Ris. 26 settembre 2018, n. 72/E, dell’Agenzia delle entrate
“Quesito. L’interpellante signor X, cittadino italiano, dichiara di essere residente negli
Emirati Arabi Uniti e di essere iscritto all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero
(AIRE) dal 10 maggio 2016.
Riferisce di essere in possesso di diploma di laurea e di aver lavorato fino al
1° aprile 2016 alle dipendenze della società italiana A, che all’epoca faceva parte del
gruppo B.
Si è poi trasferito negli Emirati Arabi Uniti dove il 3 aprile 2016 ha stipulato
un contratto di lavoro dipendente, con contratto locale, con la società C che
nell’anno 2017 è entrata a fare parte del gruppo multinazionale D, società controllata
per maggioranza da B.
L’interpellante fa, inoltre, presente che, a seguito della decisione della B di
spostare la sede operativa di alcuni dipendenti da Abu Dhabi a Dubai, dal 5 febbraio
2018 è dipendente, con contratto locale, presso la F, altra società del gruppo.
Il signor X, riferisce, inoltre, che, dal 1° agosto 2018, a seguito di recesso dal
contratto di lavoro intrattenuto con la società emiratina F, sarà assunto dalla società
italiana E (società facente anch’essa parte del gruppo D).
Al rientro in Italia, dichiara di volere assumere la residenza anagrafica e
fiscale iscrivendosi all’Anagrafe della popolazione residente presso il Comune di ….
L’istante, considerato che il rapporto di lavoro attualmente svolto per la
società F negli Emirati Arabi Uniti e quello che lo stesso andrà ad instaurare con la
società italiana E concernono distinte società, ma comunque appartenenti al gruppo
multinazionale D, ritiene sussistenti obiettive condizioni di incertezza in relazione
all’applicazione, nel suo caso, del regime speciale per lavoratori impatriati, ai sensi
dell’articolo 16, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147.
A tal proposito, precisa di essere stato fiscalmente residente all’estero negli
anni 2016, 2017 e 2018.
Soluzione interpretativa prospettata dal contribuente. L’interpellante ritiene di poter beneficiare delle agevolazioni per i lavoratori impatriati in possesso di laurea, disposte dall’articolo 16, comma 2, del D.Lgs n. 147 del 2015, concernenti la tassazione sul 50 per cento del reddito di lavoro prodotto in
Italia nel periodo d’imposta in cui avviene il trasferimento della residenza fiscale e
nei quattro periodi d’imposta successivi.
Ciò in quanto ravvisa di soddisfare i requisiti richiesti dalla norma:
– essere laureato;
– avere svolto attività di lavoro dipendente, autonomo o d’impresa all’estero
per ventiquattro mesi;
– avere trasferito la propria residenza fiscale in Italia ai sensi dell’articolo 2,
del DPR n. 917 del 1986;
– svolgere attività di lavoro dipendente in Italia.
Il contribuente istante per accedere al suddetto regime fiscale agevolato
intende presentare richiesta scritta al proprio datore di lavoro ai sensi del DPR n.
445 del 2000.
Quanto sopra precisato è, inoltre, in linea con le indicazioni fornite
dall’Agenzia delle entrate con la circolare n. 17/E del 23 maggio 2017 e con la
Guida, pubblicata nel febbraio 2018, “Gli incentivi fiscali per l’attrazione di capitale
umano in Italia” (pagina 8 e seguenti).
Parere dell’Agenzia delle entrate. L’articolo 16, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, ha introdotto il “regime speciale per lavoratori impatriati” al fine di incentivare il trasferimento in
Italia di lavoratori con alte qualificazioni e specializzazioni e favorire lo sviluppo
tecnologico, scientifico e culturale del nostro paese.
Verificandosi i requisiti e le condizioni previsti, alternativamente, dal comma
1 o dal comma 2 del citato articolo 16, la disposizione prevede che i redditi di lavoro
dipendente e di lavoro autonomo prodotti in Italia concorrono alla formazione del
reddito complessivo nella misura del 50 per cento.
Trattasi di un’agevolazione temporanea, applicabile per un quinquennio a
decorrere dal periodo di imposta in cui il lavoratore trasferisce la residenza fiscale in
Italia ai sensi dell’articolo 2, del TUIR, e per i quattro periodi di imposta successivi.
In particolare, il comma 2 del richiamato articolo 16 del D.Lgs. n. 147 del
2015, prevede che il criterio di determinazione del reddito si applica anche ai
soggetti di cui all’articolo 2, comma 1, della legge 30 dicembre 2010, n. 238, le cui
categorie sono state individuate con il decreto del Ministro dell’economia e delle
finanze del 26 maggio 2016, attuativo della disposizione in esame.
L’articolo 1, comma 2, del citato decreto attuativo prevede che sono
destinatari del beneficio fiscale in esame i cittadini dell’Unione europea che:
1. sono in possesso di un titolo di laurea e hanno svolto
continuativamente un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa
fuori dall’Italia negli ultimi ventiquattro mesi o più, o
2. hanno svolto continuativamente un’attività di studio fuori dall’Italia
negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione
post lauream.
Per accedere al regime speciale per i lavoratori impatriati, la norma istitutiva
del regime fiscale agevolato presuppone, inoltre, che il soggetto non sia stato
residente in Italia per un periodo minimo precedente all’impatrio.
A tal fine, si osserva che l’articolo 16 del D.Lgs. n. 147 del 2015 non indica
espressamente un periodo minimo di residenza estera, come, invece, previsto per i
soggetti di cui al comma 1 del medesimo articolo 16 (permanenza all’estero per i
cinque periodi di imposta precedenti al trasferimento in Italia).
A tale proposito, con risoluzione n. 51/E del 7 luglio 2018 , questa Agenzia ha
precisato che: “considerato, tuttavia, che il comma 2 prevede un periodo minimo di
lavoro all’estero di due anni, la scrivente ritiene che, per tali soggetti, la residenza
all’estero per almeno due periodi d’imposta costituisca il periodo minimo
sufficiente ad integrare il requisito della non residenza nel territorio dello Stato e a
consentire, pertanto, l’accesso al regime agevolativo”.
Detti soggetti possono accedere all’agevolazione a condizione che
trasferiscano la residenza in Italia ai sensi dell’articolo 2, del TUIR, e si impegnino a
permanervi per almeno due anni.
Si ricorda che, ai sensi dell’articolo 2 del TUIR, sono residenti in Italia le
persone fisiche che, per almeno 183 giorni (o 184 giorni in caso di anno bisestile),
sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello
Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile.
Le condizioni appena indicate sono fra loro alternative; pertanto, la
sussistenza anche di una sola di esse è sufficiente a fare ritenere che un soggetto sia
qualificato, ai fini fiscali, residente in Italia.
Con riferimento al caso di specie, l’istante riferisce di essere cittadino italiano
in possesso di un titolo di laurea, trasferitosi all’estero dal maggio 2016 dopo essere
stato dipendente presso la società italiana A (gruppo B). Dall’aprile 2016, è stato
assunto negli Emirati Arabi Uniti, con un contratto di lavoro emiratino, presso la
società C, e poi, dal 5 febbraio 2018, dalla società emiratina F, facenti parte del
gruppo multinazionale D.
Dal 1° agosto 2018, ha pianificato di trasferire la residenza anagrafica in
Italia per iniziare una nuova attività lavorativa presso la società italiana E (società
facente anch’essa parte del gruppo D).
Ciò premesso, la scrivente ritiene che, nel caso in esame, la ricorrenza delle
circostanze evidenziate, ed in particolare l’autonomia dei rapporti contrattuali con il
gruppo D, non oggetto di controllo in questa sede, consenta all’istante di accedere, ai
sensi del comma 2 dell’articolo 16 del D.Lgs. n. 147 del 2015, al beneficio fiscale in
commento, a nulla rilevando il fatto che l’attività lavorativa all’estero sia stata
prestata con società appartenenti allo stesso gruppo”.