Com’è noto, a partire dall’anno 2007 e poi nel successivo 2008 (1), l’Agenzia del territorio (2) ha dichiarato l’obbligo di accatastamento degli impianti per lo sfruttamento delle energie rinnovabili (rispettivamente prima gli impianti eolici e poi a seguire quelli fotovoltaici); l’Agenzia delle entrate è di recente tornata sull’argomento per fornire indicazioni sulle modalità di determinazione delle relative rendite catastali.
Ultimamente il settore degli impianti “verdi” è stato di nuovo oggetto di un ulteriore pronunciamento da parte dell’Agenzia delle entrate: la circolare 19 dicembre 2013, n. 36/E (3), affronta infatti diverse questioni tributarie e, inter alia, interviene sulla qualificazione dei compensi corrisposti ai proprietari terrieri per la costituzione del diritto di superficie sui loro fondi (4).
Il contributo dell’Agenzia delle entrate, che fornisce chiarimenti di portata generale e che vanno ben oltre il “mondo delle rinnovabili”, ha sin da subito generato forti perplessità e critiche (5).
Prima di addentrarci nel tema, occorre rilevare come, nell’ambito dell’installazione degli impianti per lo sfruttamento dell’energia rinnovabile, si ricorra frequentemente allo schema contrattuale del diritto di superficie regolato dall’art. 952 c.c. secondo cui «Il proprietario può costituire il diritto di fare e mantenere al di sopra del suolo una costruzione a favore di altri, che ne acquista la proprietà. Del pari può alienare la proprietà della costruzione già esistente, separatamente dalla proprietà del suolo».
Il diritto di superficie costituisce un diritto reale di godimento ed è un tipico diritto reale che determina in capo al proprietario una compressione del suo diritto di godimento del bene stesso.
Con il diritto di superficie quindi il proprietario del fondo può consentire a terzi di realizzare o mantenere una costruzione sul suolo divenendone quest’ultimo il proprietario superficiario. La caratteristica principale di questo diritto reale di godimento, quando è costituito per un tempo determinato, è che alla sua estinzione il proprietario del suolo diviene (per l’istituto dell’accessione) anche proprietario della costruzione (salvo previsioni contrattuali che ne prevedano lo “smantellamento” e smontaggio al termine della concessione).
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Ora, con la citata circolare n. 36/E/2013, l’Agenzia delle entrate è intervenuta anche sul trattamento fiscale del trasferimento del diritto di superficie affermando (par. 8) «che, con specifico riguardo ai compensi percepiti dal titolare del fondo a seguito della costituzione del diritto di superficie acquisito a titolo originario (senza, vale a dire, aver sostenuto un costo oggettivamente determinabile e direttamente riferibile al diritto ceduto), gli stessi debbano essere inclusi nella fattispecie recata dall’articolo 67, comma 1, lettera l), del TUIR, vale a dire fra i redditi diversi derivanti dalla assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere. Conseguentemente, ai fini della determinazione della plusvalenza da assoggettare a tassazione, trova applicazione la disposizione recata dall’articolo 71, comma 2, del TUIR. In particolare, il reddito da sottoporre a tassazione è costituito dalla differenza fra l’ammontare percepito nel periodo d’imposta e le spese specificamente inerenti alla sua produzione».
In altre parole, secondo la circolare riportata, i compensi corrisposti a favore dei proprietari terrieri a fronte della costituzione di un diritto reale di godimento – sino ad oggi, ex art. 67, comma 1, lett. b), non soggetti a tassazione se acquisiti da più di cinque anni – costituiscono un reddito diverso per l’assunzione, da parte del predetto proprietario del fondo, di un’obbligazione di fare, non fare e permettere.
Conseguentemente si attiverebbero, in presenza delle relative condizioni di legge, gli obblighi di sostituzione di imposta ex art. 25, primo comma, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600: i soggetti cessionari/superficiari qualora fossero soggetti qualificabili come sostituti di imposta dovrebbero tenere conto che secondo tale interpretazione sarebbero obbligati ad operare (e versare) una ritenuta a titolo di acconto nella misura del 20% sui corrispettivi pagati (in unica soluzione ovvero attraverso canoni periodici/annuali) al titolare del fondo ove si tratti di persona fisica.
La circolare n. 36/E/2013 prescinde e anzi snatura la componente immobiliare dell’acquisizione sorvolando sulla circostanza che in relazione all’atto di costituzione di un diritto reale di godimento vengano assolte le specifiche e rilevanti imposte indirette dei trasferimenti immobiliari.
La posizione espressa dall’Agenzia delle entrate ha indotto alcuni Uffici finanziari periferici a notificare avvisi di accertamento e di contestazione delle presunte violazioni e omissioni in materia di sostituzione di imposta e conseguenti ritenute alla fonte: tali atti diretti, quasi esclusivamente, alle imprese installatrici/utilizzatrici degli impianti, in quanto soggetti più facilmente reperibili e solvibili dei numerosi proprietari terrieri delle rispettive singole particelle fondiarie.
In merito non si può non evidenziare che tale indirizzo accertativo si fonda (e con estrema fatica si sostiene) esclusivamente sulla base di un’inaccettabile applicazione retroattiva della (in)novativa interpretazione dell’Agenzia delle entrate in questione.
Non può altresì non rilevarsi come, se la finalità era quella di ricondurre a tassazione la “accresciuta” capacità contributiva dei proprietari dei terreni agricoli esclusa sino ad oggi dalle maglie dell’imposizione, pervenire alla loro tassazione attraverso una circolare sia un’operazione di discutibile legittimità, già senza scomodare i precetti costituzionali tra cui tutti l’art. 23 Cost., secondo cui «Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge».
In un’altra occasione abbiamo osservato come indubbiamente ad oggi la norma impositiva manchi e come la circolare ministeriale non possa certo farne le veci, peraltro attraverso una formula interpretativa che evoca tutt’altra disposizione di riferimento.
La circolare, pur di pervenire ad una qualificazione reddituale nell’ambito dell’art. 67 del TUIR, prescinde e ignora la specifica disposizione che regola il trattamento tributario dei proventi da “fonte” immobiliare e richiama tutt’altra disposizione che disciplina una categoria reddituale del tutto residuale, quale quella propria del lavoro occasionale e non professionale (per l’appunto obbligazioni di fare, non fare e permettere).
L’interpretazione appare quindi assolutamente criticabile, forse sorretta più da esigenze di gettito che non da un concreto fondamento giuridico: l’Amministrazione finanziaria assume la natura meramente obbligatoria dell’atto e determina un totale svuotamento della natura immobiliare del trasferimento, trascendendo il quadro normativo e in particolare l’art. 9, quinto comma, del TUIR, secondo cui «ai fini delle imposte sui redditi le disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso valgono anche per gli atti a titolo oneroso che importano costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento».
Occorre sul punto rilevare come «il negozio costitutivo del diritto di superficie, essendo finalizzato alla costituzione di un diritto reale immobiliare, al contrario della locazione, postula, di regola, una forma documentale suscettibile di renderlo titolo idoneo alla trascrizione, di guisa che risulta, normalmente consacrato in un atto pubblico o in una scrittura privata autenticata» (6).
Operate le suesposte premesse, dalla ricostruzione dell’Agenzia delle entrate sembra doversi ricavare che il diritto di edificare e successivamente di mantenere un fabbricato sul suolo di un terzo costituisca non già il contenuto proprio e tipico del diritto reale di superficie, ma una ulteriore prestazione, di un genere diverso e consistente nel “permettere” (di costruire e poi mantenere sul suolo) cui si obbliga il proprietario del fondo.
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Pare evidente come una siffatta ricostruzione risulti priva di alcun fondamento giuridico non solo tributario ma prima ancora civilistico: il permettere la realizzazione della costruzione non appare qualcosa di diverso e accidentale nell’ambito della costituzione del diritto di superficie ma costituisce l’essenza stessa del diritto reale di godimento de quo, il suo contenuto ex lege.
Peraltro la citata circolare n. 36/E/2013, nel passaggio sopra esposto, oltre a non fruire di alcuna copertura normativa, rivela diversi limiti e contraddizioni.
In primo luogo dalla circolare si ricava che la non imponibilità prevista dall’art. 67, primo comma, lett. b), del TUIR, troverebbe applicazione soltanto nel caso in cui il (solo) diritto di superficie sia stato oggetto di preventivo acquisto a titolo oneroso; è facile tuttavia obiettare quando possa verificarsi tale presupposto in presenza di un diritto “neocostituito” a favore del superficiario.
Peraltro, anche se questo dualismo (che proprio con la circolare in esame si voleva chiarire e risolvere) non costituisce una novità specie nel settore delle “rinnovabili” (7), tale conclusione sarebbe assolutamente incongrua rispetto alla tassazione indiretta di natura esclusivamente immobiliare riservata agli atti di trasferimento dei diritti di superficie in esame ai fini delle imposte di registro, ipotecarie e catastali, di cui, osserviamo, l’Agenzia delle entrate non ha mai dubitato (8).
In base alla circolare n. 36/E/2013 l’atto di costituzione del diritto di superficie regolerebbe un reddito diverso quale obbligazione di fare, non fare e permettere, ma allo stesso tempo sconterebbe la più onerosa tassazione indiretta degli atti di trasferimento immobiliare con imposta di registro al 15% e le imposte ipotecarie e catastali rispettivamente al 2% e all’1% (ora ridotta per effetto delle modifiche introdotte dal 1° gennaio 2014 per le imposte in questione).
Peraltro occorre ribadire come la costituzione e/o cessione di diritti reali immobiliari (quali – è bene ribadirlo – il diritto di superficie e le servitù prediali) possono originare plusvalenze tassabili, ai sensi dell’art. 67, primo comma, lett. b), del TUIR (costituiscono redditi diversi «le plusvalenze realizzate mediane cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni …, nonché in ogni caso, le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione»), mentre, secondo la circolare n. 36/2013, la costituzione del medesimo diritto reale di godimento (nella specie diritto di superficie) genera una componente reddituale residuale, di valenza meramente obbligatoria, avente ad oggetto quella di fare, non fare e permettere regolata dalla lett. l) del medesimo art. 67 citato.
Un cenno alle conseguenze pratiche dell’interpretazione descritta che appaiono dirompenti.
In primo luogo, per i proprietari del fondo, verrebbero meno tutti i casi di non imponibilità previsti per le plusvalenze e non vi sarebbe alcun costo da dedurre dal corrispettivo.
Inoltre tale impostazione impedirebbe ai proprietari di accedere alla rivalutazione dei terreni i cui termini sono stati da ultimo riaperti con la legge di stabilità 2014.
Ancora corre l’obbligo di rammentare come la stessa Amministrazione finanziaria sia pervenuta in precedenza a conclusioni rese in tutt’altro senso: con la risoluzione 22 maggio 2008, n. 210/E (9), in relazione alla rinuncia a una servitù prediale, l’Agenzia delle entrate ha affermato testualmente che «trova applicazione l’art. 9, comma 5, del TUIR, … In particolare, sulla base della disposizioni citata il corrispettivo della rinuncia va ricondotto all’art. 67 lettera b) del TUIR, concernente le plusvalenze realizzate a seguito di cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria».
Orientamento confermato poco dopo, con la risoluzione 10 ottobre 2008, n. 379/E (10), in relazione alla costituzione di una servitù prediale a tempo determinato, ove l’Agenzia delle entrate ha nuovamente affermato che «la fattispecie rappresentata presenta i requisiti per essere assimilata alla cessione a titolo oneroso di beni immobili disciplinata dall’art. 67, comma 1, lett. b), primo periodo, del TUIR».
Ancora più significativamente l’Agenzia delle entrate si è espressa proprio in relazione alla costituzione del diritto di superficie. Con la risoluzione 28 aprile 2009, n. 112/E (11) infatti, in relazione al trattamento tributario del diritto di superficie, costituito a tempo determinato per un periodo di 25/30 anni, è stato precisato che «ai fini delle imposte sui redditi, l’art. 9, comma 5, del TUIR, …, stabilisce che le disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso si applicano anche nei confronti degli atti che importano la costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento. Pertanto, la costituzione del diritto di superficie è equiparata alla cessione a titolo oneroso, con la conseguenza che alle somme conseguite a seguito della cessione o costituzione del diritto di superficie sono applicabili i principi del reddito di impresa di cui agli artt. 81 e seguenti del TUIR, nel caso in cui il percettore sia un’impresa». Pertanto, aggiunge ancora l’Agenzia delle entrate, «le prospettate operazioni di costituzione del diritto di superficie appaiono idonee a far sorgere in capo all’istante proprietario del terreno una componente reddituale, riconducibile alla sfera applicativa dell’art. 86 del TUIR, che disciplina le plusvalenze patrimoniali nell’ambito dell’impresa».
Da parte del Consiglio Nazionale del Notariato (12) è stata avallata la descritta impostazione chiarendo che «il corrispettivo percepito in caso di cessione di un diritto di superficie da parte di un soggetto persona fisica entro il quinquennio, può originare un reddito diverso ex art. 67 comma 1 lett. b) del Tuir».
Nel medesimo senso si è espressa anche l’Associazione Dottori Commercialisti di Milano (13), secondo la quale «ai sensi dell’art. 9 comma 5 del TUIR il trattamento del corrispettivo conseguito per la costituzione di un diritto di superficie a favore di terzi su un bene immobile è equiparato, ai fini delle imposte dirette, a quello relativo alla cessione di un bene immobile a titolo oneroso. Per i cedenti persone fisiche non imprenditori, l’eventuale plusvalenza è imponibile con il criterio di cassa solo se compresa tra quelle di cui all’art. 67, comma 1, lett. b) del TUIR».
Orbene date le suesposte considerazioni, non può sorprendere se, in tale scenario, si registra una secca (e confidiamo definitiva e risolutiva) smentita da parte della Corte di Cassazione che, con la pronuncia del 4 luglio 2014, n. 15333 (14), ha rigettato il ricorso principale dell’Agenzia delle entrate e condannato la stessa alle spese processuali, ritenendo in primo luogo da richiamarsi il citato quinto comma 5 dell’art. 9 del TUIR per poi concludere come segue: «essendo il diritto di superficie un diritto reale, è pienamente applicabile l’art. 9 comma 5 del TUIR, implicante l’equiparazione della disciplina fiscale relativa alle cessioni a titolo oneroso della piena proprietà degli immobili agli atti che importano la costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento. Per la persona fisica, il corrispettivo derivante dalla cessione del diritto di superficie costituisce dunque reddito diverso ex art. 81, comma 1, lett. b), vecchia numerazione, oggi art. 67, del Tuir, qualora si tratti di area fabbricabile (sarà tassata la differenza tra il costo, rivalutato e maggiorato delle spese, ed il prezzo di vendita).
2.3. In caso di terreno agricolo, invece, nessuna tassazione, salvo che non siano trascorsi almeno cinque anni dall’acquisto.
Infatti, il reddito afferente tale corrispettivo non può essere inquadrato tra i redditi diversi ed in particolare tra quelli derivanti dall’assunzione di obblighi di permettere di cui all’art. 81, lett. l), (ora art. 67) del Tuir, in quanto, da un lato, la generale equiparazione del trasferimento di un diritto reale di godimento al trasferimento del diritto di proprietà, correlata all’art. 9, comma 5 del TUIR, non consente, neanche, l’applicazione dell’art. 67, lett. l), del TUIR, in relazione all’obbligo di permettere (concedere a terzi l’utilizzo del terreno), e, dall’altro lato, i redditi determinati dall’assunzione di obblighi, cui fa riferimento tale ultima disposizione, vanno ricollegati specificatamente a diritti personali, piuttosto che a diritti reali.
E, nel caso di diritto di superficie, si è indiscutibilmente in presenza di diritti reali».
Del tutto soverchiata quindi la tesi dell’Agenzia delle entrate che, per concludere come rappresentato in premessa, assumeva necessariamente la natura obbligatoria e non reale dei contratti di costituzione del diritto reale di superficie.
La Corte Suprema, invece, esordisce riconoscendo implicitamente la limitazione e compressione del diritto del proprietario determinata dalla costituzione dello ius aedificandum a favore di terzi, ma soprattutto prende le mosse dall’art. 9 del TUIR allorquando equipara la disciplina fiscale delle cessioni a titolo oneroso della piena proprietà degli immobili agli atti che importano la costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento (quale il diritto di superficie), aggiungendo che per il percettore/persona fisica costituisce reddito diverso di cui alla lett. b) – e non l) – ove abbia ad oggetto un’area fabbricabile.
Conforta apprendere che, nelle more, alcune Commissioni tributarie di merito hanno adottato pronunciamenti nella stessa direzione della Suprema Corte.
Alla luce di quanto sopra esposto, non può non confidarsi in un tempestivo ripensamento da parte dell’Agenzia delle entrate: ma poiché la riqualificazione del reddito non trova riscontro in alcuna disposizione, tale ripensamento deve intervenire in tempi solleciti anche al fine di assicurare una più oculata ed attenta gestione dell’azione accertativa volta anche ad evitare l’instaurarsi dell’inevitabile contenzioso, i cui esiti si sono potuti già apprezzare con la sentenza della Suprema Corte del luglio scorso.
Stante il quadro normativo vigente, se lo stesso non è destinato a mutare, pretendere una tassazione nei termini opinati dall’Agenzia delle entrate è evidentemente una violazione: le categorie reddituali sono classificate nell’art. 6 del TUIR e la norma dell’art. 9 completa l’esegesi degli atti che importano costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento assicurando agli stessi l’applicazione delle disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso.
Da ciò deriva che delle due l’una: o il legislatore doterà per il futuro l’art. 67 del TUIR di una ulteriore previsione normativa, quale ennesima categoria di reddito diverso, così rendendo la norma ancora più eterogenea e multidirezionale di quanto non lo sia già ora; oppure, in assenza di detto intervento legislativo, nessuna pretesa impositiva né ora né per il futuro potrà essere avanzata in relazione a tale fattispecie.
Appare, pertanto, non solo evidente ma finanche doveroso che nello scenario descritto nessuna “sopravvenuta” tassazione possa o potrà essere pretesa in riferimento alle annualità pregresse.
Avv. Maria Serpieri – Dott. Guido Martinelli
(1) Si vedano per gli impianti eolici circ. 22 novembre 2007, n. 14/T, in Boll. Trib., 2007 1877, e per i pannelli fotovoltaici ris. 6 novembre 2008, n. 3/T, in Boll. Trib. On-line.
(2) Dal 1° dicembre 2012 l’Agenzia delle entrate ha incorporato l’Agenzia del territorio così come disposto dall’art. 23-quater del D.L. 6 luglio 2012, n. 95 (convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135).
(3) In Boll. Trib., 2014, 202.
(4) In tema di tassazione dei contratti di locazione dei terreni agricoli per impianti fotovoltaici si rinvia a Chiechi, sulla tassazione dei contratti di locazione dei terreni agricoli per impianti fotovoltaici, in nota a Comm. trib. prov. di Lecce, sez. I, 14 febbraio 2011, n. 88, in Boll. Trib., 2011, 891.
(5) Ved. Tosoni-Gavelli, Impianti fotovoltaici, le Entrate verso la svolta sugli ammortamenti, in Il Sole 24 ore, 1° maggio 2014; ID., Solare, il Fisco pesa sul diritto di superficie, ivi, 10 febbraio 2014; e ID., Diritto di superficie, si paga l’Irpef, ivi, 5 gennaio 2014, che qualifica capziosa l’interpretazione dell’Agenzia delle entrate.
(6) Così Corte Appello di Roma 13 febbraio 1989, n. 334, in Rep. Foro it., 1989, col. 2619.
(7) Si pensi all’opposta classificazione degli impianti fotovoltaici quali beni mobili ex circ. 23 giugno 2010, n. 38/E, in Boll. Trib., 2010, 1045, e poi, viceversa, alla loro inclusione degli stessi nella categoria catastale “D” propria degli opifici industriali pretesa dall’Agenzia del territorio nelle citate circ. n. 14/T/2007 (per gli impianti eolici) e n. 3/2008 (per i pannelli fotovoltaici).
(8) Proprio a completamento del quadro normativo, sul terreno dell’IVA, confrontandosi con le classificazioni elaborate dal D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e in particolare con la contrapposizione tra le cessione di beni e le prestazione di servizi, non si può non rilevare come la costituzione o il trasferimento di un diritto di superficie risulti, dal legislatore dell’IVA nazionale, qualificata come cessione di beni.
(9) In Boll. Trib. On-line.
(10) In Boll. Trib. On-line.
(11) In Boll. Trib. On-line.
(12) Studio del 15 luglio 2011, n. 35-2011/T.
(13) Cfr. Norma di comportamento n. 183/2012, in Boll. Trib., 2012, 596.
(14) In Boll. Trib. On-line.