SOMMARIO: 1. Oggetto e premessa metodologica – 2. Sulla modalità di notificazione delle sentenze tramite posta elettronica certificata – 3. Sull’applicabilità dell’art. 3-bis della legge n. 53/1994 al processo tributario – 4. … e sui limiti “tecnici” alla sua applicazione – 5. L’equivalenza tra le notifiche a mezzo p.e.c. e le raccomandate postali con avviso di ricevimento – 6. Gli orientamenti della giurisprudenza di merito e la prima pronuncia della Corte di Cassazione – 7. Conclusioni.
1. Oggetto e premessa metodologica
Con il presente contributo si intende fornire risposta al seguente quesito: se la notificazione delle sentenze delle Commissioni tributarie provinciali e regionali, effettuata in proprio dagli avvocati tramite posta elettronica certificata (in breve “p.e.c.”) ai sensi della legge 21 gennaio 1994, n. 53, sia idonea a far decorrere il termine breve di impugnazione di 60 giorni di cui all’art. 51, primo comma, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (1).
La limitata giurisprudenza di merito sinora chiamata a pronunciarsi in materia di utilizzabilità della p.e.c. nel processo tributario è intervenuta con pronunce altalenanti, talvolta prive di una esaustiva disamina della normativa applicabile in tema. Recentemente si è altresì pronunciata – a quanto consta per la prima volta – la Corte di Cassazione la quale, con argomentazioni diffuse ma non pienamente condivisibili, ha propeso per l’inesistenza delle notifiche effettuate a mezzo p.e.c. nel processo tributario.
La ricostruzione della normativa applicabile alla fattispecie, purtroppo disseminata in numerosi ed eterogenei testi normativi, induce al contrario a ritenere che la notifica di una sentenza effettuata via p.e.c. ai sensi della citata legge n. 53/1994 sia perfettamente idonea a far decorrere il termine breve di impugnazione non solo nel processo civile, ma anche in quello tributario.
Prima di entrare funditus nella questione occorre discernere, piuttosto nettamente, tra la disciplina che sorregge le notifiche telematiche in proprio effettuate dagli avvocati ai sensi dell’art. 3-bis della legge n. 53/1994 e quella che informa i vari “processi telematici” in via di implementazione nel nostro ordinamento (civile, amministrativo e tributario). Difatti la prima, come si dirà, è solo marginalmente influenzata da quella dei secondi e non sembra affatto corretto far applicazione del sillogismo, invocato da diverse Commissioni tributarie (2) e dalla stessa Corte di Cassazione (3), secondo cui non essendo stato implementato tout court il processo tributario telematico allora non sarebbe possibile ricorrere alle notifiche telematiche in proprio degli avvocati ai sensi del predetto art. 3-bis della legge n. 53/1994.
È bensì vero infatti che il processo tributario telematico (“PTT”), introdotto a livello normativo dall’art. 39, ottavo comma, del D.L. 6 luglio 2011, n. 98 (convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111), e poi regolamentato con i DD.MM. 23 dicembre 2013, n. 163, 4 agosto 2015 e 30 giugno 2016, non ha ancora avuto piena attuazione se non, in via meramente facoltativa, nelle Commissioni provinciali e regionali delle Regioni Toscana e Umbria e, entro la fine del 2016, nelle Regioni Abruzzo, Molise, Piemonte, Liguria, Emilia Romagna e Veneto.
Tuttavia la disciplina delle notifiche c.d. “in proprio” degli avvocati tramite p.e.c. di cui all’art. 3-bis della legge n. 53/1994, introdotto dall’art. 16-quater del D.L. 18 ottobre 2012 n. 179 (convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221) (4), come si dirà meglio in seguito, può dirsi del tutto autonoma e compiuta rispetto a quella del processo tributario telematico.
2. Sulla modalità di notificazione delle sentenze tramite posta elettronica certificata
La notificazione delle sentenze tramite posta elettronica certificata ai sensi dell’art. 3-bis della legge n. 53/1994 risulta, da un punto di vista squisitamente tecnico, particolarmente agevole. La scansione dell’atto da notificarsi dev’essere allegata al messaggio di posta elettronica certificata unitamente ad una relazione di notificazione redatta su documento informatico separato, sottoscritto digitalmente dall’avvocato notificante, la quale, oltre a contenere l’indicazione degli estremi dell’atto da notificarsi, del mittente e del suo difensore, del destinatario e dell’indirizzo di posta elettronica certificata dello stesso (con l’espressa indicazione da quale pubblico elenco o atto defensionale esso è stato tratto), deve essere corredata dall’attestazione della conformità, all’originale cartaceo, della scansione dell’atto da notificarsi.
Il messaggio di p.e.c. così composto, che ben può essere privo di contenuto ma che deve avere nell’oggetto la dicitura «notificazione ai sensi della legge n. 53 del 1994» (5), deve essere inviato all’indirizzo di posta elettronica certificata come sopra individuato. Null’altro.
La notificazione così effettuata si perfeziona, per il soggetto notificante, nel momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione del messaggio di p.e.c. da parte del proprio gestore di posta e, per il destinatario, nel momento in cui viene generata la ricevuta di consegna del medesimo messaggio da parte del gestore di posta del destinatario (6).
3. Sull’applicabilità dell’art. 3-bis della legge n. 53/1994 al processo tributario
In merito all’applicabilità della legge n. 53/1994 al processo tributario non sembrano esserci oramai più dubbi, anche alla luce della più recente giurisprudenza di legittimità (7). Da un lato infatti è sì vero che l’art. 1 di tale legge ne delimita il campo di applicazione alla materia «civile, amministrativa e stragiudiziale», senza far cenno alla tributaria. Dall’altro lato è altrettanto vero però che il rinvio c.d. “mobile” effettuato dall’art. 16 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, agli artt. 137 e segg. c.p.c., rende legittima, nel processo tributario, ogni forma di notificazione che lo sia anche nel processo civile, ivi compresa dunque quella effettuata in proprio dagli avvocati ai sensi della legge n. 53/1994. Ciò in ragione della sua piena equipollenza rispetto alle notifiche effettuate dall’ufficiale giudiziario di cui al codice di procedura civile. Ed in tale legge, come anticipato, è contenuto anche l’art. 3-bis recante la disciplina delle notifiche a mezzo p.e.c. da parte degli avvocati il quale trova pertanto pieno ingresso, a livello normativo, anche nel processo tributario.
Del resto, sarebbe del tutto irragionevole ritenere applicabile al processo tributario un’intera legge escluso un singolo articolo in assenza di una specifica indicazione legislativa in tal senso. Indicazione legislativa che peraltro è presente, ma è nel segno della piena applicabilità del citato art. 3-bis al processo tributario. Ed infatti, il comma 3-bis (8) dell’art. 16-quater del D.L. n. 179/2012, come anticipato, prevede espressamente che le notifiche via p.e.c. da parte degli avvocati «non si applicano alla giustizia amministrativa».
Ebbene, l’espressa esclusione della sola giustizia amministrativa dal campo di applicazione dell’art. 3-bis della legge n. 53/1994 conferma, secondo il celeberrimo criterio ermeneutico ubi lex voluit dixit, la sua piena applicabilità alla giustizia tributaria la quale, come noto, è ben distinta ed autonoma rispetto alla giustizia amministrativa.
Inoltre, è ben possibile effettuare una notifica ai sensi del citato art. 3-bis nel pieno rispetto della «normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici», come richiesto dal primo comma di tale articolo. La predetta regolamentazione è difatti avvenuta con il D.M. 23 dicembre 2013, n. 163, il quale, muovendo dalle nozioni “informatiche” contenute nel D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (Codice dell’Amministrazione Digitale, in breve “CAD”), ha sostanzialmente mutuato nel processo tributario le norme regolamentari già individuate per il processo civile telematico dal Ministero della giustizia (9).
Peraltro l’unico limite giuridico-temporale posto dal citato art. 16-quater del D.L. n. 179/2012 per la piena operatività dell’art. 3-bis della legge n. 53/1994, ossia l’aggiornamento del D.M. 12 maggio 2011, n. 44 (10), è stato superato a far data dal 24 maggio 2013, giorno in cui è entrato in vigore il D.M. 3 aprile 2013, n. 48.
4. … e sui limiti “tecnici” alla sua applicazione
Neppure dal punto di vista prettamente “tecnico” sembrano rinvenirsi ostacoli circa la possibilità di notificare via p.e.c. le sentenze pronunciate dalle Commissioni tributarie provinciali e regionali. Come anticipato, da un lato l’art. 3-bis della legge n. 53/1994 in oggetto si dimostra pressoché autosufficiente rispetto alla normativa regolamentare concernente i vari “processi telematici” in via di implementazione nel nostro ordinamento; dall’altro lato, la normativa regolamentare concernente «la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici» nel processo tributario è stata già introdotta, come anticipato, con il D.M. n. 163/2013.
Le apparenti insidie contenute in tale disposizione e sollevate da alcune Commissioni tributarie chiamate a pronunciarsi sul punto (di cui si dirà) sembrano pertanto rimanere tali.
Anzitutto, quanto all’attestazione di conformità all’originale della sentenza da notificarsi, il secondo comma del citato art. 3-bis prevedeva inizialmente che questa avvenisse ai sensi dell’art. 22 del CAD. A sua volta tale disposizione richiamava le (complesse) regole tecniche di cui all’art. 71 del medesimo testo normativo, approvate solo con il D.P.C.M. 13 novembre 2014. Ebbene, tale difficoltà appartiene al passato, poiché l’art. 3-bis dispone ora che l’attestazione di conformità della sentenza da notificarsi debba avvenire ai sensi dell’art. 16-undecies del citato D.L. n. 179/2012, il quale ha attribuito, a decorrere dall’agosto 2015, il potere di autentica direttamente all’avvocato notificante, mediante dichiarazione che può essere contenuta o in calce al documento stesso o nella relazione di notificazione, debitamente sottoscritta digitalmente.
Nondimeno, sul punto preme osservare altresì che è oramai consolidato l’orientamento della Suprema Corte secondo cui anche la notifica di una copia priva dell’attestazione di conformità all’originale è pienamente idonea a far decorrere il termine breve di impugnazione qualora la parte destinataria della notifica non contesti la difformità tra la copia notificata e quella autentica e tale circostanza venga giudizialmente accertata (11).
Nessun dubbio poi circa l’elenco dal quale trarre l’indirizzo dell’Amministrazione destinataria della notifica.
Sino all’agosto 2014 l’Indice delle Pubbliche Amministrazioni (c.d. IPA) istituito dall’art. 57-bis del CAD, accessibile a chiunque e consultabile gratuitamente, conteneva (e contiene tutt’oggi) la totalità degli indirizzi di posta elettronica certificata delle pubbliche Amministrazioni, ivi compresi quelli di tutte le Direzioni provinciali e regionali delle Agenzie fiscali. Tale elenco, a seguito della novella di cui al D.L. n. 90/2014, non è più considerato “pubblico” ed è stato sostituito dall’Indice PP.AA. di cui all’art. 16, comma 12, del D.L. n. 179/2012, consultabile unicamente dai soggetti abilitati (12) e contenente, ad oggi, un solo indirizzo di p.e.c. dell’Agenzia delle entrate ed uno solo dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli. Tuttavia l’IPA è stato “ripescato” dal citato D.M. n. 163/2013 (13), tornando ad essere, per il solo processo tributario, un pubblico elenco dal quale trarre l’indirizzo di p.e.c. del soggetto destinatario della notifica.
In ogni caso, anche a voler prescindere dalla “pubblicità” degli elenchi, si dovrebbe ritenere pienamente valida anche la notifica effettuata all’indirizzo di p.e.c. indicato dall’Ufficio finanziario nel proprio atto di costituzione in giudizio (14) il quale, secondo la più recente giurisprudenza di legittimità, costituisce quel “domicilio digitale” presso il quale è possibile effettuare le notifiche processuali (15). L’espressa ratifica del concetto di “domicilio digitale” si è peraltro avuta con l’art. 6 del più volte citato D.M. n. 163/2013 (16).
Infine, non sembra sussistere neppure alcun ostacolo tecnico per il successivo deposito presso la segreteria della Commissione tributaria della copia della sentenza notificata e dei relativi documenti attestanti l’avvenuta notificazione. Un’espressa disposizione contenuta nella legge n. 53/1994, e segnatamente il comma 1-bis dell’art. 9 (17), ha ovviato al caso in cui il processo nel corso del quale la prova della notifica debba essere depositata non sia “telematico” bensì ancora “analogico”.
Ciò ancora una volta a riprova dell’autonomia di disciplina tra le notifiche a mezzo p.e.c. e i singoli processi telematici, essendo legislativamente possibile procedere alle prime anche nei casi in cui i secondi non siano “a regime”.
5. L’equivalenza tra le notifiche a mezzo p.e.c. e le raccomandate postali con avviso di ricevimento
In aggiunta rispetto alle argomentazioni sopra esposte, vi è un ulteriore disposizione che sembrerebbe togliere ogni dubbio circa la piena idoneità delle notifiche delle sentenze tributarie effettuate mediante p.e.c. a far decorrere il termine breve di impugnazione. Ci si riferisce all’art. 48 del CAD, il quale prevede che le notifiche a mezzo p.e.c. equivalgono in tutto e per tutto alle notifiche a mezzo raccomandata, a condizione che le legge non disponga diversamente (18). Nel caso di specie, non essendovi alcuna norma in senso contrario, le notifiche effettuate tramite posta elettronica certificata devono ritenersi in tutto e per tutto equipollenti alle notifiche effettuate tramite posta raccomandata con avviso di ricevimento e, pertanto, idonee a far decorrere il termine breve di impugnazione ai sensi del combinato disposto degli artt. 38 e 16 del D.Lgs. n. 546/1992 (19).
Del resto la piena “conoscibilità” dell’atto, scopo della notificazione, è ampiamente garantita dall’utilizzo del predetto strumento informatico. Tant’è vero ciò che, per il soggetto destinatario della notifica, questa si ritiene perfezionata solo nel momento in cui il messaggio diviene disponibile sul server di posta elettronica del destinatario stesso (20). Volendo effettuare un paragone con le notifiche a mezzo posta ordinaria, è come se la notifica si perfezionasse quando la “busta verde” contenente l’atto da notificarsi è nelle mani del destinatario, garantendogli così la piena “conoscibilità” del suo contenuto.
6. Gli orientamenti della giurisprudenza di merito e la prima pronuncia della Corte di Cassazione
La giurisprudenza di merito si è espressa in tema di utilizzabilità, in generale, della p.e.c. nel processo tributario con sentenze tra loro contrastanti e non sempre (rectius, quasi mai) dotate di forti supporti argomentativi.
Le ragioni addotte dalle Commissioni tributarie a favore di un generale utilizzo della p.e.c. nel processo tributario fanno leva sia sul rinvio mobile alle norme processual-civilistiche di cui all’art. 1 del D.Lgs. n. 546/1992, sia sulla certezza e affidabilità garantite da tale strumento informatico (21).
Le ragioni contrarie ruotano invece attorno all’assenza di decreti attuativi del processo tributario telematico (o meglio, della loro adozione solo recentemente e solo per determinate Regioni) e all’inapplicabilità della legge n. 53/1994 al processo tributario, in quanto l’art. 1 di tale legge, nel precisare il proprio ambito d’applicazione, farebbe riferimento alla sola materia civile, amministrativa e stragiudiziale (22).
In merito al tema di precipuo interesse per il presente contributo sono state emesse al momento, a quanto consta, solo tre pronunce.
La prima, in ordine temporale, è della Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna (23), la quale ha sostenuto, in via generale, che la legge n. 53/1994 non riguarderebbe la materia tributaria e, nello specifico, che il D.L. n. 179/2012 ha espressamente escluso l’applicabilità dell’art. 3-bis della citata legge al processo amministrativo e, dunque, anche a quello tributario.
Come esposto, si è dell’idea che l’espressa esclusione della sola giustizia amministrativa dal campo di applicazione dell’art. 3-bis della legge n. 53/1994 al contrario confermi la sua piena applicabilità alla giustizia tributaria la quale, come noto, è ben distinta ed autonoma rispetto alla giustizia amministrativa (24).
Successivamente si è pronunciata la Commissione tributaria regionale delle Marche (25) la quale, al contrario, ha respinto l’eccezione dell’Ufficio finanziario circa l’inesistenza della notifica della sentenza tramite p.e.c. poiché, a suo dire, effettuata in violazione dell’art. 38 del D.Lgs. n. 546/1992 sostenendo che tale eccezione sarebbe «in aperto contrasto con l’art. 4 DPR 68/2005» (26), senza null’altro aggiungere. Pur nella condivisione della conclusione cui sono giunti i giudici marchigiani, appare “sbrigativo” (e, forse, insufficiente) il mero richiamo all’art. 4 del D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68 («Regolamento recante disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata»), per giustificare l’utilizzabilità delle notifiche a mezzo p.e.c. nel processo tributario, prevedendo tale disposizione la mera generica efficacia legale dello strumento informatico de quo.
Da ultima, ma ovviamente non per ordine di importanza, è intervenuta la Corte di Cassazione (27), con argomentazioni piuttosto diffuse ancorché non particolarmente ficcanti.
In primis i Massimi Giudici hanno osservato che l’art. 1 della legge n. 53/1994, come già rilevato da alcune Commissioni tributarie, limiterebbe il campo di applicazione di tale testo normativo alla sola materia civile, amministrativa e stragiudiziale. Tale affermazione sembra però in manifesto contrasto con quanto da anni la medesima Corte va affermando in tema di applicabilità della citata legge n. 53/1994 al processo tributario (28).
In secundis i Supremi Giudici hanno fatto leva sull’art. 16, quarto comma, del D.P.R. n. 68/2005, secondo cui tale decreto non sarebbe applicabile, fra gli altri processi, anche a quello tributario.
Anche tale argomento, a ben vedere, non persuade. Il predetto articolo prevede difatti l’inapplicabilità di tale regolamento a tutti i diversi processi previsti dall’ordinamento (ossia civile, penale, amministrativo, tributario e contabile). È evidente quindi, stante il progredire della normazione in tema di processi “telematici”, che siffatta disposizione sia stata espressamente superata dalla successiva produzione legislativa e regolamentare che ha disciplinato l’utilizzo degli strumenti informatici nei singoli processi, fra cui quello tributario. Opinando diversamente, infatti, non potrebbero ritenersi legittime le notifiche a mezzo p.e.c. neppure nel processo civile.
Infine, la Suprema Corte ha ritenuto inapplicabile l’art. 48 del CAD (29) al processo tributario in quanto vi sarebbe una «legge che dispone altrimenti». Tale sarebbe il comma 3-bis dell’art. 16-quater del D.L. n. 179/2012 il quale, come più volte ripetuto, prevede espressamente che le notifiche via p.e.c. da parte degli avvocati «non si applicano alla giustizia amministrativa». Il nesso tra le due disposizioni, in tutta franchezza, sfugge, in quanto il letterale significato di tale norma, come più volte evidenziato, è quello di escludere il solo processo amministrativo dal campo di applicazione di cui all’art. 3-bis della legge n. 53/1994 senza che ciò possa avere riverbero sulla giustizia tributaria. Ed anzi, come detto, il non aver ricompreso la giustizia tributaria in tale norma di “esclusione” conferma, ancora una volta, l’applicabilità del citato art. 3-bis a tale ambito.
Infine i Massimi Giudici hanno rilevato come non siano stati ancora adottati i regolamenti attuativi del processo tributario telematico o, meglio, siano stati adottati solo con riferimento a limitate Regioni. Ma come premesso, si ritiene del tutto erroneo ritenere inapplicabile al processo tributario la disciplina delle notifiche in proprio tramite p.e.c. ai sensi dell’art. 3-bis della legge n. 53/1994 a causa della incompleta implementazione in tutte le Regioni del processo tributario telematico (PTT). Come detto infatti, la disciplina delle notifiche a mezzo p.e.c. può dirsi autonoma e compiuta rispetto a quella del processo tributario telematico.
7. Conclusioni
Dalla disamina della normativa applicabile in tema di notifiche a mezzo p.e.c. delle sentenze delle Commissioni tributarie non sembrano quindi sussistere dubbi circa la loro idoneità a far decorrere il termine breve di impugnazione di cui all’art. 51 del D.Lgs. n. 546/1992. La limitata giurisprudenza espressasi sul punto non sembra ancora particolarmente “matura” e avvezza ai tecnicismi che caratterizzano la materia. Inoltre, come ogni novità – a maggior ragione quella di specie, connotata non solo da una disseminazione delle disposizioni applicabili in differenti testi normativi, bensì anche da una forte “diffidenza” verso lo strumento informatico utilizzato – ci metterà del tempo a consolidarsi. Basti rilevare che le prime notifiche “in proprio” da parte degli avvocati via posta ordinaria ai sensi della legge n. 53/1994 sono state effettuate molto tempo dopo rispetto alla sua entrata in vigore. Ma si è tuttavia fiduciosi sul fatto che i problemi sollevati sul tema dalla giurisprudenza di merito e acuiti dalla prima pronuncia di legittimità ben presto apparterranno al passato.
Avv. Gianmarco Dellabartola
(1) La presente trattazione volutamente esula dal differente tema delle notifiche, eseguite con lo stesso mezzo, degli atti introduttivi o d’impugnazione, stante la maggiore incertezza normativa sussistente sul punto.
(2) Su tutte si veda la sentenza della Comm. trib. reg. dell’Emilia Romagna, sez. I, 21 ottobre 2015, n. 2065, in Boll. Trib. On-line.
(3) Cfr. Cass., sez. VI, 12 settembre 2016, ord. n. 17941, pubbl. in Boll. Trib., 2016, 1576.
(4) Ed emendato poi con il D.L. 24 giugno 2014, n. 90 (convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114), il quale ha espunto il requisito del previo ottenimento dell’autorizzazione da parte del Consiglio dell’Ordine professionale ad effettuare le notifiche “in proprio”, e con la legge 6 agosto 2015, n. 132, che ha modificato le modalità di attestazione di conformità all’originale cartaceo della copia informatica da notificarsi.
(5) Così il quarto comma dell’art. 3-bis in esame.
(6) Nella gran parte dei casi la differenza temporale tra le due ricevute è di qualche secondo.
(7) Tra le più significative cfr. Cass., sez. trib., 24 marzo 2011, ord. n. 6811, in Boll. Trib. On-line, secondo cui «in tema di contenzioso tributario, ai fini della regolare proposizione dell’appello dinanzi alle Commissioni tributarie regionali, la notifica a mezzo posta, eseguita ai sensi della L. 21 gennaio 1994, n. 53, equivale in tutto e per tutto a quella effettuata a mezzo ufficiale giudiziario». Nello stesso senso cfr. Cass., sez. VI, 31 luglio 2013, ord. n. 18385; Cass., sez. VI, 4 novembre 2013, n. 24687; e Cass., sez. VI, 2 dicembre 2013, n. 27030; tutte in Boll. Trib. On-line. In dottrina E. FRONTICELLI BALDELLI, Notifica a mezzo PEC del ricorso in Commissione tributaria da parte dell’avvocato, in il fisco, 2016, 1-3455.
(8) Introdotto ad opera dell’art. 46, secondo comma, del citato D.L. n. 90/2014.
(9) Si precisa sul punto che è bensì vero che la regolamentazione avvenuta con il citato D.M. n. 163/2013 ha demandato ad un successivo regolamento l’implementazione delle regole tecniche concernenti lo svolgimento “telematico” del singolo grado di giudizio tributario. Tuttavia lo stesso decreto ha disciplinato «la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici», realizzando quella condizione sufficiente per l’applicazione delle notifiche ai sensi dell’art. 3-bis in esame prevista dal primo comma. In particolare è stata definita la nozione di documento informatico, di copia per immagine su supporto informatico, di firma elettronica e di firma digitale, facendo espresso richiamo al D.Lgs. n. 82/2005 (CAD) per quanto non espressamente previsto dal citato D.M.
(10) Regolamento concernente le regole tecniche per l’adozione nel processo civile e nel processo penale delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
(11) Ex multis cfr. Cass., sez. I, 22 marzo 2012, n. 4553, in Mass. Foro it., 2012, 260, secondo cui «il ricorso non si appunta sulla carenza di attestazione di conformità ma sulla mancanza del sigillo della Cancelleria. Si tratta però di una irregolarità che non incide sulla validità della notificazione e non impedisce il decorso del termine breve di impugnazione in assenza di una contestazione sulla conformità della copia notificata all’originale (si veda in argomento Cass. civ., sez. lav., n. 16317 del 19 agosto 2004 secondo cui la stessa mancanza, nella copia della sentenza notificata, della certificazione del cancelliere attestante la conformità di tale copia all’originale, atteso il disposto dell’art. 160 cod. proc. civ. che individua i casi di nullità della notificazione, non incide sulla validità della notificazione e non ne comporta l’inidoneità a far decorrere il termine breve per la impugnazione senza che il destinatario dell’atto deduca la difformità tra il contenuto della copia della sentenza notificata e quello dell’originale)».
(12) Ossia dagli uffici giudiziari, dagli uffici notificazioni, esecuzioni e protesti, e dagli avvocati.
(13) Cfr. l’art. 7, quinto comma, del citato D.M. n. 163/2013, secondo cui «Per gli enti impositori, l’indirizzo di posta elettronica certificata di cui al comma 1 è quello individuato dall’articolo 47, comma 3, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, pubblicato nell’IPA».
(14) Ancorché spesso seguita dalla (inutile e priva di efficacia) dicitura «valida ai soli fini delle comunicazioni di cancelleria ai sensi dell’art. 16-bis del D.Lgs. n. 546/1992» o simili.
(15) Cfr., seppure con riferimento all’indicazione della p.e.c. da parte degli avvocati, Cass., sez. un., 20 giugno 2012, n. 10143, in Giust. civ., 2012, I, 1994; e Cass., sez. I, 1° settembre 2015, n. 17400, in Boll. Trib. On-line.
(16) Tale norma dispone infatti al primo comma che «l’indicazione dell’indirizzo di posta elettronica certificata di cui all’articolo 7, ai sensi dell’articolo 18 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, contenuta nel ricorso introduttivo o nell’istanza di reclamo e mediazione notificati tramite p.e.c., equivale ad elezione di domicilio digitale ai fini delle comunicazioni e notificazioni telematiche», e al terzo comma che «le disposizioni dei commi precedenti si applicano anche nei successivi gradi del processo, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546».
(17) Secondo cui «Qualora non si possa procedere al deposito con modalità telematiche dell’atto notificato a norma dell’articolo 3-bis, l’avvocato estrae copia su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e ne attesta la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte ai sensi dell’articolo 23, comma 1, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82».
(18) «1. La trasmissione telematica di comunicazioni che necessitano di una ricevuta di invio e di una ricevuta di consegna avviene mediante la posta elettronica certificata ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, o mediante altre soluzioni tecnologiche individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentito DigitPA. 2. La trasmissione del documento informatico per via telematica, effettuata ai sensi del comma 1, equivale, salvo che la legge disponga diversamente, alla notificazione per mezzo della posta».
(19) In tal senso si veda Comm. trib. prov. di Matera, sez. I, 26 ottobre 2015, n. 447, in Boll. Trib. On-line; nello stesso senso, ma con riferimento alla notifica a mezzo p.e.c. di un avviso di accertamento ICI, cfr. Comm. trib. prov. di Bergamo, sez. II, 22 marzo 2016, n. 166, ivi.
(20) Così il terzo comma dell’art. 3-bis della legge n. 53/1994, secondo cui «La notifica si perfeziona … per il destinatario, nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna prevista dall’articolo 6, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68».
(21) Cfr. Comm. trib. prov. di Livorno, sez. I, 4 dicembre 2015, n. 544, in Boll. Trib. On-line, laddove si legge che «con la introduzione nel processo civile della notifica tramite pec, ed in virtù della norma processualetributaria appena richiamata [art. 1 del D.Lgs. n. 546/1992, n.d.r.], di rinvio al diritto processuale civile, non è dato ritenere la tassatività delle forme notificatorie di cui al combinato disposto dell’art. 20 con l’art. 16 del D.Lgs. n. 546/1992», e che «la trasmissione di un atto tramite pec, così come da altri già precisato, altro non è che quel sistema che permette di inviare comunicazioni e documenti con un elevato livello di sicurezza, ma soprattutto “con lo stesso valore legale della raccomandata con ricevuta di ritorno”»; con argomentazioni non dissimili ma decisamente più concise, cfr. pure Comm. trib. reg. della Lombardia, sez. LXV, 17 marzo 2016, n. 1632, in Boll. Trib. On-line.
(22) Tra le più argomentate cfr. Comm. trib. reg. del Lazio, sez. II, 24 settembre 2015, n. 5019, e Comm. trib. reg. del Lazio, sez. II, 20 gennaio 2016, n. 249, entrambe in Boll. Trib. On-line, laddove si legge che «per quanto concerne il processo tributario, l’art. 39, comma 8, lett. “d” del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, il suo regolamento attuativo (D.M. n. 163 del 2013) e la ulteriore disciplina da ultimo recata dal D.Dir. del 4 agosto 2015, hanno introdotto una regolamentazione specifica concernente anche le notificazioni che non è ancora del tutto compiuta, a differenza di quella riguardante il processo civile telematico, il quale ha avuto una genesi ed un percorso attuativo del tutto distinto»; nello stesso senso cfr. Comm. trib. reg. della Lombardia, sez. XXXVIII, 28 settembre 2015, n. 4114; Comm. trib. prov. di Benevento, sez. I, 13 dicembre 2013, n. 395; e Comm. trib. prov. di Modena, sez. III, 4 maggio 2015, n. 412; tutte in Boll. Trib. On-line.
(23) Cfr. Comm. trib. reg. dell’Emilia Romagna n. 2065/2015, cit., secondo cui «L’art. 46 D.L. n. 90 del 2014, con sua formulazione peraltro non chiarissima, dispone in definitiva che le norme tecniche previste per il processo civile non possono applicarsi al processo amministrativo. Ora, se il caposaldo normativo da cui muoveva la tesi favorevole all’ammissibilità risiedeva nella estensione del novero delle cause “amministrative” contemplate dall’art. 1 L. n. 53 del 1994 a quelle “tributarie”, alla luce del citato art. 46 comma 2 D.L. n. 90 del 2014 dobbiamo invece concludere che tale equiparazione non vale per le notifiche via PEC».
(24) Basti rilevare che il processo amministrativo ha una propria compiuta disciplina (D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104) del tutto autonoma e distinta rispetto a quella del processo tributario (D.Lgs. n. 546/1992). È sì vero che entrambi, in modi diversi, rimandano per quanto non disposto al c.p.c. (cfr., rispettivamente, l’art. 39 del D.Lgs. n. 104/2010 e l’art. 1 del D.Lgs. n. 546/1992), ma tra loro non hanno nessun reciproco rinvio normativo che legittimi una loro confusione.
(25) Cfr. Comm. trib. reg. delle Marche, sez. VI, 25 maggio 2016, n. 534, in Boll. Trib. On-line.
(26) Trattasi del D.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68 («Regolamento recante disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata») il quale, all’art. 4 richiamato dai giudici marchigiani, prevede che «La posta elettronica certificata consente l’invio di messaggi la cui trasmissione è valida agli effetti di legge».
(27) Cfr. Cass. n. 17941/2016, cit., secondo cui «l’ultimo comma dell’art. 3-bis della legge n. 53/1994, quale introdotto dall’art. 46, comma 2 del DL 24 giugno 2014, n. 90, convertito in legge 11 agosto 2014, n., 114, in vigore dal 26 giugno 2014, stabilisce che sono escluse dalla disciplina dettata dai commi 2 e 3 del suddetto art. 3-bis della legge n. 53/1994 le notifiche relative al giudizio amministrativo, restando anche attraverso detta disposizione confermato che le norme tecniche per la notifica mediante posta elettronica certificata dettata per il processo civile non potessero trovare applicazione nel processo tributario neppure quale giudizio d’impugnazione sull’atto amministrativo tributario. A ciò consegue l’impossibilità che nella fattispecie possa assumersi l’equivalenza della trasmissione del documento informatico per via telematica alla notificazione per mezzo della posta, stabilita dall’art. 48, comma 2, del D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82 (codice dell’amministrazione digitale, solo “salvo che la legge disponga altrimenti’’)»; ed ancora, «dal sistema normativo così ricostruito, che le notifiche a mezzo posta elettronica certificata nel processo tributario sono consentite laddove è operativa la disciplina del c.d. processo tributario telematico».
(28) Sul punto si veda la giurisprudenza di legittimità indicata nella precedente nota 7.
(29) Il quale, lo si ricorda ancora, prevede che le notifiche a mezzo p.e.c. equivalgono in tutto e per tutto alle notifiche a mezzo raccomandata, a condizione che le legge non disponga diversamente.