Tra le sentenze meno convincenti dell’intero panorama giurisprudenziale questa occupa un posto di rilievo. È vero che si tratta di un principio espresso (anche) dalla Corte di Cassazione; ma questo non ne elide il discutibile itinerario argomentativo.
Nella vicenda sub iudice succede che un contribuente, persona fisica, affida a un commercialista l’incarico di inviare all’Agenzia delle entrate, in via telematica, la dichiarazione dei redditi. Il contribuente non ha scelta: la legge gli impone, per l’invio della dichiarazione, di rivolgersi a un soggetto abilitato.
Sennonché il commercialista cui si è rivolto il contribuente si ammala e non spedisce la dichiarazione. Qualche mese dopo il contribuente si accorge che non gli è stata ancora inviata la ricevuta di spedizione della dichiarazione dei redditi. Rimedia quindi avvalendosi dell’istituto del ravvedimento operoso.
Nonostante il ravvedimento operoso, l’Agenzia delle entrate notifica al contribuente un avviso di accertamento con cui gli contesta l’omessa presentazione della dichiarazione che il contribuente impugna, ma senza esito.
Si è anticipato che la sentenza è ingiusta. A ben vedere, infatti, il contribuente è obbligato a rivolgersi a un intermediario per la spedizione della dichiarazione. Lo impone una legge dello Stato. Bene. Se lo Stato impone ai contribuenti di rivolgersi a certi soggetti, allora sarà compito dello Stato vigilare su tali soggetti.
D’altra parte, il contribuente – salvo che sia lui stesso un commercialista – si affida a un professionista perché per l’adempimento degli obblighi tributari occorre una preparazione professionale specifica. Non ci si può improvvisare commercialista come non ci si può improvvisare ingegneri edili, costruttori di areoplani o Presidenti di Tribunale.
Se un cancelliere si infortuna gravemente perché gli crolla addosso un armadio pieno di fascicoli, non convenientemente fissato al muro, ne risponde il Presidente del Tribunale? No, si dice con orrore: il Presidente del Tribunale ha demandato a un professionista esterno il controllo sulla sicurezza e non possiede le competenze per verificare se il professionista sia o non sia capace di garantire la sicurezza dei lavoratori del Tribunale. Giustissimo.
Invece, se il contribuente si affida al commercialista – proprio perché non sa compilare e neppure può spedire la dichiarazione dei redditi – è responsabile delle omissioni e degli errori del professionista. È giusto? No, perché il doppiopesismo non è accettabile e stride col concetto di Stato di diritto.
Il discorso sarebbe diverso se nel nostro ordinamento esistesse come principio generale quello della responsabilità oggettiva: siccome per questa forma di responsabilità è sufficiente il nesso di causalità, il contribuente risponde delle manchevolezze del commercialista, dato che lo ha scelto (e il Presidente del Tribunale delle manchevolezze dell’ingegnere addetto alla sicurezza, dato che lo ha scelto).
Nel nostro ordinamento, però, la responsabilità oggettiva è prevista per taluni casi marginali; per il resto, il concetto di responsabilità si fonda sulla colpa. Insomma, in via generale posso essere ritenuto responsabile (soprattutto se di un errore altrui) se mi si può rimproverare qualcosa. Che cosa si può rimproverare a un contribuente che si affida a un commercialista iscritto all’albo? Che cosa si può rimproverare al Presidente del Tribunale se si affida per la sicurezza della Cancelleria e della sua stanza a un ingegnere iscritto all’albo? Niente, si dovrebbe dire. E invece no: il contribuente è condannabile.
Ciò che i giudici contestano al contribuente è quello di non avere vigilato sulla trasmissione della dichiarazione. Osserva la sentenza massimata che il contribuente «ricorrendo peraltro precarie condizioni di salute del commercialista … avrebbe dovuto vigilare con più attenzione e provvedere diversamente alla presentazione telematica della dichiarazione dei redditi».
È quindi fatto indiscusso che il commercialista della vicenda in esame avesse seri problemi di salute. Dunque, l’obbligo del contribuente “di vigilare con più attenzione” – come afferma la sentenza massimata – significava verificare le condizioni di salute del proprio commercialista. In che modo? Telefonare in prossimità della scadenza del termine per l’invio telematico della dichiarazione? “Scusi, ragioniere, come sta?” E se quello rispondeva “Non benissimo, grazie. Soffro di ipercalcemia” il contribuente avrebbe dovuto contattare un medico per farsi spiegare se l’ipercalcemia sia o non sia una patologia che impedisce di presentare la dichiarazione? Oppure avrebbe dovuto trasferirsi nello studio del commercialista per assisterlo fisicamente in quell’incombente che la legge gli assegna in esclusiva?
Ma supponiamo che un contribuente, superdiligente, qualche giorno prima che scada il termine per la presentazione della dichiarazione, telefoni al commercialista per informarsi sul suo stato di salute. Il commercialista ringrazia e risponde che sta benissimo. Benissimo al momento della telefonata. Perché il giorno dopo il commercialista viene colpito da infarto. Portato all’ospedale viene operato d’urgenza. Il termine per la presentazione della dichiarazione, però, quando il commercialista viene dimesso, è decorso.
Il contribuente della vicenda esaminata dalla sentenza in esame un controllo l’aveva fatto, se pur qualche mese dopo, tanto che poi si era attivato con il ravvedimento operoso. La sua buona fede era quindi fuori discussione.
Qualcuno potrebbe obiettare che la giurisprudenza deve necessariamente essere rigorosa perché altrimenti il contribuente italiano – sempre sospettato di evasione – ne approfitterebbe. All’obiezione si potrebbe rispondere con una domanda: “Ma perché allora si fanno i processi?”.
I processi si fanno proprio per verificare se il contribuente abbia agito strumentalmente ovvero se non abbia colpe. Non si può affermare a priori e sulla base di una vagheggiata responsabilità oggettiva inesistente che il contribuente ha sempre torto se il commercialista non presenta la dichiarazione. Ovviamente il contribuente sarà onerato della prova: – di essersi rivolto a un professionista iscritto all’albo; – che il professionista non ha adempiuto al mandato quando ragionevolmente se ne poteva attendere l’adempimento; – di essersi immediatamente attivato una volta scoperto l’inadempimento del professionista.
Ragionare diversamente significa imporre al contribuente di assoldare un altro professionista al fine di verificare se il primo professionista abbia assolto in modo ineccepibile ed esaustivo il proprio incarico professionale (incarico che peraltro si inquadra tra le professioni basate su rapporti fiduciari noti come intuitus personae).
Ma temiamo che si troverà lo stesso il modo di condannare il contribuente.
È infatti impossibile per chiunque verificare se un commercialista adempia tempestivamente all’invio telematico della dichiarazione e quindi, in ipotesi, provvedere diversamente, come invita a fare la sentenza massimata. Perché fino a un secondo prima di mezzanotte del giorno in cui scade il termine per la presentazione della dichiarazione il commercialista è ancora in tempo; un secondo dopo la mezzanotte la dichiarazione è comunque tardiva.
Insomma, superior stabat lupus, inferior agnus …
Avv. Fausta Brighenti
Accertamento imposte sui redditi – Accertamento – Accertamento per omessa presentazione della dichiarazione dei redditi – Mancato invio telematico della dichiarazione da parte del commercialista per fatto ad esso imputabile – Irrilevanza – Responsabilità del contribuente – Sussiste – Richiesta di annullamento dell’avviso di accertamento – Infondatezza.
Imposte e tasse – Sanzioni penali – Reati tributari – Delitto di omessa dichiarazione – Art. 5 del D.Lgs. n. 74/2000 – Affidamento dell’incarico ad un commercialista che abbia omesso di provvedere all’invio telematico della dichiarazione – Irrilevanza – Responsabilità del contribuente – Sussiste.
Il contribuente che non presenti la dichiarazione dei redditi risponde del reato di omessa dichiarazione anche se l’omissione sia imputabile al commercialista, atteso che l’affidamento ad un commercialista del mandato a trasmettere in via telematica la dichiarazione dei redditi alla competente Agenzia delle entrate non esonera il soggetto obbligato alla dichiarazione dei redditi dal vigilare affinché tale mandato sia puntualmente adempiuto, di talché non può essere annullato l’avviso di accertamento che sia stato emesso a seguito della mancata presentazione della dichiarazione dei redditi.
[Commissione trib. regionale del Lazio, sez. XIV (Pres. Amodio, rel. Pennacchia), 1° giugno 2016, sent. n. 3445]
SUCCINTA ESPOSIZIONE DEI FATTI RILEVANTI DELLA CAUSA – La ricorrente C.L. ha impugnato l’avviso di accertamento emesso dall’Agenzia delle Entrate di Roma e mediante il quale, previo controllo, veniva contestata l’omessa dichiarazione dei redditi per l’anno 2005 ed in conseguenza venivano richieste le imposte IRPEF, Addizionali Comunali e Regionali.
Nei motivi del ricorso esponeva di aver affidato la tenuta della contabilità ad un commercialista di Salerno ed al quale era stata trasmessa la documentazione afferente i propri redditi e, tra questa, il Cud 2006, rilasciatole dal Giudice di Pace di Roma. Successivamente ed in data 16/12/2006 a seguito di controllo si è accorta che la dichiarazione dei redditi non era stata presentata e nella stessa data aveva presentato ravvedimento operoso ed aveva versato l’imposta pari ad Euro 1.234,50. Faceva comunque presente che prima dell’accertamento non le era stato notificato nessun atto propedeutico e, pertanto, in presenza di rapporto contrattuale con il commercialista declinava ogni responsabilità sulla omessa presentazione della dichiarazione dei redditi. Per i motivi su indicati chiedeva l’annullamento dell’avviso di accertamento.
L’Ufficio deduceva l’infondatezza delle argomentazioni addotte e concludeva con il rigetto del ricorso.
La Commissione Tributaria Provinciale adita con la sentenza n. 22005/57/14 respingeva il ricorso del contribuente e compensava le spese di lite.
Appella la contribuente che insiste nella sua tesi rilevando in particolare la sua non responsabilità nell’adempimento in quanto avendo ricevuto tutta la documentazione cartacea non vi era motivo di dubitare che l’invio telematico non era stato effettuato. Ritiene che nel caso è palese la circostanza dell’affidamento dell’incarico al commercialista per cui conclude con l’accoglimento dell’appello.
L’ufficio insiste nella pretesa e chiede il rigetto dell’appello in presenza di omessa dichiarazione.
La vertenza è venuta in decisione in data 19 Aprile 2016, previa discussione in pubblica udienza.
RAGIONI GIURIDICHE DELLA DECISIONE – Questa Commissione ritiene che l’appello vada respinto in considerazione della infondatezza delle argomentazioni addotte.
Deve osservarsi, in primis, che la sentenza pronunciata dai primi giudici sia adeguatamente motivata, del tutto aderente alle risultanze processuali e di guisa non merita critiche o censure.
Il giudice del ricorso ha esaurientemente esaminato le eccezioni della contribuente e le ha disattese, però, in presenza di puntuali elementi di prova forniti dall’ufficio, quali la mancata presentazione della dichiarazione dei redditi.
In questa fase di appello la parte non fornisce alcun elemento probatorio che possa comportare una riforma della sentenza e i motivi addotti non riescono a confutare la pretesa erariale in quanto della omessa dichiarazione dei redditi ne risponde sempre il contribuente, il quale anche in presenza di affidamento al commercialista è obbligato a vigilare se lo stesso ha adempiuto alla presentazione.
Il contribuente, pertanto, anche se l’omissione sia imputabile al commercialista risponde del reato di omessa dichiarazione e questo principio è stato ribadito dalla Cassazione (Sent. n. 16958 del 5.10.2012(1)) in cui afferma che “l’affidamento ad un commercialista del mandato a trasmettere in via telematica la dichiarazione dei redditi alla competente Agenzia delle Entrate, non esonera il soggetto obbligato alla dichiarazione dei redditi a vigilare affinché tale mandato sia puntualmente adempiuto”.
Nel caso specifico la contribuente, ricorrendo peraltro precarie condizioni di salute del commercialista e non potendo, a suo dire, agire civilisticamente avrebbe dovuto vigilare con più attenzione e provvedere diversamente alla presentazione telematica della dichiarazione dei redditi.
Su questa base l’appello della contribuente va respinto e l’ufficio, se non ha provveduto, dovrà sgravare dalla pretesa erariale quanto versato con il ravvedimento operoso.
P.Q.M. – Respinge l’appello del contribuente. Spese compensate.
(1) In Boll. Trib. On-line.