27 Aprile, 2016

Circolare 27 aprile 2016, n. 14/E, dell’Agenzia delle entrate

INDICE:

PREMESSA

1. CREDITO CASSE DI PREVIDENZA

2. CREDITO FONDI PENSIONE

2.1 Fondi multicomparto

3. OGGETTO DELL’INVESTIMENTO

3.1 I settori infrastrutturali

3.2 Requisiti degli investimenti

3.3 Casi particolari di investimenti agevolabili

4. DECORRENZA DELLA MISURA AGEVOLATIVA

5. CERTIFICAZIONI INTERMEDIARI E DICHIARAZIONE

6. MODALITÀ DI RICHIESTA, ATTRIBUZIONE E UTILIZZO DEL CREDITO D’IMPOSTA

  1. CONTROLLI.

“PREMESSA

I commi da 91 a 94 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (Legge di stabilità 2015), hanno introdotto, a decorrere dal periodo di imposta 2015, i crediti di imposta di seguito illustrati per incentivare l’investimento da parte degli enti di previdenza obbligatoria di cui al decreto legislativo 20 giugno 1994, n. 509 e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103 (di seguito, Casse di previdenza) e delle forme di previdenza complementare di cui al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252 (di seguito, Fondi pensione) in talune attività a carattere finanziario a medio o lungo termine individuate con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 19 giugno 2015 (di seguito, decreto attuativo).

L’istituzione dei crediti in esame, inoltre, risponde all’esigenza di attenuare gli effetti negativi sugli investimenti operati dai predetti soggetti a seguito dell’aumento della misura di tassazione, previsto dall’articolo 3, comma 1, del decreto legge 24 aprile 2014, n. 66 (1) e dall’articolo 1, comma 621, della legge di stabilità 2015 applicata, ai redditi di natura finanziaria percepiti dalle Casse e al risultato maturato di gestione dei Fondi pensione.

L’istituzione e la misura del credito d’imposta sono collegati all’effettuazione di investimenti in attività di carattere finanziario a medio o lungo termine individuate in via regolamentare.

In particolare, l’articolo 1 della legge di Stabilità2015:

  • al comma 91, istituisce a favore delle Casse di previdenza un credito d’imposta pari alla differenza tra l’ammontare delle ritenute e imposte sostitutive applicate nella misura del 26 per cento sui redditi di natura finanziaria e l’ammontare di tali ritenute e imposte sostitutive computate nella misura del 20 per cento, a condizione che i medesimi proventi – assoggettati “effettivamente” alle ritenute e imposte sostitutive – siano investiti nelle attività a carattere finanziario a medio o lungo termine individuate in sede di attuazione (di seguito, “credito casse di previdenza”);
  • al comma 92, istituisce a favore dei Fondi pensione, un credito d’imposta nella misura del 9 per cento del risultato netto maturato, assoggettato “effettivamente” all’imposta sostitutiva del 20 per cento in ciascun periodo di imposta, a condizione che l’ammontare corrispondente al risultato netto maturato assoggettato alla citata imposta sostitutiva sia investito nelle attività di carattere finanziario a medio o lungo termine individuate in sede di attuazione;
  • al comma 93, rinvia ad apposito decreto ministeriale l’individuazione delle condizioni, dei termini e delle modalità di applicazione per la fruizione del credito e del relativo monitoraggio;
  • al comma 94, autorizza la spesa di 80 milioni di euro per l’attuazione dei predetti commi.

In esecuzione delle predette disposizioni, con il decreto attuativo sono state disciplinate le modalità di attuazione della normativa in esame e, in particolare, sono stati individuati:

  • i settori di investimento oggetto di agevolazione (cfr. articolo 2);
  • l’ambito soggettivo ed oggettivo di applicazione della agevolazione (cfr. articoli 3 e 4);
  • gli aspetti procedurali concernenti le modalità di riconoscimento del credito di imposta (condizioni, termini e modalità per la fruizione) e la conseguente attività di controllo (cfr. articoli 5 e 6).

Successivamente, con il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate 28 settembre 2015 (di seguito, provvedimento) è stato approvato il modello per la richiesta di attribuzione del credito d’imposta e sono state fornite le relative istruzioni, in conformità a quanto previsto dall’articolo 5 del decreto attuativo.

Tenuto conto che l’articolo 6, comma 1, del decreto attuativo prevede che l’Agenzia delle entrate può acquisire il parere del Dipartimento delle finanze del Ministero dell’economia e delle finanze in merito alla riconducibilità degli investimenti effettuati alle attività finanziarie individuate dall’articolo 2 sopra citato sono stati sottoposti all’attenzione del suddetto Dipartimento una serie di quesiti.

A tale richiesta, il Dipartimento delle finanze ha fornito parere in data 18 febbraio 2016, con prot. n. 4042 (di seguito, parere).

1. CREDITO CASSE DI PREVIDENZA

Il credito d’imposta di cui all’articolo 1, comma 91, della legge di stabilità 2015, è riconosciuto nei confronti degli enti di previdenza obbligatoria di cui al decreto legislativo n. 509 del 1994 e al decreto legislativo n. 103 del 1996 (Casse di previdenza).

L’articolo 74, comma 2, lettera b), del Testo unico delle imposte sul redditi approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR), prevede che non costituisce esercizio di attività commerciale “l’esercizio di attività previdenziali, assistenziali e sanitarie da parte di enti pubblici istituiti esclusivamente a tal fine, comprese le aziende sanitarie locali nonché l’esercizio di attività previdenziali e assistenziali da parte di enti privati di previdenza obbligatoria“.

Nel presupposto che le attività in esame risultino prevalenti, la previsione recata dal citato articolo 74, comma 2, lettera b), del TUIR consente di ricondurre gli enti destinatari della stessa tra gli enti non commerciali di cui all’articolo 73, comma 1, lettera c), dello stesso TUIR.

In particolare, l’articolo 143, comma 1, del TUIR prevede che il reddito complessivo di tali enti sia formato dai redditi fondiari, di capitale, di impresa e diversi. Il successivo articolo 144, comma 1, specifica che i redditi e le perdite che concorrono a formare il reddito complessivo di tali enti non commerciali siano determinati distintamente per ciascuna categoria in base al risultato complessivo di tutti i cespiti che vi rientrano. Con particolare riferimento alla determinazione dei redditi di capitale e dei redditi diversi di natura finanziaria, si applicano le disposizioni del titolo I del TUIR, relative alle singole categorie di reddito.

Pertanto, generalmente, i redditi di capitale e i redditi diversi di natura finanziaria (di seguito, redditi di natura finanziaria) percepiti dalle Casse previdenziali mantengono la loro natura e spesso non confluiscono nella determinazione del reddito complessivo dell’ente essendo assoggettati a tassazione tramite l’applicazione di ritenute e imposte sostitutive.

Le Casse di previdenza, come tutti gli enti non commerciali, possono, peraltro, esercitare l’opzione di cui agli articoli 6 (regime del risparmio amministrato) e 7 (regime del risparmio gestito) del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461.

Il credito d’imposta istituito a favore delle Casse di previdenza è determinato dalla differenza tra l’ammontare delle ritenute e imposte sostitutive applicate nella misura del 26 per cento sui redditi di natura finanziaria e l’ammontare di tali ritenute e imposte computate nella misura del 20 per cento. Tale credito decorre dal periodo d’imposta 2015 e non è previsto un limite temporale all’applicazione delle relative disposizioni.

Il decreto attuativo ha precisato che, al fine di determinare il predetto credito, occorre prendere in considerazione le imposte sostitutive e le ritenute “effettivamente” operate nella misura del 26 per cento (cfr. articolo 4, comma 1).

Al riguardo, il provvedimento (punto 2.3) precisa che “il credito d’imposta è riconosciuto in relazione alle imposte sostitutive e alle ritenute applicate sulla parte di base imponibile non riferibile agli investimenti in titoli di cui all’articolo 3, comma 2, lettere a) e b) del decreto legge 24 aprile 2014, n. 66 (2)“.

Pertanto, in caso di investimento diretto in tali titoli, ai fini del calcolo del credito d’imposta non bisogna tener conto dei redditi di natura finanziaria che sono stati assoggettati ad imposta nella misura del 12,50 per cento.

Nel caso di investimento indiretto per il tramite organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) o di contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione, ai fini della applicazione del credito in esame, nei casi di investimenti in titoli di cui all’articolo 3, comma 2, lettere a) e b) del decreto legge n. 66 del 2014, occorre tener conto dell’abbattimento – disposto dal decreto legge 13 agosto 2011, n. 138 (3) – della base imponibile.

In base a tali disposizioni, infatti, i redditi di capitale derivanti dalla partecipazione ad OICR italiani ed esteri e quelli dipendenti da contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione sono determinati al netto di una quota dei proventi riferibili ai predetti titoli pubblici.

In tali casi, più precisamente, sebbene sia formalmente applicata l’aliquota del 26 per cento su una parte dei redditi a seguito del predetto abbattimento della base imponibile, l’imposizione effettiva rimane del 12,50 per cento.

Per usufruire del credito di imposta di cui al predetto comma 91 non è necessario investire totalmente i redditi di natura finanziaria realizzati in un determinato periodo d’imposta sui quali è stata applicata un’imposizione al 26 per cento. Può essere investita anche una quota parte di essi e, in tali casi, il credito spettante sarà determinato in proporzione alla quota investita dei predetti redditi.

In sostanza, la fruizione del credito di imposta, calcolato in misura pari al 6 per cento dell’imposizione effettiva applicata ai redditi di natura finanziaria in un dato periodo (importo massimo agevolabile), spetta proporzionalmente alla quota dei redditi investita nelle attività finanziarie agevolabili come individuate dal decreto attuativo.

Esempio n. 1 – Credito Casse di Previdenza

Redditi di natura finanziaria effettivamente tassati al 26 per cento 1000

Importo massimo agevolabile (260 – 200) 60

Investimento effettuato 700

Credito d’imposta da richiedere (6% x700) 42

I redditi di natura finanziaria assoggettati ad imposizione nella misura del 26 per cento devono essere considerati al netto di eventuali minusvalenze utilizzate in compensazione ai fini della determinazione dell’imposta sostitutiva dovuta ai sensi degli articoli 5 (regime dichiarativo) e 6 (regime del risparmio amministrato) del decreto legislativo n. 461 del 1997. In caso di opzione per il regime del risparmio gestito di cui all’articolo 7 del medesimo decreto legislativo n. 461 del 1997, il risultato positivo di gestione deve rilevare al netto dei risultati negativi di gestione maturati in esercizi precedenti che sono stati computati in diminuzione dello stesso ai fini della determinazione dell’imposta sostitutiva.

In base a quanto stabilito dal comma 91 e, successivamente, dall’articolo 5 del decreto attuativo, il credito in esame:

– va indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui il beneficio è concesso e ai periodi di imposta nei quali il credito è utilizzato;

– non concorre alla formazione della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi, comprese le relative addizionali regionali e comunali, né alla determinazione del valore della produzione netta ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive;

– non rileva ai fini della determinazione della quota di interessi passivi deducibile dal reddito d’impresa ai sensi dell’articolo 61 del TUIR;

– non rileva ai fini della determinazione della quota di spese e altri componenti negativi diversi dagli interessi passivi, deducibile dal reddito d’impresa ai sensi dell’articolo 109, comma 5, del TUIR;

– può essere utilizzato, a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello di effettuazione degli investimenti previsti, esclusivamente in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, nei limiti dello stanziamento di cui al comma 94, articolo 1, della legge di stabilità 2015;

2. CREDITO FONDI PENSIONE

Il credito d’imposta di cui all’articolo 1, comma 92, della legge di stabilità 2015, è riconosciuto nei confronti delle forme di previdenza complementare di cui al decreto legislativo n. 252 del 2005.

In particolare, detto credito d’imposta è riconosciuto ai Fondi pensione in regime di contribuzione definita o di prestazione definita, comprese le forme pensionistiche individuali di cui all’articolo 13 del decreto legislativo n. 252 del 2005, nonché ai fondi già istituiti al 15 novembre 1992 ossia i cosiddetti “fondi pensione preesistenti” (4) (Fondi pensione).

Con riferimento a tali ultime forme di previdenza complementare, tenuto conto che le stesse possono gestire le attività mediante la stipula di contratti assicurativi, si ritiene che detti strumenti rilevino ai fini della credito in esame qualora sussistano i requisiti previsti dalla normativa come illustrati nella presente circolare.

Ai fini della trattazione in esame, giova ricordare che i Fondi pensione sono soggetti ad un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi nella misura del 20 per cento (5) che si applica sul risultato netto maturato in ciascun periodo di imposta con le modalità previste dall’articolo 17, del decreto legislativo n. 252 del 2005. In particolare, il risultato netto è pari alla differenza tra:

  • il valore del patrimonio netto del fondo alla fine di ciascun anno solare, al lordo dell’imposta sostitutiva, aumentato delle erogazioni effettuate per il pagamento dei riscatti, delle prestazioni previdenziali e delle somme trasferite ad altre forme pensionistiche e diminuito dei contributi versati, delle somme ricevute da altre forme pensionistiche, nonché dei redditi di capitale soggetti a ritenuta, esenti o comunque non soggetti ad imposta
  • e il valore del patrimonio stesso all’inizio dell’anno.

Nell’ipotesi in cui il risultato della gestione del fondo evidenzi un decremento anziché un incremento, il risultato negativo è computato in diminuzione del risultato della gestione dei periodi d’imposta successivi, per l’intero importo che trova in essi capienza e senza alcun limite temporale.

Inoltre, il risultato negativo può essere utilizzato, in tutto o in parte, dal fondo in diminuzione del risultato di gestione di altre linee di investimento da esso gestite, a partire dal medesimo periodo d’imposta in cui è maturato il risultato negativo.

Ai sensi dell’articolo 17, comma 5, del decreto legislativo n. 252 del 2005, per i fondi pensione in regime di prestazioni definite, per le forme pensionistiche individuali di cui all’articolo 13, comma 1, lettera b), e per le vecchie forme di previdenza ivi individuate gestite mediante convenzione con imprese di assicurazione, il risultato netto maturato cui applicare l’imposta sostitutiva è determinato secondo apposite modalità. Esso è, infatti, determinato sottraendo dal valore attuale della rendita in via di costituzione, calcolato al termine di ciascun anno solare, ovvero determinato alla data di accesso alla prestazione, diminuito dei contributi versati nell’anno, il valore attuale della rendita stessa all’inizio dell’anno.

Per approfondimenti sulla determinazione e l’imposizione del risultato di gestione maturato dai fondi pensione si rinvia alla prassi emanata sull’argomento (6).

Nell’ambito di tale sistema di tassazione complessivo del risultato di gestione, non si applicano nei confronti dei Fondi pensione la maggior parte dei prelievi a monte sui redditi di capitale da essi percepiti. In particolare, i Fondi pensione assumono la qualifica di soggetto cosiddetto “lordista”, salvo alcune eccezioni in cui le ritenute operate sono a titolo d’imposta e, conseguentemente, in tali casi i redditi non concorrono alla base imponibile del risultato del fondo pensione.

Il Credito Fondi Pensione è pari al 9 per cento del risultato netto maturato, assoggettato all’imposta sostitutiva applicata nella misura del 20 per cento in ciascun periodo di imposta. Tale misura corrisponde alla differenza tra l’aliquota attuale di tassazione del 20 per cento e quella dell’11 per cento previgente.

Anche in questo caso appare chiaro l’intento del Legislatore che, nella medesima legge aumenta l’aliquota dell’imposta sostitutiva sul risultato netto di gestione delle forme di previdenza complementare e, parallelamente, istituisce un credito d’imposta la cui misura è determinata in base alle maggiori imposte dovute a seguito di tale aumento di aliquota.

Ai fini della corretta applicazione del credito in esame occorre tenere conto degli investimenti effettuati dai Fondi pensione in titoli del debito pubblico e degli altri titoli ad essi equiparati, i cui redditi scontano l’aliquota agevolata nella misura del 12,50 per cento. In relazione a tali investimenti, il comma 622 dell’articolo 1 della legge di stabilità 2015 prevede una particolare modalità di determinazione della base imponibile su cui applicare l’imposta sostitutiva del 20 per cento.

In particolare, la base imponibile dell’imposta sostitutiva sul risultato di gestione dei fondi pensione è determinata, relativamente ai redditi dei titoli pubblici ed equiparati, in base al rapporto tra l’aliquota specificamente prevista dalle disposizioni vigenti per tali redditi (12,50 per cento) e quella dell’imposta sostitutiva applicabile in via generale sul risultato dei Fondi pensione (20 per cento). Conseguentemente, i redditi dei titoli pubblici concorrono alla determinazione della base imponibile nella misura del 62,50 per cento. In tal modo, si mantiene la tassazione del 12,50 per cento per gli investimenti in tali titoli pubblici effettuati per il tramite di Fondi pensione.

Concorrono alla formazione del risultato netto di gestione maturato, nella misura del 62,50 per cento del loro ammontare, non solo i redditi realizzati nel corso del periodo d’imposta, ma anche quelli maturati al 31 dicembre dell’anno di riferimento.

Allo stesso modo, le perdite riferibili ai predetti titoli pubblici devono essere portate in deduzione dal risultato di gestione del fondo pensione per una quota pari al 62,50 del loro ammontare.

Il medesimo trattamento si applica nel caso di investimento “indiretto” effettuato dai Fondi pensione tramite la partecipazione in organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) e contratti di assicurazione che investono in titoli pubblici (7).

Tale particolare modalità di determinazione della base imponibile – finalizzata a mantenere il livello di tassazione dei titoli del debito pubblico al 12,50 per cento – comporta che solo una parte del risultato di gestione dei Fondi pensione è “effettivamente” sottoposto ad imposizione nella misura del 20 per cento.

Analogamente a quanto previsto per le Casse, allo scopo di rispettare le finalità della norma primaria, anche il Credito Fondi Pensione non può essere fruito in relazione alla parte del risultato netto di gestione riferibile alla quota di titoli pubblici assoggettati ad imposizione nella misura “effettiva” del 12,50 per cento.

Trova, quindi, applicazione anche per la determinazione del credito d’imposta destinato ai Fondi pensione, quanto previsto al punto 2.3 del provvedimento in base al quale il credito è riconosciuto in relazione alle imposte sostitutive applicate sulla parte di base imponibile non riferibile ad investimenti in titoli pubblici comunque effettuati, sia direttamente dal Fondo pensione sia indirettamente tramite OICR o nell’ambito di contratti di assicurazione sulla vita o di capitalizzazione.

Pertanto, ai fini della determinazione del credito d’imposta, non rilevano i redditi derivanti dagli investimenti in titoli del debito pubblico.

Esempio n. 2 – Rendimenti derivanti da titoli pubblici

Risultato di gestione del fondo 500

di cui derivante da investimenti in titoli del debito pubblico 100

Tenuto conto che i redditi derivanti dai titoli del debito pubblico concorrono nella misura del 62,50 per cento:

Base imponibile (500 – 100 + 62,50) 462,50

Imposta sostitutiva da versare (20%* 462,50) 92,50

Imposta relativa ai redditi effettivamente tassati nella misura del 20 per cento

(20%*400) 80

Reddito massimo da investire nelle attività rilevanti 400

Importo massimo agevolabile (9%*400) 36

Nel caso di perdite derivanti dagli investimenti in titoli del debito pubblico, tenuto conto che le stesse incidono negativamente nella determinazione della base imponibile in misura pari al 62,50 per cento del loro ammontare, ai fini della determinazione del credito d’imposta, occorre tener conto della parte residua sottoposta ad imposizione nella misura del 20 per cento.

Esempio n. 3 – Perdite derivanti da titoli pubblici

Risultato di gestione del fondo al netto delle perdite 500

Perdite derivante da investimenti in titoli del debito pubblico 100

Tenuto conto che le perdite derivanti dai titoli del debito pubblico concorrono nella misura del 62,50 per cento:

Base imponibile (500 + 100 – 62,50) 537,50

Imposta sostitutiva da versare (20%*537,50) 107,50

Reddito massimo da investire nelle attività rilevanti 537,50

Importo massimo agevolabile (9%*537,50) 48,37

Con particolare riferimento alla determinazione del credito spettante in relazione all’applicazione dell’imposta sostitutiva sul risultato maturato nel 2014, si deve tener conto che tale imposta non è stata “effettivamente” applicata nella misura del 20 per cento anche in relazione a circostanze diverse dal predetto investimento in titoli pubblici cui fa esplicito riferimento il decreto attuativo.

Il comma 624, articolo 1, della legge di stabilità 2015 prevede, infatti, una riduzione della base imponibile per tenere conto delle posizioni che sono state definite nel periodo d’imposta in corso al 2014, per le quali il Fondo pensione ha effettuato il riconoscimento agli iscritti di rendimenti al netto dell’imposta sostitutiva nella misura dell’11 o dell’11,50 per cento.

A tal fine, la base imponibile, è stata ridotta del 48 per cento della differenza tra le erogazioni effettuate nel corso del 2014 per il pagamento dei “riscatti” ed il valore delle rispettive posizioni individuali maturate al 31 dicembre 2013, maggiorate dei contributi versati, fino alla data in cui è stato effettuato il “riscatto”, in relazione alle posizioni in uscita nel corso del 2014.

Si fa presente che, stante il tenore letterale della norma, la misura del 48 per cento si applica sia alle posizioni fuoriuscite nella vigenza della tassazione con l’aliquota dell’11 per cento che a quelle fuoriuscite nel corso del 2014 successivamente all’introduzione dell’aumento della predetta aliquota all’11,50 per cento.

Alla luce delle precedenti considerazioni sulla spettanza del credito esclusivamente in relazione all’imposta sostitutiva effettivamente applicata nella misura del 20 per cento, si ritiene che non si debba tener conto della parte di base imponibile, vale a dire del risultato di gestione, relativo alle predette posizioni fuoriuscite e alle erogazioni effettuate nel 2014.

Esempio n. 4 – Posizioni fuoriuscite ed erogate nel 2014

Prestazioni erogate nel 2014 1500

Contributi versati 100

Valore al 31 dicembre 2013 delle posizioni erogate nel 2014 1000

Quota del risultato maturato nel 2014 riferibile alle posizioni fuoriuscite

(1500-100-1000) 400

Risultato della gestione ordinaria 3000

Quota del risultato riferibile a titoli pubblici 100

Risultato 2014 “effettivamente” assoggettato ad imposta nella misura del 20 per cento (3000 – 400 – 100) 2500

Importo massimo agevolabile (9% * 2500) 225

Parte del risultato di gestione investito in attività rilevanti 600

Credito da richiedere (9% *600) 54

Ai fini della determinazione del credito d’imposta occorre tener conto, altresì, di eventuali “risparmi d’imposta” derivanti da risultati negativi di gestione relativi a periodi d’imposta precedenti.

Esempio n. 5 – Risultati negativi di gestione pregressi

Risultato positivo di gestione periodo d’imposta 2014 3000

Risultati negativi di gestione accumulati al 2013 1000

Risparmio d’imposta (11,50%* 1000) 115

Imposta effettivamente dovuta per il 2015

(20%* 3000) – 115 485

Importo massimo da investire in attività rilevanti

3000 – (1000/20*11,50) 2425

Importo massimo agevolabile (9%*2425) 218,25

In base a quanto stabilito dal comma 92 e, successivamente, dall’articolo 5 del decreto attuativo, il credito in esame:

2.1 Fondi multicomparto. Con riferimento ai Fondi pensione multicomparto ovvero fondi strutturati in comparti differenziati per rischio e rendimento, in più linee di investimento, la richiesta di attribuzione del credito d’imposta è unica e deve essere presentata a nome del Fondo e non dei singoli comparti.

Ai fini del riconoscimento del credito d’imposta, tuttavia, si devono considerare i singoli comparti separatamente. Come precisato nel parere, nel caso di fondi multicomparto il credito di imposta va calcolato sulla base degli importi dei titoli confluiti in ogni linea di investimento.

A seguito della comunicazione del riconoscimento del credito, il gestore del Fondo deve attribuire la quota di credito spettante al singolo comparto in relazione:

  • all’ammontare dell’imposta sostitutiva allo stesso riferibile calcolata senza tener delle conto delle compensazioni effettuate ai fini del versamento dell’imposta;
  • alla quota di investimenti effettuati dal singolo comparto.

Esempio n. 6 – Calcolo credito in presenza di Fondo Multicomparto

FONDO ALFA COMPARTO A COMPARTO B

Risultato netto di gestione 2015 relativo a titoli diversi da quelli pubblici

300

-100

Imposta sostitutiva/risparmio d’imposta

60

– 20

Investimenti 2016 in attività finanziarie a medio o lungo termine

250

50

Importo massimo agevolabile

27

0

Credito d’imposta da richiedere

22,5*

0

  • (300: 250 = 27 : X)

     

3. OGGETTO DELL’INVESTIMENTO

La disciplina del credito d’imposta è stata delineata in modo da attrarre investimenti nel settore delle infrastrutture e nelle società non quotate.

L’investimento può avvenire in maniera diretta attraverso la sottoscrizione o l’acquisto di azioni o di obbligazioni di società che operano nel settore delle infrastrutture ovvero indirettamente attraverso la sottoscrizione o l’acquisto di quote di OICR che investono nel predetto settore o in società non quotate.

L’articolo 2, comma 1, lettere a) e b), del decreto attuativo individua tra le attività di carattere finanziario a medio o lungo termine che devono essere oggetto dell’investimento, le azioni o le quote di società ed enti – residenti in Italia o in uno degli Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo – operanti prevalentemente nella elaborazione o realizzazione di progetti relativi ai settori infrastrutturali turistici, culturali, ambientali, idrici, stradali, ferroviari, portuali, aeroportuali, sanitari, immobiliari pubblici non residenziali, delle telecomunicazioni, compresi quelle digitali, e della produzione e trasporto di energia, nonché le obbligazioni o altri titoli di debito emessi dalle medesime società ed enti.

Inoltre, la successiva lettera c) individua tra le attività oggetto dell’investimento le azioni o quote di OICR – di durata non inferiore a cinque anni – che investono prevalentemente nelle suddette azioni e obbligazioni e in crediti a medio e lungo termine erogati alle società operanti nei predetti settori.

Infine, la lettera d) del citato articolo 2, comma 1, del decreto attuativo prevede che possono essere oggetto dell’investimento le azioni o quote di OICR – di durata non inferiore a cinque anni – che investono prevalentemente in strumenti finanziari emessi da società non quotate nei mercati regolamentati che svolgono attività diverse da quella bancaria, finanziaria o assicurativa e in crediti a medio e lungo termine a favore di tali società residenti in Italia o in uno degli Stati membri dell’Unione europea o in Stati aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo.

Ai fini dell’applicazione della disciplina in esame, ai sensi della predetta lettera d), possono essere oggetto di investimento le azioni o quote di OICR – di durata non inferiore a cinque anni – che investono prevalentemente in strumenti finanziari emessi da società quotate in sistemi multilaterali di negoziazione diversi dai mercati regolamentati di cui all’articolo 77-bis del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (TUF).

Per usufruire del credito d’imposta è necessario che la Cassa di previdenza o il Fondo pensione investano anche in uno solo dei predetti settori o attività.

Anche se le attività oggetto dell’investimento hanno le caratteristiche di un investimento a medio o lungo termine, gli strumenti potrebbero essere utilizzati per fini speculativi. Pertanto, il comma 2 dell’articolo 2 del decreto attuativo, al fine di garantire che il capitale rimanga investito per un periodo di tempo medio/lungo, prevede un limite temporale minimo di cinque anni di detenzione dello strumento finanziario e che, in caso di cessione o scadenza del titolo oggetto dell’investimento, prima che siano trascorsi i cinque anni, il corrispettivo conseguito venga reinvestito in altre attività che possono essere oggetto dell’investimento entro 90 giorni.

Esempio n. 7 – Rimborso delle quote di OICR con “plusvalenza” prima dei cinque anni

Capitale originariamente investito 100

Capitale rimborsato a scadenza prima del quinquennio 150

Corrispettivo che deve essere oggetto del reinvestimento 150

Esempio n. 8 – Cessioni delle obbligazioni in “perdita” prima dei cinque anni

Capitale originariamente investito in obbligazioni di una società che opera nel settore delle infrastrutture 100

Capitale rimborsato a scadenza prima del quinquennio 40

Corrispettivo che deve essere oggetto del reinvestimento 40

Qualora oggetto dell’investimento siano quote di OICR che prevedono il rimborso di una parte del capitale investito prima dello scadere del quinquennio, l’importo rimborsato deve essere reinvestito entro 90 giorni.

In mancanza del reinvestimento dell’intero corrispettivo conseguito, il credito d’imposta si riduce pro-quota in relazione al capitale originariamente investito.

Per quanto concerne le modalità di documentazione del reinvestimento del capitale derivante dalla cessione di quote o azioni prima del quinquennio in attività finanziarie a medio e lungo termine che danno diritto all’agevolazione, con il predetto parere il Dipartimento delle Finanze ha chiarito che il decreto attuativo non prevede specifiche disposizioni, pertanto, i soggetti beneficiari del credito d’imposta dovranno conservare la relativa documentazione nei modi e tempi previsti dalle disposizioni civilistiche e fiscali in materia.

Ai fini dell’attribuzione dei crediti d’imposta in esame, si tiene conto degli investimenti nelle attività finanziarie sopra indicate effettuati dal 1° gennaio 2015. Non devono, pertanto, essere conteggiati gli investimenti effettuati in periodi d’imposta precedenti.

Tuttavia, non è necessario che gli investimenti effettuati in un determinato anno siano successivi alla riscossione dei proventi effettivamente assoggettati alle ritenute e alle imposte sostitutive nella misura del 26 per cento. In altre parole, non è necessario che ci sia conseguenzialità temporale tra i due eventi (percezione del provento tassato ed investimento) all’interno del medesimo anno.

Qualora i proventi percepiti o maturati in un dato periodo d’imposta non siano completamente investiti nelle attività rilevanti nel medesimo periodo (per le Casse di previdenza) o nel periodo successivo (per le Casse in regime di risparmio gestito e per i Fondi pensione), la differenza può concorrere alla determinazione dell’importo massimo agevolabile dal periodo successivo. In altri termini, la suddetta differenza può essere investita in attività rilevanti nei periodi di imposta successivi.

Stante la finalità delle norme sopra illustrate, devono essere presi in considerazione solo i “nuovi investimenti” effettuati in ciascun periodo d’imposta.

Pertanto, per i periodi d’imposta successivi al 2015, per il calcolo del credito si tiene conto solo dell’incremento degli investimenti rispetto al periodo d’imposta precedente.

Nel caso in cui un investimento sia stato effettuato negli ultimi giorni del periodo d’imposta, lo stesso rileva, ai fini del calcolo del credito spettante per tale periodo, anche qualora il regolamento dell’operazione avvenga nel periodo d’imposta successivo.

Per quanto riguarda la determinazione dell’ammontare dell’investimento agevolabile, in conformità al predetto parere ministeriale, si precisa che lo stesso va calcolato sommando agli importi degli investimenti effettuati nell’anno considerato, le eventuali somme investite in anni precedenti per le quali non è stato possibile fruire del credito d’imposta:

  • nel caso di società di nuova costituzione;
  • per incapienza del limite di spesa.

3.1 I settori infrastrutturali. Con riferimento ai settori agevolabili, si riportano di seguito, a titolo esemplificativo, alcune ipotesi di opere infrastrutturali che rientrano nei settori individuati dal decreto attuativo come illustrati nel citato parere ministeriale.

Il settore delle infrastrutture turistiche comprende gli investimenti in percorsi turistici attrezzati, quali sentieri naturali (ad esempio per escursionismo, birdwatching, trekking, ecc.) e piste ciclabili, nonché il finanziamento della realizzazione, ristrutturazione ed adeguamento di strutture per l’accesso ad aree naturali.

Nell’ambito delle infrastrutture culturali vanno ricompresi i progetti che riguardano il patrimonio storico, artistico e culturale, quali i musei, le gallerie, le pinacoteche, i monumenti, gli scavi e le zone archeologiche, gli archivi di Stato, le biblioteche pubbliche, i teatri e le sale cinematografiche.

Per infrastrutture ambientali devono intendersi le reti di aree naturali e seminaturali pianificate a livello strategico con altri elementi ambientali, progettate e gestite per fornire un ampio spettro di servizi ecosistemici. Ne fanno parte gli spazi verdi (o blu, nel caso degli ecosistemi acquatici) e altri elementi fisici in aree sulla terraferma in contesto rurale, urbano (incluse le aree costiere) e marino, gli impianti di depurazione delle acque e di trattamento dei rifiuti, nonché le opere di bonifica.

Nelle infrastrutture idriche sono ricomprese le reti di adduzione, distribuzione e defluizione dell’acqua, nonché le reti fognarie.

Le infrastrutture stradali, ferroviarie, portuali e aeroportuali possono essere ricomprese nella macroarea delle infrastrutture di trasporto, che comprende sia le reti e gli impianti di interesse nazionale e comunitario, quali i porti, gli aeroporti e le reti ferroviarie e stradali, sia quelle di rilevanza locale, quali le reti metropolitane.

Per infrastrutture sanitarie si intendono le strutture che erogano servizi sanitari senza ricovero (quali punti di guardia medica, consultori, Ser.T., ambulatori e laboratori) e strutture che erogano servizi sanitari con ricovero (quali ospedali, cliniche, case di cura, centri di riabilitazione e case di riposo).

Nell’ambito delle infrastrutture immobiliari pubbliche non residenziali è ricompresa l’edilizia scolastica, universitaria, penitenziaria e sportiva.

Il settore delle infrastrutture delle telecomunicazioni ricomprende la fornitura e gestione di reti di comunicazione, fissa e mobile, di informazioni attraverso cavi, sistemi radio o altri sistemi elettromagnetici o ottici. Sono espressamente comprese in tale settore le reti digitali.

Relativamente al settore della produzione e trasporto di energia, rilevano gli impianti di esplorazione, estrazione, produzione e raffinazione di prodotti petroliferi, le reti di distribuzione dell’energia elettrica e del gas naturale, nonché gli impianti di produzione e le reti di trasporto, e gli impianti per la produzione e la distribuzione di energia da fonti rinnovabili.

In merito alle caratteristiche dell’investimento infrastrutturale, si osserva, inoltre, che è possibile distinguere tra investimenti infrastrutturali primari (cd. greenfield) – in cui si assume il cosiddetto rischio di sviluppo (development risk) – perché effettuati nella fase di costruzione dell’opera e investimenti infrastrutturali secondari (c.d. brownfield) perché effettuati dopo che l’opera è stata realizzata ed è entrata nella fase di gestione.

In entrambi i casi l’investimento ha, sul piano finanziario, caratteristiche omogenee, nel senso che è capace di assicurare rendimenti anticiclici, stabili nel tempo. Ciò consente agli investitori di considerare unitariamente il fenomeno e configurare l’investimento in esame come una vera e propria asset class in sede di diversificazione del portafoglio.

In considerazione di ciò, si ritiene possano essere ricondotti nell’ambito di applicazione della normativa in esame, sia i soggetti che elaborano progetti infrastrutturali da sviluppare sia quelli che gestiscono i progetti medesimi.

3.2 Requisiti degli investimenti. Come sopra accennato gli “investimenti rilevanti” si qualificano come tali al ricorrere di entrambi requisiti:

  1. effettuazione dell’investimento, direttamente e indirettamente per il tramite di OICR, in società operanti prevalentemente dell’elaborazione e realizzazione di progetti nei predetti settori infrastrutturali o, indirettamente tramite OICR, in società non quotate che svolgono attività diverse da quella bancaria, finanziaria e assicurativa (cfr. art. 2, comma 1, del decreto attuativo);
  2. detenzione dell’investimento per un periodo di tempo minimo di cinque anni (cfr. art. 2, comma 2 del decreto attuativo).

Per evitare che tali requisiti limitassero eccessivamente il novero degli investimenti agevolabili, detti requisiti sono attenuati in quanto:

  1. l’accesso al beneficio è possibile anche quando l’investimento stesso non sia diretto alle società aventi esclusivamente le caratteristiche suindicate;
  2. è prevista la possibilità di disinvestire prima del quinquennio senza perdere il diritto al credito, purché il controvalore conseguito venga reinvestito entro 90 giorni dal regolamento dell’operazione.

Con riferimento al requisito della prevalenza è, infatti, sufficiente che l’investimento stesso sia prevalentemente orientato verso i settori suindicati.

Come chiarito con il citato parere, in particolare, ciò vale sia per gli investimenti diretti o indiretti in società operanti in settori infrastrutturali specifici, sia per quelli indiretti in società non quotate che svolgono attività diverse da quella bancaria, finanziaria o assicurativa.

Posto che gli investimenti diretti possono essere effettuati sia in titoli di società quotate che in quelli di società non quotate e sia in titoli di società residenti in Italia che in quelli di società residenti nell’Unione europea e in Stati aderenti all’Accordo sullo SEE, il requisito della prevalenza non può che essere verificato tenendo conto dei dati normalmente disponibili per l’investitore medio.

Allo scopo di non far ricadere sull’investitore oneri impropri rispetto all’obiettivo perseguito dalle norme, si ritiene che il suddetto requisito possa essere individuato, innanzitutto, sul piano formale avendo riguardo agli atti con i quali è stata costituita la società.

E’, infatti, possibile verificare dall’oggetto sociale risultante dallo statuto se l’attività sociale consiste in un’attività di investimento e di sviluppo nei settori infrastrutturali previsti dalla legge o, quanto meno, di finanziamento del capitale di debito o di rischio in altre società operanti nei medesimi settori.

Le risultanze di tale verifica, però, non possono non trovare riscontro nei documenti di rendicontazione dell’attività sociale e, quindi, nel bilancio d’esercizio.

E’, in altri termini, necessario verificare che lo scopo sociale sia effettivamente perseguito.

A tal fine si può, innanzitutto, fare riferimento al volume di affari sviluppato dalla società. Dal bilancio di esercizio si dovrebbe, in particolare, evincere che più della metà dei proventi dell’attività svolta sono riferibili ai progetti per gli investimenti infrastrutturali rilevanti oppure da proventi legati alla gestione delle infrastrutture.

In alternativa, poiché l’investimento infrastrutturale ha spesso caratteristiche tali da non consentire il conseguimento immediato di proventi, è opportuno fare riferimento, al patrimonio sociale. Dal bilancio di esercizio si dovrebbe evincere, in particolare, che più della metà dei beni iscritti nell’attivo patrimoniale sono riferibili ai settori che danno diritto all’agevolazione.

Al fine di individuare il momento in cui deve sussistere la predetta prevalenza, occorre fare riferimento alle risultanze dei documenti suindicati disponibili al momento dell’investimento e, quindi, tipicamente, a quelle relative all’anno precedente a quello di effettuazione dell’investimento da parte del soggetto beneficiario del credito d’imposta.

Per quanto concerne gli investimenti diretti in società che, al momento dell’investimento, non hanno ancora realizzato lo scopo sociale (c.d. start-up) che, nel medesimo momento, sono ancora in fase di raccolta, il requisito della prevalenza non può essere verificato avendo riguardo alle risultanze dell’attività già svolta, ma può essere verificato concretamente solo in un momento successivo a quello di effettuazione dell’investimento stesso. L’investimento, pertanto, acquisisce rilevanza ai fini della fruizione dell’agevolazione, solo da tale ultimo momento, perché risultano verificate le condizioni (quella formale e quella sostanziale) necessarie affinché venga rispettato il requisito della prevalenza.

Si tratta, in sostanza, di un differimento temporale tra effettuazione dell’investimento da parte dei soggetti destinatari dell’agevolazione e possibilità di fruizione di quest’ultima.

Per quanto riguarda gli investimenti indiretti, effettuati tramite fondi comuni di investimento, trattandosi di soggetti vigilati, il requisito della prevalenza va verificato avendo riguardo al regolamento di gestione del fondo. Dal regolamento risulta, infatti, la tipologia attività in cui è possibile investire il patrimonio del fondo. E’, inoltre, indicata nel medesimo regolamento la natura degli strumenti finanziari oggetto di investimento e la loro eventuale negoziazione in mercati regolamentati e sono indicate anche le aree geografiche di investimento e i settori merceologici dello stesso.

3.3 Casi particolari di investimenti agevolabili. In linea con il predetto parere, relativamente alla possibilità di computare tra gli investimenti che danno diritto all’agevolazione anche quelli effettuati per il tramite di forme assicurative, si osserva come la questione sia sostanzialmente quella della possibilità di effettuare l’investimento nei settori individuati dalla normativa in esame anche indirettamente, attraverso altri strumenti finanziari, diversi da quelli espressamente menzionati dal Legislatore, quali le polizze di assicurazione sulla vita cd. unit linked.

Al riguardo, tenuto conto della ratio della normativa in esame, volta a far confluire il capitale in determinati settori economici, si ritiene possa essere consentito investire, nei settori rilevanti per legge, attraverso le polizze c.d. unit linked nel caso in cui il rendimento è legato all’investimento in fondi comuni, stante la loro oggettiva funzione finanziaria, purché, per l’intera durata dell’investimento, la polizza sia investita prevalentemente in fondi comuni che siano, a loro volta, prevalentemente rivolti al settore delle infrastrutture o a quello delle società non quotate.

Analogamente l’agevolazione può risultare applicabile anche ad un fondo comune il cui patrimonio sia investito, a sua volta, in quote di altri fondi comuni (c.d. fondo di fondi). In tal caso, ai fini della sussistenza del requisito della prevalenza, si pone l’esigenza concreta di verificare, oltre alla composizione del fondo acquisito dai destinatari della normativa in esame, anche quella dei fondi “partecipati” da quest’ultimo fondo. In proposito, si ritiene che i fondi “partecipati” possano essere sia fondi dedicati agli investimenti infrastrutturali, sia fondi che investono prevalentemente in strumenti finanziari di società non quotate.

Sulla stessa linea di ragionamento si pone il caso di investimenti in società che investono il proprio capitale in società operanti in settori infrastrutturali. Anche in tal caso si pone l’esigenza di verificare la sussistenza del requisito della prevalenza effettiva sia in capo alle società partecipate, operanti nei settori infrastrutturali, sia in capo alla società nella quale è confluito il capitale dei beneficiari del credito.

4. DECORRENZA DELLA MISURA AGEVOLATIVA

Per le Casse, il credito si calcola sulla base dei redditi di natura finanziaria realizzati o maturati in un periodo d’imposta e investiti in attività di carattere finanziario a medio e lungo termine nel medesimo periodo.

Come precisato dal provvedimento, il credito è determinato a partire dai redditi realizzati o maturati nel 2015 e con riferimento agli investimenti effettuati nel 2015.

Come noto, in relazione alle ritenute ed imposte sostitutive subite nel periodo dal 1° luglio al 31 dicembre 2014, le Casse di previdenza usufruiscono del credito d’imposta previsto dall’articolo 4, comma 6-bis, del decreto legge n. 66 del 2014.

In alternativa a tale criterio, gli enti di previdenza obbligatoria che percepiscono redditi di natura finanziaria assoggettati all’imposta sostitutiva prevista dagli articoli 5 (regime dichiarativo) e 7 (regime del risparmio gestito) del decreto legislativo n. 461 del 1997, possono determinare il credito d’imposta sugli investimenti effettuati in un periodo d’imposta con riferimento alle imposte sostitutive applicate ai redditi realizzati o maturati nel periodo d’imposta precedente.

Tale modalità di utilizzo permette di effettuare gli investimenti agevolabili, anche successivamente alla determinazione delle imposte sostitutive che, nel regime dichiarativo e nel regime del risparmio gestito, sono applicate in misura certa solo alla fine del periodo d’imposta.

Qualora venga operata tale scelta, ad esempio per il periodo di imposta 2015, sui redditi maturati o realizzati nel medesimo periodo, il credito d’imposta sarà riconosciuto sulla base degli investimenti in attività di carattere finanziario a medio e lungo termine effettuati nel 2016 e la relativa richiesta sarà presentata nel 2017.

Per le forme di previdenza complementare, il credito si calcola sulla base del risultato di gestione maturato in un periodo d’imposta e investito in attività a carattere finanziario a medio o lungo termine nel periodo d’imposta successivo.

Pertanto, ai fini dell’applicazione della norma in esame a decorrere dal 2015, il credito è determinato a partire dal risultato di gestione maturato nel 2014 e con riferimento agli investimenti effettuati nel 2015.

5. CERTIFICAZIONI INTERMEDIARI E DICHIARAZIONE

In base al comma 3, dell’articolo 4, del decreto attuativo, gli intermediari finanziari devono rilasciare una certificazione relativamente alle ritenute ed alle imposte sostitutive dagli stessi applicate, nella misura del 26 per cento, nei confronti delle Casse di previdenza.

Come previsto dal provvedimento, il credito d’imposta è riconosciuto in relazione alle imposte sostitutive e alle ritenute applicate sulla parte di base imponibile non riferibile agli investimenti in titoli di cui all’articolo 3, comma 2, lettere a) e b), del decreto legge n. 66 del 2014, anche nel caso in cui gli investimenti siano operati per il tramite di OICR o nell’ambito di contratti di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione.

Pertanto, nella predetta attestazione l’intermediario deve indicare esclusivamente le ritenute ed imposte sostitutive applicate sulla quota di redditi assoggettati ad imposizione in misura piena. L’intermediario, inoltre, deve fornire agli interessati le predette informazioni in tempo utile per consentire la corretta esecuzione degli adempimenti fiscali da parte dei soggetti beneficiari del credito in esame.

Tale obbligo di certificazione viene meno nel caso in cui, invece, i redditi di capitale siano soggetti ad imposizione sostitutiva ai sensi dell’articolo 18 del TUIR in quanto conseguiti direttamente all’estero o i redditi diversi di natura finanziaria siano direttamente indicati dalla Cassa nella propria dichiarazione dei redditi (regime dichiarativo). In tali casi, la Cassa autocertifica l’imposta sostitutiva o l’imposizione sostitutiva applicata in sede di presentazione della propria dichiarazione.

6. MODALITÀ DI RICHIESTA, ATTRIBUZIONE E UTILIZZO DEL CREDITO D’IMPOSTA

Il credito d’imposta va richiesto a decorrere dall’anno 2016, attraverso la presentazione dal 1° marzo al 30 aprile di ciascun anno dell’apposito modello approvato con il citato provvedimento del 28 settembre 2015, disponibile gratuitamente sul sito internet www.agenziaentrate.it.

Il modello può essere, altresì, prelevato da altri siti internet, a condizione che sia conforme, per struttura e sequenza, a quello approvato.

La richiesta è presentata all’Agenzia delle entrate esclusivamente in via telematica, direttamente oppure tramite i soggetti incaricati di cui ai commi 2-bis e 3 dell’articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, e successive modificazioni, attraverso i canali Entratel o Fisconline.

La trasmissione telematica è effettuata utilizzando il software denominato “Creditoprevidenza” disponibile gratuitamente sul sito internet.

I soggetti incaricati della trasmissione telematica hanno l’obbligo di rilasciare al richiedente un esemplare cartaceo della richiesta predisposta con l’utilizzo del software suddetto, nonché copia della comunicazione dell’Agenzia delle entrate che ne attesta l’avvenuto ricevimento e che costituisce prova dell’avvenuta presentazione. La richiesta, debitamente sottoscritta dal soggetto incaricato della trasmissione telematica e dal richiedente, deve essere conservata a cura di quest’ultimo.

L’articolo 5, comma 2, del decreto attuativo stabilisce che l’Agenzia delle entrate determina annualmente la percentuale del credito d’imposta spettante a ciascun soggetto richiedente.

Tale percentuale è determinata sulla base del rapporto tra il limite di spesa previsto dal comma 94 dell’articolo 1 della legge di stabilità 2015, che autorizza la spesa di 80 milioni di euro a decorrere dall’anno 2016, e l’ammontare del credito d’imposta complessivamente richiesto. Qualora tale ammontare non sia superiore al limite di spesa previsto, la percentuale di credito spettante a ciascun soggetto è pari al 100 per cento dell’importo richiesto.

La percentuale di credito spettante a ciascun soggetto è comunicata annualmente con provvedimento del Direttore dell’Agenzia entro 60 giorni dal temine di presentazione delle richieste.

Qualora venga riconosciuta una percentuale di credito d’imposta inferiore al 100 per cento, i contribuenti possono riportare l’importo dell’investimento effettuato che non ha dato diritto al credito d’imposta nell’istanza relativa agli anni successivi.

Dal giorno successivo all’emanazione di tale provvedimento, i contribuenti possono utilizzare il credito d’imposta esclusivamente in compensazione presentando il modello F24 tramite i servizi telematici dell’Agenzia delle entrate. L’operazione di versamento è rifiutata sia nel caso in cui non vengano utilizzati i servizi telematici, sia nel caso in cui l’importo del credito utilizzato sia superiore a quello concesso.

Al riguardo si ricorda che l’articolo 31, comma 1, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, prevede un divieto di compensazione dei crediti di cui all’articolo 17, comma 1, del decreto legislativo n. 241 del 1997, relativi alle imposte erariali, fino a concorrenza dell’importo dei debiti, di ammontare superiore a euro 1.500,00, iscritti a ruolo per imposte erariali e relativi accessori, e per i quali è scaduto il termine di pagamento (cfr. circolare 11 marzo 2011, n.13/E1).

Qualora il credito d’imposta non venga utilizzato in tutto o in parte nel periodo in cui è stato concesso, l’ammontare residuo può essere utilizzato in compensazione nei successivi periodi d’imposta.

Come anticipato, l’ammontare del credito d’imposta riconosciuto e fruito deve essere indicato sia nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel corso del quale il beneficio è concesso sia nelle dichiarazioni dei redditi relative ai periodi d’imposta nei quali il credito è utilizzato.

L’omessa indicazione in dichiarazione dei dati relativi al credito nel periodo d’imposta in cui lo stesso è concesso costituisce una violazione, alla quale si rendono applicabili le sanzioni previste dal comma 1 dell’articolo 8 del decreto legislativo 19 dicembre 1997, n. 471 (da 250 a 2000 euro). Tale violazione lascia, dunque, impregiudicato il diritto alla spettanza del credito.

L’articolo 1, commi 91 e 92, della legge di stabilità 2015, ripreso dall’articolo 5, comma 8, del decreto attuativo prevede che ai crediti d’imposta in esame “non si applicano i limiti di cui all’articolo 1, comma 53, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 e di cui all’articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388“.

Di conseguenza, il credito di imposta maturato può essere fruito annualmente per importi anche superiori al limite di euro 250.000 applicabile ai crediti di imposta agevolativi in base al citato articolo 1, comma 53, della legge n. 244 del 2007.

Non si applica neanche il limite generale di compensabilità di crediti di imposta e contributi di cui all’articolo 34 della legge n. 388 del 2000, pari a euro 700.000 a decorrere dal 1° gennaio 2014.

7. CONTROLLI

L’articolo 6 del decreto attuativo prevede che l’Agenzia delle entrate effettui i controlli per la corretta fruizione del credito in relazione alla riconducibilità degli investimenti effettuati alle attività finanziarie che possono costituire oggetto di investimento. A tal fine l’Agenzia delle entrate può acquisire il parere del Dipartimento delle finanze.

Qualora venga accertato che l’agevolazione sia in tutto o in parte non spettante si procede al recupero secondo le disposizioni di cui all’articolo 1, commi da 421 a 423, della legge 30 dicembre 2004, n..

In caso di indebita fruizione del credito di imposta, si rendono applicabili le norme in materia di liquidazione, accertamento, riscossione e contenzioso nonché le sanzioni previste ai fini delle imposte sui redditi.

In particolare, in caso di utilizzo del credito di imposta in misura superiore a quella spettante o in violazione delle modalità di utilizzo previste, risulta applicabile la sanzione pari al trenta per cento del credito utilizzato (cfr. articolo 13, comma 4, del decreto legislativo n. 471 del 1997).

Qualora, invece, sia utilizzato in compensazione un credito di imposta inesistente, è applicata la sanzione dal cento al duecento per cento della misura del credito stesso (cfr. articolo 13, comma 5, del decreto legislativo n. 471 del 1997). Per tale sanzione, peraltro, in nessun caso si applica la definizione agevolata prevista dagli articoli 16, comma 3, e 17, comma 2, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472).

Tuttavia, in ossequio ai principi contenuti nello Statuto del Contribuente, nel caso in cui l’indebita fruizione riguardi il credito d’imposta richiesto dal 1° marzo 2016 al 30  aprile 2016 si procede al recupero dello stesso senza applicazione delle sanzioni in considerazione delle condizioni di obiettiva incertezza caratterizzanti la specifica disciplina”.


NOTE:

(1) Convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014 n. 89.

(2) Si ricorda che, per effetto di tale disposizione continua ad applicarsi l’aliquota d’imposta nella misura del 12,50 per cento sugli interessi, premi e ogni altro provento di cui all’articolo 44 del TUIR derivanti dalle obbligazioni e dagli altri titoli di cui all’articolo 31 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 601 ed equiparati. Si tratta, come noto, dei titoli pubblici italiani e di quelli ad essi equiparati. La misura ridotta si applica anche ai redditi di capitale di cui all’articolo 44, comma 1, lettere g bis) e g-ter), del TUIR derivanti da contratti di riporto, pronti contro termine e prestito titoli, aventi ad oggetto titoli di Stato e titoli equiparati, nonché ai redditi diversi di cui all’articolo 67, comma 1, lettera c-ter), del TUIR derivanti dalla cessione o dal rimborso dei predetti titoli.Lo stesso regime agevolato è mantenuto per le obbligazioni emesse dagli Stati esteri inclusi nella lista di cui ai decreti emanati in attuazione dell’articolo 11, comma 4, lettera c), del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239 (cosiddetta “white list“). Attualmente, tale lista è contenuta nel decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996 e nelle successive modificazioni. Infine, è stato esteso il medesimo trattamento alle obbligazioni emesse dagli enti territoriali dei suddetti Stati esteri, al pari di quanto previsto per i titoli emessi dagli enti territoriali italiani.

(3) Convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148

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(4) Forme pensionistiche complementari istituite alla data di entrata in vigore della legge 23 ottobre 1992, n. 421.

(5) I commi 621 e 624 dell’articolo 1 della legge di stabilità 2015 hanno previsto l’aumento al 20 per cento della misura dell’imposta sostitutiva di cui all’articolo 17, comma 1, del decreto legislativo n. 252 del 2005 da applicare sul risultato di gestione maturato nel periodo di imposta dalle forme di previdenza complementare, (inizialmente tassato nella misura dell’11 per cento), a decorrere dall’anno d’imposta 2014. Prima di tale intervento, già l’articolo 4, comma 6-ter, del decreto legge n. 66 del 2014 aveva elevato – per il solo anno 2014 – dall’11 all’11,50 per cento l’aliquota dell’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi annualmente dovuta sul risultato di gestione.

(6) Cfr. circolari n. 235 del 9 ottobre 1998 [in Boll. Trib., 1998, 1638], n. 29/E del 20 marzo 2001 [ivi, 2001, 500], n. 78/E del 6 agosto 2001 [ibidem, 1243], n. 70/E del 18 dicembre 2007 [ivi, 2008, 131] e n. 2/E del 13 febbraio 2015 [ivi, 2015, 395].

(7) Cfr. circolare 13 febbraio 2015, n. 2/E.

1In Boll. Trib., 2011, 435.

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