Circolare 15 maggio 2019, n. 10/E, dell’Agenzia delle entrate
INDICE:
PREMESSA
1. ATTI OGGETTO DELLE LITI DEFINIBILI
1.1 Liti avverso avvisi di liquidazione per la registrazione degli atti giudiziari
1.2 Liti aventi ad oggetto cartelle di pagamento
1.3 Definizione della lite da parte di un socio di un soggetto in regime di
trasparenza fiscale
2. DETERMINAZIONE DEGLI IMPORTI DOVUTI
2.1 Novanta per cento del valore della controversia
2.2 Sospensione del processo
2.3 Giudicato interno
2.4 Soccombenza dell’Agenzia delle entrate nel giudizio di riassunzione
2.5 Soccombenza dell’Agenzia delle entrate nel giudizio di revocazione
2.6 Controversie aventi ad oggetto esclusivamente sanzioni
2.7 Sentenza della Corte di cassazione che rinvia al giudice di merito per la
sola rideterminazione delle sanzioni
2.8 Sanzione per omessa regolarizzazione di fatture
2.9 Valore della lite – Consolidato
2.10 Importi scomputabili
2.11 Iscrizione provvisoria definita ai sensi dell’articolo 1, commi 618-624,
della legge 27 dicembre 2013, n. 147
2.12 Diniego di precedente definizione agevolata della lite e perfezionamento
della definizione agevolata dell’iscrizione a ruolo in pendenza di giudizio
3. SOSPENSIONE DELLE CONTROVERSIE DEFINIBILI
3.1 Individuazione della Commissione tributaria competente
4. DEFINIZIONE AGEVOLATA DELLE LITI PENDENTI DI CUI
ALL’ARTICOLO 7 DEL DL N. 119 del 2018
4.1 Calcolo degli interessi.
“PREMESSA
Con circolare n. 6 del 1° aprile 2019 sono stati forniti chiarimenti in
ordine alla definizione agevolata delle controversie pendenti introdotta dagli
articoli 6 e 7, comma 2, lettera b) e comma 3, del decreto-legge 23 ottobre 2018,
n. 119, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2018, n. 136 (di
seguito: articolo 6 e articolo 7).
Con la presente circolare si forniscono ulteriori chiarimenti in risposta ad
alcuni quesiti pervenuti dalle strutture territoriali anche in relazione alle istanze
di definizione presentate dai contribuenti.
1. ATTI OGGETTO DELLE LITI DEFINIBILI
1.1 Liti avverso avvisi di liquidazione per la registrazione degli atti giudiziari
D.: Sono definibili le liti aventi ad oggetto avvisi di liquidazione ai fini
dell’imposta di registro relativi alla tassazione di sentenze civili o di decreti
ingiuntivi?
R.: Le liti aventi ad oggetto avvisi di liquidazione relativi all’applicazione
dell’imposta di registro agli atti giudiziari non sono definibili ai sensi
dell’articolo 6, avendo essenzialmente una funzione di riscossione dell’imposta
dovuta in relazione alla registrazione dei predetti atti.
1.2 Liti aventi ad oggetto cartelle di pagamento
D.: Si può definire una controversia nei confronti dell’Agenzia delle
entrate avente ad oggetto una cartella di pagamento per omesso versamento di
tributi qualora il contribuente contesti l’intervenuta decadenza dei termini? In
questo caso, può ritenersi che la lite abbia ad oggetto un atto impositivo,
ponendosi in discussione lo stesso “an” della pretesa?
R.: Come precisato al paragrafo 2.3.4 della circolare n. 6 del 1° aprile
2019, le liti vertenti sui ruoli e sulle cartelle di pagamento possono essere definite
in via agevolata soltanto quando tali atti assolvano anche una funzione di natura
impositiva. Ciò si verifica quando il ruolo e la cartella di pagamento siano stati
emessi a seguito della rettifica dei dati indicati in dichiarazione e, quindi,
attengano a tributi dovuti in misura superiore rispetto a quella dichiarata e
liquidata dal contribuente oppure quando essi, non essendo stati preceduti da atti
impositivi presupposti, portino per la prima volta il contribuente a conoscenza
della pretesa tributaria e nel ricorso sia stata eccepita l’invalidità della notifica del
relativo atto impositivo.
Pertanto, la definibilità in via agevolata della controversia avente ad oggetto
la cartella di pagamento emessa a seguito dell’omesso versamento va esclusa
anche nel caso in cui il contribuente abbia eccepito la decadenza dei termini per
la notifica dell’atto.
1.3 Definizione della lite da parte di un socio di un soggetto in regime di
trasparenza fiscale
D.: Nel caso in cui il socio di un soggetto in regime di trasparenza fiscale
intenda definire la lite pendente sull’avviso di accertamento ai fini IRPEF
relativo al suo reddito di partecipazione e il soggetto trasparente abbia a sua
volta impugnato l’avviso di accertamento che non contiene alcun recupero di
imposta, oltre alla domanda di definizione agevolata da parte del socio deve
essere presentata anche la domanda di definizione agevolata da parte del
soggetto trasparente?
R.: Al paragrafo 2.3.7 della circolare n. 6 del 1° aprile 2019, si è precisato
che “Nell’ipotesi in cui l’accertamento impugnato da una società di persone si
limiti a rettificare in aumento il reddito imputabile pro quota ai soci, si ritiene
che la controversia non sia definibile ai sensi dell’articolo 6, il quale presuppone
che la lite definibile esprima un determinato valore sul quale calcolare gli
importi dovuti per la definizione”. L’eventuale definizione della lite da parte
della società è ammessa limitatamente alle sole imposte accertate nell’atto e di
competenza della medesima (come, ad esempio, l’IRAP).
Le controversie instaurate dai diversi soci di società di persone in materia
di imposte sui redditi da partecipazione, ai soli fini della definizione agevolata,
sono da considerarsi come liti autonome; pertanto, nel caso prospettato, il socio
potrà proporre unicamente l’istanza di definizione agevolata della lite relativa al
reddito di partecipazione.
2. DETERMINAZIONE DEGLI IMPORTI DOVUTI
2.1 Novanta per cento del valore della controversia
D.: Qualora dopo il 24 ottobre 2018, ma prima che il contribuente
presenti l’istanza di definizione agevolata della lite pendente, venga depositata,
in seguito ad udienza tenutasi a marzo 2019, una sentenza di Commissione
tributaria provinciale sfavorevole al contribuente, quest’ultimo per accedere alla
definizione dovrà pagare il 100 per cento del valore della controversia oppure
potrà pagare il 90 per cento?
R.: Considerato che l’articolo 6, nel regolamentare il quantum dovuto per
la definizione agevolata della controversia, conferisce rilievo alla situazione
processuale esistente al 24 ottobre 2018, la pronuncia della Commissione
tributaria provinciale intervenuta successivamente a tale data non rileva.
Pertanto, se la costituzione in giudizio del ricorrente è stata effettuata entro la
medesima data del 24 ottobre 2018, la controversia può essere definita con il
pagamento del 90 per cento del relativo valore.
2.2 Sospensione del processo
D.: La controversia sospesa dai giudici di primo grado ai sensi
dell’articolo 295 c.p.c. nel dicembre del 2015 può essere definita con il
pagamento del 90 per cento del valore della lite?
R.: In presenza dei presupposti richiesti dall’articolo 6, la controversia
sospesa dalla Commissione tributaria provinciale ai sensi dell’articolo 295 c.p.c. (1)
può essere definita con il pagamento del 90 per cento del relativo valore.
(1) In base all’articolo 295 c.p.c. “Il giudice dispone che il processo sia sospeso in ogni caso in cui egli
stesso o altro giudice deve risolvere una controversia, dalla cui definizione dipende la decisione della
causa”. Analoga disposizione è contenuta nel comma 1-bis dell’articolo 39 del decreto legislativo 31
dicembre 1992, n. 546, introdotto, con decorrenza dal 1° gennaio 2016, dall’articolo 9, comma 1, lettera
o) del decreto legislativo 24 settembre 2015, n. 156.
2.3 Giudicato interno
D.: In una controversia relativa a un accertamento contenente
originariamente molteplici recuperi, nel caso in cui nel corso del giudizio sia la
Commissione tributaria provinciale sia la Commissione tributaria regionale
abbiano emesso sentenze di accoglimento parziale e le parti abbiano proposto
impugnazioni parziali, di modo che, per effetto dei giudicati interni formatisi, la
controversia pendente in Cassazione su iniziativa dell’Agenzia delle entrate
concerna un unico recupero, in riferimento al quale il contribuente sia stato
vittorioso in primo e in secondo grado, la lite è definibile col pagamento del 5
per cento ai sensi del comma 2-ter dell’articolo 6?
R.: La definizione agevolata della lite con il pagamento di un importo pari
al 5 per cento del relativo valore trova applicazione con esclusivo riferimento alle
controversie tributarie pendenti innanzi alla Corte di cassazione per le quali
l’Agenzia delle entrate sia risultata integralmente soccombente in tutti i
precedenti gradi di giudizio. Come precisato al paragrafo 5.1.5 della circolare n.
6 del 1° aprile 2019, la soccombenza dell’Agenzia delle entrate è determinata dal
raffronto tra quanto chiesto dal contribuente e quanto deciso dall’organo
giurisdizionale adito e si considera “integrale” quando la domanda del
contribuente sia stata accolta in toto.
Nel caso prospettato, in cui l’Amministrazione è risultata parzialmente
vittoriosa nei precedenti gradi di giudizio, è possibile effettuare la definizione
con il pagamento del 15 per cento del valore della controversia, a norma della
lettera b) del comma 2 dell’articolo 6, per la parte ancora in contestazione alla
data di presentazione della domanda di definizione.
2.4 Soccombenza dell’Agenzia delle entrate nel giudizio di riassunzione
D.: Se nel corso del giudizio sia la Commissione tributaria provinciale sia
la Commissione tributaria regionale abbiano deciso in favore del contribuente,
la Cassazione abbia cassato con rinvio accogliendo una questione di rito
sollevata dall’Agenzia delle entrate e la Commissione tributaria regionale nel
giudizio di riassunzione abbia emesso una sentenza favorevole al contribuente
depositata prima del 24 ottobre 2018 e impugnata in Cassazione con ricorso
notificato prima del 19 dicembre 2018, la controversia pendente è definibile col
pagamento del 5 per cento ai sensi del comma 2-ter dell’articolo 6?
R.: Nell’ipotesi rappresentata, la controversia è definibile tramite il
pagamento di un importo corrispondente al 15 per cento del relativo valore, ai
sensi della lettera b) del comma 2 dell’articolo 6. Tale norma opera, infatti,
anche qualora l’ultima pronuncia depositata alla data del 24 ottobre 2018,
favorevole al contribuente, sia stata emessa dalla Commissione tributaria
regionale in qualità di giudice del rinvio. Va dunque esclusa l’applicabilità del
comma 2-ter dello stesso articolo 6, secondo cui possono essere definite con il
pagamento del 5 per cento del valore le controversie pendenti innanzi alla Corte
di cassazione alla data del 19 dicembre 2018, “per le quali l’Agenzia delle
entrate risulti soccombente in tutti i precedenti gradi di giudizio”.
Di contro, nel caso di specie, il giudizio di impugnazione della pronuncia
di secondo grado favorevole al contribuente, instaurato dall’Agenzia delle
entrate, si è concluso con una sentenza di cassazione con rinvio, da considerarsi
favorevole alla medesima Agenzia.
2.5 Soccombenza dell’Agenzia delle entrate nel giudizio di revocazione
D.: Nel caso in cui:
– il primo grado di giudizio sia stato favorevole al contribuente e il
secondo grado favorevole all’Agenzia delle entrate,
– il contribuente abbia impugnato la sentenza di appello sia per
cassazione sia per revocazione e la Commissione tributaria regionale abbia
accolto il ricorso per revocazione,
– l’Agenzia delle entrate abbia impugnato in Cassazione la sentenza
emessa dalla Commissione tributaria regionale in sede di revocazione, tramite
ricorso notificato in data antecedente al 19 dicembre 2018,
quest’ultima controversia, tuttora pendente in Cassazione, è definibile col
pagamento del 5 per cento ai sensi del comma 2-ter dell’articolo 6?
In tal caso dovrebbe successivamente dichiararsi la cessata materia del
contendere nel giudizio instaurato dal contribuente innanzi alla Corte di
cassazione avverso la sentenza di secondo grado favorevole all’Agenzia delle
entrate?
R.: La controversia pendente in Cassazione, instaurata dall’Agenzia delle
entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale emessa in
sede di revocazione, è definibile tramite il pagamento di un importo
corrispondente al 15 per cento del relativo valore, ai sensi della lettera b) del
comma 2 dell’articolo 6.
Invero, nel caso di specie, l’Agenzia delle entrate è risultata vittoriosa in
appello e la successiva sentenza di accoglimento del ricorso per revocazione
determina l’applicazione della percentuale del 15 per cento ma non può valere ad
escludere, ritenendolo tamquam non esset, il giudizio di appello al fine di
consentire la definizione con il pagamento del 5 per cento.
Peraltro, nel caso esposto la sentenza di secondo grado favorevole
all’Agenzia delle entrate è oggetto di un autonomo giudizio ancora pendente in
Cassazione.
Si ritiene al riguardo che, per effetto del perfezionamento della definizione
agevolata della controversia pendente innanzi alla Suprema Corte a seguito di
impugnazione della sentenza di revocazione, possa essere richiesta anche la
dichiarazione di cessata materia del contendere nel giudizio di legittimità
instaurato dal contribuente avverso la sentenza della Commissione tributaria
regionale favorevole all’Agenzia delle entrate.
2.6 Controversie aventi ad oggetto esclusivamente sanzioni
D.: In caso di controversia relativa a un atto di recupero del credito
d’imposta in cui la sentenza della Commissione tributaria provinciale, che
accoglie il ricorso limitatamente alle sanzioni, sia stata impugnata
esclusivamente dall’Ufficio e il contribuente abbia pagato medio tempore il
tributo, la lite può essere definita senza versare alcun importo, atteso che il
rapporto relativo al credito d’imposta è stato interamente definito con il
versamento? Tale soluzione è applicabile anche in caso di sentenza di
Commissione tributaria regionale favorevole all’Ufficio depositata prima del 24
ottobre 2018?
R.: Si ritiene che la lite possa rientrare nell’ambito di applicazione del
secondo periodo del comma 3 dell’articolo 6, posto che, per effetto del giudicato
interno formatosi in relazione al tributo e agli interessi, l’oggetto della
controversia in appello riguarda esclusivamente l’irrogazione della sanzione
collegata al tributo e quest’ultimo risulta integralmente versato.
La definizione agevolata della lite può essere effettuata senza il
pagamento di alcun importo anche quando la definizione del tributo attenga
all’ipotesi in cui, con l’ultima pronuncia giurisdizionale non cautelare depositata
al 24 ottobre 2018, sia stato accolto l’appello dell’Ufficio.
2.7 Sentenza della Corte di cassazione che rinvia al giudice di merito per la
sola rideterminazione delle sanzioni
D.: Nel corso di un giudizio avente ad oggetto un accertamento
contenente imposta e sanzioni collegate al tributo, la Corte di cassazione
accoglie il ricorso dell’Agenzia delle entrate, dichiarando la debenza
dell’imposta e rinviando alla Commissione tributaria regionale esclusivamente
per la rideterminazione delle sanzioni. La lite relativa all’imposta deve
considerarsi non più pendente – dunque non definibile – con la conseguenza che
un’eventuale definizione agevolata possa attenere soltanto ai profili
sanzionatori?
R.: La pronuncia della Corte di cassazione che statuisce la debenza del
tributo ha valore di giudicato. Pertanto, nel caso descritto, la lite risulta ancora
pendente esclusivamente in ordine alle sanzioni ed è definibile, ai sensi del
secondo periodo del comma 3 dell’articolo 6, senza il pagamento di alcun
importo, considerato che il tributo risulta definito.
2.8 Sanzione per omessa regolarizzazione di fatture
D.: Ai fini della definizione agevolata delle liti, la sanzione per l’omessa
regolarizzazione di fatture, di cui all’articolo 6, comma 8, del decreto legislativo
18 dicembre 1997, n. 471, va qualificata come non collegata al tributo?
R.: In merito alla corretta qualificazione della sanzione di cui all’articolo
6, comma 8, del D.Lgs. n. 471 del 1997, si richiama la circolare n. 12/E del 21
febbraio 2003 , al cui paragrafo 10.3.3 si afferma che, in tal caso, si tratta di
“sanzione non collegata al tributo”. Invero detta sanzione, pur commisurata nella
sua entità alla maggiore imposta accertata dall’Ufficio nei confronti del cedente o
prestatore, non risulta collegata all’imposta stessa, in quanto rappresenta una
sanzione autonoma, che colpisce la condotta del cessionario o committente che
non provveda a regolarizzare l’operazione.
Ne deriva che la lite avente ad oggetto esclusivamente la sanzione di
omessa regolarizzazione di fatture può essere definita ai sensi del primo periodo
del comma 3 dell’articolo 6, vale a dire “con il pagamento del quindici per cento
del valore della controversia in caso di soccombenza dell’Agenzia delle entrate
nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale non cautelare, sul merito o
sull’ammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio, depositata alla data” del 24
ottobre 2018, “e con il pagamento del quaranta per cento negli altri casi”.
Come chiarito al paragrafo 5.1.6 della circolare n. 6 del 1° aprile 2019,
poiché l’indicata disposizione prevede una disciplina speciale per la definizione
delle liti aventi ad oggetto le sole sanzioni non collegate al tributo, le percentuali
da essa stabilite si applicano in tutti i casi di pendenza delle medesime liti,
comprese quelle pendenti in Cassazione ed eventualmente interessate dalla
soccombenza integrale dell’Agenzia delle entrate in tutti i precedenti gradi di
giudizio.
2.9 Valore della lite – Consolidato
D.: L’Ufficio ha emesso ai fini IRES un accertamento di primo livello nei
confronti della società consolidata e un accertamento di secondo livello nei
confronti della società consolidante, secondo le modalità di accertamento delle
società in consolidato vigenti antecedentemente al 1° gennaio 2011, data di
entrata in vigore del nuovo articolo 40-bis del decreto del Presidente della
Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. Entrambe le società hanno presentato
ricorso ma il giudizio avverso l’accertamento della consolidante è stato sospeso
dal giudice di primo grado in attesa della decisione definitiva sul contenzioso
instaurato avverso l’avviso di accertamento di primo livello. Può procedere alla
definizione della lite solo la società controllante prendendo a riferimento la
maggiore IRES accertata nell’avviso di accertamento di secondo livello oppure
può essere definita anche la lite, interessata da sentenze di merito di parziale
accoglimento, relativa all’accertamento di primo livello con riferimento alla
maggiore IRES “teorica”?
R.: Il quesito concerne le modalità di definizione delle liti instaurate avverso
due distinti atti di accertamento emessi nei confronti di un consolidato in data
antecedente all’entrata in vigore dell’articolo 40-bis del DPR n. 600 del 1973 (1°
gennaio 2011) (2). Tale disposizione ha unificato l’atto di accertamento nei
confronti del consolidato anche al fine di superare le criticità derivanti, anche in
sede contenziosa, dalla notifica di due distinti atti impositivi.
Tenuto conto delle finalità di semplificazione della intervenuta modifica
normativa e considerato che nel caso specifico:
– nel giudizio sospeso, avverso l’accertamento di secondo livello nei
confronti della consolidante, i giudici si limiterebbero a recepire le
risultanze del contenzioso sull’accertamento di primo livello nei
confronti della consolidata;
– il valore della controversia riferita all’accertamento di primo livello
può essere agevolmente determinato con riferimento all’IRES “teorica”
dovuta sul maggior imponibile accertato in capo alla consolidata;
si ritiene possibile la definizione agevolata della lite pendente in Cassazione
relativa all’accertamento di primo livello da parte della consolidata medesima,
avente a riferimento l’imposta “teorica”. A seguito del perfezionamento della
definizione, potrà essere richiesta la dichiarazione di cessata materia del
contendere anche nella lite relativa all’accertamento di secondo livello.
(2) L’articolo 40-bis – aggiunto al DPR n. 600 del 1973 in forza dell’articolo 35, comma 1, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122 – al
comma 2 stabilisce che “Le rettifiche del reddito complessivo proprio di ciascun soggetto che partecipa
al consolidato sono effettuate con unico atto, notificato sia alla consolidata che alla consolidante, con il
quale è determinata la conseguente maggiore imposta accertata riferita al reddito complessivo globale e
sono irrogate le sanzioni correlate. La società consolidata e la consolidante sono litisconsorti necessari.
Il pagamento delle somme scaturenti dall’atto unico estingue l’obbligazione sia se effettuato dalla
consolidata che dalla consolidante.”.
2.10 Importi scomputabili
D.: Gli importi spettanti al contribuente a seguito di sentenza favorevole
ma non ancora rimborsati al momento di presentazione della domanda di
definizione, possono essere scomputati dalle somme dovute ai fini del calcolo
della definizione? In caso di risposta affermativa, risulterebbero definitivamente
non più rimborsabili le somme spettanti, eccedenti quelle dovute per il calcolo
della definizione?
R.: A norma del comma 9 dell’articolo 6, gli importi versati in pendenza
di giudizio e non ancora rimborsati dall’Ufficio, a seguito di sentenza favorevole
al contribuente, possono essere scomputati dalle somme dovute per la definizione
agevolata. Tuttavia, poiché il medesimo comma 9 dell’articolo 6 prevede che
“La definizione non dà comunque luogo alla restituzione delle somme già versate
ancorché eccedenti rispetto a quanto dovuto per la definizione”, le maggiori
somme corrisposte in pendenza di giudizio non risultano rimborsabili.
2.11 Iscrizione provvisoria definita ai sensi dell’articolo 1, commi 618-624,
della legge 27 dicembre 2013, n. 147
D.: Le somme versate per l’adesione alla definizione agevolata ex articolo
1, commi 618-624, della legge n. 147 del 2013 (c.d. rottamazione degli interessi)
dell’iscrizione a ruolo effettuata in pendenza di giudizio ai sensi dell’articolo 15
del DPR n. 602 del 1973, possono essere scomputate da quanto dovuto per la
definizione agevolata ai sensi dell’articolo 6, in quanto versate “a qualsiasi titolo
in pendenza di giudizio”?
R.: L’articolo 1, commi 618-624, della legge n. 147 del 2013 ha previsto
la possibilità di estinguere il debito relativo ai ruoli “affidati in riscossione fino al
31 ottobre 2013” versando l’imposta, le sanzioni, l’aggio e le eventuali spese per
procedure esecutive già attivate e beneficiando, quindi, dello stralcio degli
interessi da ritardata iscrizione a ruolo e degli interessi di mora. Nelle ipotesi in
cui la definizione abbia interessato solo una parte della pretesa tributaria in
contestazione (come nel caso in esame) persiste l’interesse alla decisione della
lite ma gli importi di cui al ruolo definito si considerano interamente versati e
non possono essere rimborsati, neppure in esecuzione di sentenza eventualmente
favorevole al contribuente.
Come chiarito nelle circolari n. 2/E dell’8 marzo 2017 e n. 23/E del 25
settembre 2017 , la definizione agevolata del carico ha avuto come effetto quello
di definire la lite per la parte iscritta a ruolo.
Pertanto, qualora intenda definire in via agevolata la lite tuttora pendente
sulla parte non interessata dalla definizione prevista dall’articolo 1, commi 618-
624, della legge n. 147 del 2013, il contribuente non può scomputare
dall’“importo lordo dovuto” le somme a suo tempo versate per tale definizione.
Tuttavia, la determinazione del valore della lite su cui applicare le percentuali
previste dall’articolo 6 va effettuata tenendo conto delle sole somme ancora in
contestazione.
Le medesime considerazioni valgono anche nel caso di somme versate
per la definizione dei carichi di cui all’articolo 6 del decreto-legge 22 ottobre
2016, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° dicembre 2016, n.
225.
2.12 Diniego di precedente definizione agevolata della lite e perfezionamento
della definizione agevolata dell’iscrizione a ruolo in pendenza di giudizio
D.: Il contribuente ha aderito alla procedura di definizione delle liti
pendenti disciplinata dall’articolo 11 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50,
convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, ma l’Agenzia
delle entrate ha opposto un diniego per omesso versamento degli importi dovuti
per la definizione. Gli importi non sono stati versati in quanto il contribuente
riteneva di essere incorso in sanzioni collegate al tributo regolarizzabili, a
norma del predetto articolo 11, senza il versamento di alcun importo; avverso il
diniego è stato presentato ricorso. E’ possibile definire la controversia
originaria avvalendosi della definizione agevolata delle liti disciplinata
dall’articolo 6, conformandosi alla tesi che si tratti di sanzioni non collegate al
tributo e rinunciando al ricorso presentato avverso il diniego?
Considerato che si è perfezionata la procedura di rottamazione dei ruoli
prevista dall’articolo 1, comma 4, del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148,
convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172, azionata in
relazione all’iscrizione provvisoria dei due terzi delle sanzioni, avvenuta in
pendenza di giudizio, è corretto ritenere che la lite stia proseguendo soltanto per
la restante parte di un terzo delle sanzioni originariamente irrogate?
R.: Come precisato al paragrafo 2.3.3 della circolare n. 6 del 1° aprile
2019, “Non rientrano nel campo di applicazione dell’articolo 6 i rapporti
tributari e le liti che hanno usufruito di precedenti definizioni agevolate, con
particolare riferimento a quelle connesse alla corretta applicazione delle stesse,
quali quelle concernenti il rigetto di una precedente domanda di definizione
agevolata … . Resta inteso che, ove ricorrano gli altri presupposti per avvalersi
della definizione in esame, sono definibili le liti originarie per le quali non si sia
perfezionata una precedente definizione agevolata”.
Pertanto, il contribuente può definire la lite originaria, avente ad oggetto
l’irrogazione di sanzioni non collegate al tributo, ai sensi del primo periodo del
comma 3 dell’articolo 6, rinunciando al ricorso avverso il diniego emesso
dall’Ufficio ai sensi dell’articolo 11, comma 10, del DL n. 50 del 2017.
In ordine alla precedente “rottamazione” del ruolo relativo all’iscrizione
provvisoria dei due terzi delle sanzioni, come chiarito nelle circolari n. 2/E dell’8
marzo 2017 e n. 23/E del 25 settembre 2017, il perfezionamento della definizione
agevolata del carico ha avuto come effetto quello di definire la lite per la parte
iscritta a ruolo.
Ne deriva che, qualora il contribuente intenda definire in via agevolata
la controversia tuttora pendente sulla parte non interessata dalla “rottamazione”
del carico affidato all’agente della riscossione, la determinazione del valore della
lite, su cui applicare le percentuali previste dall’articolo 6, va effettuata tenendo
conto delle sole somme ancora in contestazione.
3. SOSPENSIONE DELLE CONTROVERSIE DEFINIBILI
3.1 Individuazione della Commissione tributaria competente
D.: Se in data 19 luglio 2018 la Commissione tributaria provinciale ha
depositato una sentenza favorevole al contribuente, appellata in data 18 febbraio
2019 dall’Ufficio, il contribuente intenzionato a definire la controversia
versando l’importo del 40 per cento del valore della lite deve depositare la
domanda di sospensione presso la segreteria della Commissione tributaria
provinciale oppure presso la segreteria della Commissione tributaria regionale?
R.: Come chiarito al paragrafo 8 della circolare n. 6 del 1° aprile 2019, il
comma 10 dell’articolo 6 stabilisce che le controversie definibili non sono
sospese, salvo che il contribuente faccia apposita richiesta al giudice; in tal caso
il processo è sospeso fino al 10 giugno 2019. La domanda di sospensione del
giudizio può, quindi, essere avanzata anche dal contribuente che non si sia ancora
avvalso della definizione agevolata e senza che dalla eventuale domanda di
sospensione conseguano effetti vincolanti. Tuttavia, al fine di ottenere la
sospensione del giudizio fino al 31 dicembre 2020, il contribuente che ha aderito
alla definizione deve depositare, entro il 10 giugno 2019, copia della domanda di
definizione e del relativo versamento.
Nella situazione prospettata, la domanda di sospensione va presentata alla
segreteria della Commissione tributaria regionale, presso la quale pende l’appello
proposto dall’Ufficio.
4. DEFINIZIONE AGEVOLATA DELLE LITI PENDENTI DI CUI ALL’ARTICOLO 7 DEL DL N. 119 del 2018
4.1 Calcolo degli interessi
D.: Ai fini del calcolo degli interessi dovuti dalle società e associazioni
sportive dilettantistiche, per la definizione agevolata ai sensi dell’articolo 7, si
deve far riferimento – quale dies ad quem – alla data di notifica dell’avviso di
accertamento, al termine ultimo per il versamento delle somme dovute o alla
data del versamento da effettuarsi ai fini della definizione agevolata?
R.: Come chiarito al paragrafo 12.3 della circolare n. 6 del 1° aprile 2019,
per le liti definibili ai sensi dell’articolo 7, va effettuato il versamento del:
– quaranta per cento del valore della lite e del cinque per cento delle
sanzioni e degli interessi accertati nel caso in cui, alla data del 24 ottobre
2018, questa penda ancora nel primo grado di giudizio;
– dieci per cento del valore della lite e del cinque per cento delle sanzioni e
degli interessi accertati, in caso di soccombenza in giudizio
dell’amministrazione finanziaria nell’ultima o unica pronuncia
giurisdizionale depositata e non ancora definitiva alla data del 24 ottobre
2018;
– cinquanta per cento del valore della lite e del dieci per cento delle sanzioni
e degli interessi accertati in caso di soccombenza in giudizio della società
o associazione sportiva nell’ultima o unica pronuncia giurisdizionale
depositata e non ancora definitiva alla data del 24 ottobre 2018.
La determinazione dell’“importo lordo dovuto” per la definizione va
quindi effettuata applicando le predette percentuali del quaranta, del dieci e del
cinquanta per cento all’imposta in contestazione, nonché del cinque e del dieci
per cento alle relative sanzioni e agli interessi accertati. Si precisa che, anche al
fine di semplificare l’applicazione della disposizione in esame, occorre fare
riferimento all’ammontare degli interessi come risultanti dall’avviso di
accertamento, calcolati di regola fino alla data di emissione dell’atto (3).
Come già precisato nella circolare n. 6 del 2019, inoltre, sebbene le
disposizioni di cui ai numeri 1), 2) e 3) del comma 2 dell’articolo 7 rechino
riferimento alle sanzioni e agli interessi “accertati”, si ritiene che la
determinazione degli importi dovuti per la definizione agevolata vada sempre
effettuata tenendo conto delle somme effettivamente in contestazione”.
(3) Pertanto, atteso che l’articolo 7 si riferisce testualmente agli “interessi accertati”, si ritiene che nel caso
di specie non sussista un problema di individuazione di un dies ad quem per il calcolo degli interessi
dovuti, configurabile, di contro, nella definizione agevolata delle liti prevista dall’articolo 11 del DL n. 50
del 2017, per il quale gli interessi andavano “calcolati fino al sessantesimo giorno successivo alla notifica
dell’atto”.