17 Maggio, 2018

Circolare 16 maggio 2018, n. 10/E, dell’Agenzia delle entrate

INDICE:
PREMESSA
1. AUTONOMIA DELLA DISCIPLINA AGEVOLATIVA
2. APPLICAZIONE DELL’AGEVOLAZIONE IN PRESENZA DI PERIODI D’IMPOSTA AUTONOMI
3. DETERMINAZIONE DEL CREDITO D’IMPOSTA IN PRESENZA DI OPERAZIONI DI TRASFORMAZIONE
4. DETERMINAZIONE DEL CREDITO D’IMPOSTA IN PRESENZA DI OPERAZIONI DI FUSIONE E DI SCISSIONE
4.1 Operazioni di fusione
4.1.1 Operazioni di fusione intervenute in uno dei periodi rilevanti per il calcolo della media
4.1.2 Operazioni di fusione intervenute in uno dei periodi agevolati
4.1.2.1 Operazioni di fusione con effetti retroattivi
4.1.2.2 Operazioni di fusione senza effetti retroattivi
4.2 Operazioni di scissione
4.2.1 Modalità di attribuzione della media di riferimento
4.2.2 Modalità di attribuzione dei costi agevolabili
4.2.3 Esempio di calcolo
5. DETERMINAZIONE DEL CREDITO D’IMPOSTA IN PRESENZA DI OPERAZIONI DI CONFERIMENTO D’AZIENDA O DI RAMO AZIENDALE
6. ULTERIORI PRECISAZIONI.

“PREMESSA
La disciplina del credito d’imposta per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo, introdotta dall’articolo 3 del decreto legge 23 dicembre 2013, n. 145, pone una serie di problematiche applicative nei casi in cui i soggetti beneficiari siano interessati da operazioni di riorganizzazione aziendale, quali, principalmente, fusioni, scissioni e conferimenti di azienda o rami aziendali (c.d. operazioni straordinarie), che possono essere intervenute anche nel corso del triennio rilevante per il calcolo del parametro storico di riferimento.
Su tali questioni sono pervenute numerose richieste di chiarimenti, attraverso specifiche istanze di interpello che hanno già formato oggetto di trattazione.
Con la circolare n. 5/E del 16 marzo 2016 sono stati forniti chiarimenti interpretativi in merito alla nozione di soggetti neo costituiti ai fini della disciplina agevolativa. Inoltre, con la risoluzione n. 121/E del 9 ottobre 2017 sono stati forniti chiarimenti in relazione alla fattispecie in cui l’applicazione del credito d’imposta riguardi periodi di durata diversa da quella standard (dodici mesi) a causa della modifica della cadenza dell’esercizio sociale. Situazione questa che può presentarsi normalmente anche in occasione di operazioni straordinarie nell’ambito delle quali possono venire a specificarsi periodi fiscali autonomi di durata diversa da quella ordinaria.
In considerazione, tuttavia, dell’importanza che il tema riveste, con la presente circolare, redatta d’intesa con il Ministero dello Sviluppo Economico, a integrazione dei chiarimenti già forniti con i precedenti documenti di prassi, si ritiene opportuno completare il quadro interpretativo affrontando in modo organico le questioni concernenti i riflessi delle diverse operazioni straordinarie sulla disciplina del credito d’imposta e indicando i principi generali e le soluzioni applicative cui si atterrano gli uffici.
Considerato che le soluzioni interpretative indicate nei successivi paragrafi riguardano anche le fattispecie già verificatesi, non può escludersi che in alcuni casi le imprese possano aver adottato comportamenti difformi, determinando il beneficio per i periodi d’imposta 2015, 2016 e 2017 in misura maggiore o minore rispetto a quella spettante.
Nella prima ipotesi, si ritiene che le imprese potranno regolarizzare la propria posizione secondo le ordinarie regole senza applicazione di sanzioni, in considerazione della sussistenza di condizioni di obiettiva incertezza, provvedendo alla presentazione di apposita dichiarazione integrativa e, nel caso di avvenuto utilizzo del credito d’imposta, al versamento dell’importo indebitamente utilizzato in compensazione nonché dei relativi interessi.
Nella seconda ipotesi, ferma restando la possibilità per i contribuenti di utilizzare il maggior credito spettante secondo le ordinarie regole, sarà sufficiente presentare apposita dichiarazione integrativa a favore al fine di rettificare l’importo del credito indicato nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi d’imposta 2015 e 2016.
Prima di entrare nel merito degli argomenti che qui rilevano, si ritiene utile richiamare brevemente il contenuto della disciplina agevolativa, anche alla luce delle modifiche normative da essa subite.
L’articolo 3 del decreto legge 23 dicembre 2013, n. 145 (convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9), interamente sostituito dall’articolo 1, comma 35, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di Stabilità 2015), e successivamente modificato dall’articolo 1, comma 15, della legge 11 dicembre 2016, n. 232 (legge di bilancio 2017), ha introdotto un incentivo a favore di tutte le imprese che investono in attività di ricerca e sviluppo.
In estrema sintesi, viene riconosciuto un credito d’imposta:
– per gli investimenti effettuati a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2020;
– commisurato, per ciascuno dei periodi d’imposta agevolati, all’eccedenza degli investimenti effettuati rispetto alla media degli investimenti realizzati nel periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2014 e nei due precedenti;
– in misura pari al 50 per cento dell’eccedenza riferibile ai costi per il “personale impiegato nell’attività di ricerca e sviluppo”, alle quote di ammortamento dei costi di acquisizione o utilizzazione di strumenti e attrezzature di laboratorio, alle spese per i contratti di ricerca c.d. extra-muros, stipulati con Università, enti di ricerca ed altre imprese, comprese le start-up innovative, nonché ai costi di acquisizione di competenze tecniche e privative industriali relative a un’invenzione industriale o biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale, anche acquisite da fonti esterne (1),
– subordinato alla condizione che nel periodo d’imposta in cui si intende beneficiare dell’agevolazione siano sostenute spese per attività di ricerca e sviluppo rientranti tra quelle ammissibili di importo almeno pari a 30.000 euro;
– entro il tetto massimo annuale di 20 milioni di euro per ciascun beneficiario (2).
Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico del 27 maggio 2015 (di seguito “decreto attuativo”), sono state adottate le disposizioni applicative necessarie al pieno funzionamento dell’incentivo, in relazione al quale sono stati forniti chiarimenti interpretativi con la citata circolare n. 5/E del 16 marzo 2016 e con la successiva circolare n. 13/E del 27 aprile 2017 .
Così riepilogato il contenuto della disciplina agevolativa, si fa presente che nel seguito i riferimenti normativi, per semplicità espositiva, sono effettuati direttamente ai commi dell’articolo 3 del decreto legge n. 145 del 2013 nella formulazione attualmente in vigore e agli articoli del decreto attuativo.

1. AUTONOMIA DELLA DISCIPLINA AGEVOLATIVA
Posto che la normativa, primaria e di attuazione, non contiene specifiche statuizioni in ordine ai riflessi che le operazioni straordinarie, pregresse o attuali, producono sull’applicazione dell’incentivo, si ritiene utile premettere alcune considerazioni, di carattere generale.
La misura agevolativa in esame si sostanzia in un incentivo automatico diretto a finanziare gli investimenti privati incrementali in attività di ricerca e sviluppo, concesso attraverso il riconoscimento di un credito d’imposta utilizzabile esclusivamente in compensazione e la cui determinazione non incide sulle ordinarie modalità di determinazione del reddito imponibile e delle imposte.
La disciplina agevolativa si caratterizza, quindi, per la sua sostanziale autonomia rispetto alla ordinaria disciplina di determinazione del reddito di impresa.
Con le citate circolari n. 5/E del 2016 e n. 13/E del 2017, è stato evidenziato in che modo tale autonomia si manifesti in relazione a taluni specifici profili applicativi che appare opportuno richiamare.
Un primo profilo attiene ai criteri di individuazione, determinazione e imputazione temporale dei costi ammissibili.
Al riguardo, con la circolare n. 5/E del 2016, è stato, in particolare, affermato che il riferimento al criterio della competenza fiscale di cui all’articolo 109 del Tuir, richiamato dall’articolo 4, comma 1, del decreto attuativo, «è un criterio generale, applicabile a tutte le categorie di costo eleggibili, a prescindere dalla circostanza che il soggetto beneficiario applichi tale regola per la determinazione del proprio reddito imponibile ai fini delle imposte sul reddito».
Pertanto, ai fini del computo del credito d’imposta, anche i soggetti che determinano il proprio reddito su base catastale o forfettaria devono imputare i costi eleggibili ai singoli periodi agevolati in base alle regole individuate dall’articolo 109 del Tuir.
Con il medesimo documento di prassi è stato, inoltre, chiarito che ai fini della determinazione del credito spettante non rilevano i diversi criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti per i soggetti che redigono il bilancio in conformità ai principi contabili internazionali.
In proposito, è appena il caso di precisare che l’applicazione dell’articolo 109 del Tuir resta ferma agli effetti dell’agevolazione anche per i soggetti, diversi dalle micro imprese di cui all’articolo 2435-ter del codice civile, i quali, a seguito delle modifiche apportate all’articolo 83 del Tuir dal decreto legge 30 dicembre 2016, n. 244 (convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n. 19), decorrenti dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2015, determinano il reddito d’impresa con regole similari a quelle dei soggetti IAS adopter (cfr. articolo 83, comma 1, terzo periodo, del Tuir).
Sulla base del criterio di imputazione temporale dei costi, sancito dall’articolo 109 del Tuir e applicato in via autonoma nell’ambito della disciplina agevolativa, concorrono quindi alla determinazione del credito d’imposta spettante nei singoli periodi agevolati anche i costi che in sede contabile siano eventualmente oggetto di capitalizzazione e la cui deduzione fiscale sia rinviata ai successivi periodi.
In concreto, pertanto, può ben accadere che in un determinato periodo agevolato i costi ammissibili rilevanti per il calcolo del credito d’imposta non coincidano con i costi rilevanti per il medesimo periodo ai fini della determinazione del reddito d’impresa; fermo restando ovviamente il principio secondo cui un determinato costo può rilevare ai fini agevolativi una sola volta.
L’impostazione adottata, si osserva, risponde chiaramente all’esigenza di uniformare il trattamento dei soggetti beneficiari dell’incentivo, evitando che le diverse regole contabili e di determinazione del reddito imponibile possano generare discriminazioni (a vantaggio o a svantaggio) nel calcolo del credito d’imposta.
Un secondo profilo in relazione al quale è stata affermata l’autonomia della disciplina agevolativa è quello concernente la c.d. “clausola di territorialità” e cioè la condizione posta dall’articolo 4, comma 5, del decreto attuativo, secondo cui, nel caso di “ricerca contrattuale” (c.d. “extra-muros”), vengono considerati agevolabili solo i costi sostenuti nei confronti di controparti residenti o localizzate in Stati membri dell’UE, in Stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) ovvero in Paesi e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni.
Anche in questo caso si assiste ad una divaricazione sostanziale tra la disciplina agevolativa de qua e la disciplina del reddito d’impresa; infatti, i costi sostenuti nei confronti di controparti residenti o localizzate in Paesi “non collaborativi” sono comunque esclusi dal beneficio, a prescindere dalla circostanza che gli stessi costi siano ammessi in deduzione ai diversi effetti del reddito d’impresa.
Con la circolare n. 13/E del 2017 (paragrafo 4.3.6), peraltro, è stato ulteriormente precisato che l’ineleggibilità dei costi derivanti da attività di ricerca effettuata in Paesi c.d. “non collaborativi”, «… ancorché esplicitata solo con riferimento alle spese per la ricerca contrattuale con imprese indipendenti, costituisca espressione di una regola generale che trova fondamento nella natura agevolativa della disciplina del credito d’imposta e nella sua autonomia rispetto alla disciplina del reddito d’impresa».
Conseguentemente, tale esclusione è stata ritenuta applicabile anche nel caso della ricerca infra-gruppo, nonché nel caso di ricerca eseguita da una stabile organizzazione collocata in uno di tali Paesi per conto di una casa madre residente in Italia.
In tali circostanze, è stato anche precisato che, in ragione della natura incrementale dell’incentivo, la effettiva possibilità di acquisire informazioni sul soggetto estero che svolge l’attività di ricerca sin dal primo periodo d’imposta rilevante ai fini del calcolo della media di riferimento costituisce condizione per l’ammissibilità dei relativi costi, a prescindere dai criteri valevoli ai fini del riconoscimento degli stessi in sede di determinazione della base imponibile agli effetti delle imposte sui redditi.
Un terzo profilo in relazione al quale si manifesta l’autonomia della disciplina agevolativa – e che come si dirà assume particolare rilevanza proprio ai fini che qui occupano – è quello che riguarda la “ricerca infra-gruppo”: il caso cioè in cui l’esecuzione delle attività di ricerca e sviluppo agevolabili viene commissionata, in base ad apposito contratto, da una società residente ad un’altra società, sia residente sia non residente, appartenente allo stesso gruppo dell’impresa committente.
Com’è noto, infatti, il decreto attuativo ha espressamente escluso che i contratti di ricerca infra-gruppo possano assumere, in quanto tali, rilevanza ai fini del credito d’imposta.
Come chiarito però nella relazione illustrativa al decreto attuativo, il disconoscimento dei contratti di ricerca infra-gruppo non comporta l’esclusione assoluta dal credito d’imposta degli investimenti così effettuati, ma soltanto la riqualificazione della ricerca svolta infra-gruppo da ricerca extra-muros a ricerca intra-muros (circolare n. 5/E del 2016, paragrafo 2.2.3).
Conseguentemente, mentre ai fini del reddito d’impresa il contratto di ricerca rimane a tutti gli effetti rilevante, ai fini della disciplina agevolativa il contratto viene “neutralizzato” e l’applicazione del credito d’imposta avviene come se le attività fossero state eseguite direttamente dall’impresa committente, la quale deve considerare i soli costi addebitati dalla commissionaria riferibili alle categorie di costi eleggibili, escludendo dal computo i costi riaddebitati aventi natura diversa da quelli ammissibili o il mark-up applicato dalla società commissionaria.
Pertanto, ai fini della corretta determinazione del credito d’imposta, nonché dei successivi controlli, l’impresa committente è tenuta ad acquisire dalla società commissionaria la documentazione probatoria necessaria per la ricostruzione analitica dei costi ammissibili.
Anche alla base di detta impostazione – attesa la natura agevolativa della disciplina – oltre alla diversa configurazione della ricerca infra-gruppo vi sono motivi di cautela, soprattutto in punto di controllo della congruità e della pertinenza dei costi agevolabili.
In questo quadro si ritiene, più in generale, sul piano sistematico, che la disciplina agevolativa de qua debba essere interpretata secondo principi che ne salvaguardino la natura (di incentivo) e la finalità (far crescere gli investimenti privati in ricerca e sviluppo) e che consentano un adeguato controllo sull’utilizzo dello strumento, prescindendo dalle regole applicabili in sede di determinazione del reddito d’impresa ogniqualvolta la loro automatica estensione in ambito agevolativo possa alterare la funzione assegnata all’incentivo dal legislatore o dare luogo anche a ingiustificabili disparità di trattamento tra imprese.
In coerenza con tale impostazione, si ritiene che l’autonomia della disciplina agevolativa rispetto a quella del reddito d’impresa debba essere affermata anche in relazione alle problematiche che emergono dall’applicazione del credito d’imposta in presenza di operazioni straordinarie, soprattutto con riguardo alle operazioni poste in essere nell’ambito dei gruppi societari o tra parti correlate.
Conseguentemente, laddove l’automatica estensione al credito d’imposta delle regole valevoli ai fini della disciplina del reddito d’impresa dovesse avere effetti contrastanti con le finalità e le caratteristiche dell’incentivo, occorrerà privilegiare sul piano interpretativo le soluzioni che meglio garantiscano il rispetto di dette finalità e caratteristiche.

2. APPLICAZIONE DELL’AGEVOLAZIONE IN PRESENZA DI PERIODI D’IMPOSTA AUTONOMI
Una prima tematica generale su cui soffermare l’attenzione attiene alla corretta applicazione della disciplina agevolativa nel caso in cui durante la sua vigenza (sestennio 2015-2020) vengano a specificarsi periodi d’imposta di durata diversa da quella ordinaria di dodici mesi.
In merito, con la risoluzione n. 121 /E del 9 ottobre 2017, è stato chiarito che l’arco temporale di applicazione dell’incentivo disposto dalla disciplina agevolativa corrisponde, complessivamente, a sei periodi d’imposta di durata standard (ovvero a complessivi settantadue mesi). Di conseguenza, nell’ipotesi di chiusura anticipata di uno dei periodi d’imposta agevolati – come quella rappresentata nel citato documento di prassi – o posticipata, al fine di evitare incongruenze nonché ingiustificate disparità di trattamento, è necessario adeguare la tempistica per la determinazione del credito spettante in modo da garantire la possibilità di accedere al beneficio per un arco temporale complessivamente non superiore e non inferiore a settantadue mesi.
La circostanza per cui si vengano a creare periodi d’imposta di durata diversa da quella standard di dodici mesi non dovrebbe infatti, in via di principio, generare effetti distorsivi – a vantaggio o a svantaggio – nel calcolo del beneficio attribuibile.
Al contempo, però, occorre muovere dalla considerazione che sul piano sostanziale (nonché dichiarativo) la disciplina agevolativa viene ad applicarsi autonomamente per ciascun periodo d’imposta così come individuato dalla disciplina fiscale.
Ciò comporta, nella generalità dei casi, e cioè con riferimento ai soggetti già esistenti prima dell’entrata in vigore della disciplina, che il calcolo dell’incentivo avviene in ciascun periodo d’imposta confrontando il volume dei costi ammissibili sostenuti nel periodo agevolato con il parametro storico e cioè con il volume medio degli investimenti effettuati, a seconda dei casi, nel triennio 2012-2014 o nel biennio 2013-2014 o nel solo anno 2014.
Si ricorda al riguardo che la norma di rango primario e il decreto attuativo prevedono la concessione del beneficio in relazione a singoli periodi d’imposta, calcolato sull’eccedenza dei costi di competenza del periodo per il quale si intende accedere all’agevolazione rispetto alla media dei costi ammissibili sostenuti nei tre periodi d’imposta precedenti al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2015.
Tuttavia, sia l’articolo 3 (al comma 3) sia il decreto attuativo (all’articolo 5) riconoscono il beneficio fino ad un importo massimo “annuale” di 20 milioni di euro (5 milioni di euro fino al periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2016).
Si ritiene che la diversa terminologia, riscontrabile nel corpo delle richiamate disposizioni, sia da ricondurre alla volontà del legislatore di attribuire rilevanza, ai fini dell’applicazione dell’agevolazione, ai singoli periodi d’imposta, a prescindere dalla durata degli stessi, ma sulla base di parametri (i.e., ammontare minimo di investimenti, importo massimo del credito riconosciuto, nonché le stime relative all’impatto della misura sul gettito erariale) calcolati su periodi di durata standard, pari a dodici mesi.
La presenza di periodi di durata diversa dai dodici mesi comporta, pertanto, la necessità di operare il ragguaglio dei parametri rilevanti per il calcolo del credito e, quindi, sia dell’ammontare minimo di investimenti richiesto per l’accesso al beneficio, sia dell’importo massimo del credito d’imposta riconosciuto annualmente a ciascun beneficiario.
La necessità di ragguagliare alla durata del periodo d’imposta agevolato l’importo di 30.000 euro, richiesto quale ammontare minimo di spesa per l’accesso al beneficio, è già stata affermata nella circolare n. 5/E del 2016 (paragrafo 3.1); coerentemente, deve ritenersi che anche l’importo massimo annuale del beneficio spettante deve essere soggetto alla medesima operazione di ragguaglio al fine di consentire – in linea generale – che il medesimo beneficiario non acceda al credito per un importo eccedente il massimale previsto nell’arco di dodici mesi.
Inoltre, al fine di garantire l’omogeneità dei valori messi a confronto per la determinazione del credito spettante, si rende necessario – come già evidenziato nella richiamata risoluzione n. 121/E del 2017 – ragguagliare alla durata del periodo per il quale si intende accedere al beneficio anche il parametro rappresentato dalla media storica di riferimento.
Alla luce di quanto finora considerato, è possibile affermare, in definitiva, che tutte le volte in cui ci si trovi in presenza di un periodo agevolato di durata inferiore o superiore a quella standard di dodici mesi, i parametri rilevanti per il meccanismo di calcolo del credito d’imposta (importo minimo di investimenti, importo massimo del credito spettante e media storica di riferimento) devono essere ragguagliati alla durata effettiva del periodo agevolato. E ciò indipendentemente dalla causa che ne ha comportato la contrazione o l’estensione: quindi, anche a seguito di operazioni di riorganizzazione aziendale, quali trasformazioni, fusioni e scissioni, idonee a generare periodi d’imposta fiscali autonomi e la cui casistica applicativa viene affrontata nei paragrafi seguenti.

3. DETERMINAZIONE DEL CREDITO D’IMPOSTA IN PRESENZA DI OPERAZIONI DI TRASFORMAZIONE
Le problematiche applicative che possono insorgere nella determinazione del credito d’imposta per effetto di un’operazione di trasformazione attengono proprio alla formazione di periodi fiscali autonomi di durata non standard.
Si ricorda che l’operazione di trasformazione rappresenta una vicenda modificativa dell’atto costitutivo, che può determinare il passaggio da uno ad altro modello di organizzazione societaria o la trasformazione di una società in ente (o viceversa).
Nel primo caso, l’operazione può riguardare modelli societari dello stesso tipo (società di capitali che si trasforma in un’altra società di capitali e società di persone che si trasforma in un’altra società di persone) oppure modelli di tipo diverso: in questa seconda fattispecie, è definita trasformazione “progressiva” quella di una società di persone in una società di capitali e trasformazione “regressiva” quella di una società di capitali in una società di persone.
Proprio con riferimento ai casi di trasformazione progressiva o regressiva, l’articolo 170, comma 2, del Tuir prevede che il periodo compreso tra l’inizio del periodo d’imposta e la data in cui ha effetto la trasformazione costituisce autonomo periodo d’imposta.
In relazione a tale autonomo periodo d’imposta – in ragione delle argomentazioni sopra esposte – il soggetto “trasformando” ha diritto a calcolare il credito d’imposta per i costi ammissibili ad esso imputabili in base alle regole di competenza previste dalla disciplina agevolativa e soprarichiamate.
E naturalmente per il periodo d’imposta che decorre dalla data di efficacia giuridica della trasformazione, il diritto ad accedere al beneficio sorgerà in capo al soggetto risultante dall’operazione di trasformazione.
In ossequio al criterio di omogeneità dei valori messi a confronto, occorre effettuare il ragguaglio della media storica di riferimento e degli altri parametri rilevanti ai fini del calcolo del credito d’imposta.
Una volta determinata, con riferimento a ciascuno dei due periodi autonomi, l’eccedenza agevolabile, occorre poi verificare che il credito d’imposta spettante non superi comunque l’importo massimo fissato dalla disciplina su base annua, anch’esso ragguagliato in ragione della diversa durata del periodo d’imposta.
Si supponga, a titolo esemplificativo, che una società in nome collettivo esistente dal 2012 e con media storica pari a 38.000 euro si sia trasformata in una società a responsabilità limitata nel corso del 2017, con effetto dal 1° ottobre, e che il primo esercizio post trasformazione si sia chiuso il 31 dicembre 2017.
In tale scenario, vengono ad individuarsi due periodi autonomi e precisamente il periodo 1° gennaio 2017 – 30 settembre 2017 (ultimo periodo della società di persone) e il periodo 1° ottobre – 31 dicembre 2017 (primo periodo della società a responsabilità limitata). La società di persone ha quindi diritto a calcolare il credito d’imposta per il periodo 1° gennaio 2017 – 30 settembre 2017, ragguagliando a nove mesi la media storica di riferimento, mentre la società di capitali calcola il credito per il periodo 1° ottobre 2017 – 31 dicembre 2017, confrontando i costi di competenza di detto periodo con la medesima media di riferimento, ragguagliata a tre mesi.
Si ipotizzi, inoltre, che le spese ammissibili imputabili alla società di persone ammontino a 34.000 euro e che quelle imputabili alla società a responsabilità limitata ammontino a 12.000 euro. In questa situazione, il credito d’imposta relativo al periodo ante trasformazione è calcolato su un’eccedenza pari a 5.500 euro, risultante dalla differenza tra 34.000 euro e 28.500 euro (pari a nove dodicesimi della media storica), mentre il credito d’imposta relativo al periodo post trasformazione è calcolato su un’eccedenza pari a 2.500 euro, risultante dalla differenza tra 12.000 euro e 9.500 euro (pari ai tre dodicesimi della media storica).
Conseguentemente, il credito d’imposta relativo al periodo ante trasformazione è pari a 2.750 euro (50 per cento dell’eccedenza agevolabile pari a 5.500 euro), mentre il credito d’imposta relativo al periodo post trasformazione è pari a 1.250 euro (50 per cento dell’eccedenza agevolabile pari a 2.500 euro).
Per accedere al beneficio, la società di persone è tenuta ad effettuare investimenti agevolabili almeno pari a 22.500 euro (valore calcolato ragguagliando a nove mesi la soglia minima di investimenti ammissibili, pari a 30.000 euro), mentre la società di capitali è tenuta a superare la soglia di 7.500 euro di investimenti ammissibili.
Parimenti, l’importo massimo del credito spettante deve essere ragguagliato alla durata del periodo d’imposta agevolato, al fine di garantire che nell’arco di dodici mesi il medesimo soggetto investitore, che ha semplicemente modificato la propria veste giuridica, non maturi un credito d’imposta superiore al massimale fissato ex lege.
Nell’ipotesi considerata, pertanto, il credito d’imposta spettante non può superare, rispettivamente, 15 milioni di euro per la società di persone e 5 milioni di euro per la società di capitali.
Per i periodi imposta successivi, la società risultante dall’operazione di trasformazione calcola il credito d’imposta avendo riguardo alla media storica di riferimento determinatasi in capo al soggetto trasformato per il suo intero valore.
La trasformazione non comporta, infatti, estinzione dell’ente che ha effettuato l’operazione, ma la sua continuazione con altra veste giuridica con la conservazione di tutti i diritti e gli obblighi, nonché la prosecuzione in tutti i rapporti anche processuali del soggetto trasformato.
Va da sé che, in ipotesi di operazione di trasformazione intervenuta in uno dei periodi rilevanti per il calcolo della media storica, la società risultante dall’operazione che intenda accedere al beneficio è tenuta a considerare anche i costi rilevanti per il calcolo del parametro di riferimento sostenuti prima della trasformazione.
Attesa la continuità e l’identità sostanziale tra il soggetto trasformato ed il soggetto risultante dall’operazione, si ritiene corretto, inoltre, poter affermare che la somma dei crediti maturati da entrambi i soggetti, secondo le descritte modalità, non può essere diversa dall’ammontare del credito che sarebbe determinabile nel caso in cui non ci fosse stata l’operazione di trasformazione.
Ne consegue che il beneficio effettivamente spettante o, in estrema ipotesi, lo stesso diritto al beneficio può essere determinato solo a consuntivo, sulla base del confronto dei costi agevolabili sostenuti complessivamente dal soggetto dante causa e da quello avente causa, rispettivamente, nel periodo d’imposta precedente e nel primo periodo d’imposta successivo all’operazione di trasformazione, assumendo la media storica di riferimento per il suo intero valore.
Di conseguenza, il credito d’imposta spettante per il periodo ante trasformazione non può considerarsi definitivo nell’an e nel quantum se non all’esito positivo della verifica da effettuare a conclusione del primo periodo d’imposta post trasformazione.
A titolo esemplificativo, si consideri l’ipotesi di una società di capitali, esistente al 1° gennaio 2012, che si sia trasformata in una società di persone con efficacia dal 1° luglio 2017. Si assuma che la media storica di riferimento della società di capitali sia pari a 40.000 euro. Si assuma, altresì, che nel periodo d’imposta 1° gennaio 2017-30 giugno 2017, a seguito della ultimazione di un progetto di ricerca commissionato ad una Università, la società trasformata abbia sostenuto costi di ricerca agevolabili per 35.000 euro, mentre la società di persone, nel primo periodo d’imposta post trasformazione non sostenga costi agevolabili.
Nella fattispecie ipotizzata, con riferimento al periodo d’imposta precedente l’operazione (periodo 1° gennaio 2017 – 30 giugno 2017), il credito d’imposta teoricamente spettante alla società di capitali ammonterebbe a 7.500 euro (pari al 50 per cento della differenza tra 35.000 euro e 20.000 euro, valore ascrivibile al ragguaglio della media storica), mentre la società di persone nel primo periodo post trasformazione non maturerebbe alcun credito.
Tuttavia, a consuntivo, dal confronto dei costi complessivamente sostenuti nel 2017 (pari a 35.000 euro) con la media storica di riferimento (pari a 40.000 euro) non risulta un’eccedenza agevolabile. Quindi, di fatto, nello scenario ipotizzato, per il 2017 nessuno dei soggetti interessati ha diritto al credito d’imposta.
Si consideri, altresì, l’ipotesi di una società di capitali, esistente al 1° gennaio 2012, con media storica di riferimento pari a 40.000 euro, che si sia trasformata in una società di persone con efficacia dal 1° luglio 2017. Si assuma che, nel periodo d’imposta 1° gennaio 2017-30 giugno 2017, la società trasformata abbia sostenuto costi di ricerca agevolabili per 19.000 euro, mentre la società di persone, nel primo periodo d’imposta post trasformazione, abbia sostenuto costi agevolabili per 90.000 euro. In tale evenienza, con riferimento al periodo d’imposta precedente l’operazione (periodo 1° gennaio 2017 – 30 giugno 2017), la società trasformata non maturerebbe alcun credito (in quanto non ha un’eccedenza agevolabile), mentre la società di persone nel primo periodo post trasformazione maturerebbe un credito teorico di 35.000 euro (pari al 50 per cento dell’incremento agevolabile dato dalla differenza tra i 90.000 euro di costi sostenuti nel periodo e 20.000 euro, ascrivibili alla metà della media storica di riferimento).
Tuttavia, a consuntivo, dal confronto dei costi complessivamente sostenuti nel 2017 (pari a 109.000 euro) con la media storica di riferimento (pari a 40.000 euro) emerge un’eccedenza agevolabile di 69.000 euro e quindi un credito effettivamente spettante di 34.500 euro, inferiore a quello teorico di 35.000 euro calcolato in precedenza.
Sempre a titolo esemplificativo, riprendendo i dati del precedente esempio (società di capitali con media storica di riferimento pari a 40.000 euro che si sia trasformata in società di persone con decorrenza 1° luglio 2017), si ipotizzi, invece, che nel periodo ante operazione vengano sostenuti costi ammissibili per 21.000 euro e in quello post trasformazione costi ammissibili per 26.000 euro.
In tale ipotesi, per il periodo d’imposta ante trasformazione, il credito d’imposta teoricamente spettante ammonterebbe a 500 euro (pari al 50 per cento dell’eccedenza risultante dalla differenza tra 21.000 euro e 20.000 euro), mentre per il primo periodo post trasformazione il credito d’imposta teoricamente spettante sarebbe di 3.000 euro (pari al 50 per cento dell’eccedenza risultante dalla differenza tra 26.000 euro e 20.000 euro).
A consuntivo, dal confronto dei costi complessivamente sostenuti nel 2017 (pari a 47.000 euro) con la media storica di riferimento (pari a 40.000 euro), risulta un’eccedenza di 7.000 euro e, quindi, un credito d’imposta spettante per il 2017 pari a 3.500 euro.
In quest’ultimo scenario, il credito maturato in relazione al periodo d’imposta ante trasformazione viene a consolidarsi e risulta effettivamente spettante per l’ammontare teoricamente calcolato.
Considerato, quindi, che, in caso di operazioni di trasformazione interruttive del periodo d’imposta, il diritto al credito con riferimento ai periodi ante e post operazione si perfeziona e può essere quantificato solo alla chiusura del primo periodo d’imposta successivo alla trasformazione, dal punto di vista operativo si ritiene che, per esigenze di semplificazione, detto credito debba essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa a tale ultimo periodo e possa essere utilizzato in compensazione solo a decorrere dal primo giorno del periodo d’imposta successivo.

4. DETERMINAZIONE DEL CREDITO D’IMPOSTA IN PRESENZA DI OPERAZIONI DI FUSIONE E DI SCISSIONE
L’applicazione del credito d’imposta presenta elementi di complessità anche nel caso in cui il soggetto beneficiario sia interessato, nel corso di uno dei periodi rilevanti ai fini del calcolo del beneficio, da operazioni di fusione o di scissione.
Tali operazioni incidono sul calcolo dell’agevolazione sia se sono state poste in essere nel corso di uno dei periodi d’imposta rilevanti ai fini della determinazione della media di riferimento, sia se realizzate in uno dei periodi agevolati.
Nel primo caso, fusioni e scissioni hanno riflessi solo sul calcolo della media di riferimento, nel secondo caso, oltre che sulla determinazione di tale parametro, possono influenzare anche la determinazione degli investimenti agevolabili.
L’impatto che dette operazioni hanno sulla determinazione del credito d’imposta è dovuto sia alla loro natura di operazioni che determinano aggregazione e/o disaggregazione di complessi aziendali, sia alla natura successoria delle stesse.
Nel caso della fusione e della scissione si verifica, infatti, il subentro in regime di continuità – da parte della società incorporante (o risultante) e delle società beneficiarie (nonché della stessa scissa in ipotesi di scissione parziale) – nelle vicende e nelle posizioni fiscali specificatesi in capo alle società incorporate (o fuse) o scisse.
Ciò premesso, di seguito si forniscono chiarimenti sull’applicazione della disciplina agevolativa in presenza di fusioni e di scissioni, trattando separatamente le due tipologie di operazioni.

4.1 Operazione di fusione. Per quanto riguarda le operazioni di fusione, è opportuno anzitutto distinguere, come si è detto, quelle poste in essere nel corso di uno degli anni rilevanti per il calcolo della media storica di riferimento (nella generalità dei casi, in uno degli anni ricadenti nel triennio 2012-2014), da quelle realizzate durante il periodo di vigenza dell’agevolazione (nella generalità dei casi, in uno degli anni ricompresi tra il 2015 e il 2020).

4.1.1 Operazioni di fusione intervenute in uno dei periodi rilevanti per il calcolo della media. Nel caso di operazione di fusione intervenuta in uno dei periodi rilevanti ai fini del calcolo della media di riferimento, il soggetto risultante dall’operazione – in virtù del sub-ingresso, in regime di continuità, nella totalità delle vicende e delle posizioni fiscali che si riferiscono alle società incorporate (o fuse) – è tenuto a considerare anche i costi rilevanti ai fini del calcolo del parametro storico di riferimento da queste sostenuti.
Assumendo che i soggetti partecipanti all’operazione di fusione abbiano periodi coincidenti con l’anno solare e siano stati costituiti prima del 2012, la società incorporante (o risultante) deve sommare tutti i costi rilevanti sostenuti nel 2012, nel 2013 e nel 2014 dalle società interessate dall’operazione e dividere per tre il risultato di tale somma.
È il caso di osservare che, con riferimento alle fusioni intervenute in uno di detti periodi, è del tutto indifferente ai fini del calcolo del parametro storico che le stesse abbiano avuto o meno effetti retroattivi; anche in caso di fusione senza effetti retroattivi intervenuta nel corso di uno dei periodi d’imposta rilevanti ai fini del calcolo della media, infatti, le spese sostenute dalla società incorporata fino alla data di efficacia giuridica dell’operazione sono comunque imputabili, ai fini del calcolo della media, al soggetto incorporante.
Si ritiene opportuno precisare, inoltre, che il medesimo criterio di calcolo della media storica si applica anche nel caso di operazioni tra soggetti aventi una diversa “anzianità”, a prescindere dalla circostanza che il soggetto incorporante sia o meno il più “anziano”.
Al riguardo, si ritengono validi i chiarimenti forniti con la circolare n. 90/E del 17 ottobre 2001 (emanata a commento della detassazione degli utili reinvestiti in beni strumentali di cui all’articolo 4 della legge 18 ottobre 2001, n. 383, c.d. “Tremonti-bis”) nella quale è stato affermato che, nel caso di fusione propria o per incorporazione, al fine di individuare i periodi d’imposta rilevanti per il calcolo della media, deve farsi riferimento alla società che ha iniziato l’attività prima delle altre.
Quindi, nel caso, ad esempio, di fusione per incorporazione con efficacia 1° luglio 2014 di una società costituita prima del 2012 da parte di una società costituita nel 2013, ai fini del calcolo della media di riferimento, è necessario sommare tutti i costi eleggibili sostenuti dall’incorporata dal 1° gennaio 2012 al 30 giugno 2014 con quelli sostenuti dall’incorporante nel 2013 e nel 2014 e dividere per tre tale ammontare.
Nel caso in cui la fusione avesse avuto efficacia contabile e fiscale retrodatata al 1° gennaio 2014, la media sarebbe stata calcolata sommando i costi sostenuti dall’incorporata dal 1° gennaio 2012 al 31 dicembre 2013 e quelli sostenuti dall’incorporante dal 1° gennaio 2013 al 31 dicembre 2014, comprensivi anche dei costi sostenuti dall’incorporata dal 1° gennaio 2014 al 30 giugno 2014 che per effetto della retrodatazione vengono imputati all’incorporante, e dividendo per tre tale ammontare.

4.1.2 Operazioni di fusione intervenute in uno dei periodi agevolati. Per quanto riguarda, invece, le conseguenze sul calcolo del credito d’imposta delle operazioni di fusione intervenute o che intervengano in uno dei periodi agevolati, occorre distinguere a seconda che tali operazioni abbiano avuto o meno effetti retroattivi ai sensi dell’articolo 172, comma 9, del Tuir.
In generale, nel caso di operazioni di fusione poste in essere nel corso di uno dei periodi agevolati, con riferimento al calcolo della media storica da parte del soggetto avente causa, si ritiene che la società incorporante (o risultante) erediti direttamente la media di riferimento della società incorporata, così come calcolata in capo a quest’ultima, e non già i singoli costi eleggibili.
Tale soluzione appare coerente con il fatto che, in tale ipotesi, al momento in cui interviene l’operazione, ciascuna società ha già “maturato” una propria media di riferimento, consolidatasi come autonoma caratteristica rilevante ai fini dell’agevolazione; senza considerare, inoltre, che tale media potrebbe aver già assunto autonoma e concreta rilevanza per l’applicazione del beneficio con riguardo ad un periodo precedente a quello in cui avviene la fusione.

4.1.2.1 Operazioni di fusione con effetti retroattivi. Per quanto riguarda le operazioni di fusione retrodatate, il calcolo del credito d’imposta con riferimento al periodo nel corso del quale viene posta in essere l’operazione non presenta particolari problematiche.
Infatti, per effetto della retrodatazione contabile e fiscale, gli investimenti agevolabili sostenuti dalle società incorporate o fuse fino al giorno antecedente quello di efficacia giuridica dell’operazione rilevano direttamente in capo al soggetto incorporante (o risultante dalla fusione), in quanto la retrodatazione evita l’insorgenza di un autonomo periodo d’imposta in capo alle società incorporate o fuse anche ai fini della spettanza del credito d’imposta.
Così, ipotizzando che un’operazione di fusione per incorporazione tra due società con esercizio coincidente con l’anno solare ed entrambe esistenti al 1° gennaio 2012 sia posta in essere in data 1° aprile 2018 (data di efficacia giuridica), con effetti (contabili e fiscali) retrodatati al 1° gennaio 2018, la società incorporante calcola il credito d’imposta assumendo: a) come investimenti agevolabili, l’importo risultante dalla somma dei costi ammissibili sostenuti dall’incorporata fino al 31 marzo 2018 e di quelli sostenuti in proprio ante e post fusione; b) come parametro storico di raffronto, l’importo risultante dalla somma della media dell’incorporata con la media dell’incorporante.
Si supponga, a titolo esemplificativo, che l’incorporata abbia sostenuto, dal 1° gennaio 2018 al 31 marzo 2018, costi agevolabili per 19.000 euro e abbia una media di riferimento pari a 5.000 euro, che i costi di ricerca e sviluppo complessivamente sostenuti dall’incorporante nel 2018 ammontino a 20.000 euro e quest’ultima abbia una media di riferimento pari a 8.000 euro.
Ai fini del calcolo del credito d’imposta spettante all’incorporante per il 2018, i costi (complessivi) eleggibili ammontano a 39.000 euro e la media di riferimento è pari a 13.000 euro. In tale ipotesi, dunque la società incorporante per il 2018 applica una sola volta la disciplina e ha diritto al credito d’imposta in misura pari a 13.000 euro (pari al 50 per cento dell’eccedenza risultante dalla differenza tra 39.000 euro e 13.000 euro).

4.1.2.2 Operazioni di fusione senza effetti retroattivi. Le operazioni di fusione, realizzate in uno dei periodi agevolati, non retrodatate ai fini contabili e fiscali, determinano la chiusura anticipata dell’esercizio delle società incorporate o fuse che costituisce, per queste ultime, un autonomo periodo d’imposta.
Relativamente a tale periodo, in virtù dell’affermato principio di autonomia dei periodi d’imposta agevolati, la società incorporata o fusa ha diritto al credito d’imposta in relazione ai costi eleggibili sostenuti fino alla data di efficacia giuridica dell’operazione di riorganizzazione ed imputabili a detto periodo secondo le regole generali di competenza fiscale di cui all’articolo 109 del Tuir.
È il caso di precisare, tuttavia, con specifico riferimento alla categoria di spese agevolabili di cui alla lettera d) del comma 6 dell’articolo 3, relative a “competenze tecniche e privative industriali”, che trovano rappresentazione contabile in elementi dell’attivo patrimoniale, che detti costi – ove imputabili al periodo ante fusione secondo i criteri dettati dall’articolo 109 del Tuir – assumono rilevanza pro-rata temporis sia in capo alla società incorporata (o fusa) sia in capo alla società incorporante.
A titolo esemplificativo, con riferimento ad un’operazione di fusione posta in essere in data 1° aprile 2018, nel caso in cui, nel mese di gennaio 2018, la società incorporata abbia proceduto all’acquisto di un brevetto per invenzione destinato ad essere utilizzato esclusivamente nelle attività di ricerca e sviluppo ammissibili, con un valore agevolabile pari a 24.000 euro, tale valore rileva per 6.000 euro (cioè i 3/12) tra gli investimenti agevolabili della società incorporata e per i restanti 18.000 euro (cioè i 9/12) tra gli investimenti della società incorporante.
Sempre ai fini del calcolo del credito d’imposta in capo all’incorporata, si ritiene, inoltre, che l’insorgenza di un periodo d’imposta autonomo di durata inferiore ai dodici mesi esplichi effetti sui parametri rilevanti ai fini del calcolo del credito d’imposta, nel senso che sia l’ammontare minimo di investimenti richiesto per accedere al beneficio sia l’ammontare massimo di credito spettante devono essere ragguagliati alla durata del periodo agevolato.
Quanto al dato da assumere come media storica di raffronto, si ritiene che anche tale valore debba essere ragguagliato alla durata del periodo agevolato in capo alla società incorporata e vada attribuito per la restante parte alla società incorporante.
Pertanto, ai fini del calcolo del credito d’imposta in relazione al periodo che precede l’operazione, la società incorporata deve assumere il parametro storico di riferimento ragguagliato allo stesso numero di mesi per i quali sostiene i costi agevolabili; la parte di media relativa ai restanti mesi deve essere assunta dalla società incorporante ai fini della determinazione del beneficio nel periodo d’imposta nel corso del quale avviene l’operazione e deve essere sommata a quella determinata in capo alla stessa sulla base delle regole ordinarie.
Riprendendo l’esempio della fusione posta in essere in data 1° aprile 2018 senza effetti retroattivi e ipotizzando che la media storica della società incorporata sia pari a 180.000 euro, il valore in questione deve incidere sul calcolo del credito d’imposta della società incorporata per i 3/12 del suo ammontare (cioè 45.000 euro), mentre i restanti 9/12 (pari a 135.000 euro) devono incidere sul calcolo del credito d’imposta della società incorporante.
Va da sé che per i periodi agevolati successivi al 2018, la società incorporante, ai fini del calcolo del credito d’imposta, deve assumere l’intero importo della media ricevuta dalla società incorporata (nell’esempio considerato, 180.000 euro) aggiungendola alla propria.
Per quanto riguarda il ragguaglio degli altri parametri rilevanti ai fini del calcolo del beneficio relativo al periodo d’imposta antecedente l’operazione di fusione, nell’esempio considerato (fusione senza effetti retroattivi, perfezionata in data 1° aprile 2018) la società incorporata è tenuta ad effettuare investimenti agevolabili di ammontare almeno pari a 7.500 euro (3/12 di 30.000 euro) e può maturare un credito d’imposta nei limiti dell’importo massimo di 5 milioni di euro (pari a 3/12 del massimale annuo).
Si ritiene opportuno precisare che il credito d’imposta maturato dalla società incorporata nel periodo ante fusione assume da subito il carattere della definitività.
A differenza di quanto avviene nelle operazioni di trasformazione, infatti, non vi è identità sostanziale tra il soggetto dante causa ed il soggetto avente causa, ma, come in precedenza rappresentato, si realizza un’integrazione dei medesimi in unico soggetto che subentra nella titolarità delle situazioni giuridiche dei soggetti danti causa.
Ciò comporta che, in relazione al periodo d’imposta interessato dalla fusione, l’importo complessivo del credito spettante ai soggetti partecipanti all’operazione non necessariamente coincide con l’ammontare del credito che sarebbe maturato nel medesimo arco temporale in assenza dell’operazione.
Resta in ogni caso fermo il potere dell’Amministrazione di sindacare operazioni di fusione poste in essere fra soggetti appartenenti ad un medesimo gruppo o fra parti correlate con il fine di “spostare” la media di riferimento in modo da determinare la maturazione di un credito maggiore rispetto a quello che i soggetti coinvolti nelle operazioni avrebbero maturato in assenza delle stesse.
È il caso di ricordare, infine, che, anche nel periodo d’imposta nel corso del quale viene realizzata l’operazione, ai fini del calcolo del proprio credito d’imposta, il soggetto avente causa è tenuto a rispettare i parametri ordinariamente fissati dalla disciplina agevolativa (i.e., la soglia dei 30.000 euro per accedere al beneficio e l’importo massimo del credito spettante, pari a 20 milioni di euro per i periodi durata standard).
A titolo esemplificativo, nell’ipotesi di fusione posta in essere in data 1° aprile 2018 senza effetti retroattivi, si supponga che l’incorporata abbia sostenuto, dal 1° gennaio 2018 al 31 marzo 2018, costi agevolabili per 9.000 euro e abbia una media di riferimento pari a 6.000 euro.
In relazione all’autonomo periodo d’imposta 1° gennaio 2018 – 31 marzo 2018, l’incorporata può accedere al beneficio, atteso che ha effettuato investimenti agevolabili di ammontare almeno pari a 7.500 euro (3/12 di 30.000 euro).
Considerato poi che la media di riferimento incide solo per i 3/12 del proprio valore (e cioè 1.500 euro), l’incorporata matura un credito di 3.750 euro.
Quanto al credito spettante all’incorporante per il periodo d’imposta 2018, si supponga che i costi di ricerca da questa complessivamente sostenuti nel 2018 ammontino a 40.000 euro e che la società abbia una media di riferimento pari a 8.000 euro.
In tale ipotesi, l’incorporante può accedere al beneficio in quanto ha effettuato investimenti agevolabili di ammontare superiore alla soglia minima richiesta (30.000 euro).
Ai fini del calcolo del credito d’imposta, l’incorporante deve raffrontare gli investimenti di periodo (pari a 40.000 euro) con l’ammontare che risulta dalla somma della propria media di riferimento (8.000 euro) con i 9/12 della media riferibile all’incorporata (pari a 4.500 euro). Il credito spettante ammonta, pertanto, a 13.750 euro.

4.2 Operazioni di scissione. Per quanto riguarda le operazioni di scissione, valgono in linea generale le indicazioni fornite in merito alle operazioni di fusione, sia in relazione al calcolo della media di riferimento che alle corrette modalità di determinazione del beneficio nel periodo nel corso del quale viene posta in essere l’operazione.
Tuttavia, in merito agli effetti che tali operazioni producono sul meccanismo di calcolo del credito d’imposta e, in particolar modo, per quanto riguarda la determinazione della media di riferimento, si rendono necessari ulteriori chiarimenti.
A differenza di quanto avviene nella fusione, in cui si verifica il subentro da parte di un unico soggetto (incorporante o risultante) nel patrimonio e nell’insieme dei rapporti giuridici della(e) società estinta(e), l’operazione di scissione comporta la ripartizione del patrimonio e dei rapporti giuridici della società scissa tra due o più società beneficiarie o, in caso di scissione parziale, tra la medesima scissa e la(e) società beneficiaria(e).
Fermo restando dunque che, anche in caso di scissione, si verifica il subentro della società beneficiaria nelle posizioni fiscali della società scissa o il loro mantenimento in capo alla stessa società scissa, il problema ulteriore che si pone rispetto alla fusione, agli effetti della disciplina del credito d’imposta, è quello della corretta attribuzione della media di riferimento.

4.2.1 Modalità di attribuzione della media di riferimento. In relazione a precedenti discipline agevolative basate sull’approccio incrementale e, in particolar modo, nella citata circolare n. 90/E del 2001, relativa alla detassazione degli utili reinvestiti negli investimenti in beni strumentali nuovi (c.d. “Tremonti-bis”), si è ritenuto che il parametro della media storica dovesse essere ripartito tra la(e) società beneficiaria(e) e la stessa scissa (in caso di scissione parziale) secondo il c.d. criterio proporzionale di cui all’articolo 173, comma 4, del Tuir, ai sensi del quale le posizioni soggettive della società scissa sono attribuite alla(e) beneficiaria(e) – e, in caso di scissione parziale, alla stessa società scissa – in proporzione delle rispettive quote del patrimonio netto contabile trasferite o rimaste.
La scelta di applicare il criterio forfetario del patrimonio netto e l’esclusione della possibilità di ricorrere al criterio alternativo di tipo analitico previsto dalla norma citata teneva conto delle peculiari modalità di calcolo della media di riferimento, che considerava non solo gli investimenti ma anche i disinvestimenti, nonché dell’ambito oggettivo di applicazione della misura agevolativa, che riguardava esclusivamente e, in generale, gli investimenti in nuovi beni strumentali.
Riguardo al credito d’imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo si ritiene che la scelta del corretto criterio di attribuzione della media storica di riferimento non possa prescindere dalla considerazione del diverso ambito oggettivo e delle diverse caratteristiche che la stessa presenta rispetto alla richiamata disciplina sugli investimenti in beni strumentali.
Il credito d’imposta in esame, infatti, è finalizzato ad incentivare gli investimenti inerenti a specifiche fasi dell’attività aziendale (ricerca e sviluppo), la cui esecuzione presuppone, nella generalità dei casi, una distinta organizzazione di persone (ricercatori, tecnici e altro personale) e beni materiali e immateriali necessari per l’esecuzione dei progetti di ricerca.
Il criterio di riparto delle posizioni giuridiche soggettive tra i soggetti partecipanti all’operazione di scissione, individuato dal richiamato comma 4 dell’articolo 173 del Tuir, è basato sulla regola generale di ripartizione proporzionale in base al patrimonio netto contabile. Regola derogata, in via complementare, in presenza di un fenomeno di connessione specifica, individuale o per insiemi, fra la singola posizione soggettiva ed uno o più elementi patrimoniali interessati dalla scissione.
In sintesi, in base alla regola – generale o sussidiaria – di riparto, si hanno:
1) posizioni soggettive non connesse ad elementi del patrimonio scisso che sono oggetto di ripartizione proporzionale;
2) posizioni soggettive connesse in modo specifico a singoli elementi o per insiemi ad elementi del patrimonio scisso le quali seguono il ramo aziendale a cui si riferiscono.
Considerata la diversa natura degli investimenti ammissibili rispetto all’agevolazione “Tremonti-bis”, nonché le diverse modalità di determinazione della media di riferimento, si ritiene che, ai soli fini della disciplina agevolativa in esame, il criterio da seguire per l’attribuzione del parametro storico di riferimento sia quello analitico, collegato agli elementi patrimoniali e organizzativi (i.e., il personale).
La preferenza per il criterio analitico, peraltro, trova ulteriore supporto nella considerazione che oggetto dell’agevolazione in commento sono i costi, appartenenti alle diverse categorie individuate dalla norma, sostenuti per lo svolgimento di attività di ricerca e sviluppo, che normalmente sono svolte senza soluzione di continuità nel tempo.
Tale scelta appare, inoltre, preferibile al fine di salvaguardare la ratio dell’incentivo, che è quella di premiare la c.d. “propensione marginale” all’investimento, con l’obiettivo di determinare un incremento complessivo degli investimenti privati in ricerca e sviluppo rispetto agli investimenti riferibili agli anni della media.
L’applicazione del criterio forfetario del patrimonio netto, infatti, potrebbe comportare che lo stesso soggetto economico che effettua gli investimenti in ricerca e sviluppo si trovi a beneficiare del credito d’imposta anche nel caso in cui non incrementi di fatto tali investimenti.
Si consideri, ad esempio, il caso in cui si ricorra alla scissione per separare l’attività operativa da quella immobiliare o finanziaria. In tale situazione, l’attribuzione del parametro storico al soggetto che riceve l’insieme di beni (assets, materiali ed immateriali, personale) impiegati nelle attività di ricerca rende equivalente l’applicazione del beneficio rispetto alla situazione in assenza dell’operazione di riorganizzazione, garantendo che vengano, di fatto, agevolati solo gli effettivi incrementi di spesa per attività di ricerca e sviluppo.
Diversamente, la ripartizione proporzionale della media storica tra la società scissa (unico soggetto che svolge attività di ricerca) e la società beneficiaria consentirebbe alla prima di abbattere il parametro storico e, quindi, di realizzare un’eccedenza agevolabile senza che sussista un effettivo incremento degli investimenti.
In merito all’applicazione del criterio analitico, si rendono necessarie le seguenti precisazioni nel caso particolare in cui una società scinda a favore di un’altra società, appartenente al medesimo gruppo, un complesso aziendale al quale si riferiscono le attività di ricerca e sviluppo e, dopo l’operazione di scissione, inizi a commissionare alla beneficiaria attività di ricerca.
Nell’ipotesi rappresentata, il soggetto scisso, ai fini della disciplina agevolativa in esame, continua ad essere considerato titolare dei costi eleggibili come se li avesse sostenuti in proprio.
Conseguentemente, si ritiene che anche la titolarità dei costi pregressi rientranti nel calcolo della media debba permanere in capo al medesimo soggetto dante causa.
È appena il caso di precisare che il criterio analitico deve essere applicato anche quando con la scissione vengono separati più rami aziendali produttivi.
Nel caso in cui si dimostri che non è possibile attribuire analiticamente i costi rilevanti ai fini del calcolo della media di riferimento tra la scissa e le beneficiarie, ovvero tra queste ultime in caso di scissione totale, si ritiene che il criterio di riparto da seguire vada individuato in relazione allo specifico caso, tenendo conto della natura e delle caratteristiche delle attività di ricerca trasferite per effetto dell’operazione, nonché della natura dei costi agevolabili al fine di pervenire ad una soluzione non dissimile da quella del riparto analitico della media.

4.2.2 Modalità di attribuzione dei costi agevolabili. Tanto precisato con riguardo alle modalità di attribuzione o di ripartizione della media di riferimento, per quanto concerne gli effetti delle operazioni di scissione sulla determinazione del credito d’imposta in capo ai diversi soggetti coinvolti nell’operazione, valgono – in linea di massima – le indicazioni fornite in riferimento alle operazioni di fusione senza effetti retroattivi.
Quindi, sia nel caso di scissioni totali non retrodatate, sia in quello di scissioni parziali – anche se queste ultime, diversamente dalla fusione senza effetti retroattivi, non interrompono il periodo d’imposta della società scissa – ciascuna società calcola il credito d’imposta in relazione ai costi direttamente e autonomamente sostenuti.
Di conseguenza, anche nel caso di scissione parziale, qualora venga trasferito il ramo di azienda che svolge attività di ricerca e sviluppo alla società beneficiaria, la quale continui l’attività dopo l’operazione, con riferimento al periodo nel corso del quale avviene la scissione, la scissa include nel calcolo del credito i costi sostenuti fino alla data di efficacia giuridica dell’operazione, mentre la beneficiaria tiene conto dei costi sostenuti a partire dalla data di efficacia dell’operazione.
Anche in questo caso, per quanto riguarda la categoria di spese agevolabili di cui alla lettera d) del comma 6 dell’articolo 3, relative a “competenze tecniche e privative industriali”, che trovano rappresentazione contabile in elementi dell’attivo patrimoniale e che sono oggetto di scissione, valgono i chiarimenti forniti con riferimento alle operazioni di fusione in merito alla rilevanza temporale delle stesse in capo alla scissa e in capo alla beneficiaria.
Tenuto conto che le ipotesi sopra descritte sono assimilabili alle ipotesi di operazioni di fusione senza effetti retroattivi, si precisa che valgono le indicazioni fornite nel paragrafo 4.1.2.2 in merito alla necessità di operare la suddivisione della media di riferimento tra la scissa e la beneficiaria al fine di garantire comunque l’omogeneità tra i termini di confronto.
Con riferimento, invece, agli altri parametri rilevanti ai fini della determinazione del credito spettante, si ritiene di dover distinguere le scissioni totali non retrodatate che – a meno che non siano poste in essere proprio alla chiusura del periodo d’imposta, avendo effetto dall’inizio del periodo successivo – interrompono il periodo d’imposta della scissa, da quelle parziali che, invece, non sono interruttive del periodo d’imposta della società scissa in corso alla data dell’operazione.
In relazione a queste ultime, considerato che per la scissa il periodo d’imposta in corso alla data dell’operazione rimane un periodo di durata standard, i parametri relativi all’importo minimo di investimenti ed al massimale di credito spettante non subiscono alcun ragguaglio, il quale, invece, va operato in ragione della durata del periodo agevolato nel caso di scissioni totali senza effetti retroattivi.
Si ritiene opportuno precisare che il credito d’imposta maturato dalla società scissa nel periodo ante operazione assume da subito il carattere della definitività in quanto, in linea generale, nelle operazioni di scissione l’importo complessivo del credito d’imposta spettante ai soggetti partecipanti all’operazione non necessariamente coincide con l’ammontare del credito che sarebbe maturato nel medesimo arco temporale in assenza della stessa.
Resta in ogni caso fermo il potere dell’Amministrazione di sindacare operazioni di scissione poste in essere fra soggetti appartenenti ad un medesimo gruppo o fra parti correlate con il fine di “spostare” la media di riferimento, in modo da determinare la maturazione di un credito maggiore rispetto a quello che i soggetti coinvolti nelle operazioni avrebbero maturato in assenza delle stesse.
Quanto, invece, ai casi di scissione totale con effetti retroattivi, ai fini della corretta determinazione del credito d’imposta, si ritiene che i costi sostenuti dalla scissa fino alla data di efficacia giuridica dell’operazione devono essere attribuiti alle beneficiarie utilizzando il criterio analitico, analogamente a quanto avviene per l’attribuzione della media di riferimento.

4.2.3 Esempio di calcolo. Si supponga che le società Alfa e Beta, appartenenti al medesimo gruppo, pongano in essere due operazioni di scissione parziale proporzionale mediante le quali trasferiscono ciascuna un ramo di azienda a favore della neocostituita Gamma, con efficacia a decorrere dal 1° aprile 2018.
A seguito delle descritte operazioni, Alfa non svolge più attività di ricerca mentre Beta continua a svolgere l’attività di ricerca in relazione al ramo di azienda non trasferito.
Si supponga che la società Alfa abbia sostenuto, dal 1° gennaio 2018 al 31 marzo 2018, costi agevolabili per 35.000 euro e abbia una media di riferimento pari a 18.000 euro, e che la società Beta sostenga per il 2018 costi eleggibili per 100.000 euro (di cui 20.000 euro sostenuti fino al 31 marzo in relazione al ramo di azienda trasferito) e abbia una media di riferimento pari a 70.000 euro (di cui 12.000 euro relativi al ramo trasferito e 58.000 euro relativi all’altro ramo). Si supponga, altresì, che la beneficiaria Gamma sostenga nel periodo 1° aprile 2018 -31 dicembre 2018 costi per attività di ricerca ammontanti a 50.000 euro.
Ai fini del calcolo del credito d’imposta per il 2018 spettante a ciascuna società, si dovrà procedere nella maniera seguente.
La scissa Alfa deve confrontare i costi sostenuti ante operazione (periodo 1° gennaio 2018-31 marzo 2018) con la propria media di riferimento che, per omogeneità dei termini di confronto, deve essere ragguagliata alla durata del periodo nel quale vengono sostenuti i costi agevolabili (3 mesi). Pertanto, il credito d’imposta maturato da Alfa per il 2018 ammonta a 15.250 euro, pari al 50 per cento dell’eccedenza agevolabile di 30.500 euro (35.000 – 4.500).
Quanto alla scissa Beta, considerato che trasferisce solo una parte delle proprie attività di ricerca, la stessa è tenuta ad attribuire analiticamente la media storica di riferimento ai due diversi rami aziendali al fine di confrontare i costi sostenuti nel 2018 (pari a 100.00 euro, di cui 20.000 sostenuti fino al 31 marzo in relazione al ramo di azienda scisso) con la media di riferimento relativa al ramo aziendale non trasferito e con i 3/12 della media di riferimento relativa al ramo aziendale oggetto dell’operazione.
La società Beta, pertanto, matura per il 2018 un credito d’imposta di 19.500 euro, pari al 50 per cento dell’eccedenza agevolabile di 39.000 euro ([100.000 -(58.000 + 3.000)]).
La beneficiaria Gamma, per il 2018, deve confrontare i costi sostenuti dal 1° aprile 2018 al 31 dicembre 2018 con l’ammontare risultante dalla somma dei 9/12 della media di riferimento di Alfa e dei 9/12 della media di riferimento del ramo aziendale ricevuto da Beta. Conseguentemente, Gamma matura per il 2018 un credito d’imposta di 13.750 euro, pari al 50 per cento dell’eccedenza agevolabile di 27.500 euro ([50.000 – (13.500 + 9.000)]).
In merito all’esempio fornito, si riportano, in una tabella di sintesi, le modalità di determinazione sia del credito d’imposta che della media di riferimento per ciascuna società coinvolta nelle operazioni di scissione, per il 2018 e per i periodi successivi.

ALFA
BETA
GAMMA
Media di riferimento2012-2014
18.000
70.000(12.000 ramo scisso58.000 ramo non scisso)

Costi sostenuti periodo
1/1/2018 -31/3/2018(35.000)
1/1/2018 -31/12/2018(100.000)
1/4/2018 -31/12/2018(50.000)
Media di riferimentoda assumere nel 2018
3/12 media ALFA(4.500)
media BETA relativa al ramo non scisso (58.000)+3/12 media BETA relativa al ramo scisso(3.000)
9/12 media ALFA(13.500)+9/12 media BETA relativa al ramo scisso(9.000)
Credito R& S 2018
15.250
19.500
13.750
Costi sostenuti2019-2020

relativi a ciascun periodo agevolato
relativi a ciascun periodo agevolato
Media di riferimentoda assumere nel 2019 e nel 2020

media BETA relativa al ramo non scisso(58.000)
media ALFA(18.000)+media BETA relativa al ramo scisso(12.000)

5. DETERMINAZIONE DEL CREDITO D’IMPOSTA IN PRESENZA DI OPERAZIONI DI CONFERIMENTO D’AZIENDA O DI RAMO AZIENDALE
Ulteriori considerazioni devono essere svolte, inoltre, in merito ai conferimenti di azienda, atteso che tali operazioni di riorganizzazione, specialmente se poste in essere nell’ambito del gruppo, potrebbero presentare problematiche analoghe a quelle sopra considerate per le operazioni di fusione e scissione.
Al riguardo, occorre ricordare che, in base alla disciplina fiscale ordinariamente applicabile ai fini della determinazione del reddito di impresa, nelle operazioni di conferimento, diversamente da quanto si è visto per fusioni e scissioni, non si verifica un automatico subentro della società conferitaria nelle posizioni fiscali complessive del soggetto conferente, ma più semplicemente l’assunzione, in continuità di valori fiscali, degli elementi (attivi e passivi) patrimoniali conferiti.
In applicazione di tale ordinaria disciplina, pertanto, il conferimento d’azienda non comporterebbe come effetto naturale dell’operazione il passaggio del dato concernente la media storica dal soggetto conferente al soggetto conferitario.
Con riferimento alle corrette modalità di calcolo del beneficio in presenza di un’operazione di conferimento di azienda, non si può non considerare, tuttavia, che tale operazione di riorganizzazione, quando effettuata all’interno di un gruppo, dal punto di vista sostanziale non modifica la destinazione del complesso trasferito all’attività del medesimo soggetto economico, in quanto l’esercizio dell’attività di impresa relativa al complesso aziendale (o al ramo) trasferito viene imputato ad una entità diversa (i.e., la società conferitaria) sotto il profilo giuridico, ma non sotto quello economico.
Al riguardo, con specifico riferimento all’applicazione della disciplina agevolativa nei confronti dei soggetti che intraprendono l’attività a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014, si è già ricordato che, nella circolare n. 5/E del 2016, è stato precisato che, agli effetti della determinazione del credito d’imposta, devono considerarsi neocostituiti i soggetti in capo ai quali si verifichi l’effettivo avvio di una nuova attività imprenditoriale e non anche i soggetti che, pur essendo formalmente neocostituiti sul piano giuridico, si limitino a “continuare” un’attività già svolta in precedenza sotto altra forma organizzativa.
Sulla base di tale regola interpretativa, pertanto, deve escludersi che, agli effetti della disciplina agevolativa, possa considerarsi soggetto “nuovo” – e, quindi, privo di media storica – una società costituita nel corso di un periodo agevolato a seguito del conferimento di un ramo o dell’intera azienda da parte del soggetto conferente.
Nella stessa prospettiva, si ritiene che ad analoghe conclusioni si debba pervenire, con specifico riferimento alle operazioni di riorganizzazione operate all’interno di un gruppo, anche nel caso in cui il conferimento avvenga a favore di società già esistente, in quanto si realizza pur sempre una situazione di “continuità” dell’attività esercitata e di sostanziale “unicità” del soggetto economico a cui riferire gli investimenti in ricerca e sviluppo.
È il caso in cui, ad esempio, all’interno di un gruppo si proceda ad una riorganizzazione delle attività attraverso lo scorporo dei rami aziendali operativi a favore di una o più società con l’assunzione da parte della società conferente della veste di holding finanziaria.
D’altra parte, come si è già evidenziato, l’aspetto della riferibilità al medesimo soggetto economico dell’attività di ricerca affidata ad un’impresa appartenente al gruppo è stato considerato anche dal legislatore nel momento in cui, nel decreto attuativo, ha qualificato la ricerca effettuata all’interno del gruppo non già come ricerca extra-muros, ma come ricerca interna agevolabile secondo le regole applicabili ai soggetti che svolgono in proprio le attività di ricerca.
Ciò induce a ritenere che devono essere trattate allo stesso modo le ipotesi in cui la ricerca venga commissionata ad un’impresa del gruppo già esistente e quelle in cui la ricerca venga commissionata ad una società di nuova costituzione alla quale sono conferiti gli assets necessari allo svolgimento delle attività commissionate.
In tali ipotesi, il soggetto investitore rimane pur sempre il soggetto committente la ricerca (anche se nella seconda ipotesi fornisce all’impresa commissionaria il complesso aziendale necessario allo svolgimento dell’attività di ricerca).
Di conseguenza, in entrambi i casi, l’eventuale parametro storico deve rilevare in capo al soggetto committente in qualità di “investitore”.
Diversamente, nell’ipotesi in cui, nell’ambito di una riorganizzazione del gruppo, venga trasferita unitamente al complesso aziendale deputato all’attività di ricerca anche la titolarità degli investimenti, divenendo il conferitario il soggetto “investitore”, quest’ultimo deve assumere, ai fini nel calcolo del credito d’imposta, l’eventuale parametro storico maturato dal conferente.
Dalle suesposte considerazioni, nonché dalla valutazione che le ipotesi di riorganizzazione descritte possono essere realizzate, in maniera sostanzialmente equivalente, sia mediante il conferimento di azienda sia attraverso lo strumento della scissione, consegue che, agli effetti del calcolo dell’agevolazione, le operazioni di scissione e di conferimento di azienda, quando queste ultime sono realizzate all’interno del gruppo o tra parti correlate, debbano essere trattate in modo uniforme.
Pertanto, si ritiene che alle operazioni di conferimento poste in essere all’interno di un gruppo societario o tra parti correlate vadano applicate, in linea generale, le stesse soluzioni interpretative individuate per le operazioni di scissione, sia con riferimento alle modalità di attribuzione della media storica di riferimento sia per quanto attiene alla corretta determinazione ed imputazione degli investimenti agevolabili effettuati nel periodo d’imposta nel corso del quale viene posta in essere l’operazione.
Si consideri, ad esempio, un gruppo societario che, a seguito dell’acquisizione di una società esterna operante nel medesimo settore, avvii un processo di riorganizzazione, finalizzato a razionalizzare la struttura del gruppo, che prevede l’aggregazione delle due società operative e la creazione di una holding di partecipazioni.
La suddetta riorganizzazione prevede l’effettuazione di un conferimento del ramo di azienda industriale di una delle società produttive – che a seguito dell’operazione diviene mera holding di partecipazioni – nella società acquisita, interamente controllata dalla conferente. L’operazione viene effettuata con efficacia legale a decorrere dal 1° ottobre 2018.
Si supponga che la società conferente sostenga, dal 1° gennaio 2018 al 30 settembre 2018, costi agevolabili per 35.000 euro e abbia una media di riferimento pari a 15.000 euro, e che la conferitaria sostenga complessivamente nel 2018 costi ammissibili per 50.000 euro ed abbia una media di riferimento pari a 20.000 euro.
Considerato che la società conferente realizza nel 2018 investimenti ammissibili per nove mesi, il valore della propria media storica deve incidere sul calcolo del credito d’imposta spettante per tale annualità per i 9/12 del suo ammontare (cioè 11.250 euro) mentre i restanti 3/12 (pari a 3.750 euro) devono incidere sul calcolo del credito d’imposta della società conferitaria.
Pertanto, il credito d’imposta maturato dalla conferente per il 2018 ammonta a 11.875 euro, pari al 50 per cento dell’eccedenza agevolabile di 23.750 (35.000-11.250), mentre quello maturato dalla conferitaria per il 2018 ammonta a 13.125 euro, pari al 50 per cento dell’eccedenza agevolabile di 26.250 euro [50.000 – (20.000+3.750)].
Va da sé che per i periodi agevolati successivi al 2018, la società conferitaria, ai fini del calcolo del credito d’imposta, deve assumere l’intero importo della media trasferita dalla società conferente (nell’esempio considerato, 15.000 euro).
In merito alla soglia minima di investimenti e all’importo massimo del credito spettante, si ritiene che entrambi i soggetti, conferente e conferitario, sono tenuti a rispettare i parametri ordinariamente fissati dalla disciplina agevolativa (i.e., la soglia dei 30.000 euro per accedere al beneficio e l’importo massimo del credito spettante, pari a 20 milioni di euro per i periodi durata standard).
Inoltre, non può escludersi che operazioni realizzate all’interno del gruppo anche con strumenti diversi, ad esempio mediante l’affitto di azienda o la cessione di azienda, producano i medesimi effetti del conferimento e della scissione; in tali ipotesi, pertanto, sulla base di valutazioni di ordine sistematico ed equitativo, si ritiene che siano applicabili, ai fini della corretta determinazione dell’agevolazione, le indicazioni fornite in presenza di operazioni di conferimento di azienda e di scissione.
Considerato quanto sopra, si precisa che, ai fini della perimetrazione del gruppo (per l’individuazione del quale valgono le indicazioni fornite nella circolare n. 5/E del 2016, paragrafo 2.2.3), l’esistenza del controllo va verificata sia prima che dopo l’effettuazione delle operazioni di riorganizzazione.
Si puntualizza, inoltre, che, al fine di valutare gli effetti delle operazioni di conferimento di azienda sulla corretta imputazione della media storica di riferimento, la verifica circa l’esistenza del controllo deve essere effettuata per tutto il periodo previsto dall’articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.
Di conseguenza, qualora per effetto di una successiva operazione, posta in essere nel periodo di osservazione, la società dante causa perda il controllo della conferitaria, con la fuoriuscita di quest’ultima dal perimetro del gruppo, si ritiene che, ai fini della corretta quantificazione del credito spettante, a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data di effettuazione dell’operazione che determina la perdita del controllo, la società conferente – nel presupposto che la stessa continui ad appartenere al gruppo – è tenuta a considerare nuovamente la propria media storica di riferimento che, a partire da tale annualità, non rileva più in capo alla società conferitaria.
Va da sé che ove il conferimento a favore di una società del gruppo e la successiva operazione che determina la perdita del controllo della società conferitaria vengono effettuate nel medesimo periodo d’imposta, la media storica di riferimento rimane in capo alla società conferente al pari di quanto avviene ordinariamente a seguito di operazioni di conferimento e cessioni di azienda a favore di soggetti esterni al gruppo.
Resta in ogni caso fermo il potere dell’Amministrazione di sindacare operazioni di conferimento fra soggetti appartenenti ad un medesimo gruppo o fra parti correlate, nonché di conferimento seguite da operazioni che determinano la perdita del controllo, al fine di “spostare” la media di riferimento in modo da determinare la maturazione di un credito maggiore rispetto a quello che i soggetti coinvolti nelle operazioni avrebbero maturato in assenza delle stesse.

6. ULTERIORI PRECISAZIONI
In aggiunta a quanto precede, si ribadisce che le operazioni di riorganizzazione poste in essere tra soggetti appartenenti al medesimo gruppo o tra parti correlate non possono comunque determinare la duplicazione dell’agevolazione sul medesimo investimento in quanto un costo può concorrere alla determinazione del credito d’imposta in uno solo dei periodi agevolati (cfr. par. 2.2 della circolare n. 5/E del 2016).
Si precisa, inoltre, che nelle ipotesi di operazioni di riorganizzazione, a seguito delle quali la media di riferimento viene attribuita ad un soggetto diverso da quello che ha sostenuto i costi sulla base dei quali è stato calcolato tale parametro storico, è necessario che l’avente causa acquisisca dal dante causa tutta la documentazione (indicata nel paragrafo 7 della circolare n. 5/E del 2016 e nel paragrafo 4.9.4 della circolare n. 13/E del 2017) utile a comprovarne la corretta determinazione.
Si ricorda, da ultimo, che, a prescindere dagli aspetti relativi all’interpretazione delle regole concernenti il meccanismo di calcolo del credito d’imposta, così come delineata nei paragrafi precedenti, resta comunque fermo il potere dell’Amministrazione finanziaria di effettuare un sindacato “anti abuso” in relazione a tutti i casi di operazioni di riorganizzazione aziendale il cui effetto è quello di determinare la maturazione di un credito d’imposta maggiore rispetto a quello che i soggetti coinvolti nelle operazioni avrebbero maturato in assenza delle stesse.
In ogni caso, tenuto conto che con la presente circolare vengono fornite indicazioni che costituiscono applicazione di principi e criteri generali, resta ferma la possibilità di presentare all’Agenzia delle entrate un’istanza di interpello ordinario, ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera a), della legge 27 luglio 2000, n. 212, per la trattazione di fattispecie qui non considerate o che presentino elementi di peculiarità tali da richiedere ulteriori valutazioni per consentire all’impresa di operare in situazioni di certezza agli effetti della disciplina agevolativa”.

NOTE:
(1) Per gli investimenti effettuati fino al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2016 (2015 e 2016 per i soggetti con periodo di imposta coincidente con l’anno solare), il credito di imposta si applica in misura differenziata, pari al 25 per cento dell’eccedenza di spesa riferibile al gruppo rappresentato dalle spese per il “personale altamente qualificato” e dalle spese per i contratti di ricerca c.d. extra-muros, e pari al 50 per cento dell’eccedenza riferibile al gruppo composto dalle categorie di spese relative alle quote di ammortamento dei costi di acquisizione o utilizzazione di strumenti e attrezzature di laboratorio e dalle spese di acquisizione di competenze tecniche e privative industriali.
(2) Per gli investimenti effettuati fino al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2016, l’ammontare massimo del credito di imposta riconosciuto annualmente a ciascun beneficiario è pari a 5 milioni di euro.

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