La realizzazione del precetto costituzionale che vincola il prelievo tributario alla capacità contributiva del soggetto passivo si combina con l’obbligo, anch’esso di derivazione costituzionale, di imparzialità e buon andamento della pubblica Amministrazione.
A tal fine, com’è noto, nel corso degli anni l’evoluzione normativa è andata sempre più agevolando l’utilizzo di strumenti miranti alla proficua dialettica tra le parti per la definizione dell’obbligazione tributaria (autotutela, accertamento con adesione, mediazione e conciliazione), valorizzando notevolmente l’importanza del contraddittorio nella fase di accertamento.
Il confronto tra le parti, in particolare, si evidenzia come decisivo al fine di determinare correttamente il quantum debeatur, come avviene nel caso degli accertamenti bancari, ossia in quegli accertamenti che utilizzano le presunzioni di cui all’art. 32, primo comma, n. 2), del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, per equiparare a ricavi le movimentazioni bancarie delle quali il contribuente non riesca a fornire adeguata spiegazione (1), oppure nel caso degli accertamenti sintetici laddove è data al contribuente, a norma dell’art. 38, quarto comma, dello stesso D.P.R. n. 600/1973, l’opportunità di dimostrare che le risorse finanziarie utilizzate per sostenere determinate spese hanno fonte in redditi diversi da quelli posseduti nel relativo periodo d’imposta, o in redditi esenti, o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o comunque fiscalmente irrilevanti o legalmente esclusi dalla base imponibile (2), ed ancora nel caso degli accertamenti basati sugli studi di settore, in quest’ultima ipotesi essenzialmente in forza dei noti principi espressi al riguardo dalla Corte di Cassazione (3).
Col tempo, anche in ragione di un deciso orientamento della giurisprudenza di legittimità, si è posto il problema della sussistenza o meno di un generale obbligo per l’Amministrazione finanziaria di instaurare il contraddittorio con il contribuente prima di emettere un atto di accertamento (4) e, soprattutto, se la violazione del “diritto al contraddittorio” determini o meno la nullità dell’atto impositivo, anche in considerazione dell’espressa previsione, contenuta nell’art. 41, par. 2, della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea (c.d. “Carta di Nizza”), del diritto del cittadino «ad essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento che gli arrechi pregiudizi» (5), e dei chiari orientamenti espressi dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea (6).
La questione ha notoriamente trovato una netta presa di posizione della Corte di Cassazione la quale, con la sentenza resa a Sezioni Unite n. 18184 del 29 luglio 2013 (7), ha condivisibilmente valorizzato l’art. 12, settimo comma, della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente), ritenendo che tale norma debba essere interpretata nel senso che l’inosservanza del termine dilatorio di sessanta giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento – termine decorrente dal rilascio al contribuente, nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni – determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, la illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus, poiché detto termine è posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, il quale costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra Amministrazione e contribuente ed è diretto al migliore e più efficace esercizio della potestà impositiva.
Successivamente la stessa Corte di Cassazione ha posto un freno alla comoda abitudine invalsa presso gli Uffici dell’Amministrazione finanziaria di considerare valida ragione di urgenza suscettibile di consentire una deroga al termine dilatorio di cui al richiamato art. 12, settimo comma, della legge 212/2000, il mero approssimarsi della scadenza dei termini di accertamento, affermando il principio che le ragioni di urgenza non possono essere «riferibili a profili o deficienze organizzative tutte interne all’amministrazione procedente» (8).
Superato lo scoglio delle conseguenze del mancato rispetto del citato termine di cui all’art. 12, settimo comma, della legge n. 212/2000, si è posta la questione se tale norma preveda o meno un diritto al contraddittorio solo a favore dei contribuenti «nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività», e ciò ha suscitato, come ovvio, una problematica di coerenza in relazione a quelle norme nelle quali il contraddittorio non è prescritto, con conseguenti dubbi di costituzionalità del sistema, che potrebbero invece superarsi ove si ritenesse sussistere nel nostro ordinamento un “principio generale del contraddittorio”, coerente con la normativa comunitaria e applicabile anche in quei casi in cui il diritto al contraddittorio e la conseguente nullità dell’atto emanato in sua violazione non siano ricavabili da specifiche disposizioni di legge.
Conseguentemente è stato salutato con favore l’orientamento espresso dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con le sentenze del 18 settembre 2014, nn. 19667 e 19668 (9), che, pronunziandosi sull’obbligo di far precedere l’iscrizione ipotecaria ex art. 77 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, da una comunicazione al contribuente, hanno stabilito che «la pretesa tributaria trova legittimità nella formazione procedimentalizzata di una “decisione partecipata” mediante la promozione del contraddittorio (che sostanzia il principio di leale collaborazione) tra amministrazione e contribuente (anche) nella “fase precontenziosa” o “endoprocedimentale”, al cui ordinato ed efficace sviluppo è funzionale il rispetto dell’obbligo di comunicazione degli atti imponibili. Il diritto al contraddittorio, ossia il diritto del destinatario del provvedimento ad essere sentito prima dell’emanazione di questo, realizza l’inalienabile diritto di difesa del cittadino, presidiato dall’art. 24 Cost., e il buon andamento dell’amministrazione, presidiato dall’art. 97 Cost.» (10), secondo persuasivi principi che hanno lasciato presagire il pieno ed incondizionato ingresso nel nostro ordinamento di un generale diritto al contraddittorio preventivo.
A sua volta la legge delega 11 marzo 2014, n. 23, ha previsto l’introduzione generalizzata dell’obbligo di contraddittorio sia includendo tra i principi generali «la previsione di forme di contraddittorio propedeutico all’adozione degli atti di accertamento dei tributi» [art. 1, primo comma, lett. b)], sia invitando il legislatore delegato a «rafforzare il contraddittorio nella fase di indagine e la subordinazione dei successivi atti di accertamento e di liquidazione all’esaurimento del contraddittorio procedimentale» [art. 9, primo comma, lett. b)], e la stessa Agenzia delle entrate ha sottolineato «la centralità del rapporto con il contribuente che, nell’ambito dell’attività di controllo, si declina attraverso la partecipazione del cittadino al procedimento di accertamento mediante il contraddittorio, sia nella fase istruttoria sia nell’ambito degli istituti definitori della pretesa tributaria» (11).
Sul punto, poi, è intervenuta anche la Corte Costituzionale con la sentenza del 7 luglio 2015, n. 132 (12), dichiarando però inammissibile la questione, sollevata dalla Sezione V della Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 24739 del 5 novembre 2013 (13), di legittimità costituzionale dell’art. 37-bis, quarto comma, del D.P.R. n. 600/1973 in relazione all’art. 3 Cost., nella parte in cui detta norma prevedeva l’obbligo del contraddittorio amministrativo solo nelle fattispecie elusive specificamente indicate dallo stesso art. 37-bis e non in tutte le altre ipotesi di abuso enucleate dalla giurisprudenza, per la reputata insussistenza della prospettata disparità di trattamento. La Corte Costituzionale, tuttavia, con la citata pronuncia ha comunque confermato l’orientamento della Corte di Cassazione secondo cui «l’attivazione del contraddittorio endoprocedimentale costituisce un principio fondamentale immanente nell’ordinamento, operante anche in difetto di una espressa e specifica previsione normativa», e ha affermato che «il principio generale antielusivo non impedisce affatto con riguardo alle fattispecie non riconducibili all’art. 37-bis del D.P.R. 600/1973, che debba essere instaurato il previo contraddittorio tra Amministrazione finanziaria e contribuente, né esclude che il vizio del contradditorio conseguente alla violazione del termine produca la nullità dell’atto impositivo».
La questione è stata poi ulteriormente rimessa alle Sezioni Unite della Suprema Corte dall’ordinanza n. 527 del 14 gennaio 2015 resa dalla Sezione VI della stessa Corte (14), le quali, però, con la sentenza n. 24823 del 9 dicembre 2015 (15), hanno affermato che a differenza dal diritto dell’Unione europea, il diritto nazionale, allo stato attuale della legislazione, non pone in capo all’Amministrazione fiscale che si accinga ad adottare un provvedimento lesivo dei diritti del contribuente, in assenza di specifica prescrizione, un generalizzato obbligo di contraddittorio endoprocedimentale, comportante, in caso di violazione, l’invalidità dell’atto, e che pertanto ne conseguirebbe che in tema di tributi “non armonizzati” l’obbligo dell’Amministrazione di attivare il contraddittorio endoprocedimentale, pena l’invalidità dell’atto, sussisterebbe esclusivamente in relazione alle ipotesi per le quali siffatto obbligo risulti specificamente sancito (16). Peraltro anche in tema di tributi “armonizzati” la predetta sentenza ha ritenuto che la violazione dell’obbligo del contraddittorio endoprocedimentale da parte dell’Amministrazione comporterebbe l’invalidità dell’atto solo quando il contribuente assolva l’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere qualora il contraddittorio fosse stato tempestivamente attivato, e l’opposizione di dette ragioni (valutate con riferimento al momento del mancato contraddittorio) si riveli non puramente pretestuosa e tale da configurare, in relazione al canone generale di correttezza e buona fede ed al principio di lealtà processuale, sviamento dello strumento difensivo rispetto alle finalità di corretta tutela dell’interesse sostanziale per le quali è stato predisposto (17).
La rassegna giurisprudenziale sull’argomento si è infine ulteriormente arricchita con l’approfondita ordinanza della Commissione tributaria regionale della Toscana, sez. I, n. 736 del 18 gennaio 2016 (18), con la quale, questa volta, è stata dichiarata rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3, 24, 53, 111 e 117 Cost., la questione di legittimità costituzionale del ridetto art. 12, settimo comma, della legge n. 212/2000, nella parte in cui riconosce al contribuente il diritto a ricevere copia del verbale con cui si concludano le operazioni di accertamento e di disporre di un termine di sessanta giorni per eventuali controdeduzioni, nelle sole ipotesi in cui l’Amministrazione finanziaria abbia «effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività» del contribuente.
Per arrivare alle proprie conclusioni la suddetta ordinanza è partita dalla considerazione che il processo tributario si caratterizza per la sostanziale assenza di una fase istruttoria o di raccolta delle prove da parte di un giudice terzo, o comunque in contraddittorio, nonostante l’art. 7 del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, al suo primo comma preveda che le Commissioni tributarie, «ai fini istruttori e nei limiti dei fatti dedotti dalle parti, esercitano tutte le facoltà di accesso, di richiesta di dati, di informazioni e chiarimenti conferite agli uffici tributari ed all’ente locale da ciascuna legge d’imposta», e nonostante poi lo stesso art. 7 del D.Lgs. n. 546/1992, al secondo comma, aggiunga che «le commissioni tributarie, quando occorre acquisire elementi conoscitivi di particolare complessità, possono richiedere apposite relazioni ad organi tecnici dell’amministrazione dello Stato o di altri enti pubblici compreso il Corpo della Guardia di finanza, ovvero disporre consulenza tecnica».
Il Collegio toscano ha evidenziato che ragioni dovute alla formazione strutturale delle Commissioni tributarie inducono i giudici a pervenire alla decisione con celerità, senza indulgere ad indagini ulteriori e da essi stessi gestite, con la conseguenza che l’istruttoria fiscale è affidata quasi esclusivamente all’Amministrazione finanziaria che, fra l’altro, raccoglie dichiarazioni di persone informate dei fatti. Dichiarazioni che possono compromettere l’esito del processo anche se si suole ripetere che non sono vere testimonianze, ossia prove, ma solo indizi, poiché non può trascurarsi che il dispositivo che conclude il processo tributario è assai spesso determinato da indizi, e che quindi la distinzione fra indizio e prova sfuma al punto da divenire quasi impercettibile.
Di conseguenza, gli “indizi” raccolti dall’Amministrazione fiscale svolgono un ruolo decisivo e producono effetti identici a quelli propri di una istruttoria giudiziaria, dal momento che non è possibile che i giudici tributari si facciano ricercatori o anche solo percettori di prove, ed acquisiscano sistematicamente indizi in contraddittorio, determinando una dilatazione dei tempi incompatibile con la ragionevole durata del processo. Dalle considerazioni che precedono il Collegio toscano ha tratto la convinzione della necessità che il contribuente abbia voce, e sia presente anche in quella fase, pur qualificabile come “amministrativa”, in cui si forma il materiale probatorio su cui poggerà un giudizio spesso pronunciato dopo una breve discussione orale.
Il contraddittorio amministrativo appare infatti strumentale a garantire il diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost., ed altresì a permettere che le parti processuali si collochino, se non su un piano di compiuta parità, almeno “in condizioni di parità”, di guisa che il processo risulti “giusto”, come prescrivono l’art. 111 Cost. e l’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1995, n. 848.
L’ordinanza della Commissione regionale della Toscana ha posto anche in risalto come la Corte Costituzionale abbia in passato, con un importante complesso di sentenze, imposto alla recalcitrante Corte di Cassazione di applicare le garanzie previste dagli artt. 304-bis, 304-ter e 304-quater introdotti nel codice di procedura penale dalla legge 18 giugno 1955, n. 517, anche agli atti di indagine della polizia giudiziaria in considerazione del fatto che essi entravano nel processo penale con valore analogo a quello degli atti istruttori raccolti dal giudice e come, a maggior ragione, il principio debba valere anche nel processo tributario, ove è addirittura escluso che il giudice possa procedere ad un’attività di acquisizione diretta delle dichiarazioni di persone informate e quindi conosce delle dichiarazioni di costoro solo attraverso i verbali degli investigatori e accertatori tributari, essendo per contro pacificamente ammesso dalla giurisprudenza l’ingresso nel processo tributario di dichiarazioni di terzi raccolte dai verificatori ed inserite nel processo verbale di constatazione per poi essere utilizzate quale strumento di convincimento del giudice (19).
La sancita impossibilità che le persone “informate dei fatti” siano udite nell’ambito della procedura contenziosa con le garanzie del contraddittorio rende quindi necessaria una garanzia nella fase amministrativa in cui le dichiarazioni di queste persone sono raccolte e documentate, e tale garanzia potrebbe essere ravvisata nell’applicazione del meccanismo previsto al settimo comma dell’art. 12 della legge n. 212/2000, ponendo il contribuente nelle condizioni di evidenziare le contraddizioni od i dubbi sulle dichiarazioni dei testi e sollecitandone così una nuova audizione, non apparendo invece sufficiente la possibilità riconosciuta al contribuente dalla giurisprudenza maggioritaria di introdurre in giudizio dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale, con il valore probatorio proprio degli elementi indiziari. È infatti evidente che le dichiarazioni raccolte “privatamente” non costituiscono una forma di adeguato contraddittorio anche quando le dichiarazioni siano raccolte attraverso l’interpello dei medesimi soggetti ascoltati dall’Ufficio verificatore o accertatore.
Secondo la menzionata ordinanza di rinvio, inoltre, il particolare regime delle attività di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività del contribuente appare anche irragionevolmente discriminatorio in relazione a tutti quei contribuenti che non abbiano subito operazioni di controllo in detti locali, giacché alcuni hanno diritto al contraddittorio e altri no solo in relazione al fatto di aver subito o meno una delle predette forme di indagine.
L’evoluzione giurisprudenziale richiamata nella parte iniziale del presente intervento era sembrata avviarsi verso il pieno riconoscimento della necessità del contraddittorio preventivo per tutte le tipologie di accertamento, ravvisando in esso la primaria espressione dei principi di derivazione costituzionale della collaborazione e buona fede nei rapporti tra contribuente ed Amministrazione evidenziati in premessa, anche e soprattutto a vantaggio del migliore esercizio della potestà impositiva di cui all’art. 53 Cost. Poi, come si è visto, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con l’ormai famosa sentenza n. 24823 del 2015 sopra citata, hanno compiuto una netta quanto inaspettata inversione di marcia, ponendosi in aperto contrasto con quanto precedentemente affermato dalla stessa Corte circa il fatto che il rispetto dei diritti della difesa, e del conseguente diritto che ne deriva per ogni persona di essere sentita prima dell’adozione di qualsiasi decisione che possa incidere negativamente sui suoi interessi, costituisce un principio fondamentale del diritto dell’Unione europea, atteso che il diritto al contraddittorio in qualsiasi procedimento è sancito non solo dagli artt. 47 e 48 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea che garantiscono i diritti di difesa nonché il diritto ad un processo equo in ogni procedimento giurisdizionale, ma anche dall’art. 41 di quest’ultima fonte, il quale garantendo il diritto ad una buona amministrazione prevede che questo comporti il diritto di ogni individuo ad essere ascoltato prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale lesivo, onde poter manifestare utilmente il proprio punto di vista in merito agli elementi sui quali l’Amministrazione intende fondare la propria decisione (20).
A questo punto, evidentemente, è doveroso attendersi che la Corte Costituzionale, nuovamente chiamata a pronunziarsi sulla riferita tematica, sappia e voglia adottare una coraggiosa soluzione di accoglimento della prospettata questione di legittimità costituzionale con una lettura additiva dell’art. 12, settimo comma, della legge n. 212/2000, in base alla quale il termine dilatorio di sessanta giorni, intercorrente fra la consegna del processo verbale di constatazione o comunque la conclusione delle operazioni di controllo fiscale (da formalizzarsi sempre con apposito processo verbale di “chiusura”, come esplicitamente presupposto dalla predetta disposizione) (21) e l’emissione dell’avviso di accertamento o del provvedimento di irrogazione delle sanzioni, non possa che essere inquadrato ed inteso come regola generale, da valere sempre in tutti i casi di verifica, indagine e controllo, anche “a tavolino” (ovvero presso le sole sedi degli Uffici finanziari), senza alcuna ingiustificata distinzione tra tributi armonizzati e non e tra le diverse tipologie e forme del procedimento di accertamento, concretizzandosi in tal modo il tanto auspicato ingresso (o consolidamento) nel nostro ordinamento di un principio generale di diritto al contraddittorio nella fase preventiva all’emissione di un atto tributario autoritativo, unico modo per garantire con compiutezza il pieno esercizio del diritto di difesa e per evitare che la portata di tale diritto possa soggiacere all’insondabile discrezionalità dell’Amministrazione finanziaria.
Avv. Fabio Benincasa
Università della Campania “Luigi Vanvitelli”
(1) Anche se la giurisprudenza non ha mai ritenuto illegittimo l’avviso di accertamento “bancario” emesso in assenza di contraddittorio, come ricordato, fra gli altri, da M.V. SERRANÒ, Sulla opportunità del contraddittorio nelle indagini bancarie, in Boll. Trib., 2008, 533 ss.
(2) Sull’argomento cfr. le interessanti notazioni di F. TUNDO, Nullo l’atto di accertamento non motivato sulle deduzioni prodotte dal contribuente in contraddittorio, in Corr. trib., 2013, 999 ss.
(3) Cfr. F. AMATUCCI – F. RAINONE, Contraddittorio endoprocedimentale negli accertamenti da studi di settore e rispetto del diritto di difesa, in Boll. Trib., 2010, 1669 ss.; ed in giurisprudenza Cass., sez. VI, 26 marzo 2015, ord. n. 6054, in Boll. Trib., 2016, 967; Cass., sez. trib., 27 maggio 2015, n. 10920, in Boll. Trib. On-line; e Cass., sez. VI, 20 gennaio 2017, n. 1496, ivi.
(4) Com’è noto, tale delicata e fondamentale questione ha formato oggetto di un pluriennale e vivace dibattitto, tuttora in corso di evoluzione e che nella presente occasione appare eccessivo richiamare per doverose esigenze di sintesi, di talché ci limitiamo volutamente a citare solo i più recenti contributi apparsi in questa Rivista, ovvero P. ACCORDINO, Il diritto del contribuente al contraddittorio preventivo nei procedimenti tributari concepito come un principio fondamentale dell’ordinamento la cui violazione determina la nullità dell’atto non preavvisato, in Boll. Trib., 2014, 1749 ss.; B. AIUDI, Il Contraddittorio? Non ce lo possiamo permettere!, ivi, 2016, 232 ss.; ID., La neutralità dell’IVA e l’utilità del contraddittorio anticipato, ivi, 2017, 654 ss.; V. AZZONI, Sulle conseguenze della violazione dell’obbligo di rispetto dell’intervallo minimo prima dell’emissione dell’avviso di accertamento, ivi, 2013, 386 ss.; ID., Dialogo tra un antico e un moderno intorno ai diritti dei contribuenti sottoposti a verifica fiscale secondo il pensiero della Suprema Corte (sentenza n. 24823/2015), ivi, 2016, 184 ss.; ID., L’applicazione generalizzata del principio del contraddittorio endoprocedimentale ed i profili di incostituzionalità dell’art. 12, settimo coma, della legge n. 212/2000: alla Corte Costituzionale l’ardua sentenza, ibidem, 966 ss.; F. BRIGHENTI, La nullità per violazione del contraddittorio: «rigore c’è quando arbitro fischia», ivi, 2014, 1335; D. CARNIMEO, Il contraddittorio endoprocedimentale è obbligatorio per tutti gli accertamenti standardizzati, ivi, 2011, 552, ss.; M. CICALA, Attività di accertamento e contraddittorio amministrativo: verso un nuovo intervento delle Sezioni Unite, ivi, 2015, 86 ss.; L. LOVECCHIO, La nullità del controllo formale non preceduto dal contatto con il contribuente e la centralità del principio del contraddittorio preventivo, ivi, 2014, 1492 ss.; S. PASETTO, La natura giuridica degli studi di settore e il ruolo del contraddittorio, ivi, 2011, 388 ss.; A. RUSSO, Urgenza dell’accertamento anticipato e altre casistiche giurisprudenziali sul contraddittorio endoprocedimentale tra fisco e contribuente, ivi, 2014, 816 ss.; M.V. SERRANÒ, Innovativo e sostanziale contributo della Corte di Giustizia europea in tema di contraddittorio endoprocedimentale tributario, ivi, 2015, 466 ss.; M. TORTORELLI, Il contraddittorio endoprocedimentale e il modello di partecipazione attiva accolto nello Statuto dei diritti del contribuente, ivi, 2012, 890 ss.; ID., La violazione del diritto al contraddittorio endoprocedimentale e il vaglio del giudice tributario, ivi, 2015, 1265 ss.; A. VOGLINO, La necessitata espansione del diritto al contraddittorio a tutti i procedimenti tributari di ogni genere e specie, ibidem, 146 ss.; ed ancora V. AZZONI, Sessanta e non più sessanta: la violazione del termine dilatorio dello Statuto dei diritti del contribuente costituisce un vizio invalidante dell’accertamento?, ivi, 2013, 1432 ss.; F. DEL TORCHIO, Contraddittorio preventivo e ragioni di motivata urgenza, ibidem, 1434 ss.; e U. PERRUCCI, La “sanzione” dell’invalidità dell’avviso di accertamento emesso anticipatamente rispetto al termine dilatorio di 60 giorni di cui all’art. 12 dello Statuto dei diritti del contribuente alla luce della recente sentenza delle Sezioni Unite della Suprema Corte, ibidem, 1436 s.; quest’ultimi tutti in nota all’ormai famosa pronuncia resa da Cass., sez. un., 29 luglio 2013, n. 18184, ibidem, 1428 (di cui infra nel testo), sulle conseguenze invalidanti derivanti dal mancato rispetto delle garanzie endoprocedimentali previste dal settimo comma dell’art. 12 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente), concernenti la formazione di un verbale di chiusura delle operazioni di controllo e il rilascio di una sua copia al contribuente, la facoltà del contribuente stesso di comunicare osservazioni e richieste, che l’Ufficio finanziario ha il dovere di valutare, entro il termine di sessanta giorni dal rilascio della copia di detto verbale, nonché il divieto di emanare l’avviso di accertamento prima della scadenza di tale termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza.
(5) Per approfondimenti sull’argomento cfr. L. DEL FEDERICO, Tutela del contribuente ed integrazione giuridica europea, Milano, 2010, 220 ss.; G. MELIS, Evasione ed elusione fiscale internazionale, in Rass. trib., 2014, 1293 ss.; G. RAGUCCI, Il contraddittorio come principio generale del diritto comunitario, ivi, 2009, 585 ss.; F. TUNDO, Procedimento tributario e difesa del contribuente, Padova, 2013, 142 ss.
(6) Come nel caso della famosa sentenza della Corte Giust. CE, sez. II, 18 dicembre 2008, causa C-349/07, Sopropè c. Fazenda Pública, in Boll. Trib. On-line, nella quale i diritti di difesa ed al contraddittorio a livello UE in materia doganale sono stati riconosciuti come principi generali e fondanti. Sull’argomento cfr. M.G. DE FLORA, I limiti del principio del contraddittorio preventivo, in Dir. prat. trib. int., 2012, 995 ss.
(7) In Boll. Trib., 2013, 1427, con le già citate note di V. AZZONI, Sessanta e non più sessanta: la violazione del termine dilatorio dello Statuto dei diritti del contribuente costituisce un vizio invalidante dell’accertamento?; F. DEL TORCHIO, Contraddittorio preventivo e ragioni di motivata urgenza, e U. PERRUCCI, La “sanzione” dell’invalidità dell’avviso di accertamento emesso anticipatamente rispetto al termine dilatorio di 60 giorni di cui all’art. 12 dello Statuto dei diritti del contribuente alla luce della recente sentenza delle Sezioni Unite della Suprema Corte.
(8) In tal senso cfr. per tutte Cass., sez. trib., 28 marzo 2014, n. 7315, in Boll. Trib. On-line.
(9) In Boll. Trib., 2014, 1740, con la già citata nota di P. ACCORDINO, Il diritto del contribuente al contraddittorio preventivo nei procedimenti tributari concepito come un principio fondamentale dell’ordinamento la cui valutazione determina la nullità dell’atto non preavvisato.
(10) Sulle due sentenze in questione cfr. il già richiamato approfondimento di M. CICALA, Attività di accertamento e contraddittorio amministrativo: verso un nuovo intervento selle Sezioni Unite, cit.
(11) Così la circ. 6 agosto 2014, n. 25/E, in Boll. Trib., 2014, 1168.
(12) In Boll. Trib., 2015, 1271, con nota di V. AZZONI, Elusione fiscale e tutela del contribuente nell’accertamento ex art. 37-bis del D.P.R. n. 600/1973.
(13) In Boll. Trib., 2013, 1684, con nota di V. AZZONI, Brevi riflessioni immediate introno a uno spiazzante “revirement” concettuale della Suprema Corte.
(14) In Boll. Trib., 2015, 137, con la già citata nota adesiva di A. VOGLINO, La necessitata espansione del diritto al contraddittorio a tutti i procedimenti tributari di ogni genere e specie.
(15) In Boll. Trib., 2016, 222, con la già citata nota fortemente critica di B. AIUDI, Il Contraddittorio? Non ce lo possiamo permettere!
(16) La posizione secondo la quale ai fini del diritto al contraddittorio si dovrebbe distinguere tra tributi armonizzati e non peraltro è stata fortemente e giustamente criticata da S. MULEO, Il contraddittorio procedimentale: un miraggio evanescente?, in Riv. trim. dir. trib., 2016, 233, secondo il quale i vizi che interessano una delle garanzie procedimentali costituiscono vizi dell’intero procedimento suscettibili di inficiare l’atto impositivo emesso, e non appare accettabile ipotizzare nell’ambito di accertamenti unitari un trattamento differenziato fra tributi armonizzati e tributi non armonizzati.
(17) Posizione di netto dissenso rispetto alla citata sentenza sono state inoltre espresse da B. AIUDI, Il Contraddittorio? Non ce lo possiamo permettere!, cit., secondo il quale «Anche se non esplicitamente esposte, alla base dell’annotata sentenza n. 24823/2015 delle Sezioni Unite, vi sono sicuramente considerazioni di questo genere sulla salvaguardia dell’equilibrio del bilancio pubblico e, con esso, delle entrate tributarie dello Stato, compromesse dalle aperture giurisprudenziali nei confronti del contraddittorio come regola generale nell’ambito del procedimento impositivo»; nonché, più recentemente, da F. AMATUCCI, L’autonomia procedimentale tributaria nazionale ed il rispetto del principio europeo del contraddittorio, in Riv. trim. dir trib., 2017, 257 ss., secondo il quale «Tale tendenza della nostra giurisprudenza e del nostro legislatore non appare tuttavia condivisibile e conforme alla proporzionalità in quanto non si fonda su di una gradualità del riconoscimento del principio del contraddittorio quale espressione del diritto di difesa che risulta fondamentale secondo l’ordinamento europeo, anche se può essere soggetto a restrizioni. Tali restrizioni che sono previste a livello UE se rispondono ad obiettivi di interesse generale, non possono certo essere considerate come avviene nel nostro ordinamento, settoriali e basate su un determinato tributo (armonizzato), o al tipo di accertamento e di clausola antielusiva, ma riguardano trasversalmente la valutazione degli effetti della mancata partecipazione del contribuente come riconosciuto anche dalla nostra giurisprudenza».
(18) In Boll. Trib., 2016, 960, con la già citata nota di V. AZZONI, L’applicazione generalizzata del principio del contraddittorio endoprocedimentale ed i profili di incostituzionalità dell’art. 12, settimo coma, della legge n. 212/2000: alla Corte Costituzionale l’ardua sentenza.
(19) In tal senso cfr. Cass., sez. trib., 16 luglio 2014, n. 16223, in Boll. Trib., 2015, 127; Cass., sez. trib., 7 febbraio 2013, n. 2916, in Boll. Trib., 2013, 884; e Cass., sez. trib., 30 settembre 2011, n. 20032, in Boll. Trib. On-line.
(20) Sul punto cfr. Corte Giust. UE, sez. V, 3 luglio 2014, cause riunite C-129/13 e C-130/13, Kamino International Logistics BV e Datema Hellmann Worldwide Logistics BV c. Staatssecretaris van Financiën, in Boll. Trib., 2015, 457, con la già citata nota di M.V. SERRANÒ, Innovativo e sostanziale contributo della Corte di Giustizia europea in tema di contraddittorio endoprocedimentale tributario; nonché le condivisibili notazioni già svolte da P. ACCORDINO, Il diritto del contribuente al contraddittorio preventivo nei procedimenti tributari concepito come un principio fondamentale dell’ordinamento la cui violazione determina la nullità dell’atto non preavvisato, cit.; B. AIUDI, Il Contraddittorio? Non ce lo possiamo permettere!, cit.; V. AZZONI, L’applicazione generalizzata del principio del contraddittorio endoprocedimentale ed i profili di incostituzionalità dell’art. 12, settimo coma, della legge n. 212/2000: alla Corte Costituzionale l’ardua sentenza, cit.; M. CICALA, Attività di accertamento e contraddittorio amministrativo: verso un nuovo intervento delle Sezioni Unite, cit.; e A. VOGLINO, La necessitata espansione del diritto al contraddittorio a tutti i procedimenti tributari di ogni genere e specie, cit.
(21) Per mera immediatezza di riscontro si ricorda, infatti, che il testo del più volte citato settimo comma dell’art. 12 della legge n. 212/2000 (articolo rubricato «Diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali»), prevede testualmente che «Nel rispetto del principio di cooperazione tra Amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli Uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza».