Nulla da osservare sul principio sopra massimato. Colui che accetta l’eredità con il beneficio d’inventario diviene erede a tutti gli effetti, con la sola particolarità che il suo patrimonio resta distinto da quello del defunto, a norma dell’art. 490, primo comma, c.c.
La Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna non aveva tuttavia disatteso questa regola, aveva semplicemente statuito, come si legge nel corpo della sentenza che si annota, che non poteva ritenersi acquisita in capo al ricorrente la qualifica di erede «non risultando il perfezionamento dell’accettazione definitiva dell’eredità, né il possesso dei beni, né la legittimazione passiva dello stesso». Siccome entro l’anno dal compimento della maggiore età, a norma dell’art. 489 c.c., il medesimo non aveva «manifestato la volontà di accettare l’eredità per la quale la madre aveva fatto redigere l’inventario», questi non poteva definirsi soggetto passivo dell’imposta dovuta dal de cuius.
Per regola generale, il chiamato che intende accettare l’eredità a lui devoluta con il beneficio d’inventario deve dichiarare tale sua intenzione ad un notaio o al cancelliere del Tribunale in cui si è aperta la successione. Questa dichiarazione verrà inserita nel registro delle successioni di cui all’art. 52 delle disposizioni di attuazione del codice civile.
Mentre il chiamato all’eredità che non sia in possesso dei beni ereditati può rendere una tale dichiarazione di accettazione nel termine di prescrizione di dieci anni previsto dall’art. 480 c.c., colui che è invece in possesso di tali beni deve fare l’inventario entro tre mesi dal giorno dell’apertura della successione e deve perfezionare la dichiarazione di cui sopra, qualora non l’abbia già fatto in precedenza, nei successivi quaranta giorni. Trascorso inutilmente tale termine, dispone l’art. 485 c.c., il soggetto così chiamato è considerato erede puro e semplice.
Le eredità devolute a minori o interdetti, e con questo si entra nel vivo dell’argomento in discussione, possono essere accettate soltanto con il beneficio dell’inventario. In questi casi, il perfezionamento di una tale accettazione deve passare attraverso una dichiarazione espressa dal legale rappresentante del minore, appositamente autorizzato dal giudice tutelare.
A questo proposito, a nulla rileva il fatto che all’apertura della successione il soggetto minorenne si trovi o meno nel possesso dei beni ereditari (1).
L’annotata sentenza consente alcune considerazioni meritevoli di attenzione.
Di norma, quello che rileva ai fini della assunzione della qualifica di erede è il fatto che l’eredità venga accettata. Questa accettazione può avvenire in maniera espressa o anche tacita, compiendo ad esempio un atto che presuppone la volontà di accettare e che non si avrebbe diritto di compiere se non in virtù della specifica qualità di erede.
A questo proposito, la presentazione della denuncia di successione o il pagamento delle relative imposte non integra una tale ipotesi, risolvendosi in atti meramente conservativi che non dimostrano, di per sé, la volontà di accettare (2).
Nel caso in esame la controversia che era insorta fra l’Agenzia delle entrate e il minore chiamato all’eredità non concerneva il pagamento delle imposte di successione (3), ma il debito del de cuius per le imposte sui redditi e ricavi da questi non dichiarati. Il ricorrente non contestava la legittimità dell’accertamento tributario in quanto tale, ma il fatto che egli non era tenuto a farsi carico del correlato debito in quanto, all’epoca della notifica, lui minore, la procedura di accettazione dell’eredità sopra indicata non si era ancora svolta e conclusa.
Siccome il dato sull’acquisto della qualità di erede rappresentava «un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio quale successore del de cuius» (4), mancava una condizione dell’azione per procedere nei suoi confronti. La prova di ciò competeva evidentemente all’Agenzia delle entrate, ben potendo il supposto erede limitarsi a negarla.
Per provare una tale circostanza sarebbe occorso dimostrare che la procedura di accettazione della eredità si fosse sviluppata nel modo previsto dal codice civile e cioè attraverso il beneficio d’inventario chiesto dietro conforme autorizzazione del giudice tutelare. Trattandosi di norma imperativa, ogni altra forma di accettazione, espressa o tacita che sia, è nulla e priva di effetti (5), non conferendo al minore la qualità di erede.
Oltre che dalla parte interessata, tale circostanza può essere rilevata d’ufficio dal giudice, competendo al medesimo accertare, in ogni stato e grado del giudizio, la coincidenza del soggetto che esercita o contrasta l’azione con quello cui la legge riconosce il potere di agire o resistere in ordine al rapporto giuridico dedotto in giudizio (6).
Nel caso in esame, la Corte di Cassazione ha invece censurato la decisione della Commissione tributaria regionale emiliana laddove ha ritenuto necessaria detta prova, aggiungendo «che, da un lato, l’accettazione (sia pure beneficiata) vi è già stata e, dall’altro, non trova applicazione in ipotesi l’art. 489 cod. civ., per il quale il minore decade dal diritto di accettare l’eredità con il beneficio d’inventario se, entro un anno dal raggiungimento della maggiore età, non si sia conformato alle disposizioni codicistiche in materia».
La brevità della motivazione, estremamente concisa in relazione ai fatti di causa, non consente di scendere nel dettaglio delle modalità attraverso le quali una tale procedura di accettazione si sarebbe svolta. Tuttavia, dato per vero l’argomentare della Commissione tributaria regionale secondo cui il tutto si era ridotto alla redazione dell’inventario da parte della madre del minore e che quest’ultimo, una volta raggiunta la maggiore età, non aveva manifestato l’intenzione di accettare l’eredità a lui devoluta, ci sentiamo di dissentire dalle conclusioni raggiunte.
Il perché è presto detto.
Al momento della notifica dell’avviso di accertamento il minore era ancora nella posizione di semplice chiamato alla eredità, a nulla valendo il fatto che la madre avesse assunto l’iniziativa di redigere l’inventario dei beni ereditari previsto dall’art. 484 c.c.
Una tale iniziativa, avviata senza previamente esercitare il diritto di accettare l’eredità attraverso la dichiarazione di cui all’art. 471 c.c. volta a far acquisire al minore lo status di erede con la limitazione della responsabilità intra vires hereditatis, non aveva prodotto alcun effetto giuridico nei confronti del minore che restava nella posizione di semplice chiamato all’eredità.
Ciò in quanto gli atti compiuti dal rappresentante di un minore, anche se diversi dal quelli previsti dall’art. 460 c.c., non sono idonei a procurare al rappresentato l’accettazione tacita dell’eredità a questi devoluta.
Sul punto, la giurisprudenza civilistica è da tempo concorde e consolidata.
L’accettazione tacita dell’eredità, ribadisce per esempio la Suprema Corte (7), non rientra fra i poteri del rappresentante legale di un minore. L’eventuale compimento da parte di questi di uno degli atti previsti dall’art. 476 c.c. non produce pertanto alcun effetto giuridico nei confronti del minore rappresentato (8).
Ne segue che fino a quando il diritto di accettare o rifiutare l’eredità non venga correttamente esercitato, anche dallo stesso chiamato qualora dovesse diventare maggiorenne nel corso del termine di prescrizione di cui all’art. 480 c.c., quest’ultimo resta nella posizione di semplice chiamato all’eredità (9).
Nulla rileva a questo proposito la norma di cui all’art. 489 c.c. secondo cui il minore non decade dal beneficio di inventario se entro un anno dal compimento della maggiore età provvede a conformarsi alle disposizioni degli artt. 484 e segg. c.c. L’irregolarità che la norma consente di sanare è quella per cui, una volta fatta l’accettazione prescritta dall’art. 471 c.c., il legale rappresentante del minore non faccia l’inventario dei beni ereditari, necessario adempimento per perfezionare la limitazione della responsabilità (10).
Niente di ciò era avvenuto nel caso in esame in cui nessuna dichiarazione di accettazione a mente dell’art. 471 c.c. era stata resa dal genitore esercente la potestà sul figlio minore. Di più. Al raggiungimento della maggiore età, quest’ultimo l’aveva rifiutata.
In conclusione, siccome il processo tributario è diretto a sollecitare il sindacato giurisdizionale sulla legittimità di un provvedimento impositivo, e tale caratteristica circoscrive il dibattito alla pretesa avanzata con l’atto impugnato, e questo sia in termini oggettivi che soggettivi, ne segue che se al momento della notifica il destinatario non è in possesso della legittimazione passiva che tale atto presuppone, tale atto deve considerarsi affetto da nullità, a nulla potendo valere in ipotesi il fatto che tale destinatario possa eventualmente acquisire detta legittimazione nel corso del processo (11).
Avv. Bruno Aiudi
(1) Ove il chiamato all’eredità sia un minorenne, afferma Cass., sez. trib., 6 dicembre 2016, n. 24931, in Boll. Trib. On-line, il termine per la presentazione della dichiarazione di successione decorre «dalla scadenza del termine ultimo per la redazione dell’inventario … senza che abbia rilievo alcuno la circostanza che il minorenne, all’apertura della successione, si trovi, o meno, nel possesso dei beni ereditari». Negli stessi termini, cfr. Cass., sez. trib., 4 marzo 2011, n. 5211, ivi.
(2) Cfr. Cass., sez. II, 31 ottobre 2016, n. 22017, in Boll. Trib. On-line: «la denuncia di successione e il pagamento della relativa imposta … non comportano accettazione tacita dell’eredità», trattandosi di adempimenti conservativi posti in essere a norma dell’art. 460 c.c. e non di atti che il chiamato all’eredità non possa compiere se non nella sua qualità di erede.
(3) Il cui presupposto impositivo «è la chiamata all’eredità e non già l’accettazione»: così Cass., sez. VI, 9 ottobre 2014, n. 21394, in Boll. Trib. On-line.
(4) Cfr. Cass., sez. trib., 29 marzo 2017, n. 8053, in Boll. Trib., 2017, 1457.
(5) Cfr. Cass., sez. III, 13 luglio 1999, n. 7417, in Boll. Trib. On-line: il minore può accettare l’eredità ad esso devoluta solo con il beneficio di inventario; tale formalità non può essere sostituita da un atto di accettazione tacita che, pertanto, è nullo o irrilevante.
(6) Ciò in quanto il difetto di legitimatio ad causam incide sulla regolarità del contraddittorio; in questi termini cfr. Cass., sez. I, 27 marzo 2017, n. 7776, in Boll. Trib. On-line.
(7) Così Cass., sez. I, 1° febbraio 2007, n. 2211, in Boll. Trib. On-line.
(8) In tali termini cfr. Cass. n. 7417/1999, cit., che parla di nullità degli atti compiuti nei confronti di un minore.
(9) In tali termini, da ultimo, Cass., sez. II, 15 settembre 2017, n. 21456, in Boll. Trib. On-line: «l’art. 471 c.c., disponendo che le eredità devolute ai minori e agli interdetti non si possono accettare se non con il beneficio di inventario, esclude che il rappresentante legale dell’incapace possa accettare l’eredità in modo diverso, sicché l’eventuale accettazione tacita, fatta dal rappresentante con il compimento di uno degli atti previsti dall’art. 476 c.c., non produce alcun effetto giuridico nei confronti dell’incapace». Conformemente cfr. Cass. n. 2211/2007, cit., secondo cui «l’accettazione tacita dell’eredità non rientra nei poteri del rappresentante legale e, pertanto, è improduttiva di effetti giuridici nei confronti dell’incapace, che rimane nella posizione di chiamato all’eredità fino a quando egli stesso o il suo rappresentante eserciti il diritto di accettare l’eredità o di rinunziare alla stessa entro il termine di prescrizione».
(10) Cfr. Cass., sez. II, 23 agosto 1999, n. 8832, in Boll. Trib. On-line. Qualora il genitore esercente la potestà sul figlio minore chiamato all’eredità faccia l’accettazione prescritta dall’art. 471 c.c. da cui deriva l’acquisto da parte del minore della qualità di erede (artt. 470 e 459 c.c.), ma non compia l’inventario – necessario per poter usufruire della limitazione della responsabilità – e questo non sia redatto neppure dal minore entro un anno dal raggiungimento della maggiore età, l’eredità resta acquisita da quest’ultimo, che però è considerato erede puro e semplice. Nello stesso senso cfr. Cass., sez. II, 27 febbraio 1995, n. 2276, ivi.
(11) Nella specie, peraltro, ciò non era di certo neppure avvenuto visto che, al raggiungimento della maggiore età, il destinatario dell’accertamento non aveva «manifestato la volontà di accettare l’eredità per la quale la madre aveva fatto redigere l’inventario».
Accertamento imposte sui redditi e IVA – Accerta¬mento – Avviso di accertamento – Accettazione dell’eredità con beneficio di inventario da parte di minore – L’accettante diviene soggetto passivo d’imposta – Legittimazione a ricevere la notifica dell’avviso di accertamento emesso a carico del dante causa – Sussiste.
L’accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario comporta che il minore accettante, a parte la distinzione del patrimonio del defunto da quello dell’erede ai sensi dell’art. 490, primo comma, c.c. (con tutte le conseguenze indicate nel secondo comma della stessa disposizione), diventa erede a tutti gli effetti di legge e, quindi, anche soggetto passivo d’imposta, ed è perciò pienamente legittimato a ricevere la notificazione dell’avviso d’accertamento emesso in relazione a redditi non dichiarati dal suo dante causa.
[Corte di Cassazione, sez. trib. (Pres. Bielli, rel. Nonno), 6 ottobre 2017, sent. n. 23389, ric. Agenzia delle entrate]
RILEVATO CHE – 1. con ricorso notificato il 07/11/2011 l’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della CTR dell’Emilia Romagna n. 73/18/2010, confermativa della sentenza della CTP di Forlì n. 202/04/2007, che, accogliendo l’impugnazione del contribuente, ha annullato l’avviso di accertamento IVA, IRPEF ed IRAP n. …/2007 notificato al minore D.A.E. quale unico erede di D.A.D., deceduto il 14/02/2001, e concernente l’anno d’imposta 2001;
2. con il menzionato avviso di accertamento, era stato accertato un reddito d’impresa a fini IRPEF ed IRAP non dichiarato da D.A.D. ed induttivamente determinato dall’Ufficio sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, nonché una maggiore IVA non versata;
3. l’avviso di accertamento veniva annullato dalla CTR in quanto non poteva ritenersi acquisita da D.A.E., accettante con beneficio d’inventario, la qualità di erede, non risultando il perfezionamento dell’accettazione definitiva dell’eredità, né il possesso dei beni, né la legittimazione passiva dello stesso ai sensi dell’art. 536 c.c.;
3.1. in definitiva, la CTR ha ritenuto che il contribuente non è soggetto passivo d’imposta, non risultando, infatti, «che, entro un anno dalla maggiore età, abbia manifestato la volontà di accettare l’eredità per la quale la madre aveva fatto redigere l’inventario»;
4. il controricorrente non si è costituito in giudizio.
CONSIDERATO CHE – 1. con il primo motivo di ricorso la ricorrente deduce la violazione degli artt. 2 e 484 cod. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. in quanto, essendo pacifico che D.A.E. ha accettato l’eredità del defunto D.A.D. con beneficio d’inventario, egli è soggetto passivo d’imposta e pienamente legittimato a ricevere la notifica dell’avviso di accertamento, non avendo rinunciato all’eredità entro l’anno dal raggiungimento della maggiore età;
2. con il secondo motivo di ricorso la ricorrente deduce la violazione degli artt. 471, 489 e 490 cod. civ. sempre in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. in quanto la sentenza impugnata deduce la carenza di legittimazione passiva di D.A.E. dalla circostanza che non risulterebbe fornita la prova dell’accettazione dell’eredità da parte di quest’ultimo, mentre è onere dello stesso, che ha acquisito la qualità di erede con l’accettazione beneficiata, fornire giudizialmente la prova di avervi rinunciato nel termine di un anno dal raggiungimento della maggiore età;
3. i due motivi, entrambi involgenti la questione della legittimazione passiva di D.A.E., possono essere congiuntamente esaminati e sono fondati;
3.1. non è dubbio che il minore può accettare l’eredità solo con beneficio d’inventario (471 cod. civ.) e, nel caso di specie, è pacifico che D.A.E. abbia accettato in tal guisa l’eredità paterna e che sia stato redatto l’inventario, come si evince chiaramente dalla sentenza della CTR;
l’accettazione con beneficio d’inventario comporta che l’accettante, a parte la distinzione del patrimonio del defunto da quello dell’erede ai sensi dell’art. 490, primo comma, cod. civ. (con tutte le conseguenze indicate nel secondo comma della menzionata disposizione), diventa erede a tutti gli effetti di legge e, quindi, anche soggetto passivo d’imposta ed è pienamente legittimato a ricevere la notifica dell’avviso d’accertamento;
ha errato, pertanto, la CTR non solo a ritenere la carenza di legittimazione di D.A.E., ma a reputare altresì necessaria la prova dell’accettazione dell’eredità da parte di quest’ultimo, atteso che, da un lato, l’accettazione (sia pure beneficiata) vi è già stata e, dall’altro, non trova applicazione in ipotesi l’art. 489 cod. civ., per il quale il minore decade dal diritto ad accettare l’eredità con beneficio d’inventario se, entro l’anno dal raggiungimento della maggiore età, non si sia conformato alle disposizioni codicistiche in materia (che presuppongono, appunto, l’assenza di accettazione);
4. la sentenza della CTR va, pertanto, cassata, e la causa può essere decisa nel merito, non essendovi bisogno di ulteriori accertamenti, con il rigetto dell’impugnazione proposta da D.A.E. avverso l’avviso di accertamento n. …/2007;
4.1. il ricorrente, infatti, si era limitato ad eccepire di non essere tenuto, in quanto erede beneficiato, al pagamento dei debiti ereditari e dei legati ultra vires, ma tale circostanza, oltre che mai contestata dall’Agenzia delle entrate, riguarda i profili esecutivi e non già l’an debeatur;
5. le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo tenuto conto dell’effettivo valore della lite, compreso nello scaglione che va da euro 1.100,01 ad euro 5.200,00, vanno poste a carico della parte controricorrente, mentre sussistono giusti motivi, in ragione delle questioni di diritto affrontate, per compensare tra le parti le spese dei precedenti gradi di giudizio.
P.Q.M. – La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, e, decidendo nel merito, rigetta l’impugnazione proposta da D.A.E. avverso l’avviso di accertamento n. …/2007. Condanna il controricorrente al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.500,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito. Compensa tra le parti le spese dei giudizi di merito.