Buy cheap Viagra online
SOMMARIO: 1. La ratio dell’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972, e la sua relazione con il compimento del trasposto marittimo – 2. La ricognizione della corrispondente disposizione comunitaria che esenta dall’IVA i servizi diretti a sopperire ai bisogni della nave e del suo carico – 3. I presupposti di applicazione dell’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972 – 4. Alcune conclusioni sull’identificazione del presupposto del regime di non imponibilità nel funzionamento caratteristico del porto – 5. L’intrusione dell’“interesse esclusivo del committente” – 6. L’espressione dei presupposti dell’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972, nel contesto del traffico crocieristico.
1. La ratio dell’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972, e la sua relazione con il compimento del trasposto marittimo
Con questo contributo mi ripropongo alcune osservazioni sul regime di non imponibilità IVA delle prestazioni di servizi rese in ambito portuale traendo spunto dal trattamento tributario delle prestazioni di sbarco e imbarco dei bagagli dei crocieristi presso le stazioni marittime perché nella disamina di questa fattispecie ho riscontrato un certo disordine nei riferimenti che delimitano i contorni dell’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
Quindi non mi ripropongo di perorare la causa dell’applicazione del regime di non imponibilità ai servizi di movimentazione bagagli dei passeggeri in area portuale, che è abbastanza ovvia, ma semplicemente di cogliere l’occasione per riordinare le coordinate di applicazione dell’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972, ed esercitarne poi un’applicazione alle attività portuali svolte in relazione al traffico crocieristico.
Le prestazioni da cui traggo questa occasione di approfondimento consistono nelle operazioni di movimentazione dei bagagli dei crocieristi in arrivo e in partenza, cioè del loro sbarco e imbarco, che sono rese da imprese espressamente autorizzate all’esercizio di operazioni o servizi portuali ai sensi dell’art. 16 della legge 26 novembre 1994, n. 84, o dell’art. 68 cod. nav. e sono svolte presso quelle aree portuali che sono adibite a stazione marittima.
Queste attività, nonostante siano talvolta impropriamente e anacronisticamente denominate di “portabagagli” (1) sono svolte secondo modalità, spesso anche diverse tra loro, che implicano l’utilizzo di impianti portuali e attrezzature, come ad esempio nastri trasportatori, carrelli elevatori e altro.
Inoltre, in alcuni casi, l’impresa autorizzata che si occupa dello scarico e del carico dei bagagli svolge anche attività che riguardano l’esecuzione dello sbarco e dell’imbarco dei passeggeri, operazione che coinvolge anch’essa la custodia e la manovra da parte di personale specificamente istruito di impianti come i corridoi mobili chiusi elettromeccanici di collegamento della nave con la stazione marittima per il passaggio dei passeggeri, conosciuti con il nome di “fingers” a cui si aggiunge talvolta anche l’attività di carico di vettovagliamenti, rifornimenti di arredi e materiali.
L’operazione che riguarda la movimentazione dei bagagli e a maggior ragione se associata al complesso delle altre operazioni descritte è riconducibile alle operazioni non imponibili svolte nei porti a cui si riferisce l’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972, il quale dispone che costituiscono servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali non imponibili «i servizi prestati nei porti, autoporti, aeroporti e negli scali ferroviari di confine che riflettono direttamente il funzionamento e la manutenzione degli impianti ovvero il movimento di beni o mezzi di trasporto, nonché quelli resi dagli agenti marittimi raccomandatari».
I presupposti del regime di non imponibilità quindi, per quello che qui interessa, consistono nello svolgimento dei servizi nell’area portuale o negli altri luoghi (aeroporti, autoporti e scali ferroviari di confine) e nel requisito che tali servizi riflettano direttamente le circostanze fattuali del funzionamento e della manutenzione degli impianti ovvero il movimento di beni o di mezzi di trasporto.
A seguito di alcune incertezze sull’ambito di applicazione di questa norma, probabilmente dovute anche alla trasformazione nel tempo di natura, contenuto e modalità di esecuzione dei servizi resi in quei luoghi, il legislatore è dovuto intervenire con una norma di interpretazione autentica per chiarire, per quanto interessa in questa sede, che tra i servizi contemplati dalla norma si comprendono anche i servizi relativi al movimento delle persone, quelli di assistenza ai mezzi di trasporto e quelli di cui al n. 5) dell’art. 9, primo comma, del D.P.R. n. 633/1972, a prescindere dalla destinazione doganale.
Infatti l’art. 3, tredicesimo comma, del D.L. 27 aprile 1990, n. 90 (convertito, con modificazioni, dalla legge 26 giugno 1990, n. 165), afferma che «tra i servizi prestati nei porti, aeroporti, autoporti e negli scali ferroviari di confine riflettenti direttamente il funzionamento e la manutenzione degli impianti ovvero il movimento di beni o mezzi di trasporto, di cui all’art. 9, n. 6), del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, si intendono compresi anche quelli di rifacimento, completamento, ampliamento, ammodernamento, ristrutturazione e riqualificazione degli impianti già esistenti, pur se tali opere vengono dislocate, all’interno dei predetti luoghi, in sede diversa dalla precedente; si intendono compresi altresì, purché resi nell’ambito dei luoghi come sopra qualificati, i servizi relativi al movimento di persone e di assistenza ai mezzi di trasporto e quelli di cui al numero 5) dello stesso articolo, prescindendo dalla definitiva destinazione doganale dei beni».
Nel contesto dell’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972, il regime di non imponibilità è giustificato e reso opportuno dalla circostanza che nei luoghi indicati dalla norma vengono svolte attività che riguardano gli scambi internazionali (2) e che hanno in qualche modo attinenza con il movimento internazionale di merci e persone (3) e la cui ripartizione tra traffico domestico e traffico internazionale sarebbe difficoltosa e in determinati casi addirittura impossibile a causa del fatto che in quei luoghi si svolgono costantemente una molteplicità di servizi difficilmente scindibili (4).
In particolare è proprio il porto ad avere una spiccata natura internazionale per la ragione che frequentemente i traffici che vi si svolgono sono caratterizzati da profili di internazionalità (5).
Queste operazioni sono ricondotte ai servizi internazionali attraverso una fictio iuris (6) in base alle sole caratteristiche oggettive e al luogo di esecuzione dei servizi e costituiscono una deroga di natura oggettiva rispetto al regime di imponibilità (7).
Ai fini della perimetrazione della norma in esame ritengo che sia rilevante la circostanza che il porto costituisce il luogo e l’infrastruttura dove si realizza il compimento del trasporto marittimo perché questa circostanza comporta un riflesso diretto del compimento del trasporto nelle prestazioni di servizi che sono caratteristiche del porto.
Questo riflesso è corroborato anche da alcuni riscontri normativi.
L’art. 1 del D.Lgs. 6 novembre 2007, n. 203 (8), avente ad oggetto l’attuazione della Direttiva 2005/65/CE relativa al miglioramento della sicurezza nei porti definisce il porto come «una specifica area terrestre e marittima comprendente impianti ed attrezzature intesi ad agevolare le operazioni commerciali di trasporto marittimo».
La relazione tra infrastruttura portuale e compimento del trasporto marittimo trova anche espressione nella nozione di porto formulata dalla Dottrina di settore: «sotto l’aspetto dinamico e aziendalistico rappresenta l’anello di congiunzione tra il trasporto marittimo e quello terrestre (stradale e ferroviario) la sede di attività e servizi volti alla regolazione del traffico marittimo e all’esercizio di attività connesse e complementari ad esso» (9).
A questi riferimenti si può aggiungere l’art. 2 del Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio dell’Unione europea 31 marzo 2004, n. 725, che definisce il concetto di “interfaccia nave/porto” definendolo come «interazioni che hanno luogo quando una nave è direttamente ed immediatamente interessata da attività che comportano il movimento di persone, o di merci o la fornitura di servizi portuali verso la nave o dalla nave».
Secondo i riferimenti che ho appena illustrato quindi il porto assolve la preminente funzione di realizzare il compimento del trasporto marittimo, indispensabile per la congiunzione al trasporto terrestre, mediante i servizi che consistono in attività che comportano movimenti di persone e merci e la fornitura di servizi alla nave.
Ma i servizi che manifestano quelle interazioni tra nave e porto e che costituiscono il completamento del trasporto marittimo corrispondono ai servizi indicati dall’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972, che riguardano appunto la movimentazione di beni e persone ed altri servizi.
Le considerazioni che ho svolto offrono a mio avviso una prima coordinata generale di applicazione dell’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972, secondo la quale i servizi portuali che contribuiscono direttamente al compimento e al completamento del trasporto marittimo rientrano nel campo di applicazione della norma.
2. La ricognizione della corrispondente disposizione comunitaria che esenta dall’IVA i servizi diretti a sopperire ai bisogni della nave e del suo carico
Ai fini della perimetrazione dell’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972, credo sia opportuna una preliminare ricognizione della corrispondente disposizione comunitaria che era dapprima contenuta nell’art. 15, n. 8), della VI Direttiva del Consiglio della Comunità economica europea 17 maggio 1977, n. 388, e che successivamente è stata trasfusa e riprodotta nell’attuale art. 148, lett. d), della Direttiva del Consiglio dell’Unione europea 28 novembre 2006, n. 112.
Pongo in evidenza che anche questa norma comunitaria, come risulta dalla sua rubrica “esenzioni connesse ai trasporti internazionali”, si riferisce a prestazioni di servizi che riguardano il trasporto, e quindi converge anch’essa verso la riferibilità dei servizi detassati ad attività portuali che realizzano il compimento del trasporto marittimo.
Per quanto riguarda il trasporto marittimo questa norma, per quanto qui interessa, dispone che siano esenti (10) da IVA i servizi direttamente destinati a sopperire i bisogni della nave, adibita alla navigazione di alto mare e al trasporto passeggeri, e del suo carico (11).
Si è pertanto posta la questione di quali siano i connotati dei servizi diretti a sopperire ai bisogni della nave e del suo carico.
La Corte di Giustizia CEE, con la sentenza 19 luglio 1985, causa C-168/84 (12), si è occupata della questione ed ha affermato che tali servizi sono quelli che sono necessari per lo “sfruttamento della nave”.
In questa pronuncia, resa proprio in relazione al traffico passeggeri e che riguardava la controversia sul regime IVA di alcuni servizi di intrattenimento a bordo, la Corte ha escluso l’applicazione della norma comunitaria per la ragione che essa riguarda solo quei servizi che «hanno una relazione diretta con i bisogni delle navi e del loro carico cioè le prestazioni necessarie per lo sfruttamento di tali navi» (13).
Il requisito della relazione diretta con i bisogni della nave e del suo carico trova allora una espressione nel parametro della necessità del servizio per lo sfruttamento della nave che è un parametro che risulta soddisfatto da una gamma di servizi piuttosto ampia.
I servizi che sopperiscono direttamente i bisogni della nave e del suo carico e che sono necessari allo sfruttamento della nave sono senza dubbio tutti quei servizi da cui dipende la sua operatività (14) e che compiono il cosiddetto “ciclo della nave”.
Il “ciclo della nave” è una rappresentazione della sequenza di attività che sono indispensabili al compimento del trasporto marittimo e dell’eventuale congiungimento ad un’altra modalità di trasporto, e che sono tradizionalmente articolate e suddivise in servizi al porto, servizi al carico e servizi alla nave (15).
Allora, le attività che configurano un segmento del ciclo della nave e che quindi sono indispensabili al compimento del trasporto e alla operatività della nave – in particolare i servizi al carico o alla nave – soddisfano sicuramente i presupposti dell’esenzione stabiliti dalla disposizione comunitaria perché risultano necessari allo sfruttamento della nave.
Il legislatore italiano però nella formulazione dell’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972, a differenza di altri ordinamenti che hanno adottato una formulazione più fedele alla Direttiva (16), si è allontanato dal testo comunitario e si è affidato alla espressione un po’ farraginosa secondo cui la prestazione di servizi deve «riflettere il funzionamento o la manutenzione degli impianti ovvero il movimento di beni o dei mezzi di trasporto», nei quali si comprendono, come si è detto, anche i servizi relativi al movimento delle persone e alla assistenza ai mezzi di trasporto nonché le operazioni di cui al n. 5) indipendentemente dalla destinazione doganale dei beni.
Nella sostanza però la norma italiana contempla il medesimo contenuto della corrispondente disposizione comunitaria (17) e questo consente di individuare un’altra coordinata di applicazione dell’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972, consistente nella relazione tra il servizio reso e i bisogni diretti della nave e del suo carico e nella necessità del servizio ai fini dello sfruttamento della nave.
3. I presupposti di applicazione dell’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972
Conviene ora spendere qualche riflessione sui singoli presupposti del regime di non imponibilità indicati dall’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972, e in particolare sulla nozione di impianti, sul contenuto del requisito del riflesso diretto, e cioè che la prestazione di servizio debba riflettere direttamente il funzionamento o la manutenzione degli impianti ovvero il movimento di beni o di mezzi di trasporto, sulle nozioni di beni, di mezzi di trasporto e di movimento e sull’estensione della nozione di movimento delle persone.
a) L’ambito di estensione della nozione di impianti contribuisce sicuramente alla minore o maggiore dilatazione dell’area di applicazione della norma.
La nozione di impianto comprende sicuramente ogni singola infrastruttura o attrezzatura portuale che assolve una propria specifica funzione nella esecuzione delle attività portuali.
Sotto questo profilo sono certamente impianti le singole banchine e le attrezzature fisse necessarie alla esecuzione delle operazioni, come ad esempio nel traffico passeggeri i fingers e i nastri trasportatori per la movimentazione dei bagagli, anche per la ragione che simili attrezzature sono espressamente qualificate come “impianti” nelle stesse concessioni rilasciate dalle Autorità portuali per l’affidamento in gestione dell’area portuale ad un’impresa terminalista.
Costituiscono impianto però anche lo stesso porto e la stessa stazione marittima nel loro complesso, con banchine, piazzali e attrezzature e di questo si trovano riscontri in alcune norme.
Nell’art. 2 del Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio dell’Unione europea n. 725/2004 (18), l’impianto portuale è definito in maniera ampia come un “luogo” e precisamente come il luogo ove avvengono le interazioni tra nave e porto mediante attività che comportano il movimento di persone, di merci e la fornitura di servizi portuali nei confronti della nave.
Il D.Lgs. n. 203/2007, all’art. 3, prende in considerazione l’ipotesi che i confini di un impianto portuale comprendano tutto il porto e quindi ammette che porto e impianto possano coincidere, con una sostanziale identità strutturale.
Le norme che ho citato sono un riscontro della circostanza che per “impianto” si intende anche il porto nel suo complesso, come infrastruttura preposta ad assolvere la funzione di interagire con la nave.
La qualificazione come “impianto” della complessiva struttura portuale trova anche riscontro in alcuni interventi di prassi nei quali il termine “impianto” è stato riferito al complesso indistinto dell’intera struttura portuale.
Si inseriscono in questo solco le risoluzioni del Ministero delle finanze che hanno considerato i servizi di disinquinamento compresi nell’ambito di applicazione dell’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972 (19).
Queste risoluzioni muovono dal presupposto che il servizio di disinquinamento rimuove un ostacolo atto a compromettere il normale funzionamento dell’impianto inteso come porto nel suo complesso e senza alcun riferimento a infrastrutture o attrezzature specifiche.
Anche nella risoluzione 29 luglio 2008, n. 322/E (20), che si è occupata del regime IVA, dei servizi di sbarco e imbarco dei passeggeri proprio nel traffico crocieristico, si condivide la riferibilità della nozione di impianto alla complessiva struttura portuale che nel caso specifico è proprio un terminal crocieristico.
In conclusione, il presupposto di applicazione dell’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972, è soddisfatto dai servizi che riflettono il funzionamento di singole infrastrutture e attrezzature o del porto nel suo complesso.
b) Il requisito del riflesso diretto delle circostanze indicate dall’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972, cioè il funzionamento e la manutenzione degli impianti e il movimento di beni o mezzi trasporto, sembra incontrare una difficoltà di inquadramento che si rivela a mio avviso in quegli interventi di prassi che sono stati costretti a sostituire questo requisito con altri presupposti che appaiono estranei alla norma.
Ad esempio, la risoluzione 23 novembre 2000, n. 176/E (21), ha ignorato il requisito del riflesso diretto delle circostanze indicate dall’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972, e ha fondato il presupposto di applicazione della norma sulla circostanza che il servizio rifletta un servizio internazionale o ad esso assimilato (22), argomentazione autoreferenziale e apodittica visto che la qualificazione di servizio internazionale o ad esso assimilato dipende proprio dalla sussistenza dei presupposti indicati da quella norma.
Mentre la circolare 21 aprile 2008, n. 41/E (23), ha sostituito i presupposti della norma con la relazione tra la prestazione di servizio e l’incremento degli scambi internazionali.
Questi interventi di prassi rivelano una certa difficoltà di inquadramento del significato del riflesso diretto del funzionamento o manutenzione degli impianti ovvero del movimento di beni o mezzi di trasporto, anche per la ragione che quei requisiti talvolta sfumano l’uno nell’altro.
Per fare alcuni esempi, il servizio di sbarco di merci o bagagli sfuma nella movimentazione delle merci e al contempo nell’assistenza alla nave, così come il servizio di sbarco dei passeggeri esprime il funzionamento degli impianti (la manovra delle passerelle elettromeccaniche) e contestualmente nel movimento delle persone.
Ma soprattutto contrastano con la norma in commento e la sua ratio poiché non è richiesto affatto che il servizio specifico riveli connotati di extraterritorialità ma anzi se ne prescinde ricorrendo proprio a quella fictio iuris che è volta ad attrarre nel regime di non imponibilità anche servizi che ne sono privi purché resi nell’ambito di alcuno di quei luoghi.
Il requisito del riflesso diretto del funzionamento e della manutenzione degli impianti o del movimento di beni e mezzi di trasporto, si configura invece in ogni attività che esprime direttamente alcuna delle funzionalità del porto per il compimento del trasporto marittimo o per il mutamento delle modalità di trasporto.
Questa connotazione del riflesso diretto degli elementi fattuali dell’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972, incontra manifestazioni spontanee anche in alcune espressioni di prassi o di giurisprudenza.
Ad esempio sono stati correttamente esclusi dalla norma i servizi di messa a disposizione di manodopera e attrezzature a favore della impresa che svolge l’attività di sbarco e trasbordo di merci, che sono servizi che non riguardano direttamente il completamento del trasporto a differenza delle operazioni di carico e scarico che invece ne costituiscono esecuzione (24).
Invece sono stati considerati compresi nell’ambito della norma i servizi di custodia dei mezzi necessari allo sbarco e all’imbarco delle merci (25) i quali attengono direttamente alle attività di carico e scarico nelle quali si riflette direttamente la movimentazione di beni (26).
Sono stati poi inclusi nell’ambito di applicazione dell’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972, anche i servizi di disinquinamento in quanto, come si è già detto, rimuovono gli ostacoli che compromettono il funzionamento del porto e la navigazione delle navi e quindi riflettono direttamente il funzionamento e la manutenzione dell’impianto portuale e il movimento dei mezzi di trasporto.
Ancora, soddisfano il requisito del riflesso diretto tutti quei servizi che in generale riguardano l’approdo della nave (27), che senza dubbio configura una fase indispensabile al completamento del trasporto marittimo e al ciclo della nave.
Collegandomi alla fase dell’approdo, che prelude al contatto della nave con la terraferma, ritengo che sia da porre in evidenza un altro aspetto che mi sembra sia stato ignorato e che secondo me contribuisce alla manifestazione del riflesso diretto delle circostanze indicate dalla norma e cioè l’aspetto o concetto del “contatto con la banchina” che in materia regolamentare delle attività portuali ai fini dell’art. 16 della legge n. 84/1994 è stato ritenuto un elemento qualificante delle operazioni portuali (28).
Nel trasporto mercantile le operazioni portuali costituiscono le operazioni caratteristiche del “terminalista”, cioè del soggetto affidatario della gestione e quindi del funzionamento dell’area portuale, che sono proprio quelle che comportano un contatto della merce e degli altri materiali con la terraferma come carico, scarico, trasbordo deposito e movimentazione in genere, con esclusione delle operazioni volte a bordo della nave (29).
Ciò significa che le operazioni che comportano un contatto tra nave e terraferma siccome sono le operazioni caratteristiche del terminalista che come tali esprimono la funzionalità del porto e sono riferibili a una relazione diretta tra l’imbarcazione e lo svolgimento del servizio attraverso l’impianto portuale (non a bordo) o la movimentazione di beni, costituiscono sicuramente manifestazione del riflesso diretto del funzionamento degli impianti o del movimento di beni e quindi soddisfano i presupposti richiesti dall’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972.
c) Per quanto riguarda i mezzi di trasporto il mezzo di trasporto per eccellenza è costituito dalla nave nei confronti della quale e a beneficio della quale viene svolto il servizio.
La circostanza che il mezzo di trasporto a cui si riferisce la norma sia innanzi tutto proprio la nave rispetto alla quale o a beneficio della quale sono svolti i servizi, trova una conferma ancora nelle risoluzioni ministeriali in materia di disinquinamento dei porti le quali hanno compreso tali servizi nell’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972, proprio perché rimuovono gli ostacoli che compromettono il movimento, in approdo o in partenza, della nave.
In questa prospettiva, allora, i servizi che in modo diretto consentono alla nave di prendere o riprendere la navigazione (si pensi alle attività di sbarco e imbarco di crocieristi e bagagli che sono indispensabili per consentire la ripresa della navigazione di crociera secondo l’orario programmato) rientrano nel campo di applicazione della norma.
d) Anche la nozione di beni merita qualche considerazione per la ragione che la norma ha adottato questo termine che consente di estenderne l’ambito di applicazione ad attività che riguardano beni di svariata natura, anche diversi dalle merci, e senza alcuna limitazione al solo traffico mercantile.
La terminologia non è indifferente, solo che si pensi alle controversie che sono sorte nell’ambito della regolamentazione delle attività portuali sull’interpretazione dell’art. 16 della già citata legge n. 84/1994 che individua le attività portuali il cui esercizio è soggetto ad autorizzazione.
Questa norma, nell’indicare le attività soggette ad autorizzazione, formula un riferimento al “movimento in genere delle merci e di ogni altro materiale”.
Il riferimento alle “merci” e a “ogni altro materiale” ha fatto sorgere controversie sulla sua applicabilità o meno ad attività diverse rispetto al traffico merci, come ad esempio l’attività di traghettamento o l’attività crocieristica e, ancora recentemente, la giurisprudenza amministrativa (30) ha stabilito ad esempio che i servizi di vettovagliamento su navi da crociera non rientrano nelle operazioni portuali di cui all’art. 16 della legge n. 84/1994 proprio perché a ragione della sua formulazione questa norma riguarda solo le attività relative alle merci.
L’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972, invece, adotta il sostantivo “beni” che ai sensi dell’art. 812 c.c. abbraccia tutti i beni mobili.
Quindi l’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972, è senz’altro riferibile alle merci (31) oggetto del trasporto mercantile ma attrae uno spettro di beni molto più ampio come le attrezzature mobili che sono indispensabili per lo svolgimento di alcuni servizi portuali – si pensi ai carrelli elevatori – oppure i bagagli delle persone imbarcate, siano esse membri dell’equipaggio o passeggeri.
e) Anche la nozione di movimento, di beni o mezzi di trasporto, merita qualche osservazione.
Il tema dell’estensione del termine movimento, riferito a merci e materiali, si è già posto nell’ambito della qualificazione delle operazioni e dei servizi portuali di cui al già citato art. 16 della legge n. 84/1994 il quale, nella rassegna delle attività soggette ad autorizzazione, a un certo punto, formula un riferimento al movimento di merci e materiali.
Secondo autorevole dottrina (32) il termine movimento non deve essere limitato alla sola attività materiale dello spostamento fisico delle merci e dei materiali ma deve essere considerato sotto il profilo della sua direzione e della sua organizzazione e quindi riguarderebbe anche l’attività organizzativa e direttiva delle operazioni di movimentazione di merci e materiali nell’area portuale.
Riguardo al campo di applicazione dell’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972, bisogna sicuramente tenere in considerazione il limite costituito dal presupposto secondo cui la prestazione di servizi deve riflettere il movimento di beni direttamente, con la conseguenza che il contenimento del termine al solo spostamento fisico sarebbe agilmente argomentabile.
Però, credo che la prospettiva di estenderne il significato di “movimento” anche alla attività organizzativa e direttiva delle prestazioni di movimentazione dei beni o dei mezzi di trasporto vada approfondita e tenuta in considerazione anche alla luce della circostanza che, nella sostanza, la disposizione in commento riguarda quelle attività che esprimono la funzionalità tipica del porto e riguarda sicuramente tutte le attività che realizzano direttamente il compimento del trasporto marittimo, dalle quali non vi è ragione di escludere quelle di direzione e organizzazione.
f) Per quanto riguarda il movimento delle persone, che si considera compreso nell’ambito di applicazione della norma per l’interpretazione autentica formulata dall’art. 13, terzo comma, del D.L. n. 90/1990, potrebbe sorgere qualche perplessità sulla sua riferibilità ai passeggeri, come sembra essere sorta presso un Ufficio periferico della Agenzia delle entrate che nella difesa del proprio atto di accertamento IVA presso la Commissione tributaria provinciale di Genova (33) ha sostenuto che il movimento di persone a cui si riferisce la norma sarebbe limitato a quello che “riflette il funzionamento degli impianti”.
L’argomentazione è innanzitutto incomprensibile per la ragione che non viene esplicitato, né si comprende, quali sarebbero le prestazioni che configurano un movimento di persone che riflette il funzionamento degli impianti.
Ma soprattutto rivela una manifesta confusione tra i ben diversi presupposti del funzionamento (degli impianti) e del movimento (di beni o persone).
Questo inciampo interpretativo offre l’occasione per evidenziare un aspetto che forse è passato inosservato e che certamente susciterebbe un dibattito da rinviare ad altra sede e che riguarda la convinzione che il movimento di persone soddisfa già di per sé il requisito del riflesso diretto, per espressa interpretazione autentica del legislatore.
Infatti l’art. 13, terzo comma, del D.L. n. 90/1990, ha chiarito che i servizi relativi al movimento delle persone e di assistenza alle navi [nonché i servizi di cui al n. 5) dell’art. 9 del D.P.R. n. 633/1972] si intendono “compresi” tra i servizi riflettenti direttamente il funzionamento e la manutenzione degli impianti ovvero il movimento di beni o mezzi di trasporto di cui all’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972.
Dalla formulazione di questa interpretazione autentica risulta che i servizi relativi al movimento delle persone, essendo compresi in quelli riflettenti le circostanze indicate nella norma le riflettono già di per sé e quindi soddisfano per propria natura i presupposti della norma.
In questa direzione sembrano orientate la circolare 12 maggio 1990, n. 26/E (34), e la sentenza della Corte di Cassazione 17 gennaio 2001, n. 234 (35), le quali prescindono dall’indagine della sussistenza dei requisiti previsti dall’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972, per servizi menzionati dall’art. 13, terzo comma, del D.L. n. 90/1990.
In ogni caso ogni perplessità in merito alla riferibilità del movimento di persone al traffico passeggeri si dissolve, innanzitutto, al cospetto della norma comunitaria che, come si è visto, estende l’esenzione a tutti i servizi che sono necessari per lo sfruttamento della nave anche nel caso di nave adibita a servizio passeggeri in navigazione d’alto mare.
Ma si dissolve anche al cospetto della già citata risoluzione n. 322/E/2008, e della risoluzione 26 aprile 2010, n. 32/E (36), che hanno espressamente affermato la riferibilità della locuzione “movimento di persone” e dell’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972, al traffico passeggeri.
4. Alcune conclusioni sulla identificazione del presupposto del regime di non imponibilità nel funzionamento caratteristico del porto
Come ho già anticipato nel precedente paragrafo i presupposti dell’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972, possono manifestarsi con contorni sfumati come ad esempio nel caso dei servizi di disinquinamento nei quali sfumano contemporaneamente i contorni del funzionamento del porto, della sua manutenzione e del movimento delle navi, o nel caso delle attività di scarico e carico di merci e beni nei quali si manifesta senza dubbio il movimento di beni ma anche il funzionamento degli impianti che vengono utilizzati e manovrati per l’esecuzione delle prestazioni di servizi.
I singoli requisiti della norma soffrono di una impalpabilità che talvolta ne rende ardua l’indagine ma sono accomunati dalla circostanza che sono la diretta manifestazione del funzionamento del porto nell’esercizio della sua funzione caratteristica di realizzare il compimento del trasporto marittimo e il congiungimento ad altra modalità di trasporto e questa circostanza secondo me può assurgere a coordinata fondamentale e presupposto di applicazione dell’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972.
L’individuazione del presupposto del regime di non imponibilità nella circostanza che le prestazioni di servizio realizzano o esprimono in qualche modo la funzione caratteristica del porto mi sembra che abbia già incontrato qualche spontanea condivisione nella giurisprudenza di merito e nella prassi.
Ad esempio, una recente sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio che ha escluso dai servizi dell’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972, le attività di smaltimento di rifiuti successive alla loro raccolta (la quale invece vi è compresa perché rilette la manutenzione degli impianti) ha enunciato quella che si può considerare un’altra coordinata di applicazione della norma secondo cui i servizi a cui essa si riferisce sono quelli che riguardano il funzionamento portuale (37).
Anche nella prassi è stato formulato un criterio generale di ricognizione dell’ambito di applicazione del regime di non imponibilità fondato sulla constatazione che le attività non imponibili sono quelle “ordinariamente svolte nel porto” (38).
Quindi, il sintomo che qualifica le operazioni comprese nel campo di applicazione della norma, a prescindere da estenuanti indagini sulle manifestazioni di dettaglio dei requisiti di non imponibilità, è quello di esprimere la funzione caratteristica del porto alla quale corrisponde la circostanza che quelle operazioni vi siano svolte ordinariamente.
5. L’intrusione dell’“interesse esclusivo del committente”
In alcuni interventi di prassi ha fatto ingresso un inquietante ospite che impedirebbe di ravvisare i presupposti della norma in esame: l’“interesse esclusivo del committente” alla prestazione di servizio resa in ambito portuale.
Nei documenti di prassi che indico in nota (39) l’Amministrazione finanziaria ha ripetutamente affermato che sono escluse dall’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972, le «prestazioni di servizi che non ineriscono direttamente al movimento dei beni o delle persone ma che sono rese nell’esclusivo interesse del committente».
L’aspetto dell’esclusivo interesse del committente costituisce un corpo estraneo il cui ingresso nella dimensione dei presupposti di applicazione del regime di non imponibilità è incomprensibile per la ragione che la norma in commento contempla requisiti di natura squisitamente oggettiva e prescinde da qualsiasi profilo soggettivo dei servizi svolti in porto.
L’“interesse esclusivo del committente” allora non può rappresentare altro che una diversa forma di espressione della carenza dei requisiti dell’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972, e cioè della carenza del riflesso diretto del funzionamento o della manutenzione degli impianti e del movimento di beni o mezzi di trasporto (40).
In altre parole, se un servizio non riflette direttamente le operatività e le funzionalità tipiche di porti, aeroporti e autoporti allora risulta reso nell’interesse esclusivo del committente, ma allora il riferimento all’interesse del committente, come si nota, è assolutamente pleonastico e non può assurgere a parametro di esclusione dei presupposti della norma.
La superfluità e la natura suggestiva del parametro dell’interesse esclusivo del committente tutto sommato affiora anche dalle interpretazioni di prassi che improvvidamente lo hanno posto in evidenza per la ragione che in concreto negano l’applicazione dell’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972, per un difetto dei requisiti di applicazione indicati dalla norma e non già per un interesse esclusivo del committente.
Ad esempio la già citata risoluzione del Ministero delle finanze n. VII-15-048/1995, pur evocando l’interesse esclusivo del committente, esclude l’applicazione del regime di non imponibilità dell’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972, alle prestazioni di servizi che non ineriscono direttamente al movimento dei beni e delle persone e quindi alle prestazioni di servizi che non soddisfano i presupposti prescritti dalla norma.
Tra l’altro, nei servizi resi nelle stazioni marittime i soggetti beneficiari dei servizi e quindi titolari di un interesse sono gli utenti portuali che però si identificano contemporaneamente nei due diversi soggetti del passeggero e nella impresa di navigazione (41) con la conseguente non configurabilità di un committente portatore di un interesse esclusivo.
Inoltre, ancora con riferimento alle stazioni marittime, l’interesse del destinatario del servizio non può costituire un parametro di distinzione perché sussiste sempre in ogni servizio quantomeno per la ragione che trattandosi di prestazioni caratterizzate dal connotato del pubblico servizio sono finalizzate alla soddisfazione di bisogni collettivi e di un interesse indistinto di una comunità di utenti (42).
Il riferimento all’interesse del committente quindi a mio avviso deve essere assolutamente ignorato perché è un parametro assolutamente superfluo e soprattutto estraneo alla dinamica dei presupposti dell’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972.
6. L’espressione dei presupposti dell’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972, nel contesto del traffico crocieristico
Ma vediamo come si esprimono i presupposti della norma nell’ambito del traffico crocieristico.
L’area portuale e il porto si caratterizzano per la presenza della stazione marittima che può essere definita come «complesso di beni e servizi che sono finalizzati ad offrire accoglienza ai passeggeri ed alle navi in transito nella specifica area portuale» (43).
Allora la stazione marittima, le banchine di approdo e stazionamento e i piazzali costituiscono il luogo di svolgimento delle attività e al contempo costituiscono l’impianto a cui si riferisce la norma in commento.
Nel trasporto crocieristico le caratteristiche dei bisogni immediati della nave e del suo carico e del riflesso diretto delle circostanze contemplate dall’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972, dipendono dai particolari connotati che caratterizzano questa forma di trasporto e che lo distinguono da altre tipologie di trasporto come quello mercantile e quello di traghettamento.
La crociera infatti è una espressione particolare del trasporto via acqua che ha una propria nozione nel Regolamento del Consiglio della Unione europea 24 novembre 2010, n. 1177, relativo ai diritti del passeggero.
All’art. 3, lett. t), di questo Regolamento, la «crociera» è definita come «servizio di trasporto via mare o per vie navigabili interne effettuato esclusivamente a fini di svago o ricreazione, completato da alloggio e altri servizi, di durata superiore a due giorni con pernottamento a bordo».
Da questa nozione emerge che la crociera costituisce una particolare forma di trasporto di persone nel quale la nave costituisce un luogo di soggiorno e svago.
Nell’individuazione delle esigenze del trasporto crocieristico e dei bisogni da soddisfare nell’area portuale bisogna allora tenere conto della circostanza che non esiste un vero e proprio carico ma una comunità di passeggeri che si sono imbarcati con propri bagagli per un soggiorno di durata per consentire il quale la nave deve caricare gli indispensabili vettovagliamenti e dotazioni di bordo.
Allora le attività portuali indispensabili e caratteristiche di questo modello di trasporto riguardano inevitabilmente l’imbarco delle provviste, lo sbarco dei passeggeri in approdo e dei loro bagagli, le attività in stazionamento preparatorie alla prosecuzione della navigazione e il successivo imbarco di passeggeri in partenza con i loro bagagli.
Credo che sia anche opportuno osservare che la particolarità di questo trasporto, che è volto ad assicurare al passeggero un soggiorno di durata a bordo, non consente di assimilare sic et simpliciter i servizi resi in area portuale ai servizi resi nell’ambito di un trasporto passeggeri di diversa natura come, ad esempio, il trasporto di traghettamento o il trasporto aereo di linea.
Ad esempio, rispetto al trasporto crocieristico, è ovvia la diversità di contenuto del trasporto aereo di linea perché questo costituisce un mero trasporto di persone senza permanenza e soggiorno di durata a bordo dell’aeromobile ai fini di svago e ricreazione.
L’inquadramento delle attività portuali che sono indispensabili per il compimento del trasporto crocieristico e che riflettono la funzionalità del porto trova degli ulteriori punti di riferimento nelle caratteristiche e nei requisiti fondamentali della funzionalità di una stazione marittima o terminal passeggeri in quanto tali requisiti individuano e qualificano le attività in cui si esprime la funzionalità portuale nella specificità del traffico di crociera.
I requisiti fondamentali per la funzionalità di una stazione marittima, che vengono presi in considerazione dalle imprese di navigazione per valutare l’idoneità del porto e sceglierlo come scalo, sono costituiti dalla presenza di «spazi e servizi sufficienti per la movimentazione delle persone, dei loro bagagli, dei mezzi che li trasportano a terra e di tutte le merci e dotazioni di cui la nave ha bisogno in ogni scalo nel porto capolinea» (44).
Questi requisiti della funzionalità del terminal crociere comportano che le attività che ne esprimono il funzionamento caratteristico e che sono indispensabili al compimento del ciclo del trasporto consistono proprio nella movimentazione delle persone e dei loro bagagli e delle merci e dotazioni di cui necessita la nave.
Sotto un altro profilo quelle attività riflettono direttamente il funzionamento dell’impianto portuale proprio perché esso è indispensabile alla loro esecuzione e consente l’altrettanto indispensabile contatto tra la nave e la terraferma, costituito dalla banchina.
Un ulteriore riferimento per individuare i servizi che sono indispensabili al completamento del ciclo del trasporto crocieristico e che quindi riflettono il funzionamento dell’impianto costituito dal terminal crociere riposa sulla suddivisione degli spazi del terminal crocieristico in area tecnica e area commerciale.
L’area tecnica è quella rivolta al compimento e completamento del servizio del trasporto, come le biglietterie, le sale di attesa, le sale doganali per il ritiro bagagli, i pontili di imbarco forniti di passerelle elettromeccaniche mentre l’area commerciale è costituita dagli spazi destinati a soddisfare esigenze essenziali dei passeggeri nei tempi di attesa della nave come i bar, i negozi, i ristoranti, ecc. (45).
Sotto questo profilo le attività svolte nell’area tecnica, soprattutto se corroborate dalla coordinata del contatto della nave con la banchina, riflettono il funzionamento dell’impianto portuale che è volto al compimento del trasporto e si esprimono in attività che sono necessarie al movimento della nave.
Al contrario, le attività svolte negli spazi commerciali sono estranee all’operatività del porto e della nave e soddisfano una molteplicità di bisogni individuali dei passeggeri che sono assolutamente indipendenti e ininfluenti rispetto al completamento del trasporto per cui è stata predisposta la struttura portuale.
Allora nel traffico da crociera i bisogni immediati della nave e le fattualità che debbono riflettere i servizi non imponibili si identificano nelle esigenze di movimentazione, cioè di sbarco e imbarco, di passeggeri e loro bagagli nonché dei rifornimenti di cui necessita la nave per garantire un soggiorno di durata ai crocieristi a bordo.
I servizi di sbarco e imbarco di passeggeri e di bagagli poi nel contesto del “ciclo della nave” si collocano nell’ambito dei servizi resi alle navi.
Il “ciclo della nave” nelle attività di crociera merita qualche considerazione perché potrebbe sfuggirne la consistenza a causa della abitudine di riferirlo spontaneamente al traffico mercantile.
Nel traffico mercantile, come si è visto, il ciclo-nave è costituito da operazioni (carico, scarico, trasbordo eccetera) che costituiscono l’attività caratteristica ed esclusiva della impresa terminalista, cioè del soggetto titolare della gestione della struttura portuale e quindi del compito del suo funzionamento.
Siccome nel traffico da crociera non si configurano le operazioni caratteristiche del traffico mercantile, come ad esempio lo scarico o il trasbordo di merci, il ciclo della nave viene ricostruito, con una banale applicazione del principio di proprietà transitiva, mediante la individuazione delle attività riservate all’impresa terminalista che come tali sono espressive del funzionamento del porto e del compimento del trasporto.
Le attività riservate all’impresa terminalista nel traffico di crociera, che spesso sono anche espressamente indicate nelle autorizzazioni rilasciate dalle Autorità portuali, sono costituite proprio dallo sbarco e imbarco dei passeggeri e dei loro bagagli nonché dei vettovagliamenti e delle dotazioni di bordo indispensabili al soggiorno di crociera.
Così banalmente ricostruito il “ciclo-nave” nel trasporto da crociera, l’attività di movimentazione dei bagagli, quale parte del ciclo-nave nel traffico crocieristico viene solitamente ricondotta ai servizi nei confronti della nave (46), anche se nella prospettiva del traffico merci sarebbe più propriamente riferibile ai servizi al carico.
Anche nei listini di tariffe praticate dalle imprese terminaliste i servizi di sbarco e imbarco di passeggeri e di bagagli non sono considerati affatto servizi di assistenza ai passeggeri come ad esempio nel diverso ambito aereoportuale (47), né servizi al carico, ma rientrano, appunto, nel catalogo dei servizi di assistenza alla nave ed espressamente resi alle navi da crociera (48).
Nella loro esecuzione concreta questi servizi riflettono direttamente i presupposti fattuali indicati dall’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972.
Infatti lo sbarco, l’imbarco e il trasporto dei bagagli da e per la nave e attraverso la banchina avviene mediante l’utilizzo di impianti fissi, come i nastri trasportatori, in parte mediante facchinaggio per la posa in banchina e mediante carrelli elevatori per il trasferimento da e per la nave attraverso la banchina.
Queste modalità di esecuzione riflettono direttamente il funzionamento degli impianti e il movimento di beni consistenti tanto nei bagagli quanto negli stessi carrelli elevatori e inoltre configurano quelle operazioni di carico e scarico che nel contesto dell’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972, sono oggettivamente non imponibili.
La sussistenza dei requisiti di non imponibilità dei servizi di movimentazione dei bagagli, così come di sbarco e imbarco di passeggeri, trova a mio avviso un altro riscontro nella circostanza che alcune Autorità portuali hanno qualificato questi servizi come operazioni portuali di cui all’art. 16 della legge n. 84/1994 o come servizi portuali di cui all’art. 2, quarto comma, del decreto del Ministero delle infrastrutture e trasporti 6 febbraio 2001, n. 132, riconoscendogli quindi l’appartenenza al “ciclo della nave” e al “ciclo delle operazioni portuali” e conseguentemente le qualità di riflettere direttamente il funzionamento del porto, il movimento dei beni e il movimento di persone.
In realtà non sarebbero immediatamente riconducibili alle nozioni di operazione portuale o di servizio portuale, ma siccome queste nozioni sono oggettivamente di complessa individuazione (49) e secondo alcuni Autori della materia sarebbe ormai doverosa un’interpretazione estensiva del concetto di operazione portuale (50), allora sembra che nella pratica delle Autorità portuali si sia diffusa una tendenziale dilatazione di quelle nozioni.
Alcune Autorità portuali pertanto hanno classificato come operazioni portuali o come servizi portuali i servizi di movimentazione dei bagagli e quelli di sbarco e imbarco dei passeggeri (51).
A prescindere dal loro inquadramento ai fini della regolamentazione delle attività portuali, i servizi che riguardano lo sbarco e l’imbarco dei passeggeri riflettono sicuramente il funzionamento degli impianti perché comportano la custodia, la gestione e la manovra dei corridoi mobili elettromeccanici ma al contempo anche il movimento delle persone.
La riconducibilità delle attività di sbarco e imbarco dei passeggerei e dei loro bagagli al movimento di persone, che ai sensi dell’art. 13, terzo comma, del D.L. n. 90/1990, è compreso nelle prestazioni di servizi non imponibili di cui all’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972, è riconosciuta pacificamente dalla dottrina e dalla prassi.
Secondo P. Centore le operazioni di sbarco e imbarco dei crocieristi e dei loro bagagli rientrano nel regime di non imponibilità proprio perché configurano il movimento di persone a cui si riferisce l’art. 3, tredicesimo comma, del D.L. n. 90/1990 (52).
E anche l’Agenzia delle entrate, in due recenti interventi che ho già indicato (53), presuppone pacificamente che i servizi di sbarco e imbarco di crocieristi resi presso le stazioni marittime e comunque in relazione al traffico passeggeri sono compresi nel movimento di persone e nel conseguente regime di non imponibilità ad IVA.
Anche in questi contributi di dottrina e di prassi si riscontra pertanto una corrispondenza con le coordinate di applicazione dell’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972, che ho tentato di ricostruire.
Avv. Luca Granelli
(1) Le operazioni di movimentazione dei bagagli svolte in ambito crocieristico talvolta vengono indicate con il termine “servizio portabagagli”. Ma questa terminologia è impropria e non deve trarre in inganno sul contenuto delle corrispondenti attività che vengono svolte perché è un retaggio di una tradizione marinara e di epoche lontane nelle quali la crociera era un intrattenimento di elite e i bagagli venivano sbarcati ad personam dagli addetti al facchinaggio. Il contrasto tra la terminologia e il reale contenuto tecnico e altamente organizzato della movimentazione dei bagagli si manifesta in forma eclatante nei listini delle tariffe annualmente pubblicati dalle imprese terminaliste, che hanno la gestione delle Stazioni marittime, nelle quali sono illustrate anche le modalità di esecuzione dei servizi, spesso tra loro diversificate dalla diversa conformazione del porto, delle banchine e delle attrezzature fisse. Si possono citare come esempi la Tariffa Generale 2015 della Venezia Terminal Passeggeri S.p.A., la Tariffa Generale 2015 della Ravenna Terminal Passeggeri (punto 2.4.) e la Tariffa 2015 della Stazioni Marittime S.p.A., che opera nel Porto di Genova, tutte rese pubbliche e reperibili sul web.
(2) Cfr. ris. 11 marzo 2002, n. 82/E, in Boll. Trib. On-line, secondo cui: «La norma in esame, in buona sostanza, accorda l’agevolazione della non imponibilità ai servizi prestati nei porti in quanto luoghi in cui si svolgono attività commerciali internazionali».
(3) Cfr. A. COMOLLI, IVA comunitaria e IVA nazionale, Padova, 2000, 611.
(4) L’aspetto della inscindibilità delle attività svolte nei luoghi indicati dall’art. 9, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972, è stata posta in evidenza dalla stessa Amministrazione finanziaria ad esempio nella ris. 16 febbraio 1995, n. VII-15-048, in Boll. Trib., 1995, 686, dove si afferma che la norma riguarda «i servizi che sono resi in determinati luoghi nei quali quotidianamente si svolge una molteplicità di operazioni molto spesso difficilmente scindibili tra loro».
(5) Si vedano in questo senso, in materia di caratterizzazione delle attività e del lavoro portuali M.M. COMENALE PINTO, Servizi portuali ed aeroportuali, convergenze e differenze, in A. VERRI (a cura di), Impresa e lavoro nei servizi portuali, Milano, 2012, 234 ss.; e A. GIURINI – O. LA TEGOLA – L. MIRANDA, La sicurezza sul lavoro nei porti, in A. VERRI, op. cit., 363 ss.
(6) La convinzione prevalente è che si tratti, appunto, di una fictio iuris, come ritiene Cass., sez. trib., 12 maggio 2003, n. 7250, in Boll. Trib. On-line: «del resto la ratio della norma è evidentemente quella di considerare – in virtù di una finzione giuridica – alcuni servizi ed alcune prestazioni effettuate nei predetti scali come avvenute al di fuori dell’area dello Stato e per questo non imponibili». Non è mancato però un orientamento secondo cui la qualificazione dei servizi oggetto dell’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972, come servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali, e quindi non imponibili, vada ricondotta ad una presunzione legale assoluta. Ad esempio, Comm. trib. centr., sez. XXVII, 11 novembre 2002, n. 8246, in Boll. Trib. On-line, ha sostenuto che la non imponibilità stabilita dalla norma è assistita da una presunzione iuris et de iure in forza della quale i cennati servizi si considerano connessi agli scambi internazionali.
(7) Cfr. P. CENTORE, Manuale dell’IVA europea, Milano, 2012, 651, secondo cui la norma «costituisce una ipotesi autonoma di ed oggettiva di non imponibilità che origina dalla staordinarietà del luogo ove sono svolti che rende opportuna una deroga al principio di territorialità in quanto zona di confine che risente delle scelte politico economiche operate dal legislatore perché i servizi sono relativi a beni cui è obiettivamente difficile preventivare la destinazione o perché nella quotidiana pratica sono servizi che sono rivolti indistintamente e congiuntamente all’importazione e in parte all’esportazione».
(8) D.Lgs. n. 203/2007: «1. Ai fini del presente decreto si intende per: a) porto: una specifica area terrestre e marittima, comprendente impianti ed attrezzature intesi ad agevolare le operazioni commerciali di trasporto marittimo, come individuata ai sensi dell’articolo 3, comma 2, che ha al suo interno uno o più impianti portuali dotati di un piano di sicurezza approvato a norma del regolamento (CE) n. 725/2004 che forniscono servizi alle navi di cui all’art. 2, cap. XI-2 Convenzione SOLAS o alle navi di cui all’articolo 3, comma 2, del citato regolamento; [omissis] 2. Per le definizioni non espressamente indicate, si applicano quelle contenute nel regolamento (CE) n. 725/2004. Articolo 3 [omissis] 3. Ove i confini di un impianto portuale comprendono tutto il porto, le pertinenti disposizioni del regolamento (CE) n. 725/2004 prevalgono su quelle del presente decreto».
(9) Cfr. L. MANGANI – A. CROLLA, L’interesse pubblico alla sicurezza nei servizi tecnico nautici, in A. VERRI, op. cit., 166.
(10) La circostanza che l’art. 9, primo comma, del D.P.R. n. 633/1972, qualifichi queste operazioni come non imponibili consegue alla scelta del legislatore italiano di articolare le operazioni considerate esenti dalla Direttiva nelle due categorie di operazioni esenti e non imponibili al fine di disciplinare diversamente il regime della detrazione a monte. Ma ai nostri fini la difformità di terminologia è irrilevante. La sostanziale corrispondenza tra l’art. 9 del D.P.R. n. 633/1972 e le disposizioni comunitarie, nonostante alcune divergenze formali, è posta in evidenza da E. COMOLLI, op. cit., 599 ss. In particolare l’Autore a pag. 611 pone in evidenza che «in conclusione se si prescinde dalla previsione di extraterritorialità delle operazioni non imponibili di cui agli artt. 8, 8-bis e 9, la disciplina di queste ultime è complessivamente non difforme quanto alla struttura rispetto a quella contenuta negli art. 15 e 16 della Sesta Direttiva, anche se nell’ottica della medesima Direttiva essa dovrebbe più correttamente esser ricondotta all’ambito dell’ampia categoria delle operazioni esenti, la quale è comprensiva sia di operazioni che postulano il diritto di detrazione dell’imposta sugli acquisti di beni e servizi sia di operazioni che non implicano la sussistenza di tale diritto in capo al soggetto passivo là dove la diversa impostazione adottata dal legislatore nazionale ha determinato una innegabile confusione concettuale sul piano classificatorio».
(11) Riporto la formulazione dell’art. 148 della Direttiva UE 112/2006, per la parte che qui interessa: «Gli Stati membri esentano le operazioni seguenti: a) le cessioni di beni destinati al rifornimento e al vettovagliamento delle navi adibite alla navigazione in alto mare e al trasporto a pagamento di passeggeri o utilizzate nell’esercizio di attività commerciali, industriali e della pesca, nonché delle navi adibite ad operazioni di salvataggio ed assistenza in mare e delle navi adibite alla pesca costiera, salvo, per queste ultime, le provviste di bordo; [omissis]; d) le prestazioni di servizi, diverse da quelle di cui alla lettera c), direttamente destinate a sopperire ai bisogni delle navi di cui alla lettera a) e del loro carico».
(12) In Boll. Trib. On-line.
(13) Cfr. Corte Giust. CEE causa C-168/84 del 1985, cit.; un’altra decisione che può contribuire a delineare i presupposti della norma comunitaria è Corte Giust. CE, sez. II, 14 settembre 2006, cause riunite da C-181/04 a C-183/04, in Boll. Trib. On-line, la quale afferma: «di conseguenza, per garantire un’applicazione coerente della sesta direttiva nel suo insieme, l’esenzione prevista da tale disposizione si applica unicamente alle prestazioni di servizi direttamente fornite all’armatore e non può pertanto essere estesa a quelle effettuate in uno stadio commerciale anteriore. … Occorre pertanto risolvere la seconda questione dichiarando che l’art. 15, n. 8, della sesta direttiva deve essere interpretato nel senso che l’esenzione da esso prevista riguarda prestazioni di servizi direttamente fornite all’armatore per sopperire ai bisogni immediati delle navi». Mi sembra che la logica di questa sentenza collimi con il presupposto che il regime di detassazione da IVA si applica ai servizi resi direttamente alla nave o al carico. Il riferimento al rapporto diretto con l’armatore (cioè la nave) mi sembra che sia l’espressione della relazione diretta con la nave e il suo carico.
(14) La relazione tra alcuni servizi in porto e l’“operatività della nave” trova espressione nelle Tariffe dei servizi portuali. Ad esempio nella Tariffa 2015 della Stazioni Marittime S.p.A., concessionaria del terminal crociere del porto di Genova, “Servizi ed infrastrutture per navi da crociera”, al punto 5 rubricato servizio di accoglienza per le navi da crociera è espressamente indicato che «per l’operatività delle navi da crociera è stato predisposto da stazioni marittime S.p.A. il servizio di accoglienza (hostess e steward) presso il terminal in concessione alla stessa».
(15) Cfr. L. MANGANI – A. CROLLA, L’interesse pubblico alla sicurezza nei servizi tecnico nautici, in A. VERRI, op. cit., 166; si veda anche G. TACCOGNA, Le operazioni portuali nel nuovo diritto pubblico dell’economia, Milano, 2000, 678 ss.
(16) Ad esempio l’ordinamento francese ha recepito l’esenzione dall’IVA con un testo più fedele alla formulazione della disposizione comunitaria. Secondo l’art. 262, secondo comma, n. 7), del Code General des Impots, sono esonerate da IVA le «prestazioni di servizi effettuate per i bisogni delle navi e del loro carico» formulazione corrispondente a quella comunitaria. Più in particolare gli allegati 73B e 73C comprendono tra le prestazioni di servizi effettuate per i bisogni diretti rispettivamente della nave e del suo carico l’utilizzazione delle installazioni portuali e le attività di carico e scarico (non riferite esclusivamente alle merci) e le attività di imbarco e sbarco dei passeggeri e dei loro bagagli. Nella dottrina rileva la maggiore fedeltà del testo francese S. ARMELLA, Il regime impositivo dei servizi portuali e aeroportuali, in Corr. trib., 2001, 2012.
(17) Vedi nota 13.
(18) L’art. 1 del Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio dell’Unione europea n. 725/2004, relativo al miglioramento della sicurezza delle navi e degli impianti portuali, reca la seguente definizione di impianto portuale: «Ai fini del presente regolamento si intende per: [omissis] 11) “impianto portuale”, un luogo in cui avviene l’interfaccia nave/porto; comprende aree quali le zone di ancoraggio, di ormeggio e di accosto dal mare, secondo i casi; 12) “interfaccia nave/porto”, le interazioni che hanno luogo quando una nave è direttamente ed immediatamente interessata da attività che comportano il movimento di persone, o di merci o la fornitura di servizi portuali verso la nave o dalla nave».
(19) Cfr. ris. 26 luglio 1985, n. 355684, in Boll. Trib., 1985, 1496; ris. 21 aprile 1986, n. 415043, ivi, 1986, 1159; e ris. 10 novembre 1990, n. 470124, ivi, 1991, 458.
(20) In Boll. Trib. On-line.
(21) In Boll. Trib. On-line.
(22) Cfr. ris. n. 176/E/2000, cit., che reca la seguente formulazione: «le prestazioni di servizi relative ai beni in esame, dirette, tra l’altro, ad assicurare la loro introduzione nei magazzini e nei recinti di temporanea custodia, possono essere giustificati da oggettive e specifiche esigenze di movimentazione della merce, riflettendo in modo diretto lo svolgimento di un “servizio internazionale o ad esso assimilato” e come tali non imponibili al tributo».
(23) In Boll. Trib., 2008, 757, secondo cui: «potevano fruire del regime di non imponibilità ai fini IVA solo le prestazioni di servizi riferite a beni collocati nel perimetro del porto destinate di fatto a consentire un incremento degli scambi internazionali»; anche nella ris. 23 luglio 2002, n. 247/E, in Boll. Trib. On-line, sembra che sia preso in considerazione come presupposto di applicabilità dell’art. 9, comma 1, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972, il connotato di agevolare e incrementare gli scambi commerciali internazionali.
(24) Cfr. ris. 22 luglio 1996, n. 153/E, in Boll. Trib., 1996, 1693.
(25) Mi riferisco a Comm. trib. centr., sez. X, 9 giugno 1999, n. 3725, in Boll. Trib. On-line, secondo la quale, in relazione ai presupposti dell’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972, «La custodia nei magazzini portuali dei mezzi di trasporto utilizzati dalla compagnia portuale per l’imbarco e lo sbarco delle merci non è soggetta all’IVA».
(26) Cfr. ris. n. 153/E/1996, cit., secondo cui «i servizi di carico e scarico riflettono direttamente la movimentazione delle merci».
(27) Ad esempio, ved. Comm. trib. centr., sez. VII, 18 luglio 1988, n. 5714, in Boll. Trib. On-line, in cui si afferma che «L’ampia previsione legislativa che classifica i servizi portuali, aeroportuali e autoportuali tra i servizi internazionali o comunque connessi con scambi internazionali consente infatti di ritenere compresi nella fascia di non imponibilità tutti i servizi portuali, compresi quelli di agenzia, effettuati in occasione dell’approdo di navi».
(28) Il Consiglio di Stato, riguardo ad una controversa qualificazione di alcuni servizi come operazioni portuali ha enunciato un principio direi fedele alle dinamiche del trasporto marittimo, secondo cui il connotato fondamentale delle operazioni portuali consiste nel contatto tra la nave e la banchina: «si qualificano come portuali le operazioni che implicano un contatto in arrivo transito o partenza delle merci e di ogni altro materiale con la terraferma del porto o con le attrezzature ivi poste con esclusione del movimento delle merci a bordo delle singole navi una volta abbandonato il contatto con la banchina»; cfr. Cons. Stato, sez. II, 3 luglio 1996, n. 1177, in Dir. trasporti, 1998, 537.
(29) Si veda, in proposito, M. BADAGLIACCA, Portualità e integrazione dei trasporti, in A. VERRI, op. cit., 73.
(30) Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 12 settembre 2014, n. 4667, in Rep. foro it., 2014, Porti, spiagge, fari [5050], n. 43. Autorevole dottrina in dissenso invece ritiene che almeno il termine “materiali” andrebbe interpretato estensivamente: si veda C. INGRATOCI, Sulla natura delle operazioni di imbarco e sbarco dei passeggeri e dei loro automezzi nei servizi di traghettamento, in Dir. trasporti, 2009, 817 ss.
(31) Ved. ris. n. 153/E/1996, cit.
(32) Cfr. C. INGRATOCI, op. cit., 817.
(33) Cfr. Comm. trib. prov. di Genova, sez. XII, 9 febbraio 2012, n. 17, in Boll. Trib. On-line.
(34) In Boll. Trib., 1990, 767.
(35) Cfr. Cass., sez. trib., 17 gennaio 2001, n. 234, in Boll. Trib. On-line.
(36) La ris. n. 322/E/2008, cit., afferma che «il regime di non imponibilità si renda applicabile alle prestazioni di servizi dirette ad assicurare, da parte della società istante, lo sbarco e il reimbarco dei croceristi in transito nell’ambito portuale, nonché i servizi di “security”, considerati obbligatori per legge in connessione alle citate operazioni. Ciò in quanto dette prestazioni, essendo direttamente riferibili al “movimento di persone”, rientrano nella previsione normativa di cui al n. 6) del comma 1 del citato articolo 9»; la ris. 26 aprile 2010, n. 32/E, in Boll. Trib. On-line, che riguarda ancora una volta l’individuazione dell’ambito di applicazione dell’art. 9, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972, afferma con una chiarezza incontestabile che il regime di non imponibilità della operazioni effettuate nei porti si applica alle operazioni che includono le attività di imbarco e sbarco passeggeri svolta dal gestore della stazione marittima, concessionario per l’attività di interesse generale di cui alla legge 28 gennaio 1994, n. 84, e al D.M. 14 novembre 1994 nei confronti degli utenti e delle compagnie di navigazione. Un ulteriore riscontro si colloca anche nel diverso ambito aeroportuale dove la ris. 31 luglio 2003, n. 164/E, in Boll. Trib., 2003, 1328, in materia di regime IVA dei diritti di sbarco, afferma che: «in relazione al rapporto società di gestione/vettore i diritti in esame costituiscono il corrispettivo per servizi attinenti alla movimentazione dei passeggeri negli aeroporti dalla società di gestione aeroportuale in forza di un rapporto avente natura contrattuale essi pertanto devono esser compresi nella previsione dell’articolo 3 comma 13 del D.L. 27 aprile 1990 convertito dalla legge 26 giugno 1990, n. 165 il quale ha chiarito che tra i servizi non imponibili ad IVA di cui al n. 6 dell’art. 9 del D.P.R. n. 633/1972 devono intendersi compresi anche quelli relativi al movimento delle persone».
(37) Cfr. Comm. trib. reg. del Lazio, sez. XXII, 5 febbraio 2015, n. 677, in Boll. Trib. On-line.
(38) Cfr. ris. n. 176/E/2000, cit., nella quale si afferma che «Dal riferito quadro normativo emerge che la non imponibilità ad IVA è caratterizzata da un lato dal luogo (porto, aeroporto, ecc.) in cui le prestazioni sono rese e dall’altro dalla riferibilità delle stesse prestazioni all’attività che viene svolta ordinariamente nei predetti luoghi».
(39) Cfr. ris. 9 novembre 1982, n. 391468, in Boll. Trib., 1982, 1820; circ. 2 luglio 1986, n. 41/415871, ivi, 1986, 1256; ris. 28 novembre 1988, n. 2851, ivi, 1989, 213; ris. 30 dicembre 1993, n. VII-15-410, ivi, 1994, 1109; ris. 16 febbraio 1995, n. VII-15-048, ivi, 1995, 686; e ris. 23 novembre 2000, n. 176/E, in Boll. Trib. On-line.
(40) È orientata in questo senso S. ARMELLA, Il regime impositivo dei servizi portuali e aeroportuale, in Corr. trib., 2001, 2012. Alcuni Autori hanno invece rilevato, ovviamente dissentendone, che nella ris. n. 176/E/2000, cit., il parametro dell’interesse esclusivo del committente viene invocato come ulteriore limitazione all’ambito di applicazione dell’art. 9, primo comma, n. 6), del D.P.R. n. 633/1972, così M. BASILAVECCHIA, Imponibilità IVA dei servizi portuali, in Corr. trib., 2001, 1531; e P. CENTORE, Regime di non imponibilità delle attività portuali, ibidem, 2001, 789.
(41) Cfr. A. ROMAGNOLI, Servizi di interesse generale: le stazioni marittime, in A. VERRI, op. cit., 114.
(42) Cfr. N. PAOLANTONIO, Il mercato dei servizi nel diritto comunitario e interno: aspetti evolutivi dei concetti di pubblico servizio e di servizio di interesse generale, in A. VERRI, op. cit., 4 ss.; e Cons. Stato, sez. V, 1° aprile 2011, n. 2012, in Giurisdiz. amm., 2011, I, 531.
(43) Cfr. A. ROMAGNOLI, I servizi di interesse generale: le stazioni marittime, in A. VERRI, op. cit., 112.
(44) La formulazione che ho riportato in corsivo è tratta da un piano di impresa allegato all’istanza per l’ottenimento di una concessione demaniale portuale di una nota compagnia di navigazione la cui identità è purtroppo coperta da riservatezza. Nel piano sono state descritte le caratteristiche fondamentali della funzionalità di una stazione marittima dedicata allo “scambio crocieristi”, cioè allo sbarco dei crocieristi in arrivo ed all’imbarco dei crocieristi in partenza, che sono presi in considerazione dalle imprese di navigazione per la scelta del porto di approdo.
(45) La suddivisione è spiegata da A. ROMAGNOLI, I servizi di interesse generale: le stazioni marittime, cit., 112
(46) Cfr. M.M. COMENALE PINTO, Servizi portuali ed aeroportuali, in A. VERRI, op. cit., 246, il quale considera le attività connesse alla gestione e movimentazione del carico e all’imbarco e sbarco dei passeggeri e del bagaglio come prestazioni di servizi di cui fruisce la nave e quindi di servizi alla nave.
(47) In ambito aeroportuale le attività che riguardano i bagagli vengono distinte secondo qualificazioni diverse rispetto all’ambito portuale crocieristico distinguendosi in attività commerciali o non, attività di assistenza ai passeggeri e assistenza bagagli. L’attività portabagagli tradizionale rientra tra le attività commerciali, sicuramente non riferibili al funzionamento dell’aeroporto così come l’attività di riavvolgimento bagagli che, ad esempio, il parere 27 agosto 2013 dell’Autorità Garante della concorrenza e del Mercato AS1072 comprende espressamente tra le attività commerciali. Diverse invece le attività relative al controllo e all’imbarco e sbarco dei bagagli che sono descritte ad esempio nell’Allegato 1 “Elenco dei servizi di assistenza a terra” della circolare ENAC 22 novembre 2013, APT 02B. Le attività di registrazione dei bagagli e il loro trasporto sino al sistema di smistamento configura servizi di assistenza ai passeggeri. Le attività di trattamento dei bagagli nel locale smistamento, di preparazione e smistamento di carico e scarico su e da sistemi trasportatori da e per l’aereo e il trasporto dal locale smistamento alla sala distribuzione non costituiscono servizi di assistenza ai passeggerei ma di assistenza bagagli.
(48) Tariffa Stazioni Marittime S.p.A. anno 2015, capitolo “Servizi e infrastrutture per navi da crociera”, artt. 1, 2 e 3.
(49) Questa divergenza è posta in evidenza da M. BRIGNARDELLO, I servizi portuali alle merci, in A. VERRI, op. cit., 192.
(50) Cfr. C. INGRATOCI, op. cit., 817 ss.
(51) Ad esempio l’Autorità portuale di Taranto, nel Regolamento per l’espletamento delle operazioni e dei servizi portuali nel porto di Taranto 2012 – all’art. 2 considera tra i servizi portuali le «attività di imbarco, sbarco e movimentazione bagagli di passeggeri e persone imbarcate» … – l’ordinanza n. 4/PR del 10 dicembre 2013 dell’Autorità portuale di Messina fa riferimento alle «operazioni portuali di imbarco e sbarco dei bagagli da stiva delle navi».
(52) Cfr. P. CENTORE, Manuale dell’IVA europea, cit., 651, il quale riconduce a titolo di esempio ai servizi relativi al movimento di persone «le prestazioni afferenti l’imbarco o sbarco dei passeggeri e dei loro bagagli, all’assistenza degli stessi ecc.» mentre annovera tra i servizi di assistenza ai mezzi di trasporto l’«utilizzazione delle infrastrutture portuali da parte delle navi adibite a trasporti nazionali o internazionali in arrivo o in sosta o in partenza». La convinzione del regime di non imponibilità dei servizi di sbarco ed imbarco di passeggeri e/o loro bagagli resi in ambito crocieristico è radicata anche tra gli operatori e le Autorità portuali: ad esempio ancora nella recente ordinanza presidenziale n. 51 della Autorità portuale di Brindisi del 10 marzo 2015 che approva il Capitolato della gara per l’affidamento in appalto del servizio di movimentazione dei bagagli dei crocieristi in sbarco ed imbarco è ripetutamente indicato che il corrispettivo del servizio è non imponibile IVA ai sensi dell’art. 9 del D.P.R. n. 633/1972.
(53) Vedi nota 36.