27 Gennaio, 2017

Ris. 25 gennaio 2017, n. 12/E, dell’Agenzia delle entrate

“Quesito. La società ALFA (di seguito anche l’istante o la società), operante nel settore delle energie rinnovabili, dichiara che “realizza progetti di ricerca … con il contributo dell’Unione Europea” nell’ambito del “Programma Quadro” e del programma “Horizon 2020”.
Al riguardo, la società rappresenta che “il contributo U.E. è determinato in una percentuale di costi direttamente afferente i progetti (spese per il personale dipendente, subcontratti, materiali, attrezzature, ecc.) e in una percentuale dei ‘costi indiretti'”.
La società intende avvalersi, per gli investimenti connessi alle attività di ricerca e sviluppo svolte, anche del credito di imposta di cui all’articolo 3, del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145.
Ciò posto, ai fini di una corretta verifica della cumulabilità del “credito di imposta per attività di ricerca e sviluppo” con gli altri finanziamenti pubblici, l’istante chiede di sapere se i contributi comunitari ricevuti rilevino esclusivamente per l’ammontare che sovvenziona i “costi diretti” o assumano rilevanza anche per l’ammontare che sovvenziona i “costi indiretti”.

Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente. L’interpellante – sulla scorta di quanto precisato nella circolare n. 5/E del 16 marzo 20161 e nella risoluzione n. 66/E del 3 agosto 20162 – osserva che, data l’assenza di un divieto di cumulo nella disciplina agevolativa nazionale, il “credito di imposta per attività di ricerca e sviluppo” è fruibile anche in presenza di altre misure di favore e che, ai fini del credito di imposta, i costi riferibili alle categorie di investimenti eleggibili vanno assunti al lordo degli altri contributi pubblici o agevolazioni ricevuti.
Pertanto, in ossequio alle indicazioni contenute nei citati documenti di prassi, ai fini della determinazione del credito di imposta, la società ritiene di dover considerare “tutti i costi riferibili alle categorie di investimenti agevolabili al lordo dei contributi ricevuti sia nel calcolo della media che nella determinazione degli investimenti eleggibili nel periodo in cui si intende fruire del beneficio”.
Ed ancora, secondo le indicazioni della risoluzione n. 66/E del 2016, dopo aver determinato il “beneficio teorico spettante”, occorre verificare che la somma del credito di imposta e dei contributi ricevuti in relazione ai costi eleggibili presi a base del calcolo del beneficio non risulti superiore ai medesimi costi ammissibili sostenuti nel periodo di imposta per il quale si intende accedere all’agevolazione.
In proposito, la società ritiene che “per effettuare correttamente detta verifica debba considerare soltanto i contributi diretti ricevuti in relazione al costo del personale impegnato nell’attività di ricerca e non anche quelli indiretti”.
Una diversa soluzione, a parere dell’interpellante, “non consentirebbe di rispettare il principio di omogeneità”, in quanto la disciplina agevolativa nazionale “non considera eleggibili i costi indiretti” e, pertanto, “anche i contributi ricevuti dalla U.E. in relazione a quest’ultima categoria non dovrebbero essere considerati”.

Parere dell’Agenzia delle entrate. L’articolo 3, comma 1, del decreto legge 23 dicembre 2013, n. 145 (convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9), come novellato dall’articolo 1, comma 35, della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (di seguito articolo 3), riconosce a tutte le imprese che effettuano investimenti in attività di ricerca e sviluppo, “a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014 e fino a quello in corso al 31 dicembre 2019”, un credito di imposta per investimenti in misura pari al 25 per cento “delle spese sostenute in eccedenza rispetto alla media dei medesimi investimenti realizzati nei tre periodi d’imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015”.
Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico del 27 maggio 2015 (di seguito decreto attuativo), sono state disciplinate le modalità attuative dell’agevolazione e con la circolare n. 5/E del 16 marzo 2016, cui si rinvia per ogni opportuno approfondimento, la scrivente ha fornito i primi chiarimenti interpretativi sull’applicazione del credito di imposta in parola.
L’articolo 3, al comma 4, e l’articolo 2 del decreto attuativo delimitano l’ambito oggettivo dell’agevolazione, elencando le attività di ricerca e sviluppo agevolabili e, ai fini della determinazione del credito di imposta, l’articolo 3, al comma 6, e l’articolo 4 del decreto attuativo individuano gli investimenti ammissibili, connessi allo svolgimento delle attività di ricerca e sviluppo eleggibili, rappresentati da:
– costi per l’assunzione di personale altamente qualificato impiegato nell’attività di ricerca (lettera a);
– quote di ammortamento delle spese di acquisizione o utilizzazione di strumenti e attrezzature di laboratorio (lettera b):
– spese relative a contratti di ricerca c.d. extra-muros, stipulati con Università, enti di ricerca ed altre imprese, comprese le start-up innovative di cui all’articolo 25 del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179 (lettera c);
– spese di acquisizione delle competenze tecniche e privative industriali (lettera d).
Per le spese relative all’assunzione di personale altamente qualificato (lettera a) e per quelle relative a contratti di ricerca c.d. extra-muros (lettera c), il comma 7 dell’articolo 3 prevede che il credito di imposta spetta nella misura del 50 per cento delle medesime.
Quanto al meccanismo concreto di determinazione del beneficio:
– in base al comma 2 dell’articolo 5 del decreto attuativo, il credito di imposta è riconosciuto nei limiti della spesa incrementale complessiva, costituita dalla differenza positiva tra l’ammontare di tutti gli investimenti realizzati nel periodo di imposta per il quale si intende fruire dell’agevolazione e l’investimento medio relativo ai tre periodi di imposta precedenti a quello in corso al 31 dicembre 2015;
– in base al successivo comma 3 dell’articolo 5 citato, il credito di imposta compete nella misura del “50 per cento della spesa incrementale relativa ai costi di cui alle lettere a) e c)” e del “25 per cento della spesa incrementale relativa ai costi di cui alle lettere b) e d)”.
Per completezza di informazione, si rappresenta che la legge di bilancio 2017 (articolo 1, commi 15 e 16, della legge 11 dicembre 2016, n. 232) ha prorogato di un anno il periodo di tempo nel quale possono essere effettuati gli investimenti ammissibili (i.e., fino al periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2020) e ha potenziato il beneficio prevedendo, inter alia, con decorrenza dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016:
– l’applicazione di un’aliquota unica del credito di imposta, pari al 50 per cento, a prescindere dalla tipologia di investimenti effettuati;
– l’ammissibilità delle spese relative a tutto il “personale impiegato nell’attività di ricerca e sviluppo” non essendo più richiesto il requisito di specializzazione di cui al comma 6 lettera a) dell’articolo 3, secondo il quale detto personale doveva essere “altamente qualificato”;
– l’incremento a 20 milioni di euro (dagli originari 5 milioni di euro) dell’importo massimo annuale del credito di imposta spettante a ciascun beneficiario.
Tanto premesso, nell’ipotesi in cui, in relazione agli investimenti ammissibili, siano concessi anche contributi pubblici o agevolazioni, la circolare n. 5/E del 2016 ha precisato che la normativa relativa al “credito di imposta per attività di ricerca e sviluppo” non reca alcuna disposizione specifica per quanto attiene alla cumulabilità del beneficio fiscale con altre misure di favore e, conseguentemente, in assenza di una specifica previsione finalizzata a disciplinare tale aspetto, lo stesso deve ritenersi fruibile anche in presenza di altri incentivi, salvo che le norme relative alle altre misure non dispongano diversamente.
Al riguardo, il citato documento di prassi ha chiarito che i costi sostenuti per effettuare gli investimenti sono assunti al lordo degli altri contributi pubblici o agevolazioni ricevuti e che, in ogni caso, l’importo risultante dal cumulo non potrà essere superiore ai costi sostenuti.
Tanto premesso, si rileva preliminarmente che la società pone a presupposto dell’istanza l’aver effettuato investimenti ammissibili al beneficio in quanto connessi ad un’attività riconducibile nell’ambito della “ricerca agevolabile”.
Al riguardo, considerato che, comunque, con la risposta all’istanza, in attuazione della normativa sul diritto di interpello (cfr. articolo 11 della legge 27 luglio 2000, n. 212) vengono forniti i corretti principi interpretativi delle norme tributarie e non viene effettuata una valutazione in ordine all’ammissibilità delle attività di ricerca svolte né dei costi utilizzati per il calcolo del credito di imposta, sulla base di quanto rappresentato dall’interpellante, si svolgono le seguenti considerazioni.
Con riferimento al quesito posto, circa la corretta individuazione dell’ammontare dei contributi comunitari rilevanti ai fini della cumulabilità dei due incentivi (nazionale e comunitario), la società afferma di essere beneficiaria di contributi erogati dall’Unione Europea per la realizzazione di progetti di ricerca e sviluppo ammessi al finanziamento nell’ambito del “Settimo programma quadro” e del programma “Horizon 2020”.
In proposito, si rappresenta che il Regolamento (CE) n. 1906/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006 “che stabilisce le regole per la partecipazione di imprese, centri di ricerca e università alle azioni nell’ambito del settimo programma quadro e per la diffusione dei risultati della ricerca (2007-2013)” e il Regolamento (UE) n. 1290/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 dicembre 2013 “che stabilisce le norme in materia di partecipazione e diffusione nell’ambito del programma quadro di ricerca e innovazione (2014-2020) – Orizzonte 2020 e che abroga il regolamento (CE) n. 1906/2006”, prevedono un contributo finanziario che si basa sul rimborso, totale o parziale, dei “costi ammissibili” ai programmi comunitari.
In particolare, in base all’articolo 32 del Regolamento (CE) n. 1906/2006, sono oggetto di rimborso “i costi direttamente attribuibili all’azione” (di seguito, “costi diretti ammissibili”) e, se del caso, “i costi che non possono essere attribuiti direttamente all’azione ma che sono stati sostenuti in relazione diretta con i costi diretti attribuibili all’azione” (di seguito, “costi ammissibili indiretti”).
L’individuazione dei costi diretti e indiretti, ammissibili al finanziamento, e le relative modalità di determinazione sono demandate alla “convenzione di sovvenzione tipo”, elaborata dalla Commissione europea.
In base al modello di “convenzione di sovvenzione”, sono ammissibili ad entrambi i programmi comunitari, a titolo di “costi diretti”, i costi relativi al personale, quelli di subappalto e “per la fornitura del sostegno finanziario a terzi”, i costi per l’acquisto di attrezzature durevoli e materiali di consumo, le spese di viaggio e le relative indennità di soggiorno.
Quanto ai “costi indiretti”, sono considerati ammissibili i costi di struttura e di supporto di natura amministrativa tecnica e logistica che investono in modo trasversale l’operatività e le attività del beneficiario e che quindi non possono essere direttamente attribuite al progetto (a titolo esemplificativo, canoni di locazione, acqua, elettricità, gas, spese postali e telefoniche, costi di manutenzione e di assicurazione, costi di comunicazione e di connessione, servizi di tipo amministrativo, legale).
Dal quadro delineato emerge, rispetto a quanto di interesse nel caso in esame, che, in linea generale, un’eventuale “problema di cumulo” potrebbe porsi in relazione alla concomitante applicazione del “credito di imposta per attività di ricerca e sviluppo” con i contributi comunitari che sovvenzionano i “costi diretti”, nella misura in cui questi ultimi coincidano (in tutto o in parte) con gli stessi costi ammissibili al credito di imposta, e non anche probabilmente con riferimento ai contributi comunitari ricevuti per i “costi indiretti” che, in linea di massima, sovvenzionano costi non ammissibili al credito di imposta.
Poiché l’esistenza del cumulo va verificata solo sui costi ammissibili ad entrambe le discipline agevolative, in applicazione delle indicazioni fornite con la risoluzione n. 66/E del 2016, la società istante dovrà dapprima individuare, in entrambe le discipline agevolative, i costi riferibili alle categorie di investimenti ammissibili, assumendo, quali costi rilevanti ai fini del calcolo del “credito di imposta per attività di ricerca e sviluppo”, l’importo complessivo dei costi ammissibili al lordo dei contributi agli stessi correlati (quindi per il loro intero ammontare, anche se di tali costi l’impresa non è rimasta incisa per effetto dei contributi erogati a suo favore).
In seguito, dopo aver calcolato il credito di imposta teoricamente spettante, non sterilizzato dei costi comuni ai due incentivi, il contribuente dovrà verificare che l’ammontare derivante dalla somma dell’importo della sovvenzione comunitaria riferibile ai costi ammissibili e del beneficio teoricamente spettante non superi l’ammontare complessivo dei costi ammissibili di competenza del periodo di imposta per il quale intende beneficiare dell’agevolazione. Ciò al fine di appurare che, a seguito del cumulo degli incentivi, le spese relative agli investimenti ammissibili non risultino coperte oltre il limite massimo, rappresentato dal 100 per cento del loro ammontare.
Quanto sopra precisato, se la somma dell’importo dei contributi comunitari per i “costi diretti”, riferibile agli investimenti ammissibili nei termini dianzi specificati, e del credito di imposta risulta minore o uguale alla spesa ammissibile complessivamente sostenuta nel periodo di imposta per il quale l’istante intende accedere all’agevolazione, la società Alfa può beneficiare del credito di imposta per l’intero importo calcolato.
Si ipotizzi, ad esempio, che l’importo dei contributi comunitari complessivamente ricevuti dall’impresa sia pari a euro 1.000.000, di cui euro 800.000 a titolo di sovvenzione dei “costi diretti” ed euro 200.000 per il rimborso dei “costi indiretti”.
Si ipotizzi, inoltre, per semplicità, che i “costi indiretti” siano formati da voci totalmente irrilevanti ai fini del credito di imposta e che i “costi diretti” siano formati in parte da voci rilevanti ai fini del credito, così suddivise: euro 250.000 riferibili ai costi per il personale altamente qualificato, euro 250.000 riferibili alle spese di ricerca extra-muros, euro 200.000 riferibili ai costi per l’acquisizione di competenze tecniche (relative, ad esempio, al personale non altamente qualificato) ed euro 100.000 riferibili ad altri costi non rilevanti ai fini del credito di imposta (ad esempio, per l’acquisto di materiali di consumo).
Si ipotizzi poi che l’impresa abbia realizzato nel 2016 investimenti ammissibili per i quali intende beneficiare del credito di imposta e che l’ammontare complessivo dei costi di competenza del periodo di imposta, al lordo dei contributi comunitari ricevuti a titolo di rimborso dei “costi diretti” (pari a euro 700.000), ammonti a euro 800.000, di cui euro 500.000 per il gruppo di spese agevolabili nella misura del 50 per cento (suddivisi in euro 300.000 a titolo di costi per il personale altamente qualificato ed euro 200.000 a titolo di ricerca extra-muros) ed euro 300.000 per il gruppo di spese agevolabili nella misura del 25 per cento (suddivisi in euro 150.000 a titolo di quote di ammortamento di strumenti e attrezzature di laboratorio ed euro 150.000 a titolo di spese per competenze tecniche relative, ad esempio, al personale non altamente qualificato).
Dovendo calcolare il credito di imposta teoricamente spettante, si ipotizzi che la media dei medesimi investimenti nel periodo di riferimento (2012-2014) risulti complessivamente pari ad euro 600.000 e sia formata da euro 400.000 di costi agevolabili al 50 per cento e da euro 200.000 di costi agevolabili al 25 per cento.
Ne deriva che la spesa incrementale complessiva, pari alla differenza tra gli investimenti realizzati nel periodo di imposta 2016 (euro 800.000) e la suddetta media di riferimento (euro 600.000), è pari a euro 200.000 (800.000-600.000), da suddividere in euro 100.000agevolabili al 50 per cento ed euro 100.000 agevolabili al 25 per cento, con un credito di imposta teoricamente spettante pari a euro 75.000.
Sommando l’importo dei contributi comunitari correlati ai costi ammissibili al credito di imposta (pari a euro 700.000) e l’importo del beneficio teorico (pari a euro 75.000), risulta che gli incentivi complessivamente spettanti all’impresa per i medesimi costi ammissibili ammonterebbero a euro 775.000, importo inferiore all’investimento complessivo ammissibile (pari a euro 800.000) effettuato nel periodo di imposta 2016. Pertanto, il contribuente potrà beneficiare del credito di imposta per euro 75.000.
Nel caso, invece, di superamento del limite massimo (i.e., 100 per cento dei costi sostenuti, pari a euro 800.000 nell’esempio), la società istante sarà tenuta a ridurre corrispondentemente il credito di imposta, in modo da garantire che tutti gli incentivi pubblici (fiscali e non) ricevuti per sovvenzionare gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo non eccedano i costi complessivamente sostenuti eleggibili al credito di imposta de quo.
Sarà cura dell’interpellante evidenziare analiticamente i dati necessari per la verifica del cumulo, distinguendo innanzi tutto i “costi diretti” dai “costi indiretti” e individuando poi, nell’ambito di queste due categorie, i costi rilevanti e quelli irrilevanti ai fini del credito del credito di imposta nonché l’importo dei contributi comunitari agli stessi rispettivamente riferibili”.