20 Novembre, 2017

Le annotate pronunce fanno parte di un gruppo di sentenze, adottate a breve distanza di tempo, sul tema riassunto nelle massime esposte e tutte decise con identica motivazione sul tema centrale dei requisiti richiesti per riconoscere dinanzi al giudice tributario la qualifica di “immobile rurale” a un fabbricato e conseguentemente ammetterlo al regime agevolativo previsto per la (ormai defunta …) ICI, ma anche in prospettiva IMU e TASI (1).
Per la cronaca, le soluzioni sin qui adottate dalla giurisprudenza di legittimità e di merito sul tema in oggetto sono state contrastanti (2) anche dopo il responso importante delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione espresso con la sentenza n. 18565 resa il 21 agosto 2009 (3).
Le controversie portate al vaglio della Sezione Tributaria della Suprema Corte riguardano l’applicazione dell’ICI (soppressa nel 2011) su fabbricati costruiti su fondi agricoli per essere adibiti allo svolgimento di attività elencate nell’art. 2135 c.c., relativamente al quinquennio antecedente all’anno 2008: come mai?
Per rispondere alla domanda è necessario cercare di ricostruire il quadro normativo che la Corte Costituzionale, con la (provvidenziale) sentenza n. 227 del 22 luglio 2009 (4) ha eufemisticamente definito “articolato”, riguardante il regime catastale e fiscale delle costruzioni realizzate sui fondi agricoli per essere utilizzate per le attività e le finalità sopra indicate; secondo la puntuale “ricostruzione” operata dalla Corte delle leggi, le costruzioni in questione per decenni non sono state considerate come “fabbricati” da iscrivere come tali in catasto ma parti dei fondi sui quali insistevano, in quanto non produttivi di un reddito autonomo, ma semplici componenti del reddito complessivo dei terreni agricoli e delle attività su questi svolte (in tal senso cfr. l’art. 16 del T.U. del catasto terreni, approvato con R.D. 8 ottobre 1931, n. 1572).
Per tali motivi il nuovo catasto edilizio dei fabbricati del 1939 non comprendeva queste costruzioni e la situazione è rimasta tale fino all’entrata in vigore del D.L. 30 dicembre 1993, n. 557 (convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133), il quale – al fine di «realizzare un inventario completo ed uniforme del patrimonio edilizio» – ha previsto il censimento di tutti i fabbricati, compresi quelli rurali, senza nulla dire (logicamente) in merito al trattamento fiscale di tali nuove iscrizioni in catasto; il D.L. n. 557/1993, inoltre, all’art. 9, con un nuovo comma 3-bis aggiunto in sede di conversione, passava ad elencare i requisiti necessari per il riconoscimento del carattere rurale delle costruzioni ai fini fiscali.
Saltiamo a sessant’anni dopo l’istituzione del catasto fabbricati urbani: ci si rende conto che i fabbricati rurali strumentali vengono iscritti a catasto nei modi più disparati: “opifici” (categoria D/1); “fabbricati costruiti per le speciali esigenze di un’attività commerciale” (D/8); “magazzini e locali di deposito” (C/2); “stalle e rimesse” (C/6); “tettoie chiuse e aperte” (C/7), e via dicendo.
Ovviamente, la misura unitaria della rendita catastale o della base di calcolo della tassazione diverge notevolmente per la stessa costruzione, a seconda del classamento ad essa assegnato.
Il legislatore corre allora ai ripari e con il D.P.R. 23 marzo 1998, n. 139, disciplina e revisiona i criteri di accatastamento dei fabbricati rurali, istituendo una nuova e specifica categoria catastale: D/10: “Fabbricati con funzioni produttive connesse alle attività agricole”.
Silenzio, comunque, sulla sorte dei fabbricati rurali accatastati prima dell’entrata in vigore del D.P.R. n. 139/1998: possono rimanere tali o debbono essere adeguati all’innovazione? Silenzio perdurante, inoltre, sul loro trattamento agli effetti dell’ICI.
In tale clima di incertezza e di confusione (5) si passa, in materia, alla legge 29 novembre 2007, n. 222, la quale, in sede di conversione del D.L. 1° ottobre 2007, n. 159, ha introdotto l’art. 42-bis, con il quale si modificano i requisiti richiesti dal precedente D.P.R. n. 557/1993 per il riconoscimento ai fini fiscali del carattere di ruralità delle costruzioni strumentali necessarie allo svolgimento dell’attività agricola ex art. 2135 c.c. Nient’altro, nessun cenno al regime ICI delle costruzioni in parola.
Ed ecco la svolta: fin qui nessuna norma ha, direttamente o indirettamente, disposto l’esenzione dall’ICI dei fabbricati rurali ma nel 2009 viene emanata una disposizione di legge, ossia l’art. 23, comma 1-bis, del D.L. 30 dicembre 2008, n. 207 (convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14), che recita quanto segue: «Ai sensi e per gli effetti dell’art. 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’art. 2, comma 1, lett. a), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, deve intendersi nel senso che non si considerano fabbricati le unità immobiliari, anche iscritte od iscrivibili nel catasto fabbricati, per le quali ricorrono i requisiti di ruralità di cui all’art. 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni».
La reazione alla sopra citata disposizione di legge “interpretativa” emanata è stata duplice e opposta: i contribuenti che, nel ricordato quadro di incertezza e di confusione fino ad allora esistente, avevano versato l’ICI per fabbricati rurali, ne chiedono ora il rimborso ai Comuni, nei limiti del quinquennio previsto dall’art. 1, comma 164, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (c.d. legge finanziaria 2007); per altro verso i Comuni che fino ad allora, sempre per la confusione esistente in materia, non avevano preteso l’ICI sulle stesse costruzioni, procedono anch’essi entro i termini quinquennali per il recupero dei propri tributi e a richiedere il versamento dell’ICI sui fabbricati reputati privi dei requisiti previsti dalla legge per poter essere qualificati “rurali”.
Ma per “mancanza dei requisiti” molti Comuni non si rifanno in genere alla carenza di qualità prescritte dalle dettagliate previsioni dell’art. 9 della legge n. 133/1994, bensì al fatto semplicistico di non risultare, i fabbricati in questione, iscritti in catasto nella categoria D/10: in altre parole “fabbricato rurale” è solo quello classato in quella precisa categoria catastale, a nulla rilevando, ai fini fiscali, che possieda tutti i requisiti di legge per essere qualificato “rurale”.
E le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la richiamata e famosa sentenza n. 18565 del 2009, hanno pienamente accolto quest’ultima tesi, oggi condivisa, senza alcuna autonoma motivazione, dal gruppo di nuove pronunce qui unitariamente commentate.
Per i Giudici delle Sezioni Unite la norma di “interpretazione autentica” sopra riprodotta «in qualche misura valorizza la scelta esegetica compiuta dal ricordato orientamento giurisprudenziale [sull’applicabilità dell’ICI a tutti i fabbricati rurali, n.d.r.], portando l’attenzione sulla decisività della classificazione catastale come elemento determinante per escludere (o per affermare) l’assoggettabilità ad ICI di un fabbricato».
Valutazione, questa, del tutto contrastante con la lettera, le finalità e la portata della norma in questione, poiché essa privilegia ai fini fiscali, invece e in luogo del classamento catastale, la sussistenza dei requisiti previsti dalla legge per la qualificazione come “rurale” di un fabbricato; in altri termini, l’interpretazione autentica espressa dal legislatore conferma pienamente l’originaria impostazione della disciplina catastale degli immobili, in base alla quale il fabbricato strumentale ad un’attività rientrante nell’ambito di quelle elencate nell’art. 2135 c.c. fa parte del fondo agricolo su cui insiste e partecipa, come tale, all’attività svolta nel fondo, senza avere alcuna autonomia economica.
Una deduzione del genere trova conferma, peraltro, nella prima decisione legislativa di iscrivere in catasto anche i fabbricati rurali non “per fare cassa”, ma per realizzare un quadro generale e completo dei fabbricati esistenti nel Paese, un censimento immobiliare totale.
Le conclusioni raggiunte dalla citata sentenza n. 18565 del 2009 sono pertanto inaccettabili, non avendo inquadrato nei suoi corretti e reali termini una norma decisiva per risolvere la questione di fondo del regime, ai fini ICI, dei fabbricati rurali (6).
Che dire, a questo punto, delle annotate sentenze fra loro conformi e concordi? Non solo risultano tutte basate sulle conclusioni inaccoglibili delle Sezioni Unite, ma addirittura sono carenti di motivazione, in quanto non si prendono carico di richiamare, esaminare e valutare la norma interpretativa emanata sullo specifico problema in causa.
Passiamo a ulteriori considerazioni: la Corte di Cassazione ritiene valide e decisive, ai fini dell’esenzione ICI, solo le iscrizioni al catasto dei fabbricati in rassegna nella categoria D/10: bene, ma questa iscrizione è stata introdotta nel maggio del 1998 e nulla, all’epoca, venne disposto per le iscrizioni precedenti, in regola con i requisiti di ruralità codificati nel 1993: quid juris per quei fabbricati?
La novità del D.P.R. n. 139/1998 segue la regola generale in materia legislativa: vale solo per l’avvenire [art. 11 nonché art. 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente)]; in assenza di una previsione legislativa, peraltro, non era e non è lecito e corretto obbligare i possessori dei fabbricati rurali pre 1998 a correre al Catasto per far aggiornare e adeguare l’iscrizione a suo tempo già perfezionatasi secondo le regole allora vigenti (basti ricordare il precetto imperativo di cui all’art. 23 Cost.: “Nessuna prestazione personale …”).
Le nostre osservazioni trovano oggi piena conferma nell’art. 7, commi 2-bis e 2-ter, della legge 12 luglio 2011, n. 106, e nel D.M. 26 luglio 2012, che regolamentano le modalità di inserimento negli atti catastali dei requisiti della ruralità, sia per i fabbricati strumentali che per quelli abitativi, con adeguamento dei classamenti precedenti.
La citata sentenza delle Sezioni Unite n. 18565 del 2009, più volte richiamata, giunge a conclusioni egualmente opinabili su pretesi limiti della giurisdizione tributaria in tema di accertamento dei requisiti di ruralità dei fabbricati; l’assunto, che è collegato alle premesse, già criticate non solo da noi ma anche da autorevole dottrina (7) e dall’Agenzia del territorio, merita un approfondimento specifico, da riservare in altra, apposita sede e occasione; qui ci limiteremo a una sola, semplice domanda: posto che, secondo un recente (condivisibile) orientamento (8), anche i Comuni sono legittimati a contestare dinanzi al Giudice tributario i provvedimenti adottati dall’Agenzia del territorio sul classamento catastale degli immobili, come si comporterà lo stesso Giudice quando il Comune ricorrerà per contestare il classamento nelle categoria D/10 di fabbricati, così esenti da ICI e oggi da IMU, e ritenuti invece dall’ente locale tassabili, in quanto privi di taluno dei requisiti di “ruralità” previsti dalla legge?
Ai posteri l’ardua sentenza.

Dott. Eugenio Righi

(1) Nell’unica udienza “tematica” del 23 marzo 2016 sono stati discussi dinanzi alla Sezione Tributaria della Corte di Cassazione sette ricorsi, tutti incentrati sulla questione riassunta nelle massime oggetto del presente commento, decisi dal Collegio giudicante con le sentenze nn. 7929, 7930 e 7932 depositate il 20 aprile 2016, nn. 8361, 8363 e 8368 depositate il 27 aprile 2016 e n. 8862 depositata il 4 maggio 2016, tutte in Boll. Trib. On-line. Le conclusioni di tali sentenze avranno rilevanza anche ai fini dell’IMU, avendo la legge di stabilità per il 2014 (art. 1, comma 708, della legge 27 dicembre 2013, n. 147) stabilito la non soggezione all’imposta municipale propria dei fabbricati rurali ad uso strumentale, a decorrere dall’anno 2014.
(2) Contra, rispetto all’indirizzo assunto dalle Sezioni Unite e dalle pronunce citate supra, cfr. Cass., sez. trib., 18 novembre 2009, nn. 24299 e 24300, in Boll. Trib., 2010, 1259, con nota di E. RIGHI, Fabbricati “rurali” e ruolo della loro iscrizione nel catasto fabbricati ai fini ICI. Numerose sono anche le pronunce di Commissioni tributarie di merito contrastanti nelle conclusioni con l’indirizzo ormai prevalente in terminis.
(3) In Boll. Trib., 2010, 1080.
(4) È proprio merito di tale sentenza costituzionale (in Boll. Trib., 2009, 1563) non solo di aver dichiarato l’illegittimità del divieto di restituzione dell’ICI versata per i fabbricati rurali strumentali per i periodi precedenti al 2008, ma anche di avere dedotto, con ragionamento a contrariis, l’esistenza del diritto all’esenzione dall’ICI per tali immobili per gli stessi periodi.
(5) La constatazione delle carenze, contraddizioni e ambiguità normative vigenti sulla materia in rassegna è efficacemente comprovata dalle numerose, contrastanti soluzioni giurisprudenziali intervenute sul punto del riconoscimento della ruralità, ai fini fiscali, dei fabbricati. Per l’approfondimento del tema in esame si fa comunque rinvio, fra i numerosi contributi dottrinali in terminis, a D. IROLLO, ICI e fabbricati rurali, in Boll. Trib., 2010, 1188; E. RIGHI, Fabbricati rurali e ruolo della loro iscrizione, nel catasto fabbricati ai fini ICI, cit.; nonché a G. AIELLO, Le costruzioni rurali e le loro condizioni: la strumentalità come requisito essenziale, in nota a Comm. trib. prov. di Mantova, sez. III, 2 novembre 2006, n. 120, ivi, 2007, 913; G. CATTELAN, I fabbricati rurali strumentali sono autonomamente soggetti ad ICI?, in Riv. giur. trib., 2008, 790; L. DEL FEDERICO, I fabbricati rurali delle cooperative agricole: la questione della legittimità dell’art. 2, 4° comma, l. n. 244/2007 è dovuta ad un equivoco, in Giust. trib., 2009, 88; M. DEL VAGLIO, L’esenzione ICI dei fabbricati rurali, in Corr. trib., 2010, 793; A. IOVINE, L’attribuzione della rendita catastale e la tutela dei cittadini, Rimini, 2013, 278; T. LA MEDICA, ICI e cooperative agricole: la Cassazione cambia indirizzo, in Corr. trib., 2010, 3065; A. PICCOLO, ICI: il trattamento dei fabbricati rurali, in Cons. immob., 2009, 1972; M. POGGIOLI, Fabbricati rurali e presupposto ICI, in Corr. trib., 2008, 2683; G. SALANITRO, Il giudizio relativo ai requisiti di ruralità dei fabbricati ai fini ICI, in Riv. giur. trib., 2010, 913; e G. SPAZIANI TESTA, Contrasto fra Cassazione e Agenzia del territorio sull’ICI dei fabbricati rurali, in Corr. trib., 2010, 1451.
(6) Norma di interpretazione autentica stranamente e incredibilmente abrogata, con decorrenza dal 1° gennaio 2012, dall’art. 13, comma 14, della legge 22 dicembre 2011, n. 214.
(7) Si veda la dottrina citata supra e, in particolare, A. IOVINE, op. cit.; per correttezza va richiamato, sul contorto e complesso argomento in esame, il recepimento legislativo della “rilevanza” dell’iscrizione catastale nelle categorie A/6 e D/10 per il riconoscimento della ruralità dei fabbricati, con i commi 2-bis 2-ter dell’art. 7 della legge n. 106/2011.
(8) Cfr. Cass., sez. trib., 21 luglio 2016, ord. n. 15203, in Boll. Trib., 2016, 889, con nota di E. RIGHI, Anche il Comune può adire le Commissioni tributarie per questioni attinenti al classamento delle unità immobiliari e alla rendita catastale.

I

ICI – Immobili iscritti nel catasto dei fabbricati come rurali con l’attribuzione della relativa categoria – Esclusione dall’imposta – Spetta – Iscrizione in diversa categoria catastale – Assoggettabilità ad ICI – Consegue – Autonoma impugnazione dell’attribuzione della categoria catastale da parte del soggetto interessato – Necessità.

ICI – Dimostrazione della ruralità dei fabbricati ai fini dell’esclusione dall’imposta – Rilevanza dell’oggettivo classamento catastale con attribuzione della categoria A/6 o D/10 – Immobili iscritti nel catasto dei fabbricati come rurali – Esclusione dall’imposta – Spetta – Iscrizione in diversa categoria catastale – Assoggettabilità ad ICI – Consegue – Autonoma impugnazione dell’attribuzione della categoria catastale da parte del soggetto interessato – Necessità.

In tema di ICI, l’immobile che sia stato iscritto nel catasto dei fabbricati come rurale, con l’attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requi¬siti previsti dall’art. 9 del D.L. 30 dicembre 1993, n. 557 (convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133), non è soggetto alla predetta imposta, ai sensi dell’art. 2, primo comma, lett. a), del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, come interpretato dall’art. 23, comma 1-bis, del D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, aggiunto dalla legge di conversione 27 febbraio 2009, n. 14, mentre qualora l’immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale sarà onere del contribuente che pretenda l’esenzione dall’imposta impugnare l’atto di classamento, restando altrimenti il fabbricato medesimo assoggettato ad ICI, e allo stesso modo il Comune dovrà impugnare autonomamente l’attribu¬zione della categoria catastale A/6 o D/10 al fine di poter legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta.

In tema di ICI, per la dimostrazione della ruralità dei fabbricati, ai fini del trattamento esonerativo, è rilevante l’oggettiva classificazione catastale con attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), per cui l’immobile che sia stato iscritto come rurale, in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dall’art. 9 del D.L. 30 dicembre 1993, n. 557 (convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133), non è soggetto all’imposta, ai sensi dell’art. 23, comma 1-bis, del D.L. 30 dicembre 2008, n. 207 (convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14), e dell’art. 2, primo comma, lett. a), del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, sicché qualora l’immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale è onere del contribuente, che pretenda l’esenzione dall’imposta, impugnare l’atto di classamento per la ritenuta ruralità del fabbricato, restandovi altrimenti quest’ultimo assoggettato, mentre allo stesso modo il Comune deve impugnare autonomamente l’attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10 al fine di poter legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta.

[Corte di Cassazione, sez. trib. (Pres. Chindemi, rel. Meloni), 4 maggio 2016, sent. n. 8862, ric. Comune di Jesolo c. Cantina Sociale di Jesolo s.r.l.]

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO – La Cantina Sociale di Jesolo srl presentò tre istanze di rimborso in relazione all’imposta ICI, versata per gli anni 2002, 2003 e 2004 in riferimento a quattro fabbricati rurali e successivamente impugnò il silenzio rifiuto del Comune di Jesolo davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Venezia, deducendo l’esenzione dall’imposta in quanto gli immobili costituivano fabbricati strumentali all’attività agricola a suo dire esenti dall’ICI.
La Commissione Tributaria Provinciale di Venezia respinse il ricorso in quanto un immobile era accatastato con categoria D7 e gli altri tre erano destinati ad uso abitativo (cat. A4, A2 e C6).
La Commissione Tributaria Regionale del Veneto riformò la sentenza in secondo grado, su appello del contribuente, in quanto trattavasi di fabbricati rurali strumentali all’attività agricola.
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Veneto ha proposto ricorso per cassazione il Comune di Jesolo con quattro motivi e la Cantina sociale di Jesolo srl ha resistito con controricorso e depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE – Con il primo motivo di ricorso il Comune di Jesolo lamenta nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia in merito all’eccepito difetto di legittimazione passiva del Comune di Jesolo in riferimento all’art. 360 comma 1 n. 4 cpc perché il giudice di appello ha completamente omesso di pronunciarsi sulla eccezione di difetto di legittimazione passiva del Comune.
Con il secondo motivo di ricorso il Comune di Jesolo lamenta nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cpc, per omessa pronuncia in merito all’eccezione del Comune di Jesolo in riferimento all’art. 360 comma 1 n. 4 cpc di inapplicabilità dell’esenzione dall’ICI per fabbricati rurali destinati ad edilizia abitativa.
Con il terzo motivo di ricorso il Comune di Jesolo lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1 comma 2 e 2 comma 1, lett. A) del d.lgs. 504 del 30 dicembre 1992 in riferimento all’art. 360 comma 1 n. 3 cpc perché il giudice di appello ha ritenuto erroneamente che il requisito della ruralità prescinde dall’iscrizione in catasto del fabbricato nella categoria A/6 o D/10.
Con il quarto motivo di ricorso il Comune di Jesolo lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 9 comma 3, lett. i D.L. 557/1993, convertito in legge 133/94 ed artt. 1 comma 2 e 2 comma 1 lett. A) del d.lgs. 504 del 30 dicembre 1992, n. 504, ed in riferimento all’art. 360 comma 1 n. 3 cpc perché il giudice di appello ha ritenuto che l’immobile fosse esente dall’ICI perché funzionale allo svolgimento di attività agricola sebbene, a seguito di operazione di affitto di azienda con cessione di godimento del fabbricato a terzi a titolo oneroso, la cantina sociale di Jesolo srl si fosse integralmente spogliata dell’attività di raccolta e trasformazione delle uve conferite dai soci.
Il ricorso è fondato e deve essere accolto in relazione al terzo motivo assorbiti gli altri.
Infatti le sezioni unite di questa Corte hanno affermato in proposito Sez. Unite, Sentenza n. 18565 del 21/8/2009 (1) “In tema di ICI, l’immobile che sia stato iscritto nel catasto dei fabbricati come “rurale”, con l’attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dall’art. 9 del d.l. n. 557 del 1993, conv. in legge n. 133 del 1994, non è soggetto all’imposta, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 504 del 1992, come interpretato dall’art. 23, comma 1-bis del d.l. n. 207 del 2008, aggiunto dalla legge di conversione n. 14 del 2009. Qualora l’immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale, sarà onere del contribuente, che pretenda l’esenzione dall’imposta, impugnare l’atto di classamento, restando, altrimenti, il fabbricato medesimo assoggettato ad ICI. Allo stesso modo, il Comune dovrà impugnare autonomamente l’attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10, al fine di poter legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta”.
La pronuncia di cui sopra è stata anche recentemente confermata da questa Corte Sez. 5, Sentenza n. 5167 del 5/3/2014 (2) secondo cui “In tema di ICI, per la dimostrazione della ruralità dei fabbricati, ai fini del trattamento esonerativo, è rilevante l’oggettiva classificazione catastale con attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), per cui l’immobile che sia stato iscritto come “rurale”, in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dall’art. 9 del d.l. 30 dicembre 1993, n. 557 (convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133), non è soggetto all’imposta, ai sensi dell’art. 23, comma 1-bis, del d.l. 30 dicembre 2008, n. 207 (convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14) e dell’art. 2, comma 1, lett. a), del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, sicché qualora l’immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale, è onere del contribuente, che pretenda l’esenzione dall’imposta, impugnare l’atto di classamento per la ritenuta ruralità del fabbricato, restandovi, altrimenti, quest’ultimo assoggettato; allo stesso modo, il Comune deve impugnare autonomamente l’attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10, al fine di poter legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta”.
Nella fattispecie gli immobili risultano accatastati in categoria D7, A4, A2 e C6 e non in D10 categoria che riguarda specificamente le costruzioni strumentali all’esercizio di attività agricola e pertanto manca il presupposto necessario ed indefettibile per l’esclusione del fabbricato dall’assoggettamento all’imposta ICI.
Per quanto sopra il ricorso deve essere accolto in relazione al terzo motivo, assorbiti gli altri. La sentenza deve essere cassata senza rinvio e la causa può essere decisa nel merito ex art. 384 cpc non richiedendo ulteriori accertamenti in punto di fatto, con rigetto del ricorso introduttivo. Ricorrono giusti motivi per compensare fra le parti le spese dei gradi del giudizio di merito, stante l’evolversi della vicenda processuale, mentre le spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico dei contro ricorrenti stante la soccombenza.

P.Q.M. – Accoglie il ricorso proposto in relazione al terzo motivo assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo. Compensa le spese dei gradi di merito e condanna la Cantina sociale di Jesolo srl al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in € 3.550,00 complessivamente.

(1) In Boll. Trib., 2010, 1080.
(2) In Boll. Trib. On-line.

II

ICI – Immobili iscritti nel catasto dei fabbricati come rurali con l’attribuzione della relativa categoria – Esclusione dall’imposta – Spetta – Iscrizione in diversa categoria catastale – Assoggettabilità ad ICI – Consegue – Autonoma impugnazione dell’attribuzione della categoria catastale da parte del soggetto interessato – Necessità.

ICI – Dimostrazione della ruralità dei fabbricati ai fini dell’esclusione dall’imposta – Rilevanza dell’oggettivo classamento catastale con attribuzione della categoria A/6 o D/10 – Immobili iscritti nel catasto dei fabbricati come rurali – Esclusione dall’imposta – Spetta – Iscrizione in diversa categoria catastale – Assoggettabilità ad ICI – Consegue – Autonoma impugnazione dell’attribuzione della categoria catastale da parte del soggetto interessato – Necessità.

ICI – Fabbricati non iscritti in catasto – Accertamento del requisito di ruralità ai fini dell’esclusione dall’imposta – Necessità – Accertamento da parte del giudice tributario investito della domanda di rimborso – Ammissibilità – Onere della prova – È a carico del contribuente – Immobili strumentali – Requisito della identità tra titolare del fabbricato e titolare del fondo – Irrilevanza.

In tema di ICI, l’immobile che sia stato iscritto nel catasto dei fabbricati come rurale, con l’attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requi¬siti previsti dall’art. 9 del D.L. 30 dicembre 1993, n. 557 (convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133), non è soggetto alla predetta imposta, ai sensi dell’art. 2, primo comma, lett. a), del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, come interpretato dall’art. 23, comma 1-bis, del D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, aggiunto dalla legge di conversione 27 febbraio 2009, n. 14, mentre qualora l’immobile sia iscritto in una diversa ca¬tegoria catastale sarà onere del contribuente che pretenda l’esenzione dall’imposta impugnare l’atto di classamento, restando altrimenti il fabbricato medesimo assoggettato ad ICI, e allo stesso modo il Comune dovrà impugnare autonomamente l’attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10, al fine di poter legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta.

In tema di ICI, per la dimostrazione della ruralità dei fabbricati, ai fini del trattamento esonerativo, è rilevante l’oggettiva classificazione catastale con attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), per cui l’immobile che sia stato iscritto come rurale, in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dall’art. 9 del D.L. 30 dicembre 1993, n. 557 (convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133), non è soggetto all’imposta, ai sensi dell’art. 23, comma 1-bis, del D.L. 30 dicembre 2008, n. 207 (convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14), e dell’art. 2, primo comma, lett. a), del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, sicché qualora l’immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale è onere del contribuente che pretenda l’esenzione dall’imposta impugnare l’atto di classamento per la ritenuta ruralità del fabbricato, restandovi altrimenti quest’ultimo assoggettato, mentre allo stesso modo il Comune deve impugnare autonomamente l’attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10 al fine di potere legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta.

In tema di ICI, l’applicabilità dell’esen¬zione per i fabbricati rurali, prevista dal combinato disposto dell’art. 23, comma 1-bis, del D.L. 30 dicembre 2008, n. 207 (convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14), e dell’art. 2, primo comma, lett. a), del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, è subordinata, per i fabbricati non iscritti in catasto, all’accertamento dei requisiti previsti dall’art. 9 del D.L. 30 dicembre 1993, n. 557 (convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133), accertamento questo che può essere condotto dal giudice tributario, investito della domanda di rimborso proposta dal contribuente, su cui grava l’onere di dare la prova della sussistenza dei predetti requisiti, tra i quali, per gli immobili strumentali, non rileva l’identità fra titolare del fabbricato e titolare del fondo, potendo la ruralità essere riconosciuta anche agli immobili delle cooperative agricole che svolgano attività di mani-polazione, trasformazione, conservazione, valorizza¬zione o commercializzazione dei prodotti agricoli conferiti dai soci.

[Corte di Cassazione, sez. trib. (Pres. Chindemi, rel. Meloni), 27 aprile 2016, sent. n. 8361, ric. Cantine dei Colli Berici di Lonigo, Barbarano Vicentino e San Bonifacio soc. coop. agricola c. Comune di Barbarano Vicentino]

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO – Le Cantine dei Colli Berici di Lonigo, Barbarano Vicentino e San Bonifacio soc. coop. agricola impugnarono gli avvisi di liquidazione emessi dal Comune di Barbarano Vicentino in relazione all’imposta ICI per gli anni 2000, 2001 e 2002, in riferimento ad un fabbricato asseritamente esente dall’ICI, in quanto immobile rurale quindi bene strumentale allo svolgimento di attività agricola.
La Commissione Tributaria Provinciale di Vicenza respinse il ricorso in considerazione della diversa titolarità giuridica tra fabbricato rurale e terreno sul quale si svolge l’attività agricola.
La Commissione Tributaria Regionale del Veneto confermò la sentenza in secondo grado.
Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Veneto hanno proposto ricorso per cassazione le Cantine dei Colli Berici di Lonigo, Barbarano Vicentino e San Bonifacio soc. coop. agricola con due motivi ed il Comune di Barbarano Vicentino resiste con controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE – Con il primo motivo di ricorso le Cantine dei Colli Berici di Lonigo, Barbarano Vicentino e San Bonifacio soc. coop. agricola lamentano violazione e falsa applicazione dell’articolo 9, comma 3-bis, del Decreto Legge n. 557 del 1993, convertito in legge n. 133 del 1994 e articolo 23, comma 1-bis, nr. 14, Decreto Legge n. 207 del 2008, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 perché il giudice di appello ha ritenuto che per godere dell’esenzione dall’ICI fosse necessaria l’iscrizione del fabbricato nel catasto con categoria D/10.
Con il secondo motivo di ricorso le Cantine dei Colli Berici di Lonigo, Barbarano Vicentino e San Bonifacio soc. coop. agricola lamentano violazione e falsa applicazione dell’articolo 9 del Decreto Legge n. 557 del 1993, convertito in legge n. 133 del 1994 e articolo 23, comma 1-bis, del Decreto Legge n. 207 del 2008, e articolo 29 del TUIR Decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 3 perché il giudice di appello ha ritenuto che il compendio Immobiliare nel quale le Cantine svolgono la loro attività sia assoggettabile ad ICI perché mancante il requisito dell’appartenenza del fabbricato rurale e strumentale allo stesso possessore del terreno agricolo al quale il fabbricato è asservito. Sostanzialmente secondo il giudice di appello manca la coincidenza della titolarità del fabbricato e della titolarità dei fondi a cui il fabbricato è asservito mentre, per godere dell’esenzione Ici, nel fabbricato devono essere lavorati prodotti ottenuti per almeno la metà dal terreno di cui la cooperativa (e non invece i soci) deve essere proprietaria.
Il ricorso è infondato e deve essere respinto.
Infatti le sezioni unite di questa Corte hanno affermato in proposito Sez. Unite, Sentenza n. 18565 del 21/8/2009 (1) «In tema di ICI, l’immobile che sia stato iscritto nel catasto dei fabbricati come “rurale”, con l’attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dall’articolo 9 Decreto Legge n. 557 del 1993, conv. in L. n. 133 del 1994, non è soggetto all’imposta, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera a), Decreto Legislativo n. 504 del 1992, come interpretato dall’articolo 23, comma 1-bis Decreto Legge n. 207 del 2008, aggiunto dalla Legge di conversione n. 14 del 2009. Qualora l’immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale, sarà onere del contribuente, che pretenda l’esenzione dall’imposta, impugnare l’atto di classamento, restando, altrimenti, il fabbricato medesimo assoggettato ad ICI. Allo stesso modo, il Comune dovrà impugnare autonomamente l’attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10, al fine di poter legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta”.
La pronuncia di cui sopra è stata anche recentemente confermata da questa Corte Sez. 5, Sentenza n. 5167 del 5/3/2014 (2) secondo cui “In tema di ICI, per la dimostrazione della ruralità dei fabbricati, ai fini del trattamento esonerativo, è rilevante l’oggettiva classificazione catastale con attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10). per cui l’immobile che sia stato iscritto come “rurale”, in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dall’articolo 9 del Decreto Legge 30 dicembre 1993, n. 557 (convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133), non è soggetto all’imposta, ai sensi dell’articolo 23, comma 1-bis del Decreto Legge 30 dicembre 2008, n. 207 (convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14) e dell’articolo 2, comma 1, lettera a), del Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, sicché qualora l’immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale, è onere del contribuente, che pretenda l’esenzione dall’imposta, impugnare l’atto di classamento per la ritenuta ruralità del fabbricato, restandovi, altrimenti, quest’ultimo assoggettato; allo stesso modo, il Comune deve impugnare autonomamente l’attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10, al fine di poter legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta”.
Nella fattispecie l’immobile risulta accatastato in D1 e non in D10 categoria che riguarda specificamente le costruzioni strumentali all’esercizio di attività agricola e pertanto manca il presupposto necessario ed indefettibile per l’esclusione del fabbricato dall’assoggettamento all’imposta ICI.
Quanto sopra risulta decisivo e sufficiente al rigetto del ricorso pur dovendosi chiarire in ordine al secondo motivo che ha errato la CTR nel ritenere necessaria la coincidenza della titolarità del fabbricato e della titolarità dei fondi a cui il fabbricato è asservito.
Infatti le stesse Sez. Unite di questa Corte con sentenza n. 18565 del 21/8/2009, già citata, ha chiarito che non è necessaria per gli immobili strumentali l’identità fra proprietà del fondo e dell’immobile: “In tema di ICI, l’applicabilità dell’esenzione per i fabbricati rurali, prevista dal combinato disposto dell’articolo 23, comma 1-bis, del Decreto Legge n. 207 del 2008, convertito con modificazioni nella legge n. 14 del 2009, e dell’articolo 2, comma 1, lettera a, del Decreto Legislativo n. 504 del 1992, è subordinata, per i fabbricati non iscritti in catasto, all’accertamento dei requisiti previsti dall’articolo 9 del Decreto Legge n. 557 del 1993, conv. in legge n. 133 del 1994 e successive modifiche, accertamento questo che può essere condotto dal giudice tributario, investito della domanda di rimborso proposta dal contribuente, su cui grava l’onere di dare la prova della sussistenza dei predetti requisiti. Tra requisiti, per gli immobili strumentali, non rileva l’identità fra titolare del fabbricato e titolare del fondo, potendo la ruralità essere riconosciuta anche agli immobili delle cooperative agricole che svolgono attività di manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli conferiti dai soci”.
Per quanto sopra il ricorso deve essere respinto mentre devono essere compensate le spese del giudizio di legittimità in considerazione dell’evolversi della vicenda processuale.

P.Q.M. – Respinge il ricorso e compensa le spese del giudizio di legittimità.

(1) In Boll. Trib., 2010, 1080.
(2) In Boll. Trib. On-line.

III

ICI – Immobili iscritti nel catasto dei fabbricati come rurali con l’attribuzione della relativa categoria – Esclusione dall’imposta – Spetta – Iscrizione in diversa categoria catastale – Assoggettabilità ad ICI – Consegue – Autonoma impugnazione dell’attribuzione della categoria catastale da parte del soggetto interessato – Necessità.

ICI – Fabbricati non iscritti in catasto – Accertamento del requisito di ruralità ai fini dell’esclusione dall’imposta – Necessità – Accertamento da parte del giudice tributario investito del¬la domanda di rimborso – Ammissibilità – Onere della prova – È a carico del contribuente – Immobili strumentali – Requisito della identi¬tà tra titolare del fabbricato e titolare del fondo – Non necessita.

ICI – Immobili iscritti nel catasto dei fabbricati come rurali con l’attribuzione della relativa categoria – Esclusione dall’imposta – Spetta – Imponibilità agli effetti ICI – È ricollegata alla classificazione catastale – Fabbricato catastalmente classificato come non rurale – Onere del contribuente di impugnare autonomamente la classificazione catastale – Necessità – Accertamento del requisito di ruralità da parte del giudice tributario investito della domanda di rimborso – Limiti, condizioni e regime probatorio.

In tema di ICI, l’immobile che sia stato iscritto nel catasto fabbricati come rurale, con l’attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dall’art. 9 del D.L. 30 dicembre 1993, n. 557 (convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133), non è sog¬getto alla predetta imposta ai sensi del combinato disposto dell’art. 23, comma 1-bis, del D.L. 30 dicembre 2008, n. 207 (convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14), e dell’art. 2, primo comma, lett. a), del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, e l’attribuzio¬ne all’immobile di una diversa categoria catastale deve essere impugnata specificamente dal contribuente che pretenda la non soggezione all’imposta per la ritenuta ruralità del fabbricato, restando altrimenti quest’ultimo assoggettato ad ICI, mentre allo stesso modo il Comune deve impugnare l’attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10 al fine di potere legittimamente pretendere l’assog¬gettamento del fabbricato all’imposta, fermo restando che per i fabbricati non iscritti in catasto l’esclusione dall’imposta è condizionata all’accertamento positivamente concluso della sussistenza dei requisiti per il riconoscimento della ruralità del fabbricato previsti dal già citato art. 9 del D.L. n. 557/1993, che può essere condotto dal giudice tributario investito dalla domanda di rimborso proposta dal contribuente, sul quale grava l’onere di dare prova della sussistenza dei predetti requisiti, tra i quali, per gli immobili strumentali, non rileva l’identità tra titolare del fabbricato e titolare del fondo, potendo la ruralità es¬sere riconosciuta anche agli immobili delle cooperative che svolgono attività di manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli conferiti dai soci.

In tema di ICI, per i fabbricati non iscritti in catasto, l’esclusione dall’imposta è condizionata all’accertamento, positivamente concluso, della sussistenza dei requisiti per il ri¬conoscimento della ruralità del fabbricato previsti dall’art. 9 del D.L. 30 dicembre 1993, n. 557 (convertito, con mo¬dificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133), che può essere condotto dal giudice tributario investito dalla domanda di rimborso proposta dal contribuente, sul quale grava l’onere di dare prova della sussistenza dei predetti re¬quisiti, tra i quali invero, relativamente agli immobili strumentali, non rileva l’identità tra titolare del fabbricato e titolare del fondo, potendo la ruralità essere riconosciuta anche agli immobili delle cooperative che svolgono attività di manipolazione, trasformazione, conservazione, valo¬rizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli conferiti dai soci.

La norma di interpretazione autentica di cui all’art. 23, comma 1-bis, del D.L. 30 dicembre 2008, n. 207 (convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14), ha la funzione di determinare in quale categoria catastale è classificabile il fabbricato per il che, se l’immobile è classificato come rurale (categorie A/6 per le unità abitative e D/10 per gli immobili strumentali alle attività agricole), esso è automaticamente esente dall’imposizione ICI, e perciò alla classificazione catastale va ricollegata l’imponibilità, con la conseguenza che se il fabbricato è già stato classificato come rurale, con attribuzione della relativa categoria, perché in possesso dei requisiti in¬dicati dalla norma di cui all’art. 9 del D.L. 30 dicembre 1993, n. 557 (convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133), esso è automaticamente escluso dall’area di imponibilità ai fini ICI ed è precluso ogni accertamento, mentre qualora il fabbricato non sia stato catastalmente classificato come rurale il proprietario che ritenga sussistenti i requisiti per il riconoscimento come tale deve impugnare la classificazione operata al fine di ottenerne la relativa variazione; l’accertamento dei predetti requisiti in difformità dalla attribuita ca¬tegoria catastale non può essere incidentalmente compiuto dal giudice tributario che sia stato inve¬stito della domanda di rimborso dell’ICI da parte del contribuente poiché compete all’organo che ha adottato il provvedimento di classamento la modifica di esso, eventualmente all’esito di azione giudiziale promossa dall’interessato, mentre per i fabbricati non iscritti in catasto l’accertamento della ruralità può essere invece direttamente e immediatamente compiuto dal giudice che sia investito dalla pretesa del contribuente di conseguire il rimborso dell’ICI pagata per il fabbricato al quale ritenga spetti il riconoscimento come fabbricato rurale, e in questo caso, trattandosi di domanda fondata su una pretesa esenzione dall’imposta, spetterà al contribuente dimostrare la sussistenza dei requisiti indicati dall’art. 9, commi 3 e 3-bis, del già citato D.L. n. 557/1993.

[Corte di Cassazione, sez. trib. (Pres. Chindemi, rel. Zoso), 20 aprile 2016, sent. n. 7929, ric. Comune di Castelfranco Emilia c. Emiliafrutta soc. coop. agricola]

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE – 1. Il Comune di Castelfranco Emilia notificava alla società Emiliafrutta Società agricola cooperativa un avviso di accertamento per mancato versamento dell’ICI 2003 relativamente ad alcuni fabbricati di sua proprietà. Proposto ricorso da parte della società, la Commissione Tributaria Provinciale di Modena lo accoglieva sul rilievo che si trattava di fabbricati strumentali all’attività agricola dei soci e, perciò, privi di autonoma rilevanza fiscale. Il Comune appellava la sentenza e la Commissione Tributaria Regionale di Bologna la riformava parzialmente ritenendo che dovessero essere assoggettati ad Ici solamente gli immobili di cui alle categorie A/3 e C/6 mentre altri immobili accatastati in categoria D/1, D/7 e D/8 dovevano andare esenti dall’imposta Ici giusta la norma di cui all’articolo 23, comma 1-bis, del decreto legge 30 dicembre 2008. Osservava la CTR che il fatto che si trattasse di fabbricati strumentali nell’attività agricola dei soci era provato dal bilancio versato in causa dalla società cooperativa, ove si attestava il rispetto dell’articolo 2513 cod. civ. sicché da ciò si doveva dedurre che all’interno dei fabbricati si realizzasse il materiale conferimento dei prodotti dei soci titolari dei terreni.

2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione il Comune di Castelfranco Emilia svolgendo quattro motivi. Resiste la società Emiliafrutta Società agricola cooperativa con deposito di controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

3. Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’articolo 360, numero 3, cod. proc. civ., in relazione all’articolo 9 del decreto legge 557/1993, convertito dalla legge numero 133/1994 e successive modificazioni, all’articolo 23, comma 1-bis, del decreto-legge numero 207/2008, convertito dalla legge numero 14/2009, all’articolo 2, comma 1, lettera a del decreto legislativo 504/1992. Sostiene il ricorrente che la CTR non ha considerato che, qualora un fabbricato non sia classificato in catasto come rurale categoria A/6 per le unità abitative e categoria D/10 per gli immobili strumentali delle attività agricole), resta precluso ogni accertamento, in funzione della pretesa assoggettabilità ad Ici del fabbricato in questione, salvo che il contribuente impugni la classificazione catastale attribuita nei riguardi dell’amministrazione competente. Ha formulato il ricorrente il seguente quesito di diritto: “Se in tema di imposta comunale sugli immobili il fabbricato che sia iscritto nel catasto fabbricati in una categoria diversa da quelle rurali (A/6 o D/10) sia soggetto all’imposta ai sensi del combinato disposto dell’articolo 23, comma 1-bis, decreto-legge numero 207 del 2008, convertito con modificazioni dalla legge numero 14 del 2009, e dell’articolo 2, comma 1, lett. A, decreto legislativo numero 504/1992, non potendo il giudice tributario che sia stato investito della domanda di rimborso dell’Ici da parte del contribuente accertare incidentalmente l’eventuale sussistenza dei requisiti di ruralità in difformità dalla attribuita categoria catastale”.

4. Con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’articolo 360, numero 3, cod. proc. civ., relativamente all’articolo 9 del decreto-legge 557/1993, convertito dalla legge numero 133/1994 e successive modificazioni, all’articolo 23, comma 1-bis, del decreto legge numero 207 del 2008, convertito dalla legge numero 14/2009, all’articolo 2, comma 1, lettera a del decreto legislativo 504/1992 ed agli artt. 2135 e 2513 cod. civ. Sostiene il ricorrente che, ai sensi dell’articolo 9, comma 3-bis del decreto-legge 557/93, ai fini fiscali deve riconoscersi carattere di ruralità alle costruzioni strumentali necessarie allo svolgimento dell’attività agricola di cui all’art. 2135 cod. civ.; ciò presuppone che la cooperativa avrebbe dovuto dimostrare di essere imprenditore agricolo ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo numero 228/2001, norma che prevede si considerino imprenditori agricoli le cooperative di imprenditori agricoli e loro consorzi quando utilizzano per lo svolgimento dell’attività di cui all’art. 2135 cod. civ. prevalentemente prodotti dei soci ovvero forniscono prevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico. Inoltre la cooperativa avrebbe dovuto dimostrare di aver adibito in concreto e nell’annualità oggetto del contendere i fabbricati ad un’attività strumentale allo svolgimento dell’attività agricola, quale la manipolazione, la trasformazione, eccetera e che i fabbricati erano necessari allo svolgimento dell’attività agricola. Tali prove non solo non erano state fornite ma la CTR non aveva ritenuto fossero necessarie, così incorrendo nella denunciata violazione di legge. Inoltre dalla visura camerale della società si evinceva che l’attività di raccolta, conservazione e lavorazione dei prodotti agricoli conferiti dai soci era situata nel Comune di San Giovanni in Persiceto mentre i fabbricati oggetto del tributo erano siti nel Comune di Castelfranco Emilia. Ha formulato il ricorrente il seguente quesito di diritto: “Se in tema di imposta comunale sugli immobili per il riconoscimento della ruralità ad un fabbricato di proprietà di una società cooperativa è necessario che sia provato in giudizio la sussistenza dei requisiti previsti dall’articolo 9, comma 3-bis, del decreto legge 557/93 (secondo le modifiche introdotte dall’articolo 42-bis, comma 1, lettera c), del decreto-legge 1 ottobre 2007, n. 159, come modificato dalla legge 29 novembre 2007, numero 222) e segnatamente il fatto che la cooperativa sia imprenditore agricolo ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del decreto legiglativo 18 maggio 2001, n. 228, e il fatto che il fabbricato sia concretamente strumentale e necessario allo svolgimento dell’attività agricola di cui all’art. 2135 cod. civ. e in particolare destinato: alla manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli”.

5. Con il terzo motivo il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’articolo 360, numero 3, cod. proc. civ., relativamente all’articolo 9 del decreto legge 557/93, convertito dalla legge numero 133/1984, all’articolo 1, comma 2, e all’articolo 3, comma 1, legge 27 luglio 2000, n. 212, all’articolo 11 delle disposizioni sulla legge in generale. Sostiene il ricorrente che la CTR è incorsa in violazione di legge per aver ritenuto che la norma di cui all’articolo 42-bis del decreto-legge n. 159/2007, modificativo dell’articolo 9 del decreto-legge 557/93 fosse retroattiva poiché si trattava, invece, di norma innovativa non applicabile all’annualità Ici in oggetto. Ha formulato il ricorrente il seguente quesito di diritto: “Se l’articolo 42-bis, comma 1, lettera c del decreto-legge 1 ottobre 2007, numero 159, come modificato dalla legge 29 novembre 2007, numero 222, che ha modificato l’articolo 9, comma 3-bis del decreto-legge 557/93, sia norma innovativa e non retroattiva e, di conseguenza, se i requisiti da essa stabiliti per l’attribuzione del carattere di ruralità ai fini fiscali ai fabbricati strumentali necessari allo svolgimento dell’attività agricola debbano valere solo a far tempo dall’entrata in vigore della norma stessa”.

6. Con il quarto motivo il ricorrente, formulando idoneo quesito di fatto, deduce omessa o insufficiente motivazione circa fatti controversi decisivi per il giudizio, in relazione all’art. 360, numero 5, cod. proc. civ. in quanto la CTR non ha adeguatamente motivato in ordine: a) alla ritenuta sussistenza in capo alla cooperativa della qualifica di imprenditore agricolo; b) all’avere la cooperativa adibito in concreto e nell’annualità 2003 i fabbricati ad un’attività strumentale allo svolgimento dell’attività agricola di cui all’art. 2135 cod. civ.; c) all’essere i fabbricati necessari allo svolgimento dell’attività agricola.

7. Osserva la Corte che il primo motivo di ricorso è fondato.
La CTR ha accertato che gli immobili della cooperativa accatastati con le categorie D/1, D/7 e D/8 erano strumentali allo svolgimento dell’attività agricola nel senso che all’interno degli spazi si realizzava il materiale conferimento dei prodotti dei soci titolari dei terreni.
Il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 1, comma 2, prevede che “Presupposto dell’imposta dell’ICI è il possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli, siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa”. Il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. a) sancisce che “Ai fini dell’ICI: a) per fabbricato si intende l’unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel catasto edilizio urbano …”. Il D.L. 30 dicembre 2008, n. 207, art. 23, comma 1-bis, convertito dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, prevede che “Ai sensi e per gli effetti della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 1, comma 2, il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. a), deve intendersi nel senso che non si considerano fabbricati le unità immobiliari, anche iscritte o iscrivibili nel catasto fabbricati, per le quali ricorrono i requisiti di ruralità di cui al D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni”. Il D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9, conv. nella L. 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni, ossia quelle da ultimo apportate dal D.L. 1 ottobre 2007, n. 159, art. 42-bis, conv. in L. 29 novembre 2007, n. 222 prevede che “Ai fini fiscali deve riconoscersi carattere di ruralità alle costruzioni strumentali necessarie allo svolgimento dell’attività agricola di cui all’art. 2135 cod. civ. e in particolare destinate:…: i) alla manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli, anche se effettuate da cooperative …”. Nel caso di specie si tratta di fabbricato censito al catasto edilizio urbano alla categoria D/1 di proprietà di una cooperativa di produttori agricoli e nel quale si svolgono attività di “elaborazione” dei prodotti agricoli dei soci.
Questo collegio intende dare continuità all’orientamento espresso nel principio sancito dalla Corte di legittimità a Sezioni Unite con la sentenza n. 18565 del 21/8/2009 secondo cui “in tema di imposta comunale sugli immobili (ICI), l’immobile che sia stato iscritto nel catasto fabbricati come rurale, con l’attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dal D.L. n. 557 del 1993, art. 9, conv. con L. n. 133 del 1994, e successive modificazioni, non è soggetto all’imposta ai sensi del combinato disposto del D.L. n. 207 del 2008, art. 23, comma 1-bis, convertito con modificazioni dalla L. n. 14 del 2009, e del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. a). L’attribuzione all’immobile di una diversa categoria catastale deve essere impugnata specificamente dal contribuente che pretenda la non soggezione all’imposta per la ritenuta ruralità del fabbricato, restando altrimenti quest’ultimo assoggettato ad ICI: allo stesso modo il Comune dovrà impugnare l’attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10 al fine di potere legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta. Per i fabbricati non iscritti in catasto l’assoggettamento [rectius, l’esclusione da] all’imposta è condizionato all’accertamento positivamente concluso della sussistenza dei requisiti per il riconoscimento della ruralità del fabbricato previsti dal D.L. n. 557 del 1993, art. 9, e successive modificazioni che può essere condotto dal giudice tributario investito dalla domanda di rimborso proposta dal contribuente, sul quale grava l’onere di dare prova della sussistenza dei predetti requisiti. Tra i predetti requisiti, per gli immobili strumentali, non rileva l’identità tra titolare del fabbricato e titolare del fondo, potendo la ruralità essere riconosciuta anche agli immobili delle cooperative che svolgono attività di manipolazione, trasformazione, conservazione, valorizzazione o commercializzazione dei prodotti agricoli conferiti dai soci”.
Le ragioni condivisibilmente espresse dalle Sezioni Unite con la sentenza testé citata si sostanziano nella considerazione del fatto che la norma di interpretazione autentica di cui al D.L. n. 207 del 2008, art. 23, comma 1-bis, convertito con modificazioni dalla L. n. 14 del 2009 (Ai sensi e per gli effetti della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 1, comma 2, il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. a), deve intendersi nel senso che non si considerano fabbricati le unità immobiliari, anche iscritte o iscrivibili nel catasto fabbricati, per le quali ricorrono i requisiti di ruralità di cui al D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni) ha la funzione di determinare in quale categoria catastale è classificabile il fabbricato per il che, se l’immobile è classificato come rurale (categorie A/6 per le unità abitative e D/10 per gli immobili strumentali alle attività agricole), esso è automaticamente esente dall’imposizione Ici. Perciò alla classificazione catastale va ricollegata l’imponibilità. Se il fabbricato è già stato classificato come rurale, con attribuzione della relativa categoria, perché in possesso dei requisiti indicati dalla norma di cui al D.L. 30 dicembre 1993, n. 557, art. 9, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni, è automaticamente escluso dall’area di imponibilità ai fini ICI ed è precluso ogni accertamento mentre, qualora il fabbricato non sia stato catastalmente classificato come rurale, il proprietario che ritenga sussistenti i requisiti per il riconoscimento come tale deve impugnare la classificazione operata al fine di ottenerne la relativa variazione. L’accertamento dei predetti requisiti in difformità dalla attribuita categoria catastale non può essere incidentalmente compiuto dal giudice tributario che sia stato investito della domanda di rimborso dell’ICI da parte del contribuente poiché compete all’organo che ha adottato il provvedimento di classamento la modifica di esso, eventualmente all’esito di azione giudiziale promossa dall’interessato. Per i fabbricati non iscritti in catasto, invece, l’accertamento della ruralità può essere direttamente e immediatamente compiuto dal giudice che sia investito dalla pretesa del contribuente di conseguire il rimborso dell’ICI pagata per il fabbricato al quale ritenga spetti il riconoscimento come fabbricato rurale; in questo caso, trattandosi di domanda fondata su una pretesa esenzione dall’imposta, spetterà al contribuente dimostrare la sussistenza dei requisiti indicati nel D.L. n. 557 del 1993, art. 9, commi 3 e 3-bis.
Mette conto considerare, poi, che successivamente alla pronuncia della sentenza della Cassazione a Sezioni Unite n. 18565 del 21/8/2009 è stato emanato il D.L. n. 70 del 13 maggio 2011, convertito dalla legge n. 106 del 12 luglio 2011, che, all’art. 7, comma 2-bis, ha previsto che, ai fini del riconoscimento della ruralità degli immobili, i contribuenti avevano la facoltà, esercitabile entro il 30 settembre 2011, di presentare all’allora Agenzia del Territorio una domanda di variazione della categoria catastale per l’attribuzione delle categoria A/6 e D/10, a seconda della destinazione, abitativa o strumentale dell’immobile, sulla base di un’autocertificazione attestante che l’immobile possedeva i requisiti di ruralità di cui all’art. 9 del D.L. n. 557/1993, convertito in L. n. 133/1994, e modificato dall’art. 42-bis del D.L. 1 ottobre 2007, n. 159, convertito con modificazioni in L. 29 novembre 2007, n. 159, “in via continuativa a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda”. Il successivo D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, in L. 22 dicembre 2011, n. 214 ha quindi previsto, all’art. 13, comma 14-bis, che le domande di variazione di cui al predetto D.L. n. 70 del 2011, producessero “gli effetti previsti in relazione al riconoscimento del requisito della ruralità fermo restando il classamento originario degli immobili ad uso abitativo”. Il decreto del ministero dell’economia e delle finanze del 26 luglio 2012 ha stabilito, all’art. 1, che “Ai fabbricati rurali destinati ad abitazione ed ai fabbricati strumentali all’esercizio dell’attività agricola è attribuito il classamento, in base alle regole ordinarie, in una delle categorie catastali previste nel quadro generale di qualificazione. Ai fini dell’iscrizione negli atti del catasto della sussistenza del requisito di ruralità in capo ai fabbricati rurali di cui al comma 1, diversi da quelli censibili nella categoria D/10 (Fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole), è apposta una specifica annotazione. Per il riconoscimento del requisito di ruralità, si applicano le disposizioni richiamate all’art. 9 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133. Art. 2 Presentazione delle domande per il riconoscimento del requisito di rurali”. Infine il D.L. 31 agosto 2013, n. 102, convertito, con modificazioni, in L. 28 ottobre 2013, n. 124, all’art. 2, comma 5-ter, ha stabilito che “ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, l’articolo 3, comma 14-bis, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, deve intendersi nel senso che le domande di variazione catastale presentate ai sensi dell’articolo 7, comma 2-bis, del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 maggio 2011, n. 106, e l’inserimento dell’annotazione degli atti catastali, producono gli effetti previsti per il requisito di ruralità di cui all’articolo 9 del decreto legge 30 dicembre, n. 557, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, e successive modificazioni, a decorrere dal quinto anno antecedente a quello di presentazione della domanda”. Le richiamate disposizioni rafforzano l’orientamento esegetico adottato dalla Corte di legittimità a Sezioni Unite in quanto disciplinano le modalità attraverso le quali è possibile pervenire alla classificazione della ruralità dei fabbricati, anche retroattivamente, onde beneficiare dell’esenzione Ici e non sarebbe stata necessaria l’adozione di dette norme se la ruralità fosse dipesa dal solo fatto di essere gli immobili concretamente strumentali all’attività agricola, a prescindere dalla classificazione catastale.
Nel caso che occupa i fabbricati della contribuente debbono, perciò, ritenersi assoggettati all’imposizione Ici per l’anno 2003, posto che non risulta sia stato chiesto il riconoscimento della ruralità a norma del D.L. n. 70 del 2912 [2012] ed, in ogni caso, l’efficacia retroattiva prevista dalla norma stessa non si sarebbe estesa a tali periodi di imposta.
Gli altri motivi di ricorso rimangono assorbiti.
Il ricorso va, dunque, accolto e l’impugnata sentenza cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, a norma dell’art. 384, comma 2, cod. proc. civ., e il ricorso originario della contribuente va rigettato. Le spese dell’intero giudizio si compensano in considerazione dei discordi precedenti e della complessità delle questioni trattate.

P.Q.M. – La Corte accoglie il ricorso del Comune, cassa la sentenza d’appello e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario della contribuente. Compensa le spese dell’intero giudizio.

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