Circolare 4 luglio 2014, n. 20/E, dell’Agenzia delle entrate
TESTO:
SOMMARIO
1. PREMESSA
1.1 Cause di inapplicabilità
2. PRINCIPALI NOVITÀ
2.1 Aggiornamento delle analisi della territorialità
2.1.1 Territorialità del livello dei canoni di locazione degli immobili
2.1.2 Territorialità del livello delle quotazioni immobiliari
2.1.3 Territorialità del livello dei canoni di affitto dei locali commerciali
2.1.4 Territorialità del livello del reddito medio imponibile ai fini dell’addizionale irpef
2.1.5 Territorialità del livello delle retribuzioni
2.1.6 Aggiornamento delle analisi territoriali a seguito dell’istituzione di nuovi comuni
2.2 Indicatori previsti dal d.m. 24 marzo 2014
2.3 Ulteriori novità previste dal d.m. 24 marzo 2014
2.4 Applicazione dei modelli misti
3. REVISIONE CONGIUNTURALE
3.1 Correttivi specifici per la crisi
4. UTILIZZO RETROATTIVO DELLE RISULTANZE DEGLI STUDI DI SETTORE
5. PRINCIPALI NOVITÀ DELLA MODULISTICA
5.1 Struttura delle istruzioni
5.2 Quadro A – Personale addetto all’attività
5.3 Quadri F – G – Elementi contabili
5.3.1 Canoni di leasing
5.3.2 Beni compresi nel contratto di affitto
5.3.3 Iva per cassa
5.3.4 Imu
5.3.5 Ex minimi
5.4 Quadro T – Congiuntura economica
5.5 Dati complementari per l’evoluzione degli studi
6. SOFTWARE GERICO DI SUPPORTO AGLI UTENTI
6.1 Principali novità di gerico 2014
6.2 Anomalie di funzionamento di gerico 2013
7 GLI EFFETTI DELL’ADEGUAMENTO IN FASE ACCERTATIVA
8. COMUNICAZIONI CENTRALIZZATE
9. SEGNALAZIONE DELLE CAUSE DI NON CONGRUITÀ
10. APPLICAZIONE DEI PARAMETRI
ALLEGATO n. 1
“1. PREMESSA
La presente circolare fornisce chiarimenti in ordine all’applicazione degli studi di settore ed, in particolare, all’utilizzo degli stessi per il periodo d’imposta 2013.
Il primo elemento di novità è rappresentato dalla pubblicazione dei decreti del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 23 dicembre 2013 con cui sono stati approvati 69 studi di settore che costituiscono la revisione di altrettanti studi precedentemente in vigore, nonché 5 specifici indicatori territoriali per tenere conto del luogo in cui viene svolta l’attività economica; l’evoluzione dei 69 studi è stata effettuata analizzando i modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore relativi al periodo d’imposta 2011.
In particolare, i 69 studi interessati dalla revisione riguardano le evoluzioni di:
•21 studi relativi ad attività economiche del settore delle manifatture;
•21 studi relativi ad attività economiche del settore dei servizi;
•6 studi relativi ad attività professionali;
•21 studi relativi ad attività economiche del settore del commercio.
La revisione di tali studi è stata effettuata sulla base del programma approvato con il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 28 gennaio 2013.
Con il decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 24 marzo 2014 sono state inoltre approvate, ai sensi dell’articolo 1, comma 1-bis, del d.P.R. n. 195 del 1999, a decorrere dal periodo d’imposta 2013, le integrazioni agli studi di settore, indispensabili per tenere conto degli andamenti economici e dei mercati, con particolare riguardo a determinati settori o aree territoriali, o per aggiornare o istituire gli indicatori di coerenza, compresi quelli previsti dall’articolo 10-bis della legge 8 maggio 1998, n. 146.
Le novità riguardano:
a. gli indicatori di coerenza economica basati su anomalie nei dati dichiarati;
b. l’indicatore di normalità economica in assenza del valore dei beni strumentali;
c. l’indicatore “Margine per addetto non dipendente”, che non fornisce esiti di coerenza per gli studi di settore evoluti per il 2013;
d. l’integrazione, a partire dal periodo d’imposta 2013, delle analisi territoriali a livello comunale utilizzate nell’ambito degli studi di settore, a seguito dell’istituzione dei nuovi comuni di: Montoro (provincia di Avellino) mediante fusione dei comuni di “Montoro Inferiore” e “Montoro Superiore”, Quero Vas (provincia di Belluno) mediante fusione dei comuni di “Quero” e “Vas”.
Si osserva che i citati 69 studi, approvati con i decreti del 23 dicembre 2013, non si applicano, in fase di accertamento, nei confronti dei contribuenti che dichiarano compensi di cui all’articolo 54, comma 1, ovvero ricavi di cui all’articolo 85, comma 1, esclusi quelli di cui alle lettere c), d) ed e), del TUIR, di ammontare superiore a euro 5.164.569.
Al riguardo si rammenta che, per verificare il limite oltre il quale non si applicano gli studi di settore, i ricavi provenienti dall’attività di vendita di beni soggetti ad aggio o a ricavi fissi, vanno considerati per l’entità dell’aggio percepito e del ricavo al netto del prezzo corrisposto al fornitore dei predetti beni.
Si evidenzia, inoltre, che le Note tecniche e metodologiche, allegate ai citati decreti ministeriali di dicembre 2013, illustrano con un elevato livello di dettaglio i criteri sulla base dei quali è stato costruito ogni singolo studio di settore, le modalità di applicazione dello stesso nonché il funzionamento degli indicatori di normalità economica.
In particolare, si evidenzia che risultano in tale sede esplicitati i passaggi logici che connotano la metodologia applicativa degli studi di settore, in specie:
• l’analisi discriminante;
• l’analisi di coerenza;
• l’analisi della normalità economica;
• l’analisi della congruità e la determinazione dell’intervallo di confidenza.
Con riferimento, invece, a tutti i 205 studi di settore applicabili all’annualità 2013 è stata valutata l’incidenza della particolare congiuntura economica.
Al riguardo, in occasione della riunione del 3 aprile 2014, la Commissione degli esperti degli studi di settore, costituita ai sensi dell’articolo 10, comma 7, della legge n. 146 del 1998, è stata chiamata ad esprimere il proprio parere in merito alla validità degli interventi individuati per adeguare le risultanze derivanti dall’applicazione degli studi di settore in vigore per il periodo d’imposta 2013 sulla base degli effetti della congiuntura economica.
In tale sede, la Commissione, dopo aver preso atto della capacità dei correttivi crisi applicati al periodo di imposta 2012 di cogliere adeguatamente la particolare congiuntura economica negativa relativa a tale annualità, ha fornito all’unanimità parere positivo all’introduzione di correttivi tesi al conseguimento degli stessi fini anche per il periodo d’imposta 2013: si tratta di correttivi analoghi, per costruzione e funzionamento, a quelli introdotti per gli studi applicabili al periodo di imposta 2012.
Tenuto conto del predetto parere della Commissione, è stata approvata con decreto ministeriale 2 maggio 2014, pubblicato in Gazzetta Ufficiale n. 108 del 12 maggio 2014, la “revisione congiunturale speciale” per il periodo d’imposta 2013 che si è tradotta nella elaborazione di specifici fattori correttivi e che ha riguardato sia i 69 nuovi studi evoluti per tale annualità che gli altri 136 studi già in vigore.
A seguito delle attività sopra descritte, con il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 20 maggio 2014, pubblicato il medesimo giorno sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate, ai sensi dell’articolo 1, comma 361, della legge n. 244 del 2007, sono stati approvati i modelli con le relative istruzioni per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore per il periodo d’imposta 2013.
Si evidenzia, infine, che, per il periodo d’imposta 2014, gli studi da sottoporre a revisione, in ottemperanza a quanto previsto dall’articolo 10-bis della legge n. 146 del 1998, sono stati individuati con il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 21 febbraio 2014.
1.1 Cause di inapplicabilità. Nei citati decreti del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 23 dicembre 2013 viene previsto, analogamente a quanto statuito per le precedenti evoluzioni che, con riferimento alle attività d’impresa, gli studi di settore approvati non si applichino:
1. nei confronti delle società cooperative, società consortili e consorzi che operano esclusivamente a favore delle imprese socie o associate;
2. nei confronti delle società cooperative costituite da utenti non imprenditori che operano esclusivamente a favore degli utenti stessi.
Naturalmente, nelle predette ipotesi, risultano applicabili i parametri istituiti dalla legge n. 549 del 1995.
Si richiamano, in questa sede, i chiarimenti forniti con la circolare n. 110/E del 21 maggio 1999[1] (cfr. da ultimo vedasi il paragrafo 1.1 della circolare n. 23/E del 2013[2]).
2. PRINCIPALI NOVITÀ
Di seguito sono analiticamente esplicitate le principali novità in relazione all’applicazione degli studi di settore per il periodo di imposta 2013, rinviando all’allegato n. 1 il commento analitico di quelle relative ad alcuni specifici studi.
2.1 Aggiornamento delle analisi della territorialità. Come anticipato in premessa, con i decreti 23 dicembre 2013 e 24 marzo 2014 sono state approvate modifiche alle analisi della territorialità applicabili a partire dal periodo d’imposta 2013; nei sottoparagrafi seguenti vengono forniti chiarimenti in merito alle novità in materia.
2.1.1 Territorialità del livello dei canoni di locazione degli immobili. La “Territorialità del livello dei canoni di locazione degli immobili”, approvata con decreto ministeriale 23 dicembre 2013, ha come obiettivo la differenziazione del territorio nazionale sulla base dei valori delle locazioni degli immobili per comune, provincia, regione e area territoriale.
I dati presi in considerazione per l’analisi provengono dall’Osservatorio sul Mercato Immobiliare (OMI) e sono riferiti all’anno 2011.
I dati dell’OMI contengono, per ogni comune, il valore minimo e il valore massimo locativo degli immobili distinti per:
• Tipologia;
• Stato conservativo;
• Fascia comunale;
• Zona comunale.
Nell’analisi della “Territorialità del livello dei canoni di locazione degli immobili” sono state esaminate le seguenti tipologie di immobili:
• Abitazioni civili;
• Abitazioni di tipo economico;
• Laboratori;
• Magazzini;
• Negozi;
• Uffici;
• Ville e villini.
Per ogni tipologia di immobile sono presenti tre modalità che ne contraddistinguono lo stato conservativo: scadente, normale e ottimo. Nell’analisi sono stati considerati i canoni di locazione minimi e massimi degli immobili relativi alla modalità normale.
I dati relativi alla fascia comunale (centrale, semicentrale, periferica, rurale e suburbana) sono disponibili a livello di singola zona comunale. Ad ogni fascia comunale appartengono una o più zone comunali a seconda della grandezza del comune.
Nella prima fase dell’analisi l’obiettivo è stato quello di individuare, per ogni comune, il canone di riferimento delle locazioni di ogni tipologia di immobile.
Tale canone è stato ottenuto calcolando dapprima, per ogni tipologia di immobile, la media geometrica tra il valore minimo e il valore massimo locativo degli immobili a livello di singola zona comunale.
I valori desunti per zone comunali sono stati successivamente aggregati, per ogni tipologia di immobile, al livello superiore (fascia comunale) mediante l’utilizzo della media geometrica.
Infine, applicando la media geometrica ai valori ottenuti, si è determinato il canone di riferimento delle locazioni residenziali di ciascuna tipologia di immobile e per ciascun comune.
In caso di assenza dei dati OMI sulle locazioni per tutte le tipologie di immobili considerate (Abitazioni civili, Abitazioni di tipo economico, Laboratori, Magazzini, Negozi, Uffici, Ville e villini), sono stati assegnati i valori di locazione relativi al comune confinante più simile in termini di numero di abitanti residenti. Il metodo descritto è stato applicato in modo iterativo fino all’assegnazione dei valori di locazione ad ogni comune.
Nella seconda fase della procedura si è applicata un’analisi fattoriale del tipo Analyse des données: l’Analisi in Componenti Principali.
Le variabili prese in esame nell’Analisi in Componenti Principali sono i canoni di riferimento delle locazioni residenziali precedentemente individuati per ogni tipologia di immobile a livello di singolo comune. Il procedimento di sintesi ottenuto dall’applicazione dell’Analisi in Componenti Principali ha portato alla scelta solo della prima componente principale (single factor solution) che spiega il 74% della varianza totale delle variabili originarie ed identifica, come indicatore sintetico, il “livello dei canoni di locazione degli immobili a livello comunale”.
Per evitare distorsioni di tale indicatore, dovute alla possibile presenza di valori anomali, la distribuzione dell’indicatore dei canoni di locazione degli immobili a livello comunale è stata successivamente standardizzata a valori compresi nell’intervallo tra zero e uno.
Nel Sub Allegato 1.A della relativa Nota tecnica e metodologica viene riportato l’elenco, per regione, dei comuni e del relativo “livello dei canoni di locazione degli immobili”.
L’“indicatore dei canoni di locazione degli immobili a livello provinciale” è stato ottenuto attraverso la ponderazione dell’indicatore a livello comunale con il rapporto tra il numero complessivo di abitazioni per comune e il numero complessivo di abitazioni della provincia di appartenenza.
Nel Sub Allegato 1.B viene riportato l’elenco, per regione, delle province e del relativo “livello dei canoni di locazione degli immobili”.
Anche l’“indicatore dei canoni di locazione degli immobili a livello regionale” è stato ottenuto in modo analogo attraverso la ponderazione dell’indicatore a livello provinciale con il rapporto tra il numero complessivo di abitazioni per provincia e il numero complessivo di abitazioni della regione di appartenenza.
Nel Sub Allegato 1.C viene riportato l’elenco per regione del “livello dei canoni di locazione degli immobili”.
L’“indicatore dei canoni di locazione degli immobili a livello di area territoriale” è stato ottenuto seguendo un procedimento simile ai precedenti attraverso la ponderazione dell’indicatore a livello regionale con il rapporto tra il numero complessivo di abitazioni per regione e il numero complessivo di abitazioni dell’area territoriale di appartenenza.
Nel Sub Allegato 1.D viene riportato l’elenco per macro area del “livello dei canoni di locazione degli immobili”.
La classificazione dei comuni, delle province e delle regioni, aggiornata con il decreto di approvazione della territorialità in argomento al 31 dicembre 2012, è stata successivamente aggiornata al 31 dicembre 2013 con il decreto ministeriale 24 marzo 2014.
2.1.2 Territorialità del livello delle quotazioni immobiliari. La “Territorialità del livello delle quotazioni immobiliari”, approvata con decreto ministeriale 23 dicembre 2013, ha come obiettivo la differenziazione del territorio nazionale sulla base dei valori di mercato degli immobili per comune, provincia, regione e area territoriale.
Anche per questo indicatore, i dati presi in considerazione per l’analisi provengono dall’Osservatorio sul Mercato Immobiliare (OMI) e sono riferiti all’anno 2011.
La procedura metodologica utilizzata per l’elaborazione dell’indicatore è la medesima che è stata seguita per l’elaborazione della “Territorialità del livello dei canoni di locazione degli immobili”, per la descrizione della quale si rimanda a quanto già precisato nel paragrafo precedente.
Le variabili prese in esame nell’Analisi in Componenti Principali sono i prezzi di riferimento delle quotazioni immobiliari precedentemente individuati per ogni tipologia di immobile a livello di singolo comune.
Il procedimento di sintesi ottenuto dall’applicazione dell’Analisi in Componenti Principali ha portato alla scelta solo della prima componente principale (single factor solution) che spiega il 77% della varianza totale delle variabili originarie ed identifica, come indicatore sintetico, il “livello delle quotazioni immobiliari a livello comunale”.
Per evitare distorsioni di tale indicatore, dovute alla possibile presenza di valori anomali, la distribuzione dell’“indicatore delle quotazioni immobiliari a livello comunale” è stata successivamente standardizzata a valori compresi nell’intervallo tra zero e uno.
Nel Sub Allegato 2.A della relativa Nota tecnica e metodologica viene riportato l’elenco, per regione, dei comuni e del relativo “livello delle quotazioni immobiliari”.
L’“indicatore delle quotazioni immobiliari a livello provinciale” è stato ottenuto attraverso la ponderazione dell’indicatore a livello comunale con il rapporto tra il numero complessivo di abitazioni per comune e il numero complessivo di abitazioni della provincia di appartenenza.
Nel Sub Allegato 2.B viene riportato l’elenco, per regione, delle province e del relativo “livello delle quotazioni immobiliari”.
L’“indicatore delle quotazioni immobiliari a livello regionale” è stato ottenuto in modo analogo a quello seguito per l’indicatore precedente, attraverso la ponderazione dell’indicatore a livello provinciale con il rapporto tra il numero complessivo di abitazioni per provincia e il numero complessivo di abitazioni della regione di appartenenza.
Nel Sub Allegato 2.C viene riportato l’elenco per regione del “livello delle quotazioni immobiliari”.
Infine, l’“indicatore delle quotazioni immobiliari a livello di area territoriale” è stato similmente ottenuto attraverso la ponderazione dell’indicatore a livello regionale con il rapporto tra il numero complessivo di abitazioni per regione e il numero complessivo di abitazioni dell’area territoriale di appartenenza.
Nel Sub Allegato 2.D viene riportato l’elenco per macro area del “livello delle quotazioni immobiliari”.
Anche per questo indicatore, la classificazione dei comuni, delle province e delle regioni, aggiornata con il decreto di approvazione al 31 dicembre 2012, è stata successivamente aggiornata al 31 dicembre 2013 con il decreto ministeriale 24 marzo 2014.
2.1.3 Territorialità del livello dei canoni di affitto dei locali commerciali. L’indicatore “Livello dei canoni di affitto dei locali commerciali” approvato con decreto ministeriale 23 dicembre 2013, è stato elaborato al fine di tener conto dell’influenza del costo degli affitti sulla determinazione del ricarico.
In particolare l’indicatore è stato determinato a livello comunale, partendo dalle informazioni contenute nel quadro F del modello degli studi di settore, relativo alle attività di impresa, con riferimento al periodo d’imposta 2011, secondo le seguenti modalità:
• è stato calcolato, per ogni comune, il valore mediano dei canoni di affitto dei locali commerciali a metro quadro;
• è stato calcolato, per ogni provincia, il valore mediano dei canoni di affitto dei locali commerciali a metro quadro, differenziato per le seguenti classi demografiche dei comuni:
• fino a 1.000 abitanti;
• da 1.001 a 5.000 abitanti;
• da 5.001 a 10.000 abitanti;
• da 10.001 a 30.000 abitanti;
• con oltre 30.000 abitanti;
• per ogni comune con meno di 13 imprese in affitto, è stato preso a riferimento il valore mediano dei canoni di affitto dei locali commerciali a metro quadro, calcolato a livello provinciale e relativo alla classe demografica a cui il comune appartiene;
• la distribuzione di tali valori è stata successivamente standardizzata a valori compresi nell’intervallo tra zero e uno.
Nel Sub Allegato 3.A della relativa Nota tecnica e metodologica viene riportato l’elenco, per Regione, dei singoli Comuni e dei relativi livelli dei canoni di affitto dei locali commerciali.
La classificazione dei comuni, delle province e delle regioni, aggiornata con il decreto di approvazione della territorialità in argomento al 31 dicembre 2012, è stata successivamente aggiornata al 31 dicembre 2013 con il decreto ministeriale 24 marzo 2014.
2.1.4 Territorialità del livello del reddito medio imponibile ai fini dell’addizionale irpef. L’indicatore “Livello del reddito medio imponibile ai fini dell’addizionale IRPEF”, approvato con decreto ministeriale 23 dicembre 2013, è stato definito al fine di tener conto dell’influenza, a livello territoriale, del livello di benessere e del grado di sviluppo economico sulla determinazione dei ricavi.
L’informazione relativa al “Reddito medio imponibile ai fini dell’addizionale IRPEF” è stata rilevata, su scala comunale, dalla sezione “Dati e statistiche fiscali” del sito del Dipartimento delle Finanze del Ministero dell’Economia.
Al fine di evitare distorsioni dovute alla presenza di valori anomali sulla singola annualità è stato considerato il valore medio dei redditi relativi ai periodi d’imposta 2009 e 2010.
Tale informazione è stata calcolata anche a livello provinciale, regionale e di macro area territoriale (Nord-Ovest, Nord-Est, Centro, Sud, Isole).
La distribuzione comunale della variabile “Reddito medio imponibile ai fini dell’addizionale IRPEF” è stata successivamente standardizzata rispetto al valore massimo, ottenendo una distribuzione di valori positivi e non superiori all’unità.
In questo modo è stato ottenuto l’indicatore “Livello del reddito medio imponibile ai fini dell’addizionale IRPEF” differenziato per ogni comune.
Anche le distribuzioni a livello provinciale, regionale e di macro area territoriale della variabile “Reddito medio imponibile ai fini dell’addizionale IRPEF” sono state standardizzate rispetto al valore massimo comunale.
In questo modo è stato ottenuto l’indicatore “Livello del reddito medio imponibile ai fini dell’addizionale IRPEF” differenziato per ogni provincia, regione e macro area territoriale.
L’indicatore “Livello del reddito medio imponibile ai fini dell’addizionale IRPEF” individua un valore differenziato per ogni comune, per ogni provincia, per ogni regione e per ogni macro area territoriale, fornendo, quindi, un parametro di riferimento per cogliere le particolarità e le specificità del territorio in termini di livello di benessere e grado di sviluppo economico.
Nel Sub Allegato 4.A della relativa Nota tecnica e metodologica viene riportato l’elenco, per Regione, dei Comuni e dei relativi “livelli del reddito medio imponibile ai fini dell’addizionale IRPEF” mentre:
• nel Sub Allegato 4.B viene riportato l’elenco, per Regione, delle Province e dei relativi “livelli del reddito medio imponibile ai fini dell’addizionale IRPEF”;
• nel Sub Allegato 4.C viene riportato l’elenco per Regione dei “livelli del reddito medio imponibile ai fini dell’addizionale IRPEF”;
• nel Sub Allegato 4.D viene riportato l’elenco per Macro Area dei “livelli del reddito medio imponibile ai fini dell’addizionale IRPEF”.
La classificazione dei comuni, delle province e delle regioni, aggiornata con il decreto di approvazione della territorialità in argomento al 31 dicembre 2012, è stata successivamente aggiornata al 31 dicembre 2013 con il decreto ministeriale 24 marzo 2014.
2.1.5 Territorialità del livello delle retribuzioni. L’indicatore “Livello delle retribuzioni”, approvato con decreto ministeriale 23 dicembre 2013, è stato definito al fine di tener conto dell’influenza, a livello territoriale, del costo delle retribuzioni sulla determinazione dei ricavi.
Ai fini del calcolo dell’indicatore, determinato a livello provinciale, sono stati presi in considerazione, per le sole attività di impresa, i modelli relativi a 177 Studi di Settore, con riferimento al periodo d’imposta 2011.
L’indicatore del “Livello delle retribuzioni” è stato determinato, per ogni attività d’impresa, come rapporto tra le spese per lavoro dipendente, dichiarate nel quadro F del modello studi (al netto dei Compensi corrisposti ai soci per l’attività di amministratore, delle Spese per collaboratori coordinati e continuativi e delle Spese per prestazioni rese da professionisti esterni) e il numero dei dipendenti, calcolato come numero di giornate retribuite, dichiarate nel quadro A del suddetto modello, diviso 312.
Per ogni provincia è stato calcolato il valore mediano del “Livello delle retribuzioni” differenziato per gruppo di settore e per classe di ampiezza demografica del comune di appartenenza (fino a 30.000 abitanti, da 30.000 a 100.000 abitanti, oltre 100.000 abitanti).
La distribuzione di tali valori è stata successivamente standardizzata a valori compresi nell’intervallo tra zero e uno, all’interno di ciascun Gruppo di Settore.
In particolare, sono state individuati i seguenti Gruppi di Settore:
• per le imprese manifatturiere:
• Industrie alimentari;
• Industrie tessili, dell’abbigliamento e del cuoio;
• Altre Industrie;
• per il comparto del commercio:
• Commercio all’ingrosso;
• Commercio al dettaglio di prodotti alimentari;
• Commercio al dettaglio di altri prodotti;
• per le attività dei servizi:
• Costruzioni;
• Manutenzione e riparazione di autoveicoli, motocicli, trattori agricoli;
• Intermediari del commercio;
• Strutture ricettive e pubblici esercizi;
• Trasporti, attività immobiliari, altre attività di servizi;
• Servizi di consulenza;
• Attività ricreative e sportive;
• Servizi alla persona.
La ripartizione territoriale e settoriale descritta ha permesso di garantire sia una rappresentatività in termini di numerosità sia una omogeneità dei risultati all’interno di ciascun gruppo.
Nel Sub Allegato 5.A della relativa Nota tecnica e metodologica è riportato l’elenco dei Gruppi di Settore con i relativi Studi di Settore associati mentre nel successivo Sub Allegato 5.B sono riportati, per ciascun Gruppo di Settore, i “livelli delle retribuzioni” per provincia e per classi di ampiezza demografica dei comuni.
La classificazione delle province è aggiornata al 31 dicembre 2012.
2.1.6 Aggiornamento delle analisi territoriali a seguito dell’istituzione di nuovi comuni. Con il decreto ministeriale del 24 marzo 2014, le analisi territoriali a livello comunale utilizzate nell’ambito degli Studi di Settore sono state integrate, a partire dal periodo d’imposta 2013, a seguito dell’istituzione dei nuovi comuni di:
• Montoro (provincia di Avellino) mediante fusione dei comuni di “Montoro Inferiore” e “Montoro Superiore”;
• Quero Vas (provincia di Belluno) mediante fusione dei comuni di “Quero” e “Vas”.
Nel caso in cui i comuni soppressi appartenevano al medesimo gruppo territoriale o presentavano lo stesso numero indice territoriale, ai nuovi comuni è stato confermato tale gruppo o numero indice territoriale.
Nel caso in cui i gruppi o i numeri indici territoriali divergevano, il valore assegnato al nuovo comune è stato ottenuto riapplicando la metodologia prevista per ciascuna territorialità, come stabilito dal relativo decreto di approvazione, ad eccezione della “territorialità del livello del reddito disponibile per abitante”; per tale ultima territorialità, che si basa sul numero di abitanti, il valore da utilizzare per il nuovo comune è stato calcolato come media ponderata dei valori dei comuni soppressi in base al numero di abitanti.
2.2 Indicatori previsti dal d.m. 24 marzo 2014. Il decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 24 marzo 2014 ha confermato, per gli studi di settore applicabili al periodo di imposta 2013, parte degli indicatori di coerenza economica approvati con il precedente decreto del 21 marzo 2013, finalizzati a contrastare possibili situazioni di non corretta compilazione dei dati previsti dai modelli degli studi di settore.
Si tratta delle seguenti fattispecie di anomalie nei dati dichiarati:
a) incoerenza nel valore delle rimanenze finali e/o delle esistenze iniziali relative ad opere, forniture e servizi di durata ultrannuale;
b) valore negativo del costo del venduto, comprensivo del costo per la produzione di servizi;
c) valore negativo del costo del venduto, relativo a prodotti soggetti ad aggio o ricavo fisso;
d) mancata dichiarazione delle spese per beni mobili acquisiti in dipendenza di contratti di locazione finanziaria in presenza del relativo valore dei beni strumentali;
e) mancata dichiarazione del valore dei beni strumentali in presenza dei relativi ammortamenti;
f) mancata dichiarazione del numero e/o della percentuale di lavoro prestato degli associati in partecipazione in presenza di utili spettanti agli associati in partecipazione con apporti di solo lavoro.
Si fa presente che gli indicatori:
• “valore del costo del venduto, relativo a prodotti soggetti ad aggio o ricavo fisso, superiore al valore dei corrispondenti ricavi”;
• “mancata dichiarazione delle spese per beni mobili acquisiti in dipendenza di contratti di locazione non finanziaria in presenza del relativo valore dei beni strumentali”;
• “presenza anomala di costi o ricavi relativi a prodotti soggetti ad aggio o ricavo fisso”;
non sono stati confermati per il periodo d’imposta 2013; i primi due sono stati eliminati, attesa la presenza di specifici controlli bloccanti all’interno dell’applicazione GERICO, mentre, nel caso dell’indicatore “presenza anomala di costi o ricavi relativi a prodotti soggetti ad aggio o ricavo fisso”, dall’analisi dei dati dichiarativi sono state rilevate alcune criticità applicative in presenza di particolari attività che potevano giustificare la presenza di tali costi o ricavi.
Il decreto 24 marzo 2014, inoltre, ha previsto l’applicazione dell’“indicatore di normalità economica in assenza del valore dei beni strumentali” agli studi di settore evoluti con riferimento all’annualità 2013. Tale indicatore rileva la presenza di beni strumentali tra i dati strutturali e la mancata dichiarazione di un corrispondente “Valore dei Beni Strumentali” nei dati contabili.
L’INE in argomento, con un funzionamento analogo a quello approvato con decreto 21 marzo 2013, è finalizzato al contrasto dei fenomeni di non corretta compilazione dei dati contabili e strutturali, nell’ottica di indurre a comportamenti dichiarativi virtuosi.
L’applicazione di tale indicatore è prevista con riferimento a 46 dei 69 studi di settore evoluti per il periodo d’imposta 2013 che presentano nelle funzioni di ricavo/compenso coefficienti relativi alla variabile “Valore dei Beni Strumentali” e che prevedono, nel modello di comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore, informazioni sui beni strumentali utilizzati per lo svolgimento delle attività.
Al riguardo, per un’analisi più approfondita delle modalità di funzionamento dell’indicatore, sostanzialmente coincidenti con quelle dell’indicatore approvato con i decreti 26 aprile 2012 e 21 marzo 2013, si rimanda ai chiarimenti forniti con la circolare n. 30/E del 2012[1].
2.3 Ulteriori novità previste dal d.m. 24 marzo 2014. Il decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze del 24 marzo 2014 ha infine previsto che l’indicatore “Margine per addetto non dipendente” non fornisce esiti di coerenza per gli studi di settore approvati per il periodo di imposta 2013. Per tali studi, conseguentemente, l’indicatore non è previsto nemmeno in GERICO 2014.
L’eliminazione di tale indicatore era stata auspicata dalle Organizzazioni di categoria, nel corso della riunione della Commissione degli Esperti del 28 novembre 2013 relativa agli studi di settore evoluti per il 2013.
2.4 Applicazione dei modelli misti. Analogamente a quanto avvenuto negli anni precedenti, ai fini dell’elaborazione degli studi di settore su “base regionale o comunale” prevista dall’articolo 83, commi 19 e 20, del decreto legge n. 112 del 2008, per alcuni studi in evoluzione per il periodo d’imposta 2013, è stato possibile utilizzare la metodologia relativa ai Modelli Lineari Misti (LMM), che costituiscono un’estensione della Regressione Lineare Multipla
(LM), per determinare la funzione che meglio si adatta all’andamento dei ricavi delle imprese, tenendo conto sia della suddivisione in gruppi omogenei che di quella territoriale.
Il Modello Lineare Misto è un modello statistico-matematico che permette di interpolare i dati e di descrivere l’andamento della variabile dipendente in funzione di una serie di variabili indipendenti. Rispetto al corrispondente modello di regressione lineare multipla, il modello LMM utilizzato negli studi di settore consente l’analisi di osservazioni raggruppate o correlate, adoperando l’informazione completa legata sia alla suddivisione in gruppi omogenei che a quella di tipo territoriale.
In tal modo si è potuto tenere conto, con un’unica funzione di ricavo, delle possibili differenze di risultati economici riconducibili agli aspetti territoriali congiuntamente alle diverse caratteristiche strutturali ed organizzative definite dalla Cluster Analysis.
Gli studi approvati per il periodo d’imposta 2013 per i quali, tenuto conto della significatività delle elaborazioni effettuate, si è fatto ricorso ai Modelli Lineari Misti (LMM) sono i seguenti, appartenenti al macrosettore dei Servizi e del Commercio:
• WG44U – Strutture ricettive alberghiere ed extralberghiere;
• WM05U – Commercio al dettaglio di abbigliamento, calzature, pelletterie ed accessori.
3. REVISIONE CONGIUNTURALE
Il decreto ministeriale del 2 maggio 2014 ha previsto che i risultati derivanti dall’applicazione degli studi di settore utilizzabili per il periodo di imposta 2013 tengano conto di quattro tipologie di correttivi:
1. modifica del funzionamento dell’indicatore di normalità economica “durata delle scorte”;
2. correttivi specifici per la crisi;
3. correttivi congiunturali di settore;
4. correttivi congiunturali individuali.
In particolare, gli ultimi tre correttivi sono applicati ai soggetti che presentano, nel periodo d’imposta 2013, ricavi/compensi dichiarati ai fini della congruità inferiori al ricavo/compenso puntuale di riferimento, che è dato dall’applicazione dell’analisi di congruità e di normalità economica, come eventualmente modificata a seguito dell’applicazione dello specifico correttivo indicato al precedente punto 1. Si fa presente che tali correttivi si applicano indipendentemente dal posizionamento rispetto all’analisi di normalità economica.
Come evidenziato in premessa, si tratta di correttivi analoghi, per costruzione e funzionamento, a quelli introdotti per gli studi applicabili al periodo di imposta 2011 e 2012; al riguardo, fatta eccezione per i “correttivi specifici” trattati nel paragrafo seguente, si rimanda ai chiarimenti forniti per l’annualità 2011 al paragrafo 3 della circolare n. 30/E del 2012[1].
3.1 Correttivi specifici per la crisi. Per il periodo d’imposta 2013 i correttivi specifici per la crisi, elaborati al fine di adeguare i risultati derivanti dall’applicazione degli studi agli effetti della crisi economica e dei mercati, sono previsti per gli studi di settore “VG68U”, “VG72A” e “VG72B”.
Gli interventi effettuati si possono sintetizzare come di seguito riportato:
1. per gli studi di settore VG72A – Trasporto con taxi e noleggio di autovetture con conducente e VG72B – Altri trasporti terrestri di passeggeri, è stato realizzato un correttivo connesso all’incremento dei prezzi dei carburanti. L’applicazione di tale correttivo può determinare un valore di riduzione dei ricavi stimati, calcolato come differenza tra il ricavo puntuale derivante dalla sola applicazione della analisi di congruità sui dati dichiarati e il ricavo puntuale ricalcolato utilizzando nella funzione di regressione la variabile “Costi per carburanti” (1) a cui è stato applicato un indice deflattivo determinato sulla base dell’andamento dei prezzi del carburante, effettuando una valutazione comparativa del relativo impatto sui conti economici del 2012 (ultimo anno disponibile della Banca dati degli studi di settore) rispetto al 2009, anno cui si riferiscono i dati presi a base per l’evoluzione dello specifico studio di settore;
2. per lo studio di settore VG68U – Trasporto di merci su strada e servizi di trasloco, è stato realizzato un correttivo connesso all’incremento dei prezzi dei carburanti, il quale prevede che:
– i “Costi per carburanti e lubrificanti” vengano riportati ai prezzi dell’anno 2009, cui si riferiscono i dati presi a base per l’evoluzione dello studio di settore, deflazionando i costi dichiarati per il periodo d’imposta di applicazione;
– al ricavo puntuale, risultante dall’applicazione della sola analisi di congruità sulla base dei costi così deflazionati, venga aggiunta la quota parte di incremento dei “Costi per carburanti e lubrificanti”, che dall’analisi effettuata è risultata traslabile sui ricavi.
L’applicazione del correttivo può determinare una riduzione dei ricavi stimati, calcolata come differenza tra il ricavo puntuale derivante dalla sola applicazione dell’analisi di congruità sui dati dichiarati e il ricavo stimato applicando lo specifico procedimento correttivo.
4. UTILIZZO RETROATTIVO DELLE RISULTANZE DEGLI STUDI DI SETTORE
In relazione all’attività di accertamento basata sulle risultanze degli studi di settore, si richiama l’attenzione degli Uffici su quanto già precisato al paragrafo 4 della precedente circolare n. 23/E del 2013[2] sul tema della centralità della fase del contraddittorio.
Si ricorda che, in particolare, nella predetta circolare era stato chiarito che “tenuto conto delle profonde modifiche delle condizioni economiche verificatesi nel corso degli ultimi anni a causa degli effetti della recente crisi economica e dei mercati, si ritiene che gli studi di settore evoluti nel periodo di imposta 2012, analogamente a come già chiarito con la circolare n. 30/E del 2012[3] per quelli evoluti nel 2011, non possano ragionevolmente essere utilizzati per rideterminare, in contraddittorio, l’ipotesi di pretesa tributaria basata sulle risultanze degli studi di settore relativa ad un’annualità precedente al 2012.
In particolare, le analisi effettuate in fase di elaborazione degli studi evoluti per il periodo di imposta 2012 hanno mostrato significative variazioni nella correlazione delle variabili utilizzate nella funzione di regressione degli studi, dovute anche agli effetti della crisi economica e dei mercati che ha colpito l’economia negli ultimi anni.
Per completezza di argomento, si osserva però che i risultati degli studi di settore evoluti per il 2012, senza tener conto ovviamente delle modifiche apportate agli stessi (correttivi “crisi”) dal decreto ministeriale 23 maggio 2013 applicabili al solo 2012, potrebbero trovare applicazione solo per l’eventuale rideterminazione, in contraddittorio con il contribuente, della pretesa tributaria relativa all’annualità 2010, atteso che la base dati utilizzata per elaborare gli studi evoluti per il periodo di imposta 2012 si riferisce proprio a tale annualità. Chiaramente, al fine di poter accertare che effettivamente il nuovo studio evoluto sia in grado di poter meglio valutare la posizione del contribuente, l’ufficio avrà cura di verificare che le attività esercitate nel periodo d’imposta da accertare siano le medesime di quelle previste nello studio evoluto e che lo stesso le colga compiutamente”.
In coerenza con quanto richiamato della citata circolare n. 23/E, si ritiene che tale principio possa essere esteso anche all’annualità 2013; di conseguenza, i risultati degli studi di settore evoluti per il 2013, senza tener conto ovviamente delle modifiche apportate agli stessi (correttivi “crisi”) dal decreto ministeriale 2 maggio 2014 applicabili al solo 2013 (né di qualsiasi altro correttivo per la crisi approvato per altri periodi di imposta) potrebbero trovare applicazione solo per l’eventuale rideterminazione, in contraddittorio con il contribuente, della pretesa tributaria relativa all’annualità 2011, atteso che la base dati utilizzata per elaborare gli studi evoluti per il periodo di imposta 2013 si riferisce proprio a tale annualità.
Resta inoltre confermato quanto già precisato nella citata circolare n. 23/E, ovvero, che:
• al fine di poter accertare che effettivamente il nuovo studio evoluto sia in grado di poter meglio valutare la posizione del contribuente, l’Ufficio avrà cura di verificare che le attività esercitate nel periodo d’imposta da accertare siano le medesime di quelle previste nello studio evoluto e che lo stesso le colga compiutamente;
• l’utilizzo delle risultanze degli studi di settore evoluti per la determinazione della pretesa tributaria in relazione all’accertamento di annualità precedenti, sia possibile qualora non emergano delle incoerenze negli indicatori economici previsti dagli studi di settore evoluti;
• ove risultino invece anomalie nei predetti indicatori economici, le risultanze degli studi di settore evoluti potranno essere utilizzate dall’Ufficio ai fini delle valutazioni per la definizione solo qualora emerga che la mancata coerenza non deriva dalla infedeltà delle informazioni utilizzate per la stima, ovvero deriva da insufficienze produttive dell’azienda.
5. PRINCIPALI NOVITÀ DELLA MODULISTICA
5.1 Struttura delle istruzioni. In analogia a quanto già operato con le istruzioni relative ai modelli utilizzabili per il periodo d’imposta 2012, anche per l’annualità 2013 sono state predisposte istruzioni comuni relative ai quadri A, F, G, T, X, e V, richiamabili per la maggior parte degli studi di settore.
Al riguardo, le istruzioni relative a tali specifici quadri riportano la seguente indicazione: “Per quanto riguarda le istruzioni relative alla compilazione di tale quadro si rinvia al documento “Istruzioni quadro …””.
L’intervento consente di non appesantire eccessivamente le istruzioni relative ai 205 modelli da utilizzare per gli adempimenti dichiarativi relativi all’annualità 2013, fornendo, in documenti trasversali, le istruzioni per la compilazione della maggior parte degli studi in vigore.
5.2 Quadro A – Personale addetto all’attività. Nelle istruzioni relative al quadro A dei modelli relativi agli studi di settore sono state fornite ulteriori precisazioni in merito alla corretta modalità con cui calcolare il numero delle giornate retribuite relative agli apprendisti con contratto a tempo parziale che svolgono attività nell’impresa.
In particolare, le istruzioni di quest’anno riportano che “nel caso di apprendisti con contratto a tempo parziale, con riferimento alle denunce telematiche UNIEMENS inviate all’Istituto Nazionale Previdenza Sociale, tale numero deve essere determinato moltiplicando per sei e dividendo per cento il numero complessivo delle settimane utili comunicate nel periodo d’imposta per la determinazione della misura delle prestazioni pensionistiche”.
In tal modo viene esplicitato, anche per la compilazione di tale campo, il criterio da utilizzare per individuare il numero delle giornate retribuite relative ai lavoratori a tempo parziale.
5.3 Quadri F – G – elementi contabili. Si premette che, in relazione ai quadri F e G relativi agli “Elementi contabili”, sono state effettuate le modifiche necessarie a cogliere le novità normative afferenti al periodo d’imposta 2013.
In particolare, sono state apportate le modifiche riportate nei seguenti sottoparagrafi.
5.3.1 Canoni di leasing. L’articolo 4-bis del decreto legge 2 marzo 2012, n. 16 ha apportato modifiche alla disciplina di deduzione dei canoni di leasing ai fini delle imposte dirette.
La nuova disposizione normativa, che ha riformulato il comma 2 dell’articolo 54 e il comma 7 dell’articolo 102 del TUIR, comporta che i canoni di locazione finanziaria non dedotti alla scadenza del contratto di leasing possono trovare riconoscimento fiscale anche oltre tale scadenza, fino al completo riassorbimento dei valori fiscali sospesi.
Ai fini degli studi di settore ciò determina che l’impresa che abbia optato per il riscatto del bene al termine del contratto di leasing, potrà continuare a dedurre fiscalmente i canoni di leasing (indicandoli nel rigo F18, campo 4 ) senza avere un parallelo valore dei beni strumentali in leasing.
Al fine di evitare possibili anomalie nel funzionamento dell’indicatore di normalità economica “Incidenza dei costi per beni mobili acquisiti in dipendenza di contratti di locazione finanziaria rispetto al valore degli stessi”, è stato previsto un nuovo campo nel quadro F (rigo F18, campo 5) dove riportare le “quote di canoni di leasing fiscalmente deducibili oltre il periodo di durata del contratto”. L’importo indicato in tale nuovo rigo non deve quindi essere compreso nella voce di costo indicata nel rigo F18, campo 4, utilizzato nel calcolo dell’indicatore di normalità sopra citato.
5.3.2 Beni compresi nel contratto di affitto. Al fine di chiarire ulteriormente le modalità di compilazione del rigo F18 – Costo per il godimento di beni di terzi (canoni di locazione finanziaria e non finanziaria, di noleggio, ecc.) – campi 2 (di cui per canoni relativi a beni immobili) e 3 (di cui per beni mobili acquisiti in dipendenza di contratti di locazione non finanziaria e di noleggio) le istruzioni relative al periodo d’imposta 2013 precisano che in caso di affitto di azienda, nei predetti campi non devono essere indicati i canoni di locazione riferiti ai beni immobili ovvero ai beni mobili strumentali compresi nel contratto di affitto.
Allo stesso fine, le istruzioni alla compilazione del rigo F29 – Valore dei beni strumentali – campo 2 (valore relativo a beni acquisiti in dipendenza di contratti di locazione non finanziaria e di noleggio) precisano che, in caso di affitto di azienda, nel predetto campo non deve essere indicato il valore dei beni mobili strumentali compresi nel contratto di affitto.
5.3.3 Iva per cassa. L’articolo 32-bis del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni dalla Legge 7 agosto 2012 n. 134, ha introdotto il regime di IVA per cassa, cd. “cash accounting”, di cui all’articolo 167 bis della Direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006, come modificata dalla Direttiva 2010/45/UE del 13 luglio 2010.
Tale regime prevede che “per le cessioni di beni e per le prestazioni di servizi effettuate da soggetti passivi con volume d’affari non superiore a 2 milioni di euro, nei confronti di cessionari o di committenti che agiscono nell’esercizio di impresa, arte o professione, l’imposta sul valore aggiunto diviene esigibile al momento del pagamento dei relativi corrispettivi. Per i medesimi soggetti l’esercizio del diritto alla detrazione dell’imposta relativa agli acquisti dei beni o dei servizi sorge al momento del pagamento dei relativi corrispettivi”.
Il “cash accounting” è entrato in vigore il 1° dicembre 2012 (D.M.11/10/2012) ed ha sostituito il regime IVA per cassa previsto dall’articolo 7 del D.L. 29 novembre 2008, n. 185, la cui applicazione era prevista nei confronti dei soggetti che presentavano un volume d’affari non superiore a duecentomila euro.
Il calcolo dell’aliquota media IVA che viene applicata ai maggior ricavi/compensi stimati dal software GERICO può essere influenzato da tale regime di liquidazione dell’imposta sul valore aggiunto.
Ad esempio, l’aliquota media IVA applicata dal software GERICO ai maggior ricavi stimati ai fini degli studi di settore per le imprese (annualità 2012) risulta pari alla seguente formula:
I.V.A. su operazioni imponibili (rigo F33) + I.V.A. sulle operazioni di intrattenimento (rigo F34) – [I.V.A. sulle cessioni dei beni ammortizzabili + I.V.A. sui passaggi interni + I.V.A. detraibile forfettariamente (rigo F35)]
———————————————————————————————————–
Volume d’affari (rigo F31) + Altre operazioni, sempre che diano luogo a ricavi, quali operazioni fuori campo e operazioni non soggette a dichiarazione (rigo F32)
Sulla base degli attuali controlli telematici il valore da inserire nel rigo F33 del modello studi (IVA su operazioni imponibili), finalizzati a sensibilizzare tempestivamente i contribuenti interessati della presenza di eventuali errori di compilazione dei modelli, deve coincidere con il totale dell’imposta sul valore aggiunto esigibile nel periodo d’imposta che viene riportato nel campo VE25 del modello IVA (VE26 nel modello IVA 2014).
Tale valore non comprende l’imposta relativa alle operazioni realizzate nell’anno d’imposta che, sulla base del regime di cassa, diviene esigibile nell’anno d’imposta successivo; tale valore, invece, comprende l’imposta riferita ad operazioni realizzate nell’anno d’imposta pr
ecedente ma esigibile nell’anno d’imposta di riferimento.
Questo comporta che il volume d’affari realizzato dal contribuente che ha adottato il regime previsto dal D.L n. 83 del 2012 verrebbe rapportato, al fine di determinare l’aliquota media da applicare ai maggiori ricavi/compensi stimati dagli studi di settore, all’IVA esigibile per cassa.
La comparazione tra due valori non omogenei (volume d’affari di competenza ed IVA esigibile per cassa), ovviamente, potrebbe determinare un calcolo dell’aliquota media non corrispondente a quella “effettiva”, individuata sulla base del criterio previsto dall’articolo 10 della legge n. 146 del 1998.
Per questo motivo è stata integrata la sezione IVA dei quadri F e G dei modelli con due nuovi campi:
• uno destinato a recepire l’imposta relativa alle operazioni effettuate in anni precedenti ed esigibile nell’anno (campo 2 del rigo F33 e campo 2 del rigo G18);
• uno destinato ad accogliere l’imposta relativa alle operazioni realizzate nel periodo d’imposta ed esigibile in anni successivi (campo 3 del rigo F33 e campo 3 del rigo G18).
Tale soluzione permette di comparare due valori omogenei tra di loro (volume d’affari dell’anno e IVA corrispondente alle operazioni che hanno formato tale volume di affari) e di mantenere il controllo telematico attualmente impostato tra i campi del modello IVA 2014, rigo VE26, ed i campi del modello studi.
Medesime considerazioni valgono per l’intervento effettuato sulla modulistica relativa ai parametri (rigo P28 e rigo Q15).
5.3.4 Imu. Si segnala una possibile criticità applicativa dell’indicatore di normalità economica “Incidenza dei costi residuali di gestione sui ricavi” dovuta al fatto che nel rigo F23 – “Altri componenti negativi” del modello relativo al periodo d’imposta 2013 è possibile indicare anche l’importo dell’IMU dedotta per il citato periodo d’imposta.
L’indicazione di tale importo, se di valore elevato, come già chiarito nella circolare n. 23/E del 2013 in relazione all’“ammontare dell’IRAP versata relativa alla quota imponibile delle spese per il personale dipendente e assimilato”, potrebbe determinare valori ingiustificati nel calcolo del citato indicatore “Incidenza dei costi residuali di gestione sui ricavi”.
Anche in questo caso, infatti, un valore elevato dell’IMU deducibile, dovendo essere indicato nel rigo “Altri componenti negativi”, che rappresenta una delle componenti di cui è formato il numeratore dell’indicatore di normalità in argomento, non può essere considerato “in linea generale” sintomatico di una situazione di non corretta indicazione dei dati previsti dai modelli degli studi di settore. Ciò in ragione anche del fatto che le soglie di normalità relative a tale indicatore non tengono conto della possibilità di indicare il citato ammontare dell’IMU, in quanto sono state individuate sulla base di periodi d’imposta per i quali tali importi non erano deducibili dal reddito.
La medesima criticità applicativa va ovviamente segnalata anche nel caso degli studi relativi alle attività professionali, con riferimento agli indicatori di normalità economica “Incidenza delle altre componenti negative sui compensi” e “Incidenza delle altre componenti negative al netto dei canoni di locazione sui compensi” atteso che nel rigo G12 – “Altre componenti negative” del modello relativo al periodo d’imposta 2013 è possibile indicare anche l’importo dell’IMU dedotta per il citato periodo d’imposta.
Al riguardo, pertanto, si ritiene che i chiarimenti forniti con la circolare n. 29/E del 18 giugno 2009[1], riguardanti l’applicazione dell’indicatore “Incidenza dei costi residuali di gestione sui ricavi”, possano essere validi anche con riferimento all’eventuale non normalità dovuta a seguito dell’indicazione di un importo elevato dell’IMU deducibile ed estesi agli indicatore “Incidenza delle altre componenti negative sui compensi” e “Incidenza delle altre componenti negative al netto dei canoni di locazione sui compensi”.
5.3.5 Ex minimi. Le istruzioni relative ai quadri F e G, coerentemente con quanto indicato nella parte generale delle istruzioni, riportano un’avvertenza riguardante la specifica modalità di compilazione dei modelli da parte dei contribuenti ex “minimi”.
In particolare, nel quadro F è evidenziato che i soggetti che nei periodi d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2011 e/o in quelli precedenti tale annualità, si sono avvalsi del regime dei contribuenti “minimi”, previsto dai commi da 96 a 117 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244 devono fare attenzione a fornire alcuni dati contabili, da indicare nei predetti quadri, senza tenere conto degli effetti derivanti dal principio di cassa, applicato nei periodi di imposta precedenti e correlato al citato regime.
Infatti, i dati relativi alle variabili rilevanti per la determinazione del cluster o per la stima dei ricavi e dei compensi (per l’individuazione delle quali le istruzioni rimandano al contenuto delle Note Tecniche e Metodologiche degli studi di settore, disponibili anche nella sezione dedicata agli studi di settore del sito dell’Agenzia delle Entrate), devono essere indicati in modo da consentire la corretta applicazione degli studi di settore anche a tali soggetti.
Al riguardo si ricorda che per i soggetti esercenti attività d’impresa, tenuto conto che nei loro confronti i risultati derivanti dall’applicazione degli studi di settore non possono essere utilizzati per l’azione di accertamento nell’anno in cui cessa di avere applicazione il regime dei “minimi” sopra indicato (cfr. articolo 5 del decreto ministeriale 11 febbraio 2008), in sede di presentazione del modello studi per il periodo d’imposta 2013, non è necessario provvedere alla rielaborazione dei dati contabili in precedenza evidenziata in relazione al solo periodo d’imposta in cui cessa di avere applicazione il regime dei “minimi”.
Nel quadro G è invece evidenziato che la particolare modalità di compilazione del predetto quadro contabile, seguendo le regole in precedenza evidenziate, deve essere osservata oltre che dai soggetti che nei periodi d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2011 e/o in quelli precedenti tale annualità, si sono avvalsi del regime dei contribuenti “minimi”, anche da quelli che si sono avvalsi del predetto regime nel periodo d’imposta in corso alla data del 31 dicembre 2012.
Tali ultimi soggetti, infatti, devono avere cura di provvedere alla rielaborazione dei dati contabili seguendo le regole in precedenza evidenziate, anche nell’anno in cui hanno cessato di applicare il regime dei “minimi”, in quanto non vi è una disposizione, analoga a quella prevista per le imprese, che consenta a tali soggetti di non essere sottoposti all’attività di accertamento da studi di settore nell’anno di cessazione del regime dei “minimi”.
Al fine di permettere al software GERICO la corretta stima dei ricavi e compensi, i soggetti interessati devono, dunque, avere cura di provvedere alla rielaborazione dei dati contabili seguendo le regole in precedenza evidenziate e barrare la casella in corrispondenza del rigo F40 “Applicazione del regime dei “minimi” nel periodo d’imposta 2011 e/o in quelli precedenti tale annualità” (nel caso di soggetti esercenti attività d’impresa) ovvero quella in corrispondenza del rigo G23 “Applicazione del regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità o del regime dei “minimi” in uno o più periodi d’imposta precedenti” (nel caso di soggetti esercenti arti e professioni) anche al fine di evitare che i controlli telematici previsti al momento dell’invio delle dichiarazioni segnalino un’anomalia per la non coincidenza tra gli importi inseriti nei quadri contabili di UNICO e quelli inseriti nei modelli degli studi di settore.
I predetti righi, destinati ad accogliere l’informazione relativa alla particolare modalità di compilazione seguita, sono stati inseriti, a partire dalla modulistica relativa al periodo d’imposta 2013, nei quadri F e G degli Elementi contabili ed espunti dal quadro V che fino allo scorso anno accoglieva tale informazione.
5.4 Quadro T – congiuntura economica. La crisi economica, che ha avuto effetti anche per il 2013, ha comportato la necessità di individuare, in analogia a come operato per i periodi d’imposta precedenti, alcuni correttivi in grado di “riequilibrare” la stima dei risultati derivanti dall’applicazione degli studi di settore, in modo da tenere conto delle particolari condizioni economiche.
Al riguardo, con il decreto ministeriale 2 maggio 2014, è stata approvata, per il periodo d’imposta 2013, in base all’articolo 8 del decreto-legge del 29 novembre 2008, n. 185, convertito dalla legge n. 2 del 28 gennaio 2009, la revisione congiunturale speciale degli studi di settore al fine di cogliere gli effetti della crisi economica e dei mercati (cfr. paragrafi 1 e 3 della presente circolare).
Il decreto prevede che i correttivi si applichino a tutti gli studi di settore, relativamente al solo periodo d’imposta 2013.
L’applicazione dei correttivi comporta, altresì, che il contribuente indichi alcuni dati per rimodulare la stima dei ricavi o compensi sulla base dei correttivi stessi.
Le informazioni utili ai fini delle diverse modalità applicative degli studi nei confronti di determinati soggetti, previste per il periodo di imposta 2013, sono analoghe a quelle previste per l’annualità 2012.
Per quanto riguarda le relative istruzioni, invece, come chiarito al precedente paragrafo 5.1, è stato previsto, per quei modelli che ne possono prevedere il richiamo (per gli altri è presente, nelle istruzioni specifiche, una particolare versione relativa al quadro T), un unico documento che contiene le istruzioni relative alla compilazione di tale quadro.
È stato quindi predisposto un apposito quadro T – Congiuntura economica – per ciascuno dei 205 studi di settore applicabili al periodo d’imposta 2013, contenente i dati necessari per consentire l’applicazione dei correttivi stessi.
Al riguardo, si evidenzia che è prevista, per alcuni dati, l’indicazione di importi riferibili a periodi di imposta precedenti.
In particolare, viene chiesto di indicare i “Ricavi dichiarati ai fini della congruità relativi al periodo di imposta 2012” per la rimodulazione dell’indicatore “Durata delle scorte”, e alcune voci di costo relative ai periodi di imposta 2011 e 2012, per l’applicazione del correttivo “congiunturale individuale”, dichiarate gli scorsi anni e, quindi, già nella disponibilità dell’Amministrazione finanziaria; è quindi ovvio, come già chiarito dalla circolare n. 23/E del 15 luglio 2013 per la presentazione dei modelli degli studi di settore relativi al periodo di imposta 2012, che i contribuenti che dovessero risultare congrui e normali senza l’applicazione di correttivi in argomento potranno non compilare tali informazioni.
Con l’occasione si richiamano, in questa sede, alcuni chiarimenti già forniti con le precedenti circolari n. 30/E del 28 giugno 2011[2], n. 30/E del 11 luglio 2012[3] e n. 23/E del 15 luglio 2013[4], circa la corretta compilazione dei righi contenenti la richiesta delle predette informazioni nel caso in cui il contribuente, pur non modificando l’attività esercitata:
1) abbia avuto il periodo d’imposta di riferimento per l’applicazione del correttivo di durata diversa da dodici mesi (ad esempio perché ha iniziato l’attività nel corso di tale anno e l’attività rappresenta una mera prosecuzione di attività svolta da altri soggetti);
2) non abbia presentato il modello degli studi di settore per il periodo d’imposta di riferimento per l’applicazione del correttivo (ad esempio perché ha iniziato l’attività nel corso di tale anno e l’attività, diversamente dal caso precedente, non rappresenta una mera prosecuzione di attività svolta da altri soggetti);
3) non abbia dichiarato redditi di impresa o di lavoro autonomo nel periodo d’imposta preso a riferimento per il calcolo del correttivo (ad esempio perché ha iniziato nel 2013 un’attività di impresa costituente mera prosecuzione di attività svolta da altri soggetti).
Con riferimento all’ipotesi sub 1) si ritiene che, ai fini della corretta applicazione dei “correttivi crisi”, si debba effettuare il ragguaglio dei ricavi/costi dichiarati in tale periodo rispetto all’anno, considerato convenzionalmente pari a 365 giorni.
Con riferimento all’ipotesi sub 2) si ritiene che sia necessario indicare negli appositi righi, presenti nel quadro T dei modelli studi di settore, i ricavi/costi dichiarati relativi ai periodi d’imposta interessati, eventualmente ragguagliati ad anno.
Al riguardo si precisa che i ricavi e i costi/spese da porre a confronto con quelli dichiarati nel modello studi di settore per il 2013 devono essere individuati in maniera omogenea rispetto a questi ultimi.
In linea generale l’omogeneità deve essere valutata anche con riferimento alla tipologia di attività svolta nel periodo d’imposta preso a riferimento per il calcolo del correttivo. Si rammenta, al riguardo, che sono considerate omogenee le attività economiche contraddistinte da codici attività che rientrano nel campo di applicazione del medesimo studio di settore.
Infine, per quanto riguarda l’ipotesi sub 3), qualora il contribuente non abbia dichiarato redditi di impresa/lavoro autonomo nel periodo d’imposta preso a riferimento per il calcolo del correttivo (ad esempio perché ha iniziato nel 2013 un’attività costituente mera prosecuzione di attività svolta da altri soggetti), non potrà fruire dei correttivi in parola, ma delle riduzioni eventualmente operate dagli altri “correttivi crisi” previsti dalla Nota Tecnica e Metodologica approvata con il decreto ministeriale del 2 maggio 2014.
In tal caso, il contribuente potrà, comunque, rappresentare la specifica situazione nella sezione “Note aggiuntive”, predisposta all’interno del Software GERICO 2014.
5.5 Dati complementari per l’evoluzione degli studi. Nel corpo dei modelli relativi ad alcuni studi di settore, la cui evoluzione è programmata per il periodo d’imposta 2015, è stato inserito un apposito quadro Z – Dati complementari, per raccogliere ulteriori informazioni utili ai fini dell’aggiornamento degli studi stessi.
Le informazioni sono state individuate a seguito di analisi delle proposte formulate da SOSE e di confronto con le Organizzazioni di categoria/professionali di riferimento per i singoli studi interessati.
Tale modalità di azione, che sfrutta i canali della trasmissione della dichiarazione UNICO 2014, già adottata negli anni precedenti, si ritiene possa comportare notevoli vantaggi, oltre che per l’Agenzia, anche per i contribuenti, che non saranno tenuti all’invio di ulteriori informazioni tramite un apposito questionario.
Si rappresenta, inoltre, che sono state introdotte, in alcuni modelli, informazioni utili per l’analisi e l’eventuale successivo aggiornamento dei correttivi legati:
• al lavoro prestato dagli apprendisti;
• alle spese sostenute per la locazione e a quelle condominiali relative ai locali pattuite unitariamente ad altri servizi senza un diretto corrispettivo;
• al valore dei beni strumentali riferiti alle macchine d’ufficio compresi i computer ed i sistemi telefonici.
In merito, appare utile segnalare che la richiesta di compilazione delle informazioni aggiuntive potrebbe sovrapporsi a quella relativa all’applicazione dei correttivi in precedenza evidenziati; per tali casi nelle relative istruzioni viene chiarito quali campi non devono essere compilati.
Ad esempio:
• nelle istruzioni del rigo Z06 dello studio di settore UM87U viene chiarito che il dato relativo all’ammontare totale delle spese sostenute per il lavoro prestato dagli apprendisti deve essere compilato solo nel caso in cui non sia già stato indicato nel rigo X01 dello stesso modello;
• nelle istruzioni dei righi Z29 e Z30 dello studio WK21U viene indicato che qualora siano stati compilati i righi X01 e X02 del quadro X dello stesso modello i righi Z29 e Z30 non devono essere compilati.
Infine si fa presente che, analogamente a come operato per l’annualità di imposta 2012, sono state eliminate le informazioni aggiuntive introdotte nei modelli relativi all’annualità di imposta 2012, finalizzate alla fase di evoluzione, laddove non più necessarie a tale scopo.
6. SOFTWARE GERICO DI SUPPORTO AGLI UTENTI
6.1 Principali novità di gerico 2014. La nuova versione di GERICO presenta una veste grafica, sia a video che in stampa, che replica la struttura dei modelli degli studi di settore approvati per il periodo di imposta 2013, e prevede la possibilità di modificare la visualizzazione dei diversi quadri con caratteri “normali” “medi” e “grandi”.
Inoltre, si fa presente che GERICO 2014 consente di evidenziare, per tutti i quadri, i campi delle variabili degli studi di settore che rilevano ai fini dell’analisi discriminante, della regressione e di quelle utilizzate per il calcolo degli indicatori di coerenza e di normalità economica.
Infine, con l’occasione, si ricorda che nella sezione relativa ai risultati del calcolo operato (denominata Esito) è riportato in sintesi, oltre al risultato di congruità (congruo/non congruo), anche quello relativo alla normalità economica e alla coerenza (normale/non normale e coerente/non coerente); le informazioni di dettaglio relative agli indicatori di coerenza e di normalità economica sono riportate, come già nelle precedenti versioni del software, nelle rispettive sezioni (Coerenza, Normalità Economica e Analisi Normalità Economica), che sono state integrate con gli indicatori di coerenza e di normalità economica approvati con il decreto ministeriale 24 marzo 2014. Analogamente alle versioni precedenti, l’applicativo GERICO 2014 propone un esito completo anche in caso di congruità.
6.2 Anomalie di funzionamento di gerico 2013. E’ stato individuato un malfunzionamento nell’esito di GERICO 2013 per alcuni indicatori previsti da tre studi di settore applicabili all’annualità di imposta 2012.
In particolare si è rilevato:
- per lo studio VG40U:
◦un errore nell’esito dell’indicatore di normalità economica “Incidenza dei costi residuali di gestione sul valore della produzione” che in caso di valore della produzione negativo o nullo presentava un esito di “non normalità” invece che di “normalità”;
◦un errore nell’esito di coerenza per gli indicatori “Margine Lordo sui Ricavi” e “Ricavo al metro quadro venduto”. In particolare il “Margine Lordo sui Ricavi” presentava un esito di non coerenza errato nel caso “Non Calcolabile o Indeterminato” mentre il “Ricavo al metro quadro venduto” presentava un esito di non coerenza errato in caso “Indeterminato”;
- per gli studi VG69U e VK23U un errore nell’esito dell’INE “Incidenza dei costi residuali di gestione sul valore della produzione” che in caso di valore della produzione negativo presentava un esito di “non normalità” invece che di “normalità”.
Al riguardo, si è provveduto a ripubblicare nella sezione “Archivio studi di settore” del sito internet dell’Agenzia il software GERICO 2013 nella versione 1.0.5 ed il software di controllo degli Studi di settore e dei Parametri allegati ai modelli Unico 2013 in versione 1.0.2, che rimuovono i citati malfunzionamenti.
Appare opportuno in questa sede evidenziare che i contribuenti interessati dalle anomalie citate in precedenza sono da considerare normali e coerenti agli indicatori in argomento, e non sono tenuti a presentare una dichiarazione integrativa.
Inoltre, ai citati soggetti, nel caso in cui applichino lo studio VG40U, sono ovviamente “riconosciuti” i benefici previsti dal regime premiale disciplinato ai commi da 9 a 13 dell’articolo 10 del decreto legge n. 201 del 2011, laddove risultino, oltre che congrui, coerenti e normali agli indicatori previsti dallo studio.
In merito si fa presente che sono state conseguentemente aggiornate le procedure informatiche di supporto agli Uffici “Gerico Uffici” e “Gerico Uffici Funzionalità Integrate”, in modo da fornire agli operatori del controllo, per i tre studi in argomento, un esito corretto degli indicatori “Incidenza dei costi residuali di gestione sul valore della produzione”, “Margine Lordo sui Ricavi” e “Ricavo al metro quadro venduto”.
7. GLI EFFETTI DELL’ADEGUAMENTO IN FASE ACCERTATIVA
Nel presente paragrafo vengono forniti alcuni chiarimenti in merito agli effetti, sulle risultanze delle attività di accertamento, degli importi degli adeguamenti alle risultanze degli studi di settore in dichiarazione.
Al riguardo, si premette che al paragrafo 12.1 della circolare n. 58/E del 27 giugno 2002[5] era stato chiarito “che l’attendibilità delle procedure di elaborazione degli studi di settore non impedisce all’Amministrazione di svolgere l’azione di accertamento con le ordinarie procedure e di pervenire a risultati diversi da quelli degli stessi studi, anche nei confronti dei contribuenti che risultano congrui e coerenti.
In tali casi, per evitare che i risultati derivanti dall’applicazione degli studi di settore possano essere validamente opposti dai contribuenti, è necessario, però, che la determinazione dei maggiori ricavi o compensi si fondi su obiettivi elementi e su una convincente ricostruzione logica ed argomentata dei ricavi o dei compensi stessi che tenga conto delle peculiarità della posizione
soggettiva sottoposta a controllo. Ovviamente, in presenza della prova certa di ricavi omessi, non assumerà alcun rilievo la circostanza che il contribuente sia congruo e coerente rispetto agli studi di settore”.
Tanto premesso, con specifico riferimento al caso del contribuente che si sia adeguato alle risultanze degli studi di settore, l’Ufficio, nel rettificare la dichiarazione presentata, dovrà tenere conto di tale adeguamento dei ricavi o compensi effettuato sulla base delle risultanze dell’applicazione degli studi di settore.
Quindi, in fase di controllo, i ricavi o compensi accertati andranno confrontati con la somma dei ricavi e compensi contabilizzati e dichiarati e di quelli da adeguamento alle risultanze degli studi di settore e il recupero avverrà solo per la differenza tra tali importi.
Chiaramente, nel caso in cui oggetto di accertamento sia una componente attiva di reddito diversa da quella stimata dagli studi di settore il recupero della stessa non terrà conto dell’eventuale importo di adeguamento in argomento.
In merito, si ricorda che i singoli decreti di approvazione dei diversi studi stabiliscono che “sulla base degli studi di settore sono determinati presuntivamente i compensi di cui all’art. 54, comma 1, ovvero i ricavi di cui all’articolo 85 del testo unico delle imposte sui redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, ad esclusione di quelli previsti dalle lettere c), d), e) ed f), del comma 1 del medesimo articolo, del citato testo unico, nonché dei ricavi derivanti dalla vendita di generi soggetti ad aggio o ricavo fisso”.
Si riportano di seguito alcune esemplificazioni:
ESEMPIO 1) Un contribuente, in sede di dichiarazione dei redditi relativi al periodo d’imposta oggetto di controllo, ha adeguato i propri ricavi sulla base degli studi di settore per un importo pari a 40.000 euro. L’Ufficio ricostruisce nei confronti di tale contribuente operazioni attive non certificate e contabilizzate per 70.000 euro relative alla vendita di beni o merci alla cui produzione o al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa. In sede di accertamento l’Ufficio terrà conto che, rispetto ai 70.000 euro di maggior imponibile individuato in fase di controllo il contribuente ne ha già dichiarati per un importo pari a 40.000 euro (a titolo di adeguamento, non soggetto a sanzioni e interessi). Ne deriva che il recupero dell’imposta sarà calcolato sulla maggior base imponibile pari a euro 30.000, con applicazione di sanzioni ed interessi solo sulla maggiore imposta dovuta.
ESEMPIO 2) Un contribuente, in sede di dichiarazione dei redditi relativi al periodo d’imposta oggetto di controllo, ha adeguato i propri ricavi sulla base degli studi di settore per un importo pari a 40.000 euro. L’Ufficio ricostruisce nei confronti di tale contribuente operazioni attive non certificate e contabilizzate per 70.000 euro relative alla vendita di generi soggetti ad aggio o ricavo fisso. In sede di accertamento l’Ufficio procederà al recupero dell’imposta calcolata integralmente sul maggior imponibile (pari ai 70.000 euro) individuato in fase di controllo. In questo caso, infatti, l’Ufficio terrà in considerazione che la ricostruzione delle operazioni attive non certificate e contabilizzate riguarda la vendita di beni che danno luogo a componenti positive di reddito escluse dalla determinazione presuntiva dei ricavi effettuata sulla base degli studi di settore.
Si rileva, altresì, un’ulteriore caso in cui la ricostruzione dei maggiori ricavi e compensi possa non essere interessata, per la determinazione del maggior reddito accertato, dai ricavi e compensi da adeguamento: si fa riferimento alla possibilità che l’Ufficio ritenga, sulla base degli elementi in disponibilità, che i maggiori ricavi o compensi accertati siano da aggiungere a quelli dichiarati e contabilizzati ed a quelli da adeguamento.
In tale ultimo caso, chiaramente l’Ufficio dovrà darne esplicita indicazione nell’atto di accertamento argomentando specificamente in merito nella motivazione.
Si riporta, a titolo esemplificativo, il caso in cui il contribuente che svolge l’attività d’impresa diversificandola su più attività (cui corrispondono altrettanti codici attività), abbia dichiarato di esercitare solo quella di commercio al dettaglio di elettrodomestici per la quale presenta il relativo studio di settore adeguandosi in dichiarazione ai ricavi stimati.
In tale situazione, laddove l’Ufficio abbia constatato l’esercizio dell’ulteriore attività svolta (ad esempio quella di elettricista) non dichiarata all’Amministrazione finanziaria (2), lo stesso potrebbe accertare i maggiori ricavi derivanti da tale attività senza tenere conto dell’adeguamento agli studi di settore indicato in dichiarazione, qualora ritenesse credibile, alla luce delle diverse informazioni ed elementi in disponibilità, che i ricavi dichiarati, comprensivi dell’adeguamento, siano afferenti esclusivamente alla sola attività commerciale.
Tale convincimento potrebbe essere, ad esempio, maturato sulla base del fatto che, nella dichiarazione del contribuente e del relativo modello studi di settore, risultano omessi i costi o le spese sostenute per l’attività di elettricista ovvero i beni strumentali o altre informazioni rilevanti ai fini della stima dei ricavi dell’impresa comprensivi anche di quelli dell’attività di elettricista.
Chiaramente tali considerazioni dovranno essere esplicitate puntualmente e dettagliatamente nella motivazione dell’atto di accertamento, anche al fine di evitare contestazioni in fase contenziosa; ad esempio, si dovrà far presente che si è tenuto conto dell’impegno lavorativo profuso per l’attività di commercio, nel caso in cui la ricostruzione di quella di elettricista tenga conto delle ore lavorate, e che l’adeguamento indicato in dichiarazione afferisce alla parte di attività di impresa relativa al commercio al dettaglio, per la quale resta confermato l’importo dei relativi ricavi dichiarati (quelli contabilizzati più quelli da adeguamento).
Le considerazioni in precedenza evidenziate per le imposte dirette possono essere richiamate ai fini dell’IVA. Anche in questo caso la maggiore IVA accertata sarà pari alla differenza tra l’imposta correlata ai maggiori corrispettivi individuati e l’IVA dichiarata per l’adeguamento alle risultanze degli studi di settore; chiaramente, quanto evidenziato in precedenza non tiene conto di specificità nell’applicazione dell’imposta.
8. COMUNICAZIONI CENTRALIZZATE
Analogamente a quanto effettuato negli ultimi anni, anche nel 2014 è proseguita l’attività di predisposizione di comunicazioni relative a particolari anomalie che potrebbero essere dovute alla omessa o non corretta indicazione di dati per l’applicazione degli studi di settore (indipendentemente dal risultato di “congruità”) ovvero, dal comportamento di soggetti che, seppur tenuti, non hanno presentato il relativo modello.
In via preliminare occorre tener presente che, al fine di conseguire gli obiettivi di razionalizzazione e contenimento della spesa per l’acquisto di beni e servizi, e di riduzione della spesa pubblica, l’articolo 8 del D.L. n. 95 del 2012 (convertito nella legge n. 135 del 2012) ha stabilito che debba essere adottata ogni iniziativa affinché “siano immediatamente razionalizzate e ridotte le comunicazioni cartacee verso gli utenti legate all’espletamento dell’attività istituzionale, con conseguente riduzione, entro l’anno 2013, delle relative spese per un importo pari almeno al 50 per cento delle spese sostenute nel 2011 …”.
Si ricorda che fino all’anno scorso, per le precedenti campagne informative, venivano utilizzate due modalità di comunicazione delle anomalie ai contribuenti interessati:
• attraverso l’invio di una raccomandata direttamente presso il domicilio del contribuente;
• attraverso l’invio telematico (ENTRATEL) delle comunicazioni veicolate tramite gli intermediari che avevano provveduto a trasmettere le loro dichiarazioni.
Al riguardo, anche al fine di tener conto di quanto previsto dal citato decreto legge n. 95, per la campagna informativa 2014 non si è più proceduto all’utilizzo della posta cartacea.
Si è previsto, invece, di espletare l’attività di comunicazione delle anomalie dei dati degli studi di settore utilizzando esclusivamente le possibilità offerte dalle funzionalità del “Cassetto fiscale”, (3) mediante la pubblicazione delle stesse nel citato applicativo.
Si evidenzia inoltre che, già in sede di predisposizione di UNICO 2013, è stata prevista la possibilità che il contribuente chieda all’Agenzia delle Entrate che le comunicazioni di anomalia nei dati degli studi di settore siano inviate all’intermediario che si è occupato di trasmettere il modello UNICO. Tale scelta è stata effettuata dal contribuente barrando la casella “Invio comunicazione anomalie dati studi di settore all’intermediario” inserita nel riquadro “FIRMA DELLA DICHIARAZIONE”.
L’intermediario, a sua volta, ha potuto accettare di ricevere la predetta comunicazione telematica barrando la casella “Ricezione comunicazione anomalie dati studi di settore” inserita nel riquadro “IMPEGNO ALLA PRESENTAZIONE TELEMATICA”.
Di conseguenza, per tutti i soggetti interessati dalle comunicazioni in argomento, che in dichiarazione hanno barrato l’apposita casella, la relativa comunicazione è stata anche inviata all’intermediario, a partire dal 4 giugno 2014, tramite il canale Entratel (4).
Ai soggetti abilitati ai servizi telematici che in sede di registrazione hanno optato per la ricezione di “Avvisi”, è stato visualizzato un avviso personalizzato nell’area autenticata e inviato un messaggio via e-mail o sms, (5) con il quale li si invita ad accedere al proprio cassetto fiscale, dove è stata pubblicata una comunicazione di anomalia, al fine di prenderne visione.
Resta inoltre confermato, come per gli anni passati, che il contribuente è interessato da una sola tipologia di comunicazione di anomalie.
In presenza di più situazioni anomale, il soggetto è stato selezionato in relazione a quella ritenuta, sulla base delle analisi effettuate centralmente, potenzialmente più critica.
Si evidenzia inoltre che i fac-simile delle comunicazioni sono pubblicati sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate, nella sezione relativa agli studi di settore.
Infine, si fa presente che i contribuenti interessati nel 2014 da una comunicazione di anomalia nei dati degli studi di settore relativa al triennio 2010-2012 sono risultati complessivamente pari a 163.943; per 23.569 di questi, la comunicazione è stata inviata anche agli intermediari.
Tanto premesso, si osserva che le anomalie oggetto di comunicazione, rilevate operando un mero riscontro “informatico” dei dati dichiarati ai fini dell’applicazione degli studi di settore per il triennio 2010, 2011, 2012, possono essere raggruppate nelle seguenti sei macrocategorie:
1. incoerenze relative alla gestione del magazzino;
2. mancata indicazione del valore dei beni strumentali;
3. incongruenze nei dati dichiarati nel modello studi di settore, ovvero tra questi e i dati dichiarati nel modello UNICO;
4. indicatore “incidenza dei costi residuali di gestione sui ricavi/compensi” superiore al doppio della soglia massima;
5. imprese che hanno indicato utili spettanti agli associati in partecipazione con apporto di solo lavoro e non hanno indicato il numero e/o la percentuale di lavoro prestato dagli associati;
6. imprese che hanno indicato spese per la locazione di immobili e hanno omesso di indicare le relative superfici delle unità locali utilizzate.
Si evidenzia che le comunicazioni relative alle macrotipologie di anomalia descritte ai precedenti punti 5 e 6 sono state elaborate per la prima volta quest’anno.
L’obiettivo delle comunicazioni, come per gli anni precedenti, resta l’invito a valutare attentamente la situazione evidenziata, in vista della presentazione del prossimo modello di dichiarazione, allo scopo di scoraggiare la reiterazione di eventuali comportamenti non corretti.
Al riguardo, si fa presente che nella comunicazione viene precisato che, qualora le anomalie evidenziate fossero riscontrate anche nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta 2013, la posizione del contribuente sarà inserita in apposite liste selettive utilizzate per i controlli fiscali.
Inoltre, si ritiene opportuno in questa sede richiamare i chiarimenti forniti con le circolari nn. 30/E del 2012 (paragrafo 8) e 23/E del 2013 (paragrafo 9) in relazione alla possibilità per il contribuente di sanare le eventuali violazioni agli obblighi dichiarativi in materia di studi di settore.
Si rappresenta, altresì, che è disponibile, nella sezione relativa agli studi di settore del sito internet dell’Agenzia delle Entrate, il software che consente ai contribuenti ed agli intermediari destinatari delle comunicazioni in argomento di:
• segnalare imprecisioni ed errori riscontrati nei dati riportati nella comunicazione di anomalia;
• indicare le motivazioni che hanno determinato l’anomalia riscontrata e quanto altro si ritiene rilevante rappresentare all’Amministrazione finanziaria.
Infine quest’anno, diversamente da quanto avvenuto per i pp.ii. 2010 e 2011, non sono stati predisposti gli specifici “inviti”, richiamati dal decreto legge n. 98 del 2011, a presentare il modello degli studi di settore nei riguardi dei contribuenti che, seppur teoricamente tenuti, non risultano aver adempiuto all’obbligo per il periodo d’imposta 2012: in merito si evidenzia che, al fine di incentivare i contribuenti ad assumere comportamenti dichiarativi corretti e, quindi, di incrementare la compliance, la fattispecie è stata direttamente gestita tramite la ricevuta di UNICO 2013, come modificata dal Provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate del 2 aprile 2013.
9. SEGNALAZIONE DELLE CAUSE DI NON CONGRUITÀ
Analogamente a quanto realizzato gli scorsi anni, anche per le dichiarazioni relative al periodo di imposta 2013 sarà reso disponibile, da parte dell’Agenzia, lo specifico software per la segnalazione di eventuali circostanze in grado di giustificare lo scostamento dalle risultanze degli studi di settore.
Tali informazioni potranno essere comunicate all’Amministrazione entro la fine del prossimo mese di dicembre, con un termine più ampio rispetto a quello ordinariamente previsto per la trasmissione telematica delle dichiarazioni.
La possibilità di rappresentare fatti e circostanze con la procedura informatica “Segnalazioni”, infatti, si aggiunge a quella prevista utilizzando il campo delle “Note aggiuntive” di GERICO.
Si fa osservare che con il software “Segnalazioni” i contribuenti, oltre che comunicare eventuali giustificazioni nel caso:
– non risultino congrui, anche a fronte di una “non normalità economica”;
– non risultino coerenti;
– non risultino normali, anche se congrui;
potranno evidenziare le ragioni che li hanno indotti a dichiarare una causa di esclusione o di inapplicabilità agli studi di settore.
10. APPLICAZIONE DEI PARAMETRI
Atteso il perdurare nel 2013 della congiuntura economica negativa, si richiamano in questa sede le indicazioni operative contenute, per le attività di controllo relative ai periodi di imposta 2008, 2009, 2010, 2011 e 2012, rispettivamente nelle circolari n. 29/E del 2009[1], n. 34/E del 2010[2], n. 30/E del 2011[3], n. 30/E del 2012[4] e n. 23/E del 2013[5].
In particolare, si fa presente che anche per il periodo di imposta 2013 la ricostruzione dei ricavi e compensi operata attraverso le risultanze dei parametri istituiti dalla legge n. 549 del 1995 potrebbe risultare meno sostenibile rispetto al passato.
Quindi, per il periodo di imposta in argomento, si conferma che le risultanze dei parametri saranno utilizzate prevalentemente in fase di selezione dei soggetti e che, per l’eventuale attività di accertamento, si avrà cura di verificare la sussistenza, oltre che della presenza di maggiori ricavi o compensi derivanti dall’applicazione dei parametri, anche di ulteriori elementi di ausilio alla determinazione della pretesa tributaria”.
(Omesso l’allegato).
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NOTE:
(1) Per lo studio VG72A la variabile è ripartita in Costi per benzina, gasolio, GPL e metano.
(2) Da verificare se la stessa è stata oggetto di comunicazione ai fini IVA (modelli AA7 e AA9). Al riguardo si ricorda che nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli studi di settore, è presente un apposito prospetto in cui indicare le ulteriori attività esercitate dal contribuente, oltre quella considerata prevalente. La compilazione di tale prospetto deve essere effettuata obbligatoriamente dai soggetti che esercitano due o più attività d’impresa, non rientranti nel medesimo studio di settore, qualora l’importo complessivo dei ricavi dichiarati relativi alle attività non rientranti tra quelle prese in considerazione dallo studio di settore relativo all’attività prevalente, supera il 30 per cento dell’ammontare totale dei ricavi dichiarati.
(3) Si evidenzia che il Cassetto fiscale, accessibile dall’area dedicata ai servizi online sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate, è già stato implementato anche con le comunicazioni inviate nel 2013 ai contribuenti e agli intermediari.
(4) L’intermediario viene informato mediante il seguente avviso: “Gentile intermediario, La informiamo che abbiamo predisposto un file in formato autenticato con le comunicazioni di anomalia nei dati degli studi di settore, per il triennio 2010-2012. Queste comunicazioni riguardano i contribuenti per i quali Lei ha inviato il modello UNICO 2013 e si è impegnato a ricevere eventuali segnalazioni. In particolare, i contribuenti hanno espresso questa scelta all’atto della firma della dichiarazione e Lei ha accettato con l’impegno alla presentazione telematica. Pur trattandosi di anomalie che necessitano ulteriori approfondimenti, invitiamo i contribuenti a valutare attentamente la situazione evidenziata, anche in vista della presentazione del prossimo modello di dichiarazione relativo al periodo d’imposta 2013. Per segnalare eventuali imprecisioni riscontrate nella comunicazione o per indicare le motivazioni dell’anomalia può utilizzare l’apposito software, pubblicato sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate”.
(5) Avviso mediante sms: “Gentile Contribuente, nel suo Cassetto Fiscale è pubblicata una comunicazione di anomalia negli studi di settore. La invitiamo a leggerla. Agenzia delle Entrate”.
Avviso attraverso l’invio di una e-mail: “Gentile Contribuente, abbiamo pubblicato una comunicazione di anomalia nei dati degli studi di settore nella sezione degli studi di settore del suo Cassetto Fiscale. La invitiamo a leggerla.
Le istruzioni per l’accesso al Cassetto Fiscale sono disponibili accedendo alla pagina del sito internet dell’Agenzia delle Entrate: Home – Servizi online – Servizi fiscali – Servizi fiscali con registrazione – Cassetto fiscale.
Per l’invio di eventuali risposte relative alla comunicazione di anomalia, potrà usare l’apposito software disponibile nella sezione relativa agli studi di settore del sito internet dell’Agenzia delle Entrate. Pertanto non invii messaggi a questa casella di posta elettronica. Cordiali saluti. Agenzia delle Entrate”.
[1] Circ. 18 giugno 2009, n. 29/E, in Boll. Trib., 2009, 952.
[2] Circ. 18 giugno 2010, n. 34/E, in Boll. Trib., 2010, 974.
[3] Circ. 28 giugno 2011, n. 30/E, in Boll. Trib., 2011, 1013.
[4] Circ. 11 luglio 2012, n. 30/E, in Boll. Trib., 2012, 1063.
[5] Circ. 15 luglio 2013, n. 23/E in Boll. Trib., 2013, 1099.
[1] In Boll. Trib., 2009, 952.
[2] In Boll. Trib., 2011, 1013.
[3] In Boll. Trib., 2012, 1063.
[4] In Boll. Trib., 2013, 1099.
[5] In Boll. Trib., 2002, 1075.
[1] Circ. 11 luglio 2012, n. 30/E, in Boll. Trib., 2012, 1063.
[2] Circ. 15 luglio 2013, n. 23/E, in Boll. Trib., 2013, 1099.
[3] Circ. 11 luglio 2012, n. 30/E, in Boll. Trib., 2012, 1063.
[1] Circ. 11 luglio 2012, n. 30/E, in Boll. Trib., 2012, 1063.
[1] In Boll. Trib., 1999, 884.
[2] Circ. 15 luglio 2013, n. 23/E, in Boll. Trib., 2013, 1099.