17 Marzo, 2016

Circolare 16 marzo 2016, n. 5/E, dell’Agenzia delle entrate

INDICE:

PREMESSA

1. SOGGETTI BENEFICIARI

2. AMBITO OGGETTIVO

2.1 La ricerca agevolabile

2.2 Tipologie di investimenti ammissibili

2.2.1 Spese per “personale altamente qualificato”

2.2.2 Spese per strumenti e attrezzature di laboratorio

2.2.3 Spese per contratti di ricerca “extra-muros

2.2.4 Spese per “competenze tecniche e privative industriali”

2.2.5 Spese per attività di certificazione contabile

3. DETERMINAZIONE DELL’AGEVOLAZIONE

3.1 Approccio incrementale e calcolo della media

3.1.1 Misura del credito di imposta

3.1.2 Investimenti realizzati da imprese di recente o nuova costituzione

4. UTILIZZO E RILEVANZA DEL CREDITO DI IMPOSTA

5. ESEMPI DI CALCOLO

6. CUMULO CON ALTRE AGEVOLAZIONI

7. DOCUMENTAZIONE

  1. CONTROLLI.

 

“PREMESSA

L’articolo 1, comma 35, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (legge di Stabilità 2015), ha integralmente sostituito l’articolo 3 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145 (convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, noto come “decreto Destinazione Italia“), con il quale è stato introdotto il credito di imposta per attività di ricerca e sviluppo.

Il ricorso a strumenti di natura fiscale al fine di incentivare gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo non rappresenta una novità nell’ordinamento italiano ed il Legislatore, con l’introduzione di un credito di imposta in favore dei soggetti che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo nel decreto Destinazione Italia del dicembre 2013, era già tornato a promuovere l’innovazione attraverso lo strumento dell’incentivo fiscale.

La misura introdotta nel 2013, che, però, non ha trovato attuazione per mancanza di copertura finanziaria, è stata modificata dalla legge di Stabilità per il 2015 e resa più efficace nell’incentivare sia gli investimenti sia l’occupazione di personale con un profilo professionale qualificato.

La legge di Stabilità 2015 modifica la misura dell’agevolazione, estende il periodo di applicazione della stessa, amplia la platea dei beneficiari e le categorie di spese agevolabili e facilita le modalità di accesso al beneficio.

Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico del 27 maggio 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 174 del 29 luglio 2015 (di seguito anche decreto attuativo), emanato ai sensi del comma 14 della norma in vigore, sono state adottate le disposizioni applicative necessarie al pieno funzionamento dell’incentivo, nonché le modalità di verifica e controllo dell’effettività delle spese sostenute, le cause di decadenza e revoca del beneficio e le modalità di restituzione in caso di fruizione indebita.

L’articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013 (di seguito “l’articolo 3”), prima delle modifiche intervenute, ha istituito un credito di imposta a favore delle imprese che investono in attività di ricerca e sviluppo, nel limite complessivo di 600 milioni di euro per il triennio 2014-2016, a valere sulla proposta nazionale relativa alla programmazione 2014-2020 dei fondi strutturali comunitari.

In sintesi, la misura prevedeva un credito di imposta pari al 50 per cento delle spese incrementali (rispetto all’anno precedente) sostenute dalle imprese con fatturato annuo inferiore a 500 milioni di euro, con un’agevolazione massima annuale di 2,5 milioni di euro per impresa ed una spesa minima annua di 50.000 euro in ricerca e sviluppo.

A seguito delle modifiche apportate dalla legge di Stabilità 2015, il “nuovo” credito di imposta per la copertura finanziaria non si avvale dei fondi strutturali comunitari, ma, tra l’altro, delle risorse liberatesi per effetto della cessazione, alla data del 31 dicembre 2014, del “credito di imposta per le nuove assunzioni di profili altamente qualificati” di cui all’articolo 24 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, e del credito di imposta per ricerca e sviluppo di cui all’articolo 1, commi da 95 a 97, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 (misura, quest’ultima, anch’essa mai attuata).

Il “nuovo” credito di imposta, non soggiacendo più alla limitazione delle risorse, determinata, in passato, dal finanziamento connesso all’utilizzo dei fondi strutturali europei, si caratterizza per una più rapida possibilità di fruizione da parte dei beneficiari, in quanto non è riconosciuto – come nella precedente formulazione – a seguito della presentazione di un’apposita istanza per via telematica, ma è concesso in maniera automatica, a seguito della effettuazione delle spese agevolate.

Il novellato articolo 3 riconosce, per i periodi di imposta a decorrere da quello successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino al periodo in corso al 31 dicembre 2019, a tutte le imprese – senza limiti di fatturato e indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano e dal regime contabile adottato – che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo, un credito di imposta pari al 25 per cento delle spese incrementali sostenute rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi di imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015.

La misura del credito è elevata al 50 per cento per le spese relative al personale altamente qualificato e per quelle relative a contratti di ricerca c.d. “extra-muros” (contratti con Università, enti di ricerca e altre imprese, comprese le start-up innovative di cui all’articolo 25 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179).

Il credito di imposta spetta fino a un importo massimo annuale di 5 milioni di euro (nella precedente formulazione, il limite massimo era di 2,5 milioni di euro) per ciascun beneficiario, a condizione che siano sostenute spese per attività di ricerca e sviluppo almeno pari ad euro 30.000 (nella precedente formulazione, euro 50.000).

Rispetto alla precedente formulazione della norma è stato eliminato il requisito costituito dal limite massimo di fatturato (pari a 500 milioni di euro): in tal modo è stata estesa la platea dei beneficiari, che include – sulla base della formulazione in vigore – anche soggetti di più rilevanti dimensioni.

La misura non presenta, pertanto, profili di selettività, ma ha una portata applicativa generale che ne assicura la compatibilità con i vincoli in materia di aiuti di Stato.

L’articolo 3, ai commi 4 e 5, e l’articolo 2 del decreto attuativo elencano in maniera puntuale le attività di ricerca e sviluppo agevolabili, consistenti nella ricerca fondamentale, nella ricerca industriale e nello sviluppo sperimentale e le attività che, invece, non possono essere considerate tali (per la trattazione delle quali si rinvia al paragrafo 2.1).

L’elencazione delle diverse tipologie di attività ammissibili al beneficio ricalca le definizioni della vigente “Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione” di cui alla Comunicazione della Commissione (2014/C 198/01) del 27 giugno 2014.

Oltre alle attività di ricerca e sviluppo agevolabili, al comma 6 dell’articolo 3 e all’articolo 4 del decreto attuativo, sono elencate le tipologie di spese ammissibili ai fini della determinazione del credito di imposta secondo le indicazioni dell’articolo 5 del decreto attuativo (trattate nel paragrafo 2.2).

Il comma 8 dell’articolo 3 e l’articolo 6 del decreto attuativo disciplinano il trattamento del credito di imposta, prevedendone l’irrilevanza ai fini fiscali, e le modalità di fruizione, disponendone l’utilizzo esclusivamente in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, nell’ambito della quale – a seguito delle modifiche introdotte dalla legge di Stabilità 2015 – è esclusa l’applicazione del limite annuale di utilizzo di euro 250.000, disposto dal comma 53 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 per i crediti di imposta agevolativi da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi, nonché del limite “generale” di compensabilità di crediti di imposta e contributi di cui all’articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, pari a euro 700.000.

Per quanto riguarda la disciplina dei controlli sulla corretta fruizione del credito di imposta, contenuta nei commi da 10 a 12 dell’articolo 3, come riformulati dalla legge di Stabilità, e nell’articolo 8 del decreto attuativo, sono previsti esclusivamente controlli ex post, stante la automaticità del riconoscimento del credito stesso.

In particolare, i controlli sono svolti dall’Agenzia delle entrate sulla base di “apposita documentazione contabile”, comprovante il rispetto di tutte le condizioni prescritte dalla norma per beneficiare del credito di imposta e contenente la quantificazione del credito stesso, che deve essere “certificata” dal soggetto incaricato della revisione legale o dal collegio sindacale o da un professionista iscritto nel registro della revisione legale e allegata al bilancio.

Con la presente circolare – elaborata d’intesa con il Ministero dello Sviluppo Economico (di seguito anche “Mi.S.E.”) – vengono forniti chiarimenti in merito ai presupposti soggettivi ed oggettivi di accesso al beneficio, alle modalità di calcolo e di utilizzo, nonché in ordine alle ipotesi di cumulo con altre agevolazioni e agli adempimenti necessari per la corretta fruizione del credito di imposta.

I riferimenti normativi, per semplicità espositiva, sono effettuati direttamente ai commi dell’articolo 3 e al decreto attuativo.

Si ricorda, infine, che la legge di Stabilità 2015, oltre a disciplinare ex novo il credito di imposta per attività di ricerca e sviluppo, ha introdotto un’ulteriore misura agevolativa, volta ad incentivare gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo finalizzati all’acquisizione, al mantenimento, allo sviluppo ed all’accrescimento dei beni immateriali.

In particolare, i commi da 37 a 45 dell’articolo 1 della legge n. 190 del 2014 hanno introdotto un regime opzionale di tassazione agevolata per i redditi derivanti dall’utilizzo di software protetto da copyright, di brevetti industriali, di marchi, di disegni e modelli, nonché di processi, formule e informazioni relativi a esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico giuridicamente tutelabili (c.d. “patent box”).

Le due misure rappresentano due strumenti sinergici volti ad incentivare e ad agevolare l’attività di ricerca e sviluppo nelle diverse fasi di svolgimento delle stessa: il primo mediante l’attribuzione di un credito di imposta per l’attività di ricerca svolta, il secondo mediante la detassazione dei redditi derivanti dallo sfruttamento economico dei beni immateriali ottenuti dall’attività di ricerca, a condizione che l’impresa continui a svolgere attività di ricerca e sviluppo ai fini del mantenimento, dello sviluppo e dell’accrescimento degli stessi.

In questa sede, si coglie l’occasione per chiarire che i costi rilevanti ai fini dell’attribuzione del credito di imposta per attività di ricerca e sviluppo rilevano per il loro intero importo anche ai fini della determinazione del reddito detassato nel regime di patent box.

1. SOGGETTI BENEFICIARI

L’ambito soggettivo di applicazione dell’agevolazione è individuato dal comma 1 dell’articolo 3 del decreto Destinazione Italia, ai sensi del quale il credito di imposta in esame è attribuito a “tutte le imprese, indipendentemente dalla forma giuridica, dal settore economico in cui operano nonché dal regime contabile adottato, che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo“.

Sotto il profilo soggettivo, dunque, il credito di imposta è riservato alle imprese che – indipendentemente dalla natura giuridica, dal settore economico in cui operano, dal regime contabile adottato, nonché dalle dimensioni aziendali – effettuano investimenti per attività di ricerca e sviluppo, così come individuate dalla norma e dal decreto attuativo.

In proposito, si precisa che sono ammesse all’agevolazione sia le imprese residenti nel territorio dello Stato che le stabili organizzazioni nel territorio dello Stato di imprese non residenti.

Inoltre, in assenza di un’espressa esclusione normativa, si ritiene che possano beneficiare dell’agevolazione gli enti non commerciali, con riferimento all’attività commerciale eventualmente esercitata, nonché le imprese agricole che determinano il reddito agrario ai sensi dell’articolo 32 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR) .

Si precisa, altresì, che nel novero delle imprese beneficiarie sono ricompresi i consorzi e le reti di imprese, anche se il novellato articolo 3 non ripropone la previsione secondo la quale “sono destinatari del credito di imposta…anche i consorzi e le reti di impresa che effettuano l’attività di ricerca, sviluppo e innovazione“.

Al riguardo, si ricorda che i consorzi e le “reti-soggetto”, ai fini delle imposte sui redditi, figurano tra gli enti commerciali oppure tra quelli non commerciali, ai sensi dell’articolo 73, comma 1, lettere b) e c) del TUIR.

Con riferimento invece alla categoria della “rete-contratto”, si ricorda che, come precisato con la circolare n. 4/E del 15 febbraio 20111, l’adesione al contratto di rete non comporta l’attribuzione di soggettività tributaria alla rete risultante dal contratto stesso, per cui gli atti posti in essere in esecuzione del programma di rete producono i loro effetti direttamente nelle sfere giuridico-soggettive dei partecipanti alla rete.

Ai fini fiscali, come chiarito dalla circolare n. 20/E del 18 giugno 20132, l’imputazione delle singole operazioni direttamente alle imprese partecipanti si traduce nell’obbligo di fatturare da parte di queste ultime ed a queste ultime, rispettivamente, le operazioni attive e passive poste in essere dall’organo comune.

Per gli eventuali atti posti in essere dalle singole imprese o dall'”impresa capofila” – che operano senza rappresentanza – è, invece, necessario che la singola impresa o l’eventuale “capofila” ribalti” i costi ed i ricavi ai partecipanti per conto dei quali ha agito, emettendo o ricevendo fatture per la quota parte del prezzo riferibile alle altre imprese.

Di conseguenza, ai fini fiscali, i costi ed i ricavi derivanti dalla partecipazione ad un contratto di rete sono deducibili o imponibili per i singoli partecipanti secondo le regole impositive fissate dal testo unico ed andranno indicati nella dichiarazione degli stessi.

Parimenti, in relazione ai costi relativi ad attività di ricerca e sviluppo eleggibili, fatturati o “ribaltati” alle singole imprese, queste ultime hanno diritto al credito di imposta in commento.

Qualora i soggetti beneficiari siano sottoposti a procedure concorsuali non finalizzate alla continuazione dell’esercizio dell’attività economica (così come avviene tipicamente nel caso di fallimento e di liquidazione coatta), si ritiene che il beneficio non possa spettare.

In base al comma 1 dell’articolo 3, l’agevolazione spetta “a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2019“.

Per i soggetti con periodo di imposta coincidente con l’anno solare si tratta degli esercizi 2015, 2016, 2017, 2018 e 2019.

Al riguardo, si rileva che la norma istitutiva del credito di imposta non pone alcuna condizione riguardante la data di inizio dell’attività di impresa. Possono, quindi, beneficiare dell’agevolazione anche le imprese che intraprendono l’attività a partire dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014.

2. AMBITO OGGETTIVO

2.1 La ricerca agevolabile. Il novellato articolo 3, ai commi 4 e 5, e l’articolo 2 del decreto attuativo delimitano l’ambito oggettivo dell’agevolazione, elencando le attività di ricerca e sviluppo ammissibili al credito di imposta e quelle escluse dal beneficio.

In via preliminare, si precisa che le attività di ricerca e sviluppo, che devono ricadere nell’elencazione contenuta nelle menzionate disposizioni, possono essere svolte anche in ambiti diversi da quelli scientifico e tecnologico (ad esempio, in ambito storico o sociologico) atteso che, in linea generale, le attività di ricerca e sviluppo sono volte all’acquisizione di nuove conoscenze, all’accrescimento di quelle esistenti e all’utilizzo di tali conoscenze per nuove applicazioni.

L’elencazione delle attività ammissibili ricalca sostanzialmente le “Definizioni” recate dal paragrafo 1.3, punto 15, della vigente “Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione” di cui alla Comunicazione della Commissione (2014/C 198/01) del 27 giugno 2014 (pubblicata nella GUUE C/198 del 27 giugno 2014) (1) relative, rispettivamente, alla “ricerca fondamentale” (lettera m), alla “ricerca industriale” (lettera q) e allo “sviluppo sperimentale” (lettera j).

In particolare, in base alla lettera a) del comma 4 dell’articolo 3, sono classificabili nella “ricerca fondamentale” i lavori sperimentali o teorici svolti, aventi quale principale finalità l’acquisizione di nuove conoscenze sui fondamenti di fenomeni e di fatti osservabili, senza che siano previste applicazioni o utilizzazioni pratiche dirette.

In merito alle “utilizzazioni pratiche dirette”, il decreto attuativo, all’articolo 2, comma 1, lettera a), ha espressamente specificato che non devono essere previsti “usi commerciali diretti” dei lavori e delle sperimentazioni riconducibili alla ricerca fondamentale.

Secondo la lettera b) del comma 4 dell’articolo 3, ripresa dalla lettera b) del comma 1 dell’articolo 2 del decreto attuativo, sono classificabili nella “ricerca industriale” le attività di:

– ricerca pianificata o indagini critiche miranti ad acquisire nuove conoscenze, da utilizzare per mettere a punto nuovi prodotti, processi o servizi o permettere un miglioramento dei prodotti, processi o servizi esistenti;

– creazione di componenti di sistemi complessi necessaria per la ricerca industriale, in particolare per la validazione di tecnologie generiche, ad esclusione dei prototipi di cui alla definizione successiva.

Infine, in base alle lettere c) e d) del comma 4 dell’articolo 3, riprese dalle lettere c) e d) del comma 1 dell’articolo 2 del decreto attuativo, sono classificabili nello “sviluppo sperimentale” le attività di:

– acquisizione, combinazione, strutturazione e utilizzo delle conoscenze e capacità esistenti di natura scientifica, tecnologica, commerciale allo scopo di produrre piani, progetti o disegni per prodotti, processi o servizi nuovi, modificati o migliorati; può trattarsi anche di altre attività destinate alla definizione concettuale, alla pianificazione e alla documentazione concernenti nuovi prodotti, processi e servizi; tali attività possono comprendere l’elaborazione di progetti, disegni, piani e altra documentazione, purché non siano destinati a uso commerciale; la corrispondente disposizione del decreto attuativo ha ricompreso, tra le attività ammissibili nell’ambito dello sviluppo sperimentale, anche gli “studi di fattibilità“.

Al riguardo, si ritiene che la collocazione degli “studi di fattibilità” nell’ambito della definizione di “sviluppo sperimentale” non esclude che tale attività sia agevolabile se svolta nelle fasi della ricerca fondamentale e della ricerca industriale;

– realizzazione di prototipi utilizzabili per scopi commerciali e di progetti pilota destinati a esperimenti tecnologici e/o commerciali, quando il prototipo è necessariamente il prodotto commerciale finale e il suo costo di fabbricazione è troppo elevato per poterlo usare soltanto a fini di dimostrazione e di convalida;

– produzione e collaudo di prodotti, processi e servizi, a condizione che non siano impiegati o trasformati in vista di applicazioni industriali o per finalità commerciali.

Non sono considerate attività di ricerca e sviluppo, ai sensi del comma 5 dell’articolo 3 e del comma 2 dell’articolo 2 del decreto attuativo, le modifiche ordinarie o periodiche apportate a prodotti, linee di produzione, processi di fabbricazione, servizi esistenti e altre operazioni in corso, anche quando tali modifiche rappresentino miglioramenti.

Sono, pertanto, escluse dal perimetro dell’agevolazione le modifiche non significative di prodotti e di processi (a titolo esemplificativo, le modifiche stagionali, le modifiche di design di un prodotto, la mera sostituzione di un bene strumentale, i miglioramenti, qualitativi o quantitativi derivanti dall’utilizzo di sistemi di produzione che sono molto simili a quelli già usati).

Sono agevolabili, invece, le modifiche di processo o di prodotto che apportano cambiamenti o miglioramenti significativi delle linee e/o delle tecniche di produzione o dei prodotti (quali, ad esempio, la sperimentazione di una nuova linea produttiva, la modifica delle caratteristiche tecniche e funzionali di un prodotto).

Così delimitato il perimetro oggettivo del credito di imposta, e fermo restando il carattere automatico dello stesso, ulteriori indagini riguardanti la effettiva riconducibilità di specifiche attività aziendali (ad esempio, lo sviluppo di una data molecola da parte di un’azienda nel settore chimico-farmaceutico) ad una delle attività di ricerca e sviluppo ammissibili, elencate analiticamente dalle norme richiamate, comportano accertamenti di natura tecnica che involgono la competenza del Ministero dello Sviluppo economico.

Pertanto, i soggetti interessati possono presentare, ai sensi dell’articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212, un’istanza di interpello all’Agenzia delle entrate che provvederà ad acquisire il parere del citato Ministero.

Si precisa sin da ora che per la concreta individuazione, nel contesto delle suddette attività di ricerca e sviluppo, delle attività da considerare ammissibili nell’ambito dello specifico settore del tessile e della moda, sono valide, in linea generale, le indicazioni fornite dal Mi.S.E. con l’allegata circolare n. 46586 del 16 aprile 2009.

2.2 Tipologie di investimenti ammissibili. Oltre alle attività di ricerca e sviluppo agevolabili, l’articolo 3, al comma 6, elenca, in modo tassativo, anche le spese ammissibili ai fini della determinazione del credito di imposta.

Le tipologie di spesa agevolabili sono quattro e, nello specifico, quelle relative a:

a) personale altamente qualificato impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo, in possesso di un titolo di dottore di ricerca, ovvero iscritto ad un ciclo di dottorato presso una università italiana o estera, ovvero in possesso di laurea magistrale in discipline di ambito tecnico o scientifico secondo la classificazione UNESCO Isced (International Standard Classification of Education) o di cui all’allegato 1 annesso al decreto-legge n. 145 del 2013 (aggiunto dal comma 36 dell’articolo 1 della legge di Stabilità 2015 e allegato al presente documento);

b) quote di ammortamento delle spese di acquisizione o utilizzazione di strumenti e attrezzature di laboratorio, nei limiti dell’importo risultante dall’applicazione dei coefficienti stabiliti con decreto del Ministro delle finanze 31 dicembre 1988 ( pubblicato nel supplemento ordinario n. 8 alla Gazzetta Ufficiale n. 27 del 2 febbraio 1989), in relazione alla misura e al periodo di utilizzo per l’attività di ricerca e sviluppo e, comunque, con un costo unitario non inferiore a euro 2.000 al netto dell’IVA;

c) spese relative a contratti di ricerca stipulati con università, enti di ricerca e organismi equiparati, e con altre imprese, comprese le start-up innovative di cui all’articolo 25 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221 (c.d. ricerca “extra-muros”);

d) competenze tecniche e privative industriali relative a un’invenzione industriale o biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale, anche acquisite da fonti esterne.

Rispetto alla precedente formulazione della norma, con la legge di Stabilità 2015 sono state apportate le seguenti modifiche:

– è stata riformulata la lettera a), sostituendo le spese per “personale impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo” con le spese per “personale altamente qualificato”;

– è stata integrata la previsione di cui alla lettera c), con l’inclusione delle spese relative alla ricerca commissionata alle altre imprese, comprese le start-up innovative;

– è stata aggiunta la categoria di spese di cui alla lettera d).

Il comma 6 dell’articolo 3 è ripreso dall’articolo 4 del decreto attuativo.

Tenendo anche conto di quest’ultima disposizione, sono ammissibili al credito di imposta i costi sostenuti per le attività di ricerca e sviluppo che rientrano tra quelli indicati all’articolo 4, comma 1, del decreto attuativo. I costi come sopra determinati sono ammissibili indipendentemente dal trattamento contabile e, quindi, dalla eventuale capitalizzazione degli stessi.

Come anticipato al paragrafo 1, ai fini dell’agevolazione in esame rilevano gli investimenti ricerca e sviluppo effettuati “a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2019″.

L’imputazione degli investimenti in ricerca e sviluppo ad uno dei periodi di imposta di vigenza dell’agevolazione (i.e., dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2019) avviene secondo le regole generali di competenza fiscale, previste dall’articolo 109 del TUIR, come disposto anche dall’articolo 4, comma 1, del decreto attuativo, in base al quale “sono ammissibili i costi di competenza, ai sensi dell’articolo 109 del testo unico …, del periodo d’imposta di riferimento direttamente connessi allo svolgimento delle attività di ricerca e sviluppo ammissibili“.

Il riferimento all’articolo 109 del TUIR è un criterio generale, applicabile a tutte le categorie di costo eleggibili, a prescindere dalla circostanza che il soggetto beneficiario applichi tale regola per la determinazione del proprio reddito imponibile ai fini delle imposte sul reddito.

Pertanto, anche i soggetti che determinano il proprio reddito su base catastale o forfettaria, nonché quelli che redigono il bilancio in conformità ai principi contabili internazionali, devono imputare i costi eleggibili ai singoli periodi agevolati in base alle regole individuate dall’articolo 109 del TUIR.

Sulla base del criterio di imputazione temporale dei costi sancito dall’articolo 109 del TUIR concorrono alla determinazione del credito di imposta spettante nei singoli periodi agevolati anche i costi capitalizzati.

Resta fermo che il medesimo costo concorre alla determinazione del credito di imposta in uno solo dei periodi agevolati. Pertanto, i costi imputabili ai sensi dell’articolo 109 del TUIR ad uno dei periodi agevolati non possono rilevare ai fini alla determinazione del beneficio anche in un altro periodo agevolato.

Si ritiene, inoltre, in linea con la ratio della presente misura, volta ad incentivare l’attività di ricerca svolta dalle imprese, che il riferimento esplicito agli investimenti effettuati a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 non escluda, di per sé, l’ammissibilità di investimenti in attività di ricerca che risultino avviate in data anteriore al predetto periodo di applicazione dell’agevolazione. In tal caso, l’agevolazione compete per la parte di costi sostenuti nel periodo individuato dalla norma.

Sono, pertanto, agevolabili tutti gli investimenti effettuati durante il periodo di vigenza del beneficio, a prescindere dal momento in cui sono stati avviate le relative attività di ricerca.

Tenuto conto della finalità agevolativa della disciplina in esame e della procedura di fruizione della stessa, che non incide sulle ordinarie modalità di determinazione del reddito di impresa, non rilevano i diversi criteri di qualificazione, imputazione temporale e classificazione in bilancio previsti per i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali di cui al regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 luglio 2002.

2.2.1 Spese per “personale altamente qualificato”. Come anticipato, a seguito delle modifiche apportate dalla legge di Stabilità 2015, la lettera a) del comma 6 dell’articolo 3 contempla, in luogo delle spese per “personale impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo”, le spese per “personale altamente qualificato”.

La ratio di questa modifica normativa discende dalla volontà del Legislatore di continuare ad incentivare l’impiego di personale altamente qualificato anche dopo l’abrogazione, a decorrere dal 1° gennaio 2015, dell’articolo 24 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, che attribuiva un credito di imposta per le nuove assunzioni di profili altamente qualificati.

Il novellato articolo 3 prevede, infatti, sia l’applicazione di un’aliquota maggiorata per tale categoria di costi – pari al 50 per cento – sia l’estensione dell’agevolazione con aliquota maggiorata alla categoria delle “collaborazioni” con personale altamente qualificato, impiegato nelle attività di ricerca ammissibili.

Al riguardo, l’articolo 4, comma 1, lettera a) del decreto attuativo specifica che nella categoria di spese per “personale altamente qualificato” impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo ammissibili sono ricompresi:

1) sia i costi per il personale dipendente dell’impresa, con esclusione del personale con mansioni amministrative, contabili e commerciali;

2) sia i costi per il personale in rapporto di collaborazione con la stessa, compresi gli esercenti arti e professioni, a condizione che svolga la propria attività presso le strutture dell’impresa beneficiaria.

Il primo requisito richiesto ai fini dell’ammissibilità di tale categoria di spese è, pertanto, la presenza di un rapporto di lavoro da cui deriva un reddito di lavoro dipendente, ai sensi dell’articolo 49 del TUIR, o a questo assimilato, ai sensi del successivo articolo 50.

In proposito, il decreto attuativo precisa che non sono agevolabili i costi per il personale altamente qualificato adibito a mansioni amministrative, contabili e commerciali.

Per quanto riguarda il personale altamente qualificato “in rapporto di collaborazione”, il decreto attuativo richiede che il collaboratore “svolga la propria attività presso le strutture della medesima impresa“.

Con riferimento a tale ultima previsione, si ritiene che l’estensione dell’agevolabilità al 50 per cento dei costi per il personale altamente qualificato ai costi derivanti dalle collaborazioni, comprese quelle con i soggetti esercenti arti e professioni, trovi fondamento nella volontà di estendere il beneficio “rafforzato” a tutte le forme di lavoro mediante le quali il personale qualificato può svolgere attività di ricerca “alle dipendenze” dell’impresa. In tale ottica, è richiesto che il collaboratore presti la propria attività presso le “strutture” dell’impresa.

Tuttavia, i costi sostenuti per l’attività di ricerca svolta da professionisti in totale autonomia di mezzi e di organizzazione possono rientrare nella categoria di costi ammissibili ai sensi della lettera c) del comma 6, relativa alla c.d. ricerca “extra-muros“, alle condizioni previste dalla norma citata, come specificate nel successivo paragrafo 2.2.3.

L’articolo 4, comma 1, lettera a), del decreto attuativo – come si è visto – considera ammissibili al credito di imposta i costi riguardanti il personale altamente qualificato, in possesso dei titoli ivi specificati, dipendente dell’impresa o in rapporto di collaborazione con la stessa, impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo eleggibili.

Il successivo comma 3 specifica al riguardo che “deve essere preso in considerazione il costo effettivamente sostenuto dall’impresa per i lavoratori dipendenti o in rapporto di collaborazione in possesso dei titoli richiesti, …, in rapporto all’effettivo impiego dei medesimi lavoratori nelle attività di ricerca e sviluppo“.

Con riferimento all’attività di ricerca svolta dall’amministratore della società beneficiaria, sono senz’altro ammessi i costi sostenuti in relazione ad un eventuale contratto di lavoro dipendente stipulato con l’amministratore che svolge attività di ricerca e sviluppo, laddove tale rapporto sia validamente costituibile ai sensi della vigente disciplina sul lavoro.

In base alle medesime considerazioni, si ritiene che siano agevolabili anche i compensi corrisposti all’amministratore, non dipendente dell’impresa, che svolge attività di ricerca e sviluppo.

Naturalmente l’attività svolta deve essere adeguatamente comprovata e il compenso è agevolabile solo per la parte che remunera l’attività di ricerca effettivamente svolta dall’amministratore. Non risultano, al contrario, agevolabili i compensi erogati all’amministratore semplicemente preposto alla gestione dell’attività di ricerca e sviluppo.

In merito alla categoria di costi in esame la norma primaria, ripresa dalla disposizione attuativa, richiede che il dipendente ovvero il collaboratore dell’impresa:

a) sia in possesso di un titolo di dottore di ricerca ovvero sia iscritto ad un ciclo di dottorato presso un’università italiana o estera;

b) sia in possesso di una laurea magistrale, conseguita presso una università italiana o estera, in discipline di ambito tecnico o scientifico – secondo la classificazione UNESCO Isced riportate nell’Allegato 1 al decreto-legge n. 145 del 2013.

In merito al requisito sub b), attesa la valenza internazionale della citata classificazione UNESCO Isced, si ritiene che il titolo possa essere conseguito ovunque.

Ciò posto, si ritiene sufficiente che il dipendente o il collaboratore sia in possesso di uno dei titoli di cui alle precedenti lettere a) e b) e non sia, invece, necessario che detto titolo sia conseguito in una materia attinente all’attività di ricerca in cui lo stesso è impiegato, né che sia iscritto ad un albo professionale.

Secondo la formulazione attuale della norma, in ogni caso, non risultano agevolabili ai sensi della lettera a) del comma 6 dell’articolo 3, le spese per il personale “tecnico”, ovverosia per il personale non in possesso dei titoli richiesti dalla norma che viene impiegato in attività di ricerca e sviluppo.

Tuttavia, qualora ricorrano i presupposti stabiliti dalla lettera d) del comma 6 ai fini dell’ammissibilità delle spese per “competenze tecniche” (cfr. infra paragrafo 2.2.4), si ritiene che i costi per il “personale non qualificato” siano da considerare eleggibili ai sensi della citata lettera d).

Ai fini della valorizzazione della categoria di spese in esame, l’articolo 4, comma 3, del decreto attuativo, chiarisce che deve essere preso in considerazione il costo effettivamente sostenuto dall’impresa, intendendo per tale l’importo costituito dalla retribuzione lorda prima delle imposte e dai contributi obbligatori, quali gli oneri previdenziali e i contributi assistenziali obbligatori per legge, in rapporto all’effettivo impiego dei lavoratori nelle attività di ricerca e sviluppo.

Per quanto riguarda i costi relativi al personale in rapporto di collaborazione, nei termini sopra indicati, si precisa che i compensi corrisposti vanno assunti al netto dell’IVA e al lordo dei contributi previdenziali aggiuntivi professionali riaddebitati in fattura nonché delle ritenute di acconto.

E’ eleggibile il costo aziendale di competenza dell’esercizio relativo ai rapporti di lavoro ed alle collaborazioni aventi i requisiti di cui alla lettera a) del comma 6 dell’articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013, sostenuto “in rapporto all’effettivo impiego dei medesimi lavoratori nelle attività di ricerca e sviluppo“, adeguatamente documentato, ai sensi dell’articolo 7, comma 5), lettera a) del decreto attuativo, secondo le modalità indicate nel successivo paragrafo 7.

Pertanto, rileva il costo aziendale di competenza sostenuto per il personale altamente qualificato relativo all’effettivo impiego di tali lavoratori in attività di ricerca e sviluppo che rappresenta un incremento rispetto alla media dei medesimi costi sostenuti dall’impresa nei tre periodi di imposta precedenti a quello di prima applicazione dell’agevolazione (i.e., periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2015).

Tenuto conto che l’agevolazione in esame rappresenta un incentivo all’attività di ricerca e non all’occupazione, diventa agevolabile non solo l’incremento delle spese derivante dall’assunzione di nuovo personale con profilo altamente qualificato, ma anche quello attribuibile ad un maggiore impiego, in termini di ore lavorate, nelle attività di ricerca eleggibili del personale qualificato già in organico presso l’impresa beneficiaria.

A tal fine non rileva la circostanza che il medesimo personale qualificato sia stato impiegato, in alcuni o in tutti i periodi di imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015, in attività diverse dalla ricerca. In tal caso, i relativi costi, sostenuti negli esercizi precedenti per remunerare il personale già in organico ma non impiegato nelle attività di ricerca ammissibili, non concorreranno nel calcolo della media degli investimenti pregressi.

Sulla base delle medesime considerazioni, si ritiene, inoltre, che a parità di risorse in organico e di tempo di impiego del personale altamente qualificato in attività di ricerca e sviluppo, costituisca incremento agevolabile quello generato da un aumento della retribuzione o da un aumento del costo del servizio di consulenza.

2.2.2 Spese per strumenti e attrezzature di laboratorio. Per quanto riguarda la seconda categoria di costi agevolabili, l’articolo 4, comma 1, lettera b) del decreto attuativo, che riprende il comma 6, lettera b) dell’articolo 3, considera ammissibili le “spese di acquisizione o utilizzazione di strumenti e attrezzature di laboratorio” che sono quantificate applicando “le quote di ammortamento …, nei limiti dell’importo risultante dall’applicazione dei coefficienti stabiliti con decreto del Ministro delle finanze 31 dicembre 1988 … in relazione alla misura e al periodo di utilizzo per l’attività di ricerca e sviluppo” e comunque con un costo unitario non inferiore a euro 2.000 al netto dell’IVA.

Ai fini dell’ammissibilità dei suddetti costi, il successivo comma 4 dell’articolo 4 del decreto attuativo, dispone che gli strumenti e le attrezzature “devono essere acquisiti dall’impresa, a titolo di proprietà o di utilizzo”.

A tale ultimo riguardo, nel ritenere agevolabili gli strumenti e le attrezzature acquisiti mediante “locazione finanziaria“, il medesimo comma 4 stabilisce che, in tal caso, “alla determinazione dei costi ammissibili concorrono le quote capitali dei canoni, nella misura corrispondente all’importo deducibile ai sensi dell’articolo 102, comma 7, del testo unico delle imposte sui redditi, …, in rapporto all’effettivo impiego per le attività di ricerca e sviluppo”.

Alla luce di quanto sopra richiamato, sono agevolabili i costi, di competenza del periodo di imposta, relativi ai beni materiali ammortizzabili, diversi dai terreni e dai fabbricati – sia in proprietà che in uso – abitualmente impiegati dall’impresa nelle attività di ricerca e sviluppo in relazione al tempo di effettivo impiego in tali attività.

L’individuazione dei beni rilevanti ai fini della determinazione della categoria di costi in esame deve essere effettuata in relazione alla destinazione del bene al progetto di ricerca da parte dell’impresa beneficiaria.

Sono, quindi, eleggibili al credito di imposta le quote di ammortamento dei beni, non necessariamente tipici di laboratorio, ma che sono solitamente utilizzati dall’impresa per svolgere una delle attività ammissibili elencate al comma 4 dell’articolo 3, avuto riguardo anche al settore economico di appartenenza.

Inoltre, sempre in relazione alle disposizioni sopra richiamate, sono ammissibili i costi dei beni acquisiti in un periodo di imposta antecedente a quello in corso al 31 dicembre 2015, purché vi sia l’effettiva destinazione degli stessi alle attività di ricerca e sviluppo. La quantificazione del costo ammissibile è infatti commisurata “in rapporto all’effettivo impiego per le attività di ricerca e sviluppo”.

Ciò implica che la quota di ammortamento o, in caso di beni acquisiti mediante locazione finanziaria, la quota capitale del canone dovrà essere assunta in relazione alla percentuale di utilizzo del bene nell’attività di ricerca e al periodo di tempo di utilizzo nell’arco di un anno.

Ad esempio, per un’attrezzatura ammortizzabile al 10%, di costo pari a euro 500.000, acquisita in un periodo di imposta antecedente a quello in corso al 31 dicembre 2015, utilizzata al 40 per cento per scopi commerciali e per il restante 60 per cento per attività di ricerca, e, di fatto, impiegata per tale attività solo per un trimestre, il costo ammissibile, da confrontare con la media di riferimento, sarà pari a euro 7.500, risultante dal seguente calcolo: [(500.000 x 10%) x 60%] x (3/12)= 7.500.

Nel caso di beni acquisiti mediante locazione finanziaria, l’articolo 4, comma 4, del decreto attuativo, stabilisce che alla determinazione dei costi ammissibili concorrono le quote capitali dei canoni, nella misura corrispondente all’importo deducibile ai sensi dell’articolo 102, comma 7, del TUIR.

Ai fini della determinazione della quota capitale del canone, si rinvia alla circolare n. 17/E del 29 maggio 20133, paragrafo 3, nel quale vengono forniti chiarimenti in merito alla determinazione della quota di interessi passivi impliciti.

Nel caso in cui i beni siano, invece, acquisiti mediante locazione non finanziaria, il costo rilevante è determinato applicando i coefficienti di cui al decreto ministeriale del 31 dicembre 1988 al costo storico del bene che deve risultare dal contratto di locazione ovvero da una specifica dichiarazione del locatore.

Ai fini del calcolo del costo ammissibile è ininfluente il modo in cui è avvenuta l’imputazione contabile di eventuali contributi in precedenza ricevuti dall’impresa per l’acquisto dei beni. La quota di ammortamento rilevante sarà sempre calcolata infatti al lordo del contributo ricevuto, a prescindere dalle modalità di contabilizzazione di quest’ultimo.

Si ritiene che tale considerazione, per cui il costo ammissibile non vada nettizzato dei contributi ricevuti finalizzati all’acquisto di beni, valga anche con riferimento ad eventuali misure fiscali di favore concesse in relazione all’acquisto del bene (ad esempio, il “credito di imposta per investimenti in beni strumentali nuovi” di cui all’articolo 18 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91).

Si precisa, altresì, che l’ammortamento rilevante ai fini della determinazione del costo ammissibile è sempre quello ordinario o tabellare applicato al costo sostenuto per l’acquisto o la produzione del bene, determinato ai sensi dell’articolo 110 del TUIR.

Sul punto è il caso di evidenziare che la maggiorazione del 40 per cento del costo di acquisizione degli investimenti in beni materiali strumentali nuovi, prevista dall’articolo 1, commi da 91 a 94, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, non rileva ai fini determinazione delle quote di ammortamento eleggibili al credito di imposta.

Le menzionate disposizioni attribuiscono un’agevolazione che consiste nell’esclusione dal reddito di impresa di un ammontare pari al 40 per cento del costo di acquisto dei beni strumentali nuovi, fruita mediante variazioni in diminuzione del reddito imponibile operate nei periodi di imposta in cui viene dedotto l’ammortamento dei beni stessi.

La sostanza del beneficio è, pertanto, quella di agevolare l’acquisto di beni strumentali che, al pari delle altre agevolazioni concesse per l’acquisto di un bene, non ne incrementa il valore ma riduce l’incidenza del costo sostenuto dal soggetto beneficiario.

Si precisa, infine, che il criterio previsto dall’articolo 110 del TUIR si applica anche ai fini dell’individuazione dei beni con costo unitario inferiore a euro 2.000 le cui quote di ammortamento non sono ammissibili all’agevolazione.

2.2.3 Spese per contratti di ricerca “extra-muros. La terza categoria di costi eleggibili è indicata alla lettera c) del comma 6 dell’articolo 3, ai sensi della quale sono ammissibili le “spese relative a contratti di ricerca stipulati con università, enti di ricerca e organismi equiparati, nonché quelle relative a contratti di ricerca stipulati con altre imprese, comprese le start-up innovative di cui all’articolo 25 del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179“.

Con riferimento alle spese relative a contratti di ricerca stipulati con “altre imprese”, la lettera c) del comma 1 dell’articolo 4 del decreto attuativo precisa che sono agevolabili le spese commissionate a imprese “diverse da quelle che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa”.

In proposito, la relazione illustrativa al decreto attuativo precisa che la ricerca “extra-muros” si identifica con quella commissionata ad università, enti di ricerca e organismi equiparati, nonché “ad altri soggetti”, comprese le start-up innovative.

Pertanto, come anticipato al paragrafo 2.2.1, possono essere agevolabili ai sensi della lettera c) in esame, in presenza dei requisiti più avanti specificati, anche i costi sostenuti per l’attività di ricerca svolta da professionisti in totale autonomia di mezzi e di organizzazione.

Sempre in merito alle spese relative alla ricerca “extra-muros“, la relazione illustrativa puntualizza che sono escluse quelle relative alle commesse affidate alle società del gruppo e motiva l’esclusione sulla base del dato letterale della norma primaria che, nel fare riferimento alla ricerca commissionata a terzi, non ha incluso la ricerca commissionata tra società dello stesso gruppo, maggiormente inquadrabile nell’ambito della ricerca intra-muros.

Alla luce di quanto sopra riportato, si ritiene che i costi derivanti dalla ricerca commissionata nell’ambito del medesimo gruppo rilevino nei limiti in cui siano riconducibili alle categorie di costi ammissibili di cui alle lettere a), b), c) e d) del comma 6 dell’articolo 3.

Pertanto, ai fini della corretta determinazione del credito di imposta, nonché dei successivi controlli, l’impresa committente avrà cura di acquisire dalla società commissionaria il dettaglio dei costi sostenuti supportati da adeguata documentazione.

Quanto alla nozione di controllo rilevante ai fini della perimetrazione del gruppo, si ritiene applicabile la definizione di controllo contenuta nell’articolo 2359, commi 1 e 2, del codice civile.

Si ritiene, altresì, che sono da escludere dalla presente categoria di spese anche i costi derivanti da commesse con imprese controllate dalla medesima persona fisica, tenendo conto a tal fine anche di partecipazioni, titoli o diritti posseduti dai familiari dell’imprenditore, individuati ai sensi dell’art. 5, comma 5, del TUIR.

Ai fini dell’ammissibilità della categoria di costi in esame, il comma 5 dell’articolo 4 del decreto attuativo stabilisce che “i contratti di ricerca devono essere stipulati con imprese residenti o localizzate in Stati membri dell’Ue, in Stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) ovvero in Paesi e territori che consentono un adeguato scambio di informazioni“.

In proposito, la relazione illustrativa al decreto attuativo chiarisce che il comma 5 citato pone la condizione relativa alla residenza o alla localizzazione del soggetto commissionario con riferimento all’ipotesi in cui l’attività di ricerca e sviluppo venga commissionata da un’impresa residente in Italia a imprese residenti all’estero.

Al riguardo, corre l’obbligo di precisare che la medesima condizione non è posta, invece, con riferimento alla ricerca commissionata a università, enti di ricerca e organismi equiparati.

Si precisa, in ogni caso, che la condizione relativa alla residenza o alla localizzazione in Stati membri dell’UE, in Stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) ovvero in paesi e territori “collaborativi”, nell’ipotesi di ricerca subappaltata, deve essere verificata anche in capo all’impresa che di fatto svolge l’attività di ricerca.

Inoltre, si precisa che, nell’ipotesi in cui il soggetto commissionario a sua volta “acquisti” i risultati della ricerca da un’impresa terza, l’agevolazione in commento spetta esclusivamente al primo committente, al fine di evitare una indebita duplicazione del beneficio.

Nel caso di ricerca commissionata, non si ritiene necessario che l’impresa che svolge su commissione attività di ricerca abbia la predetta attività nel proprio oggetto sociale, né che si serva di personale altamente qualificato; si ritiene invece necessario che l’impegno assunto su commissione sia coerente con l’attività effettivamente svolta dal commissionario.

Con riferimento alle caratteristiche che devono avere i contratti di ricerca stipulati con università, enti di ricerca e organismi equiparati, nonché con soggetti esterni al gruppo ai fini dell’ammissibilità dei relativi costi, si precisa, innanzi tutto, che gli stessi devono contenere l’impegno a svolgere, direttamente o indirettamente, attività di ricerca e sviluppo ammissibili ai sensi del comma 4 dell’articolo 3 e devono, inoltre, prevedere che l’effettivo beneficiario degli eventuali risultati di tale attività sia l’impresa committente.

La misura agevolativa in esame, infatti, è rivolta ai soggetti che svolgono attività di ricerca eleggibile sostenendo i relativi costi e che si avvalgono degli eventuali relativi risultati, assumendosi il rischio per l’attività svolta.

Di conseguenza, è da escludere che il credito spetti alle imprese che svolgono attività di ricerca su commissione di terzi, atteso che in tal caso l’impresa commissionaria in realtà non sostiene i relativi costi, in quanto li riaddebita, in base ai corrispettivi contrattualmente previsti, al committente che ne sostiene l’onere.

In proposito, la relazione illustrativa al decreto attuativo precisa che nel novero dei beneficiari non possono ritenersi inclusi i soggetti che effettuano attività di ricerca e sviluppo su commissione di terzi, ciò in quanto l’articolo 3 del decreto legge n. 145 del 2013 – contrariamente a quanto avvenuto con il credito di imposta in materia di ricerca e sviluppo previsto dall’articolo 1, commi 280 e successivi, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 del 2006 – riconosce l’agevolazione in questione solo alle imprese che investono risorse in attività di ricerca e sviluppo, sia svolgendola direttamente sia commissionandola a terzi sulla base di appositi contratti.

Pertanto, continua la relazione illustrativa, nell’ipotesi di ricerca commissionata da un’impresa non residente, priva di stabile organizzazione nel territorio dello stato italiano, ad una impresa residente o alla stabile organizzazione di un soggetto non residente, né la prima, per mancanza del presupposto della territorialità, né le seconde potranno beneficiare del credito di imposta per attività di ricerca e sviluppo.

Con riferimento alla presente categoria di costi eleggibili, relativi alla ricerca “commissionata” nei termini sopra precisati, si ritengono applicabili le considerazioni svolte nella circolare n. 51/E del 28 novembre 20114 (emanata a commento del “credito di imposta per le imprese che finanziano progetti di ricerca in Università o enti pubblici di ricerca” di cui all’articolo 1 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70), secondo cui i costi relativi “alla ricerca contrattuale” sono considerati ammissibili, “nella misura congrua e pertinente”, purché i risultati di tale ricerca siano acquisiti “nell’ambito di un’operazione effettuata alle normali condizioni di mercato e che non comporti elementi di collusione”.

Non sono, pertanto, rilevanti i costi relativi a contratti con università o enti di ricerca che abbiano quale unico fine quello di sovvenzionare l’attività di ricerca svolta da tali soggetti, senza che il pagamento delle somme assuma carattere di corrispettivo.

Per quanto attiene all’individuazione del momento di effettuazione dell’investimento, anche con riferimento alla categoria di costi in esame vale il principio generale, indicato dall’articolo 4, comma 1, del decreto attuativo, di imputazione per competenza ai sensi dell’articolo 109 del TUIR.

Trattandosi di ricerca “commissionata” a soggetti esterni, i relativi costi si considerano sostenuti alla data di ultimazione della prestazione ovvero, in caso di stati di avanzamento lavori, alla data di accettazione degli stessi da parte del committente.

Si precisa, inoltre, che tutti i costi di competenza, come sopra individuati, rilevano a prescindere dalla data di stipula del contratto. Pertanto, risulta ammissibile anche la parte di costi sostenuti nel periodo di vigenza dell’agevolazione relativi ad attività di ricerca “commissionata” anteriormente al primo periodo di applicazione dell’agevolazione (i.e., periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2015).

2.2.4 Spese per “competenze tecniche e privative industriali”. La lettera d) del comma 6, aggiunta all’articolo 3 dalla legge di Stabilità 2015 e ripresa dall’articolo 4, comma 1, lettera d) del decreto attuativo, individua la quarta categoria di spese eleggibili al credito di imposta in quelle relative a “competenze tecniche e privative industriali relative ad un’invenzione industriale o biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale, anche acquisite da fonti esterne”.

In merito alla presente categoria di spese, si evidenzia che, in forza della citata lettera d), rilevano i costi sostenuti dall’impresa per l’acquisizione di “competenze tecniche” e quelli relativi all’acquisizione di “privative industriali”, aventi le caratteristiche richieste dalla norma.

Al riguardo, si ricorda che l’articolo 4, comma 1, primo periodo, del decreto attuativo, stabilisce che, ai fini della determinazione del credito di imposta, sono ammissibili “i costi di competenza, …, del periodo… di riferimento direttamente connessi allo svolgimento delle attività di ricerca e sviluppo ammissibili“.

Ne consegue che l’ammissibilità al credito di imposta dei costi menzionati è, in primo luogo, subordinata alla circostanza che i costi in questione siano sostenuti nello svolgimento delle attività di ricerca e sviluppo.

Sono, pertanto, agevolabili ai sensi della lettera d) in esame, come anticipato al paragrafo 2.2.1, i costi sostenuti per il personale non “altamente qualificato” impiegato nelle attività di ricerca eleggibili.

Sono altresì eleggibili, ai sensi della lettera d), tutti i costi sostenuti per l’acquisizione di privative industriali relative ad un’invenzione industriale o biotecnologica, a una topografia di prodotto a semiconduttori o a una nuova varietà vegetale.

Per quanto riguarda la definizione di “privativa industriale”, si precisa che, poiché il nomen iuris del procedimento di acquisizione del titolo di proprietà industriale (brevetto o registrazione) varia in funzione delle diverse definizioni contenute nel diritto industriale dei paesi concedenti la privativa, occorre fare riferimento alla tipologia sostanziale di privativa descritta nella norma che, esemplificativamente, nell’ordinamento italiano (2) assume la denominazione di:

– brevetto per invenzione industriale (anche nel settore delle biotecnologie);

– brevetto per invenzione biotecnologica;

– registrazione di topografia di prodotto a semiconduttori e brevetto per nuova varietà vegetale.

A titolo esemplificativo, rientrano in tale tipologia di costi quelli sostenuti per consulenze propedeutiche, due diligence, predisposizione accordi di segretezza, predisposizione accordi di cessione o concessione in licenza del brevetto, trascrizione o annotazione nei registri di pubblicità legale.

Sempre a titolo esemplificativo, i servizi connessi al procedimento di brevettazione o registrazione sono rappresentati da consulenze propedeutiche (studi su brevettabilità, freedom to operate), deposito della domanda di brevetto o di registrazione, estensione della domanda di brevetto o registrazione, conversione ed ogni istanza a queste connesse, comprese le eventuali traduzioni, mantenimento in vita.

Le disposizioni sopra menzionate prevedono che le spese relative alle “privative industriali” rilevano sia nel caso di produzione interna sia nel caso di acquisto da fonti esterne, anche appartenenti al medesimo gruppo societario, nonché tutti costi che l’impresa beneficiaria sostiene per lo sviluppo, il mantenimento e l’accrescimento di detti beni immateriali.

In caso di produzione interna degli assets giuridicamente tutelabili previsti dalla norma, rilevano tutti i costi sostenuti a tal fine.

Nel caso di acquisto della privativa da terzi, non prevedendo la lettera d) un riferimento espresso alle quote di ammortamento, si ritiene che il costo di acquisto, determinato ai sensi dell’articolo 110, comma 1, del TUIR, sia eleggibile nel periodo di imposta individuato ai sensi dell’articolo 109, comma 2, del TUIR.

Nel caso di costi sostenuti nell’ambito del medesimo gruppo, resta fermo il potere dell’Amministrazione finanziaria di sindacare, secondo i canoni dell’antieconomicità, la congruità dei corrispettivi pattuiti, così come resta ferma l’applicazione delle regole in materia di transfer pricing nel caso di costi derivanti da operazioni con soggetti non residenti nel territorio dello Stato appartenenti al medesimo gruppo.

2.2.5 Spese per attività di certificazione contabile. Il comma 11 dell’articolo 3 e l’articolo 7, comma 2, del decreto attuativo stabiliscono che le imprese non soggette a revisione legale dei conti e prive di un collegio sindacale devono avvalersi di un revisore o di una società di revisione legale dei conti scritti nel registro dei revisori legali di cui decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39, che certifichi la documentazione contabile richiesta per fruire dell’agevolazione (in merito si rinvia al successivo paragrafo 7).

Il comma 11 citato e l’articolo 4, comma 2, del decreto attuativo considerano “ammissibili”, entro il limite massimo di euro 5.000, le spese sostenute per la suddetta attività di certificazione contabile dei costi.

La norma, pertanto, concede alle imprese che non sono tenute alla revisione legale dei conti e che non hanno un organo di controllo interno, un contributo sotto forma di credito di imposta di importo pari alle spese sostenute e documentate per l’attività di certificazione contabile entro il limite massimo di euro 5.000 per ciascun periodo di imposta per il quale si intende fruire dell’agevolazione.

L’importo del contributo attribuito per le spese di certificazione si aggiunge al credito di imposta spettante, calcolato secondo le indicazioni del successivo paragrafo, e concorre alla determinazione dell’importo massimo annuale di 5 milioni di euro riconosciuto dal comma 3 dell’articolo 3.

Resta fermo che le spese sostenute per la certificazione della documentazione contabile sono deducibili dal reddito di impresa per l’intero importo.

3. DETERMINAZIONE DELL’AGEVOLAZIONE

Il comma 1 dell’articolo 3 attribuisce il credito di imposta “nella misura del 25 per cento delle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015“.

Inoltre, il successivo comma 7 prevede che “per le spese relative alle lettere a) e c) del comma 6 il credito di imposta spetta nella misura del 50 per cento delle medesime“.

I commi 1 e 7 citati individuano la misura del beneficio differenziandola in funzione della diversa aliquota del credito di imposta disposta per “tipologie” di spese: nell’ambito dei costi ammissibili di cui al comma 6 dell’articolo 3, un gruppo di spese – rappresentate dalle quote di ammortamento delle spese di acquisizione o utilizzazione di strumenti e attrezzature di laboratorio (lettera b) e dalle spese di acquisizione delle competenze tecniche e privative industriali (lettera d) – beneficia dell’aliquota del 25 per cento, mentre per l’altro gruppo di spese – rappresentate dai costi per l’assunzione di personale altamente qualificato impiegato nell’attività di ricerca (lettera a) e dai costi per la ricerca “extra muros”(lettera c) – è prevista un’aliquota maggiorata, pari al 50 per cento.

Inoltre, in base al comma 3 dell’articolo 3 citato, il credito di imposta è riconosciuto “fino ad un importo massimo annuale di euro 5 milioni per ciascun beneficiario, a condizione che siano sostenute spese per attività di ricerca e sviluppo almeno pari a euro 30.000“.

Le disposizioni che specificano il meccanismo concreto di determinazione dell’agevolazione sono contenute nell’articolo 5 del decreto attuativo.

3.1 Approccio incrementale e calcolo della media. Come specificato dal comma 1 dell’articolo 5 del decreto attuativo, il credito di imposta, che compete fino ad un importo massimo annuale di 5 milioni di euro per ciascun beneficiario, è riconosciuto a condizione che “la spesa complessiva per investimenti in attività di ricerca e sviluppo effettuata in ciascun periodo d’imposta in relazione al quale si intende fruire dell’agevolazione ammonti almeno ad euro 30.000” e che detta spesa complessiva “ecceda la media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015“.

A differenza delle precedenti agevolazioni in materia di ricerca e sviluppo, quella in esame prevede espressamente l’effettuazione di un ammontare minimo di investimenti al fine di poter accedere al credito di imposta.

Pertanto, occorre preliminarmente verificare che la spesa complessiva per investimenti in ricerca e sviluppo sia pari almeno a euro 30.000.

Ai fini di tale verifica assumono rilevanza tutti i costi relativi agli investimenti realizzati, intendendo per tali quelli determinati ai sensi dell’articolo 4, comma 1 e commi da 3 a 5, del decreto attuativo secondo le indicazioni fornite nei paragrafi da 2.2.1 a 2.2.4.

Al riguardo, si precisa che, in base al comma 1 dell’articolo 5 del decreto attuativo, la condizione relativa alla soglia minima di investimento è posta esclusivamente con riferimento a ciascun periodo di imposta per il quale si intende effettivamente accedere all’agevolazione.

Quindi, non è necessario effettuare investimenti di importo pari almeno a euro 30.000 in tutti i periodi di imposta potenzialmente agevolati essendo sufficiente che tale soglia sia raggiunta nel singolo periodo di imposta in relazione al quale l’impresa ha intenzione di beneficiare dell’agevolazione.

Ad esempio, un’impresa che chiude l’esercizio il 31 dicembre ed effettua investimenti in attività di ricerca e sviluppo nei periodi di imposta 2015, 2017 e 2019 sostenendo una spesa complessiva pari, rispettivamente, a euro 35.000, euro 28.000 ed euro 38.000, può potenzialmente fruire dell’agevolazione per gli investimenti relativi al periodo di imposta 2015 e per quelli relativi al periodo di imposta 2019.

Nell’ipotesi in cui il periodo di imposta dell’impresa beneficiaria è di durata inferiore o superiore a dodici mesi, si ritiene che l’importo di euro 30.000 – richiesto quale ammontare minimo di spesa per l’accesso al beneficio – debba essere ragguagliato alla durata del periodo stesso.

Accertata la sussistenza della predetta condizione, occorre poi verificare, sempre in forza del comma 1 dell’articolo 5 citato, che la spesa complessiva per investimenti in attività di ricerca e sviluppo, effettuata in ciascun periodo di imposta in relazione al quale si intende fruire dell’agevolazione, rappresenti un incremento rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi di imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015.

Per riscontrare la sussistenza di questa seconda condizione è necessario determinare la “spesa incrementale complessiva”, intendendo per tale, ai sensi del secondo periodo del comma 2 dell’articolo 5 del decreto attuativo, “la differenza positiva tra l’ammontare complessivo delle spese per investimenti in attività di ricerca e sviluppo di cui al comma 1 dell’articolo 4 sostenute nel periodo d’imposta in relazione al quale si intende fruire dell’agevolazione e la media annuale delle medesime spese realizzate nei tre periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015“.

Ai fini del computo della “spesa incrementale complessiva”, pertanto, occorre procedere alla determinazione del valore da raffrontare con l’importo degli investimenti realizzati in ciascun periodo di imposta in relazione al quale si intende fruire dell’agevolazione, rappresentato dalla media aritmetica degli investimenti realizzati nei tre periodi di imposta precedenti a quello di prima applicazione dell’agevolazione (i.e., periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2015).

Al riguardo, occorre considerare che, in base al comma 1 dell’articolo 3, il credito di imposta spetta per gli investimenti effettuati “a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2019”.

Ne deriva, pertanto, che il triennio di riferimento per il calcolo della media degli investimenti pregressi è costituito dai tre periodi di imposta che precedono il primo periodo di applicazione dell’agevolazione (i.e., periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2014 e i due precedenti).

Di conseguenza, per i soggetti con periodo di imposta coincidente con l’anno solare, relativamente ai quali il credito di imposta compete per gli investimenti realizzati dal 1° gennaio 2015 al 31 dicembre 2019, il triennio di riferimento, per il calcolo della media degli investimenti effettuati, è compreso tra il 1° gennaio 2012 e il 31 dicembre 2014.

Parimenti, per i soggetti con periodo di imposta non coincidente con l’anno solare, il “triennio” da assumere ai fini del calcolo della media degli investimenti è costituito, in concreto, dai tre periodi di imposta precedenti al primo periodo agevolabile. Così, ad esempio, per un’impresa con periodo di imposta 1° aprile – 31 marzo, il credito di imposta compete per gli investimenti realizzati dal 1° aprile 2015 al 31 marzo 2020 e il triennio di riferimento, per il calcolo della media degli investimenti effettuati, è compreso tra il 1° aprile 2012 e il 31 marzo 2015.

Come rilevato anche nella relazione illustrativa del decreto attuativo, “la media di riferimento individuata dalla norma primaria per il calcolo della spesa incrementale resta fissa“, pertanto, i periodi di imposta da prendere in considerazione per il calcolo della media rimangono immutati.

Ne consegue che la media da raffrontare con gli investimenti realizzati in ciascun periodo di imposta per il quale si intende fruire del beneficio è calcolata, per tutto l’arco temporale di vigenza dell’agevolazione, avendo sempre a riferimento il triennio che precede il periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2015.

Per chiarezza, si precisa che la media dei costi per investimenti in ricerca e sviluppo sostenuti nel triennio di riferimento va calcolata tenendo in considerazione anche i periodi di imposta in cui tali costi non sono stati sostenuti. Il computo va effettuato, quindi, su tutti e tre i periodi di imposta, anche se in uno o più di essi l’importo di tali investimenti è pari a zero, e il risultato ottenuto deve essere diviso per il numero delle annualità, pari a tre.

Conseguentemente, nell’ipotesi in cui in nessuno dei tre periodi di imposta di riferimento siano stati sostenuti costi di ricerca e sviluppo, in assenza di investimenti pregressi su cui operare il confronto, il credito di imposta è determinato sull’intero ammontare dei costi sostenuti in ciascun periodo di imposta in relazione al quale si intende fruire dell’agevolazione.

Quanto alla tipologia di investimenti da prendere in considerazione per il calcolo della media di raffronto, il comma 1 dell’articolo 3 fa riferimento agli investimenti in attività ricerca e sviluppo effettuati in eccedenza rispetto alla “media dei medesimi investimenti” realizzati nei tre periodi di imposta precedenti, senza ulteriori specificazioni.

In merito, l’articolo 5 del decreto attuativo precisa, al comma 1, che il credito di imposta compete in presenza di una “spesa incrementale complessiva” di investimento rispetto alla “media dei medesimi investimenti” realizzati nei tre periodi di imposta precedenti e, al successivo comma 2, che l’incremento complessivo è rappresentato dalla differenza positiva tra l’ammontare complessivo delle “spese per investimenti in attività di ricerca e sviluppo di cui al comma 1 dell’articolo 4” sostenute nel periodo di imposta in relazione al quale si intende beneficiare dell’agevolazione e la “media annuale delle medesime spese” realizzate nel triennio di riferimento.

Al riguardo, il riferimento alle “medesime spese” porta a ritenere che nel computo della media di riferimento rientrano gli investimenti appartenenti alla medesima tipologia di quelli indicati come agevolabili dal comma 1 dell’articolo 4 del decreto attuativo.

Pertanto, al fine di garantire l’omogeneità dei valori comparati, i criteri adottati per l’individuazione e il computo degli investimenti rientranti nella previsione agevolativa valgono anche per gli investimenti degli esercizi precedenti da assumere ai fini del confronto.

In particolare, si ricorda che ai fini del calcolo della media di riferimento, è necessario, nel rispetto del principio di omogeneità dei valori, tenere conto esclusivamente degli investimenti appartenenti alle medesime tipologie di quelli indicati come agevolabili dal comma 6 dell’articolo 3, nei termini specificati dal comma 1 dell’articolo 4 del decreto attuativo, dotati dei medesimi requisiti esplicitati nei precedenti paragrafi.

Si precisa, in ogni caso, che la soglia minima di investimento pari a euro 30.000, imposta dalle disposizioni in commento come requisito di accesso all’agevolazione, non rileva ai fini del calcolo della media di riferimento; conseguentemente, in tale calcolo vanno computati anche gli investimenti di importo inferiore al predetto ammontare.

3.1.1 Misura del credito di imposta. L’importo del credito di imposta effettivamente spettante in riferimento a ciascun periodo di imposta per il quale si intende fruire dell’agevolazione è determinato sulla base delle indicazioni contenute nel comma 3 dell’articolo 5 del decreto attuativo.

In applicazione dei commi 1 e 7 dell’articolo 3, il comma 3 dell’articolo 5 citato individua la misura del beneficio differenziandola in funzione della diversa aliquota del credito di imposta disposta per tipologie di spese.

In particolare, il primo periodo del menzionato comma 3 dispone che il credito di imposta è riconosciuto nella misura del “50 per cento della spesa incrementale relativa ai costi di cui alle lettere a) e c) del comma 1 dell’articolo 4” e del “25 per cento della spesa incrementale relativa ai costi di cui alle lettere b) e d) del medesimo articolo 4“.

Pertanto, in base al medesimo comma 3 dell’articolo 5 in commento, dopo aver verificato la sussistenza delle condizioni prescritte dal precedente comma 1, come chiarite nel precedente paragrafo (i.e., soglia minima di investimento e “spesa incrementale complessiva”), occorre determinare la “spesa incrementale” relativa alle diverse tipologie di spese.

Al riguardo, il secondo periodo del comma 3 in parola precisa che per “spesa incrementale” deve intendersi “l’ammontare dei costi di cui alle lettere a) e c) ovvero di cui alle lettere b) e d) del comma 1 dell’articolo 4 sostenuti nel periodo d’imposta per il quale si intende fruire dell’agevolazione in eccedenza rispetto alla media annuale riferita ai rispettivi medesimi costi sostenuti nei tre periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015 ovvero nel minor periodo dalla data di costituzione“.

Di conseguenza, come chiarito dalla relazione illustrativa del decreto attuativo, ai fini del calcolo del credito di imposta spettante è necessario dapprima determinare “la spesa incrementale agevolabile” separatamente per ciascun gruppo di spese, confrontando l’ammontare dei costi di cui alle lettere a) e c) e l’ammontare dei costi di cui alle lettere b) e d) del comma 1 dell’articolo 4 del decreto attuativo sostenuti nel periodo di imposta per il quale si intende fruire dell’agevolazione con la media annuale riferita ai rispettivi medesimi costi sostenuti nei tre periodi di imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015.

Ai fini del calcolo della media di raffronto dei due gruppi di spese valgono le medesime considerazioni fatte in precedenza per il calcolo della media da raffrontare per la determinazione della “spesa incrementale complessiva”.

Per la concreta determinazione dell’importo spettante, l’ultimo periodo del comma 3 dell’articolo 5 in commento prevede che “il credito di imposta è, in ogni caso, calcolato sulla spesa incrementale riferita ai costi di cui alle lettere a) e c) ovvero di cui alle lettere b) e d) del comma 1 dell’articolo 4 nei limiti della spesa incrementale complessiva“.

Pertanto, nel presupposto che il beneficio spetta sempre a condizione che vi sia un incremento complessivo di spese in attività di ricerca e sviluppo e fino a concorrenza delle stesso, qualora, a seguito dell’operazione di determinazione della “spesa incrementale agevolabile”, entrambi i gruppi di spese dovessero evidenziare un incremento, il credito di imposta spettante sarà determinato applicando a ciascun incremento l’aliquota del credito di imposta prevista per il relativo gruppo di spese.

Diversamente, se l’incremento dovesse riguardare soltanto uno dei due gruppi di spese, il credito di imposta dovrà essere calcolato applicando l’aliquota, prevista per il gruppo di spese che ha evidenziato l’incremento, sull’ammontare della “spesa incrementale complessiva” (i.e., differenza positiva tra spese complessive di periodo e media di riferimento) determinata, ai sensi del comma 2 dell’articolo 5 del decreto attuativo, secondo le indicazioni fornite nel precedente paragrafo.

Ai fini di maggior chiarezza in merito alle modalità di calcolo dell’agevolazione, si rinvia agli esempi riportati al paragrafo 5.

3.1.2 Investimenti realizzati da imprese di recente o nuova costituzione. Ai sensi del comma 2 dell’articolo 3 il credito di imposta spetta anche alle “imprese in attività da meno di tre periodi di imposta”.

Per tali soggetti che non hanno, di fatto, un triennio di riferimento per il calcolo della media, il comma 2 dell’articolo 3 citato dispone che, ai fini del calcolo della spesa incrementale, “la media degli investimenti … è calcolata sul minor periodo a decorrere dal periodo di costituzione“.

In conformità alla norma primaria, l’articolo 5 del decreto attuativo prevede, al comma 2, primo periodo, che per le imprese in attività da meno di tre periodi di imposta “la media degli investimenti in attività di ricerca e sviluppo da considerare per il calcolo della spesa incrementale complessiva è calcolata sul minor periodo a decorrere dalla costituzione” specificando al riguardo, nel secondo periodo del comma 2 citato, che “per «spesa incrementale complessiva» si intende la differenza positiva tra l’ammontare complessivo delle spese per investimenti in attività di ricerca e sviluppo … sostenute nel periodo d’imposta in relazione al quale si intende fruire dell’agevolazione e la media annuale delle medesime spese realizzate … nel minor periodo dalla data di costituzione“.

In base al tenore letterale della norma ed in linea con la relazione illustrativa all’articolo 5 del decreto attuativo – in cui si legge che “qualora si tratti di imprese in attività da meno di tre periodi d’imposta, la media degli investimenti in attività di ricerca e sviluppo calcolata sul minor periodo a decorrere dalla costituzione“, nel conteggio della media di raffronto ai fini della determinazione sia della “spesa incrementale complessiva” sia della “spesa incrementale agevolabile” – occorre quindi far riferimento al volume degli investimenti realizzati nell’arco temporale compreso tra il periodo di imposta in corso alla data di costituzione dell’impresa e il periodo di imposta precedente a quello di prima applicazione dell’agevolazione (i.e., periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2014).

Ad esempio, per un soggetto con esercizio coincidente con l’anno solare che si è costituito il 1° luglio 2013, il computo per il calcolo della media va fatto sui periodi di imposta 2013 e 2014 sommando gli investimenti effettuati in tali esercizi e dividendo il risultato per il numero delle annualità, pari a due, senza operare alcun ragguaglio.

Come anticipato nel paragrafo 1, l’articolo 3 del decreto-legge n. 145 del 2013 non pone alcuna condizione riguardante la data di inizio dell’attività di impresa.

Ciò si evince anche dalla relazione illustrativa del decreto attuativo la quale, nel rilevare che “la media di riferimento individuata dalla norma primaria per il calcolo della spesa incrementale resta fissa“, specifica che “per le imprese costituite successivamente al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2014, la media di riferimento non potrà che essere pari a zero, in quanto anch’essa andrà calcolata con riferimento ai costi sostenuti nei periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015″.

L’agevolazione si applica, pertanto, anche ai soggetti che intraprendono l’attività durante il periodo di vigenza della misura agevolativa (che, si ricorda, va dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 fino a quello in corso al 31 dicembre 2019) i quali determineranno il credito di imposta avendo riguardo al valore complessivo degli investimenti realizzati in ciascun periodo di imposta per il quale intendono fruire dell’agevolazione.

Ad esempio, un soggetto con esercizio coincidente con l’anno solare, che si costituisce il 1° marzo 2016, potrà beneficiare dell’agevolazione nello stesso esercizio 2016, con riferimento all’intero volume degli investimenti realizzati in tale anno, poiché, in tal caso, non esistono valori di confronto (investimenti pregressi nel triennio 2012-2014).

Al riguardo, si precisa che, agli effetti della corretta applicazione dell’agevolazione, devono considerarsi neocostituiti i soggetti in capo ai quali si verifichi l’effettivo avvio di una nuova attività imprenditoriale piuttosto che la continuazione di una vecchia attività in capo ad un “nuovo” soggetto.

Resta fermo il potere dell’Amministrazione di effettuare un sindacato “anti abuso” nel caso di imprese costituite durante il periodo di vigenza dell’agevolazione a seguito di operazioni di riorganizzazione aziendale.

Si rammenta, al riguardo, che in base alla disciplina sull’abuso del diritto, contenuta nell’articolo 10-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente), “configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti“.

4. UTILIZZO E RILEVANZA DEL CREDITO DI IMPOSTA

Il comma 8 dell’articolo 3 stabilisce che il credito di imposta “è utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, e successive modificazioni“.

In merito alla data a partire dalla quale il credito di imposta può essere fruito dal soggetto beneficiario, il comma 3 dell’articolo 6 del decreto attuativo dispone che “il credito di imposta è utilizzabile a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello i cui costi … sono stati sostenuti” atteso che, come rilevato dalla relazione illustrativa, “è solo da quel momento che sono noti tutti gli elementi per la determinazione del calcolo della spesa incrementale ed è, quindi, verificabile la spettanza e l’entità del credito d’imposta“.

Ad esempio, un’impresa con periodo di imposta coincidente con l’anno solare che, in presenza di tutte le condizioni stabilite dalla normativa primaria e di attuazione, matura un credito di imposta a fronte di investimenti ammissibili realizzati nell’esercizio 2015, può utilizzare il credito maturato a decorrere dal 1° gennaio 2016.

Per consentire la fruizione dell’agevolazione, con risoluzione n. 97/E del 25 novembre 20155, è stato istituito il codice tributo “6857”, denominato “Credito di imposta per attività di ricerca e sviluppo – art. 3, D.L. 23 dicembre 2013, n. 145“, da indicare in sede di compilazione del modello di versamento F24, operativo a decorrere dal 1° gennaio 2016.

Sul punto, si evidenzia che nel caso in cui il credito di imposta non sia utilizzato, in tutto o in parte nel periodo di imposta successivo a quello i cui costi eleggibili sono stati sostenuti, l’ammontare residuo potrà essere fruito secondo le ordinarie modalità di utilizzo del credito.

Ad esempio, nel caso di un’impresa che chiude l’esercizio il 31 dicembre, il credito di imposta maturato per investimenti effettuati nel 2015 e non usufruito, in tutto o in parte, nel corso del 2016 può essere utilizzato in compensazione nei successivi periodi di imposta.

Sempre ai sensi del comma 8 dell’articolo 3, il credito di imposta “deve essere indicato nella relativa dichiarazione dei redditi“.

Al riguardo, l’articolo 6, comma 1, del decreto attuativo precisa che tale adempimento riguarda la “dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel corso del quale sono stati sostenuti i costi di cui all’articolo 4“.

Più precisamente, il credito di imposta deve essere indicato nel quadro RU del modello di dichiarazione relativo al periodo di imposta nel corso del quale il credito stesso è maturato (i.e., il periodo di imposta in cui sono stati realizzati gli investimenti agevolati), nonché nel quadro RU dei modelli di dichiarazione relativi ai periodi di imposta successivi, fino a quello nel corso del quale se ne conclude l’utilizzo.

Per quanto riguarda l’indicazione nel quadro RU dei modelli UNICO 2016, approvati con riferimento al periodo di imposta 2015, si fa presente che è stato previsto l’apposito codice (“Codice credito B9”) con riferimento al quale possono essere compilati i righi RU3, RU5 colonna 3, RU10 e RU12.

Relativamente ai limiti di utilizzo del credito di imposta in esame, il comma 9 dell’articolo 3, ripreso dall’articolo 6, comma 4, del decreto attuativo, prevede che allo stesso “non si applicano i limiti di cui all’articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 e di cui all’articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni“.

Di conseguenza, il credito di imposta maturato può essere fruito annualmente per importi anche superiori al limite di euro 250.000 applicabile ai crediti di imposta agevolativi in base al citato articolo 1, comma 53, della legge n. 244 del 2007.

Non si applica neanche il limite generale di compensabilità di crediti di imposta e contributi di cui all’articolo 34 della legge n. 388 del 2000, pari a euro 700.000 a decorrere dal 1° gennaio 2014.

Tuttavia, al fine di assicurare che l’importo del credito annualmente spettante non superi il limite massimo di 5 milioni di euro, è necessario che le compensazioni siano effettuate presentando il modello F24 esclusivamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate (Entratel o Fisconline).

Inoltre, la relazione illustrativa al decreto attuativo ha precisato che, per le caratteristiche del credito in esame, non si applica neanche la preclusione di cui all’articolo 31 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, che prevede un divieto di compensazione ai sensi dell’articolo 17, comma 1, del decreto legislativo n. 241 del 1997 dei crediti relativi alle imposte erariali in presenza di debiti iscritti a ruolo, per imposte erariali ed accessori, di ammontare superiore a euro 1.500.

In merito alla rilevanza fiscale del credito di imposta in commento, il comma 8 dell’articolo 3, ripreso dall’articolo 6, comma 2 del decreto attuativo, prevede che lo stesso “non concorre alla formazione del reddito né della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive, non rileva ai fini del rapporto di cui agli articoli 61 e 109, comma 5, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni“.

Da tale previsione, pertanto, deriva che il credito di imposta in commento:

– non concorre alla formazione della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi, comprese le relative addizionali regionali e comunali, né alla determinazione del valore della produzione netta ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive;

– non rileva ai fini della determinazione della quota di interessi passivi deducibile dal reddito di impresa ai sensi dell’articolo 61 del TUIR;

  • non rileva ai fini della determinazione della quota di spese e altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, deducibile dal reddito di impresa ai sensi dell’articolo 109, comma 5, del TUIR.

5. ESEMPI DI CALCOLO

Esempio n. 1 – Assenza di “spesa incrementale complessiva”.

Un imprenditore, in attività da più di tre anni rispetto al primo periodo di applicazione dell’agevolazione (i.e., periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2015), realizza, nel 2015, investimenti agevolabili pari ad euro 95.000, di cui euro 65.000 per il gruppo di spese lettera a) e lettera c), agevolabili nella misura del 50 per cento, ed euro 30.000 per il gruppo di spese lettera b) e lettera d), agevolabili nella misura del 25 per cento, a fronte di investimenti rilevanti effettuati nei periodi di imposta precedenti (2012, 2013 e 2014) e precisamente:

– nel 2012 per euro 80.000, di cui euro 50.000 relativi al primo gruppo di spese ed euro 30.000 relativi al secondo gruppo di spese,

– nel 2013 per euro 100.000, di cui euro 60.000 relativi al primo gruppo di spese ed euro 40.000 relativi al secondo gruppo di spese,

– nel 2014 per euro 120.000, di cui euro 70.000 relativi al primo gruppo di spese ed euro 50.000 relativi al secondo gruppo di spese.

Si ricorda che ai fini della determinazione del credito di imposta è necessario preliminarmente quantificare la “spesa incrementale complessiva”, rappresentata dalla differenza positiva tra l’ammontare degli investimenti realizzati nel periodo di imposta per il quale si intende fruire dell’agevolazione e il valore dell’investimento medio realizzato nei tre esercizi precedenti a quello di prima applicazione dell’agevolazione.

Nel caso di specie, la media degli investimenti pregressi risulta complessivamente pari ad euro 100.000 [(80.000+100.000+120.000)/3].

Conseguentemente, la “spesa incrementale complessiva”, pari alla differenza tra gli investimenti realizzati nel periodo di imposta 2015 (euro 95.000) e la suddetta media (euro 100.000), risulta essere negativa (95.000 -100.000= -5.000).

Poiché il beneficio spetta a condizione che vi sia un incremento complessivo delle spese, al contribuente non compete alcun credito di imposta in quanto, pur sussistendo un incremento degli investimenti relativi al primo gruppo di spese, manca l’incremento complessivo delle spese.

Schematicamente:

   

di cui spese lett. a) e c)

di cui spese lett. b) e d)

Investimenti effettuati nel 2015

€ 95.000,00

€ 65.000,00

€ 30.000,00

       
Investimenti effettuati nel 2012

€ 80.000,00

€ 50.000,00

€ 30.000,00

Investimenti effettuati nel 2013

€ 100.000,00

€ 60.000,00

€ 40.000,00

Investimenti effettuati nel 2014

€ 120.000,00

€ 70.000,00

€ 50.000,00

Totale investimenti precedenti rilevanti

€ 300.000,00

€ 180.000,00

€ 120.000,00

       
Media di riferimento

€ 100.000,00

€ 60.000,00

€ 40.000,00

       
Spesa incrementale complessiva

-€ 5.000,00

   
Credito di imposta maturato

0

   

Esempio n. 2 – Presenza di “spesa incrementale complessiva” e di “spesa incrementale agevolabile” per entrambi i gruppi di spese.

Un imprenditore, in attività da più di tre anni rispetto al primo periodo di applicazione dell’agevolazione (i.e., periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2015), realizza, nel 2015, investimenti agevolabili pari ad euro 800.000, di cui euro 500.000 per il primo gruppo di spese, agevolabili nella misura del 50 per cento, ed euro 300.000 per secondo gruppo di spese, agevolabili nella misura del 25 per cento, a fronte di investimenti rilevanti effettuati nei periodi di imposta precedenti (2012, 2013 e 2014) e, precisamente:

– nel 2012 per euro 650.000, di cui euro 500.000 relativi al primo gruppo di spese ed euro 150.000 relativi al secondo gruppo di spese,

– nel 2013 per euro 550.000, di cui euro 300.000 relativi al primo gruppo di spese ed euro 250.000 relativi al secondo gruppo di spese,

– nel 2014 per euro 600.000, di cui euro 400.000 relativi al primo gruppo di spese ed euro 200.000 relativi al secondo gruppo di spese.

Ai fini del calcolo della “spesa incrementale complessiva”, la media degli investimenti pregressi risulta complessivamente pari ad euro 600.000 [(650.000+550.000+600.000)/3].

Di conseguenza, la “spesa incrementale complessiva”, pari alla differenza tra gli investimenti realizzati nel periodo di imposta 2015 (euro 800.000) e la suddetta media di riferimento (euro 600.000), risulta essere di euro 200.000 (800.000-600.000).

Per stabilire l’importo del credito di imposta spettante si ricorda che è necessario determinare separatamente per ciascun gruppo di spese “la spesa incrementale agevolabile” rappresentata dalla differenza tra l’ammontare degli investimenti realizzati nel periodo di imposta per il quale si intende fruire dell’agevolazione e il valore dell’investimento medio realizzato nei tre esercizi precedenti a quello di prima applicazione dell’agevolazione

Tale valore risulta essere pari a euro 400.000 [(500.000+300.000+400.000)/3] per il primo gruppo di spese e a euro 200.000 [(150.000+250.000+200.000)/3] per il secondo gruppo di spese.

Di conseguenza, “la spesa incrementale agevolabile” relativa al primo gruppo di spese – pari alla differenza tra l’investimento realizzato nel periodo di imposta 2015 (euro 500.000) e la suddetta media (euro 400.000) – risulta essere di euro 100.000 (500.000-400.000) e la “la spesa incrementale agevolabile” relativa al secondo gruppo di spese – pari alla differenza tra l’investimento realizzato nel periodo di imposta 2015 (euro 300.000) e la suddetta media (euro 200.000) – risulta essere di euro 100.000 (300.000-200.000).

Tenuto conto che per entrambi i gruppi di spese vi è un incremento, a ciascun incremento viene applicata l’aliquota agevolativa stabilita per il gruppo corrispondente.

Di conseguenza, il credito di imposta maturato, utilizzabile in compensazione a decorrere dal 1° gennaio 2016, ammonta complessivamente a euro 75.000 (100.000×50%=50.000 + 100.000×25%=25.000).

Schematicamente:

   

di cui spese lett. a) e c)

di cui spese lett. b) e d)

Investimenti effettuati nel 2015

€ 800.000,00

€ 500.000,00

€ 300.000,00

       
Investimenti effettuati nel 2012

€ 650.000,00

€ 500.000,00

€ 150.000,00

Investimenti effettuati nel 2013

€ 550.000,00

€ 300.000,00

€ 250.000,00

Investimenti effettuati nel 2014

€ 600.000,00

€ 400.000,00

€ 200.000,00

Totale investimenti precedenti rilevanti

€ 1.800.000,00

€ 1.200.000,00

€ 600.000,00

       
Media di riferimento

€ 600.000,00

€ 400.000,00

€ 200.000,00

       
Spesa incrementale complessiva

€ 200.000,00

   
Spesa incrementale agevolabile  

€ 100.000,00

€ 100.000,00

Aliquota applicata  

x50%=50.000€

x25%=25.000€

Credito di imposta maturato utilizzabile dall’1/1/2016

€ 75.000,00

   

Esempio n. 3 – Investimenti anche in anni successivi, presenza di “spesa incrementale complessiva” e decremento della “spesa incrementale agevolabile” per un gruppo di spese.

Il medesimo imprenditore dell’esempio n. 2 realizza investimenti agevolabili anche nel periodo di imposta successivo (2016) per euro 650.000, di cui euro 500.000 relativi al primo gruppo di spese ed euro 150.000 relativi al secondo gruppo di spese.

Poiché il triennio di riferimento per il calcolo della media rimane immutato, la media degli investimenti pregressi risulta complessivamente pari ad euro 600.000 [(650.000+550.000+600.000)/3].

Pertanto, la “spesa incrementale complessiva”, pari alla differenza tra gli investimenti realizzati nel periodo di imposta 2016 (euro 650.000) e la suddetta media (euro 600.000), risulta essere di euro 50.000 (650.000-600.000).

Parimenti, ai fini del calcolo della “spesa incrementale agevolabile”, per ciascun gruppo di investimenti pregressi resta fissa la media di riferimento che quindi rimane pari, rispettivamente, a euro 400.000 [(500.000+300.000+400.000)/3] e a euro 200.000 [(150.000+250.000+200.000)/3].

Di conseguenza, il primo gruppo di spese evidenzierà un incremento, pari alla differenza tra l’investimento realizzato nel periodo di imposta 2016 (euro 500.000) e la suddetta media (euro 400.000), che risulta essere di euro 100.000 (500.000-400.000) mentre il secondo gruppo di spese evidenzierà un decremento, pari alla differenza tra l’investimento realizzato nel periodo di imposta 2016 (euro 150.000) e la suddetta media (euro 200.000), che risulta essere di meno euro 50.000 (150.000-200.000).

Tenuto conto che l’incremento riguarda solo il primo gruppo di spese, agevolabili nella misura del 50 per cento, e che il credito di imposta spetta nei limiti della spesa incrementale complessiva, pari a euro 50.000, il beneficio maturato ammonta a euro 25.000 (50.000×50%) ed è utilizzabile a partire dal 1° gennaio 2017.

Schematicamente:

    di cui spese lett. a) e c)

di cui spese lett. b) e d)

Investimenti effettuati nel 2016

€ 650.000,00

€ 500.000,00

€ 150.000,00

       
Investimenti effettuati nel 2012

€ 650.000,00

€ 500.000,00

€ 150.000,00

Investimenti effettuati nel 2013

€ 550.000,00

€ 300.000,00

€ 250.000,00

Investimenti effettuati nel 2014

€ 600.000,00

€ 400.000,00

€ 200.000,00

Totale investimenti precedenti rilevanti

€ 1.800.000,00

€ 1.200.000,00

€ 600.000,00

       
Media di riferimento

€ 600.000,00

€ 400.000,00

€ 200.000,00

       
Spesa incrementale complessiva

€ 50.000,00

   
Spesa incrementale agevolabile  

€ 100.000,00

-€ 50.000,00

Aliquota applicata

x50% =

   
Credito di imposta maturato utilizzabile dall’1/1/2017

€ 25.000,00

   

Esempio n. 4 – Presenza di spese per “certificazione contabile”, di “spesa incrementale complessiva” e di decremento della “spesa incrementale agevolabile” per un gruppo di spese.

Un’impresa, in attività da più di tre anni rispetto al primo periodo di applicazione dell’agevolazione, con esercizio sociale 1° aprile – 31 marzo, realizza nel periodo di imposta 1° aprile 2015 – 31 marzo 2016 investimenti agevolabili pari ad euro 750.000, di cui euro 350.000 per il primo gruppo di spese ed euro 400.000 per il secondo gruppo di spese, a fronte di investimenti rilevanti effettuati nei periodi di imposta precedenti (1/4/2012-31/3/2013, 1/4/2013-31/3/2014, 1/4/2014-31/3/2015), e precisamente:

– nel periodo 1/4/2012-31/3/2013 per euro 650.000, di cui euro 500.000 relativi al primo gruppo di spese ed euro 150.000 relativi al secondo gruppo di spese,

– nel periodo 1/4/2013-31/3/2014 per euro 550.000, di cui euro 300.000 relativi al primo gruppo di spese ed euro 250.000 relativi al secondo gruppo di spese,

– nel periodo 1/4/2014-31/3/2015 per euro 600.000, di cui euro 400.000 relativi al primo per il gruppo di spese ed euro 200.000 relativi al secondo gruppo di spese.

Inoltre, l’impresa, non soggetta a revisione legale dei conti e priva di un collegio sindacale, sostiene un costo di euro 6.000 per l’attività di certificazione contabile delle suddette spese.

La media degli investimenti pregressi, necessaria per determinare la “spesa incrementale complessiva”, risulta complessivamente pari ad euro 600.000 [(650.000+550.000+600.000)/3].

Di conseguenza, la “spesa incrementale complessiva”, pari alla differenza tra gli investimenti realizzati nel periodo di imposta 2015 (euro 750.000) e la suddetta media di riferimento (euro 600.000), risulta essere di euro 150.000 (750.000-600.000).

Poiché per stabilire l’importo del credito di imposta spettante è necessario determinare “la spesa incrementale agevolabile” separatamente per ciascun gruppo di spese e, quindi, calcolare la media degli investimenti pregressi relativa a ciascuno di essi, detta media risulta essere pari a euro 400.000 per il primo gruppo di spese [(500.000+300.000+400.000)/3] e a euro 200.000 per il secondo gruppo di spese [(150.000+250.000+200.000)/3].

Ne consegue che il primo gruppo di spese evidenzierà un decremento, pari alla differenza tra l’investimento realizzato nel periodo di imposta 1° aprile 2015 – 31 marzo 2016 (euro 350.000) e la suddetta media (euro 400.000), che risulta essere di meno euro 50.000 (150.000-200.000) mentre il secondo gruppo di spese evidenzierà un incremento, pari alla differenza tra l’investimento realizzato nel 1° aprile 2015 – 31 marzo 2016 (euro 400.000) e la suddetta media (euro 200.000), che risulta essere di euro 200.000 (400.000-200.000).

Tenuto conto che l’incremento riguarda solo il secondo gruppo di spese, agevolabili nella misura del 25 per cento, e che il credito di imposta spetta nei limiti della spesa incrementale complessiva, pari a euro 150.000, il beneficio maturato ammonta a euro 37.500 (150.000×25%).

A tale ammontare va sommato l’importo delle spese relative alla certificazione contabile, che sono ammesse al beneficio nel limite massimo di euro 5.000; di conseguenza, il credito di imposta complessivamente maturato è pari a euro 42.500 (37.500+5.000), fruibile a decorrere dal 1° aprile 2016.

Schematicamente:

    di cui spese lett. a) e c)

di cui spese lett. b) e d)

spese per certificaz. contabile

Investimenti effettuati 1/4/2015 al 31/3/2016 € 750.000,00

€ 350.000,00

€ 400.000,00

€ 6.000,00

         
Investimenti 1/4/2012-31/3/2013

€ 650.000,00

€ 500.000,00

€ 150.000,00

 
Investimenti 1/4/2013-31/3/2014

€ 550.000,00

€ 300.000,00

€ 250.000,00

 
Investimenti 1/4/2014-31/3/2015

€ 600.000,00

€ 400.000,00

€ 200.000,00

 
Totale investimenti precedenti rilevanti

€ 1.800.000,00

€ 1.200.000,00

€ 600.000,00

 
         
Media di riferimento

€ 600.000,00

€ 400.000,00

€ 200.000,00

 
         
Spesa incrementale complessiva € 150.000,00      
Spesa incrementale agevolabile  

-€ 50.000,00

€ 200.000,00

 
Aliquota applicata

x25%

     
Credito di imposta maturato

€ 37.500,00

   

max 5.000€

Credito di imposta totale utilizzabile dall’1/4/2016

€ 42.500,00

     

Esempio n. 5 – Investimenti anche in anni successivi, presenza di spese per “certificazione contabile”, di “spesa incrementale complessiva” e di “spesa incrementale agevolabile” per entrambi i gruppi di spese.

La medesima società dell’esempio n. 4 realizza anche nel periodo di imposta 1° aprile 2017 – 31 marzo 2018 investimenti agevolabili per euro 750.000, di cui euro 450.000 per il primo gruppo di spese ed euro 300.000 per il secondo gruppo di spese

L’impresa, non soggetta a revisione legale dei conti e priva di un collegio sindacale, sostiene anche nel 2017 un costo di euro 6.000 per l’attività di certificazione contabile delle suddette spese.

Poiché il triennio di riferimento per il calcolo della media rimane immutato, la media degli investimenti pregressi risulta complessivamente pari ad euro 600.000 [(650.000+550.000+600.000)/3].

Pertanto, la “spesa incrementale complessiva”, pari alla differenza tra gli investimenti realizzati nel periodo di imposta 1° aprile 2017 – 31 marzo 2018 (euro 750.000) e la suddetta media di riferimento (euro 600.000), risulta essere di euro 150.000 (750.000-600.000).

Parimenti, ai fini del calcolo della “spesa incrementale agevolabile” per ciascun gruppo di spese, resta fisso il valore medio degli investimenti pregressi che quindi è pari, rispettivamente, a euro 400.000 [(500.000+300.000+400.000)/3] e a euro 200.000 [(150.000+250.000+200.000)/3].

Di conseguenza, “la spesa incrementale agevolabile” relativa al primo gruppo di spese – pari alla differenza tra l’investimento realizzato nel periodo di imposta 1° aprile 2017 – 31 marzo 2018 (euro 450.000) e la suddetta media (euro 400.000) – risulta essere di euro 50.000 (450.000-400.000) e “la spesa incrementale agevolabile” relativa al secondo gruppo di spese – pari alla differenza tra l’investimento realizzato nel medesimo periodo di imposta (euro 300.000) e la suddetta media (euro 200.000) – risulta essere di euro 100.000 (300.000-200.000).

Tenuto conto che per entrambi i gruppi di spese vi è un incremento, a ciascun incremento viene applicata l’aliquota agevolativa stabilita per il gruppo corrispondente.

Pertanto, il credito di imposta maturato ammonta complessivamente a euro 50.000 (50.000×50%=25.000 + 100.000×25%=25.000).

A tale ammontare va sommato l’importo delle spese relative alla certificazione contabile, agevolabili nel limite massimo di euro 5.000; di conseguenza, il credito di imposta complessivamente maturato è pari a euro 55.000 (50.000+5.000), fruibile a decorrere dal 1° aprile 2018.

Schematicamente:

    di cui spese lett. a) e c)

di cui spese lett. b) e d)

spese per certificaz. contabile

Investimenti effettuati 1/4/2017 – 31/3/2018 € 750.000,00

€ 450.000,00

€ 300.000,00

€ 6.000,00

         
Investimenti 1/4/2012-31/3/2013

€ 650.000,00

€ 500.000,00

€ 150.000,00

 
Investimenti 1/4/2013-31/3/2014

€ 550.000,00

€ 300.000,00

€ 250.000,00

 
Investimenti 1/4/2014-31/3/2015

€ 600.000,00

€ 400.000,00

€ 200.000,00

 
Totale investimenti precedenti rilevanti

€ 1.800.000,00

€ 1.200.000,00

€ 600.000,00

 
         
Media di riferimento

€ 600.000,00

€ 400.000,00

€ 200.000,00

 
         
Spesa incrementale complessiva € 150.000,00      
Spesa incrementale agevolabile  

€ 50.000,00

€ 100.000,00

 
Aliquota applicata  

x50%

x25%

 
Credito di imposta maturato

€ 50.000,00

€ 25.000,00

€ 25.000,00

max 5.000€

Credito di imposta totale utilizzabile dall’1/4/2018

€ 55.000,00

     

Esempio n. 6 – Presenza di “spesa incrementale complessiva” e di un gruppo di spese con “spesa incrementale agevolabile” pari a zero.

Un imprenditore, in attività da più di tre anni rispetto al primo periodo di applicazione dell’agevolazione (i.e., periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2015), realizza, nel 2015, investimenti agevolabili pari ad euro 400.000, di cui euro 100.000 per il primo gruppo di spese, agevolabili nella misura del 50 per cento, ed euro 300.000 per il secondo gruppo di spese, agevolabili nella misura del 25 per cento, a fronte di investimenti rilevanti effettuati nei periodi di imposta precedenti (2012, 2013 e 2014), e precisamente:

– nel 2012 per euro 200.000, di cui euro 50.000 relativi al primo gruppo di spese ed euro 150.000 relativi al secondo gruppo di spese,

– nel 2013 per euro 250.000, di cui euro 100.000 relativi al primo gruppo di spese ed euro 150.000 relativi al secondo gruppo di spese,

– nel 2014 per euro 450.000, di cui euro 150.000 relativi al primo gruppo di spese ed euro 300.000 relativi al secondo gruppo di spese.

Ai fini del calcolo della “spesa incrementale complessiva”, la media degli investimenti pregressi risulta complessivamente pari ad euro 300.000 [(200.000+250.000+450.000)/3].

Di conseguenza, la “spesa incrementale complessiva”, pari alla differenza tra gli investimenti realizzati nel periodo di imposta 2015 (euro 400.000) e la suddetta media di riferimento (euro 300.000), risulta essere di euro 100.000 (400.000-300.000).

Per stabilire l’importo del credito di imposta spettante si ricorda che occorre determinare “la spesa incrementale agevolabile” separatamente per ciascun gruppo di spese e, quindi, calcolare la media degli investimenti pregressi relativa a ciascuno di essi.

Tale media risulta essere pari a euro 100.000 [(50.000+100.000+150.000)/3] per il primo gruppo di spese e a euro 200.000 [(150.000+150.000+300.000)/3] per il secondo gruppo di spese.

Di conseguenza, il primo gruppo di spese non evidenzia una “spesa incrementale agevolabile” in quanto la differenza tra l’investimento realizzato nel periodo di imposta 2015 (euro 100.000) e la media di riferimento (euro 100.000) risulta essere pari a zero (100.000-100.000), mentre “la spesa incrementale agevolabile” relativa al secondo gruppo di spese – pari alla differenza tra l’investimento realizzato nel periodo di imposta 2015 (euro 300.000) e la media di riferimento (euro 200.000) – risulta essere di euro 100.000 (300.000-200.000).

Tenuto conto che l’incremento riguarda solo il secondo gruppo di spese, agevolabili nella misura del 25 per cento, il credito maturato ammonta a euro 25.000 (100.000×25%=25.000) ed è utilizzabile a partire dal 1° gennaio 2016.

Schematicamente:

   

di cui spese lett. a) e c)

di cui spese lett. b) e d)

Investimenti effettuati nel 2015

€ 400.000,00

€ 100.000,00

€ 300.000,00

       
Investimenti effettuati nel 2012

€ 200.000,00

€ 50.000,00

€ 150.000,00

Investimenti effettuati nel 2013

€ 250.000,00

€ 100.000,00

€ 150.000,00

Investimenti effettuati nel 2014

€ 450.000,00

€ 150.000,00

€ 300.000,00

Totale investimenti precedenti rilevanti

€ 900.000,00

€ 300.000,00

€ 600.000,00

       
Media di riferimento

€ 300.000,00

€ 100.000,00

€ 200.000,00

       
Spesa incrementale complessiva

€ 100.000,00

   
Spesa incrementale agevolabile  

€ 0,00

€ 100.000,00

Aliquota applicata

x25%=25.000€

   
Credito di imposta maturato utilizzabile dall’1/1/2016

€ 25.000,00

   

Esempio n. 7 – Assenza di investimenti relativi ad uno dei due gruppi di spese in uno degli anni del triennio di riferimento.

Un imprenditore, in attività da più di tre anni rispetto al primo periodo di applicazione dell’agevolazione (i.e., periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2015) realizza, nel 2015, investimenti agevolabili pari ad euro 200.000, di cui euro 100.000 per il primo gruppo di spese, agevolabili nella misura del 50 per cento, ed euro 100.000 per il secondo gruppo di spese, agevolabili nella misura del 25 per cento, a fronte di investimenti rilevanti effettuati nei periodi di imposta precedenti (2012, 2013 e 2014), e precisamente:

– nel 2012 per euro 100.000 tutti relativi al secondo gruppo di spese,

– nel 2013 per euro 30.000 tutti relativi al primo gruppo di spese,

– nel 2014 per euro 140.000, di cui euro 60.000 relativi al primo gruppo di spese ed euro 80.000 relativi al secondo gruppo di spese.

Ai fini del calcolo della “spesa incrementale complessiva”, la media degli investimenti pregressi risulta complessivamente pari ad euro 90.000 [(100.000+30.000+140.000)/3].

Di conseguenza, la “spesa incrementale complessiva”, pari alla differenza tra gli investimenti realizzati nel periodo di imposta 2015 (euro 200.000) e la suddetta media di riferimento (euro 90.000), risulta essere di euro 110.000 (200.000-90.000).

Per determinare l’importo del credito di imposta spettante si ricorda che occorre rilevare “la spesa incrementale agevolabile” separatamente per ciascun gruppo di spese raffrontando il valore degli investimenti relativi ad ogni gruppo con la rispettiva media degli investimenti pregressi.

Tale media risulta essere pari a euro 30.000 [(0+30.000+60.000)/3] per il primo gruppo di spese e a euro 60.000 [(100.000+0+80.000)/3] per il secondo gruppo di spese.

Di conseguenza, “la spesa incrementale agevolabile” relativa al primo gruppo di spese – pari alla differenza tra l’investimento realizzato nel periodo di imposta 2015 (euro 100.000) e la media di riferimento (euro 30.000) – risulta essere di euro 70.000 (100.000-30.000) e la “la spesa incrementale agevolabile” relativa al secondo gruppo di spese – pari alla differenza tra l’investimento realizzato nel periodo di imposta 2015 (euro 100.000) e la media di riferimento (euro 60.000) – risulta essere di euro 40.000 (100.000-60.000).

Tenuto conto che per entrambi i gruppi di spese vi è un incremento, a ciascun incremento viene applicata l’aliquota agevolativa stabilita per il gruppo corrispondente.

Pertanto, il credito di imposta maturato, utilizzabile in compensazione a decorrere dal 1° gennaio 2016, ammonta complessivamente a euro 45.000 (70.000×50%=35.000 + 40.000×25%=10.000).

Schematicamente:

   

di cui spese lett. a) e c)

di cui spese lett. b) e d)

Investimenti effettuati nel 2015

€ 200.000,00

€ 100.000,00

€ 100.000,00

       
Investimenti effettuati nel 2012

€ 100.000,00

€ 0,00

€ 100.000,00

Investimenti effettuati nel 2013

€ 30.000,00

€ 30.000,00

€ 0,00

Investimenti effettuati nel 2014

€ 140.000,00

€ 60.000,00

€ 80.000,00

Totale investimenti precedenti rilevanti

€ 270.000,00

€ 90.000,00

€ 180.000,00

       
Media di riferimento

€ 90.000,00

€ 30.000,00

€ 60.000,00

       
Spesa incrementale complessiva

€ 110.000,00

   
Spesa incrementale agevolabile  

€ 70.000,00

€ 40.000,00

Aliquota applicata  

x50%=35.000€

x25%=10.000€

Credito di imposta maturato utilizzabile dall’1/1/2016

€ 45.000,00

   

Esempio n. 8 – Assenza di investimenti pregressi.

La medesima impresa di cui all’esempio n. 7 non ha realizzato investimenti in nessuno dei periodi di imposta precedenti a quello di prima applicazione dell’agevolazione (2012, 2013 e 2014).

La “spesa incrementale complessiva”, quindi, è pari all’intero ammontare dell’investimento realizzato (euro 200.000).

Parimenti, ai fini della determinazione del credito di imposta spettante, la “spesa incrementale agevolabile” per ciascun gruppo di spese coincide con l’intero ammontare degli investimenti del corrispondente gruppo.

Pertanto, per stabilire l’importo del credito di imposta, è necessario applicare all’ammontare di ciascun gruppo di spese la corrispondente aliquota agevolativa.

Nel caso di specie, il credito di imposta maturato, utilizzabile in compensazione a decorrere dal 1° gennaio 2016, ammonta complessivamente a euro 75.000 (100.000×50%=50.000 + 100.000×25%=25.000).

Schematicamente:

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di cui spese lett. a) e c)

di cui spese lett. b) e d)

Investimenti effettuati nel 2015

€ 200.000,00

€ 100.000,00

€ 100.000,00

       
Investimenti effettuati nel 2012

€ 0,00

€ 0,00

€ 0,00

Investimenti effettuati nel 2013

€ 0,00

€ 0,00

€ 0,00

Investimenti effettuati nel 2014

€ 0,00

€ 0,00

€ 0,00

Totale investimenti precedenti rilevanti

€ 0,00

€ 0,00

€ 0,00

       
Media di riferimento

€ 0,00

€ 0,00

€ 0,00

       
Spesa incrementale complessiva

€ 200.000,00

   
Spesa incrementale agevolabile  

€ 100.000,00

€ 100.000,00

Aliquota applicata  

x50%=50.000€

x25%=25.000€

Credito di imposta maturato utilizzabile dall’1/1/2016

€ 75.000,00

   

Esempio n. 9 – Investimenti effettuati da un’impresa di “recente costituzione”.

Un’impresa in attività da meno di tre anni rispetto al primo periodo di applicazione dell’agevolazione (i.e., periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2015), che si è costituita il 1° luglio 2013 e chiude il primo esercizio il 31 dicembre, realizza, nel 2015, investimenti agevolabili pari ad euro 650.000, di cui euro 250.000 per il primo gruppo di spese, agevolabili nella misura del 50 per cento, ed euro 400.000 per il secondo gruppo di spese, agevolabili nella misura del 25 per cento, a fronte di investimenti rilevanti effettuati nei periodi di imposta precedenti (2013 e 2014), e precisamente:

– nel 2013 per euro 400.000, di cui euro 200.000 relativi al primo gruppo di spese ed euro 200.000 relativi al secondo gruppo di spese,

– nel 2014 per euro 800.000, di cui euro 400.000 relativi al primo gruppo di spese ed euro 400.000 relativi al secondo gruppo di spese,

Ai fini del calcolo della “spesa incrementale complessiva”, la media degli investimenti pregressi risulta complessivamente pari ad euro 600.000 [(400.000+800.000)/2].

Pertanto, la “spesa incrementale complessiva”, pari alla differenza tra gli investimenti realizzati nel periodo di imposta 2015 (euro 650.000) e la suddetta media di riferimento (euro 600.000), risulta essere di euro 50.000 (650.000-600.000).

Per stabilire l’importo del credito di imposta spettante è necessario determinare “la spesa incrementale agevolabile” separatamente per ciascun gruppo di spese e, quindi, calcolare la media degli investimenti pregressi relativa a ciascuno di essi.

Tale media risulta essere pari a euro 300.000 [(200.000+400.000)/2] per il primo gruppo di spese e a euro 300.000 [(200.000+400.000)/2] per il secondo gruppo di spese.

Di conseguenza, il primo gruppo di spese non evidenzia una “spesa incrementale agevolabile” in quanto la differenza tra l’investimento realizzato nel periodo di imposta 2015 (euro 250.000) e la media di riferimento (euro 300.000) risulta essere negativa (250.000-300.000), mentre “la spesa incrementale agevolabile” relativa al secondo gruppo di spese – pari alla differenza tra l’investimento realizzato nel periodo di imposta 2015 (euro 400.000) e la media di riferimento (euro 300.000) – risulta essere di euro 100.000 (400.000-300.000).

Tenuto conto che l’incremento riguarda solo il secondo gruppo di spese, agevolabili nella misura del 25 per cento, e che il credito di imposta spetta nei limiti della spesa incrementale complessiva, pari a euro 50.000, il beneficio maturato ammonta a euro 12.500 (50.000×25%=12.500) ed è utilizzabile a partire dal 1° gennaio 2016.

Schematicamente:

   

di cui speselett. a) e c)

di cui spese lett. b) e d)

Investimenti effettuati nel 2015

€ 650.000,00

€ 250.000,00

€ 400.000,00

       
Investimenti effettuati nel 2013

€ 400.000,00

€ 200.000,00

€ 200.000,00

Investimenti effettuati nel 2014

€ 800.000,00

€ 400.000,00

€ 400.000,00

Totale investimenti precedenti rilevanti

€ 1.200.000,00

€ 600.000,00

€ 600.000,00

       
Media di riferimento

€ 600.000,00

€ 300.000,00

€ 300.000,00

       
Spesa incrementale complessiva

€ 50.000,00

   
Spesa incrementale agevolabile  

-€ 50.000,00

€ 100.000,00

Aliquota applicata

x25%=12.500€

   
Credito di imposta maturato utilizzabile dall’1/1/2016

€ 12.500,00

   

Esempio n. 10 – Investimenti effettuati da un’impresa di “nuova costituzione”.

Un’impresa costituita successivamente al primo periodo di applicazione dell’agevolazione (i.e., periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2015), che chiude il primo esercizio il 31 dicembre 2016, sostiene nello stesso anno investimenti agevolabili pari a 16 milioni di euro di cui 5,2 milioni di euro per il primo gruppo di spese, agevolabili nella misura del 50 per cento, e 10,8 milioni di euro per il secondo gruppo di spese, agevolabili nella misura del 25 per cento.

In tal caso, non esistono investimenti pregressi su cui calcolare la media e, pertanto, il valore della “spesa incrementale complessiva” è pari all’intero investimento effettuato nel 2016.

Per stabilire l’importo del credito di imposta spettante è necessario applicare all’ammontare di ciascun gruppo di spese l’aliquota agevolativa stabilita per il corrispondente gruppo.

Nel caso di specie, il credito di imposta relativo al primo gruppo di spese ammonta a 2,6 milioni di euro e quello relativo al secondo gruppo di spese ammonta a 2,7 milioni di euro, per un totale di 5,3 milioni di euro.

Tenuto conto che il credito di imposta non può superare l’importo di 5 milioni di euro per ciascun anno, il contribuente matura l’agevolazione entro tale importo massimo, fruibile a decorrere dal 1° gennaio 2017.

Schematicamente:

   

di cui speselett. a) e c)

di cui spese lett. b) e d)

Investimenti effettuati nel 2016

€ 16.000.000,00

€ 5.200.000,00

€ 10.800.000,00

       
Investimenti effettuati nel 2012

€ 0,00

€ 0,00

€ 0,00

Investimenti effettuati nel 2013

€ 0,00

€ 0,00

€ 0,00

Investimenti effettuati nel 2014

€ 0,00

€ 0,00

€ 0,00

Totale investimenti precedenti rilevanti

€ 0,00

€ 0,00

€ 0,00

       
Media di riferimento

€ 0,00

€ 0,00

€ 0,00

       
Spesa incrementale complessiva

€ 16.000.000,00

   
Spesa incrementale agevolabile  

€ 5.200.000,00

€ 10.800.000,00

Aliquota applicata  

x50%=2.600.000€

x25%=2.700.000€

Credito di imposta spettante utilizzabile dall’1/1/2017 € 5.000.000,00    

Qualora l’importo pari a 5 milioni di euro non risulti integralmente fruito nel 2017 (ad esempio, perché utilizzato in misura pari 3 milioni di euro), il contribuente potrà utilizzare l’importo residuo (pari a 2 milioni di euro) negli anni successivi.

Nell’ipotesi in cui il medesimo contribuente maturi un credito di imposta di 5 milioni di euro a fronte degli investimenti effettuati anche nel periodo di imposta 2017, lo stesso potrà fruire nel 2018, oltre all’importo maturato nel 2017 (pari a 5 milioni di euro), anche di quello non utilizzato nell’anno precedente (pari a 2 milioni di euro).

6. CUMULO CON ALTRE AGEVOLAZIONI

In merito alla cumulabilità del credito di imposta per investimenti in attività di ricerca e sviluppo con altre misure di favore, si fa presente che l’articolo 3 del decreto Destinazione Italia, al pari delle precedenti disposizioni istitutive di agevolazioni fiscali in materia di ricerca e sviluppo (i.e., l’articolo 1, commi da 280 a 284, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, nonché l’articolo 1 del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70), non reca alcuna specifica previsione finalizzata a disciplinare tale aspetto.

L’espressa cumulabilità dell’agevolazione in questione è contemplata, dall’articolo 9 del decreto attuativo, rispetto al “credito di imposta per le nuove assunzioni di profili altamente qualificati” nel settore della ricerca, spettante per un periodo di dodici mesi, a decorrere dalla data di assunzione, nella misura del 35 per cento del costo aziendale sostenuto per l’assunzione dello stesso personale (articolo 24 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134).

Come evidenziato dalla relazione illustrativa al decreto attuativo, tale disposizione previene eventuali criticità derivanti dalla cessazione anticipata di quest’ultima agevolazione, disposta con decorrenza dal 1° gennaio 2015, dal comma 13 dell’articolo 3.

Tali criticità sarebbero potute sorgere, come si legge nella relazione illustrativa, “con particolare riferimento alla violazione del legittimo affidamento di quelle imprese che nel corso del 2014 avevano effettuato assunzioni nella consapevolezza di poter beneficiare dell’agevolazione anche per i costi che, in dipendenza di dette assunzioni, sarebbero stati sostenuti nell’anno 2015“.

La citata relazione prosegue affermando che “in tale ottica, quindi, si è ritenuto opportuno ammettere i costi sostenuti dalle imprese nel 2015, in virtù di assunzioni avvenute nel 2014, oltre che al credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo, anche al credito d’imposta di cui all’articolo 24 del d.l. n. 83/2012 nei limiti delle risorse stanziate per l’anno 2014“.

In sostanza, in base all’articolo 9 del decreto attuativo, le spese per il personale altamente qualificato sostenute nel corso del 2015 in relazione alle assunzioni effettuate nel 2014, nello specifico le spese sostenute nei dodici mesi successivi alla data dell’assunzione, danno diritto, ai sensi dell’articolo 24 del decreto-legge n. 83 del 2012, ad un credito di imposta pari al 35 per cento del loro ammontare e, contemporaneamente, costituiscono, per il loro intero ammontare, spese eleggibili al credito di imposta in esame ai sensi dell’articolo 4 del decreto attuativo.

Alla luce di quanto finora rappresentato, si ritiene che dalle disposizioni dell’articolo 9 del decreto attuativo non può ricavarsi, a contrario, un divieto generalizzato di cumulo con altre misure agevolative non espressamente contemplate.

Pertanto, il credito di imposta per attività di ricerca e sviluppo deve ritenersi fruibile anche in presenza di altre misure di favore, salvo che le norme disciplinanti le altre misure non dispongano diversamente.

Ai fini del credito di imposta in esame, i costi determinati ai sensi dell’articolo 4 del decreto attuativo sono, quindi, assunti al lordo di altri contributi pubblici o agevolazioni ricevuti. In ogni caso, l’importo risultante dal cumulo non potrà essere superiore ai predetti costi sostenuti.

Inoltre, costituendo l’agevolazione in esame una misura di carattere generale, la stessa non rileva ai fini del calcolo degli aiuti c.d. de minimis (di cui ai regolamenti (UE) della Commissione n. 1407/2013 e n. 1408/2013 del 18 dicembre 2013), né del rispetto dei massimali previsti dalla “Disciplina degli aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione” di cui alla Comunicazione (2014/C 198/01) del 27 giugno 2014.

7. DOCUMENTAZIONE

In materia di adempimenti documentali che le imprese beneficiarie sono tenute a rispettare, ai fini dei successivi controlli, il primo periodo del comma 11 dell’articolo 3, ripreso dal primo periodo del comma 1 dell’articolo 7 del decreto attuativo, richiede la predisposizione di “apposita documentazione contabile” che deve essere “certificata” dal soggetto incaricato della revisione legale o dal collegio sindacale o da un professionista iscritto nel registro dei revisori legali di cui al decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39.

In merito alla certificazione, nel rilevare che le menzionate disposizioni non stabiliscono un contenuto minimo né uno schema predefinito per la predisposizione della stessa, si precisa che il suddetto documento può essere redatto in forma libera, ma deve contenere, in ogni caso, l’attestazione della regolarità formale della documentazione contabile e dell’effettività dei costi sostenuti.

Per espressa previsione normativa “tale certificazione deve essere allegata al bilancio”.

Ai fini dei successivi controlli, quindi, la documentazione contabile certificata deve essere conservata ed esibita unitamente al bilancio.

In base al secondo periodo del comma 11 dell’articolo 3, ripreso all’articolo 7, comma 2, del decreto attuativo, l’obbligo di certificazione contabile della documentazione è previsto con riferimento alle imprese non soggette a revisione legale dei conti e prive di un collegio sindacale, le quali devono avvalersi della certificazione di un revisore o di una società di revisione legale dei conti iscritti quali attivi nel registro dei revisori legali di cui al decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39.

Si ricorda che per l’attività di certificazione contabile dette imprese hanno diritto a beneficiare di un credito di imposta di importo pari alle spese sostenute e documentate, entro il limite massimo di euro 5.000 per ciascun periodo di imposta per il quale si intende fruire dell’agevolazione (cfr. paragrafo 2.2.5).

L’ultimo periodo del comma 11 dell’articolo 3 e l’articolo 7 del decreto attuativo, al comma 3, stabiliscono che “le imprese con bilancio certificato sono esenti dagli obblighi” sopra descritti.

Al riguardo, si precisa che, ai fini dei successivi controlli, le imprese con bilancio certificato sono comunque tenute a predisporre la documentazione contabile idonea a dimostrare la spettanza del credito di imposta.

Considerato che, in forza del comma 1 dell’articolo 7 del decreto attuativo, i controlli sono svolti dall’Agenzia delle entrate sulla base dell'”apposita documentazione contabile certificata” e che, a mente del successivo comma 5 prima parte, “in ogni caso, le imprese beneficiarie sono tenute a conservare con riferimento ai costi sulla base dei quali è stato determinato il credito d’imposta … , tutta la documentazione utile a dimostrare l’ammissibilità e l’effettività degli stessi“, si precisa che gli obblighi documentali e di certificazione, oltre a riguardare gli investimenti realizzati nel periodo di imposta in relazione al quale le imprese intendono beneficiare dell’agevolazione, sussistono anche in riferimento agli investimenti pregressi sulla base dei quali è calcolato l’incremento agevolabile ai fini della determinazione del credito di imposta.

La documentazione richiesta ai fini dei controlli va certificata entro la data di approvazione del bilancio ovvero, per i soggetti che non sono tenuti all’approvazione del bilancio, entro il termine di 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio in cui sono stati effettuati gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo.

In merito alla durata dell’obbligo di conservazione della documentazione idonea a dimostrare, in sede di controllo, l’ammissibilità e l’effettività dei costi sulla base dei quali è determinato il credito d’imposta, si precisa che la stessa deve essere conservata per il periodo previsto dall’articolo 43 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, con riferimento alla dichiarazione relativa al periodo di imposta nel corso del quale si conclude l’utilizzo del credito, atteso che il credito di imposta in esame può essere utilizzato in compensazione senza alcun limite temporale.

La seconda parte del comma 5 dell’articolo 7 del decreto attuativo, alle lettere da a) a c), indica, in via orientativa e non esaustiva, la documentazione a supporto da conservare in relazione alle diverse tipologie di costi eleggibili.

In particolare, per quanto concerne le spese relative al “personale altamente qualificato”, la lettera a) del comma 5 citato richiede i fogli di presenza nominativi, riportanti per ciascun giorno le ore impiegate nell’attività di ricerca e sviluppo, firmati dal legale rappresentante dell’impresa beneficiaria o dal responsabile dell’attività di ricerca e sviluppo.

In ragione del fatto che il personale impiegato nelle attività di ricerca e sviluppo con un rapporto di collaborazione, compresi gli esercenti arti e professioni, deve svolgere la propria attività presso le strutture della impresa beneficiaria (nei termini specificati nel precedente paragrafo 2.2.1), si ritiene che la medesima tipologia di documentazione debba essere predisposta anche per i costi sostenuti per remunerare il suddetto personale.

Considerato che il decreto attuativo è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 174 del 29 luglio 2015, al fine di non penalizzare le imprese che hanno svolto attività di ricerca nel 2015 senza conoscere le esatte modalità di rendicontazione previste dalla disciplina agevolativa, si ritiene che, per il periodo di imposta in corso alla data di pubblicazione del decreto attuativo, la compilazione dei “fogli di presenza nominativi” può essere sostituita da un documento riepilogativo (ad esempio, con cadenza mensile) che riporti le ore impiegate nell’attività di ricerca e sviluppo, firmato dal legale rappresentante ovvero dal responsabile dell’attività di ricerca e sviluppo, e controfirmato dal soggetto che certifica la documentazione contabile.

Per quanto riguarda la documentazione relativa ai costi per “strumenti e attrezzature di laboratorio”, in base alla lettera b) del comma 5 dell’articolo 7 del decreto attuativo, è necessaria la dichiarazione del legale rappresentante dell’impresa ovvero del responsabile dell’attività di ricerca e sviluppo relativa alla misura e al periodo in cui “strumenti e attrezzature” sono stati utilizzati per la suddetta attività, al fine di attestare correttamente le modalità attraverso le quali tali beni sono stati imputati al progetto di ricerca (come indicato più in dettaglio nel paragrafo 2.2.2).

Con riferimento a “strumenti e attrezzature di laboratorio” acquisiti mediante locazione finanziaria e non finanziaria, si ricorda che qualora il costo storico di acquisto del bene non risulti dal relativo contratto di locazione è necessario acquisire una dichiarazione rilasciata dal locatore da cui risulti tale costo.

Quanto alla documentazione a supporto dei costi relativi alla c.d. ricerca “extra-muros”, a mente della lettera c) del comma 5 dell’articolo 7 citato, sono necessari i contratti stipulati con università, enti di ricerca o organismi equiparati e gli altri soggetti (comprese le start-up innovative), nonché una relazione sottoscritta dai soggetti commissionari concernente le attività svolte nel periodo di imposta cui il costo sostenuto si riferisce.

Al riguardo, si precisa che, nell’ipotesi di attività di ricerca commissionata o subappaltata a soggetti diversi da università ed enti di ricerca, dalla menzionata documentazione deve risultare la residenza o la localizzazione in Stati membri dell’UE, in Stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo (SEE) ovvero in paesi e territori “collaborativi” del soggetto che di fatto svolge l’attività di ricerca.

Infine, stante la mancanza di un’espressa indicazione nel comma 5 dell’articolo 7 del decreto attuativo della documentazione comprovante le spese per “competenze tecniche” e “privative industriali”, si ritiene, con riferimento alle prime, che l’impresa debba predisporre la medesima documentazione prevista, dalla lettera a) del comma 5 dell’articolo 7, per le spese relativa al personale altamente qualificato (i.e., fogli di presenza nominativi).

Quanto alla documentazione comprovante le spese per “privative industriali”, nell’ipotesi in cui siano acquisite da terzi, si ritiene che costituisca valida documentazione a supporto i relativi contratti e una relazione, firmata dal legale rappresentante dell’impresa beneficiaria ovvero dal responsabile dell’attività di ricerca e sviluppo, concernente le attività svolte nel periodo di imposta cui il costo sostenuto si riferisce.

Nell’ipotesi di produzione interna, nonché in relazione alle attività di sviluppo, mantenimento e accrescimento del bene immateriale, l’impresa avrà cura di predisporre un adeguato sistema di rilevazione dei costi sostenuti.

In considerazione della natura automatica e delle modalità di determinazione dell’incentivo, è altresì necessario che le imprese beneficiarie conservino, oltre alla documentazione idonea a dimostrare, in sede di controllo, l’ammissibilità, l’effettività e l’inerenza delle spese sostenute, anche un prospetto, con l’elencazione analitica degli investimenti realizzati nei periodi di imposta precedenti ed utilizzati per la base di calcolo della quota incrementale che determina l’ammontare del credito di imposta.

8. CONTROLLI

Come anticipato nel paragrafo precedente, l’Agenzia delle entrate, ai sensi dell’articolo 7, comma 1, del decreto attuativo, svolge l’attività di controllo sulla base dell’apposita documentazione contabile certificata,.

In particolare, ai sensi del successivo articolo 8, comma 1, ai fini della corretta fruizione del credito di imposta, l’Agenzia delle entrate, nell’ambito dell’attività di controllo, verifica la sussistenza delle condizioni richieste dalla disciplina agevolativa, nonché l’ammissibilità delle attività e dei costi sulla base dei quali è stato determinato il credito di imposta.

Nel caso in cui si rendano necessarie “valutazioni di carattere tecnico” in ordine all’ammissibilità di specifiche attività ovvero alla pertinenza e congruità dei costi sostenuti, il comma 2 dell’articolo 8 del decreto attuativo attribuisce all’Agenzia delle entrate la facoltà di richiedere al Ministero dello sviluppo economico di esprimere il proprio parere.

Infine, nel caso in cui, a seguito dei controlli, sia accertata l’indebita fruizione, anche parziale, del credito di imposta per il mancato rispetto delle condizioni richieste ovvero a causa dell’inammissibilità dei costi sulla base dei quali è stato determinato l’importo fruito, il comma 3 del citato articolo 8 dispone che l’Agenzia delle entrate provvede al recupero del relativo importo, maggiorato di interessi e sanzioni secondo legge, fatte salve le eventuali responsabilità di ordine civile, penale e amministrativo a carico dell’impresa beneficiaria.

In particolare, in caso di utilizzo del credito di imposta in misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste, risulta applicabile la sanzione pari al trenta per cento del credito utilizzato (articolo 13, comma 4, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471). Qualora, invece, sia utilizzato in compensazione un credito di imposta inesistente, è applicata la sanzione dal cento al duecento per cento della misura del credito stesso (articolo 13, comma 5, del decreto legislativo n. 471 del 1997). Per tale sanzione, peraltro, in nessun caso si applica la definizione agevolata prevista dagli articoli 16, comma 3, e 17, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.

Si intende inesistente il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non sia riscontrabile mediante controlli di cui agli articoli 36-bis e 36-ter del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, e all’articolo 54-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.

A titolo esemplificativo, si configura un’ipotesi di inesistenza del credito nel caso in cui non siano stati sostenuti i costi per attività di ricerca e sviluppo”.

NOTE:

(1) Adottata, a far data dal 1° luglio 2014, in sostituzione della previgente “Disciplina comunitaria in materia di aiuti di Stato a favore di ricerca, sviluppo e innovazione” di cui alla Comunicazione della Commissione (2006/C 323/01) del 31 dicembre 2006.

(2) Decreto Legislativo 10 febbraio 2005, n. 30 (Codice della proprietà industriale).

1In Boll. Trib., 2011, 272.

2In Boll. Trib., 2013, 943.

3In Boll. Trib., 2013, 939.

4In Boll. Trib., 2011, 1788.

5In Boll. Trib. On-line.

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