ICI – Esenzioni – Aree portuali oggetto di concessioni demaniali – Fabbricato destinato a deposito di cellulosa per fini strettamente connessi con la gestione dello scalo marittimo, ubicato in un’area oggetto di concessione e privo di autonomia funzionale e reddituale – Classamento catastale in categoria E/1 – Spetta – Esenzione dal tributo – Consegue.
ICI – Esenzioni – individuazione degli immobili classificabili nella categoria catastale E/1 riferita a stazioni per servizi di trasporto, terrestri, marittimi ed aerei.
I fabbricati e le aree in ambito demaniale marittimo, assentite in concessione, sono esenti da ICI se in essi si svolgono attività ed operazioni strettamente connesse e collegate al trasporto marittimo ed alle attività portuali, di talché sono certamente esenti le aree adibite alla movimentazione delle merci, le banchine, i moli, le aree di rispetto o adibite alla sosta dei veicoli di trasporto assertivi al terminale, i magazzini e le aree per il deposito temporaneo delle merci, che non abbiano alcuna autonomia funzionale o reddituale.
Gli immobili che possono essere ricompresi nell’ambito della categoria E/1 che fa riferimento a «stazioni per servizi di trasporto, terrestri, marittimi ed aerei», dove si svolgono le attività da considerarsi strettamente connesse con tali operazioni sono, oltre ai fabbricati o locali utilizzati dai viaggiatori e dal personale adibito al servizio di trasporto, come le biglietterie, le sale d’attesa, le sale di controllo del traffico, i servizi igienici, le aree occupate dai binari, da piste aeroportuali o moli marittimi o dalle banchine destinate al servizio pubblico, ivi comprese quelle adibite alla movimentazione delle merci, i locali pronto soccorso, i depositi bagagli, nonché quelli destinati ai servizi di sicurezza, i magazzini e le aree per il deposito delle merci, le aree o le officine destinate alla manutenzione dei mezzi di trasporto, le torri di controllo, gli impianti di vario genere e ogni altro spazio o locale indispensabile all’esercizio del pubblico trasporto privo di autonomia funzionale o reddituale.
[Commissione trib. provinciale di Savona, sez. VI (Pres. Zerilli, rel. Locci), 15 marzo 2012, sent. n. 19]
PREMESSE DI FATTO – 1. La … opera in regime di concessione demaniale marittima e, per quanto riguarda l’attività di gestione, di licenza d’impresa da parte dell’Autorità Portuale di Savona-Vado, nell’osservanza della normativa vigente presso la Darsena Alti Fondali del Porto di Savona, dove cura operazioni di handling dei traffici di prodotti forestali, rinfuse complessive di circa 400 metri, con 15 metri di pescaggio utile, 6 magazzini coperti per 34.000 metri quadrati in vari regimi doganali (di cui 10.000 metri quadrati per il caolino e le rinfuse bianche), piazzali per 25.000 metri quadrati, due raccordi ferroviari.
L’immobile oggetto di accertamento è un capannone (realizzato negli anni ‘90) utilizzato al fine del ricovero e custodia temporanei di cellulosa, da imbarcare e sbarcare sia su nave, sia su treno sia su automezzo.
L’accatastamento di tale struttura, proprio in quanto collocata in area demaniale ed all’evidenza priva di autonomia funzionale rispetto alle attività portuali, era stato – previa approvazione da parte dell’Autorità Portuale di Savona e dell’Agenzia del Demanio – proposto in categoria catastale E/1 mediante procedura DOCFA presentata in data 23.7.2010 e variazione presentata in data 17.9.2010.
2. In data 16.9.2011, la società ricorrente riceveva da parte dell’Agenzia del Territorio – Ufficio Provinciale di Savona un avviso di accertamento con il quale il predetto Ufficio comunicava di avere effettuato, senza sopralluogo, un accertamento del reddito dell’immobile descritto. Per effetto di tale rilevazione, veniva deliberata la variazione di classamento della categoria E/1 alla categoria D8, non ritenendosi congrua la precedente collocazione e la connessa rendita catastale.
3. L’accertamento de quo è errato, e deve dunque essere riformato, sia per quanto riguarda la categoria di classamento applicata dall’Agenzia del Territorio sia per quanto attiene alla rendita catastale da quest’ultima individuata sulla base di criteri unicamente presuntivi e senza che si sia provveduto ad alcun sopralluogo.
Sia la normativa che la giurisprudenza in materia e persino l’interpretazione delle norme da parte della stessa Agenzia del territorio sono chiare nel senso che l’area demaniale facente parte di un compendio destinato al traffico marittimo o ad operazioni strettamente necessarie alle attività portuali ed i fabbricati che insistono su tale area rientrano nella categoria catastale E/1 e sono pertanto esenti dall’ICI in quanto privi di autonomia funzionale e reddituale.
[-protetto-]
RICORSO – SULL’ERRONEO CLASSAMENTO IN CAT. D/8
l’immobile oggetto dell’accertamento che qui si impugna è un fabbricato destinato a deposito cellulosa ubicato in area oggetto di concessione a favore della società ricorrente; l’utilizzo di tale struttura avviene a fini strettamente connessi con le attività di carico/scarico merci e, in generale, di gestione dello scalo marittimo.
L’atto di accertamento impugnato invece, assegna all’immobile in questione un classamento di categoria D8 (“Fabbricati costruiti o adattati per le speciali esigenze di un’attività commerciale e non suscettibili di destinazione diversa senza radicali trasformazioni”) con conseguente modifica del valore catastale.
Orbene, è invece evidente che la suddetta unità immobiliare è da considerarsi priva di autonomia funzionale e reddituale, e pertanto da inquadrarsi nelle categorie catastali da E/1 a E/9 esenti da ICI.
La normativa in materia è chiara e inequivoca nell’individuare, per l’appunto, nell’assenza di autonomia funzionale e reddituale il requisito per l’inserimento in categoria di classamento E.
Al riguardo, il riferimento normativo di base trovasi nell’art. 2 comma 1 del decreto del Ministro delle Finanze 2 gennaio 1998, n. 28 (“Regolamento recante norme in tema di costituzione del catasto dei fabbricati e modalità di produzione ed adeguamento della nuova cartografia catastale”) laddove si prevede che “l’unità immobiliare è costituita da una porzione di fabbricato che presenta potenzialità di autonomia funzionale e reddituale”.
Il D.Lgs.vo n. 540/92, istitutivo dell’ICI, nella tabella delle categorie catastali, al gruppo E indica “gli immobili a destinazione particolare” e alla voce E/1 indica “stazioni per servizi di trasporto, terrestri, marittimi ed aerei”, mentre all’art. 7, comma 1, lett. b) prevede espressamente che “Sono esenti dall’imposta: i fabbricati classificati o classificabili nelle categorie catastali da E/1 a E/9”. L’art. 2, comma 40 del d.lgs. 3 ottobre 2006, n. 262 prevede che “nelle unità immobiliari censite nelle categorie catastali E1, E2, E3, E4, E5, E6, E9, non possono essere ricompresi immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale, ad ufficio privato ovvero ad usi diversi, qualora gli stessi presentino autonomia funzionale e reddituale”.
A ulteriore conferma possono richiamarsi la circolare dell’Agenzia del Territorio n. 4 del 13 aprile 2007 ed il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia del Territorio del 2.1.2007, i quali confermano e integrano il succitato dettato normativo, introducendo il concetto di unità immobiliari di tipo complesso e qualificando come tali quei compendi immobiliari scindibili in più elementi dotati di “potenzialità di autonomia funzionale e reddituale”. Nel caso in cui non si riscontrasse tale autonomia, precisa il Provvedimento che l’unità originaria non può essere scissa in più unità autonome, ma deve essere censita nella categoria catastale più pertinente in relazione alla destinazione d’uso prevalente.
In particolare, nella citata Risoluzione il Direttore delle Finanze, Ministero dell’Economia e delle Finanze, Dipartimento delle Finanze, chiariva che: “… in ordine al concetto di “area demaniale” … essa è esente ICI (omissis) qualora faccia parte di un compendio destinato al traffico marittimo e/o ad operazioni strettamente necessarie alle attività portuali e, come tale, vada incorporata in una unità immobiliare urbana censita al catasto Edilizio Urbano nella categoria E/I”.
Si afferma dunque espressamente che i fabbricati e le aree in ambito demaniale marittimo, assentite in concessione, sono esenti da ICI se in essi si svolgono attività ed operazioni strettamente connesse e collegate al trasporto marittimo ed alle attività portuali; alla stregua di tale principio, sono quindi certamente esenti, ad esempio, le aree adibite alla movimentazione delle merci, le banchine, i moli, le aree di rispetto o adibite alla sosta dei veicoli di trasporto assertivi al terminale, i magazzini e le aree per il deposito temporaneo delle merci.
Quando invece all’interno dell’area demaniale vengano realizzate opere che presentano potenzialità di autonomia funzionale e reddituale, allora queste aree demaniali, o porzione di essa, per quella parte che, per legge (art. 2, commi da 40 a 44, L. n. 286/2006), assume caratteristiche tali da renderla un’autonoma unità immobiliare perché le attività che ivi vengono svolte non risultano strettamente connesse con il traffico marittimo o l’attività portuale, dovranno essere dichiarate in catasto, per rappresentare le variazioni intervenute da (E/I ad altra categoria catastale) e, quindi, affinché sia revisionata la loro qualificazione e la loro rendita, e siano assoggettate ad ICI.
Invece, l’immobile in questione non presenta alcuna delle predette caratteristiche di “autonomia funzionale e reddituale” essendo, per l’appunto e come già rilevato, destinato ad attività strettamente collaterali a quelle portuali (deposito rinfuse).
Le sopra riportate conclusioni sono fatte proprie anche nelle osservazioni formulate dal Direttore Generale del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti nella nota del 14 gennaio 2010 ove, tra l’altro, si afferma che “lo stato delle aree portuali può ritenersi infatti come valido motivo atto a declassare le aree portuali in concessione ed a ricondurle nella fattispecie di esenzione dell’imposta comunale”.
Alla luce della normativa appena richiamata, può dunque affermarsi che ogni elemento immobiliare che non presenti caratteri di autonomia dal punto di vista funzionale e reddituale debba essere incluso nel compendio immobiliare principale, di cui assume la destinazione d’uso. Come nella fattispecie che ci occupa, non si vede come una struttura adibita a deposito rinfuse possa possedere le descritte caratteristiche di autonomia per essere scissa dagli immobili principali destinati alle attività portuali, essendo invece di immediata evidenza che la stessa è configurabile come strettamente servente a tutte le operazioni svolte nelle aree demaniali in oggetto.
Non è realisticamente sostenibile che immobili – quale quelli di cui si discute – strettamente finalizzati ad un utilizzo di carattere portuale siano assoggettati ad una disciplina catastale diversa dalle aree demaniali-portuali.
Si tratta, pertanto, nell’ambito dei manufatti portuali, di infrastrutture destinate in via necessaria allo svolgimento dell’attività di trasporto di merci e passeggeri via mare, non essendo possibile procedere altrimenti (anche in relazione alle disposizioni di legge per il trasporto e il carico e scarico delle varie tipologie merci), per poter adempiere allo svolgimento del servizio “pubblico” anche se svolto da un concessionario privato, del trasporto di merci o persone.
SULL’ERRONEA QUANTIFICAZIONE DELLA RENDITA CATASTALE
Anche nel merito della quantificazione della rendita catastale, passata da Euro 12.682,00 a Euro 23.183,55, l’accertamento qui opposto risulta gravemente carente e deve pertanto essere annullato/riformato.
In primo luogo, occorre rilevare che l’accertamento operato dall’Ufficio Provinciale scaturisce – come espressamente affermato in tale atto – da una verifica senza sopralluogo: la relativa valutazione, pertanto, si basa in via esclusiva su considerazioni di ordine estimativo e presuntivo, e dunque su stime soggettive effettuate unilateralmente dall’Agenzia.
Inoltre, si evidenzia l’illegittimità della maggiorazione del 30% applicata dall’Agenzia del Territorio proprio in virtù del classamento in questa sede contestato, non essendo tale maggiorazione contemplata per la categoria di classamento E.
Da ultimo, non è stata in alcun modo considerata la vetustà della struttura (che risale agli anni ‘90) né il suo stato di conservazione.
Si rinvia alle considerazioni al riguardo esposte nelle relazioni redatte dal Geom. M.N. in data 29.9.2011 di cui alla prod. n. 4, da aversi quale parte integrante del presente ricorso.
Alla luce di quanto esposto, appare evidente che il qui impugnato accertamento dall’Agenzia del Territorio di Savona non è supportato da adeguati elementi di fatto ed è altresì carente di qualsivoglia fondamento giuridico, essendo anzi le erronee determinazioni dell’Agenzia esplicitamente smentite dalle norme e circolari sopra citate.
CONTRODEDUZIONI
Parte ricorrente lamenta l’erroneo classamento in categoria D/8, conseguenza a suo dire, della violazione e falsa applicazione di alcune norme catastali, che richiama, e di alcuni correlati documenti di prassi e conclude invece per il classamento in categoria E/1, che, come noto, è categoria esente.
Eccepisce anche l’applicazione della maggiorazione c.d. tabella E e la mancata applicazione di una riduzione per vetustà.
Chiede in conclusione l’annullamento dell’avviso di accertamento. Il ricorso è infondato.
L’unità immobiliare de quo [de qua, n.d.r.] non è una stazione per il servizio di trasporto pubblico e il regime di esenzione proprio della categoria E/1 deve essere circoscritto ai casi specificamente individuati dalla legge, stante il carattere di eccezionalità di ogni esenzione tributaria.
Analizziamo gli aspetti della vicenda.
Punto di partenza è il D.M. 2 gennaio 1998, n. 28 che definisce l’unità immobiliare urbana: “1. L’unità immobiliare è costituita da una porzione di fabbricato, o da un fabbricato, o da un insieme di fabbricati ovvero da un’area, che, nello stato in cui si trova e secondo l’uso locale, presenta potenzialità di autonomia funzionale e reddituale”.
Parte ricorrente non s’avvede che l’autonomia funzionale e reddituale è stata dichiarata dall’intestatario catastale obbligato con il docfa del 23/7/2010, individuando un cespite indipendente stabilendo il minimo perimetro immobiliare dotato di potenzialità funzionale e reddituale.
Dentro questo minimo perimetro immobiliare non è compreso un manufatto di caratteristiche singolari, come è la stazione di trasporto.
L’Agenzia del Territorio, sul punto, si è conformataalla dichiarazione del contribuente, accettando gli atti grafici e le grandezze planivolumetriche rappresentate.
Le unità immobiliari particolari (categoria E) sono definite dall’art. 8, comma 2 del DPR 1 dicembre 1949, n. 1142:
“Parimenti non si classificano le unità immobiliari che, per la singolarità delle loro caratteristiche, non siano raggruppabili in classi, quali stazioni per servizi di trasporto terrestri e di navigazione interna, marittimi ed arei, fortificazioni, fari, fabbricati destinati all’esercizio pubblicato del culto, costruzioni mortuarie, e simili”.
La categoria catastale E raggruppa quindi unità immobiliari che presentano destinazioni e caratteristiche tipologiche, costruttive e dimensionali definite “singolari”.
In particolare, la categoria E/1 è definita: “Stazioni per i servizi di trasporto, terrestri, marittimi ed aerei” (Istruzione II – Direzione Generale del Catasto e dei Servizi Tecnici Erariali del 24 maggio 1942).
I manufatti de quibus non hanno le caratteristiche tipologiche, costruttive e dimensionali singolari previste dalla norma richiamata, né la destinazione di una stazione per il servizio pubblico di trasporto; sono stati dichiarati autonomamente, come detto, e l’unica destinazione rilevabile è quella commerciale, corrispondente alla categoria catastale D/8.
A ben guardare controparte:
non afferma che l’unità immobiliare è una stazione di trasporto pubblico, ma collega la destinazione indirettamente ad un compendio principale;
non individua l’unità immobiliare che costituirebbe il compendio principale e che stabilirebbe la destinazione delle unità immobiliari collegate.
Evidenziamo che detta disposizione non ha effetti estensivi sul riconoscimento della categoria catastale “E”. Anzi è proprio il contrario, come detto dalla Suprema Corte che già si è pronunciata sulla portata della norma con estrema chiarezza: “Anche l’approvazione dell’art. 2, comma 40, D.L. n. 262 del 2006, invocato dalle ricorrenti in chiave interpretativa, per ribadire che andrebbero sempre classificate nel gruppo E gli immobili caratterizzati da strumentalità rispetto a finalità collettive, non porta ‘acqua’ alla tesi del diritto all’esenzione. Sia perché la norma è formulata in negativo (nel senso che indica gli immobili che non vanno classificati nel gruppo E) e quindi non riguarda la estensione del raggruppamento esente da imposta, bensì la sua delimitazione; sia perché resta ferma la regola che i casi di esenzione da imposta, avendo carattere eccezionale, non possono trovare applicazione oltre le fattispecie espressamente indicate e descritte dal legislatore.” (Cass. 23608/2008(1); 11105/2008(2)).
Il collocamento in area portuale e la concessione di area demaniale a favore della società ricorrente non provano la destinazione a stazione di trasporto pubblico. La Suprema Corte si è pronunciata anche su quest’ultimo aspetto: “In particolare, su quello concernente l’obbligo di motivare le decisioni e su quello secondo cui, alla stregua del disposto di cui all’art. 61 D.P.R. 1142/49, per il classamento ogni unità immobiliare va valutata singolarmente; ritenendo, di conseguenza, che in mancanza, come nella specie, di una utilizzazione e gestione unitaria, tutti i manufatti non adibiti a funzioni tipiche di una stazione portuale, ma destinate ad ordinare utilizzazioni, non potevano essere collocati, come invece preteso dalla ricorrente, nella categoria E, solo perché ubicati nella zona portuale.” (Cass. 15863/2005(3)).
Parte ricorrente contesta anche la mancata verifica in sopralluogo, ma l’art. 1, comma 2 del D.M. 701/1994 non prevede l’obbligo.
La maggiorazione del 30% della tabella E è prevista per la categoria D/8 e quindi correttamente applicata dall’Ufficio, tra l’altro in misura media, che tiene conto dell’attività economica esercitata, dell’ubicazione e della dotazione di infrastrutture del luogo.
Quanto alla vetustà, facciamo rilevare che per indicazione di legge il riferimento temporale della valutazione catastale e dei prezzi medi applicati è il biennio 1988-1989. Soltanto immobili edificati anteriormente a questo periodo possono beneficiare di una riduzione per vetustà e ciò non è rilevabile per il caso specifico.
MOTIVAZIONI–Il D.Lgs.vo n. 504/92, istitutivo dell’ICI, nella tabella delle categorie catastali, al gruppo E indica “gli immobili a destinazione particolare” e alla voce E/1 indica “stazioni per servizi di trasporto, terrestri, marittimi ed arei”, mentre all’art. 7, comma 1, lett. b), prevede espressamente che “Sono esenti dall’imposta: i fabbricati classificati o classificabili nelle categorie catastali da E/1 a E/9”. Inoltre l’art. 2, comma 40, del d.lgs. 3 ottobre 2006, n. 262 prevede che “nelle unità immobiliari censite nelle categorie catastali E1, E2, E3, E4, E5, E6, E9, non possono essere ricompresi immobili o porzioni di immobili destinati ad uso commerciale, industriale, ad ufficio privato ovvero ad usi diversi, qualora gli stessi presentino autonomia funzionale e reddituale”.
Ma l’immobile oggetto dell’accertamento impugnato è un fabbricato destinato a deposito cellulosa ubicato in area oggetto di concessione a favore della società ricorrente. Quindi l’attività svolta è, senza ombra di dubbio, legata all’attività portuale per la gestione dello scalo marittimo e quindi pienamente rientrante nella previsione del decreto sopra citato. Infatti non si vede come una struttura adibita a deposito rinfuse possa possedere le caratteristiche di autonomia funzionale e reddituale – come richiede la norma – per essere scissa dagli immobili principali destinati alle attività portuali, essendo invece evidente che essa è configurabile come direttamente connessa a tutte le operazioni svolte nelle aree demaniali in oggetto. Non si può affermare che l’immobile de quo, strettamente finalizzato ad un utilizzo di carattere portuale, sia riconducibile ad un inquadramento catastale diverso dalle aree demaniali-portuali.
Il presupposto dal quale si muove l’ufficio è che quando all’interno dell’area demaniale vengano realizzate opere che presentano potenzialità di autonomia funzionale e reddituale, allora queste aree demaniali, o porzione di esse, per quella parte che, per legge, assume caratteristiche tali da renderla un’autonoma unità immobiliare, dovranno essere dichiarate in catasto, per rappresentare le variazioni intervenute (da E/1 ad altra categoria catastale).
Questa corretta citazione normativa non riguarda però, per quanto già detto, il caso in esame in quanto l’immobile in questione non presenta caratteristiche di “autonomia funzionale e reddituale” essendo destinato ad attività strettamente collaterali a quelle portuali.
L’ufficio non è riuscito a contestare questo tipo di utilizzo ma insiste in questioni di carattere generale che non si addicono al caso in esame come per esempio, una per tutte, la citazione della sentenza n. 15863/2005 della Suprema Corte che sancisce il principio che tutti i manufatti non adibiti a funzioni tipiche di una stazione portuale, ma destinati ad ordinarie utilizzazioni, non potevano essere collocati nella categoria.
A conferma della pretestuosità della valutazione dell’ufficio, si richiama il provvedimento del Direttore dell’Agenzia del Territorio del 2 gennaio 2007 che, per completezza, si richiama in toto: «… sugli immobili che possono essere ricompresi nell’ambito della categoria E1 che fa riferimento a “stazioni per servizi di trasporto, terrestri, marittimi e aerei”, indica le attività da considerarsi strettamente connesse con tali operazioni che sono, oltre ai fabbricati o locali utilizzati dai viaggiatori e dal personale adibito al servizio di trasporto, come le biglietterie, le sale d’attesa, le sale di controllo del traffico, i servizi igienici, le aree occupate dai binari, da piste aeroportuali o moli marittimi o dalle banchine destinate al servizio pubblico, ivi comprese quelle adibite alla movimentazione delle merci, i locali pronto soccorso, i depositi bagagli, nonché quelli destinati ai servizi di sicurezza – i magazzini e le aree per il deposito delle merci, le aree o le officine destinate alla manutenzione dei mezzi di trasporto, le torri di controllo, gli impianti di vario genere e ogni altro spazio o locale indispensabile all’esercizio del pubblico trasporto».
Ne discende che il fabbricato, come già visto destinato al ricovero e custodia temporanea di cellulosa da imbarcare e sbarcare sia su nave, sia su treno sia su automezzo, sia pienamente riconducibile nella casistica sopra citata e pertanto non abbia alcuna autonomia funzionale e reddituale.
Sulla quantificazione della rendita catastale, in virtù del classamento come sopra valutato, si ritiene illegittima la maggiorazione del 30% applicata dall’Agenzia non essendo tale maggiorazione prevista per la categoria di classamento E.
Anche la replica dell’Agenzia sulla doglianza di parte sulla vetustà della struttura non pare meritevole di accoglimento.
In considerazione della complessità della fattispecie esaminata si ritiene equo compensare le spese.
P.Q.M. –Accoglie il ricorso e compensa le spese.
(1) Cass. 15 settembre 2008, n. 23608, in Boll. Trib. On-line.
(2) Cass. 7 maggio 2008, n. 11105, in Boll. Trib. On-line.
(3) Cass. 28 luglio 2005, n. 15863, in Boll. Trib. On-line.
I beni immobili in concessione demaniale marittima destinati a deposito temporaneo sprovvisti di un’autonomia funzionale e reddituale rientrano nella categoria catastale E/1 e sono esenti da ICI e da IMU
1. Premessa
L’oggetto del contendere esaminato dall’annotata sentenza riguardava l’impugnazione di un avviso di accertamento emesso dall’Agenzia del territorio, con il quale l’Ufficio aveva provveduto a variare il classamento di un capannone marittimo indicato attraverso la procedura DOFCA.
In particolare, oggetto dell’accatastamento, per il quale era stata attribuita la categoria catastale E/1, era un fabbricato destinato al deposito di cellulosa posto all’interno del perimetro portuale in forza di concessione demaniale a favore della società ricorrente.
L’Ufficio, contrariamente a quanto proposto dalla società, riteneva che il detto bene immobile, per il quale era stato presentato l’accatastamento, dovesse essere inquadrato tra i beni rientranti nella categoria catastale D/8 e che quindi non potesse considerarsi esente da ICI.
2. La particola fattispecie oggetto di giudizio
La particolarità dell’oggetto del contendere risiede principalmente sulla natura e sulle caratteristiche dei beni utilizzati dagli operatori portuali, dove l’attività viene espletata in regime di concessione demaniale marittima.
Al riguardo le concessioni rilasciate dalle competenti Autorità portuali possono riguardare diversi beni, tra i quali possono annoverarsi non solo i fabbricati ma anche le banchine e i piazzali, ovvero aree scoperte non utilizzabili a scopo edificatorio.
L’attività delle imprese operanti all’interno dei confini dell’Autorità portuale su beni di quest’ultima dati in concessione è un attività esclusivamente e tecnicamente finalizzata alla circolazione delle merci, al loro stoccaggio e a tutte le attività connesse e, nei porti italiani, tale attività ha finalità pubblica, tanto da essere regolamentata da una specifica normativa (1).
Sinteticamente la finalità della normativa agevolativa è quella di favorire e sviluppare i collegamenti e i trasporti per mare di merci e persone, garantendo – per espresso input europeo – la libera concorrenza di mercato.
Nella quasi totalità dei casi l’utilizzo delle aree (ma anche di ogni altro bene assentito) deve avvenire secondo destinazione ed è gravato da particolari oneri e vincoli e i relativi beni sono destinati a una particolare e stabile finalità.
Ulteriormente assume particolare rilevanza il fatto che i beni che si pretende appartenere all’una o all’altra categoria catastale sono, nella maggior parte dei casi, beni accatastati non in via autonoma, ma inseriti nel “modulo base” rappresentato dal perimetro portuale che, nel caso di specie, è (per legge) il «minimo perimetro immobiliare funzionalmente e redditualmente autonomo».
In pratica le aree o i beni che potrebbero essere oggetto di accertamento, risultano, a tutti gli effetti, beni demaniali, sia per la loro destinazione espressamente indicata dal legislatore e, quanto alla loro designazione concreta, dalla concedente Autorità portuale, sia – come conseguenza – per l’uso disciplinato dal rapporto concessorio che, per inciso, ha natura obbligatoria e vincolante.
Peraltro sarà bene rammentare che in tema di beni pubblici il connotato della demanialità esprime una duplice appartenenza, alla collettività e al suo ente esponenziale, dovendosi intendere la titolarità in senso stretto come appartenenza di servizio, nel senso che l’ente esponenziale può e deve assicurare il mantenimento delle specifiche rilevanti caratteristiche del bene e la sua concreta possibilità di fruizione.
Ne consegue che la titolarità dei beni demandati allo Stato o ad altri enti territoriali non è fine a se stessa e rileva non solo sul piano della proprietà ma comporta per l’ente titolare anche la sussistenza di oneri di governance finalizzati a rendere effettive le varie forme di godimento e di uso pubblico del bene (2).
3. L’interpretazione fornita dai giudici
I giudici della Commissione tributaria di Savona, nell’esaminare la questione controversa, hanno posto l’attenzione sulla natura del bene oggetto di verifica, mettendo altresì in evidenza come l’accertamento non possa prescindere dal titolo giuridico in forza del quale l’impresa portuale opera all’interno del perimetro demaniale.
È naturale, quindi, che l’attività svolta dalla società ricorrente è necessariamente accompagnata al diritto di disporre in modo sostanzialmente non esclusivo di spazi e aree portuali.
Nello specifico i beni immobili per i quali l’Ufficio ha provveduto a rettificare il classamento proposto dalla società contribuente erano beni in concessione utilizzati per le attività svolte dall’impresa portuale.
Partendo da tali elementi, i giudici non condividendo l’assunto dell’Ufficio – che si basa sostanzialmente sull’autonomia funzionale e reddituale dei beni, ancorché destinati alle attività svolte all’interno dei porti – hanno ritenuto che, nel caso specifico, il bene in questione non potesse avere quell’autonomia funzionale e reddituale richiesta dalla norma per l’assoggettamento ad imposta, in quanto «destinato ad attività strettamente collaterali a quelle portuali».
Per avvalorare le conclusioni raggiunte, i giudici liguri, tra l’altro, hanno fatto riferimento al provvedimento del Direttore dell’Agenzia del territorio del 2 gennaio 2007 (3), il quale, nell’elencare gli immobili da ricomprendere nella categoria catatale E/1, ha annoverato anche tutti i beni e le aree che sono indispensabili all’esercizio dell’attività portuale.
Peraltro i principi affermati nella richiamata prassi risultano perfettamente in linea con le interpretazioni fornite della stessa Agenzia del territorio che, nei vari documenti emanati, ha avuto modo di precisare che rientrano – con specifico riferimento alle «stazioni per servizi di trasporto, terrestri, marittimi ed aerei» – nella categoria E/1«le aree occupate dai binari (ovvero da piste aeroportuali o moli marittimi) e dalle banchine destinate al servizio pubblico, ivi comprese quelle adibite alla movimentazione delle merci, i parcheggi siti all’interno del perimetro della stazione fruibili dal personale dipendente, le aree di rispetto o adibite alla sosta dei veicoli di trasporto asserviti alla stazione, i locali utilizzati per il pronto soccorso, quelli adibiti a deposito bagagli, nonché i locali, di limitata consistenza, destinati ai servizi d’ordine e sicurezza, allorché collocati nei fabbricati ospitanti la stazione» (4).
Da quanto sin qui esposto è evidente che i beni di cui si discute e per i quali l’Ufficio ha previsto un diverso classamento rappresentano, per loro intrinseca caratteristica, aree che possiedono incontrovertibilmente tutte le connotazioni tecniche per essere inquadrate all’interno della classificazione (E/1) originariamente proposta dalla società ricorrente (5).
4. I riflessi del classamento ai fini ICI e IMU
L’applicazione dei principi espressi nell’annotata sentenza è particolarmente interessante poiché dall’esatto classamento catastale discendono rilevanti e inevitabili conseguenze ai fini dell’applicazione dell’ICI e dell’IMU.
Al riguardo l’art. 7, primo comma, lett. a), del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, stabilisce tutta una serie di soggetti esentati dall’ICI per gli immobili da essi posseduti.
La lett. b) dell’art. 7 del succitato decreto prevede una serie di esenzioni – esenzioniconfermate anche in seguito dall’istituzione dell’IMU – che sono in funzione della specificità di determinati beni, classificati o classificabili nelle categorie catastali da E/1 a E/9 (6).
Fra questi rientrano – in categoria E/1 – proprio le «stazioni per servizi di trasporto, terrestri, marittimi, ed aerei».
In base alle disposizioni vigenti e, viste le precisazioni fornite dal Ministero (7) e i chiarimenti emanati dall’Agenzia del territorio (8), l’esenzione dall’ICI e dall’IMU dovrebbe riguardare tutte le aree e strutture, da censire nella categoria E/1, funzionalmente legate alle esigenze delle operazioni e servizi portuali.
è utile ribadire che l’esenzione prevista dall’art. 7, primo comma, lett. b), del D.Lgs. n. 504/1992, per gli immobili a destinazione speciale ha carattere oggettivo, nel senso che è stabilita in considerazione della funzione dei beni per la specificità dell’attività svolta e non per la qualità del soggetto che, in base alla concessione, utilizza gli immobili o le aree.
Relativamente alle aree cosiddette scoperte – che nel caso specifico non dovrebbero essere classificabili come aree fabbricabili ai sensi dell’art. 2, primo comma, lett. b), del D.Lgs. n. 504/1992 – dev’essere osservato che banchine, piazzali, aree di disimpegno e/o destinate alla viabilità, non hanno alcuna autonomia funzionale e reddituale.
In effetti un terminal non è un semplice spazio dove si provvede a imbarcare o sbarcare la merce o i passeggeri, ma comprende tutte le strutture, coperte o scoperte – funzionali all’organizzazione logistica – indispensabili per il concreto espletamento di tutte le operazioni portuali.
5. Conclusioni
Per concludere è utile chiarire che l’esatta classificazione catastale non ha, di per sé, riflessi fiscali diretti, non essendo un atto costitutivo di alcun debito d’imposta.
Tuttavia l’esatto inquadramento catastale risulta determinante quando l’esenzione, come nel caso specifico, sia strettamente correlata e subordinata all’esatta classificazione catastale del bene.
Con queste premesse, ben si comprende il dilemma interpretativo che si viene a creare per quei beni immobili utilizzati in forza delle concessioni demaniali marittime, dove la linea di demarcazione tra l’autonomia funzionale e reddituale non è tanto da ricercarsi nel bene considerato di per sé ma nella funzione servente e nella correlazione che si viene a creare tra il bene e le peculiarità dell’attività portuale. È evidente, quindi, che il dubbio interpretativo debba essere risolto in virtù dell’esatta identificazione dell’uso particolare attribuito al bene mediante l’atto di concessione, che, nel caso che occupa, è rivolto esclusivamente allo svolgimento delle funzioni marittime e portuali, e ciò al fine di salvaguardare l’interesse del porto e di tutti i correlati servizi portuali.
Va da sé che, nonostante la classificazione catastale non determini la nascita dell’obbligazione tributaria, per valutare l’esenzione dall’ICI e dall’IMU (9) dei beni in oggetto – siccome subordinata al tipo di categoria catastale – si debba tener conto delle disposizioni afferenti le modalità di individuazione e classamento dei beni censibili nelle categorie speciali.
Simmetricamente, un eventuale sovvertimento di tale criterio determinerebbe l’applicabilità del tributo locale su di un bene che, per espressa previsione della normativa stessa, ne risulterebbe invece esentato.
Dott. Andrea Taglioni
(1) Legge 28 gennaio 1994, n. 84.
(2) Cass., sez. un., 14 febbraio 2011, n. 3665, in Giust. civ., 2011, I, 595.
(3) In Boll. Trib. On-line.
(4) Circ. 14 aprile 2007, n. 4/T, in Boll. Trib., 2007, 712, e circ. 16 maggio 2006, n. 4/T, ivi, 2006, 852.
(5) Ris. 10 agosto 2009, n. 3/DPF, in Boll. Trib. On-line.
(6) Sulla conferma dell’impianto normativo ICI a seguito dell’introduzione dell’IMU, circa le ipotesi di esenzioni, cfr. E. Righi, Sulle esenzioni dall’IMU, in Boll. Trib., 2012, 653.
(7) Cfr. nota 4.
(8) Cfr. nota 3.
(9) L’esenzione dall’IMU dei fabbricati classificati o classificabili nelle categorie catastali da E/1 a E/9 è stata tra l’altro confermata dalla circ. 18 maggio 2012, n. 3/DF, in Boll. Trib. On-line.