comma 1, del decreto n. 164 del 1999:

      a) non aver riportato condanne, anche non definitive, o sentenze emesse ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale per reati finanziari;

      b) non aver procedimenti penali pendenti nella fase del giudizio per reati finanziari;

      c) non aver commesso violazioni gravi e ripetute, per loro natura ed entità, alle disposizioni in materia contributiva e tributaria;

      d) non trovarsi in una delle condizioni penalmente rilevanti che escludono la possibilità di candidarsi alle elezioni regionali, provinciali, comunali, previste dall’articolo 15, comma 1, della legge 19 marzo 1990, n. 55, come sostituito dall’articolo 1 della legge 18 gennaio 1992, n. 16;

      d-bis) non aver fatto parte di società per le quali è stato emesso un provvedimento di revoca ai sensi dell’articolo 39, comma 4, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, nei cinque anni precedenti.

      Le predette dichiarazioni dovranno essere rese ai sensi degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, allegando la fotocopia di un documento d’identità del sottoscrittore.

      Il professionista deve, inoltre, essere in possesso dell’abilitazione alla trasmissione telematica delle dichiarazioni fiscali, rilasciata dall’Agenzia delle entrate. Si evidenzia che l’avvenuta presentazione dell’istanza all’ufficio ai fini dell’abilitazione alla trasmissione telematica delle dichiarazioni, di cui all’articolo 3, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, non esime dall’obbligo della comunicazione prevista dall’articolo 21 del citato decreto n. 164 del 1999, costituendo l’abilitazione alla trasmissione telematica delle dichiarazioni soltanto uno dei requisiti necessari per effettuare la richiesta di abilitazione all’apposizione del visto di conformità.

      Nel caso di riscontro di carenze o irregolarità, il professionista viene informato dalla Direzione regionale competente al fine di integrare e/o regolarizzare la comunicazione.

      Il professionista è abilitato al rilascio del visto di conformità dalla data di presentazione della comunicazione e può quindi prestare assistenza fiscale, ferma restando la verifica da parte della Direzione regionale della sussistenza di tutti i requisiti richiesti dalla norma.

      Nell’ipotesi in cui il professionista eserciti l’attività di assistenza fiscale nell’ambito di una associazione professionale di cui all’articolo 5, comma 3, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), in cui almeno la metà degli associati sia costituita da soggetti indicati all’articolo 3, comma 3, lettere a) e b), del d.P.R. n. 322 del 1998, lo stesso può essere abilitato qualora i requisiti del possesso di partita IVA e dell’abilitazione alla trasmissione telematica sussistano in capo all’associazione professionale.

      Al riguardo, si specifica che è il singolo professionista ad essere abilitato al rilascio del visto di conformità e pertanto ogni altro professionista appartenente all’associazione che non sia personalmente abilitato non è autorizzato ad apporre il visto di conformità.

      Qualora il professionista si avvalga di una società di servizi di cui possegga la maggioranza assoluta del capitale sociale, può essere abilitato se il requisito del possesso dell’abilitazione alla trasmissione telematica sussiste in capo alla società di servizi, fermo restando che il professionista deve essere titolare di autonoma partita IVA. Si precisa che per l’attività di assistenza fiscale sulle dichiarazioni 730 il professionista non può avvalersi di una società di servizi.

      In entrambi i casi, nella predetta comunicazione dovranno essere indicati, oltre ai dati del singolo professionista, anche quelli dell’associazione di cui il medesimo fa parte o della società di servizi.

      La trasmissione telematica sarà effettuata dall’associazione professionale o dalla società di servizi sotto il diretto controllo e la responsabilità dello stesso professionista.

       

      1.1 Soggetti legittimati al rilascio del visto di conformità. Ai sensi dell’articolo 35, comma 3, del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, i professionisti che possono apporre il visto di conformità sono gli iscritti:

      – nell’albo dei dottori commercialisti ed esperti contabili;

      – nell’albo dei consulenti del lavoro;

      – nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi alla data del 30 settembre 1993, in possesso di diploma di laurea in giurisprudenza o in economia e commercio o equipollenti o diploma di ragioneria.

      In ragione dell’affidamento che i contribuenti che richiedono l’assistenza fiscale ripongono nei professionisti, occorre garantire la possibilità di conoscere se un professionista sia abilitato all’espletamento dell’attività di apposizione del visto di conformità.

      L’articolo 10 dello Statuto dei diritti del contribuente stabilisce infatti un generale principio di correttezza, in forza del quale l’amministrazione deve comportarsi con lealtà e trasparenza, guidando e facilitando l’adempimento dei doveri da parte dei privati e improntando i rapporti con il contribuente alla collaborazione e alla buona fede.

      Inoltre, l’articolo 25 del decreto n. 164 del 1999 stabilisce che, qualora il professionista non svolga correttamente l’attività di assistenza fiscale, l’abilitazione alla trasmissione telematica delle dichiarazioni fiscali deve essere revocata ai sensi dell’articolo 8 del decreto 31 luglio 1998 e detta norma, a sua volta, dispone che i provvedimenti di revoca devono essere “resi pubblici dall’Amministrazione finanziaria nelle forme che essa ritiene più opportune”.

      Si deve tener conto, infine, che si tratta di soggetti già iscritti in elenchi pubblici, precisamente nell’Albo dei dottori commercialisti ed esperti contabili, nell’Albo dei consulenti del lavoro, e nei ruoli di periti ed esperti tenuti dalle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura per la sub-categoria tributi, che possono essere consultati liberamente da chiunque.

      In considerazione di quanto esposto, saranno consultabili sul sito internet dell’Agenzia delle entrate i dati dei professionisti legittimati al rilascio del visto, con espressa indicazione dell’abilitazione all’apposizione del visto di conformità sulle dichiarazioni modello 730, il luogo di svolgimento dell’attività, l’eventuale svolgimento dell’attività in forma associata ovvero l’utilizzo di società di servizi.

       

      1.2 Rilascio del visto di conformità sulla dichiarazione 730. Per effetto dell’articolo 3-bis, comma 10 e dell’articolo 7-quinquies, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito con modificazioni dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, sono state ampliate le competenze previste per gli iscritti nell’Albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e nell’Albo dei consulenti del lavoro, prevedendo l’attività di assistenza fiscale nei confronti dei contribuenti non titolari di reddito autonomo e di impresa, di cui all’articolo 34, comma 4, del decreto legislativo n. 241 del 1997.

      Ne consegue che l’attività di assistenza fiscale e di apposizione del visto di conformità sulla dichiarazione 730 è riservata agli iscritti nell’Albo dei dottori commercialisti ed esperti contabili e agli iscritti nell’Albo dei consulenti del lavoro, restando esclusi da tali attività i soggetti di cui al terzo punto del precedente paragrafo 1.1.

      Si precisa che il professionista abilitato che eserciti l’attività di assistenza fiscale nell’ambito di un’associazione professionale di cui all’articolo 5, comma 3, lettera c), del TUIR, può effettuare la trasmissione telematica delle dichiarazioni anche mediante l’associazione a cui lo stesso appartiene. L’attività non può essere effettuata da altro professionista, anche se abilitato, della stessa associazione diverso da quello che ha apposto il visto sulle dichiarazioni.

      Si ribadisce, inoltre, che per l’attività di assistenza fiscale sulle dichiarazioni 730 il professionista non può avvalersi di una società di servizi.

      In materia di decorrenza della facoltà di apporre il visto di conformità da parte dei professionisti, la circolare n. 14/E del 2013[1] ha chiarito che il professionista deve essere abilitato a far data dal 30 giugno dell’anno nel corso del quale presta l’assistenza.

      Al riguardo, in considerazione del nuovo termine per la presentazione delle dichiarazioni, si ritiene che, a decorrere dall’assistenza fiscale prestata nel 2015, il professionista debba essere abilitato dalla data di apertura del canale per la trasmissione delle dichiarazioni precompilate, che sarà pubblicata sul sito internet dell’Agenzia delle entrate, e comunque prima della trasmissione delle dichiarazioni. Qualora il professionista risulti abilitato in data successiva al 7 luglio 2015, potrà prestare l’assistenza fiscale per la presentazione della dichiarazione 730 solo a partire dall’anno seguente.

       

      2. ADEMPIMENTI A CARICO DEI CAF

      In base all’articolo 7, comma 1, del decreto n. 164 del 1999 e all’articolo 1 del decreto 12 luglio 1999, lo svolgimento dell’attività di assistenza fiscale da parte di un Caf è subordinato al rilascio di autorizzazione dell’Agenzia delle entrate e, in particolare, della Direzione regionale territorialmente competente, con riferimento al luogo ove la società richiedente ha la sede legale.

      L’articolo 35 del decreto semplificazioni ha modificato il citato decreto n. 164 del 1999 al fine di garantire l’idoneità tecnico-organizzativa delle società richiedenti l’autorizzazione allo svolgimento dell’attività di assistenza fiscale e dei centri autorizzati di assistenza fiscale.

      Al riguardo sono stati forniti chiarimenti con la circolare n. 31/E del 2014[2], a cui si rinvia.

      Si precisa che i responsabili dell’assistenza fiscale dei Caf-imprese sono soggetti legittimati ad apporre il visto di conformità ai fini dell’utilizzo in compensazione dei crediti IVA, come chiarito dalla circolare n. 57/E del 23 dicembre 2009[3], nonché sulle dichiarazioni IVA ai fini dei rimborsi annuali e trimestrali, come chiarito dalla circolare n. 32/E del 30 dicembre 2014[4].

      I soggetti legittimati ad apporre il visto di conformità per l’utilizzo in compensazione dei crediti concernenti le imposte sui redditi, le relative addizionali, le ritenute alla fonte di cui all’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, le imposte sostitutive delle imposte sul reddito e l’imposta regionale sulle attività produttive, sono sia i responsabili dell’assistenza fiscale dei Caf-imprese che i responsabili dell’assistenza fiscale dei Caf-dipendenti, come indicato nella circolare n. 28/E del 25 settembre 2014[5].

       

      3. LE GARANZIE

      L’articolo 6, comma 2, lettere a) e b), del decreto semplificazioni ha modificato l’articolo 6, comma 1, e l’articolo 22, comma 1, del decreto n. 164 del 1999, contenenti disposizioni in merito alla polizza assicurativa per la copertura dei rischi derivanti dall’assistenza fiscale rispettivamente riguardanti i Caf e i professionisti e certificatori.

      In particolare, il nuovo testo degli articoli 6 e 22 del citato decreto n. 164, prevede l’obbligo di stipulare una polizza di assicurazione della responsabilità civile, con massimale adeguato al numero dei contribuenti assistiti, nonché al numero dei visti di conformità rilasciati. Detto massimale, in entrambe le norme, deve rispettare una soglia minima.

      Le modifiche apportate, che decorrono dal 13 dicembre 2014 data di entrata in vigore del decreto semplificazioni, riguardano:

      – l’innalzamento a tre milioni di euro della soglia del massimale, precedentemente fissata in due miliardi di lire ( euro 1.032.913,80);

      – l’estensione della garanzia, nel caso di visto infedele apposto su un modello 730, al pagamento di una somma pari alle imposte, interessi e sanzioni che sarebbero stati richiesti al contribuente a seguito del controllo ai sensi dell’articolo 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, ove l’errore non sia imputabile a dolo o colpa grave del contribuente.

      Si segnala che i soggetti abilitati al rilascio del visto di conformità sono tenuti ad adeguare il massimale della polizza prima dell’apposizione del visto, anche nell’ipotesi in cui la stessa non sia ancora scaduta alla data di entrata in vigore del decreto semplificazioni.

      Il professionista e il responsabile dell’assistenza fiscale che devono apporre il visto di conformità sulla dichiarazione 730 sono tenuti, inoltre, ad integrare la polizza con la previsione esplicita della copertura del nuovo rischio, relativo al rilascio di visto infedele, previsto dall’articolo 39 del decreto legislativo n. 241 del 1997. Quindi, coloro che non intendono apporre tale tipologia di visto non sono tenuti ad integrare la polizza con la previsione esplicita della copertura di detto nuovo rischio.

      La polizza assicurativa della responsabilità civile per i danni causati nel fornire assistenza fiscale deve garantire la totale copertura degli eventuali danni subiti dal contribuente, dallo Stato o altro ente impositore (nel caso di dichiarazione modello 730), non includendo franchigie o scoperti, e prevedere il risarcimento nei cinque anni successivi alla scadenza del contratto.

      Con particolare riferimento ai professionisti, si chiarisce che coloro che sono già in possesso di idonea copertura assicurativa per i rischi professionali, possono anche utilizzare tale polizza inserendo una autonoma copertura assicurativa che preveda un massimale dedicato esclusivamente all’assistenza fiscale, almeno di importo pari a quello stabilito dalla norma.

      Per mantenere l’abilitazione, il requisito della copertura assicurativa deve permanere nel tempo: pertanto, il professionista è tenuto a trasmettere alla Direzione regionale competente copia del rinnovo della polizza assicurativa o l’attestato di quietanza di pagamento, utilizzando preferibilmente la posta elettronica certificata.

      Inoltre, i Caf e i professionisti, rispettivamente ai sensi degli articoli 9 e 21 del citato decreto n. 164 del 1999, sono tenuti a comunicare all’Amministrazione finanziaria eventuali variazioni dei dati già comunicati entro 30 giorni dalla data in cui si verificano le variazioni stesse.

      Nel caso in cui il professionista abilitato eserciti l’attività di assistenza fiscale nell’ambito di una associazione professionale di cui all’articolo 5, comma 3, lettera c), del TUIR, la polizza assicurativa può essere stipulata dal professionista o dall’associazione professionale. In quest’ultimo caso, la polizza deve garantire il contribuente, lo Stato o il diverso ente impositore, da ogni eventuale danno causato nell’esercizio dell’attività di assistenza fiscale svolta dal singolo professionista distintamente abilitato. Il massimale garantito è riferito al numero dei visti complessivamente rilasciati, a prescindere dal numero dei professionisti abilitati e indicati distintamente nella polizza.

      Qualora il professionista si avvalga di una società di servizi di cui possegga la maggioranza assoluta del capitale sociale, è possibile utilizzare la polizza assicurativa stipulata dalla società stessa se il contratto si configura come un contratto a favore di terzo (nel caso di specie professionista), fermo restando il rispetto delle altre prescrizioni previste dalla norma.

      In tal caso, infatti, sarebbe garantito il completo risarcimento dell’eventuale danno arrecato dal professionista.

       

      4. CONTROLLI

      4.1 Controlli necessari per il rilascio del visto di conformità. In materia di controlli da effettuare ai fini del rilascio del visto di conformità sono stati forniti chiarimenti con precedenti documenti di prassi e, nello specifico, con le circolari n. 134/E del 17 giugno 1999[1], n. 57/E del 23 dicembre 2009[2], n. 28/E del 25 settembre 2014[3] e n. 32/E del 30 dicembre 2014[4], nonché con le circolari annuali sull’assistenza fiscale.

      Il visto costituisce uno dei livelli dell’attività di controllo sulla corretta applicazione delle norme tributarie che il legislatore ha attribuito a soggetti terzi rispetto all’Amministrazione finanziaria. Le altre fattispecie di certificazioni ai fini fiscali, disciplinate dagli articoli 35 e 36 del decreto legislativo n. 241 de1 1997, sono l’asseverazione degli elementi rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore e la certificazione tributaria (o “visto pesante”), che può essere rilasciata ai contribuenti titolari di redditi di impresa in regime di contabilità ordinaria.

      Per quanto riguarda il visto di conformità, con l’apposizione del medesimo, viene attestata l’esecuzione dei controlli indicati dall’articolo 2 del citato decreto n. 164 del 1999.

      In particolare, il predetto articolo 2, comma 1, prevede che il rilascio del visto di conformità di cui all’articolo 35, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, implica il riscontro della corrispondenza dei dati esposti nella dichiarazione alle risultanze della relativa documentazione e alle disposizioni che disciplinano gli oneri deducibili e detraibili, le detrazioni e i crediti d’imposta, lo scomputo delle ritenute d’acconto.

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      Il successivo comma 2, prevede che il rilascio del visto di conformità implica, inoltre:

      a) la verifica della regolare tenuta e conservazione delle scritture contabili obbligatorie ai fini delle imposte sui redditi e delle imposte sul valore aggiunto;

      b) la verifica della corrispondenza dei dati esposti nella dichiarazione alle risultanze delle scritture contabili e di queste ultime alla relativa documentazione.

      La verifica non comporta valutazioni di merito, ma il riscontro formale della corrispondenza dei dati esposti nella dichiarazione e nella richiesta di rimborso IVA infrannuale alla relativa documentazione nonché all’ammontare delle componenti positive e negative relative all’attività di impresa esercitata e rilevanti ai fini delle imposte sui redditi, dell’imposta sul valore aggiunto e dell’imposta regionale sulle attività produttive, nonché dei dati riguardanti i compensi e le somme corrisposti in qualità di sostituto d’imposta.

      Il visto di conformità, che può essere apposto sulle dichiarazioni annuali e sulle richieste di rimborso IVA infrannuale, si rilascia mediante l’indicazione del codice fiscale e l’apposizione della firma nell’apposito spazio dei modelli dichiarativi. Per i modelli 730 non sono previste modalità specifiche, tenuto conto che in base all’articolo 34, comma 4, del decreto legislativo n. 241 del 1997, il responsabile dell’assistenza fiscale svolge le attività di controllo ai fini del visto di conformità.

      Al riguardo, è utile riepilogare gli adempimenti cui sono tenuti i soggetti abilitati al rilascio del visto di conformità con riferimento ai diversi modelli dichiarativi.

       

      4.1.1 Modello 730. Il rilascio del visto di conformità di cui all’articolo 35, comma 2, lettera b), del decreto legislativo n. 241 del 1997 sulla dichiarazione 730 consegue alla verifica:

      – della corrispondenza dell’ammontare delle ritenute, anche a titolo di addizionali, con quello delle relative certificazioni esibite (Certificazione Unica, certificati dei sostituti d’imposta per le ritenute relative a redditi di lavoro autonomo occasionale, di capitale, ecc.);

      – degli attestati degli acconti versati o trattenuti;

      – delle deduzioni dal reddito non superiori ai limiti previsti dalla legge e della corrispondenza alle risultanze della documentazione esibita e intestata al contribuente o, se previsto, ai familiari a carico;

      – delle detrazioni d’imposta non eccedenti i limiti previsti dalla legge e della corrispondenza con le risultanze dei dati della dichiarazione e della relativa documentazione esibita;

      – dei crediti d’imposta non eccedenti le misure previste per legge e spettanti sulla base dei dati risultanti dalla dichiarazione e dalla documentazione esibita;

      – dell’ultima dichiarazione presentata in caso di eccedenza d’imposta per la quale si è richiesto il riporto nella successiva dichiarazione dei redditi.

      Con riferimento alle spese che danno diritto a deduzioni dal reddito o a detrazioni dall’imposta, deve essere verificata tutta la documentazione necessaria, ai sensi della normativa vigente, per il riconoscimento delle stesse.

      In relazione alle spese ripartite su più annualità, il controllo documentale deve essere effettuato ad ogni utilizzo dell’onere ai fini del riconoscimento della detrazione d’imposta. Qualora il soggetto che presta l’assistenza fiscale abbia già verificato la documentazione in relazione ad una precedente rata e ne abbia conservato copia, può non essere nuovamente richiesta al contribuente l’esibizione della documentazione.

      Il rilascio del visto di conformità non implica il riscontro della correttezza degli elementi reddituali indicati dal contribuente (ad esempio, l’ammontare dei redditi fondiari, dei redditi diversi e delle relative spese di produzione), salvo l’ammontare dei redditi da lavoro dichiarati nel modello 730 che deve corrispondere a quello esposto nelle certificazioni (C.U.).

      Pertanto, il contribuente non è tenuto a esibire la documentazione relativa all’ammontare dei redditi indicati nella dichiarazione (ad esempio, visure catastali di terreni e fabbricati posseduti, contratti di locazione stipulati, raccomandata all’inquilino, come prescritto dall’articolo 3, comma 11, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23).

      Parimenti, il contribuente non dovrà esibire documenti relativi alle situazioni soggettive che incidono ai fini della determinazione del reddito o delle imposte dovute, quali, ad esempio, il certificato di residenza per la deduzione dal reddito dell’abitazione principale ovvero lo stato di famiglia per l’applicazione delle detrazioni soggettive di imposta.

      In tali casi, i Caf e i professionisti abilitati sono tenuti ad acquisire dal contribuente una dichiarazione sostitutiva attestante la sussistenza dei requisiti soggettivi normativamente previsti per la fruizione delle detrazioni d’imposta e delle deduzioni dal reddito, ma non sono tenuti a verificarne la veridicità.

      Al riguardo, il decreto semplificazioni ha espressamente previsto l’esclusione della responsabilità del soggetto che presta l’assistenza fiscale.

       

      4.1.2 Dichiarazione IVA e richieste di rimborso IVA infrannuale. L’articolo 13 del decreto semplificazioni ha sostituito l’articolo 38-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, innovando significativamente la disciplina relativa all’esecuzione dei rimborsi IVA.

      La nuova formulazione del citato articolo 38-bis prevede, tra l’altro, in via generale, la possibilità di ottenere i rimborsi IVA di importo superiore a 15.000 euro senza prestazione della garanzia, presentando una dichiarazione annuale o un’istanza trimestrale munita di visto di conformità, o sottoscrizione alternativa, e una dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà, attestante la sussistenza dei requisiti patrimoniali stabiliti dalla norma. 

      Al riguardo, sono già stati forniti chiarimenti con la circolare 32/E del 30 dicembre 2014.

      In tali casi, i controlli per il rilascio del visto di conformità devono essere finalizzati, oltre che ad evitare errori materiali e di calcolo nella determinazione dell’imponibile, nonché nel corretto riporto delle eccedenze di credito, anche a verificare la regolare tenuta e conservazione delle scritture contabili obbligatorie ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.

      Occorre pertanto verificare:

      – la regolare tenuta e conservazione delle scritture contabili obbligatorie;

      – la corrispondenza dei dati esposti nella dichiarazione alle risultanze delle scritture contabili;

      – la corrispondenza dei dati esposti nelle scritture contabili alla relativa documentazione.

      Con riferimento alle tipologie di controlli necessari ai fini del rilascio del visto di conformità si richiamano i chiarimenti forniti con la circolare 57/E del 23 dicembre 2009, tenendo presente che il controllo non dovrà concentrarsi solo sugli elementi da cui scaturiscono i crediti, ma dovrà riguardare anche la sussistenza dei presupposti dei rimborsi.

       

      4.1.3 Altre dichiarazioni. Con riferimento alle altre dichiarazioni reddituali diverse dal modello 730, alla dichiarazione dell’imposta regionale sulle attività produttive e alla dichiarazione del sostituto d’imposta, il rilascio del visto di conformità implica il riscontro della corrispondenza dei dati esposti nella dichiarazione alle risultanze della relativa documentazione e alle disposizioni che disciplinano gli oneri deducibili e detraibili, le detrazioni e i crediti d’imposta, lo scomputo delle ritenute d’acconto, i versamenti.

      In particolare, in relazione ai soggetti obbligati alla tenuta delle scritture contabili, i controlli implicano: 

      • la verifica della regolare tenuta e conservazione delle scritture contabili obbligatorie;
      • la verifica della corrispondenza dei dati esposti nella dichiarazione alle risultanze delle scritture contabili e di queste ultime alla relativa documentazione.

        Restano fermi i chiarimenti forniti con la circolare n. 28/E del 2014. Le modalità di effettuazione dei controlli delineate dalla citata circolare con riferimento al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2013, possono essere osservate anche per le annualità successive.

         

        4.2 Controlli effettuati dall’Amministrazione finanziaria. L’articolo 6, comma 2, lettera c), del decreto semplificazioni, ha modificato l’articolo 26 del decreto n. 164 del 1999, sostituendo il comma 3-bis e introducendo i commi 3-ter e 3-quater. Tali modifiche entrano in vigore a decorrere dall’assistenza fiscale prestata nel 2015.

        Il nuovo testo dell’articolo 26, riguardante il controllo formale delle dichiarazioni, ai sensi dell’articolo 36-ter del d.P.R. n. 600 del 1973, nonché i controlli in ordine alla correttezza del visto di conformità, stabilisce che la richiesta di documenti e chiarimenti da parte dell’Agenzia delle entrate viene inviata telematicamente entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di trasmissione della dichiarazione oggetto di controllo.

        In particolare, gli elementi di novità del comma 3-bis, rispetto alla versione previgente, riguardano i destinatari della richiesta e la tempistica di risposta all’Agenzia delle entrate:

        • la richiesta non è più rivolta al contribuente ma è diretta solo al Caf e al responsabile dell’assistenza fiscale o al professionista che ha rilasciato il visto di conformità;

        • i soggetti destinatari di cui al punto precedente devono provvedere alla trasmissione telematica dei documenti e dei chiarimenti entro sessanta giorni e non più entro trenta giorni dalla richiesta.

        Il nuovo comma 3-ter prevede che l’esito del controllo sia comunicato al Caf e al responsabile dell’assistenza fiscale o al professionista. La comunicazione deve contenere i motivi per i quali è avvenuta la rettifica dei dati contenuti nella dichiarazione, al fine di consentire ai suddetti soggetti, entro i successivi sessanta giorni, di fornire ulteriori chiarimenti o documentazione.

        Infine, il nuovo comma 3-quater prevede la possibilità di effettuare il pagamento delle somme dovute entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione, mediante modello F24. In tal caso, l’ammontare delle somme dovute è pari all’imposta, agli interessi dovuti fino all’ultimo giorno del mese antecedente a quello dell’elaborazione della comunicazione e alla sanzione di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, ridotta a due terzi.

        La riscossione coattiva è effettuata mediante ruolo, ai sensi del d.P.R. n. 602 del 1973. Si applicano le disposizioni previste con riferimento alle somme dovute ai sensi dell’articolo 36-ter del d.P.R. n. 600 del 1973.

         

        5. RESPONSABILITÀ PER L’APPOSIZIONE DEL VISTO DI CONFORMITÀ SUL MODELLO 730

        5.1 Limitazioni in materia di controllo formale. Il decreto semplificazioni, introducendo in via sperimentale la dichiarazione 730 precompilata, ha modificato le disposizioni che riguardano la responsabilità dei professionisti e dei Caf che rilasciano il visto di conformità.

        Al riguardo, l’articolo 5 del decreto semplificazioni ha introdotto differenze sostanziali in tema di controlli formali previsti dall’articolo 36-ter del d.P.R. n. 600 del 1973, distinguendo il caso in cui il contribuente presenti la dichiarazione 730 precompilata direttamente, o tramite il proprio sostituto d’imposta che presta assistenza fiscale, dal caso in cui il contribuente presenti il modello dichiarativo tramite Caf o professionista abilitato. Inoltre, la norma opera una distinzione nell’ipotesi in cui il contribuente accetti la dichiarazione 730 precompilata senza modifiche, ovvero vi apporti modifiche e/o integrazioni.

        Nel caso in cui la dichiarazione precompilata sia accettata dal contribuente, direttamente o tramite il proprio sostituto d’imposta, senza modifiche, il predetto articolo 5 esclude il controllo formale a carico del contribuente stesso per i dati relativi agli oneri comunicati dai soggetti terzi all’Agenzia delle entrate. Resta fermo, comunque, il controllo sulla sussistenza delle condizioni soggettive che danno diritto a detrazioni, deduzioni e agevolazioni.

        Inoltre, con l’intento di rendere definitivo il rapporto con il contribuente in relazione alla dichiarazione, non si applica in tale ipotesi la disposizione relativa ai controlli preventivi sui rimborsi complessivamente superiori ai quattromila euro, in presenza di richiesta di detrazioni per carichi di famiglia e/o eccedenze relative alla precedente dichiarazione, ai sensi dell’articolo 1, comma 586, della legge 27 dicembre 2013, n. 147.

        Se la dichiarazione è presentata direttamente dal contribuente o al sostituto d’imposta con modifiche che incidono sulla determinazione del reddito o dell’imposta, il controllo formale è eseguito su tutti i dati indicati in dichiarazione.

        Se, invece, la dichiarazione è presentata ad un Caf o a un professionista abilitato, con o senza modifiche, il controllo formale si effettua nei riguardi del soggetto che appone il visto di conformità anche con riferimento agli oneri indicati nella dichiarazione precompilata forniti all’Agenzia delle entrate da parte di soggetti terzi. E’ pertanto escluso il controllo preventivo di cui al citato articolo 1, comma 586, della legge n. 147 del 2013 anche in caso di presentazione della dichiarazione ad un Caf o a un professionista abilitato.

        In particolare, se i modelli 730 (modificati o no) vengono presentati tramite professionisti abilitati o Caf, il controllo formale viene eseguito nei confronti di questi ultimi, in quanto soggetti obbligati a rilasciare il visto di conformità sulla dichiarazione.

        Nei riguardi del contribuente permane il controllo sulla sussistenza delle condizioni soggettive che danno diritto a detrazioni, deduzioni e agevolazioni.

        Si precisa, infine, che ai sensi dell’articolo 1, comma 4, del decreto semplificazioni le disposizioni richiamate relativamente alla presentazione della dichiarazione ad un Caf o ad un professionista abilitato si applicano anche nel caso di dichiarazione modello 730 presentata con le modalità ordinarie (non precompilata).

         

        5.2 Conseguenze del visto infedele. Tenuto conto dell’impegno assunto dai Caf e dai professionisti abilitati nei confronti dei contribuenti per la corretta predisposizione della dichiarazione, l’articolo 6 del decreto semplificazioni prevede che i predetti soggetti siano responsabili per gli errori commessi in sede di controlli finalizzati all’apposizione del visto di conformità.

        Le modifiche apportate dal citato articolo 6 all’art. 39 del decreto legislativo n. 241 del 1997 stabiliscono infatti che, in caso di visto infedele, i Caf e i professionisti abilitati siano tenuti, nei confronti dello Stato o del diverso ente impositore, al pagamento di un importo corrispondente alla somma dell’imposta, degli interessi e della sanzione, nella misura del 30 per cento, che sarebbe stata richiesta al contribuente ai sensi dell’articolo 36-ter del d.P.R. n. 600 del 1973.

        Si chiarisce che la responsabilità in capo al Caf o al professionista sorge solo in caso di visto infedele ed è espressamente esclusa qualora l’infedeltà del visto sia stata determinata da una condotta dolosa o gravemente colposa del contribuente.

        Il Caf e il professionista che riscontrano errori che hanno comportato l’apposizione di un visto infedele sulla dichiarazione, avvisano il contribuente al fine di procedere alla elaborazione e trasmissione all’Agenzia delle entrate della dichiarazione rettificativa, entro il 10 novembre dell’anno in cui è stata prestata l’assistenza.

        Se il contribuente non intende presentare la nuova dichiarazione, il Caf e il professionista possono comunicare entro la stessa data all’Agenzia delle entrate i dati rettificati.

        Sia nel caso di presentazione della dichiarazione rettificativa del contribuente che nel caso di comunicazione dei dati rettificati da parte del Caf o del professionista, la responsabilità di questi ultimi è limitata al pagamento dell’importo corrispondente alla sola sanzione che sarebbe stata richiesta al contribuente.

        Se il versamento è effettuato entro il 10 novembre, si applica la riduzione della sanzione prevista dall’articolo 13, comma 1, lett.b), del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472 (un ottavo del minimo), mentre l’imposta e gli interessi restano a carico del contribuente.

        Se la rettifica riguarda sia errori che comportano l’apposizione di un visto infedele, sia errori che non comportano l’apposizione di un visto infedele, la responsabilità è limitata al pagamento dell’importo corrispondente alla sola sanzione che sarebbe stata richiesta al contribuente in relazione all’errore che configura il visto infedele.

        Per espressa previsione della nuova lettera a-bis) del comma 1 dell’articolo 39 del decreto legislativo n. 241 del 1997, in caso di visto infedele relativo a una dichiarazione modello 730, non si applica la sanzione amministrativa da euro 258 a euro 2.582 prevista in relazione ai visti infedeli apposti sugli altri modelli dichiarativi.

        Si precisa che in caso di presentazione della dichiarazione modello 730 con le modalità ordinarie (non precompilata) si applica la disciplina prevista dall’articolo 6 del decreto semplificazioni in materia di visto infedele, secondo quanto disposto dall’articolo 1, comma 4, dello stesso decreto.

        Per completezza espositiva si rappresenta che il contribuente può sempre presentare una dichiarazione integrativa, avvalendosi anche delle modalità del ravvedimento.

         

        5.3 Sanzioni. L’articolo 39, comma 1, lettera a), del decreto legislativo n. 241 del 1997 prevede che, in caso di violazioni ripetute o particolarmente gravi, è attribuita all’Agenzia delle entrate la possibilità di sospendere la facoltà di rilasciare il visto di conformità, o l’asseverazione, per un periodo da uno a tre anni fino ad inibire tale facoltà in caso di ripetute violazioni, commesse successivamente al periodo di sospensione.

        Inoltre il comma 4 dello stesso articolo 39, prevede la sospensione per un periodo da tre a dodici mesi dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività di assistenza fiscale rilasciata al Caf, quando sono commesse gravi e ripetute violazioni di norme tributarie o contributive e delle disposizioni di cui agli articoli 34 e 35 dello stesso decreto legislativo n. 241 del 1997, nonché quando gli elementi forniti all’Amministrazione finanziaria risultano falsi o incompleti rispetto alla documentazione fornita dal contribuente. In caso di ripetute violazioni, ovvero di violazioni particolarmente gravi, è disposta la revoca dell’esercizio dell’attività di assistenza.

        Si ricorda che ai sensi del comma 4-bis del medesimo articolo 39, la definizione agevolata delle sanzioni ai sensi dell’articolo 16, comma 3, del decreto legislativo n. 472 del 1997, non impedisce l’applicazione della sospensione, dell’inibizione e della revoca.

        Al riguardo, a titolo esemplificativo, si rileva che può configurare una violazione particolarmente grave l’apposizione del visto di conformità su una dichiarazione che contiene dati palesemente ed eccessivamente difformi dalla relativa documentazione (ad esempio, in caso di indicazione di crediti inesistenti ovvero in presenza di cessione di credito, qualora il visto di conformità sia apposto dallo stesso professionista sulle dichiarazioni dei diversi soggetti e il credito sia risultato inesistente) ovvero l’alterazione della scelta del contribuente in merito alla destinazione del due, del cinque o dell’otto per mille dell’imposta sul reddito delle persone fisiche, che costituisce un dato indicato nella dichiarazione fiscale, benché non reddituale.

        Inoltre, come chiarito dalla circolare n. 11/E del 19 febbraio 2008[1], si può considerare violazione particolarmente grave la circostanza che il centro di raccolta – che, ai sensi dell’articolo 16, comma 4, del decreto n. 164 del 1999, può svolgere solo attività di mera raccolta delle dichiarazioni e della relativa documentazione e di consegna ai contribuenti delle dichiarazioni elaborate e dei prospetti di liquidazione – svolga anche attività di assistenza fiscale, travalicando le proprie competenze. Il costante presidio dell’attività svolta dalle proprie sedi operative da parte del Caf è espressione dell’idoneità tecnico-organizzativa introdotta dal decreto semplificazioni, quale requisito occorrente ai fini del corretto esercizio dell’attività di assistenza fiscale.

        Ulteriori sanzioni previste dalla normativa di settore sono collegate all’assenza di requisiti oggettivi o soggettivi negli intermediari (Caf e professionisti abilitati), tra i quali la copertura assicurativa per la specifica attività di apposizione del visto, l’insussistenza di provvedimenti di sospensione dell’Ordine di appartenenza e la sussistenza dei requisiti di cui all’articolo 8 del decreto n. 164 del 1999, ovvero i cosiddetti “requisiti di onorabilità”.

        Il controllo del possesso di tali requisiti, effettuato in sede di vigilanza, avviene attraverso i procedimenti di cui all’articolo 10 e all’articolo 25 del citato decreto n. 164 riferiti, rispettivamente, ai Caf e ai professionisti, che prevedono la rimozione delle irregolarità sanabili previa assegnazione dei termini ivi previsti.

        In caso di mancata regolarizzazione sono contemplate, rispettivamente, per il Caf, la decadenza dall’autorizzazione con cancellazione dall’Albo e, per i professionisti, la revoca dell’abilitazione telematica, nonché la comunicazione all’Ordine professionale per l’eventuale adozione di ulteriori provvedimenti. Nei casi di irregolarità che presentino aspetti di particolare gravità, può essere disposta la sospensione cautelare dell’attività di assistenza.

        Si ritiene che il venir meno del requisito di cui all’articolo 8 del citato decreto n. 164 costituisca una fattispecie di particolare gravità che potrebbe condurre all’adozione di un provvedimento di sospensione cautelare, tenuto conto della rilevanza del requisito di onorabilità e moralità di alto profilo richiesto agli intermediari, al fine di garantire all’Erario la conformità dell’attività posta in essere dagli stessi.

        Al riguardo, la circolare n. 28/E del 2014, riprendendo quanto chiarito nella risoluzione n. 73/E del 13 luglio 2010[2], ha ribadito che la locuzione “reati finanziari” di cui all’art. 8 del decreto n. 164 deve intendersi nell’accezione più ampia, che contiene in sé anche i reati c.d. tributari, costituendo, questi ultimi, una “species” del “genus” reati finanziari. Inoltre, atteso che in base al citato articolo 8, comma 1, lettera c), il rilascio dell’abilitazione è subordinato alla circostanza di non aver commesso violazioni gravi e ripetute, per loro natura ed entità, alle disposizioni in materia contributiva e tributaria, come chiarito nella stessa risoluzione n. 73/E, potranno rilevare anche altre fattispecie di reato, quali ad esempio la bancarotta fraudolenta in concorso e la falsità ideologica commessa da un privato in atto pubblico, per le conseguenze di carattere fiscale-tributario che queste producono.

        Si ritiene, inoltre, che la condanna all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, di cui all’articolo 28 del Codice Penale, inflitta a liberi professionisti, comporti la revoca dell’abilitazione alla trasmissione telematica dei documenti fiscali.

        Ciò in quanto, ai sensi del secondo comma del citato articolo 28, l’interdizione dai pubblici uffici priva il condannato, tra l’altro, di ogni pubblico ufficio, di ogni incarico non obbligatorio di pubblico servizio, e della qualità ad essi inerente di pubblico ufficiale o d’incaricato di pubblico servizio.

        Al riguardo, si rileva che l’abilitazione al servizio telematico, che è interamente regolata da leggi e da regolamenti sia per quanto riguarda il rilascio dell’abilitazione sia per quanto riguarda lo svolgimento dell’attività stessa e le sanzioni in caso di violazioni commesse nell’esercizio dell’attività stessa, accresce la capacità professionale del professionista in quanto lo abilita, tra l’altro, alla trasmissione telematica delle dichiarazioni e dei contratti di locazione e di affitto da sottoporre a registrazione e all’esecuzione dei pagamenti delle imposte.

        Si ritiene che la revoca dell’abilitazione al servizio telematico, disposta ai sensi dell’articolo 8, comma 1, lettera d), del decreto 31 luglio 1998, ovvero in conseguenza di un provvedimento di sospensione di durata non inferiore a 12 mesi o di radiazione irrogato dall’Ordine di appartenenza al professionista, possa avere durata commisurata a quella del provvedimento emanato dall’Ordine di appartenenza, nulla stabilendo sull’aspetto temporale il medesimo articolo 8. 

        Da ultimo, si chiarisce che l’abilitazione non è preclusa in caso di pronuncia di riabilitazione del professionista relativamente alle condanne inflitte, per la natura stessa dell’istituto che reintegra il condannato nella posizione giuridica goduta fino alla pronuncia della sentenza di condanna.

         

        5.4 Attività svolta in assenza di comunicazione. Nell’ipotesi in cui un soggetto eserciti l’attività di assistenza fiscale in assenza della necessaria abilitazione (conseguente alla presentazione all’Agenzia delle entrate della comunicazione di cui all’articolo 21 del decreto n. 164 del 1999 nonché al permanere dei requisiti) possono configurarsi le gravi e ripetute inadempienze agli obblighi derivanti dalla trasmissione telematica delle dichiarazioni che determinano la revoca dell’abilitazione alla trasmissione telematica delle dichiarazioni ai sensi dell’articolo 8 del decreto 31 luglio 1998.

        Alle medesime conclusioni si giunge nel caso in cui le violazioni gravi e ripetute siano state commesse da un professionista che per la trasmissione delle dichiarazioni si avvale di una società di servizi di cui detiene la maggioranza del capitale sociale o che appartiene ad una associazione professionale.

        In tal caso, qualora vengano meno i requisiti necessari per l’abilitazione alla trasmissione telematica delle dichiarazioni, la stessa abilitazione potrà essere revocata in capo alla società di servizi di cui il professionista detenga la maggioranza assoluta di azioni o quote, ovvero all’associazione professionale di cui il professionista contribuisca a costituire la metà degli associati (decreto 18 febbraio 1999).

        Appare opportuno chiarire, da ultimo, che la dichiarazione, o la richiesta di rimborso IVA infrannuale, vistata da un soggetto non abilitato al rilascio del visto di conformità si ritiene a tutti gli effetti non vistata”.



        [1]  In Boll. Trib., 2008, 400.

        [2]  In Boll. Trib., 2010, 1131.



      [1]  In Boll. Trib., 1999, 1046.

      [2]  In Boll. Trib., 2010, 53.

      [3]  In Boll. Trib., 2014, 1318.

      [4]  In Boll. Trib., 2015, 116.



[1]  Circ. 9 maggio 2013, n. 14/E, in Boll. Trib., 2013, 748.

[2]  Circ. 30 dicembre 2014, n. 31/E, in Boll. Trib., 2015, 59.

[3]  In Boll. Trib., 2010, 53.

[4]  In Boll. Trib., 2015, 116.

[5]  In Boll. Trib., 2014, 1318.