SOMMARIO: 1. La riforma del processo tributario – 2. Problemi delle nuove norme sulla tutela cautelare – 3. Una possibile interpretazione degli artt. 52, secondo comma, e 62-bis, primo comma, del D.Lgs. n. 546/1992 – 4. L’oggetto della sospensione – 5. I requisiti della tutela cautelare – 6. Riscossione dopo la cassazione della sentenza di appello – 7. Conclusioni.
1. La riforma del processo tributario
In attuazione della delega contenuta nell’art. 10, primo comma, lett. b), nn. 9) e 10), della legge 11 marzo 2014, n. 23, il D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 156, estende la tutela cautelare nel processo tributario oltre il primo grado di giudizio e dispone l’immediata esecutività delle sentenze di condanna «al pagamento di somme in favore del contribuente» e di quelle che decidono sui ricorsi avverso gli atti relativi alle operazioni catastali.
Viene così superato il limite del giudicato, prima del quale non poteva essere promosso il giudizio di ottemperanza per l’esecuzione di tali sentenze.
Proprio il giudizio di ottemperanza rimane, poi, l’unico mezzo per l’esecuzione forzata delle sentenze di condanna dell’Amministrazione finanziaria, giusta l’eliminazione del riferimento, nell’art. 70, primo comma, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, alle norme processual-civilistiche sull’esecuzione (1).
Parallelamente, si è prevista la possibilità di esperire il giudizio di ottemperanza anche in caso di mancato rimborso di somme indebitamente riscosse in esecuzione di atti poi annullati (art. 68, secondo comma, secondo periodo, del D.Lgs. n. 546/1992).
Altre disposizioni di carattere innovativo riguardano la conciliazione giudiziale che ora, nella duplice forma della conciliazione in udienza e fuori udienza, si perfeziona con la firma dell’accordo e può aver luogo anche oltre il primo grado di giudizio (2); e la disciplina delle spese processuali, che vede un rafforzamento del principio della soccombenza.
È inoltre previsto che, con l’ordinanza che decide sulle istanze cautelari, la Commissione tributaria provveda anche sulle spese della relativa fase, e che la pronuncia sulle spese conservi efficacia anche dopo il provvedimento che definisce il giudizio, salvo diversa statuizione espressa nella sentenza di merito (nuovo comma 2-quater dell’art. 15 del del D.Lgs. n. 546/1992).
Altre modifiche concernono la riscossione del tributo durante il processo e codificano, più o meno efficacemente, orientamenti giurisprudenziali consolidati: la nuova lett. c-bis) dell’art. 68 del D.Lgs. n. 546/1992 disciplina la riscossione delle imposte dovute a seguito di cassazione con rinvio, distinguendo tra estinzione e prosecuzione del giudizio per riassunzione della causa.
Quanto alla tecnica normativa, il D.Lgs. n. 156/2015 integra e modifica le disposizioni rilevanti del D.Lgs. n. 546/1992, talvolta sostituendole integralmente.
La disciplina della tutela cautelare risulta ora disseminata tra l’art. 47, sulla sospensione dell’atto impugnato, e i nuovi artt. 52 e 62-bis, dedicati, rispettivamente, all’esecuzione provvisoria in appello e in cassazione: il primo è stato integralmente riscritto, il secondo è di nuova introduzione. L’art. 65, comma 3-bis, estende poi la tutela cautelare anche alla revocazione (3).
Per coordinamento è stato eliminato l’inciso del previgente art. 49 del D.Lgs. n. 546/1992, che escludeva l’applicazione dell’art. 337 c.p.c. al processo tributario (4).
Non è stato seguito il suggerimento di integrare le disposizioni generali sui mezzi d’impugnazione con puntuali rinvii all’art. 47 (5), per disciplinare la tutela cautelare con una norma ad hoc, nel rispetto della delega che richiedeva «l’uniformazione e generalizzazione degli strumenti di tutela cautelare»; la si è, invece, regolata con specifiche disposizioni, inserite in norme dedicate all’esecutività delle sentenze. Norme, queste ultime, delle quali non si avvertiva la necessità, dato che le sentenze dei giudici tributari erano già esecutive, pur nei limiti della riscossione frazionata (per le sentenze favorevoli all’Ufficio) e dell’oggi superato giudicato (per quelle di condanna dell’Amministrazione finanziaria al rimborso).
Una volta reso effettivo l’obbligo, per gli Uffici finanziari, di restituire le somme percette in esecuzione di atti annullati, sarebbe bastato anticipare l’esecutività delle sentenze di condanna dei predetti Uffici al rimborso. Si è, invece, introdotta la generalizzata e provvisoria esecutività delle sentenze, anche di quelle di annullamento e rigetto, temperandola con gli istituti – differenti per natura, presupposti ed effetti – della sospensione provvisoria delle sentenze e dell’atto impositivo.
L’articolato quadro normativo si conchiude con la novellata disciplina dell’esecuzione delle sentenze, racchiusa nelle disposizioni del Capo IV, variamente integrate e sostituite: tra queste, l’art. 69 del D.Lgs. n. 546/1992, sostituito, stabilisce l’immediata esecutività delle sentenze di condanna dell’Ufficio finanziario al pagamento di somme (quindi, sia delle sentenze sulle liti di rimborso sia di quelle che condannano la parte pubblica a restituire le somme provvisoriamente riscosse in corso di giudizio); mentre il nuovo art. 67-bis dispone, appunto, l’esecutività delle sentenze tributarie.
2. Problemi delle nuove norme sulla tutela cautelare
La riforma giunge all’esito di un lungo travaglio giurisprudenziale, cui ha impresso una svolta decisiva l’importante sentenza della Corte Costituzionale 17 giugno 2010, n. 217, la quale ha aperto alla concessione della tutela cautelare anche nelle fasi successive al primo grado di giudizio del processo tributario (6).
Si nota subito l’equivoco concettuale sul quale riposa la nuova disciplina dell’esecuzione delle sentenze tributarie e della loro sospensione: le sentenze di annullamento, infatti, non hanno efficacia esecutiva (recte, esecutoria) (7), ma solo costitutiva (incidono sul provvedimento, annullandolo). Semmai, producono effetti ripristinatori e obbligano gli Uffici finanziari a restituire l’indebito, come dimostra peraltro il disposto dell’art. 68, secondo comma, del D.Lgs. n. 546/1992, che disciplina quello che è un effetto naturale della sentenza d’annullamento (8).
L’esplicita previsione della possibilità di ricorrere al giudizio di ottemperanza per ottenere tale restituzione si era resa necessaria perché, nell’inadempienza degli Uffici finanziari, la giurisprudenza aveva costretto il contribuente a intraprendere una lite di rimborso (9). Perciò l’ultima parte dell’art. 68, secondo comma, del D.Lgs. n. 546/1992, non vale a confermare che le sentenze di annullamento sono esecutorie, bensì rafforza semplicemente i rimedi giuridici a presidio dell’inadempimento di un obbligo che scaturisce dall’annullamento dell’atto.
Molto s’è scritto, poi, su cosa abbia ad essere l’oggetto della sospensione, se l’atto o la sentenza. Sul punto, la riforma fornisce indicazioni non univoche, ma che consentono comunque alcune riflessioni utili al dibattito scientifico e alla pratica.
Gli artt. 52, secondo comma, e 62-bis, primo comma, del D.Lgs. n. 546/1992, con formulazione pressoché identica, consentono alla parte che propone impugnazione di chiedere la sospensione «dell’esecutività della sentenza impugnata» (letteralmente, l’art. 52 menziona l’appellante, mentre l’art. 62-bis la parte che propone il ricorso per cassazione); al secondo periodo dispongono che il contribuente possa «comunque chiedere la sospensione dell’esecuzione dell’atto».
Ictu oculi sembrerebbe che le disposizioni citate disciplinino due fattispecie distinte: il primo periodo riguarderebbe l’inibitoria proponibile dall’Amministrazione finanziaria, soccombente nel precedente grado di giudizio, mentre il secondo quella proponibile dal contribuente in ipotesi di rigetto del ricorso o dell’appello. Quindi, con i termini appellante e ricorrente il legislatore si sarebbe riferito alla sola parte pubblica (10).
Coerentemente, si è sostenuto che oggetto della sospensione sarebbero, nel primo caso, la sentenza, nel secondo, l’atto.
A riprova, varrebbe la soppressione, nel passaggio parlamentare, del settimo comma degli artt. 52 e 62-bis dello schema di decreto delegato, il quale prevedeva che «la sospensione dell’esecutività della sentenza favorevole al contribuente consente la riscossione delle somme esigibili nella pendenza del giudizio di primo grado».
Secondo questo ordine di idee, il settimo comma rischiava di ingenerare l’errata opinione che l’Ufficio finanziario, ottenuta la sospensione della sentenza di annullamento, potesse porre in riscossione i tributi richiesti con l’atto già in pendenza del giudizio primo grado.
Si tratta di una norma certo mal formulata, in quanto prima del giudizio potrebbe non esservi nulla da riscuotere (se il contribuente paga prima od ottiene la sospensione ex art. 47); ma che, a ben vedere, non era strettamente necessaria, una volta disposta l’immediata esecutività delle sentenze tributarie. In questo va forse trovata la ragione della sua eliminazione.
All’atto pratico, infine, l’interazione tra la disciplina dell’esecutività delle sentenze e quella della sospensione dell’atto rischia di creare problemi di coordinamento tra l’attività dell’agente della riscossione e quella dell’Ufficio impositore: si pensi, ad esempio, alla sospensione di una sentenza di rigetto, concessa dopo la notifica dell’intimazione ad adempiere da parte dell’Ufficio finanziario.
3. Una possibile interpretazione degli artt. 52, secondo comma, e 62-bis, primo comma, del D.Lgs. n. 546/1992
Da una diversa lettura, che tenti di districare il groviglio di disposizioni, sembra che il primo periodo delle norme citate si applichi non solo al caso in cui il contribuente sia rimasto soccombente in primo grado, ma anche quando, accolto il ricorso e annullato l’atto, sia l’Amministrazione finanziaria o, comunque, la parte pubblica a chiedere la sospensione della sentenza.
In quest’ottica, l’art. 52, secondo comma, ultimo periodo, del D.Lgs. n. 546/1992, costituirebbe la naturale estensione della disciplina della tutela cautelare ex art. 47 oltre il primo grado di giudizio.
Conforterebbe quest’opinione anche l’uso ellittico della parola “comunque”, in funzione di avverbio, in una frase dal tono conclusivo.
Mi spiego subito meglio.
Sappiamo che le sentenze del giudice tributario sono immediatamente esecutive, anche se impugnate. Perciò una sentenza di accoglimento del ricorso annulla l’atto e obbliga l’Amministrazione a restituire quanto versato prima (o nel corso) del giudizio: ciò valeva anche prima della riforma, tanto è vero che l’art. 68, secondo comma, del D.Lgs. n. 546/1992, proprio sul presupposto della immediata esecutività delle sentenze tributarie, disciplinava la restituzione delle somme versate durante il giudizio (11).
Nelle fasi d’impugnazione, le vicende delle sentenze si riflettono sull’atto impugnato: così è che, se la sentenza di annullamento è riformata in appello, rivive l’esecutività dell’atto impugnato.
Ora, in una situazione come quella testé descritta, in cui l’Amministrazione finanziaria si è vista annullare l’atto, essa avrà interesse, come parte appellante, a chiedere la sospensione degli effetti della sentenza; altrimenti dovrebbe restituire quanto provvisoriamente versato o riscosso.
Una volta accolta l’istanza di sospensione della decisione di annullamento, però, rivivrebbe l’esecutività dell’atto e l’Ufficio finanziario potrebbe riscuotere provvisoriamente il quantum determinato in sentenza (12).
Ecco che si applicherebbe il secondo periodo del secondo comma dell’art. 52 del D.Lgs. n. 546/1992: il contribuente avrebbe interesse ad ottenere comunque la sospensione dell’atto, ossia nonostante la sospensione della sentenza di primo grado a lui favorevole.
Invece, l’art. 62-bis, primo comma, secondo periodo, dovrebbe applicarsi non solo quando sia proposto ricorso per cassazione, ma anche quando, cassata con rinvio la sentenza di secondo grado e nell’inefficacia di entrambe le sentenze di merito, riviva l’atto impugnato (13).
In sostanza l’avverbio “comunque” varrebbe a rafforzare la posizione del contribuente, assicurandogli la tutela cautelare tutte le volte in cui l’esecutorietà dell’atto sia “mediata” dall’efficacia costitutiva di una sentenza di annullamento, poi sospesa (14).
Questa lettura riesce così a coordinare istituti pur diversi tra loro e a dar ragione degli altrettanto differenti presupposti (ved. infra par. 5).
4. L’oggetto della tutela cautelare
Si può dire che la novella segni un punto decisivo a favore delle teorie dichiarative e che oggetto della sospensione sia la sentenza e non l’atto (15)?
Il sostantivo “esecutività” (la delega parlava di “esecutorietà”), associato alla sentenza tributaria di annullamento, fa certo pensare che sia la sentenza – e non l’atto – a costituire titolo per l’esecuzione.
Anche da alcuni passaggi della relazione illustrativa sembra trasparire una concezione del processo tributario come giudizio sul rapporto, le cui sentenze sono da equiparare a quelle del giudice civile quanto ad efficacia esecutiva.
Sembra, insomma, di cogliere l’influenza della teoria dichiarativa la quale, nella teoria generale del processo tributario, ritiene che la sentenza sostituisca l’atto e che sia dotata di una propria esecutorietà (16).
L’esperienza, però, insegna che il legislatore si è mostrato sovente più attento alle esigenze pratiche che al dibattito dottrinale e che non è sempre possibile ricavare, dalle righe delle riforme, l’incondizionata adesione a certe teorie in luogo di altre (17).
In questo caso, sembra di potere dare un’interpretazione diversa dell’articolato dato normativo, che distingua l’inibitoria della sentenza dalla sospensione dell’esecutorietà dell’atto, senza, però, tradire l’impostazione dommatica che vede in quest’ultimo l’unico oggetto della tutela cautelare nel processo tributario.
Sembra che il legislatore, nella formulazione della prima parte dell’art. 52, secondo comma, del D.Lgs. n. 546/1992, concernente la sospensione della decisione, abbia preso atto del fatto – inconfutabile – che, se l’Ufficio finanziario soccombe in primo grado, oggetto formale dell’inibitoria non può che essere la sentenza.
Per quanto diversi, i due istituti (inibitoria della sentenza e sospensione dell’atto) sono indubbiamente collegati; e ciò per l’evidente ragione che l’efficacia della sentenza si riverbera sulla esecutività dell’atto, non per una inavvertita adesione alle teorie dichiarative (18).
Bisogna infatti distinguere, quanto alle sentenze, tra esecutorietà ed esecutività (mentre tale distinguo non vale più per gli avvisi, i quali, dopo la concentrazione della riscossione nell’accertamento, divengono esecutivi con il decorso del termine impugnatorio): se con la prima s’intende l’efficacia di titolo esecutivo, essa appartiene solo alle decisioni di condanna, non a quelle che annullano l’atto o respingono il ricorso. Infatti, queste ultime hanno efficacia costitutiva, se annullano in tutto o in parte l’atto, o di accertamento, se respingono il ricorso (19).
Le decisioni di annullamento incidono sull’esecutorietà dell’atto, sospendendola in tutto o in parte, così che l’Ufficio finanziario è obbligato a rimborsare le somme riscosse in via provvisoria.
Quelle di rigetto accertano l’inesistenza dei vizi dell’avviso, ma non hanno efficacia esecutoria: l’imposta rimane dovuta in base all’atto, che costituisce titolo per la riscossione.
Prova ne è che, in caso di annullamento parziale, l’atto viene iscritto a ruolo per la parte non annullata e le riscossioni provvisorie si consolidano, se l’avviso non è annullato (anche se vengono poi meno le iscrizioni a titolo definitivo) (20).
Per questo si dice che l’esecutività della sentenza si riverbera sull’esecutività dell’atto: nel senso che ne limita o sprigiona l’efficacia esecutoria, non potendosi sostituire ad esso (almeno fino al passaggio in giudicato).
Si tratta di un effetto secondario della sentenza, che non dipende dal passaggio in giudicato e si riflette nell’esecutività dell’atto, il quale solo può costituire (il vero) oggetto di sospensione – anche in sede di impugnazione (21).
La proposta ricostruzione si concilia bene con l’equipollenza tra avviso non definitivo (ss. non impugnato) e sentenza non passata in giudicato sotto il profilo della esecutività (22): come l’avviso confermato dalla sentenza di rigetto legittima la riscossione, così, dopo il D.Lgs. n. 156/2015, anche la sentenza non definitiva di annullamento comporta l’immediata esecutività dell’effetto ripristinatorio.
Invece, prima della novella, il sistema di attuazione dei tributi a riscossione frazionata risultava sbilanciato nella fase processuale: mentre un avviso di accertamento non definitivo, ma confermato dal giudice, legittimava la riscossione provvisoria (suscettibile di consolidarsi all’esito del giudizio), il suo annullamento non comportava obblighi restitutori prima della regiudicata.
L’esecutività di un provvedimento sub iudice, ancorché provvisoria, costituiva, insomma, un evidente scollamento in un sistema, che, specie dopo il decreto di riforma della riscossione, tende ad avvicinare la riscossione all’accertamento e condiziona l’esecutività dell’atto impositivo alla sua definitività (recte, inoppugnabilità) (23).
5. I requisiti della tutela cautelare
Come nel processo civile, i presupposti che legittimano l’inibitoria della sentenza sono stati graduati in ragione dello stato del giudizio e della maggiore o minore vicinanza dell’atto all’inoppugnabilità: tanto più esso si avvicina a tale condizione tanto più rigorosi sono i requisiti in questione (24).
Diversamente, la sospensione dell’esecutività dell’atto oltre il primo grado rimane ancorata alla prova dell’immutato – e piuttosto rigoroso – presupposto del “danno grave ed irreparabile”; segno, questo, della volontà di conformare la tutela cautelare a requisiti omogenei in tutte le fasi del processo tributario.
Come in primo grado, il giudice d’appello, nel delibare il merito, dovrà valutare anche il fumus boni iuris, ove necessario (cfr. art. 52, quarto comma, del D.Lgs. n. 546/1992): è il caso della sospensione dell’atto chiesta dopo una decisione di rigetto o annullamento parziale; o di quella rivolta alla Commissione regionale avanti la quale il contribuente abbia riassunto la causa dopo la cassazione (a mente dell’art. 52, secondo comma, ultimo periodo, del medesimo decreto).
Non sarà, invece, necessaria la previa delibazione del merito quando il contribuente, sempre in appello, chieda la sospensione dell’atto ritornato esecutivo dopo l’inibitoria della relativa decisione di annullamento (ottenuta dall’Ufficio finanziario).
Diverso è il discorso per la sospensione della sentenza di appello impugnata per cassazione: in questa fase, l’istanza è fatta allo stesso giudice a quo il quale, però, non deciderà il merito. Coerente l’art. 62-bis, capoverso che non richiede la prova del fumus boni iuris (25) (26).
6. Riscossione dopo la cassazione della sentenza di appello
Non possono essere tralasciate le ricadute che la proposta ricostruzione può avere sulla riscossione dopo la cassazione della sentenza d’appello.
In tale caso la nuova lettera c-bis) dell’art. 68 del D.Lgs. n. 546/1992 dispone la riscossione del tributo «per l’ammontare dovuto nella pendenza del giudizio di primo grado … e per l’intero importo indicato nell’atto in caso di mancata riassunzione».
A parte la cattiva formulazione della norma (cos’è l’ammontare “dovuto”? Se fosse l’importo riscuotibile, potrebbe non esservi stato nulla da riscuotere durante il primo grado), la sua ratio sembra essere quella di fare ripartire la riscossione ab initio: annullata la decisione di appello, la vicenda processuale può proseguire nel giudizio di rinvio o, in caso di mancata riassunzione, estinguersi.
Pendente il termine per la riassunzione, però, l’esecutività dell’atto rivive, essendo stata annullata la sentenza d’appello che aveva, a sua volta, sostituito quella di primo grado; e l’eventuale sospensione medio tempore concessa è stata assorbita dalla decisione (come previsto dai commi quarto dell’art. 52 e terzo dell’art. 62-bis). Per cui, in assenza della nuova lett. c-bis), l’Ufficio finanziario avrebbe ben potuto riscuotere l’intero importo richiesto nell’atto (salva, ovviamente, l’istanza di sospensione); ciò che accade, per l’appunto, se il giudizio si estingue per mancata riassunzione (27).
Se questa ricostruzione è corretta, la cassazione della sentenza che ha integralmente riformato una decisione di annullamento, e che sostanzialmente conferma l’atto impugnato, comporta l’obbligo, per l’Ufficio impositore, di restituire quanto riscosso all’esito del giudizio di secondo grado.
Ma ciò avviene perché, a mente dell’art. 68, lett. c-bis), l’atto può essere eseguito (recte, torna esecutivo) solo per una frazione inferiore a quanto effettivamente riscosso; non certo perché sia venuto meno il (presunto) titolo che rendeva riscuotibile quel terzo (ss. la sentenza d’appello sostitutiva dell’atto).
Se così fosse, sarebbe come dire che la Corte di Cassazione, annullando la decisione d’appello costitutiva del titolo per la riscossione, annulla indirettamente l’atto (altrimenti non potrebbe sorgere l’obbligo restitutorio).
Viceversa, la cassazione di una sentenza che aveva riformato una decisione di rigetto, annullando l’atto impugnato, comporterà la reviviscenza di questo e la riscossione del terzo eventualmente non riscosso in primo grado (28).
7. Conclusioni
Da una prima analisi della nuova tutela cautelare emerge una malintesa percezione dei limiti della delega, che ha portato ad accostare le discipline di due istituti molto diversi tra loro (la tutela cautelare avverso atti impugnabili e l’inibitoria dell’esecutività delle sentenze).
Per alcuni aspetti sembra anche mancata un’attenta meditazione del dato normativo, che impegna l’interprete nella distinzione delle due discipline.
Quella – rinnovata – dell’esecutività delle sentenze, estesa a tutte le tipologie delle decisioni delle Commissioni tributarie, pare il frutto di un forzato innesto delle regole processual-civilistiche nel diverso impianto del processo tributario, che (ad eccezione delle liti di rimborso) non tutela diritti soggettivi e conosce un solo tipo di sentenze ad efficacia esecutoria, ossia quelle di condanna al rimborso.
Nella pratica, questo potrà comportare sovrapposizioni e asimmetrie tra decisioni provvisoriamente esecutive, atti sospesi e riscossione frazionata, i cui profili sono ancora tutti da indagare.
Dott. Daniele Canè
Dottorando di ricerca in diritto tributario
Università degli Studi di Milano-Bicocca
(1) Ved. F. RANDAZZO, L’esecuzione della sentenza non definitiva nello schema di riforma del processo tributario, in Corr. trib., 2015, 2393 s.
(2) Ved. E. MARELLO, Osservazioni sulla nuova disciplina della conciliazione nel processo tributario, in Rass. trib., 2015, 1368 s.
(3) Ved. A. COLLI VIGNARELLI, Tutela cautelare nel giudizio di revocazione delle sentenze tributarie, in Corr. trib., 2015, 4611 s.
(4) Ved. L. PRENDINI, Sub art. 49 D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in C. GLENDI – C. CONSOLO (a cura di), Commentario breve alle leggi del processo tributario, Padova, 2012, 598 s.; e M. MONTANARI, Sub art. 47, ivi, 558 s.
(5) Audizione del prof. Cesare Glendi alla Commissione finanze e tesoro del Senato sull’atto del governo n. 184 (Schema del decreto legislativo recante misure per la revisione della disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario), Roma, 21 luglio 2015. Il testo dell’intervento, già disponibile sul sito del Senato è stato ripubblicato in Dir. prat. trib., 2015, I, 795 s., e in Boll. Trib. On-line.
(6) Corte Cost. 17 giugno 2010, n. 217, in Boll. Trib., 2010, 1150, con nota di V. AZZONI, Un passo avanti verso la completa tutela del contribuente anche in fase cautelare; adde Corte Cost., 5 aprile 2007, ord. n. 119, ivi, 2007, 1245; Corte Cost. 15 novembre 2012, ord. n. 254, in Boll. Trib. On-line, e Corte Cost. 26 aprile 2012, n. 109, in Boll. Trib., 2012, 1035, con nota di V. AZZONI, La Consulta ribadisce l’ammissibilità della tutela cautelare nei giudizi tributari d’impugnazione; Corte Cost. 13 febbraio 2014, ord. n. 25, ivi, 2014, 638; cfr. anche Cass., sez. trib., 24 febbraio 2012, n. 2845, ivi, 2013, 768, con nota di V. AZZONI, L’efficacia della sentenza della Commissione tributaria regionale impugnata con ricorso per cassazione può essere sospesa dalla stessa Commissione. Ultimo atto: la Corte di Cassazione avalla. Per riferimenti, ved. C. GLENDI, Nuovi orizzonti per la tutela cautelare del contribuente durante il giudizio contro la decisione del giudice tributario di secondo grado in cassazione (e non solo), in Corr. giur., 2013, 667 s.
(7) L’art. 10, primo comma, lett. b), n. 10), della legge delega, parla di “esecutorietà”, riferendosi all’idoneità a costituire titolo per l’esecuzione.
(8) Ved. F. RANDAZZO, Annullamento dell’accertamento con sentenza non ancora passata in giudicato ed “effetti ripristinatori”, in Riv. dir. trib., 2014, I, 923 s.
(9) Tra le altre Cass., sez. trib., 25 novembre 2011, n. 24937, in Boll. Trib. On-line.
(10) F. RANDAZZO, La riforma della sospensione cautelare nel processo tributario, in Corr. trib., 2016, 378.
(11) Ulteriori conferme si ricavano da altre norme che disciplinano la sospensione della riscossione (art. 39 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602), le sanzioni amministrative (art. 18 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472) o l’esecutività delle sentenze amministrative di annullamento (art. 33 del D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104). Amplius F. RANDAZZO, Annullamento dell’accertamento, cit., 928, e C. CONSOLO, Sulla perdita di efficacia degli atti annullati con decisione non ancora passata in giudicato e dei riflessi di ciò sulla riscossione, in Riv. dir. trib., 1991, I, 35 s.
(12) Sembra confermare tale prospettazione anche la circ. 29 dicembre 2015, n. 38/E, in Boll. Trib., 2016, 58.
(13) Tra le ultime ved. Cass., sez. trib., 11 novembre 2011, n. 23596, in Boll Trib. On-line.
(14) L’Agenzia delle entrate ha, invece, ritenuto che la norma conceda al contribuente la facoltà di scegliere se chiedere la sospensione dell’atto o della sentenza (circ. n. 38/E/2015, cit.).
(15) In senso affermativo V. UCKMAR, Interventi sul contenzioso tributario, in Dir. prat. trib., 2015, I, 991; e G. FRANSONI, Sentenze con tutela cautelare pro fisco, in Il Sole 24 Ore del 14 agosto 2015, 30; contrario F. RANDAZZO, La riforma della sospensione cautelare, cit., 377.
(16) Per riferimenti fondamentali ved. P. RUSSO, Diritto e processo nella teoria dell’obbligazione tributaria, Milano, 1969; ID., Impugnazione e merito nel processo tributario, in Riv. dir. trib., 1993, I, 749 s. La teoria dichiarativa è oggi dominante in giurisprudenza e gli arresti sono talmente numerosi che conviene rinviare ai repertori.
(17) Cfr. E. MARELLO, Osservazioni sulla nuova disciplina della conciliazione nel processo tributario, cit., 1373. Per un esempio meno recente di questa tendenza, ved. F. TESAURO, Profili sistematici del processo tributario, Padova, 1980, 81 s.
(18) Si veda la relazione illustrativa allo schema di decreto, ove, a pagina 37, si ammette che la sospensione della sentenza di annullamento «sarà idonea a ripristinare l’esecutività (parziale o totale, a seconda del regime di riscossione graduale del tributo) dell’atto impugnato». Mi sembra contraddica questa corretta affermazione quella successiva, per la quale il venir meno dell’obbligo di restituzione è un effetto naturale «della sospensione della sentenza» di annullamento; semmai, consegue alla reviviscenza dell’atto (come si dice prima).
(19) F. TESAURO, Tipologia delle decisioni delle commissioni tributarie, in Dir. prat. trib., 1982, I, 1356-1357.
(20) Cass., sez. trib., 8 maggio 2000, n. 5765, in Boll. Trib., 2001, 1179, e anche in Riv. giur. trib., 2000, 1089, con nota di C. GLENDI, Le iscrizioni a ruolo provvisorie sopravvivono all’annullamento di quelle definitive.
(21) Come riconosciuto da Corte Cost. n. 119/2007, cit.
(22) La definitività va intesa come inoppugnabilità che consegue alla mancata impugnazione dell’atto e alla regiudicata. Sia permesso il rinvio a D. CANÈ, Termine per la riscossione dopo l’estinzione del giudizio tributario, in nota a Cass., sez. trib., 6 marzo 2015, n. 4574, in Rass. trib., 2015, 1297.
(23) Per riferimenti ved. D. CANÈ, op. cit. Sulle modifiche agli avvisi di accertamento esecutivi portate dal D.Lgs. 24 settembre 2015, n. 159, ved. M. BASILAVECCHIA, L’atto impoesattivo dopo il Decreto “riscossione”, in Corr. trib., 2015, 4259 s.
(24) Cfr. M. MONTANARI, La tutela cautelare nel progetto di codice del processo tributario, in Dir. prat. trib., 2015, I, 748 s.
(25) Cfr. Comm. trib. reg. della Puglia, sez. staccata di Lecce, sez. XXIII, 29 febbraio 2016, ord. n. 217, di prossima pubbl. in questa Rivista, con nota di V. AZZONI, La sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza di secondo grado in caso di danno grave e irreparabile.
(26) Per una diversa spiegazione ved. F. RANDAZZO, La riforma della sospensione cautelare, cit., 379.
(27) Per tutte Cass. n. 4574/2015, cit.
(28) Conf. circ. n. 38/E/2015, cit., 79.
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