1 Luglio, 2015

 

 

SOMMARIO: 1. La fattispecie e la sentenza della Commissione tributaria provinciale messinese – 2. Cenni sui profili impositivi dell’attività di gioco 3. (segue) La tassazione del gioco on-line – 4. Interazione tra normativa interna e comunitaria nel caso di specie – 5. Osservazioni conclusive.

1. La fattispecie e la sentenza della Commissione tributaria provinciale messinese

La Commissione tributaria provinciale messinese (1) ha affrontato l’attuale e interessante tematica della tassazione del gioco on-line, fenomeno che, in questi ultimi tempi, ha registrato una notevole crescita (2). Il notevole sviluppo delle transazioni effettuate per via telematica del gioco on-line implica notevoli riflessi, dal punto di vista sia economico sia giuridico, generando una serie di interventi normativi volti a disciplinare l’articolato e variegato mondo del gioco al quale si riconducono diverse modalità di imposizione.

Questa particolare tipologia di gioco è caratterizzata dall’uso di un sito internet in cui lo scommettitore, dopo essersi registrato e avere aperto un conto di gioco nominativo (3), riceve un codice identificativo che gli consente di scommettere o giocare sugli eventi proposti da operatori di gioco on-line, senza alcun intermediario (condizione necessaria affinché si delinei il gioco on-line, è il rapporto diretto tra giocatore e operatore) (4).

Tra lo scommettitore e il bookmaker si viene a creare un rapporto «essenzialmente privatistico … e lo schema giuridico in cui si inserisce il gioco o la scommessa è tipicamente quello del contratto aleatorio e la posta giocata dal giocatore non è altro che il corrispettivo del servizio ludico ricevuto» (5).

Proprio l’immaterialità del bene, se da un lato ha favorito lo sviluppo economico e sociale di alcuni Paesi, superando le barriere geografiche, dall’altro, questa forma di e-commerce, ha generato non poche difficoltà in merito all’individuazione del presupposto territoriale da cui derivano notevoli problematiche applicative e impositive correlate.

Nel caso in esame, un contribuente ha realizzato delle vincite da gioco on-line nell’anno 2009 non dichiarate e, sulla scorta di ciò, l’Amministrazione finanziaria gli notifica un avviso di accertamento parziale, ai sensi dell’art. 41-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, successivamente impugnato dal contribuente.

In fase di contraddittorio il ricorrente comunica all’Ufficio finanziario le vincite realizzate in Italia e all’estero e, nell’esibire la documentazione, lo stesso non rileva i dati attinenti le vincite all’estero, per cui il contribuente non ha presentato la dichiarazione dei redditi, in cui avrebbe dovuto indicare le vincite conseguite in tornei di poker on-line, tra i redditi diversi di cui all’art. 67, primo comma, lett. d), del TUIR, cioè quelli riguardanti le vincite delle lotterie, dei concorsi a premi derivanti da prove di abilità o della sorte.

Il ricorrente, nella fase processuale, rileva la carenza di motivazione dell’atto impositivo, per violazione degli artt. 2, 3, 10, 53 e 97 Cost. e l’incostituzionalità della norma contenuta nell’art. 67, primo comma, lett. d), del TUIR, evidenziando, inoltre, la disparità di trattamento rispetto alle vincite dei casinò italiani.

Il ricorrente, in subordine, evidenzia che l’attività di gioco e scommessa debba considerarsi attività professionale e, in quanto tale, richiede la deducibilità dei costi e la disapplicazione delle sanzioni.

L’Ufficio provinciale, invece, nel costituirsi in giudizio afferma che le vincite da gioco rientrano nella categoria dei redditi diversi, per cui in tal caso ricorre l’obbligo della dichiarazione, e, in relazione ai soggetti residenti, afferma che detti redditi devono essere tassati nel Paese in cui risiede il contribuente e, nel caso specifico, in Italia, ove, come è noto, vige il principio della tassazione dei redditi ovunque prodotti (worldwide tax principle).

La Commissione territoriale, nell’esaminare il ricorso proposto, ha ricostruito la fattispecie rilevando in particolare che: le vincite da giochi on-line rientrano tra i redditi diversi e che pertanto devono essere dichiarati in relazione al principio di residenza fiscale; tali vincite, inoltre, in relazione all’art. 69 del TUIR, devono essere tassate interamente nel periodo d’imposta in cui sono percepite senza alcuna deduzione. Si tratta, infatti, di una categoria reddituale rientrante tra i redditi diversi e, in quanto tale, non rileva il requisito della professionalità presente nei redditi di lavoro autonomo, quindi i costi di produzione sostenuti dal ricorrente non possono essere portati in deduzione. Ma le condizioni di obiettiva incertezza «sull’ambito di applicazione delle norme alle quali la violazione si riferisce» inducono la Commissione messinese a dichiarare l’inapplicabilità delle sanzioni.

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Riteniamo importante sottolineare come sul tema recentemente si siano formati contrari orientamenti giurisprudenziali, tra questi segnaliamo: la Commissione tributaria provinciale di Gorizia n. 101/2011 (6), la quale, facendo espresso riferimento alla normativa comunitaria, afferma che la tassazione di vincite conseguite all’estero debba fondarsi sui principi di “neutralità fiscale” di “tax equity”, sul divieto di doppia imposizione e sui principi di non discriminazione e uguaglianza, sostenendo come i cittadini che conseguono redditi di fonte estera, nel caso specifico redditi provenienti da gioco on-line, debbano avere lo stesso trattamento fiscale dei soggetti che conseguono redditi di fonte nazionale realizzando così la neutralità fiscale.

Inoltre i principi di non discriminazione e di eguaglianza non si fondano sul concetto di residenza, bensì sul rapporto di reciprocità che implica lo stesso trattamento tributario tra due soggetti residenti in Stati diversi, ma che abbiano realizzato la stessa fattispecie. La medesima Commissione friulana evidenzia, inoltre, che l’interpretazione dell’Ufficio finanziario di far rientrare i redditi che promanano da vincite di gioco on-line nella disposizione di cui all’art. 67, primo comma, lett. d), del TUIR, sia in palese contrasto con i principi di uguaglianza e non discriminazione dei cittadini comunitari, quindi in palese contrasto con l’ormai consolidata giurisprudenza comunitaria (7).

La Commissione tributaria provinciale di Teramo n. 131/2014 (8) ribadisce ancora che le vincite realizzate in poker on-line oltre confine non determinano alcun obbligo fiscale, poiché, in ottemperanza al divieto di non discriminazione, le vincite conseguite nei casinò italiani sono escluse dalla tassazione in relazione al disposto di cui all’art. 30 del D.P.R. n. 600/1973 (9). La sopra citata Commissione di Teramo, infatti, sostiene che l’orientamento dell’Ufficio finanziario di sottoporre le predette vincite al regime impositivo di cui all’art. 67 del TUIR, «concretizza una violazione dei principi di uguaglianza e non discriminazione dei cittadini comunitari» così inducendo i giocatori a prediligere le case da gioco italiane.

2. Cenni sui profili impositivi dell’attività di gioco

Prima di esaminare nel dettaglio la sentenza che ha ispirato il presente scritto riteniamo necessario, seppur brevemente, effettuare alcune considerazioni di carattere generale sugli aspetti fiscali del fenomeno ludico. In relazione al rapporto giuridico tributario è importante, infatti, rilevare che l’aspetto ludico ed economico sono parte integrante dello stesso, per cui «la pattuizione di contenuto patrimoniale, assume carattere essenziale rispetto all’atto di gioco» (10).

La manifestazione economica attraverso “la posta in gioco” che il contribuente dimostra di possedere è riconducibile, infatti, all’art. 53 Cost.; pertanto, la norma tributaria identifica innanzitutto il presupposto (11), indice di capacità economica e, successivamente, il criterio di imputazione del fatto al soggetto a cui si riferisce la disponibilità economica (12).

Nel caso specifico del gioco on-line, la posta in gioco assume particolare importanza perché indirizzata ad un determinato soggetto, ossia al giocatore (13). È logico intendere che l’imposizione si applica allo stesso, nel momento in cui si realizza la vincita (14), rinvenendo nell’arricchimento il presupposto del tributo (15).

Senz’altro il monopolio fiscale per lungo tempo ha rappresentato il modello di riferimento della fiscalità dei giochi, in particolare per quelli tradizionali, ma il legislatore, in considerazione dei continui mutamenti economici e sociali, ha dovuto modellare nuove modalità impositive, pur rispettando i fondamentali principi costituzionali (16).

In altri termini, per il legislatore tributario l’obiettivo principale è quello di intercettare i differenti meccanismi di gioco e scommessa ai quali ricondurre le diverse modalità impositive, in modo tale da garantirsi l’acquisizione del prelievo.

Per ciò che concerne l’organizzatore del gioco, sono previsti specifici tributi a seconda del tipo di gioco svolto quali: il prelievo erariale unico (c.d. “Preu”), imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse, imposta sugli intrattenimenti.

Sotto il profilo del giocatore, invece, è possibile individuare diverse modalità impositive:

per i giochi tradizionali (lotto, superenalotto, estrazione istantanea, etc.) si può effettuare al giocatore una ritenuta alla fonte ai sensi dell’art. 30, primo comma, del D.P.R. n. 600/1973;

una tassazione a monte mediante lo strumento del monopolio fiscale, per cui lo Stato-monopolista, in modo esclusivo, si riserva la facoltà di erogare alcuni beni e servizi e, quindi, i giocatori subiscono una decurtazione sulla vincita “a monte”; come già rilevato in dottrina (17) «il premio offerto ai giocatori viene ridotto rispetto a quello che sarebbe stato offerto ordinariamente in un assetto di libera concorrenza, con conseguente incameramento di un extra-profitto (in aggiunta a quello di mercato) da parte dello Stato-monopolista»;

un’altra modalità è quella di effettuare il prelievo sull’atto di gioco poiché rappresenta la manifestazione economica del contribuente, per cui il meccanismo impositivo sarebbe quello delle imposte sui consumi (18).

Certamente queste differenti modalità di prelievo sono riconducibili a diversi presupposti impositivi e a “strutture di tassazione differenziate” (19), da utilizzare coerentemente con le scelte di politica fiscale.

3. (segue) La tassazione del gioco on-line

Nel caso specifico, riteniamo però che la modalità impositiva che più si addica al gioco on-line è rappresentata dall’applicazione dell’imposta sul reddito (sotto forma di imposta sostitutiva) in capo al giocatore nel momento in cui realizza la vincita (20). Questa forma di prelievo, infatti, ha la finalità di rendere più snello e sicuro l’adempimento del contribuente, poiché la tipologia di gioco in oggetto potrebbe rappresentare un facile strumento di pratiche evasive.

A differenza del passato, quando in ambito nazionale in tema di giochi e scommesse sussisteva un monopolio prevalentemente statale (21), attualmente, per effetto delle nuove offerte transfrontaliere, il gioco d’azzardo può essere espletato anche da operatori che risultano operare in un mercato regolamentato, ossia provvisti di autorizzazione AAMS (22) (attualmente Agenzia delle dogane e dei monopoli). Va comunque segnalato che l’organizzatore dei giochi on-line che ottiene la concessione sarà obbligato a versare il canone di concessione dei giochi a distanza.

Anche se l’immaterialità dei servizi e quindi l’offerta di giochi on-line frequentemente induce a determinare i c.d. mercati grigi (23) o mercati illegali, i primi sono gestiti da soggetti muniti di regolare licenza in uno o in diversi Stati membri ma che forniscono questi giochi anche ai cittadini che risiedono in altri Paesi membri sprovvisti di autorizzazione, i secondi sono quelli offerti da operatori clandestini.

Sul punto è stato particolarmente significativo il lavoro della Commissione europea che, con la redazione del “Libro verde”, a partire dal 2011 (24) – in materia di giochi on-line – ha cercato di disciplinare il quadro giuridico in modo da assicurare a «tutte le parti in causa una maggiore certezza del diritto» (25). La stessa, inoltre, ha evidenziato che «i problemi sollevati dalla coesistenza di diversi modelli normativi sono evidenziati dal numero di pronunce pregiudiziali in materia e dallo sviluppo on-line di importanti mercati cosiddetti grigi o di mercati illegali in tutti gli Stati membri».

Diventa, quindi, davvero difficoltoso controllare un mercato così variegato e di conseguenza individuare il presupposto e i soggetti passivi del tributo, anche se il legislatore nazionale è intervenuto con la legge finanziaria del 2011 (26) facendo rientrare nel novero dei soggetti passivi del tributo anche gli organizzatori dei giochi senza autorizzazione AAMS.

Nella fattispecie oggetto della pronuncia da parte della Commissione tributaria messinese il problema della difficoltà di individuazione del soggetto passivo non sussiste poiché, trattandosi di persona fisica residente in Italia, sarà sottoposto ad imposizione nel territorio dello Stato per i redditi ovunque prodotti.

Nel caso specifico il contribuente ha partecipato a giochi on-line in tornei di bookmaker stranieri, dai quali ha realizzato delle consistenti vincite; in tale ipotesi non è invocabile la disposizione contenuta nell’art. 30 del D.P.R. n. 600/1973 (ossia la ritenuta sulle vincite e sui premi), ma si applicherà l’imposta sul reddito, poiché le predette vincite rientrano nella categoria reddituale dei redditi diversi di cui all’art. 67 del TUIR (27). Ciò perché l’art. 30 del TUIR sancisce che le vincite o i premi corrisposti dallo Stato, da persone giuridiche pubbliche o private e dai soggetti indicati nel primo comma dell’art. 23 del TUIR sono sottoposti ad una ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, con facoltà di rivalsa (28).

Nella fattispecie in esame le vincite sono erogate da un soggetto straniero, per di più privo di autorizzazione, che non risulta essere sostituto d’imposta, quindi il contribuente/giocatore ha l’obbligo di presentare la dichiarazione (29).

Sul punto è intervenuta l’Agenzia delle entrate (30) a seguito di un’istanza di interpello proposta da un contribuente, il quale aveva conseguito delle vincite da casinò on-line residenti all’estero, accreditate su di un conto corrente infruttifero posseduto presso un intermediario finanziario che risiedeva presso l’isola di Man. La stessa ha giustamente rilevato che le vincite da gioco on-line rientrano nel novero dei redditi diversi e quindi la vincita sarà sottoposta ad imposizione nel periodo in cui è percepita, secondo il principio di cassa. Essa ha inoltre evidenziato che l’utilizzo di un conto corrente estero rappresenta un’attività finanziaria e quindi è sottoposto al monitoraggio (31).

Come abbiamo già rilevato il presupposto d’imposta è rinvenibile nella vincita, pertanto l’imposta si applica in tutte le fattispecie in cui si realizza il collegamento tra presupposto e territorio dello Stato. Si deduce che, per le operazioni di gioco concluse o tramite mail oppure con il “point and click”, assuma particolare importanza ai fini impositivi il luogo in cui risiede lo scommettitore (32). Come è stato giustamente osservato dal Tar del Lazio «l’offerta on line si perfeziona nel territorio della repubblica per il sol fatto dell’accettazione, da parte del cliente giocatore, della procedura informatica e dell’attivazione della stessa» (33).

Muovendo da queste brevi considerazioni possiamo ritenere che la veste di soggetto residente (34), come nella fattispecie esaminata dai giudici messinesi, comporta l’adempimento di obblighi prodromici, tra cui, ad esempio, l’obbligo della presentazione della dichiarazione (35).

Ebbene, indipendentemente dal luogo in cui è stata realizzata la fonte reddituale – sia in Italia, sia all’estero – il contribuente è tassato secondo il worldwide tax principle fondato su modalità di «collegamento di tipo personale» (36), in relazione al quale ciascun ordinamento «giustifica la propria pretesa impositiva» (37).

Il nodo centrale si risolve, infatti, nella mancata dichiarazione di redditi del contribuente e non nel divieto comunitario di discriminazione della circolazione dei servizi, come rilevato da numerose pronunce giurisprudenziali (38). Riteniamo, invece, che la discriminazione, sotto il profilo costituzionale, si presenterebbe qualora il contribuente non venisse sottoposto a tassazione per i redditi che promanano dal gioco on-line, rispetto alle altre categorie reddituali. Volgendo lo sguardo alle altre tipologie di gioco, quali ad esempio il gioco del lotto o delle lotterie, il contribuente residente è tassato nel momento stesso in cui realizza la vincita; perché il contribuente non dovrebbe quindi essere sottoposto a tassazione con tale modalità di gioco?

4. Interazione tra normativa interna e comunitaria nel caso di specie

Sicuramente la globalità e mobilità delle transazioni nel commercio elettronico e, quindi, l’incontrollato sviluppo del gioco on-line, rischiano di «opacizzare, se non addirittura di compromettere, il gioco riconducibile alla sfera del monopolio nazionale» (39), poiché, a parità di trattamento di servizi resi, per il contribuente sarà determinante il minore carico fiscale e quindi sovente sarà proiettato verso bookmaker non residenti che operano magari senza autorizzazione.

Un aspetto particolarmente problematico nella disciplina dei giochi on-line attiene, infatti, al rapporto tra la normativa interna e le libertà fondamentali (40), tra cui la libera circolazione dei servizi di cui all’art. 56 del TFUE (Trattato sul funzionamento dell’Unione europea). Volgendo lo sguardo alla normativa e alla giurisprudenza comunitaria è innegabile intuire che la riserva monopolistica di offrire servizi nel territorio dello Stato, a discapito di operatori stabiliti in altri Paesi comunitari, rappresenta una chiara limitazione dell’art. 56 del TFUE, ossia della libera circolazione delle prestazioni di servizio.

Sulla base di ciò, nel corso del tempo, la Corte di Giustizia europea (41) ha consolidato l’orientamento secondo cui «i servizi prestati tramite mezzi elettronici rientrano nell’ambito di applicazione del trattato e che la normativa nazionale che vieta agli operatori stabiliti in uno Stato membro di offrire servizi di gioco d’azzardo on-line ai consumatori stabiliti in un altro Stato membro, o che ostacola la libertà di ricevere o di beneficiare come destinatario dei servizi offerti da un prestatore stabilito in un altro Stato membro, costituisce una restrizione alla libera prestazione dei servizi».

Ciò nonostante, queste limitazioni tra operatori residenti e non sono giustificate in deroga all’art. 56 del TFUE in relazione a particolari esigenze di ordine pubblico e di interesse della collettività.

In questo caso, infatti, il monopolio, più che ad esigenze di gettito, risponde ad «esigenze di sviluppo della collettività o di tutela dell’ordine pubblico e non soltanto a motivi di carattere fiscale» (42).

Le limitazioni alle libertà fondamentali, conformemente alla giurisprudenza della Corte di Giustizia europea (43), si ritengono giustificate poiché l’interesse generale mira a tutelare i giocatori cercando di reprimere la ludopatia e mantenere l’ordine sociale e l’ordine pubblico contro la criminalità organizzata. In altri termini, queste restrizioni rappresentano delle «eccezioni ad un principio fondamentale» (44) e vanno interpretate alla luce degli artt. 51 (esercizio dei pubblici poteri) e 52 (ordine pubblico) del TFUE. Precisiamo che tali limitazioni non sono di certo ammissibili qualora si fondino su questioni prevalentemente di interesse fiscale (45).

La sentenza dei giudici siciliani di prime cure presenta senz’altro un profilo di rilevante importanza che conferma come, nel caso specifico, sussistono delle ragioni di ordine pubblico che giustificano la limitazione “delle libertà fondamentali” (libertà nella circolazione dei servizi, etc.), per cui «tutti i problemi sociali riconosciuti possono essere tali da giustificare la necessità che le autorità nazionali dispongano di un sufficiente margine di discrezionalità nel determinare la tipologia di servizi offerti in questo settore necessaria per la tutela dei consumatori e dell’ordine pubblico», di talché proprio l’attività di gioco necessita di una repressione al fenomeno della ludopatia, alla criminalità organizzata, alle scommesse clandestine e così via (46).

Riteniamo, pertanto, che sia legittimo volere attribuire ai singoli Stati un margine di discrezionalità nell’identificare le esigenze collegate all’interesse generale (47).

Concordando con quanto sostenuto in dottrina (48), «la Corte ha tuttavia già avuto modo di evidenziare che le peculiarità connesse all’offerta di giochi d’azzardo via internet (assenza di un contatto diretto tra il consumatore e l’operatore, facilità di accesso in ambiente isolato in assenza di controllo sociale, potenziale frequenza illimitata del ricorso al canale), possano implicare rischi maggiori, specie con riferimento a particolari categorie vulnerabili quali i giovani e, in genere, i soggetti con più alta propensione al gioco, rispetto ai tradizionali canali di distribuzione».

Consapevole di ciò il legislatore, sotto il profilo tributario, recentemente ha emanato la legge delega 11 marzo 2014, n. 23, che, nel riscrivere il sistema tributario, con l’art. 14 ha inteso riordinare anche la normativa vigente in materia di giochi, disciplinando il contrasto alla ludopatia, senza nel contempo perdere gettito fiscale e controllando maggiormente il mercato legale (49). Il legislatore, infatti, ha inteso prevenire e nel contempo reprimere i possibili comportamenti evasivi, inasprendo le sanzioni per violazioni riguardanti il gioco on-line, come previsto dall’art. 14, lett. o), della legge n. 23/2014.

5. Osservazioni conclusive

Volendo formulare qualche breve osservazione conclusiva, evidenziamo che, nonostante i ripetuti interventi legislativi, l’attuale disciplina normativa sui giochi è caratterizzata da una logica frammentaria di provvedimenti tampone, che non risultano coordinati tra di loro, né in ambito nazionale, né sotto il profilo comunitario (50), per cui sarebbe augurabile che si prevedessero «principi generali della materia e/o di norme strumentali volte a regolare la fase di attuazione del prelievo fiscale secondo meccanismi comuni ed omogenei» (51). Invero, come giustamente sostenuto in dottrina (52), «manca una disciplina espressa che stabilisca regole comuni per le varie manifestazioni di gioco e scommessa, ma anche non è identificabile un modello normativo di riferimento, di carattere sostanziale ovvero anche solo di carattere procedurale o attuativo, che assurga al ruolo di paradigma di settore».

Con la finalità di evitare divergenze interpretative tra norme fiscali nazionali e libertà fondamentali (TFUE), il legislatore avrebbe potuto includere direttamente le misure restrittive per il controllo del gioco d’azzardo tra le limitazioni giustificate per la tutela dell’ordine pubblico, di cui all’art. 52 del TFUE.

Le condizioni di obiettiva incertezza normativa e la semplicità con la quale questi servizi vengono resi da operatori illegali rappresentano un boomerang sia nei confronti dell’erario, a causa del mancato gettito, sia nei riguardi dei cittadini, che non sono garantiti e non hanno alcuna tutela sia a livello normativo che a livello di prevenzione di possibili e facili frodi a mezzo internet (53).

Sotto il profilo della spesa pubblica non tralasciamo di ricordare che, recentemente, la cura del gioco compulsivo rappresenta una tra le maggiori spese sostenute dal servizio sanitario nazionale, per cui assistiamo ad un duplice effetto: mancato gettito per l’erario e aggravio della spesa sanitaria.

In conclusione, riteniamo di dovere condividere la posizione assunta dai giudici della Commissione provinciale di Messina i quali inquadrano le vincite derivanti da giochi on-line tra i redditi diversi di cui all’art. 67, lett. d), del TUIR, che, in quanto tali, costituiscono reddito per l’intero ammontare percepito nel periodo d’imposta senza alcuna deduzione, così come disposto dall’art. 69 del medesimo testo unico. Ciò giustamente comporta che tali redditi, unitamente agli altri, siano dichiarati e sottoposti ad imposizione secondo il principio di residenza fiscale di cui all’art. 2 del TUIR.

Per ciò che concerne le sanzioni, invece, osserviamo come stante la complessità della normativa in materia di giochi on-line, sia corretto non irrogare le sanzioni per motivi di «obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione delle norme», così come è disposto dai giudici messinesi. Auspichiamo che la legge delega n. 23/2014 (54) possa in concreto incidere positivamente in materia di inasprimento delle sanzioni sugli operatori non autorizzati AAMS, che erogano giochi on-line, poiché soltanto l’applicazione di un’aggravata sanzione potrà reprimere il comportamento finalizzato all’evasione fiscale.

In definitiva, concordiamo con chi (55) ha giustamente osservato come il rispetto del rigore del linguaggio giuridico «dovrebbe costituire punto di riferimento comune, anche culturale, di tutti gli operatori del diritto. Senza rigore giuridico il diritto diventa incerto, l’incertezza si trasforma in arbitrio e si apre la strada alla “abusiva” interpretazione del diritto».

Dott. Santa De Marco

Università di Messina

(1) Cfr. Comm. trib. prov. di Messina, sez. XII, 24 marzo 2014, n. 1920, in Boll. Trib., 2014, 1572.

(2) Si veda Paradiso, I contratti di gioco e scommessa, Milano, 2003, 6, il quale afferma che «occorre piuttosto registrare un nuovo e imponente fenomeno sociale, connesso all’affermarsi di un vero e proprio sistema di scommesse organizzate, tanto che si è parlato di una vera e propria “febbre del gioco” che tende a radicarsi in vasti strati della popolazione, segnatamente di ceto modesto».

(3) Si veda Sbordone, Giochi concessi e gioco on-line, Roma, 2010, 57, il quale evidenzia che «sia il decreto direttoriale n. 128/2002 che il decreto analogo e parallelo relativo all’ippica introducono lo strumento del conto di gioco nominativo, la cui apertura è subordinata alla stipula di un apposito contratto tra giocatore e concessionario. Infatti, come già rilevato in precedenza, il gioco a distanza viene delineato dal legislatore come gioco che presuppone, in primo luogo, un obbligo di identificazione (a differenza di quello tradizionale presso le agenzie, completamente anonimo) nonché l’apertura di un conto di gioco personale, al quale viene attribuito un codice identificativo, gestito dal concessionario e sul quale vengono registrati tutti i movimenti di accredito (le ricariche) e di addebito (le poste, le vincite e i rimborsi di eventi non conclusi); movimenti, associati a singoli codici univoci, che vengono trasmessi, in tempo reale, dal Service Provider, al Totalizzatore Nazionale, gestito da SOGEI spa, nell’interesse di AAMS».

(4) In particolare il “Libro verde” sul gioco d’azzardo on-line, approvato dalla Commissione europea il 24 marzo 2011, al par. 2.1. chiarisce che «per “servizio di giocod’azzardo” on line si intende un servizio che implica una posta pecuniaria in giochi dipendenti dalla fortuna comprese le lotterie e le scommesse, forniti a distanza, mediante strumenti elettronici e su richiesta del singolo destinatario di servizi».

(5) Così Boria, Il sistema tributario, Milano, 2008, 894.

(6) Cfr. Comm. trib. prov. di Gorizia, sez. II, 11 novembre 2011, n. 101, in Boll. Trib. On-line.

(7) Si veda infra nota n. 49.

(8) Cfr. Comm. trib. prov. di Teramo, sez. I, 11 aprile 2014, n. 131, in Boll. Trib. On-line.

(9) L’art. 30 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, dispone che «i premi comunque diversi da quelli su titoli e le vincite derivanti dalla sorte, da giuochi di abilità, quelli derivanti da concorsi a premi, da pronostici e da scommesse, corrisposti dallo Stato, da persone giuridiche pubbliche e private e dai soggetti indicati nel primo comma dell’art. 23, sono soggetti ad una ritenuta alla fonte a titolo d’imposta, con facoltà di rivalsa, con esclusione dei casi in cui altre disposizioni già prevedano l’applicazione di ritenute alla fonte … L’aliquota della ritenuta è stabilita nel dieci per cento per i premi delle lotterie, tombole, pesche o banchi di beneficienza autorizzati a favore di enti e comitati di beneficienza, nel venti per cento sui premi dei giuochi svolti in occasione di spettacoli radio-televisivi, competizioni sportive o manifestazioni di qualsiasi altro genere nei quali i partecipanti si sottopongono a prove basate sull’abilità o sull’alea o su entrambe, nel venticinque per cento in ogni altro caso». Sul tema Fantozzi, Lotto e lotterie (diritto tributario), in Enc. dir., XXV, Milano, 1975, 49, giustamente rileva che «È tuttavia da riconoscere che la tendenza dottrinale, diretta a definire l’imposta sul giuoco quale tributo sostitutivo degli ordinari tributi sull’arricchimento o sul reddito, ha trovato implicito riconoscimento nella formulazione letterale dell’art. 30 D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, sulle disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi, redatto in base alla legge delega 9 ottobre 1971, n. 825, sulla riforma tributaria. Tale articolo, infatti, mentre assoggetta ad una ritenuta alla fonte a titolo di imposta con facoltà di rivalsa le vincite derivanti dalla sorte, da giuochi di abilità, concorsi a premi, pronostici e scommesse corrisposte dallo Stato e dalle persone giuridiche private e pubbliche, stabilisce chiaramente che “ritenuta sulle vincite e sui premi del lotto, delle lotterie nazionali, dei giuochi di abilità e dei concorsi pronostici esercitati dallo Stato è compresa nel prelievo operato dallo Stato in applicazione delle regole stabilite dalla legge per ognuna di tali attività di giuoco”». Con questa precisa dizione sembra confermata la natura giuridica della imposta sul lotto quale imposta sostitutiva delle altre imposte sul reddito applicate sulle vincite. Boria, Il sistema tributario, cit., 890, rileva che «Piuttosto sul piano semantico va segnalato, nella formula normativa dell’art. 30, il richiamo testuale al “prelievo operato dallo Stato” sui giochi e concorsi: ciò sembra confermare l’idea che l’acquisizione delle entrate erariali in occasione dei giochi risponde ad una logica fiscale (per l’appunto ad un prelievo operato dallo Stato) e non anche ad un mero atto commutativo collocato in un ambiente negoziale».

(10) Così Boria, Il sistema tributario, cit., 881.

(11) Cfr. Ferlazzo Natoli, Fattispecie tributaria e capacità contributiva, Milano, 1979, 62, il quale evidenzia lo stretto legame che intercorre tra presupposto di fatto e capacità contributiva, da un lato, e presupposto di fatto e capacità tributaria dall’altro, per cui «la realizzazione del presupposto di fatto» è, dunque, espressione di capacità contributiva, «che identifica il titolare del rapporto d’imposta, vale a dire il soggetto capace di diritto tributario».

(12) Si veda Micheli, Soggettività tributaria e categorie civilistiche, in Riv. dir. fin., 1961, 3 ss.; Falzea, Il soggetto nel sistema dei fenomeni giuridici, Milano, 1939, 193; Amatucci, Teoria dell’oggetto e del soggetto giuridico, in Riv. dir. trib., 1983, 1901; e Giovannini, Soggettività tributaria e fattispecie impositiva, Padova, 1996, 168 ss.

(13) Si veda Marchetti, Verso il superamento del monopolio fiscale sui giochi, in La Fiscalità dei giochi: analisi giuridica ed economica, Roma, 2013, 14, il quale al contrario sostiene che «Come messo in luce nella ricerca, non è più il giocatore il soggetto passivo del prelievo, bensì soggetto passivo è l’organizzatore del gioco, ponendosi quale presupposto del prelievo, appunto, il “prodotto gioco” ovverossia l’organizzazione del servizio del gioco».

(14) Sull’esatta individuazione dei proventi derivanti dal gioco, del lotto in particolare, nel corso del tempo, si è sviluppato un vivace e interessante dibattito dottrinale, secondo alcuni (tra gli altri si veda Torre, Teoria dell’imposta sul gioco, Roma, 1950) il provento va individuato come imposta sui consumi. Altra dottrina [Fantozzi, Lotto e lotterie (diritto tributario), cit., 50], invece, sostiene che il prelievo abbia «natura di imposta sul volume lordo previsto dal gioco ovvero sulle vincite, si ritiene infatti che, essendo esso ricollegato a manifestazioni di capacità contributiva, torni sicuramente applicabile l’art. 53 Cost.». A parere di altri (Boria, La disciplina tributaria dei giochi e delle scommesse. Contributo allo studio dei monopoli fiscali, in Riv. dir. trib., 2007, 33), è rilevante «la ricostruzione in termini di monopolio fiscale».

(15) Si veda Fantozzi, Lotto e lotterie (diritto tributario), cit., 45, il quale attentamente osserva che «una parte autorevole della dottrina finanziaria si è in realtà prospettato il problema da entrambi i punti di vista ed è pervenuta ad una soluzione che, dal punto di vista economico, è sostanzialmente indifferente: “Tassare le vincite (imposta sul reddito od arricchimento ottenuto in caso di vincita) o le giocate (imposta sul consumo delle speranze di vincere al gioco) è praticamente la stessa cosa. Pagare I lira la giocata invece che 50 centesimi, è, in media la stessa cosa che riscuotere 50 invece che 100 a titolo di vincita … È indifferente discorrere nell’un modo o nell’altro; e la scelta può essere lasciata allo studioso, il quale deciderà a seconda che egli ritenga doversi colpire la spesa ovvero il reddito”».

(16) Cfr. Marchetti – Melis – Persiani – Rasi, Sintesi dei risultati della ricerca, in La fiscalità dei giochi: analisi giuridica ed economica, Roma, 2013, 5, i quali rilevano che «A fronte di tale superamento del modello di monopolio fiscale, non è venuto meno il tradizionale connotato monopolistico dell’esercizio dell’attività sotto il profilo amministrativo. Il sistema si è evoluto ricorrendo a moduli concessori. Affidando a terzi la gestione dello svolgimento dell’attività di gioco, si è verificato nella ricerca come le autorità statali abbiano comunque tenuto fermo uno stretto controllo sul settore, non solo per il suo ruolo nevralgico in ambito economico, ma anche, e soprattutto, al dichiarato fine di contrastare ogni forma di gioco illegale e di perseguire finalità di carattere sociale».

(17) Si veda Boria, Il sistema tributario, cit., 881.

(18) Si veda Berliri, Principi di diritto tributario, Milano, 1957, 376.

(19) Così Boria, Il sistema tributario, cit., 882.

(20) Si veda Ingrosso, Imposte sostitutive, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1989, 4, il quale osserva che «essa è un congegno normativo che consente di stabilire o ristabilire l’eguaglianza o la capacità contributiva in relazione a situazioni particolari».

(21) Con l’istituzione del monopolio lo Stato può limitare la concorrenza attribuendosi una specifica attività economica rispettando il limite imposto dall’art. 43 Cost., di utilità generale. Come previsto dall’art. 2597 c.c., il monopolio può derivare o per espressa volontà di legge (monopolio legale), o a causa di particolari situazioni di mercato, che lascia ad un unico imprenditore la possibilità di produrre o vendere beni e servizi sul mercato. Certamente l’istituzione di un monopolio legale ha innegabilmente posto delle questioni di incostituzionalità, in relazione al principio di uguaglianza (art. 3 Cost.), di capacità contributiva (art. 53) e di libertà di iniziativa economica (art. 41). Con espresso riferimento all’art. 43 Cost. come attentamente osservato in dottrina (Boria, Il sistema tributario, cit., 877) «è da ritenere che la stessa finalità tributaria costituisca un preminente interesse generale – come d’altronde è dimostrato dal rilievo assunto nell’ordinamento costituzionale dall’interesse fiscale dello Stato comunità – e dunque permetta di riconoscere l’affidamento allo Stato di una riserva esclusiva e monopolistica in merito ad una determinata attività; è appena il caso di ricordare poi che sovente ricorrono anche valutazioni di ordine extratributario che stanno ulteriormente a rafforzare l’interesse generale quale motivo ispiratore della riserva pubblica di attività». È logico intendere che il monopolio legale non sia riconducibile nell’ambito dei monopoli fiscali, giacché in materia di giochi, il monopolio più che a rispondere ad esigenze fiscali, intende garantire la tutela dell’ordine pubblico. Modalità del tutto atipica è quella del gioco on-line che consenteai bookmaker stranieri di aggirare facilmente il sistema delle concessioni cagionando uno scollamento tra contesto reale e disciplina normativa.

(22) Con il D.P.R. 24 gennaio 2002, n. 33, è stato disposto che «le funzioni statali in materia di giochi di abilità, concorsi pronostici e scommesse, ivi comprese quelle inerenti alla gestione delle relative entrate, attribuite all’Agenzia delle entrate, sono esercitate dal Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato». A tal proposito, si veda la ris. 25 luglio 2011, n. 73/E, in Boll. Trib. On-line, la quale chiarisce che «l’articolo 24, commi da 11 a 26, della legge 7 luglio 2009, n. 88, detta disposizioni in materia di gioco a distanza, prevedendo, tra l’altro, i requisiti e le condizioni generali per il rilascio della concessione per l’esercizio del gioco a distanza. In attuazione del citato articolo, come disposto dal decreto direttoriale dell’8 febbraio 2011, l’AAMS ha adottato lo schema di convenzione che prevede che i titolari di concessione per l’esercizio dei giochi pubblici ai sensi dell’articolo 24, comma 13, lettera a), della legge 7 luglio 2009, n. 88 effettuano i versamenti delle somme dovute a titolo di canone di concessione, penale ed interessi per tardivo versamento del canone di concessione».

(23) Cfr. Odoardi, Il monopolio fiscale sulle scommesse sportive “a quota fissa” e la sua dubbia compatibilità comunitaria, in Riv. dir. trib., 2013, 11, il quale rileva che «questo mercato “grigio” rappresentato dai bookmakers operanti in Italia senza aver conseguito una concessione, da una parte determina forti incertezze sul piano giuridico in capo a detti soggetti, i quali, nonostante siano stati legittimati della richiamata giurisprudenza comunitaria, sono continuamente esposti ad iniziative di carattere repressivo … si è visto che l’unica soluzione atta ad interrompere il contrasto con l’ordinamento comunitario sarebbe astrattamente rappresentata dalla revoca di tutte le concessioni e della contestuale istituzione di una nuova gara le cui regole siano conformi al diritto dell’Unione europea».

(24) La Commissione europea con l’istituzione del libro verde «ha cercato di studiare, in stretta collaborazione con i governi nazionali, gli effetti economici e non economici della fornitura di servizi di gioco d’azzardo transfrontaliero in relazione ad una vasta gamma di questioni».

(25) Così Libro verde p. 8.

(26) L’art. 1, comma 66, lett. b), della legge 13 dicembre 2010, n. 220, ridefinisce l’art. 3 del D.Lgs. 23 dicembre 1998, n. 504, affermando che «soggetto passivo d’imposta è chiunque, ancorché in assenza o in caso di inefficacia della concessione rilasciata dal Ministero dell’economia e delle finanze – Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, gestisce con qualunque mezzo, anche telematico, per conto proprio o di terzi, anche ubicati all’estero, concorsi pronostici o scommesse di qualsiasi genere». Sull’argomento si veda la comunicazione AAMS n. 2/2012.

(27) È importante rilevare che nella sentenza dei giudici tributari di Messina si tratta di vincite che promanano da gioco d’azzardo perché, come sancito dall’art. 721 c.p. «il fine di lucro e le vincite o la perdita è interamente o quasi interamente aleatoria». Sul punto cfr. Cass., sez. trib., 19 luglio 2006, n. 16504, in Boll. Trib., 2006, 1487, che ha affermato che «non essendocontestata la fattispecie illecita da cui provengono i ricavi accertati (gioco d’azzardo) essa non poteva che trovare allocazione nella categoria similare definita nell’art. 81 del DPR n. 917/1986 (vincite dei giochi e delle scommesse) con conseguente assoggettamento dei relativi redditi a tassazione a sensi dell’art. 83 del decreto del Presidente della Repubblica citato». A supporto di ciò il legislatore con l’art. 36, comma 34-bis, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223 (convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248), ha sancito che: «In deroga all’articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, la disposizione di cui al comma 4 dell’articolo 14 della legge 24 dicembre 1993, n. 537, si interpreta nel senso che i proventi illeciti ivi indicati, qualora non siano classificabili nelle categorie di reddito di cui all’articolo 6, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono comunque considerati come redditi diversi».

(28) Si veda nota n. 17.

(29) Particolarmente significativa è stata la decisione di Cons. Stato, sez. IV, 8 giugno 2009, n. 3501, in Giurisdiz. amm., 2009, I, 825, e, per esteso, in Boll. Trib. On-line, la quale ha rilevato come «l’offerta on line si perfeziona nel territorio della Repubblica per il solo fatto dell’accettazione, da parte del cliente giocatore, della procedura informatica e dell’attivazione stessa, sicché tale offerta soggiace, stante il monopolio statale in tale materia non revocato in dubbio neanche dalla più recente giurisprudenza comunitaria, al necessario regime concessorio e autorizzatorio vigente per tutti gli operatori di gioco»; e ancora «Il luogo di conclusione del contratto è indubbiamente correlato al momento della accettazione e dell’incasso della puntata e l’attività di raccolta di puntate rientra nell’esercizio di scommesse dal momento che proprio l’incasso (materiale e giuridico) della puntata in territorio italiano determina la conclusione del relativo contratto secondo la fattispecie del contratto ad esecuzione immediata».

(30) Cfr. ris. 30 dicembre 2010, n. 141/E, in Boll. Trib., 2011, 126.

(31) La ris. n. 141/E/2010, cit., afferma che «per quanto riguarda gli obblighi di monitoraggio fiscale del conto corrente detenuto all’estero dall’istante, si ricorda che l’articolo 4 del decreto legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1990, n. 227, prescrive l’obbligo di compilazione del modulo RW della dichiarazione dei redditi da parte delle persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici ed associazioni equiparate ai sensi dell’articolo 5 del TUIR, fiscalmente residenti nel territoriodello Stato, che al termine del periodo d’imposta detengono investimenti all’estero ovvero attività estere di natura finanziaria di ammontare complessivo superiore a euro 10.000, attraverso cui possono essere conseguiti redditi di fonte estera imponibili in Italia. Con particolare riguardo alle attività di natura finanziaria (conti correnti, partecipazioni, ecc.), se di valore superiore a detto ammontare, queste devono essere sempre indicate nel modulo RW in quanto suscettibili di produrre redditi di fonte estera imponibili in Italia».

(32) Si veda SantacrocePezzella, Il mercato di riferimento non è rilevante ai fini della residenza fiscale di una «web company», in Giur. trib., 2014, 285.

(33) Così Tar Lazio, sez. II, 6 febbraio 2008, ord. n. 778, in Boll. Trib. On-line; conforme Cons. Stato n. 3501/2009, cit. la Corte di Cassazione (cfr. Cass., sez. III pen., 17 gennaio, 2014, n. 1811, ivi) ha rilevato che per la tassazione del gioco on-line è rilevante il luogo di gestione della piattaforma web. In particolare, la Suprema Corte ha precisato che «il dato formale della “nazionalità” della concessione o del mercato di riferimento non si concilia con la definizione di oggetto principale desumibile dal dettato della norma e della sua interpretazione giurisprudenziale. Invero, l’oggetto principale coincide con l’attività concretamente svolta che … si sostanzia nella gestione della piattaforma di gioco on line, mentre la concessione costituisce solo un presupposto per poter, poi, esercitare tale attività. Del resto la normativa di settore (art. 24 della legge n. 88/2009), conformemente al principio comunitario della libertà di stabilimento, consente che i concessionari italiani abbiano la sede legale … in uno degli Stati dello Spazio economico europeo, sostanzialmente non richiedendo alcuna correlazione tra l’offerta del gioco nel territorio dello Stato e la sede del concessionario nel medesimo territorio. Questa possibilità di svolgere l’attività all’estero si spiega evidentemente in ragione della peculiarità del gioco a distanza, che è fornito mediante piattaforme on line, per cui è ben possibile la gestione dell’attività fuori dal territorio dello Stato che ha rilasciato la concessione ed in cui risiedono i soggetti il cui gioco viene offerto».

(34) Per una più approfondita analisi del concetto di residenza ved. GuisoGallisay, I principi generali del diritto tributario internazionale ed il concetto di residenza ai fini fiscali, in Boll. Trib., 1995, 168; Montecamozzo, Brevi osservazioni sul concetto tributario di residenza per le persone fisiche, ivi, 1994, 1805; ID., Il concetto di residenza nel modello OCSE di convenzione contro le doppie imposizioni, ivi, 1998, 885; Di Giandomenico, Nozione di residenza fiscale delle persone fisiche ai fini delle imposte sui redditi, ivi, 2000, 647; Trutalli, Lanozione di residenza nelle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni e le recenti modifiche al commentario OCSE, ivi, 2001, 1365; Mayr, la residenza fiscale al vaglio della Corte di Cassazione, ivi, 2002, 1739, in nota a Cass. 7 novembre 2001, n. 13803; BonafèFranzoni, La nozione di residenza delle persone fisiche ai fini delle imposte sui redditi, ivi, 2006, 1593; Franzoni, Concetto di residenza: prevalenza degli aspetti sostanziali, ibidem, 1743, in nota a Comm. trib. prov. di verona 28 aprile 2005, n. 24; Gusmeroli, Appunto in tema di doppia residenza e quadro RW, ivi, 2010, 1349; Marino, La residenza nel diritto tributario, Padova, 1999, 191; ID., La residenza, in AA.VV., in Dir. trib. intern., Padova, 2005, 345; ID., Brevi note sul trasferimento di residenza all’estero, in Dir. prat. trib., 1993, I, 1028; Sacchetto, voce Territorialità (dir. trib.), in Enc. dir., XLVI, Milano, 1992, 312; Lupi, voce Territorialità del tributo, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1994; Fransoni, La territorialità nel diritto tributario, Milano, 2004, 5; Melis, Trasferimento della residenza fiscale e imposizione sui redditi, Milano, 2009; e Fregni, La residenza fiscale delle persone fisiche, in Giur. it., 2009, 2566.

(35) La dichiarazione rappresenta, infatti, la comunicazione di informazioni del passato (i dati) e delle scelte future (le opzioni), avente rilevanza ai fini dell’applicazione delle disposizioni fiscali. Evidenziamo che non tutte le dichiarazioni forniscono dati del passato, perché vi sono dichiarazioni in cui il contribuente comunica avvenimenti che non si sono ancora verificati, ma che intende realizzare. Si vedano D’Amati, Aspetti istituzionali della dichiarazione tributaria, in Boll. Trib., 2003, 1445; Berliri, Corso istituzionale di diritto tributario, Milano, 1985; Sammartino, La dichiarazione d’imposta, in Trattato di diritto tributario, diretto da Amatucci, III, Padova, 1994; Fantozzi, voce Accertamento tributario, in Enc. giur., I, Roma, 1988; Belisario, voce Dichiarazione tributaria (dich. dei redditi), in Enc. giur. Treccani, X, Roma, 1988; Manzoni, La dichiarazione dei redditi – natura e funzione – possibilità di integrazioni e modifiche, in Riv. dir. fin., 1979, I, 614; Bafile, Sugli effetti della dichiarazione, in Rass. trib., 1985, I, 407; D’Amati, Redditi (dichiarazione dei),

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in Noviss. dig. it., XIV, 1084; e Russo, Manuale di diritto tributario, Milano, 2009.

(36) Cfr. Mastellone, La residenza, in Sacchetto (a cura di), Principi di diritto tributario europeo e internazionale, Torino, 2011, 105, il quale rileva che «gli Stati che hanno optato per un sistema di tassazione personale e che, quindi, incentrano l’obbligo impositivo sul locus del contribuente, incontrano maggiori difficoltà dovute alla mobilità delle persone e al fatto che le relative responsabilità di imposta entrano inevitabilmente in connessione con la sovranità impositiva di altri ordinamenti. Questo elemento ha indotto la dottrina ad affrontare la questione dell’ultraterritorialità del potere impositivo sotto due punti di vista, in quanto devono essere tenuti distinti l’esercizio del potere tributario normativo-sostanziale (c.d. estensione della legge tributaria nello spazio), il quale concerne i fatti e le situazioni a cui viene ricondotto l’obbligo contributivo, dal potere tributario amministrativo-procedurale (c.d. efficacia della legge tributaria nello spazio), il quale, invece, riguarda l’esercizio al di fuori del territorio statale dei poteri amministrativi di indagine, di accertamento e di riscossione».

(37) Si veda Mastellone, op. loc. ult. cit.; Bizioli, Il divieto di discriminazione fiscale, in Sacchetto (a cura di), Principi di diritto tributario europeo internazionale, cit., 158, il quale osserva che «il par. 1 dell’art. 24 … richiede che i cittadini di uno Stato contraente si trovino “in the same circumstances, in particular with respect to residence”. Più precisamente, un residente di uno Stato contraente non può essere considerato “nelle stesse condizioni” di un soggetto non residente e, quindi, la sola comparazione ammessa è quella fra residenti, di differente nazionalità, o non residenti, di differente nazionalità, con riferimento all’ordinamento tributario di un medesimo Stato contraente».

(38) Si veda nota n. 49.

(39) Così Boria, Il sistema tributario, cit., 898.

(40) Si veda Boria, Il sistema tributario, cit., 899, nota n. 61, il quale attentamente osserva che «È noto infatti che la Corte di Giustizia nel corso del bilanciamento degli interessi comunitari con quelli nazionali ha ripetutamente escluso che le esigenze di carattere economico e di acquisizione di entrate fiscali possano consentire una deroga ai principi fissati nel Trattato». Il legislatore ha da sempre tentato di arginare le problematiche connesse al gioco on-line, tant’è che la legge 13 dicembre 1989, n. 401, all’art. 4, ha stabilito che i giochi effettuati o per via telefonica o telematicamente, privi della dovuta autorizzazione rappresentano in Italia un reato punibile con sanzioni penali. Il decreto Bersani ha avviato un processo di revisione normativa del gioco in Italia cercando di adeguare la disciplina interna con quella comunitaria, avendo particolare riguardo alla tutela dell’interesse generale: infatti, l’art. 38 del D.L. n. 223/2006, rubricato «Misure di contrasto del gioco illegale», ha contemplato, al primo comma, l’adozione, entro il 31 dicembre 2006, di disposizioni volte a «contrastare la diffusione del gioco irregolare e illegale, l’evasione e l’elusione fiscale nel settore del gioco, nonché di assicurare la tutela del giocatore». La legge n. 220/2010, all’art. 1, comma 64, ha previsto che «Al fine di rendere più efficaci ed efficienti l’azione per il contrasto del gioco gestito e praticato in forme, modalità e termini diversi da quelli propri del gioco lecito e sicuro, in funzione del monopolio statale in materia di giochi di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 14 aprile 1948, n. 496, ratificato dalla legge 22 aprile 1953, n. 342, nonché l’azione per la tutela dei consumatori, in particolare minori di età, dell’ordine pubblico, della lotta contro il gioco minorile e le infiltrazioni della criminalità organizzata nel settore dei giochi, garantendo altresì maggiore effettività al principio di lealtà fiscale nel settore del gioco e recuperando base imponibile e gettito a fronte di fenomeni di elusione ed evasione fiscali nel medesimo settore, si applicano le disposizioni di cui ai commi da 65 a 82».

(41) Si vedano Corte Giust. CE 24 marzo 1994, causa C-275/92, Schindler; Corte Giust. CE 21 settembre 1999, causa C-124/97, Laara; Corte Giust. CE 21 ottobre 1999, causa C-67/98, Zenatti; Corte Giust. CE 6 novembre 2003, causa C-243/01, Gambelli; Corte Giust. CE, sez. V, 13 novembre 2003, causa C-42/02, Lindman; Corte Giust. CE, sez. grande, 6 marzo 2007, cause riunite C-338/04, C-359/04 e C-360/04, Placanica; e Corte Giust. UE, sez. IV, 16 febbraio 2012, cause riunite C-72/10 e C-77/10, Costa-Cifoni; tutte in Boll. Trib. On-line.

(42) Così Boria, Il sistema tributario, cit., 876.

(43) A tal riguardo si vedano, tra tutte, Corte Giust. CE causa C-67/98 del 1999, cit., punto 35, la quale asserisce che «un’autorizzazione limitata dei giochi d’azzardo nell’ambito dei diritti speciali o esclusivi riconosciuti o concessi a determinati enti, che presenta il vantaggio di incanalare il desiderio di giocare e la gestione dei giochi in un circuito controllato, di prevenire il rischio che tale gestione sia diretta a scopi fraudolenti e criminosi»; e Corte Giust. UE cause riunite C-72/10 e C-77/10 del 2012, cit., alla quale è seguita Cass., sez. III pen., 16 luglio 2012, n. 28413, in Boll. Trib. On-line. Cfr. Benelli, La raccolta non autorizzata di scommesse dopo la sentenza “Costa Cifone” della Corte di Giustizia, in Lexgiochi, 1° agosto 2012, il quale osserva che «l’assunto è peraltro condiviso dalla stessa Corte di Giustizia al punto 63 della sentenza c.d. “Placanica” e al punto 51della sentenza c.d. “Costa Cifone” le quali, sulla scorta della precedente giurisprudenza, hanno espressamente rinviato alle modalità procedurali stabilite dall’ordinamento giuridico interno per la tutela dei diritti – modalità consacrate dal legislatore nazionale nel vigente codice del processo amministrativo in conformità a quanto disposto dalla Direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 1° dicembre 2007, che ha modificato le Direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE per quanto riguarda il miglioramento dell’efficacia delle procedure di ricorso in materia d’aggiudicazione degli appalti pubblici – e, pertanto, per quanto concerne la Repubblica italiana, al ridetto termine decadenziale stabilito dalla legge per oggettive ragioni di certezza dei rapporti giuridici».

(44) Cfr. Bizioli, Il divieto di discriminazione fiscale, op. cit., 156.

(45) Ved. Boria, op. loc. ult. cit.

(46) In tal senso ved. Corte Giust. CE causa C-275/92 del 1994, cit.; Corte Giust. CE causa C-124/97 del 1999, cit.; e Corte Giust. UE causa C-67/98 del 1999, cit.

(47) Si veda Stozzi, Diritto dell’unione europea. Parte speciale, Torino, 2010, 264. La Corte Costituzionale (cfr. Corte Cost. 22 giugno 2006, n. 237, in Foro it., 2006, I, 2595; e Corte Cost. 26 febbraio 2010, n. 72, ivi, 2010, I, 1394), afferma che «l’individuazione dei giochi proibiti e la disciplina di quelli leciti risponde ad esclusive esigenze di tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza dei cittadini».

(48) Cfr. La Scala, Profilicomunitari in materia di giochi e scommesse nel campo delle imposte dirette e indirette, in AA.VV., La Fiscalità dei giochi: analisi giuridica ed economica, Roma, 2013, 190.

(49) L’art. 14, lett. h), della legge delega 11 marzo 2014, n. 23, per ciò che attiene i concessionari, ha stabilito che per contrastare il gioco illegale e le infiltrazioni della criminalità sia necessario il riordino e il rafforzamento della trasparenza e dei requisiti di onorabilità dei soggetti che direttamente e indirettamente partecipano o controllano il capitale delle società concessionarie.

(50) Si veda Gallo, Le ragioni del fisco, Bologna, 2011, 130, il quale giustamente osserva che «un fisco europeo è, infatti, un passaggio essenziale perché l’Unione Europea prenda il posto dello stato sociale come produttore di sicurezza per i suoi cittadini».

(51) Così Boria, Il sistema tributario, cit., 890.

(52) Cfr. Boria, op. loc. ult. cit.

(53) La Guardia di finanza ha stimato che il gioco d’azzardo illegale muove circa 23 miliardi di euro annui. L’erario registra una notevole diminuzione del gettito, infatti, prima il gioco amministrato rappresentava il 4% del Pil, attualmente vede ridurre le proprie entrate all’1,6%.

(54) La legge delega dispone che le sanzioni dovranno essere comminate in relazione al principio di “proporzionalità”, e, quindi, in proporzione alla gravità del comportamento posto in essere dal contribuente assumendo particolare importanza, ai fini sanzionatori, il comportamento evasivo da quello elusivo.

(55) Si veda Logozzo, Abuso del diritto e legge delega, tavola rotonda tenutasi presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano, 23 maggio, 2014.